INTERNAZIONALIZZAZIONE: LA PAROLA CHIAVE PER FARE BUSINESS ALL’ESTERO - 2/24/2014

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INTERNAZIONALIZZAZIONE: La parola chiave per fare business all’estero La parola “internazionalizzazione”, nel contesto economico odierno, circola con una insistenza sempre più forte tra le nostre aziende e, più in generale, all’interno di tutto il sistema economico italiano, assumendo una crescente importanza giorno dopo giorno. Sarebbe sbagliato pensare all’attuazione di un percorso di internazionalizzazione come se si trattasse di una “moda” passeggera: internazionalizzarsi rappresenta oggi un processo di vitale importanza per tutto il made in Italy e le aziende che non sono e non saranno in grado di capire la portata di questo fenomeno, rischiano di mettere e repentaglio la loro stessa esistenza. La globalizzazione ha contribuito all’affermarsi di nuovi player nello scenario globale, sancendo di fatto la nascita di un ordine economico le cui dinamiche interne sono diverse rispetto al modello precedente: di conseguenza, anche la concezione stessa del doing business è cambiata. In particolar modo, le aziende italiane devono comprendere che i Paesi emergenti diventeranno sempre di più mercati di sbocco dalle enormi potenzialità. La situazione attuale del Made in Italy si rivela quanto mai paradossale. Grazie alla crescita di tali nuovi attori globali, la richiesta dei nostri prodotti, che godono sempre di ottima popolarità in tutto il mondo, aumenta in modo esponenziale (secondo un recente studio effettuato da FutureBrand, l’Italia si posiziona al quinto posto nel ranking dei “made in”, dopo Stati Uniti, Francia, Germania e Giappone) ma moltissime tra le nostre PMI, a causa anche di una cultura legata all’internazionalizzazione assolutamente deficitaria, e di limiti strutturali ed economici, non riescono a tenere il passo nello scenario corrente, causando una perdita di competitività di tutto il Sistema Italia. Proprio in virtù di questi fattori, si reputa necessaria la diffusione di una cultura che valorizzi quelli che sono i vantaggi e le possibilità di un percorso di espansione all’estero. Il tema strategico è come sfruttare le opportunità provenienti da queste aree. Le aziende intenzionate a perseguire un processo di internazionalizzazione devono affrontare i rischi e le incertezze di un investimento diretto verso un ambiente diverso da quello domestico: per far ciò, le imprese devono effettuare una valutazione precisa, metodologica e strutturata, utilizzando gli strumenti corretti. La domanda di ogni Paese emergente presenta caratteristiche differenti, soprattutto rispetto a quella che sono abituate a

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INTERNAZIONALIZZAZIONE: La parola chiave per fare business all’estero

La parola “internazionalizzazione”, nel contesto economico odierno, circola con una insistenza sempre più forte tra le nostre aziende e, più in generale, all’interno di tutto il sistema economico italiano, assumendo una crescente importanza giorno dopo giorno. Sarebbe sbagliato pensare all’attuazione di un percorso di internazionalizzazione come se si trattasse di una “moda” passeggera: internazionalizzarsi rappresenta oggi un processo di vitale importanza per tutto il made in Italy e le aziende che non sono e non saranno in grado di capire la portata di questo fenomeno, rischiano di mettere e repentaglio la loro stessa esistenza.

La globalizzazione ha contribuito all’affermarsi di nuovi player nello scenario globale, sancendo di fatto la nascita di un ordine economico le cui dinamiche interne sono diverse rispetto al modello precedente: di conseguenza, anche la concezione stessa del doing business è cambiata. In particolar modo, le aziende italiane devono comprendere che i Paesi emergenti diventeranno sempre di più mercati di sbocco dalle enormi potenzialità. La situazione attuale del Made in Italy si rivela quanto mai paradossale. Grazie alla crescita di tali nuovi attori globali, la richiesta dei nostri prodotti, che godono sempre di ottima popolarità in tutto il mondo, aumenta in modo esponenziale (secondo un recente studio effettuato da FutureBrand, l’Italia si posiziona al quinto posto nel ranking dei “made in”, dopo Stati Uniti, Francia, Germania e Giappone) ma moltissime tra le nostre PMI, a causa anche di una cultura legata all’internazionalizzazione assolutamente deficitaria, e di limiti strutturali ed economici, non riescono a tenere il passo nello scenario corrente, causando una perdita di competitività di tutto il Sistema Italia. Proprio in virtù di questi fattori, si reputa necessaria la diffusione di una cultura che valorizzi quelli che sono i vantaggi e le possibilità di un percorso di espansione all’estero.

Il tema strategico è come sfruttare le opportunità provenienti da queste aree.

Le aziende intenzionate a perseguire un processo di internazionalizzazione devono affrontare i rischi e le incertezze di un investimento diretto verso un ambiente diverso da quello domestico: per far ciò, le imprese devono effettuare una valutazione precisa, metodologica e strutturata, utilizzando gli strumenti corretti. La domanda di ogni Paese emergente presenta caratteristiche differenti, soprattutto rispetto a quella che sono abituate a

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soddisfare a livello nazionale: le aziende devono quindi cercare di sviluppare strategie personalizzate, mantenendo la specificità del proprio prodotto ma cercando di adattarlo alle particolari necessità del mercato di destinazione, seguendo magari anche un approccio di tipo graduale. Poter contare su un presidio diretto all’interno dell’area prescelta, rappresenta la chiave di volta per avere successo all’estero. Un’attività di mera esportazione potrebbe non bastare: servire i bisogni dei nuovi mercati significa creare le condizioni non solo per l’accesso ma anche per una permanenza duratura.

Lì si può davvero fare la differenza.

Ma quali sono i Paesi verso cui avviare un’attività di internazionalizzazione? Oltre ai già famosi BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), che di fatto già da tempo sono in grado di condizionare gli equilibri globali, vi sono una serie di Stati che nel giro di pochi anni giocheranno un ruolo chiave: i cosiddetti Next Eleven (Messico, Nigeria, Egitto, Turchia, Iran, Pakistan, Bangladesh, Indonesia, Vietnam, Corea del Sud, Filippine) vanno incontro a processi di trasformazioni radicali delle loro economie e delle loro società. Tra le macro-aree più promettenti in grado di offrire un enorme potenziale di crescita, l’ASEAN (organizzazione economica del Sud-Est asiatico che include Myanmar, Thailandia, Cambogia, Laos, Vietnam, Malesia, Singapore, Indonesia, Brunei e Filippine, con una popolazione complessiva che raggiunge i 560 milioni di abitanti) si configura come una zona ancora “vergine” per le nostre PMI.