Inserto redazionale M.C., gennaio 2013

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In copert ina - L’Allamano di mezza età, particolare del volto

da una fotografia scattata nel cortile di Casa Madre.

EDITORIALE 3

ATTUALITÀ 4

SULLA SCIAIl Fondatore ci voleva santi 14

SPIRITUALITÀAnno della fede 18Se foste S. Francesco Saverio 20Le radici della nuova evangelizzazione 22Clima speciale a pranzo 25

I SANTI 26

PREGHIAMO 30

RICONOSCENZA 31

REDAZIONE e POSTULAZIONEIstituto Missioni ConsolataViale delle Mura Aurelie, 11-1300165 ROMATel. 06/393821Fax 06/3938.2255E-mail: [email protected] internet:giuseppeallamano.consolata.org

POSTULATOREP. PIERO TRABUCCO

[email protected]

REDATTOREP. FRANCESCO PAVESE

[email protected]

Distribuzione gratuita.Il bollettino non ha quota d’abbonamento ma è sostenutocon offerte libere dei lettori

C.C.P. n. 39573001 intestato a:MISSIONI CONSOLATAViale delle Mura Aurelie, 11-1300165 ROMA

oppure: c/c N. 33405135intestato a:MISSIONI CONSOLATA O.N.L.U.S.Corso Ferrucci, 14 10138 TORINOSpecificare sempre il motivodel versamento.

GRAFICAP. SERGIO FRASSETTO

ANNO LXXIVN. 1 - 2013

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Carissimi,

Desidero farvi partecipi di quanto hoscritto ai miei confratelli con una letteraintitolata: “Missionari gioiosi e attivi”. Loscopo era di rinnovarci nel fervore e nellasperanza, prendendo lo spunto dalla litur-gia della risurrezione di Gesù. Qui mi limi-to a riportare la parte che si rifà al nostroFondatore che voleva missionari felici eimpegnati.

Ecco quanto scrivevo: «Come non sipuò essere portatori del “Lieto Annuncio”nella tristezza, così non si è Missionari dellaConsolata senza recare consolazione dovevi è solitudine, desolazione, mancanza disperanza e fiducia nel futuro. Il nostrobeato Fondatore è ricordato così: «irradiatodi un sorriso, luce della sua anima candidae serena».

Nella lettera circolare alla diocesi, il suocompagno mons. Ressia, vescovo di Mon-dovì, a lui si rivolgeva con queste parole:«Regala a me uno di quei sorrisi dolci chemi consolavano e spronavano ad essere piùbuono».

Con espressione sorridente e affabile sifaceva incontro a ogni persona che l'avvici-nava. E conquistava l'animo dell'interlocu-tore, la sua simpatia, la fiducia e la pienaconfidenza. Attestava mons. Baravalle: «Iorimasi conquiso dallo sguardo dolce e insie-me penetrante dei suoi occhi lampeggian-ti».

Nel suo insegnamento il nostro Fonda-tore ribadiva che la ricerca di Dio nella pro-pria vita è la sorgente della gioia. Era comel'eco di quanto scriveva S. Agostino:«Signore, ci hai fatti per te e il nostro cuoreè inquieto finché non riposa in te».

Egli lo illustrava con parole semplici maincisive: «Chi si dà veramente e totalmenteal Signore gode il benessere e la felicitàanche quaggiù. Più si ha fame e sete di Dioe più si è contenti... Quando uno ha ilcuore tranquillo, quando sente che il Signo-re gli vuole bene, che cosa ancora potrebbeangustiarlo?».

Ripeteva: «Non voglio missionari malin-conici. Voglio gente allegra!». «L'allegrezzaè una virtù che bisogna avere, perché ilSignore ama e predilige gli allegri». Deside-rava che si potesse dire: « Questi missiona-ri hanno lasciato casa, parenti, tutto, eppu-re sono sempre allegri».

Il nostro Fondatore insisteva sulla gioia,perché era convinto che essa si fonda sullavirtù della speranza, la quale, a sua volta, ègenerata dalla fede. Chi crede nel Signorenon può vivere demoralizzato, anche intempi difficili.

Carissimi, quanto ho scritto ai miei con-fratelli, oggi desidero riscriverlo per voi checi siete vicini, augurandovi gioia e serenità,guardando con speranza il futuro.

Fraternamente, P. Stefano Camerlengo IMC

Padre Generale

Letteradel SuperioreGenerale

EDITORIALE

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Il 27 giugno scorso, con un volo prove-niente da Johannesburg, facevo ritorno aRoma dopo tre anni e mezzo trascorsi inSud Africa, dove ho avuto la possibilità dicoinvolgermi in un significativo impegnopastorale missionario nella Parrocchia St.Martin de Porres, alla periferia della città diPietermaritzburg, mentre allo stesso tempofacevo parte della nostra comunità di stu-denti teologi.

Sei mesi or sono ricevetti la nomina aPostulatore Generale. La tristezza provatanel lasciare una vivace comunità parroc-chiale, tante persone che mi erano diventa-te care, giovani confratelli missionari, veni-va in qualche modo compensata dal privile-gio che mi si prospettava di avvicinarmi inmaniera più profonda alla figura del beatoGiuseppe Allamano e di altri confratellimissionari che noi consideriamo modelli disantità di vita e di servizio missionario.

Il lavoro della Postulazione dell'Istitutoconsiste, innanzitutto, nell'accompagnare il

processo di canonizzazione del Fondatorefino a che il Santo Padre possa additarlo atutta la Chiesa quale sacerdote santo digrandi virtù. Nella beatificazione avvenutail 7 dicembre 1990, Giovanni Paolo II resegrazie a Dio per la vita dell'Allamano, lo pro-pose alla Chiesa come esempio di quellasantità che è la vocazione di ogni cristiano.

Egli è divenuto modello e intercessorenon soltanto per i suoi Missionari e Missio-narie ma anche per ogni cristiano. La con-ferma di un nuovo miracolo, avvenuto persua intercessione, potrà aprire la porta perla sua canonizzazione. Mentre mediante labeatificazione viene concesso di poter tri-butare culto a un Servo di Dio nell’ambitodi una Chiesa particolare o di un IstitutoReligioso, con la canonizzazione tale culto èesteso a tutta la Chiesa.

L’Ufficio della Postulazione s'interessainoltre di seguire possibili processi di beati-ficazione di confratelli, richiesti da vescovio da particolari Regioni dell’Istituto.

Padre Francesco Pavese ha portatoavanti negli ultimi dieci anni un inten-so ed efficace lavoro nell'ufficio romanoe nelle varie Regioni del nostro Istituto.Gli siamo molto riconoscenti per gliinnumerevoli studi fatti sull’Allamano,la cura nell’arricchire il sito del Fonda-tore e per aver divulgato la conoscenzadel beato Allamano con svariate inizia-tive. Per intanto, egli ha accettato dicontinuare ancora a redigere la presen-te pubblicazione “Giuseppe Allamanodalla Consolata al mondo” e glienesiamo grati.

ATTUALITÀ

NUOVO POSTULATORE DELL'ISTITUTO PRESSO LA S. SEDE

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“Giuseppe Allamano dalla Consolata almondo” continuerà a diffondere la cono-scenza e la devozione al beato Allamano. Ilvostro interesse e le vostre preghiere, carilettori, sono non solo un aiuto per noi chelavoriamo nella Postulazione, ma costitui-scono anche un prezioso contributo alla

causa di canonizzazione e alla diffusionedella devozione al beato Giuseppe Allama-no.

A tutti un fraterno e cordiale saluto nellaConsolata,

P. Piero Trabucco, IMCPostulatore

Ad Isiro, nella Repubblica Democraticadel Congo, esiste una squadra di “pallavolo”intitolata all'Allamano. Questa è stata la suaorigine: il missionario ha pensato che ilVangelo si deve portare ovunque, anche neicampi sportivi, dove la gioventù è semprein aumento. A questi giovani è necessariooffrire momenti di fraternità e di svago, maanche di formazione, con l'ausilio di model-li importanti. L'Allamano sarebbe statoappunto un modello attraente e avrebbeofferto suggerimenti ai giovani del Congo,come anni prima li aveva proposti ai suoicandidati alla missione.

Ogni giorno, alle 16.30, i giovani dellaparrocchia e dei dintorni si radunano nelcampo sportivo. Così il missionario ha l'oc-casione per dialogare con loro, proponendoi valori evangelici, in particolare quelli dellafraternità e della cordialità, tanto importan-ti nel Congo, paese dilaniato da estremapovertà e da guerre che seminano paure etolgono la speranza per il futuro.

Siccome il nostro Fondatore ha voluto isuoi missionari itineranti e intraprendenti,ecco l'idea: perché non intitolare a lui lanuova squadra di pallavolo? Con un similesponsor, i giovani avrebbero avuto un punto

di riferimento molto ricco di valori umani espirituali, come pure una fonte di incorag-giamento.

Il campo di pallavolo è aperto a tutti,piccoli e grandi. Non si chiedono carte diidentità religiose. Lo scopo è che i giovanipossano stare insieme, vivere momenti difraternità e di gioia, impossessarsi dei valo-ri essenziali alla loro vita, con l'accompa-gnamento dell'Allamano.

P. Tarcisio Crestani IMC

ATTUALITÀ

IN CONGO - UNA SQUADRA DI “PALLAVOLO” INTITOLATA ALL'ALLAMANO

Padre Tarcisio Crestani con i suoi amici della pallavolo.

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La nostra comunità di Rivoli (TO), assieme ai sacerdoti delle parrocchie della città, ha stu-diato un progetto interessante di pellegrinaggio ai luoghi dell'Allamano. La villa di Rivoli, attual-mente chiamata “Villa Allamano”, è stata donata da mons. Demichelis al nostro Fondatore. Inessa egli ha trascorso un lungo periodo di convalescenza dopo la grave malattia del 1900, al ter-mine del quale ha scritto al cardinale Richelmy una lettera che ha praticamente deciso la fon-dazione dell'Istituto. In seguito la villa è diventata luogo di riposo anche per gli allievi missio-nari, che vi trascorrevano alcune ore, quasi ogni settimana, nel giorno libero dalle lezioni scola-stiche. Fin dai tempi dell'Allamano, la villa di Rivoli è stata, in certo senso, un “luogo di pelle-grinaggio”. Attingiamo la notizia di questa nuova iniziativa da uno scritto del p. Giordano Riga-monti apparso sul settimanale “La Voce del Popolo”, in data 23 settembre 2012. Ecco di che cosasi tratta.

In occasione della visita pastorale del-l'arcivescovo di Torino mons. Cesare Nosi-glia all'Unità pastorale di Rivoli, i sacerdotidelle parrocchie della città e i Missionaridella Consolata hanno proposto alle parroc-chie della diocesi e a quanti desideranoconoscere la figura e il carisma dell'Allama-no un itinerario spirituale, valorizzando lamostra permanente allestita all'aperto nella

villa, dal titolo «Giuseppe Allamano: Padredi missionari e missionarie».

Si tratta della proposta di un pellegri-naggio, che aiuterà a percorrere i luoghi e letappe del cammino missionario del nostroFondatore e che farà vivere a quanti parte-cipano i due grandi amori della sua vita:Dio e la Consolata e, subito dopo, le mis-sioni.

ATTUALITÀ

RIVOLI: PROGETTO DI PELLEGRINAGGIONEI LUOGHI DELL'ALLAMANO

Foto che ritrae l’Allamanonell’ufficio che occupavaquando soggiornava nellavilla di Rivoli. È stata scattata sicuramenteprima del 1911, quandol’Allamano aveva superatoda qualche anno la cinquantina.

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Questa iniziativa ha l'obiettivo di sottoli-neare l'importanza della Chiesa locale comeluogo di realizzazione della fede in mezzoalla gente, Chiesa capace di proporre GesùCristo con un nuovo dinamismo missiona-rio. Oggi la Chiesa locale è terra di parten-za per la missione verso i popoli lontani, maanche luogo di arrivo per chi è missionarioed evangelizzatore qui, tra la nostra gente.A Rivoli, per esempio, si vive questa espe-rienza nella parrocchie affidate a sacerdotiprovenienti dalla diocesi di Brescia e da noiMissionari della Consolata.

La proposta prevede un pellegrinaggiodi un giorno (dalle ore 9 alle 18), iniziandodal santuario della Consolata, dove l'Alla-mano ha vissuto per più di 40 anni, e pro-seguendo con la visita al museo e mostrasulla storia delle missioni della Consolata,

nella nostra casa madre in corso Ferrucci14. Nel pomeriggio, dopo una sosta con ilpranzo, ci si trasferisce a Rivoli, dove è pre-vista la visita al centro storico e ai principa-li monumenti della città, tra i quali figura lacasa/cappella del beato Antonio Neyrot,figura cara all'Allamano. Il pellegrinaggiotermina nella villa dell'Allamano, con lavisita alla mostra missionaria e la celebra-zione della S. Messa.

C'è un secondo progetto di pellegrinag-gio della durata di due giorni, durante ilquale è previsto il pernottamento a Rivoli esono inseriti altri percorsi, tra i quali la sali-ta alla celebre Sacra di S. Michele.

L'auspicio è che questo progetto diventipresto realtà e venga inserito nei program-mi pastorali della diocesi».

P. Giordano Rigamonti

ATTUALITÀ

La villa di Rivoli come si presenta attualmente. La foto dell’Allamano è stata scattata in questa villa da un seminarista nella primavera del 1915. Oggi è posta all’ingresso come segno di accoglienza dei pellegrini.

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Da qualche anno, alcu-ni dei nostri studenti di teo-logia del seminario interna-zionale di Bravetta (Roma),durante le vacanze pasqua-li e in estate, si trasferisco-no nella parrocchia servitadai nostri confratelli aPlatì, in Calabria, per ani-mare il gruppo dei giovani.

L’estate-ragazzi parroc-chiale, svoltasi nel mese diagosto 2012, aveva untema dal significato ambi-valente: “Alla-mano diGesù”.

Ecco la relazione di unseminarista che ha parteci-pato a quell’esperienza.

«Siamo stati invitati acooperare alla realizzazione eanimazione di “estate ragazzi2012” nella parrocchia diPlatì. Siamo studenti delsecondo anno di teologia e cichiamiamo Bienvenu, CarlosJosé, Danstan, Geoffrey, Gre-gory, Peter e Thomas.

«Alla-mano di Gesù» fu iltema centrale di “estateragazzi”, con due significati:il primo inteso come unabbandonarsi alla vera curadi Gesù, alla provvidenzapaterna di Dio, in Gesù suofiglio, come sorgente di ogninostra sicurezza e nostraforza e in secondo luogo con

un chiaro riferimento albeato Giuseppe Allamano,nostro Fondatore, come unavia che ci porta a CristoGesù, vera consolazione delmondo.

Partendo da una motiva-zione e una spiegazione deltema principale, si decise disviluppare, durante i cinquegiorni della nostra presenza,i dieci comandamenti estrattidalla vita e dall’insegnamen-to del nostro Fondatore, pre-sentandone due al giorno. Inquesto modo, partendo dallericche proposte ereditate dal-l'Allamano, si trovò unametodologia efficace per

poter annunciare laparola di Dio.

Ognuno dei parteci-panti preparò duecomandamenti da espor-re collegandoli con unbreve brano biblico.

La mattina era dedi-cata alla visita agliammalati e anziani, apregare insieme e porta-re loro la comunione.Nell’esercizio di questoministero fummo accompa-gnati da un gruppo diragazze della parrocchia.

La sera, invece, era ilmomento propizio per le

ATTUALITÀ

“ESTATE RAGAZZI ALLA-MANO”ESPERIENZA MISSIONARIA A PLATÌ

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ATTUALITÀ

Due ragazze con la maglietta dell’Estate ragazzi e il logo “Alla - mano di Gesù”.

CHI DESIDERA AVERE L’IMMAGINETTA CON LA RELIQUIA E LA NOVENA DEL BEATO GIUSEPPE ALLAMANO PUÒ RIVOLGERSI A:Postulazione Istituto Missioni Consolata, Viale Mura Aurelie 11/13 -00165 ROMATel. 06/393821

attività di animazione: una breve preghie-ra, la presentazione dei comandamenti delbeato Allamano seguiti dall’annuncio dellaParola di Dio. L'incontro si concludevacon dei giochi e dei balli.

Per questi ragazzi che non frequentanole discoteche, come attestarono alcunigenitori, quel momento vissuto insiemerisultò essere un ricco e prezioso spazio dicondivisione di vita. Il calore affettivo ditale presenza, si poteva percepire quando,passando per le strade a visitare le fami-glie, i ragazzi gridavano: “mamma,mamma stanno passando i missionari”. APlatì, la chiesa era piena e la messa moltoanimata anche grazie al coro organizzatoda Dawinso.

La nostra presenza di giovani missiona-ri tra i ragazzi di Platì è servita come eser-cizio di pastorale in praparazione alla mis-sione che ci attende. Ci auguriamo cheattraverso di noi, quei ragazzi e la gentestessa di Platì abbiano potuto sperimenta-re la vicinanza di Dio amico di tutti.

Kasuba Bienvenu IMC

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Allamano oggi

Se l'Allamano vivesse oggi,come userebbe o farebbe usare daisuoi missionari i mezzi di comuni-cazione sociale, anche i più moder-ni? Questa domanda, che ritengolegittima e di attualità, mi è sorta spontaneaquando mi è capitato di leggere la testimo-nianza di un sacerdote del tempo che halasciato scritto : «[L'Allamano] era un giu-sto estimatore del nostro giornalismo, chevoleva agile e ben fatto. Mi diceva che certeinnovazioni di forma e di tecnica non biso-gna avere paura di applicarle». Non temeredi «fare certe innovazioni» mi è parsa un'e-spressione coraggiosa, se si tiene conto cheè stata pronunciata quasi 100 anni fa, e miè piaciuta!

La stampa, la posta e il telefono. Nonpossiamo inserire l'Allamano tra i santi chehanno avuto il carisma di fondare istituticon lo scopo specifico di valorizzare i piùmoderni mezzi di comunicazione per la dif-fusione del Vangelo. È certo, però, che l'Al-lamano non è rimasto estraneo a questoproblema.

Ha sostenuto la stampa cattolica in tuttii modi. Pur non apparendo all’esterno,come era suo solito, agiva efficacementecon consigli e incoraggiamenti e soprattut-to elargendo ai giornali cattolici della zona,come ha attestato il can. N. Baravalle suostretto collaboratore, «somme di denaroche a quei tempi erano abbastanza vistose».

Quando si è trattato di far conoscere ilrinnovamento del santuario della Consolatae, anni dopo, anche l'attività delle missioni,non ha dubitato di fondare, assieme alCamisassa, una rivista apposita, che ancora

oggi persiste, dopo essersi divisa in due:una per il santuario della Consolata e un'al-tra per l'Istituto missionario.

Il beato Giacomo Alberione, fondatoredei Paolini, ha confidato: «Io conservo sem-pre tanta riconoscenza al canonico Allama-no perché agli inizi della mia congregazio-ne, mentre quasi tutti i sacerdoti mi eranocontrari e mi dicevano: “Pianta lì, con i tuoigiornali e la tua stampa!”, lui mi diceva: “Vaiavanti, vai avanti!”. E mi fu di grande inco-raggiamento».

Per favorire l'informazione, l'Allamanoha stabilito che i missionari redigessero undiario giornaliero nel quale dovevanodescrivere la loro attività, come pure gli ele-menti culturali, le tradizioni locali, e quan-to servisse per l'informazione. Questi diarisono stati una fonte molto ricca di informa-zione per l'Allamano stesso, ma anche unaminiera di notizie missionarie per la gente,da pubblicare sulla rivista “La Consolata”.

In una lettera circolare del 6 gennaio1905, ha così spiegato: «Mi è impossibileenumerarvi qui ciò che dovete dire [suidiari]: vi basti ricordare ciò che fanno ordi-nariamente le cronache dei giornali e leminute descrizioni che sogliono dare deifatti che succedono».

Fin dal 1915 ha fatto spedire in Kenya ilmateriale per una tipografia, unica alloranella zona, che mons. F. Perlo ha installatoa Nyeri. Non solo, ma negli ultimi anni divita dell'Allamano, l'Istituto aveva in Casa

L'ALLAMANO E I MEZZI DI COMUNICAZIONE

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Allamano oggi

Madre una tipografia propria, dove sonostati stampati, oltre alla rivista “La Consola-ta”, alcuni volumi di carattere missionario euna serie di cartoline comprendenti 200soggetti di vita africana. Quindi un Allama-no aperto alla stampa come mezzo dicomunicazione.

La corrispondenza, poi, è stata valoriz-zata al massimo dall'Allamano. Conservia-mo una serie di undici poderosi volumi,curati dal nostro p. Candido Bona, nei qualisono riportate tutte le lettere scritte e rice-vute dall'Allamano. Questi volumi sonouna miniera inesauribile di notizie storiche,ma indicano anche la capacità dell'Allama-no di valorizzare la posta come mezzo dicontatto con istituzioni, persone e, soprat-tutto, con i suoi missionari e missionarie.

Negli ultimi anni della vita ha ammessoche lo scrivere lettere era diventato per luiun peso. Diceva alle suore che partivanoper l'Africa con la speranza di ricevere poile sue lettere: «Ne riceverete poche poveret-te! Perché scrivere è una faccenda seria; nonho più la mano ferma e…non mi capirete».«Dall’Africa si lamentano che non scrivo,ma non sanno quello che mi costa il farlo».

Anche dell'uso del telefono si può direqualcosa, pur parlando di un mezzo nontroppo diffuso in quel tempo. Sappiamoche l'Allamano lo usava per il suo ministeroe anche per tenersi in frequente contattocon i missionari e le missionarie, dato cheabitava alla Consolata.

Anche su questo punto c'è un episodioche lui stesso ha evidenziato. Una notte siera verificata una confusione in casa madre,perché certi rumori sospetti avevano fattotemere che si fossero infiltrati dei ladri.Tutti furono svegliati e c'è stato persino chiha sparato in aria un colpo di fucile. All'Al-lamano quella reazione così scompostadella comunità non è piaciuta, giudicando-la esagerata e superficiale. Incontrando i

giovani il giorno dopo ha fatto questo com-mento: «C'è stato un po' di guazzabuglio.Avete perduto un po' la testa! Bei Missiona-ri che vi spaventate per un'ombra! Avete iltelefono, io l'ho in mia camera, mi alzo perlo meno due volte ogni notte, non possodormir molto; prima di fare dite a me, eallora posso dire se è il caso di chiamare lapolizia».

Lo spirito dell'Allamano continua. L'I-stituto, nella sua storia centenaria, ha cerca-to di seguire questa sensibilità del Fondato-re riguardo la comunicazione. Oggi la tec-nica ha fatto passi da gigante e i mezzi dicomunicazione sono sostanzialmente cam-biati. Lo spirito, però, non è modificato e va

La copertina del primo numero della rivista “La Consolata”, edito nel gennaio del 1899.

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Allamano oggi

non solo conservato, ma anche sviluppato. Non potendo presentare le varie iniziati-

ve realizzate nel passato, credo utile indica-re, anche solo per sommi capi, come oggi iMissionari della Consolata valorizzano imoderni mezzi di comunicazione a livellodi vita comunitaria e specialmente di apo-stolato.

Anzitutto la stampa. La rivista “MissioniConsolata”, continuazione del periodico“La Consolata”, fiore all'occhiello dell'Alla-mano fin dalla fondazione nel 1899, hacontinuato, senza interruzione, informandoi lettori sull'attività missionaria dell'Istitutoe della Chiesa. Oggi esce in tiratura elegan-te, molto apprezzata.

Anche gli altri nostri gruppi di missio-nari, nelle nazioni dove operiamo, pubbli-cano una loro rivista, generalmente mensi-le. Oltre a “Missioni Consolata” in linguaitaliana, meritano di essere segnalate: “Fáti-ma Missionária” (Portogallo), “Missões”(Brasile), “Misiones Consolata” (Argentina),“Réveil” (Canada), “La Consolata” (Coreadel Sud), “The Seed” (Kenya), “AntenaMisionera” (Spagna).

Quanto a volumi, meritano una specialesegnalazione le numerose biografie dell'Al-lamano, in diverse lingue, come pure ivolumi che riportano le sue conferenze, lesue lettere e i suoi vari pensieri. Ovviamen-te l'Istituto, ancora oggi, promuove la cono-scenza della missione con diversi altrimezzi tipografici, quali: immagini, manife-sti, calendari, pieghevoli, ecc.

Non si può dimenticare che il nostroIstituto, assieme ad altri, cura e pubblicauna speciale agenzia missionaria intitolata“MISNA” (Missionary International ServiceNews Agency), fondata nel 1997 da alcuniIstituti Missionari (Consolata, Comboniani,Saveriani e PIME) con sede a Roma e che sipropone di essere una fonte “alternativa”davanti ai grandi fornitori ‘globali’ di noti-

zie, volendo dar voce al sud del mondo.

Oggi, però, hanno preso uno sviluppo,impensato anni fa, altri mezzi di comunica-zione, quelli cioè che fanno uso dell'inter-net. La Direzione Generale dell'Istituto hacreato un “sito” dell'Istituto (www.consola-ta.org), quotidianamente aggiornato, cheriporta notizie di tipo missionario da tuttoil mondo e in varie lingue. È un modo perraccontare la missione oggi.

Questa iniziativa è replicata in moltedelle nazioni, dove i Missionari della Con-solata operano, così da essere il più vicinopossibile alla gente del luogo e per ricorda-re il “dovere” della missione ad ogni cristia-no. Data la facilità, praticità e la poca spesache involve, alcuni missionari hanno anchei suoi siti web, alcuni veri e propri diaridella loro missione.

Oltre ai siti web, oggi si presenta la real-tà delle reti sociali, che sono diventateimportanti mezzi di scambio de informa-zione, in modo speciale fra i giovani, manon soltanto, così che l’Istituto ha volutoessere presente su questi mezzi, da Face-book a Twitter, passando per Youtube eFlickr. Non possiamo essere lontani da que-sti mezzi, che sicuramente portano dellesfide importanti, ma sono anche delleopportunità per continuare a diffondere ilmessaggio della Buona Novella. L’internet èdiventata parte della nostra vita quotidiana,e lo diventerà sempre di più, così che anchesu internet ci devono essere i missionari diGesù.

Siamo convinti che il nostro Fondatoreci incoraggi ad usare tutti i mezzi disponi-bili di comunicazione per diffondere l'an-nuncio del Vangelo, assicurandoci che cosìcontinuiamo ad essere fedeli al suo spirito,sviluppandolo per rispendere alle necessitàattuali.

P. Patrick Gomes da Silva, IMC

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Allamano oggi

L’indirizzo del sito web dei Missionari della Consolata è: www.consolata.org. Digitandoquesto indirizzo si accede alla pagina iniziale del sito, suddivisa nelle seguenti parti:

Testata: riporta l’immagine della Consolata dipinta in Mongolia, l’ultimo campo apo-stolico affidato ai Missionari della Consolata. Inoltre sono raffigurati i volti di due bambi-ni, sullo sfondo di una “favela”, che rappresentano la speranza di un mondo migliore. Inpiù, vi sono quattro icone con il collegamento alle diverse reti sociali.

Menu: sotto la testata appare il menu diviso nelle seguenti nove sezioni:Chi siamo: presentazione dell’Istituto Missioni Consolata.Fondatore: collegamento con il sito web proprio del Fondatore.Nel mondo: carta geografica con l'indicazione e l’indirizzo di tutte le comunità dei Mis-

sionari della Consolata nei diversi continenti.Missione: notizie sull’attualità della missione della Chiesa e dell’attività dei nostri mis-

sionari.Spiritualità: testi di preghiere missionarie e commenti alle letture della liturgia domini-

cale in chiave missionaria. Media: alcune pubblicazioni dell’Istituto.Da Casa Madre: pubblicazione particolare sull’Istituto.Contattaci: formulario per entrare in contatto con i Missionari della Consolata.

In primo piano: subito sotto il menu appaiono tre articoli che hanno contenuti impor-tanti e di attualità. Questi articoli non sono fissi, ma si rinnovano.

Articoli: Nel corpo della pagina si trovano altri articoli divisi in due colone; la primacontiene notizie della Chiesa missionaria; la seconda notizie sulle attività dei Missionaridella Consolata da essi direttamente comunicate.

Video e Foto: Foto e video di carattere missionario, periodicamente aggiornati.

Riviste: Striscia delle copertine delle riviste pubblicate dall’Istituto con il collegamen-to ai loro siti web.

Carta geografica: con l’indicazione dell’elenco e indirizzi di tutte le comunità dei Mis-sionari della Consolata nei diversi continenti.

La testatina del sito web dei Missionari della Consolata.

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P. Vincenzo Dolza (1880-1946), familiarmente conosciuto come “Padre Cencio”, fu accetta-to nell’Istituto dallo stesso Fondatore nel 1902. Ordinato sacerdote nel 1910, per diversi anniprestò il suo prezioso aiuto al Confondatore, il can. Giacomo Camisassa, nella sua multiformeattività di supporto alle missioni. Partì per l’Africa nel 1922, offrendo il suo servizio missiona-rio in tre nazioni: Kenya, Somalia, Etiopia. Il suo apostolato fu definito un “poema”, intessutodi continuo eroismo, di fatiche a non finire, sostenute da una fede semplice e straordinaria. Inter-nato durante la seconda guerra mondiale perché italiano, venne rimpatriato nel 1942. Per altriquattro anni prestò il suo ministero nell’ospedale militare di Torino.

Nella sua biografia, scritta da p. O. Sestero, viene così definito: «A ribattezzarlo “Padre Cen-cio” furono i suoi amati africani, per i quali Vincenzo era troppo difficile a pronunciare. Ma sedi tali cenci ce ne fossero un sacco, tra i sacerdoti e i laici, quanto più bello sarebbe il mondo incui viviamo!».

Con il Fondatore aveva una grande confidenza; non gli nascondeva nulla. In una letterascritta durante un corso di esercizi spirituali, dopo avergli ripetuto il desiderio di partire per lamissione, confessò la sua amarezza: «Ma tutti gli altri più giovani di me sono partiti per l'Afri-ca... ed io sono rimasto!...». Concluse, però, la lettera con umile rassegnazione: «Io le promet-to, o amatissimo signor Rettore, che mi abbandono completamente nelle sue mani. Faccia di mequello che vuole, non reclamerò più... Voglio, con la grazia di Dio, continuare ad essere missio-nario fino alla morte, a costo di qualsiasi sacrificio».

Il 16 febbraio 1945, un anno prima della morte, p. Dolza fu incaricato dall’allora superio-re generale, p. Gaudenzio Barlassina, a tenere la commemorazione ufficiale sul Fondatore. Scel-se come tema: «Lo zelo del Fondatore per la nostra santificazione». È una commemorazioneuscita più dal cuore che dalla mente di p. Dolza. Riportiamo alcune parti, rispettando lo stile esoprattutto lo spirito di questo meraviglioso missionario.

Confesso con tutta sincerità che, manmano che si avvicinava il giorno di questoincontro, andava sempre più crescendo ilmio affanno. Come avrei osato e potutocondurre degnamente a termine un lavorocosì superiore alle mie forze e così vasto dimateriale? Il nostro Fondatore è un gigante:come avrei potuto parlarne in manieradegna, senza rovinare la Sua figura? Mi sen-tii ispirato a prendere per tema quello chefu il ritornello di tutte le raccomandazioniche ci faceva l’amato Padre Fondatore: la

nostra santificazione.

«Amabilissimo Gesù - si prega due volteal giorno in tutte le case dell’Istituto - tu chetutti gli uomini vuoi salvi e per tutti haisparso il tuo sangue sulla croce, trasfondi innoi quello zelo da cui era infiammato il tuofedele servo Giuseppe Allamano…». Egliera divorato dallo zelo per la gloria di Dio edallo zelo per la salvezza delle anime: fuquesta doppia fiamma che lo spinse a fon-dare una istituzione tutta consacrata a Dio e

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«IL FONDATORE CI VOLEVA SANTI»P. VINCENZO DOLZA FATTORINO DELLA MISSIONE

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alle anime; e perché questo zelo si perpe-tuasse in noi, figli e figlie, Egli ebbe sempredi mira la nostra santificazione al massimogrado.

Infatti questo è il dovere nostro che rias-sume tutti gli altri doveri: l’unica cosaimportante per noi religiosi e missionari. Fula grande lezione che il Padre ci diede davivo con la parola e con l’esempio; ed è lalezione che ci dà oggi. Come vedete,l’argomento sarebbe di oro e oropuro; ma voi saprete compa-tire se il mio svolgimentonon sarà che brodo dirapa!

Il nostro Fonda-tore fu un santo.

Egli fu un santo.Per tanti di noi che loconobbero successecome ai due poveridiscepoli di Emmaus.Avevano Gesù con lorolungo la via, ma non loriconobbero; quando spezzòil pane e scomparve, allora siaprirono i loro occhi. Anche i nostriocchi erano offuscati quando avevamo ilPadre vicino; spesso non conoscevamo lasantità del nostro Padre e Maestro. Ora chenon lo vediamo più fra noi, ma ne contem-pliamo la figura come in lontananza; orache Egli dal cielo ci spezza il pane, cioè cirivela il senso di tante sue parole paterne, siaprono gli occhi anche a noi e lo ricono-sciamo. Egli era veramente un santo!

Permettetemi un ricordo personale.Conservo ancora nel breviario un’immagi-netta della Consolata che il venerato Padremi donava il giorno 24 novembre 1902,quando, dopo parecchi mesi di attesa, miaveva definitivamente accettato nel numerodei suoi missionari. Avevo ormai 22 anni!

Venivo dal commercio e non da una casareligiosa; eppure quanto mi colpì l’amabili-tà del suo tratto e la grazia penetrante dellesue parole! Fin da quei primi incontri com-presi tutta la straordinaria bontà del venera-to sig. Rettore e l’impressione mi rimaneanche oggi.

Le sue parole fecero su di me l’effetto, secosì posso dire, della stessa parola divina di

Gesù, quando chiamò i pescatori aseguirlo. Come a Lui devo la

prima chiamata all’apostolato,così gli devo pure la perse-

veranza nella vocazione.E quanti confratelli pos-sono dire altrettanto!Io pensavo di entrarecome fratello coadiu-tore, avendo fatte lescuole commerciali.«No! - Egli mi dissecon sicurezza - Se è il

Signore che ti chiama,rettificherai i tuoi studi,

sarai sacerdote, andraianche tu in Africa e anche tu

farai del bene». La mia stradaera segnata.

E poi? Oh! Quanti anni (18 circa) passaiin casa madre prima di partire per le mis-sioni. Però poco potei godere della vita spi-rituale del Padre. In tutti quegli anni io nonfui che un fattorino dell’immensa attivitàdel can. Camisassa, Confondatore; sempreassorbito in operazioni materiali e commer-ciali; sempre in giro per il mondo. Sonoquindi il meno indicato per parlare dellavita interiore del nostro Padre.

Tuttavia godetti anch’io dei cari momen-ti in cui mi potevo avvicinare a Lui, ascolta-re i suoi insegnamenti ed edificarmi ai suoisanti esempi. È appunto la sua virtù noncomune che io ammirai maggiormente; è il

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suo zelo continuo per la nostra santificazio-ne che io ricordo più di tutto. Sì, cari con-fratelli e consorelle, Egli fu un santo!

La santità è simile ad un vasto ed incan-tevole giardino, dove possiamo contempla-re i fiori più belli e più rari e goderne tuttoil profumo; dove possiamo vedere e gustaretutti i più squisiti frutti. La vita del nostroPadre fu veramente questo immenso emagnifico giardino, profumato di fiori ericco di frutti: un magnifico giardino delSignore.

Cari confratelli e consorelle, prendiamoin mano un po’ più sovente la vita delnostro Padre. Rileggiamo più spesso e piùattentamente quelle edificanti pagine rega-lateci dalla penna del caro p. Sales. Noncerchiamo altri modelli: lì è la nostra forma.Modelliamoci sul Padre, solo modellandocisu di Lui, noi potremo riuscire veri Missio-nari della Consolata.

Il nostro Fondatore ci voleva santi.Il giudizio della Chiesa non sarà che il

riconoscimento di quello che Egli seppediventare con la grazia di Dio. La Chiesadichiarerà l’eroicità delle sue virtù; ma fuLui che seppe perfezionarsi tanto da porta-re tutte le sue virtù al grado eroico. La Chie-sa lo riconoscerà santo (e noi ce lo auguria-mo con tutto il cuore); ma fu Lui a farsisanto con l’aiuto di Dio.

Il nostro Fondatore è il nostro Padresecondo lo spirito. Noi abbiamo abbraccia-to volontariamente la via che Egli ha trac-ciato con tanta sapienza. Dobbiamo dun-que cercare sempre di farlo contento e difargli onore. Siamo Missionari della Conso-lata. Non potremo esserlo senza sforzarci didiventare sempre più buoni e più santi.

Questo fu sempre il desiderio e la curadell’amato Padre per noi. Oh, quando ci

ricordava questi pensieri, il suo volto eratutto assorto e il suo accento tutto sopran-naturale. Egli ci ricordava spesso che pro-prio ai piedi della cara effigie della Consola-ta aveva maturato nel suo cuore la fonda-zione dell’Istituto. Ci ricordava che allaConsolata dovevamo il dono divino dellavocazione. Ci faceva capire quanto gli stavaa cuore la nostra corrispondenza alla voca-zione.

Con quanta insistenza ci ripeteva che loscopo precipuo, il vero fondamento dellanostra vita missionaria era uno solo: lanostra santificazione. Per questo volle chel’avessimo ben presente, facendone il primoarticolo delle Costituzioni e del Regolamen-to: «I membri dell’Istituto della Consolataper le Missioni Estere abbiamo sempre inmira non solo di salvarsi, ma di farsi vera-mente santi, e così rendersi idonei a salvaremolte anime».

Il Fondatore ci voleva santi! Questa erala sua costante preoccupazione per noi. Noieravamo davvero i figli prediletti del suocuore, la pupilla degli occhi suoi. Sapevamoche ogni giorno ci benediceva con questaintenzione. E ogni volta che ci parlava, diqualsiasi argomento trattasse, Egli ci ricor-dava questo fine.

Questo è il quadro più vivo che di Luista scolpito nel mio cuore. Il suo zelo per lanostra formazione e santificazione si mani-festava soprattutto nelle meravigliose confe-renze della domenica. Arrivava sorridente,sedeva, tirava fuori un bigliettino: e noirestavamo incantati davanti alla sua parola.Quanto desideravamo quei momenti, sem-pre troppo brevi per noi!

Era un incanto il suo dire nelle feste delSignore e della Madonna; era per noi unincanto la sua parola nelle varie ricorrenzedell’anno e in mille altre occasioni. E ogni

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volta ci diceva che potevamo ben dif-ferire l’uno dall’altro nella scienza, mache nella santità dovevamo essere tuttiuguali. E quante volte sentì la necessi-tà di precisare che non si scambiasse-ro i punti: «Prima santi e poi missio-nari…».

La via alla santità è per noi segnataspecialmente dai santi voti religiosi.Essi sono veramente la mistica aiuola,nella quale possiamo cogliere i fioripiù belli e produrre i migliori fruttidella nostra vita. Quanto sovente ilPadre ci parlava di povertà, castità eobbedienza! Allora il suo linguaggioera tutto celeste e le sue sembianzeparevano quelle di un angelo.

Ecco la triplice stella della nostravita! Seguendola con fedeltà, comedesiderava l’amato Fondatore, essa cicondurrà sicuramente alla meta dellanostra santificazione. Solo nella fedel-tà assoluta agli impegni che ci siamoassunti davanti a Dio e all’Istituto, noipotremo essere felici anche su questaterra e portare il nostro contributo allaredenzione delle anime.

Concludendo, io formulo l’augurioche, in tempo non lontano, ognuno dinoi possa avere sempre con sé unlibretto tascabile, che contenga ibigliettini su cui il veneratissimoPadre Fondatore riassumeva le suepreziose conferenze. Quel piccolovademecum servirà a nutrirci dellacara e vivificante parola, ci aiuterà adassimilarla sempre più ed a farci santi comeLui voleva.

Intanto preghiamo, carissimi confratellie consorelle, preghiamo Gesù perché glori-fichi presto sulla terra Colui che noi ritenia-mo già glorificato in cielo, e ci conceda di

essere in tutto e sempre quale Egli ci volle:santi missionari e veri figli e figlie dellaConsolata! E Tu, venerato e santo nostroPadre, dal cielo benedici noi tutti. Fa’ cherisorgano presto le tue care missioni [chiu-se durante la guerra]. Fa’ che ricopiamo innoi la tua vita e il tuo zelo.

P. Vincenzo Dolza, IMC

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Padre Vincenzo Dolza con i bambini della missione: Luigi (in braccio) con i due fratelli Carlo e Bartolomeo. L’ultimo, vestito di bianco, è Filippo, un orfanello.

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“Bisogna vivere di fede” erano parole chel’Allamano ripeteva spesso e in situazioni diffe-renti. Per esempio: «Bisogna vivere di fede e lastessa responsabilità anche delle cose piùimportati svanisce, perché si pensa che noi dasoli non possiamo nulla, ma con Iddio siamoonnipotenti»; oppure alle missionarie: «Bisognavivere di fede. Se sarete devote alla Passione [diGesù], avrete fede e amore, perché la Passioneriscalda il cuore»; oppure ancora: «Se si vives-se di fede, oh come si sarebbe tranquilli». Daqueste e altre simili espressioni risulta evidenteche l’Allamano esprimeva, più che una dottri-na, la sua esperienza personale.

Il p. Lorenzo Sales, uno dei nostri primimissionari e primo biografo ha così sintetizza-to la spiritualità dell’Allamano: «A mio parere,lo spirito di fede è quello che informò tutta lasua vita, regolò ogni suo passo sì da caratteriz-zarne la santità».

Spiegando la natura della fede, l’Allamanosi rifaceva volentieri al pensiero di S. Agostino,il quale paragonava la vita cristiana allacostruzione di una casa: «La perfezione cristia-na si fonda sulla fede, sì innalza con la speran-za e si compie con la carità». E ribadiva con-vinto: «La fede è il fondamento della santità eperciò di ogni virtù».

L’Allamano, uomo di fede, ci accompagneràdurante questo “Anno della fede”, che il PapaBenedetto XV ha indetto l'11 ottobre 2012 pertutta la Chiesa. Nella rubrica “Spiritualità” diquesta rivista, durante il 2013 inseriamo unariflessione sulla fede a partire dall’insegnamen-to dell’Allamano.

L’Allamano, parlando della fede, parti-va da un punto fermo: la fede l’abbiamoricevuta come dono gratuito di Dio: «Lafede è necessaria per piacere a Dio e persalvarsi. Questa fede, senza alcun nostromerito, la ricevemmo nel S. Battesimo, checi costituì nell’ordine soprannaturale».Avere il dono della fede non significanecessariamente viverla. Ecco perché l’Al-lamano raccomandava di domandarlanella preghiera e di accoglierla con sem-plicità.

Domandare a Dio il dono della fede.L’Allamano ha ripetuto più volte: «Bisognadomandarla sovente la fede a NostroSignore, perché è un suo dono». Doman-dare il dono della fede, per l’Allamanosignificava due cose: ravvivare la fede efarla crescere: «Domandare al Signore pro-prio di sentirla, di volerla…; scuoterci!». Espiegava: «Non si tratta di chieder la virtùdella fede, ma un accrescimento di fede».

Scendendo al concreto, l’Allamanoinsegnava “come” domandare la fede:

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ANNO DELLA FEDE1. INSEGNAMENTO DELL’ALLAMANO

FEDEDONO DI DIO

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«Nostro Signore ha fatto vedere la necessitàche abbiamo di domandare la fede. Primadi cacciare il demonio dal figlio di quell’uo-mo ha voluto che credesse; e colui ha detto:“Credo, ma aiuta la mia incredulità”. Credo,ma ancora poco… Così noi dobbiamo diresovente al Signore: “Signore, aiutami a cre-dere”. Se credessi proprio, farei diverso.Altre volte si può dire: “Aumentami la fede!Sono freddo…”. S. Agostino si dilettava aripetere il Credo parola per parola». «Leparole del Credo sono tante perle preziose».E concludeva: «Dunque, prima cosa biso-gna domandarla al Signore e cercare di pos-sederla come certa gente di campagna chela sentono proprio…».

Accogliere le verità della fede consemplicità. L’Allamano è vissuto al tempodel Modernismo, indi-rizzo di pensiero che siproponeva di rinnova-re la dottrina cattolica,cadendo, però, in unaserie di errori in diver-si campi della fede.L’Allamano, con altrisanti del tempo, si èschierato totalmentecon il Papa Pio X, ilquale si è opposto conenergia al Modernismo, riuscendo a frenar-ne e, poco alla volta, ad annullarne gli effet-ti negativi. Di qui si comprende perché l’Al-lamano abbia insistito tanto sulla necessitàdi essere umili e semplici di fronte alle veri-tà della fede, perché superano la capacità dicomprensione della mente umana.

Ecco uno dei tanti suoi interventi alriguardo: Nello studiare queste verità dellafede, bisogna studiare con umiltà, semplici-tà, conforme all’autorità della Chiesa. Cer-tuni studiano con superbia e questo non vabene. Bisogna studiare queste verità chesono superiori alla nostra intelligenza, ma

studiarle con umiltà. Il Signore resiste aisuperbi e parla alle persone umili, sempli-ci».

Per illustrare meglio il proprio pensiero,l’Allamano ha riportato l’esempio di alcunisanti famosi per la loro dottrina: «S. Agosti-no dice: “Sorgono gli indotti e rapiscono ilregno dei cieli, ed a noi, con tutta la nostradottrina, si lascia la terra”. Perché buonaparte della gente vanno avanti con sempli-cità; non studiano tanto e… si prendono ilcielo.

C’era una buona vecchietta che quandoincontrava S. Bonaventura gli diceva: “Oh,Padre, come è fortunato a studiare tantebelle cose del Signore! Io più che dire quel-le poche preghiere… del resto non so nien-te…”. E lui rispondeva: “Ne sapete più che

frate Bonaventura, per-ché sapete quel chevuole il Signore, e quelche non conoscere locredete lo stesso”.

S. Anselmo diceva:“Io non bramo d’inten-dere per credere, mabramo di credere perintendere”. Questosanto era un gran dotto-re della Chiesa. S. Agosti-

no una volta voleva studiare il mistero dellaSS. Trinità, e lo studiava con umiltà perpoterlo scrivere. Un giorno, a passeggiolungo il mare, vede un ragazzino il qualeaveva fatto un buco nella sabbia e poi conun cucchiaio prendeva l’acqua del mare e cela metteva dentro. S. Agostino gli si avvici-na e gli dice: “Che cosa fai?”. “Voglio mette-re, rispose il ragazzino, tutta l’acqua delmare qui”. “Ma è impossibile”, riprende ilSanto. E il ragazzino allora: “È più facile cheio metta qui tutta l’acqua del mare che tucapisca il Mistero. E scomparve. Era unAngelo». La conclusione dell’Allamano èstata lapidaria: «Siamo semplici!». ❏

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Nel 1920, dalla Società Coloniale perl'Africa Occidentale sono stati richiestiall'Allamano due sacerdoti per la cura reli-giosa dei lavoratori italiani in Angola. Larisposta è stata negativa per mancanza dipersonale. In quel periodo, l'Istituto era giàimpegnato oltre le proprie forze, in trediverse nazioni africane (Kenya, Tanzania,Etiopia). Ecco come ne ha parlato alle mis-sionarie in una conferenza del 19 settembre1920: «Ci han già scritto offrendoci unaquarta missione; è nell'Africa Occidentale,ma ho risposto che non l'accettavo; voleva-no che mandassimo subito due sacerdoti,ed ho detto loro che non potevo mandarnenessuno. Foste tutti S. Francesco Saverio!Ma non lo siete... Oh, se foste S. FrancescoSaverio, allora sì, vi manderei nella Cina,nel Giappone, dappertutto; se non avessi

dei sacerdoti, manderei anche solosuore, ma... Ah! i mulanciù [caratterisenza energia]... quella roba lì non lavoglio; che cosa fa quella roba lì?Imbroglia». Tra le righe si può leggerela convinzione di fondo dell'Allamano:la priorità nel campo della missionespetta alla “qualità” delle persone enon al loro “numero”. Questo princi-pio, chiaro fin dalle origini dell'Istitu-to, con il tempo si è scontrato con lanecessità di dovere rispondere allecontinue richieste, che provenivanodalle missioni, di sempre più numero-so personale.

Un velo di malinconia. Merita sot-tolineare una confidenza dell'Allamanoalle suore del 12 settembre 1920: «Ioson contento di vedere tanta gente di là[dai missionari], son un “trup” [sonouna truppa]; ma un velo di mestizia

m’invade; il moltiplicare tanto… quel fartanto non è mai stato il mio pensiero; epenso: corrisponderanno poi? E tutti?».Quel “velo di malinconia” dice molto

Un gran numero di gente non facevaparte del suo ideale missionario. L'Allama-no, almeno all'inizio, sognava un Istitutonumericamente non troppo sviluppato, macomposto da persone di alta spiritualità. Lasua proposta continua, infatti, era la “santi-tà”! Aveva iniziato con un criterio piuttostosevero: «“Ci vuole un portone per uscire, eduna porticina per entrare”. Il numero non èquel che faccia. Gli Apostoli erano [solo]dodici...».

Di fronte alla realtà. Nonostante questaconvinzione di fondo, l'Allamano ha dovu-

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«SE FOSTE S. FRANCESCO SAVERIO...»

UN PRINCIPIO FISSO DELL'ALLAMANO

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to fare realisticamente i conti con la que-stione del numero di missionari. Dall'Africagliene chiedevano sempre di nuovi, perchéil campo apostolico si allargava in continua-zione. P. Filippo Perlo, divenuto poi ilprimo Vicario Apostolico, ad appena quat-tro mesi dell'arrivo dei primi missionari inKenya, scriveva allo zio G. Camisassa, diret-to collaboratore dell'Allamano: «Per oradica al sig. rettore che se vuole mandare100-200 missionari, non vi è che l'imbaraz-zo della scelta [del posto]. Ad ogni passo sipresentano splendide popolazioni. Se visono pochi preti mandi suore. Convertire-mo il Kenya con le suore».

Con il celere sviluppo degli anni succes-sivi, questa realtà missionaria era diventatasempre più esigente e, per l'Allamano,costituiva una forte sollecitazione, quasi untravaglio interiore: come sarebbe stato pos-sibile armonizzare la “quantità” con la “qua-lità” degli apostoli? Così si è confidato conle missionarie: «Che importa a me l'aver500 o 600 chierici, se non sono come livoglio io? Meglio averne pochi, ma come sideve».

Ad un certo momento, però, l'Allamanonon ha potuto sottrarsi al compito di pro-muovere anche il numero degli apostoli. Ilsuo zelo lo ha convinto interiormente, masempre a condizione che non fosse com-promessa la loro qualità spirituale. Dopoche Propaganda Fide aveva affidato all'Isti-tuto l'impegno di sostituire i missionaritedeschi espulsi dal Tanzania, l'Allamanocosì si spiegava con le missionarie: «Adessol'Iringa è nostra. Voi dovreste essere 500almeno. Voi mi avete detto che non guardoil numero ma la santità; ma più grosso è ilnumero dei santi e meglio è... Monsignore[Filippo Perlo] non ne ha mai abbastanza».

Un bel numero fa sempre piacere. Difronte allo sviluppo delle missioni in Africae dell'Istituto in Italia, l'Allamano ha come“sperimentato” in concreto l'importanza del

numero di missionari. Diceva agli allievi giàil 4 ottobre 1914, all'inizio di un nuovoanno scolastico: «Un bel numero fa semprepiacere. Bene. Cominciamo l'anno propriocol proposito di farci santi; ma anche dotti,bisogna sapere». «Il Signore ci benedice, mipare che siamo in numero di trenta, questoconsola, è segno che il Signore ci vuol bene.C'è bisogno di moltiplicarci, e Deo gratias».«Anche voi, sacerdoti, chierici e coadiutorine godete perché vedete crescersi il numerodei vostri fratelli. Fate loro da fratelli mag-giori, aiutateli a prepararsi al sacerdozio edall'apostolato coi vostri esempi e consigli».

«In Africa domandano sempre tanti Mis-sionari, e ne aspettano. Il Signore ci fa vede-re che non manca di provvederci di perso-nale a tempo e luogo, per soddisfare ai biso-gni della Chiesa e dei fedeli. Questa perciòè una grazia di Dio alla Chiesa, ma special-mente al nostro Istituto. Il numero aumen-ta: e son vere vocazioni coronate col Sacer-dozio. Sebbene non sia il numero che fac-cia, tuttavia il numero fa molto, tanto piùquando c'è anche il resto [cioè la santità]».

Senza preparazione non si manda.L'Allamano ha dimostrato di comprenderele esigenze delle missioni e si è impegnato adarvi risposte concrete, inviando più perso-nale e maggiori mezzi, ma non è mai venu-to meno al suo principio. Ascoltiamoloancora: «Ah! Non è il numero che fa quan-do sono laggiù [in missione], è lo spiritoche fa; e per quanto in Africa ne abbiamobisogno, non si mandano giù individuisenza che prima non abbiano compiuta laloro preparazione. Se mandiamo giù lagente senza santità, che cosa si fa dopo? Ah!Questo no!».

Di qui si capisce perché l'Allamanoabbia inventato una slogan diventato famo-so: «Prima santi, poi missionari!» È stato ilsuo ritornello, la cui eco non si è più spen-ta e continua ad interpellarci. ❏

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Il Sinodo sulla nuova evangelizzazione,che si è appena concluso a Roma (7-28ottobre 2012), ha lanciato messaggi forti atutta la Chiesa. Le molteplici riflessioniofferte dai Padri sinodali circa l'esigenza diuna nuova evangelizzazione per il mondod'oggi, saranno riprese dal Papa in un pros-simo documento, chiamato «Esortazioneapostolica post-sinodale».

Parlando di “nuova evangelizzazione” ilSinodo non ha voluto indicare un’evange-lizzazione diversa da quella passata, concontenuti dissimili da quelli proclamatidalla Chiesa nei suoi venti secoli di storia.Quello che gli ultimi Papi e il recente Sino-do hanno proposto con forza è la necessitàdi riacquistare oggi la forza, il coraggio el'entusiasmo che furono propri dei primitempi della Chiesa nell'annuncio del vange-lo. Così si è espresso il documento prepara-torio al Sinodo: «Il mandato missionarioche la Chiesa ha ricevuto dal Signore risor-to (cf. Mc 16,15) ha assunto nel tempoforme e modalità sempre nuove a secondadei luoghi, delle situazioni e dei momentistorici. Ai nostri giorni l’annuncio del Van-gelo appare molto più complesso che nelpassato, ma il compito affidato alla Chiesaresta quello identico dei suoi inizi. Nonessendo mutata la missione, è giusto ritene-re che possiamo fare nostri anche oggi l’en-tusiasmo e il coraggio che mossero gli Apo-stoli e i primi discepoli».

Nella storia della Chiesa, infatti, possia-

mo individuare epoche specifiche in cuil’annuncio del vangelo apparve come “novi-tà”: totale al tempo degli apostoli, fervidonel medioevo per opera dei Benedettini edei Francescani, fecondo nel secolo XVIcon la Riforma cattolica, eroico nel secoloXIX in Africa e Asia. Oggi, all’inizio di unnuovo millennio, ritorna prepotente l’esi-genza di un impatto nuovo del vangelo sul-l'umanità.

Come Francesco, Domenico, Ignazio euna schiera di altri santi continuano a esse-re ispirazione per la Chiesa di oggi, così nelcampo dell'evangelizzazione l'insegnamen-to e le intuizioni del beato Allamano posso-no ridonare ardore, entusiasmo e coraggio aogni cristiano che sente di dover prenderesul serio l’annuncio del vangelo. Contagiatidal suo esempio di vita, con sorpresa trove-remo che l'annuncio del vangelo che offri-remo agli altri, dovunque essi siano, sarà“nuovo”.

Accenno ora ad alcuni aspetti, caratteri-stici nell'insegnamento del beato Allamano,che affondano le loro radici nell’humus riccodella spiritualità cristiana, ma che possonooffrire anche oggi una fioritura e un raccol-to di messe evangelica.

L’evangelizzatore non può dimentica-re la sorgente: «Nessuno può dare ciò chenon ha», rimarcava con forza il beato Alla-mano. L’acqua fresca con cui possiamo dis-setare la sete di salvezza dei popoli, la attin-giamo solo da Dio. È lui la sorgente. Sol-

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SPIRITUALITÀ

NELL ' INSEGNAMENTO D I G IUSEPPE ALLAMANO

LE RAD IC I DELLA NUOVA

EVANGEL IZZAZ IONE

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tanto partendo da lui possiamo contagiarecoloro che ci avvicinano donando il vange-lo di vita. «Credetelo, chi non arde nonincendia, chi non ha fuoco di carità nonpuò comunicarlo». Da questo accostamen-to, non arbitrario, tra annuncio e santità, ènato il ben noto slogan allamaniano: “Primasanti, poi missionari”.

Formiamo l’evangelizzatore e avremouna evangelizzazione nuova: Di questoera profondamente convinto Giuseppe Alla-mano. Ha speso tutta la sua vita sacerdota-le nell’educare e guidare sacerdoti e missio-nari. È stato il suo contributo all’evangeliz-zazione dei popoli. Non ha mai messopiede in Africa eppure può essere additatocome un grande apostolo dell’Africa. Tuttoquesto facendo leva sui suoi missionari emissionarie. Preparare l’evangelizzatore adiventare fedele discepolo di Gesù, equi-paggiarlo di solide virtù umane e cristiane,mettergli ben chiara davanti la meta a cuideve tendere, renderlo persona di dialogocon tutti coloro che gli sono vicini e contutto ciò che può apparire lontano: ecco il

metodo-Allamano che può rendere anchel’evangelizzazione di oggi veramente“nuova”.

Il campo dell’evangelizzazione è aper-to a tutti: Il Beato Allamano è vissuto inun’epoca in cui evangelizzazione e missioneerano strettamente legate al ministero sacer-dotale, all’opera dei laici consacrati e servi-zio delle suore missionarie. Sin dai primianni dell’evangelizzazione in Kenya, Giu-seppe Allamano volle ingaggiare schiere dicatechisti locali che, dotati di una buonapreparazione dottrinale e soprattutto di unaprofonda vita cristiana, seppero fare entrarenella cultura africana un nuovo stile di vitasecondo il vangelo. Era convinto che l’Afri-ca poteva evangelizzare se stessa, evangeliz-zando la propria cultura. Scriveva ai missio-nari: «Venendo ai mezzi idonei per la con-versione di codesto popolo stimo mezzoimportantissimo, anzi necessario “l'operacdei Catechisti”. Deve essere impegno ditutti cooperare alla loro formazione. Con imedesimi vengono come moltiplicati i mis-sionari».

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I Padri sinodali riuniti inassemblea con il PapaBenedetto XVI

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Avvicinarci con rispetto all’altro: Ilrispetto per la gente e per la loro cultura,l’apprendimento delle lingue locali, l’acco-glienza benevola e paziente del ritmo delpopolo, non solo insegnare ma saperapprendere da coloro cui si è inviati a por-tare il vangelo.

Queste linee-maestre il beato Allamanole inculcò nei suoi missionari. Sono com-portamenti guida per gli evangelizzatori diogni epoca e sotto ogni latitudine. Empatiae amore devono guidare i passi di chi, imi-tando il proprio Maestro, diventa solidale eprossimo con tutti.

“Dialogo” è il termine che il Sinodo sul-l’evangelizzazione ha usato con prodigalità:all’interno della Chiesa e verso tutti, con icredenti di altre religioni e con coloro chenon credono. Esso è fiore e frutto dell’amo-re cristiano. L’Allamano citava S. GregorioMagno che scriveva: «Chi non ha l’amoreverso il prossimo non deve impegnarsi nel-l’evangelizzazione».

Evangelizzare se stessi per evangeliz-zare gli altri: Un’attenzione primaria deiPadri sinodali è stata rivolta verso gli evan-gelizzatori. Se si vuole una evangelizzazione“nuova”, allora bisogna cercare di avereevangelizzatori “nuovi”. Evangelizzatori

nuovi nell’ardore, nel coraggio, nell’entusia-smo. Ciò sarà possibile soltanto se chi desi-dera annunciare Cristo si sottopone a unaseria terapia evangelica di conversione. L’e-vangelizzazione non è tanto trasmissione dinozioni quanto invece comunione di vita.Vita che l’evangelizzatore stesso ha ricevutoe poi comunica e dona agli altri.

Giuseppe Allamano invitava i suoi mis-sionari e missionarie a mettersi alla scuoladei santi. Nominava in particolare i grandievangelizzatori: da S. Paolo Apostolo a S.Francesco Saverio, da S. Fedele da Sigma-ringa a S. Francesco di Sales. L’efficacia dellaloro missione doveva ricercarsi nella lorosantità di vita.

L’evangelizzazione è la vocazione delcristiano: L’evangelizzazione non è unmestiere ma una chiamata, una vera voca-zione. Spiegava l’Allamano ai suoi giovanimissionari: «La vocazione missionaria è diquanti amano molto il Signore e desideranofarlo conoscere, disposti a qualsiasi sacrifi-cio. Non si richiede nulla di più». «Questavocazione - aggiungeva - proviene dalnostro battesimo, dalla chiamata alla vitacristiana».

Il “non si richiede nulla di più” non svi-lisce il valore della missione dell’evangeliz-zatore, ma la apre ad ogni battezzato, a tuttala Chiesa. Ogni sacerdote ha insita la voca-zione alla missione, così pure ogni laico,ogni religioso.

Questa stessa convinzione è stata ribadi-ta dal Sinodo sulla nuova evangelizzazione:«Evangelizzare, infatti, è la grazia e la voca-zione propria della Chiesa, la sua identitàpiù profonda. Essa esiste per evangelizzare,vale a dire per predicare ed insegnare, esse-re il canale del dono della grazia, riconcilia-re i peccatori con Dio, perpetuare il sacrifi-cio del Cristo nella S. Messa che è il memo-riale della sua morte e della sua gloriosarisurrezione».

P. Piero Trabucco IMC

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SPIRITUALITÀ

Autografo della proposta dell’Allamano ai suoi: «La santità dei missiona-ri deve essere speciale, anche eroica e all’occasione straordinaria dafare miracoli».

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Conosciamo la fraterna amicizia del card. Agostino Richelmy, arcivescovo di Torino, con l'Al-lamano, suo condiscepolo in seminario. Era logico che il cardinale, qualche volta, invitasse l'Al-lamano a pranzo in arcivescovado, dove era domestico il Sig. Giovanni Barbero. L'Allamanoabitualmente non accettava inviti a pranzo, ma con il cardinale faceva volentieri un'eccezione.Abbiamo ritrovato una magnifica testimonianza di questo domestico, rilasciata nel 1971 al p.Adolfo Mattea e non inserita nelle testimonianze ufficiali in vista del processo di beatificazione.Volentieri la portiamo a conoscenza dei nostri lettori, perché manifesta come la spiritualità del-l'Allamano rimanesse inalterata in qualsiasi occasione.

«Mi chiamo Giovanni Barbero. Sononato il 17 dicembre 1894, in VillafrancaPiemonte, dove mi trovo ancora attualmen-te. Fu in qualità di cameriere del Cardinaledi Torino, negli anni 1911-1914, che ebbioccasione di vedere il Can. Giuseppe Alla-mano, rettore del santuario della Consolata.Era invitato a pranzare in Arcivescovadocinque o sei volte l'anno. In quelle occasio-ni il Cardinale diceva a noi domestici ed allecuoche, con un certo piacere nella voce:«Oggi abbiamo con noi il Can. Allamano».

Quando il Canonico arrivava, general-mente un'ora prima del pranzo, il Cardina-le lo riceveva molto cordialmente, onoran-dolo. Dalla sala dei Vescovi essi entravanonella cappellina, pregavano un po' e poi siritiravano essi soli a conversare in una salaattigua.

Venuta l'ora del pranzo il Canonico erafatto sedere a destra del Cardinale. Vi parte-cipavano solo i segretari can. Berberis ePons; non vi furono mai altri commensali inquelle occasioni. Il Can. Allamano non per-metteva di essere servito prima di Sua Emi-nenza. Osservai, servendo a tavola, che ilCanonico mangiava poco e molto lenta-mente. Parlava poco. Non lo udii mai loda-re la bontà del cibo anche se altri, come ilsegretario Can. Pons, lo facevano in suapresenza.

In tutte le altre occasioni di inviti, anchese gli invitati erano vescovi o dignitari, ilbrusio solito di tutti i giorni, durante ilpasto, non si attenuava. Ma quando vi eral'Allamano era un'altra cosa. Si notava nellasala serenità e come un senso di spirituali-tà.

Quando il Canonico si accomiatava, ilCardinale si chinava per baciargli la mano,ossequio che l'Allamano rifiutava di riceve-re. Però la reciproca dimostrazione di stimae di affetto erano palesi e sincere. Il Cardi-nale gli dava del tu. Si davano del tu.

Non mancava mai di dare a noi dome-stici una buona mancia, la più cospicua chenoi ricevessimo.

Ho sempre desiderato e chiesto di testi-moniare queste mie esperienze che ebbi delCan. Allamano a motivo di quell'aria di spi-ritualità e di serenità che spirava dalla suapersona e che si diffondeva nella sala dapranzo dell'Arcivescovado, perché questo èciò che più mi colpì in lui e che non mi fudato di notare in altri sacerdoti, almeno nonin questo grado. Trovavo quasi naturali ledimostrazioni di venerazione del Cardinaleverso questo suo Canonico.

Sono ben lieto di poter finalmentedeporre queste mie impressioni personalidel Canonico Allamano»

Giovanni Barbero

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SPIRITUALITÀ

CLIMA SPECIALE A PRANZOUNA TESTIMONIANZA RIMASTA NEL CASSETTO

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Nel numero di settembre-dicembre2012 di questa rivista, alle pagine 13-14, è stata segnalata una novità inse-rita nel “sito” dell'Allamano -http//giuseppeallamano.consolata.org- con la quale si spiegava il rapportoprivilegiato del nostro Fondatore conuna schiera di santi e sante, che hannoarricchito la sua spiritualità e attivitàpedagogica, sia pure in modo e gradodifferente.

Non c'è bisogno di precisare che gliaspetti caratteristici della sua perso-nalità interiore l'Allamano non li hadesunti tali e quali da altri, ma li haintuiti e maturati direttamente incomunione con il Signore, durante lelunghe soste di preghiera davanti altabernacolo e all'icona della SS. Con-solata, nel santuario. Nessuno gli hasuggerito certe intuizioni geniali cheesprimeva con frasi lapidarie, speciedi slogans, quali per esempio: «Primasanti e poi missionari»; «La vera fon-datrice è la Consolata»; «Lo spirito velo do io».

Tuttavia bisogna riconoscere chel'Allamano ha saputo vivere in intimacomunione con tanti uomini e donneche la Chiesa ha elevato agli onoridegli altari. Il 1° novembre 1914, inuna conferenza agli allievi missionarisul significato della Festa dei Santi, haaffermato in modo esplicito: «I Santi meritano onore, invocazione ed imitazione, e noi dobbiamoonorarli, pregarli ed imitarli». Ha poi così spiegato il terzo punto: «Essi sono i nostri modelli, dati-ci da Nostro Signore; modelli di imitazione per tutti, perché vari nella loro vita e nell'eroismo dellevirtù». Nelle ultime parole si nota la convinzione che i santi sono “garantiti”, perché dono delSignore, e diversi uno dall'altro, con proposte di vita adatte per tutte le persone, nelle diversesituazioni della loro vita.

I SANTI

I SANTI: MODELLI AMMIRATIE CITATI DALL'ALLAMANO

L’Allamano, con le vesti sacerdotali e prostrato davanti alla Consolata, tra i santi a lui piùfamiliari: G. Cafasso, card. Massaia, I. di Lodola, F. di Sales. Dipinto nella parrocchia di Keri-ma (Kenya), opera del pittore kenyano Francis Kato.

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Che l'Allamano abbia valorizzato la scienza agiografica risulta anche da alcuni numeri. Solonelle conferenza ai missionari, i nomi di differenti santi, o beati citati sono 192, mentre le santeo beate 43. Nelle conferenze alle missionarie, sono rispettivamente: 149 e 43. Ovviamente nontutti hanno avuto il medesimo peso nella sua vita e nel suo insegnamento. Alcuni sono stati cita-ti moltissime volte, altri solo in qualche caso o di passaggio. Alcuni sono serviti specialmente perillustrare o rafforzare il suo pensiero. Altri, invece, sono stati proposti come modelli per qualcheaspetto della loro vita e della loro dottrina.

In questa rubrica, tratteremo del rapporto dell'Allamano con alcuni santi. Per i tre numeri del2013, abbiamo scelto un Padre della Chiesa (S. Gerolamo), due grandi Fondatori (S. Francescoe S. Chiara di Assisi) e una riformatrice di Religiosi (S. Teresa d'Avila). Di ognuno di essi potre-mo dire, purtroppo, solo qualcosa. Chi volesse conoscere di più, potrebbe riferirsi alla stessa trat-tazione riportata del “sito” dell'Allamano, dove il discorso è molto più sviluppato.

San Gerolamo è un Padre dellaChiesa che ha posto al centro della suavita la Bibbia. Nacque a Stridone inDalmazia verso il 347 da una famigliacristiana, che gli assicurò un’accurataformazione, inviandolo anche a Romaa perfezionare i suoi studi. Fin dagiovane, prevalse in lui l'interesseper la religione cristiana. Rice-vuto il battesimo verso il 366,dopo un'esperienza di vitaascetica ad Aquileia, ritornòin Oriente e visse da eremitadedicandosi seriamente aglistudi. Nel 382 si trasferì aRoma. Papa Damaso lo assun-se come segretario e lo incaricò diintraprendere una nuova traduzionelatina della Bibbia, dagli scritti origi-nali. I testi di questa traduzione, dettaVolgata, entrarono nell'uso liturgicodella Chiesa latina. Dopo la morte diPapa Damaso, Girolamo lasciò Romanel 385 e si stabilì a Betlemme, dovetrascorse gli ultimi 35 anni nella pre-ghiera, nella penitenza e nella guida dicenacoli di vita ascetica e monastica.Morì a Betlemme nel 420.

Come è avvenuto per altri Padri dellaChiesa, anche S. Gerolamo (347-419) èstato citato dall'Allamano nelle conferenze,in genere per sostenere con la sua dottrinaquanto stava spiegando, ma pure in qual-che caso per indicarlo come maestro emodello di atteggiamenti o virtù importan-

ti. In effetti il nome di S. Gerolamoappare quasi 80 volte nelle confe-

renze ai missionari e oltre 40 inquelle alle missionarie.

L'Allamano ha valorizzato ilpensiero di S. Gerolamo trat-tando argomenti vari di spiri-tualità. In genere, i riferimenti a

S. Gerolamo non erano moltoinsistiti, a volte quasi di passaggio.

Ci sono poi parole di felice sorpresadell'Allamano riguardo l'amore di S. Gero-lamo per la Madonna: «Non vi è Santo chenon sia stato devoto della Madonna. Forse iSanti antichi l'avranno onorata meno? No,la più bella omelia di S. Gerolamo è quellasulla Madonna. Io non avrei pensato chequel santone piuttosto rustico fosse tuttotenerezza nel parlare della Madonna».

L'Allamano ha dimostrato un'attenzione

I SANTI

SAN GEROLAMO: MAESTRO DI VIRTÙ

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I SANTI

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particolare ad un aspetto che qualifica lapersonalità di S. Gerolamo, cioè il suo inte-resse e amore per la S. Scrittura. Questoaspetto merita un breve approfondimento.

Una vita dedicata alla Sacra Scrittura.Iniziamo col dire che l'Allamano ha sempredimostrato un culto speciale per la Parola diDio. La maggior parte delle sue conferenzedomenicali prendevano lo spunto dalle let-ture della Messa di quel giorno.

Voleva che la S. Scrittura fosse alla basedella preparazione teologica dei suoi mis-sionari e assicurava: «Nell'Istituto questo èil primo studio, che forma materia di tutti icorsi; ed in Missione dovrà essere la vostralettura quotidiana». «In questa casa la S.Scrittura ha sempre avuto il primo posto; esarà sempre così; si incomincia a studiarlafin dal primo anno che si diventa chierici».E con soddisfazione poteva asserire: «Lanostra biblioteca è una delle più perfette infatto di S. Scrittura».

All'Allamano non era sfuggito il legamedei Santi con la S. Scrittura. Spiegava: «Iprimi Padri della Chiesa: Gerolamo, Agosti-no, Ambrogio non avevano nessun libro diteologia: la S. Scrittura era il loro libro». «Epoi tutti i santi dicono che la S. Scrittura èun magazzino di ogni sorta di rimedi; è unarsenale pieno di armi offensive e difensiveper combattere contro i nemici dell’animanostra. Vedete quale importanza davano iSanti a leggere la S. Scrittura. Tutti trovava-no nella S. Scrittura una fonte di consola-zione e di vita. La Parola di Dio penetracome una spada nell’anima e provvede atutti i nostri bisogni».

Tra tutti i Santi, ovviamente, S. Gerola-mo di diritto occupava un posto privilegia-to, perché aveva speso la vita per la S. Scrit-tura, tanto che la Chiesa lo chiama: «il mas-simo dottore nell'esporre le Sacre Scrittu-re». È lui che ha tradotto per primo nel lsti-

no volgare tutta la Bibbia.

L'Allamano ha indicato S. Gerolamocome modello da imitare fin dalla fondazio-ne dei suoi Istituti missionari, ma ha poivalorizzato la celebrazione del XV centena-rio della morte per fare una conferenza tuttaincentrata su questo tema sia ai missionariche alle missionarie, il 17 ottobre 1920.

Ecco il testo del suo manoscritto: «IlPapa [Benedetto XV] scrisse a tutto l'Epi-scopato Cattolico una lettera per il XV cen-tenario della morte di S. Gerolamo: SpiritusParaclitus. Ordina un solenne Triduo indicembre in S. Maria Maggiore, dove si con-servano le reliquie del Santo, e desidera chein tutte le Diocesi, specialmente nelle Acca-demie e nei Seminari durante l'anno da set-tembre scorso si celebri un Triduo in onoredel Dottor Massimo.

Dopo avere narrata brevemente la vitadel Santo, [il Papa] parla della Divina ispi-razione dei S. Libri, confermando con S.Gerolamo che tutta la S. Scrittura in ognisua parte è parola di Dio, divinamente ispi-rata. Dopo parla dell'utilità della S. Scrittu-ra per la pietà e la predicazione. Infine deifrutti della lettura».

Su questo breve schema l'Allamano hapoi costruito due lunghe e articolate confe-renze, nella quali, partendo da S. Gerolamo,ha spiegato la natura e il valore della Paroladi Dio, soffermandosi anche sul modo dileggerla per trarne profitto.

All'Allamano sono piaciute alcuneespressioni di S. Gerolamo come queste:«Che cosa giova la nostra vita senza lascienza delle Scritture?”. Resta una vitapiena di miserie, non è più una vita, ma unamorte». Oppure questa esortazione alla gio-vane Eustochio: «Tieni sempre il codicedella S. Scrittura nelle mani e fa che ilsonno ti sorprenda colla testa sul librosanto», con questo commento: «Con ciònon vuol dire leggere da addormentati, ma

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leggere tanto, fin che la testastanca cada sul libro».

S. Gerolamo ha offerto all'Al-lamano altri suggerimenti dicarattere pedagogico: «In parti-colare S. Gerolamo scrive, esse-re la lettura assidua delle S.Scritture un mezzo potente perconservarci puri: «ama la scien-za delle Scritture e non amerai ivizi della carne».

«S. Gerolamo dopo vari annivissuti a Roma volle passaretutto il resto della vita in Pale-stina, ma non in Gerusalemmepiena di sante memorie di Gesù,ma in Betlemme, presso la spe-lonca dove nacque Gesù, e quifaceva le sue delizie studiando epregando». «S. Gerolamo non èandato al Calvario, ma al prese-pio. Andava a fare meditazionelà dov'era la spelonca. Si stabilìproprio a Betlemme. Prendetequesto esempio di umiltà».

C'è ancora un aspetto colle-gato con la S. Scrittura che l'Al-lamano ha sottolineato in S.Gerolamo, cioè l'essersi conver-tito dalle letture profane a quel-le della Parola di Dio. Si trattadel famoso sogno che la tradi-zione attribuisce a S. Gerolamoe che l'Allamano ha raccontatodiverse volte, spesso con varian-ti.

Ecco come l'ha narrato alle missionarie,per invogliarle a studiare la S. Scrittura:«Non basta leggere i Libri santi, bisognascrutarli, infatti il Signore non disse: Legge-teli; ma: “Scrutateli”. I Libri santi sono unpozzo profondo. Se la S. Scrittura è unpozzo, naturalmente per tirar su acquacosta fatica, ma una dolce e consolante fati-

ca. Per leggere i Libri santi ci vuole sempli-cità e preghiera. S. Gerolamo amava piùleggere Cicerone che la S. Scrittura; unavolta sentì dirsi che era più ciceroníano checristiano e ricevette tante di quelle battitureche gli andò via la voglia di leggere i libri diCicerone».

P. Francesco Pavese IMC

I SANTI

Dipinto di san Gerolamo che riceve la comunione dal Papa. Opera del Domenichino la cui ripro-duzione in mosaico si trova nella basilica di san Pietro sull’altare che conserva le spoglie delbeato Giovanni XXIII

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«Il Cafasso chiama la mancanza di con-fidenza il peccato dei folli: perché non con-fidare?». Quando parlava della virtù dellasperanza o confidenza, l’Allamano si ricol-legava abitualmente alla spiritualità dellozio Giuseppe Cafasso. Ai suoi giovani rac-contava un particolare del processo di bea-tificazione: «Quando si trattava di rispon-dere alla domanda: quale fosse la sua virtùprincipale, si imbrogliavano; tutto era prin-cipale, poi hanno detto che la virtù princi-pale era lo zelo per la salute delle anime.Altri dicevano che era la confidenza in Dio,infatti [il Cafasso] ne aveva per sé e per glialtri». Così spiegava: «Di confidenza in Diobisogna averne un magazzino, per poterlainfondere anche negli altri, come il nostroVenerabile [Cafasso], che l’infondeva neicarcerati e nei peccatori più ostinati. Pre-ghiamo dunque per avere questa confiden-za in Dio».

Non c’è dubbio che anche l’Allamano siastato l’uomo della confidenza. Il suo inse-gnamento a questo riguardo era preciso:«Quali sono le condizioni per ottenere legrazie? 1° Bisogna domandare grazie chenon siano contrarie alla nostra eterna salu-te; 2° ci vuole confidenza; il Signore vuoleche ci impuntiamo e dire: “la voglio”. Seuna domanda le grazie senza la speranza diottenerle, non le ottiene sicuramente. Biso-gna domandarle con fede, con quella confi-denza che fa fare miracoli. Bisogna impor-tunarlo Nostro Signore, fare come quel taledella parabola del Vangelo che andò duran-te la notte a domandare del pane all’ami-co… a forza di importunarlo glielo diede. Ilparalitico aspettò 38 anni là alla piscina;finalmente passò Nostro Signore e gli fece ilmiracolo». Ancora: «È necessario avere ilcuore pieno di confidenza in Dio, perchépiace al Signore. Per ottenerla bisogna spo-

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PREGHIAMO

PREGHIAMO CON CONFIDENZAPER INTERCESSIONE DEL BEATO G. ALLAMANO

Avere il cuore pieno di confidenza in Dio

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gliarci della confidenza nei mezzi umani;pensare sovente al Signore che può, sa evuole aiutarci; fare spesso atti di confiden-za: “In te ho sperato, Signore”».

Pochi giorni prima di morire, alla suorache lo assisteva assicurandogli che tutti pre-gavano per la sua guarigione, l’Allamano ha

detto: «Per il bene che mi volete, dovresteessere contenti che io vada a riposarmi inParadiso. Farò più di là che di qua». Fortidel suo insegnamento e della sua promessa,noi oggi preghiamo per “sua intercessione”,con ferma speranza di ottenere quantodomandiamo, se è conforme alla Volontà diDio.

Sr. Josemma, Missionaria della Consolata, anche a nome dei famigliari, esprime la suariconoscenza al beato Giuseppe Allamano per l'intercessione in favore della salute di unparente: «Vengo a riferire un caso di guarigione di una persona casa della mia famiglia, cheritengo come grazia speciale dovuta all'intercessione del beato Padre Fondatore.

Alla fine dell'anno 2000, il paziente, dopo esami diagnostici del caso, venne sottopostoa laparatomia di ispezione, che risultò conseguente colonstamia richiesta dalla presenza dineoformazione sigma-retto con infiltrazione agli organi circostanti.

Dopo l'intervento, il chirurgo operante consigliò la famiglia a non pensare ad altri pro-cedimenti, perché al paziente non sarebbe rimasta lunga vita. La famiglia, però, non siarrese e, seguendo il consiglio di un oncologo, il malato venne sottoposto a chemiotera-pia, molto bene tollerata e seguita da naturale miglioramento.

Passato un anno, dopo un approfondito controllo, il chirurgo primario del reparto cheaveva sostituito quello precedente, decise un intervento radicale.

L'intestino ritornò alla normalità ed il paziente ha continuato a migliorare, riprenden-do gradatamente la sua vita normale alquanto attiva. Ci sono stati altri disturbi di diversogenere, dovuti anche alla bella età di 84 anni, ma non più collegati all'indisposizione pre-cedente.

Tutti i controlli fatti in questi dieci anni diedero risultati di miglioramento, fino a risul-tare negativi, compreso l'ultimo eseguito poco tempo fa.

Il beato Giuseppe Allamano, con la sua intercessione e il suo consiglio, pur servendo-si dei mezzi a disposizione della scienza medica, ci è stato di grande aiuto e consolazione.Voglio esprimergli, anche a nome dei miei famigliari, vivissima riconoscenza per l'amorepaterno che ci ha dimostrato».

Sr. Josemma MC

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RICONOSCENZA

GRANDE AIUTO E CONSOLAZIONE

Chi riceve una grazia per intercessione del beato Giuseppe Allamano

è pregato di notif icarlo al seguente indirizzo: Postulazione Generale

Viale Mura Aurelie 11/13 - 00165 Roma, indicando se concede la pubblicazione.

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