INSEGNAREDUCANDO. N ° 34 - 2014

13
istante, ma avete di certo percepito una profonda pace. Quanta bellezza, meraviglia, pienezza in quell’attimo! Ad un tratto probabilmente vi è venuta in mente un’ intuizione, come un fulmine veloce e breve che apre uno squarcio di luce nel buio del temporale. Se vi è ac- caduto, è probabile che quell’intuizione abbia costituito un suggerimento perfetto, quell’idea geniale che vi ha permesso di individuare la via d’uscita a una questione delicata. Essa è stata LA LEZIONE PIÙ GRANDE. Chi fa esperienza di questa “intuizione” sa che essa viene dall’interno e accade solo in una condizione di partico- lare serenità e positività. Può capitare a tutti perché è caratteristica umana, non appannaggio di pochi. Anche la persona meno acculturata della terra può esperirla. Questa “consapevolezza” cambia i paradigmi del nostro lavoro, li stravolge completamente. Non occorre più far piovere saperi e dottrine incalzando i discenti poco pre- parati ad apprendere alla svelta. La saggezza di ciascuno, per poter emergere, deve tro- vare il tempo e lo spazio. Lo sforzo del formatore (e del- l’insegnante) allora dovrà essere quello dell’animatore. Egli investirà nel creare “un’ oasi del pensiero” per un gruppo di lavoro, e il risultato sarà un apprendimento col- lettivo. Funziona con i bambini, con gli adolescenti e con gli adulti, sempre! Avremmo molti esempi da raccontarvi. La comprensione accade, si toccano corde profonde, si mettono in luce orizzonti non immaginati, si individuano nuove conoscenze. La saggezza interiore è un dono grandissimo. Il più bel regalo di Natale che possiamo far emergere in noi e in chi ci sta a cuore! G.L. 1 Per educare un bambino ci vuole ci vuole un villaggio un villaggio n° 34 2014 Cari colleghi, eccoci qui, per tessere fili, ancora una volta, e fare qualche passo di strada insieme. Quest’anno abbiamo incontrato tanti di voi condividendo momenti intensi di riflessione sulla bellezza dell’educare. Ogni volta che siamo stati chiamati a lavorare con un gruppo di inse- gnanti, abbiamo iniziato con una premessa: la forma- zione che proponiamo non è frontale, noi parliamo poco, ma cerchiamo di creare uno spazio lento nel quale le “saggezze” di ciascuno possano emergere. La nostra proposta si basa su una precisa visione dell’es- sere umano che costituisce il nostro credo. Siamo convinti che ogni persona, nel profondo di sé, possegga il dono della “saggezza”. Questa condizione permette all’uomo, se inserito un ambiente positivo e sereno, di aprirsi alla co- noscenza di sé e del mondo ed essere in grado di ricono- scere errori e strade per migliorarsi. Questa “ saggezza interiore”, purtroppo, è quasi sempre seppellita sotto montagne di pensieri, giudizi, abitudini, modi di fare, elucubrazioni, maschere, condizionamenti, paure … un vociare continuo della nostra mente che mai si zittisce. I tibetani paragonano questa mente assillante e assillata ad una scimmietta impazzita che salta conti- nuamente da un pensiero all’altro, senza pace. A tutti è accaduto, però, di trovare, anche solo per un attimo, una pausa nel frenetico andare, un’oasi, quel luogo magico dal tempo sospeso che ha permesso di ritrovar-si, intendendo il suffisso “SI” come “RITROVARE LA PROPRIA ESSENZA PIU’ PROFONDA”. Ebbene, provate a ricordare … Forse è durato qualche La saggezza interiore La saggezza interiore

description

Una voce diversa nel mondo della scuola. La proposta di chi si impegna in prima linea per creare una comunità educante.

Transcript of INSEGNAREDUCANDO. N ° 34 - 2014

Page 1: INSEGNAREDUCANDO. N ° 34 - 2014

istante, ma avete di certo percepito una profonda pace.Quanta bellezza, meraviglia, pienezza in quell’attimo! Ad un tratto probabilmente vi è venuta in mente un’ intuizione, come un fulmine veloce e breve che apreuno squarcio di luce nel buio del temporale. Se vi è ac-caduto, è probabile che quell’intuizione abbia costituitoun suggerimento perfetto, quell’idea geniale che vi hapermesso di individuare la via d’uscita a una questionedelicata. Essa è stata LA LEZIONE PIÙ GRANDE. Chi fa esperienza di questa “intuizione” sa che essa vienedall’interno e accade solo in una condizione di partico-lare serenità e positività. Può capitare a tutti perché ècaratteristica umana, non appannaggio di pochi. Anchela persona meno acculturata della terra può esperirla. Questa “consapevolezza” cambia i paradigmi del nostrolavoro, li stravolge completamente. Non occorre più farpiovere saperi e dottrine incalzando i discenti poco pre-parati ad apprendere alla svelta.La saggezza di ciascuno, per poter emergere, deve tro-vare il tempo e lo spazio. Lo sforzo del formatore (e del-l’insegnante) allora dovrà essere quello dell’animatore.Egli investirà nel creare “un’ oasi del pensiero” per ungruppo di lavoro, e il risultato sarà un apprendimento col-lettivo. Funziona con i bambini, con gli adolescenti e congli adulti, sempre! Avremmo molti esempi da raccontarvi. La comprensione accade, si toccano corde profonde, simettono in luce orizzonti non immaginati, si individuanonuove conoscenze. La saggezza interiore è un donograndissimo. Il più bel regalo di Natale che possiamo far emergere in noi e in chi ci sta a cuore! G.L.

1

Per educare un bambino

ci vuole ci vuole un villaggioun villaggio

n° 34

2014

Cari colleghi, eccoci qui, per tessere fili, ancora una volta, e fare qualche passo di strada insieme. Quest’anno abbiamo incontrato tanti di voi condividendo momenti intensi di riflessione sulla bellezza dell’educare. Ogni volta chesiamo stati chiamati a lavorare con un gruppo di inse-gnanti, abbiamo iniziato con una premessa: la forma-zione che proponiamo non è frontale, noi parliamo poco,ma cerchiamo di creare uno spazio lento nel quale le“saggezze” di ciascuno possano emergere. La nostra proposta si basa su una precisa visione dell’es-sere umano che costituisce il nostro credo. Siamo convintiche ogni persona, nel profondo di sé, possegga il donodella “saggezza”. Questa condizione permette all’uomo,se inserito un ambiente positivo e sereno, di aprirsi alla co-noscenza di sé e del mondo ed essere in grado di ricono-scere errori e strade per migliorarsi. Questa “ saggezza interiore”, purtroppo, è quasi sempreseppellita sotto montagne di pensieri, giudizi, abitudini,modi di fare, elucubrazioni, maschere, condizionamenti,paure … un vociare continuo della nostra mente che maisi zittisce. I tibetani paragonano questa mente assillantee assillata ad una scimmietta impazzita che salta conti-nuamente da un pensiero all’altro, senza pace.A tutti è accaduto, però, di trovare, anche solo per unattimo, una pausa nel frenetico andare, un’oasi, quel luogo magico dal tempo sospeso che ha permessodi ritrovar-si, intendendo il suffisso “SI” come “RITROVARELA PROPRIA ESSENZA PIU’ PROFONDA”. Ebbene, provate a ricordare … Forse è durato qualche

La saggezza interioreLa saggezza interiore

Page 2: INSEGNAREDUCANDO. N ° 34 - 2014

2

Barbiana: Barbiana: un’altra formazione è possibileun’altra formazione è possibile

I segreti di un laboratorio formativo efficace

Chi lo ha vissuto lo sa. Barbiana 2014 è stato un momento SPECIALE! E’ sempre un po’ magico, ma quest’anno, il no-stro incontro annuale di formazione insegnantigiunto al 4° appuntamento, ha toccato l’apice Alcune persone ci hanno chiesto quali siano gliingredienti che lo caratterizzano e fanno sì cheFUNZIONI ALLA GRANDE e anche noi abbiamovoluto rifletterci. Ecco i punti cardine: Incontrarsi, accogliersi, conoscersi, danzare,giocare, ascoltare, narrarsi, provare, spiazzare,lasciare segni, usare pluri-linguaggi, imparareinsieme dalle nostre diversità, in circle time...econdividere esperienze e cibo... La formazione è efficace se permette uno spa-zio di pensiero e di relazione significativa dovepoter tentare un feed-back collettivo dell’espe-rienza. L’incontro tra le diversità di ciascuno, in un climaaperto e paritario, di profonda fiducia nei com-pagni di viaggio che condividono quel luogo,permette una riflessione che tocca momenti diprofondità altissimi e restituisce a ciascuno lagrandezza e la bellezza del proprio compito so-ciale in questo mondo. In altre parole, della propria responsabilità.

Essere adulti capaci di RESPONSABILITÀ significainfatti essere CAPACI di DARE RISPOSTE. In un tempo difficile e pessimista com’è il nostro, dare risposte è veramente un arduocompito. Oggi molti insegnano e danno lezioni,sono tanti i professori che parlano e ci erudi-scono dei loro saperi, ma dopo meraviglioseconferenze e lectio magistralis, non cambiaquasi nulla. Perchè?La parola sfiora la mente, la stimola e scivolavia. Ci vuole altro per farle raggiungere lo scopoper cui è stata pronunciata. La parola deve in-contrare un’altra parola profonda, quella che èchiusa nella nostra saggezza, quella che ci ap-pare sono quando c’è silenzio e serenità. E dalconfronto qualcosa accade. Allora, sia come fruitori di formazione, sia comeinsegnanti, il segreto per rispondere adeguata-mente al nostro compito sociale è riuscire astare in ascolto della propria saggezza interiore . Diversamente, continueremo a far piovere il no-stro sapere sulle generazioni che ci sono affidate, senza riuscire ad accompagnarle davvero nella gioiosa scoperta di apprenderedall’esperienza umana propria e altrui, trovan-done elementi per risignificare la propria vita.

Spa

zi x

Pe

nsa

re

Page 3: INSEGNAREDUCANDO. N ° 34 - 2014

3

Cari colleghi, questo numero vi presenta un inserto speciale chededichiamo a Carmela Oliviero,

dolcissima insegnante della scuola don Milani di Genova, con la quale abbiamo lavorato nel 2014 nell’ambito del progetto METIS.

Carmela ha sempre avuto uno sguardo particolarmente acuto nel cogliere l’essenziale e l’irrinunciabile a livello educativo “per il bene dei bambini”

e i suo contributi hanno arricchito tanti di noi. Purtroppo ci ha lasciati improvvisamente a fine ottobre.

Un mese prima, il portale della sua scuola pubblicava un video interessantissimo di una formazione tenuta proprio da lei ai suoi colleghi.

Il tema: L’ETICA DELLA LENTEZZA A SCUOLA. Lo abbiamo scoperto per caso, navigando su internet

e lo abbiamo ritenuto magnifico. Così abbiamo pensato di sbobinarlo e regalarlo a tutti voi.

Dicono che “chi ha il cuore aperto, riceve i giusti suggerimenti per camminare in questo mondo”. E se ce lo avesse proprio fatto trovare lei questo video, per invitarci

ad andare all’essenziale dell’educazione e ricominciare a riflettere sul serio? Che ne sappiamo noi dei modi di comunicazione extracorporei tra gli esseri?

È per voi, con i suoi e nostri auguri di buon Natale.

L’ ETICA della LENTEZZAL’ ETICA della LENTEZZAa scuolaa scuola

Page 4: INSEGNAREDUCANDO. N ° 34 - 2014

Perchè oggi ...Perchè oggi ...

Nella scuola Don Milani di Genova, all’inizio di questo anno scolastico si decidedi adottare una parola chiave: LENTEZZA. Ma non è chiaro agli insegnanti che cosa significhi concretamente quel termine. Carmela con alcuni colleghi inizia a documentarsi, ricercare e leggere; così in-contra un testo che si adatta molto bene alla realtà in cui lei lavora. Lo ha scrittoJoan Domènech Francesch, un insegnante catalano che da alcuni anni dirigela scuola pubblica Fructùos Gelabert di Barcellona (www.fructuosgelabert.cat)e fa parte di un movimento di rinnovamento pedagogico della Catalunya chesi inserisce nel “Movimento della lentezza”, movimento SLOW nato proprio in Ita-lia. Questa corrente di pensiero si pone come un’alternativa al sistema attualeche incoraggia la velocità in tutti gli ambiti, anche quello scolastico educativo.Joan Domènech Francesch è convinto che se vogliamo cambiare la scuoladobbiamo rimettere al centro di tutto la pedagogia. E lo fa a partire da una ri-flessione: “Bisogna correre, scattare ma nessuno ha detto mai verso quali dire-zioni e soprattutto perché correre. Accelerazione e velocità molto spesso nonsono sinonimi di progresso. Ci sono degli ambiti, quali appunto quello educativo,in cui, a causa della velocità vengono spesso causati dei danni irreversibili”.

4

Pe

da

go

gia

SL

OW

Page 5: INSEGNAREDUCANDO. N ° 34 - 2014

... non funziona?... non funziona?

Il libro "Elogio dell'educazione lenta" di Dome-néch Francesch Joan propone una riflessionesulla didattica da un punto di vista inusualeche si ispira al movimento Slow. Parte da due considerazioni: 1) Le principali riforme scolastiche che sonostate emanate nei vari paesi europei, a partiredalla seconda metà del ‘900, hanno delle co-stanti, degli elementi in comune:• Una forte accelerazione dei tempi di ognievento che deve essere attuato a scuola• Un sovraccarico di lavoro per gli alunni maanche per gli insegnanti e quindi una fortepressione dall’esterno alla quale deve sotto-stare ogni scuola. 2) Negli anni 60/70 si è lottato per l’educa-zione/istruzione ed essa ha rappresentato unaconquista sociale, come un’opportunità dataa tutti di accedere all’istruzione indipendente-mente dalla classe sociale alla quale si appar-teneva; col passare degli anni e con icambiamenti della società che è diventatasempre più competitiva, è cambiato anche ilconcetto di educazione che, da simbolo diequità, si è trasformato in un valore di scam-bio, disumanizzato. Proprio questo cambia-mento del valore dell’educazione ha fatto sìche oggi abbiamo una scuola in cui vi è unaforbice sempre più larga tra un gruppo, moltostriminzito, di ragazzi che riescono a raggiun-gere il successo scolastico, ovvero tutti quegliobiettivi che vengono prefissati dalla scuola,e un gruppo, purtroppo sempre più ampio diallievi che invece non riescono, non perchénon hanno le capacità, ma perché hannoritmi di apprendimento, stili e intelligenze diversi.

5

La scuola in cui questa forbice resta ampia, èuna scuola che non funziona. Che fare? Ogni volta che i vari Governi e le Istituzioni si ac-corgono che la scuola non funziona, emananonuove leggi e riforme che, anziché semplificare icontenuti e la programmazioni, non fanno altroche complicarle ulteriormente: sottolineano lanecessità di aggiungere nuovi contenuti, di au-mentare l’orario scolastico, o dove non è possi-bile quello extra scolastico, di avereun’organizzazione sempre più tecnicizzata, neconsegue la frammentazione dell’orario e altreproposte che non tengono conto dei bisognidegli alunni e degli approcci interdisciplinari deisaperi e allontanano sempio più la scuola dalsuo obiettivo. In questo modo gli alunni si ritrovano a star sedutiin classe quattro, cinque, sei ore di seguito e davanti a loro scorrono tante materie apparen-temente separate una dall’altra e scorrono imolti docenti che hanno esigenze diverse e applicano metodologie diverse.

Abbiamo creato UNA SCUOLA SEMPRE PIÙ UGUALE E SEMPRE MENO EQUA.

Pe

da

go

gia

SLOW

Attenzione, afferma l’autore,

perché gli avverbi

“PIÙ, PRIMA E PIÙ RAPIDAMENTE”

non sono sinonimi di meglio. Anzi!

In ambito scolastico

“PIÙ, PRIMA E PIÙ RAPIDAMENTE”

non tengono conto:

• dell’inclusione di tutti gli alunni, mentre

nella scuola dell’obbligo ogni alunno ha il

diritto di essere incluso e ogni insegnante

ha il dovere di includere tutti.

• dei ritmi di apprendimento

• dei ritmi di insegnamento.

Ogni attività ha bisogno di un tempo per

essere svolta ed essere appresa appieno.

Page 6: INSEGNAREDUCANDO. N ° 34 - 2014

6

Che fare ???Che fare ???

“NON ABBIAMO TEMPO”. Ecco la frase che più si sente dire a scuola!Tempo ed educazione sono strettamente correlati, uniti in maniera indissolubile, ed è assurdo pensare ad una riflessione dell’educazione senza considerare il TEMPO. Joan Domènech Francesch fa agli insegnantiuna proposta chiara, banale o forse coraggiosa, semplice oppure difficile. Semplicemente DECELERARE e PRIORIZZARE. Decelerare non è fare un passo indietro (è stu-pido voler tornare al passato ed è assurdo es-sere nostalgici) ma pensare con gli strumentiche abbiamo oggi e che ieri non avevamo. E’ possibile senza dover continuare a chiedere supporto all’esterno. Decelerare vuol dire FERMARSI o RALLENTARE eRIFLETTERE: riflettere sugli spazi che abbiamo,sugli alunni che abbiamo, sui tempi che ci ven-gono dati, su quello che per noi è educazione,facendo leva sulla qualità e non sulla quantità

e su tutti quei valori come la lentezza, la pazienza e la riflessione che la nostra societànon apprezza perché ci chiede ogni giorno diessere veloci, rapidi, scattanti. Joan Domènech Francesch ci ricorda che “è l’uomo a controllare il tempo, non il tempoa controllare l’uomo!”.

Pe

da

go

gia

SL

OW

È giunto allora il momento,

per noi insegnanti,

di prenderci del tempo,

senza paura

di perdere tempo,

altrimenti il tempo

lo perderemmo davvero.

Non abbiamo tempo!!!Non abbiamo tempo!!!

Page 7: INSEGNAREDUCANDO. N ° 34 - 2014

UN CONSIGLIO. Ascoltate direttamente la relazione di Carmela Oliviero su youtube, al seguente link:https://www.youtube.com/watch?v=d7G1422Zu8E

7

L’alternativa SLOW...L’alternativa SLOW...Sulla base dei principi che costituiscono tutti i MOVIMENTI SLOW

Joan Domènech , autore del libro “Elogio dell’educazione lenta” elabora

15 tesi da applicare in ambito scolastico.

1° PRINCIPIO: per ogni cosa trovare il TEMPO ADEGUATO.

Quando noi insegnanti elaboriamo un curriculum eprogettiamo le attività, decidiamo il tempo necessa-rio. Ma in verità noi non sappiamo di quanto tempoabbia bisogno un alunno per far propria un’espe-rienza o un contenuto. Noi dovremmo allora iniziarea considerare il TEMPO DELIBERATIVO. Molte delle proposte che facciamo, non sappiamoquanto tempo richiedano davvero e dobbiamoavere il coraggio di dirlo. Un esempio: quest’anno,nelle classi terze della scuola secondaria don Milanidi Genova, si organizza, col consenso di tutto il con-siglio di classe, un cineforum che ha un’ora di inizio (ilmercoledì alle 10) e non ha l’ora di fine, perché la finedell’attività dipenderà dal tempo che quel gruppo uti-lizzerà per conversare sul film. Non lo si può sapereprima a priori. Questo è un modo intelligente di usareil tempo deliberativo.Sulla base di questo principio nascono tutta una seriedi tesi:1) L’educazione è un’attività lenta.Noi dobbiamo dare agli studenti il tempo perché gliapprendimenti si consolidino, diventino conoscenzae si trasformino in conoscenza applicabile alla realtà.Per fare questo lavorio c’è bisogno di tempo. Se noiinsegniamo dei contenuti e questi contenuti

vengono dimenticati in un giorno o in una settimanao anche in un anno, noi insegnanti abbiamo perso deltempo.2) Le attività educative devono definire il tempo e nonviceversa. Ecco perché le scuole devono essere autonome e non sottostare a leggi esterne che impongono tempi definiti: “al primo anno l’alunnodeve sapere …, al secondo anno …” Ma siamo sicuriche questa sia la strada giusta per insegnare?3) Il tempo educativo è globale e interrelazionato.L’educazione è un processo unico, di conseguenza itempi a scuola non possono essere frammentati. Ètempo che gli insegnanti pensino a curricoli integratidove venga superata la distinzione tra tempo formalee tempo informale. Eccovi un esempio: nella scuolapubblica di Barcellona la mensa entra nella didattica,fa parte del curriculum: essa dura più di un’ora, si con-sumano le verdure prodotte nell’orto dagli allievi ecibi a km 0.. Noi abbiamo sempre affermato che la mensa per-mette di fare educazione e fa crescere. Poi, in realtà,a causa di tempi e spazi ristretti, diamo ai ragazzipochi minuti per mangiare e scappare in fretta per la-sciare spazio ad altre classi. La teoria e la pratica nonsono collimano. Me è fondamentale che le scuolesiano capaci di coerenza educativa!!!

Continua a pag. 8

Page 8: INSEGNAREDUCANDO. N ° 34 - 2014

6

Il tempo deliberativoIl tempo deliberativo

4) Ognuno ha bisogno del proprio tempo di ap-prendimento.Ce lo diciamo di continuo, ma non abbiamo iltempo per dedicarci a tutti come vorremmo. Secondo l’autore è addirittura impossibile farlocon le programmazioni che noi abbiamo. Si tratta allora di elaborare dei percorsi chesiano adattabili e pensare a PROGRAMMA-ZIONI SOSTENIBILI. Proprio perché ognuno ha bi-sogno del proprio tempo di apprendimento,l’autore consiglia di “prendere i libri di testo ebruciarli” perché essi propongono attività econtenuti uguali per tutti e non tengono contodelle diversità. 5) Ogni apprendimento deve attuarsi al mo-mento giusto. È inutile anticipare le tappe e i contenuti. Nonha senso e non porta a nulla. Lo ha capito laFinlandia dove per 4 o 5 anni di seguito ven-gono studiate solo le 4 operazioni semplici,mentre nel resto degli Stati si propongono giàpotenze ed equazioni … Dopo questo periododi interiorizzazione delle operazioni di base “intutte le salse”, vengono affrontate quelle piùcomplesse e i ragazzi le apprendono in ma-niera molto rapida. Il risultato è che gli allievidella Finlandia superano i compagni degli altristati europei. 6) L’educazione richiede tempo senza tempo.Per far sì che le informazioni si consolidino e sifissino, c’è bisogno di tempo e di spazi “morti”

ovvero di spazi e tempi in cui l’alunno si orga-nizzi e si disorganizzi a seconda di quelle chesono le sue personali necessità. Quel tempodeliberativo che si suggeriva per gli insegnantiviene ora applicato agli alunni. Sfruttare iltempo a scuola non vuol dire occuparlo inte-ramente, ma prevedere tempi non strutturatinei quali gli alunni possono fare quello che vo-gliono: possono giocare, relazionarsi, isolarsi,astrarsi … nella scuola di Barcellona la ricrea-zione è un momento fondamentale ed è bendiversa da quella delle nostre scuole: ogni dueo tre giorni dura tantissimo, un’ora o anche dueore. Anziché sovra stimolare i ragazzi comefacciamo noi, li si lascia in ambienti stimolantisenza attività precostituite. Ad esempio, glialunni vanno in biblioteca, senza un compitopreciso: sono lasciati liberi di fare quello che vo-gliono. Prima o poi qualcuno aprirà un libro.Quel libro non verrà poi affrontato in classe dal-l’insegnante, quindi non viene studiato, analiz-zato, affrontato. No, lo si legge per il piacere dileggere. Un altro esempio: viene affrontataun’unità di apprendimento in scienze? Ebbene, la ricreazione viene fatta in un ambiente dove sono collocati giochi educativio strumenti attraverso i quali gli alunni se vogliono, possono fissare gli quello che hannoappreso nella lezione di scienze. Secondo l’au-tore, prima o poi i bambini proveranno a utiliz-zare quegli strumenti e smetteranno di giocare.

Pe

da

go

gia

SL

OW

Page 9: INSEGNAREDUCANDO. N ° 34 - 2014

7

Se “meno” significa “più”Se “meno” significa “più”

2° PRINCIPIO: Insistere sulla qualità e non sulla quantità.

7) IN EDUCAZIONE MENO SIGNIFICA PIU’. È inutile sovraccaricare gli alunni di contenuti e di attività. Citando sempre la Finlandia, la scuola proponemeno contenuti, meno ore e giorni di lezioni di tantiPaesi europei e i risultati sono migliori. L’autore si poneun interrogativo: siamo sicuri che chi elabora riformesecondo le quali bisogna aumentare le ore di lezioni,puntare alla tecnologie, somministrare prove comuniin scuole diverse all’interno delle quali ci sono ragazzidiversi … abbia finalità pedagogiche e non politico-economiche? Siamo sicuri che i ragazzi di oggi sannodavvero meno preparati? Anche ai tempi di Platoneci si lamentava che i ragazzi sapessero poco in con-fronto delle generazioni precedenti. Forse più checoncentrarci su quanto sanno, dobbiamo concen-trarci su cosa sanno e cosa devono sapere, su quelliche sono gli strumenti attraverso i quali loro devonoapplicare le conoscenze o attraverso i quali devonotradurre le informazioni in conoscenze. E allora è fondamentale pensare ad una didattica per compe-tenze. E’ sempre valida la frase: “Vale più una testaben fatta che una testa ben piena”. 8) L’educazione è un processo qualitativo, non un pro-cesso quantitativo. Non è un accumulo di informazionipiù o meno strutturate che vengono incollate

a caso, anche perché, come afferma l’autore, “MEMORIZZARE NON VUOL DIRE APPRENDERE, APPRENDERE NON VUOL DIRE SAPERE, SAPERE NONVUOL DIRE CONOSCERE”. Bisogna tener conto non solo del prodotto finale ma,quando siamo in classe, del percorso di ogni alunno,attenti anche alla valutazione: essa non deve esserequantitativa, ma qualitativa che tenga conto del pro-cesso attraverso il quale l’alunno ha fatto proprie al-cune informazioni.9) Per riuscire a sfruttare meglio il tempo, è necessarioPRIORIZZARE e definire le finalità dell’educazione. Fino a quando a scuola si dirà “Non abbiamo tempo”,qualcosa non funziona. Il tempo è uno e dobbiamofarcelo bastare. Il tempo è quello della scuola e nonpossiamo e non dobbiamo portarci il lavoro a casa, iltempo è quindi un punto fondamentale sul quale lascuola oggi deve riflettere.

Page 10: INSEGNAREDUCANDO. N ° 34 - 2014

8

Restituire il tempoRestituire il tempo

3° PRINCIPIO: Restituire tempo alle persone.

10) Decolonizziamo il tempo degli alunni. Bisogna ripensare al tempo delle relazioni traadulti e bambini. Bisogna restituire il tempo.

11) Bisogna restituire tempo all’infanzia.Citando Rousseau, l’autore ricorda che l’infanzia ha un suo modo di vedere, di pensare, di sentire e sarebbe davvero scioccosostituire quel loro modo con il nostro. I bambinisono bambini, gli adolescenti sono adolescentie non dobbiamo trasformarli in adulti. Per permettere loro di crescere bene e dar lorogli strumenti, dobbiamo responsabilizzarli. Perquesto torna la necessità che la scuola offraspazi per autogestirsi e autoregolarsi.

4° PRINCIPIO: Agire nel presente, basandosi sul pas-sato e pensando al futuro.

Se noi ogni due o tre anni costruiamo e poi di-struggiamo i progetti, perdiamo del tempo. Se continuiamo a pensare a progetti rigidi enon adattabili, continuiamo a perdere tempo.

12) Il tempo degli educatori deve essere ridefinito.

Gli insegnanti non sono più quei lavoratori chearrivano a scuola, entrano in classe, chiudonola porta e sono soli con gli alunni. Gli insegnanti fanno parte di un gruppo, devono lavorare in team, devono program-mare insieme, devono condividere i saperi e leconoscenze, devono avere degli obiettivi co-muni. Quindi è importante che gli educatoriabbiano il tempo necessario per progettarecon gli altri educatori ed è giusto che questotempo che loro trascorrono a scuola per lavo-rare faccia parte del monte ore lavorativo evenga riconosciuto come lavoro. È importante che non si porti il lavoro a casaperché a casa c’è la vita privata che deve es-sere difesa e tutelata. Se una persona porta dellavoro a casa è perché vuole farlo, ma nonvanno rimproverate e recriminate quelle per-sone che scelgono di fare altro. È importante tener presente che si è all’internodi una comunità. Le decisioni devono sempreessere prese dall’intero collegio con la parteci-pazione attiva delle famiglie. Nella scuola diBarcellona le famiglie hanno un comitato chedecide tanto quanto gli insegnanti sulle propo-ste. Ed è ancora più importante che le decisionivengano prese anche insieme agli alunni, ovvero ci deve essere una partecipazione attiva di tutti i protagonisti della scuola.

Pe

da

go

gia

SL

OW

Page 11: INSEGNAREDUCANDO. N ° 34 - 2014

9

... per sognare.... per sognare.

Ed ecco le ultime 3 tesi:

13) La scuola deve educare il tempo. Così come è necessario avere per gli alunni dei tempie degli spazi morti, così è importante per gli inse-gnanti. Quindi dare uno spazio nella scuola in cui sem-plicemente bere un caffè o conversare di altro.Oppure avere IL TEMPO DI SOGNARE UNA SCUOLA DI-VERSA. Infatti, è soltanto sognando una scuola diversache essa diventa possibile!La scuola deve educare al tempo. L’educazionelenta fa parte del rinnovamento pedagogico.

Le ultime due tesi sono aperte. 14) Noi siamo fortunati come lavoratori perché operiamo con persone che rappresentano il futuro esaranno la società di domani. Se davvero vogliamo cambiare le cose è giunto il momento di lavorare con questi ragazzi.

15) Se noi vogliamo avere in futuro un mondo che siaattento e capace di riflessione, dobbiamo inserireoggi la lentezza in tutti i settori della scuola.

Carmela Oliviero ci ricorda nella sua relazione che

l’autore chiede agli insegnanti di inviargli riflessioni e

dubbi per discuterne insieme.

GRAZIE CARMELA OLIVIERO (nella foto a destra)

per questi tuoi importantissimi suggerimenti!!!

Page 12: INSEGNAREDUCANDO. N ° 34 - 2014

10

Avere il coraggio ...Avere il coraggio ...

L’educazione richiede pazienza, tranquillità elentezza. Possiamo escludere soltanto alcuni apprendi-menti concreti, che realizziamo in modo pun-tuale e molto tecnico: il funzionamento di unapparecchio, l’applicazione di una formula, lamemorizzazione di un dato concreto…Ma per-sino questi apprendimenti possono essere modi-ficati, o migliorati, dall’azione del tempo.

Apprendere è un processo, anche se spesso nelimitiamo la portata e il percorso naturale e vo-gliamo renderlo il più rapido possibile.

La lentezza ha più senso nell’epoca in cui viviamo. Un’epoca in cui i concetti di educa-zione permanente, che dura tutta la vita, o diapprendere ad apprendere, sono parte indisso-lubile della nostra società.

Se allunghiamo il tempo educativo, parallela-mente alla speranza di vita, l’educazione lentaha più che mai senso, perché sappiamo chepossiamo destinarle tutto il tempo necessario. [...]

Restituire agli apprendimenti il ritmo adeguato èuna necessità, se vogliamo garantire un’educa-zione che davvero risponda alle esigenze che lasocietà ci pone.

Pe

da

go

gia

SL

OW

E per finire, dall’incipit ...

Per sua natura, l’educazione è un’attività lenta. I processi educativi sono lenti, perché gli apprendimenti rientrano in unpercorso che passa per una molteplicitàdi stadi e di momenti. Apprendimenti diversi, come apprendere a leggere e a scrivere, apprendere un lavoro e apprendere a relazionarsi con il restodell’umanità…sono esempi delle diverseconoscenze che acquisiamo nel corsodella nostra vita e che richiedono pe-riodi lunghi per consolidarsi ed essereapprofondite.

Joan Domènech Francesch

“Elogio dell’educazione lenta”

Ed.La Scuola Brescia

Testo tratto da: http://www.scuolaslow.it - Foto tratta da: http://www.mammarsupio.com/?p=3638

Page 13: INSEGNAREDUCANDO. N ° 34 - 2014

... della lentezza... della lentezza

Caro Babbo Natale, ora sappiamo cosa chiederti

per Natale:Il dono di RALLENTARE

e STUPIRCI per OGNI PASSO!

Il libro di cui abbiamo parlato in questo numero non è l’unico a

invitarci a rallentare. Esiste un grande Movimento del quale

fa parte anche un’associazione che ha un sito:

www.vivereconlentezza.it Il suo fondatore e presidente,

Bruno Contigiani è stato allenatore di nuoto, professore

di matematica applicata, giornalista scientifico, capo ufficio stampa

Telecom Italia, e ora consulente di Brand Enri-chment e Corporate Social Responsibility e

Direttore di Numero Zero, giornale della CasaCircondariale di Torre del Gallo (Pavia).

Ha scritto 3 libri: Vivere con Lentezza - piccole azioni per

grandi cambiamenti (2008) ed. Orme; Chi va piano - piccole alchimie per grandi

sentimenti (2009) ed. Rizzoli; Lavorare con Lentezza - per l'economia che

verrà (2011) ed. Dalai.

Il suo sito propone14 comandalenti, per trovare la velocità giusta nella vita.

14 comandamenti

per vivere SLOW

1) Svegliarsi 5 minuti prima del solito per farsi

la barba, truccarsi o far colazione senza

fretta e con un pizzico di allegria.

2) Se siamo in coda nel traffico o alla cassa di

un supermercato, evitiamo di arrabbiarci e

usiamo questo tempo per programmare

mentalmente la serata o per scambiare due

chiacchiere con il vicino di carrello.

3) Se entrate in un bar per un caffè: ricorda-

tevi di salutare il barista, gustarvi il caffè e risa-

lutare barista e cassiera al momento

dell'uscita

(questa regola vale per tutti i negozi, in ufficio

e anche in ascensore)

4) Scrivere sms senza simboli o abbreviazioni,

magari iniziando con caro o cara...

5) Quando è possibile, evitiamo di fare due

cose contemporaneamente come telefo-

nare e scrivere al computer... se no si rischia

di diventare scortesi, imprecisi e approssimativi.

6) Evitiamo di iscrivere noi o i nostri figli ad una

scuola o una palestra dall'altra parte della

città7) Non riempire l'agenda della nostra gior-

nata di appuntamenti, anche se piacevoli;

impariamo a dire qualche no e ad avere dei

momenti di vuoto.

8) Non correte per forza a fare la spesa,

senz'altro la vostra dispensa vi consentirà di

cucinare una buona cenetta dal primo al

dolce.9) Anche se potrebbe costare un po' di più,

ogni tanto concediamoci una visitina al

negozio sottocasa, risparmieremo in tempo e

saremo meno stressati.

10) Facciamo una camminata, soli o

in compagnia, invece di incolonnarci in auto

per raggiungere la solita trattoria fuori porta.

11) La sera leggete i giornali e non

continuate a fare zapping davanti alla tv.

12) Evitate qualche viaggio nei week-end o

durante i lunghi ponti, ma gustatevi la vostra

città, qualunque essa sia.

13) Se avete 15 giorni di ferie, dedicatene 10

alle vacanze e utilizzate i rimanenti come de-

compressione pre o post vacanza.

14)Smettiamo di continuare a ripetere: "non

ho tempo". Il continuare a farlo non ci farà

certo sembrare più importanti.