Inquinamento e degrado dei beni culturali - Italiano · ficare le quote di riduzione di emissione...

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Inquinamento atmosferico 63 Ga - 2/06 Inquinamento e degrado dei beni culturali L’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e Servizi Tecnici (APAT) ha avviato dal 2000una collaborazione scientifica con l’Istituto Centrale per il Restauro (ICR) per la valutazione di soglie di tolleranza per i monumenti, ed in particolare dei manufatti lapidei, nei confronti delle princi- pali sostanze inquinanti. Il degrado naturale cui sono soggette le opere d’arte è fortemente accele- rato e reso più intenso dall’inquinamento ambientale in quanto non posseggono sistemi di autori- generazione presenti invece negli esseri viventi. Non esistono al momento valori di soglia specifi- ci per gli effetti deleteri dell’inquinamento atmosferico sui beni culturali, e non è detto che il rispet- to dei limiti attualmente vigenti assicuri adeguata protezione anche alle opere d’arte, per la evi- dente diversità dei meccanismi chimici e fisici coinvolti. Dal punto di vista normativo, infatti, i limiti di legge sull’inquinamento dell’aria, in vigore nel nostro paese e in tutta l’UE, sono stati emanati avendo come fine ultimo la salvaguardia soprattutto della sola salute umana o, per talu- ni inquinanti, degli ecosistemi e della vegetazione. Lo studio sperimentale elaborato dall’APAT e dall’ICR, condotto nelle città di Roma e Milano, è stato finalizzato a catalizzare l’attenzione sul problema ed a riunire le competenze nazionali sull’argomento, individuando contemporaneamen- te, sulla base delle conoscenze fino a questo momento disponibili, una metodologia mirata alla quantificazione del danno causato dall’inquinamento atmosferico sui beni culturali italiani espo- sti all’aperto. A tale proposito è stato costituito un tavolo tecnico coordinato da APAT e ICR, che ha riunito alcuni tra i maggiori esperti del settore appartenenti a diverse istituzioni (CNR ISAC, CNR IIA, ENEA, MBAC). Dagli studi effettuati sull’argomento è stato possibile valutare che l’e- rosione, l’annerimento, la contaminazione biologica e lo stress fisico risultano essere i principali responsabili del degrado delle superfici dei manufatti. I risultati dello studio sperimentale APAT-ICR per la valu- tazione del danno dei beni storico-artistici esposti all’aperto di Patrizia Bonanni (*) , Roberto Daffinà (*) , Raffaela Gaddi (*) , Valerio Silli (*) , Mario Cirillo (*) , Carlo Cacace (**) , Annamaria Giovagnoli (**) (*) APAT, Dipartimento Ambiente e Metrologia Ambientale (**) ICR Introduzione La presenza sul territorio italiano di una parte senz’altro consistente del patrimonio storico-artistico mondiale deve rendere il nostro paese particolarmente sensibile allo svi- luppo di strategie nel settore della conserva- zione preventiva e al sostegno di studi e ricer- che scientifiche finalizzati ad assicurare il più possibile ottimali condizioni di conservazione. Nella banca dati della Carta del Rischio del Patrimonio Culturale [1] dell’Istituto

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Inquinamento e degradodei beni culturali

L’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e Servizi Tecnici (APAT) ha avviato dal 2000 unacollaborazione scientifica con l’Istituto Centrale per il Restauro (ICR) per la valutazione di sogliedi tolleranza per i monumenti, ed in particolare dei manufatti lapidei, nei confronti delle princi-pali sostanze inquinanti. Il degrado naturale cui sono soggette le opere d’arte è fortemente accele-rato e reso più intenso dall’inquinamento ambientale in quanto non posseggono sistemi di autori-generazione presenti invece negli esseri viventi. Non esistono al momento valori di soglia specifi-ci per gli effetti deleteri dell’inquinamento atmosferico sui beni culturali, e non è detto che il rispet-to dei limiti attualmente vigenti assicuri adeguata protezione anche alle opere d’arte, per la evi-dente diversità dei meccanismi chimici e fisici coinvolti. Dal punto di vista normativo, infatti, ilimiti di legge sull’inquinamento dell’aria, in vigore nel nostro paese e in tutta l’UE, sono statiemanati avendo come fine ultimo la salvaguardia soprattutto della sola salute umana o, per talu-ni inquinanti, degli ecosistemi e della vegetazione. Lo studio sperimentale elaborato dall’APAT edall’ICR, condotto nelle città di Roma e Milano, è stato finalizzato a catalizzare l’attenzione sulproblema ed a riunire le competenze nazionali sull’argomento, individuando contemporaneamen-te, sulla base delle conoscenze fino a questo momento disponibili, una metodologia mirata allaquantificazione del danno causato dall’inquinamento atmosferico sui beni culturali italiani espo-sti all’aperto. A tale proposito è stato costituito un tavolo tecnico coordinato da APAT e ICR, cheha riunito alcuni tra i maggiori esperti del settore appartenenti a diverse istituzioni (CNR ISAC,CNR IIA, ENEA, MBAC). Dagli studi effettuati sull’argomento è stato possibile valutare che l’e-rosione, l’annerimento, la contaminazione biologica e lo stress fisico risultano essere i principaliresponsabili del degrado delle superfici dei manufatti.

I risultati dello studio sperimentale APAT-ICR per la valu-tazione del danno dei beni storico-artistici esposti all’aperto

di Patrizia Bonanni(*), Roberto Daffinà(*), Raffaela Gaddi(*), Valerio Silli(*),Mario Cirillo(*), Carlo Cacace(**), Annamaria Giovagnoli(**)

(*) APAT, Dipartimento Ambiente e Metrologia Ambientale(**) ICR

Introduzione

La presenza sul territorio italiano di unaparte senz’altro consistente del patrimoniostorico-artistico mondiale deve rendere ilnostro paese particolarmente sensibile allo svi-

luppo di strategie nel settore della conserva-zione preventiva e al sostegno di studi e ricer-che scientifiche finalizzati ad assicurare il piùpossibile ottimali condizioni di conservazione.

Nella banca dati della Carta del Rischiodel Patrimonio Culturale [1] dell’Istituto

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Centrale per il Restauro (ICR) ad oggi sonoschedati 62756 beni suddivisi per Regione(Fig. 1). Tutto questo deve quindi rendere ilnostro paese particolarmente sensibile allatematica della loro conservazione ottimale.

Innumerevoli studi ed indagini scientifi-che hanno evidenziato che negli ultimidecenni il degrado dei materiali espostiall’aperto ha subito un’accelerazione e ingenerale è stato registrato un incrementodella velocità con cui alcuni processi, coin-volti nel degrado, evolvono nel tempo. Nelvalutare le cause di tale degrado l’inquina-mento atmosferico è risultato un fattore dipressione determinante per le superfici deimonumenti esposti all’aperto. L’impattodelle sostanze inquinanti emesse in atmo-sfera sui materiali costitutivi dei monu-menti è ingente ed irreversibile a causadella mancanza di sistemi di autorigenera-zione, che sono invece presenti negli esseriviventi [2], [3], [4].

I limiti di legge sull’inquinamento dell’a-ria in vigore nel nostro paese e nell’Unioneeuropea sono stati emanati avendo comefine ultimo la salvaguardia della sola saluteumana o, per taluni inquinanti, degli ecosi-stemi e della vegetazione.

Non esistono al momento valori limite spe-cifici per gli effetti dell’inquinamento atmo-sferico sui beni di interesse storico-artistico.

Sola eccezione, in Italia, sono le opered’arte esposte all’interno dei musei per lequali con il Decreto Legislativo n. 112 del1998 si affronta, con l’art. 150, il problemadella qualità dell’aria all’interno e le impli-cazioni dell’ambiente esterno sulle opereconservate.

L’Agenzia per la Protezione dell’Am-biente e Servizi Tecnici (APAT) ha avviatodal 2000 una collaborazione scientifica conl’Istituto Centrale per il Restauro (ICR) fina-lizzata alla valutazione di soglie di tolleran-za per i monumenti, ed in particolare deimanufatti lapidei, nei confronti delle princi-pali sostanze inquinanti. Tale studio ben sicolloca all’interno delle attività dell’Agenziache consistono, tra le altre, nella determina-zione di tali soglie (carichi critici) per varielementi recettori con il fine ultimo di piani-ficare le quote di riduzione di emissione disostanze inquinanti, tali da garantire il nonsuperamento di queste soglie. Il progetto diricerca elaborato dall’APAT e dall’ICR è statofinalizzato a catalizzare l’attenzione sul pro-blema ed a riunire le competenze nazionalisull’argomento, individuando contempora-neamente, sulla base delle conoscenze fino aquesto momento disponibili, una metodolo-gia mirata alla quantificazione del dannocausato dall’inquinamento atmosferico suibeni culturali italiani esposti all’aperto.

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Fig. 1: Distribuzione Regionale, in parentesi quadre le percentuali sul totale, dei beni culturali presenti in banca dati delSistema Informativo Territoriale della Carta del Rischio dell’ICR.

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A tale proposito è stato costituito un tavo-lo tecnico coordinato da APAT e ICR, che hariunito alcuni tra i maggiori esperti del set-tore appartenenti a diverse istituzioni1.

Dagli studi effettuati sull’argomento è statopossibile valutare che l’erosione, l’annerimen-to, la contaminazione biologica [5] e lo stressfisico [6] risultano essere i principali responsa-bili del degrado delle superfici dei manufatti.

Per quanto riguarda l’erosione esistonospecifiche funzioni di danno, cioè algoritmimatematici, che correlano il danno stesso allaconcentrazione di inquinanti aerodispersi;per l’annerimento, lo stress fisico e la conta-minazione biologica, invece, tali funzioni nonsono ancora state esplicitate: la loro definizio-ne è stato l’obiettivo della sperimentazionecondotta nell’ambito della convenzione ICR–APAT in due città italiane (Roma e Milano).Lo studio effettuato può essere consideratoun primo passo per la realizzazione dimappe di sensibilità aventi come recettorisensibili i beni di interesse storico-artisticoesposti all’aperto, in analogia con quanto rea-lizzato già da APAT in ambito ONU – ECEper gli ecosistemi forestali.

Fonti di emissione delle sostanze inquinanti

Tra le sostanze in grado di deteriorareun’opera d’arte, quelle considerate mag-giormente aggressive per i materiali lapideisono: i composti dello zolfo (in particolarel’anidride solforosa SO2) [7], gli ossidi diazoto (NOx) [8], l’anidride carbonica (CO2)per il suo potere acidificante ed il particola-to atmosferico che ricopre un ruolo fonda-mentale poiché rappresenta la principalecausa di annerimento delle superfici lapi-dee esposte all’aperto.

Tali inquinanti possono provenire ed esse-re emessi da fonti diverse, in particolare [9]:– processi di combustione in ambito indu-

striale e domestico che generano inqui-nanti aeriformi quali ossido di carbonio(CO), biossido di zolfo (SO2), idrocarburi,aldeidi, ceneri composte da cloruro disodio e di magnesio (NaCl e MgCl2), par-ticelle carboniose, ecc.;

– traffico veicolare (produzione di ossidi dicarbonio, azoto e zolfo, particolato, polveriprovenienti dall’usura di manti stradali, dipneumatici ed idrocarburi incombusti);

– lavorazione dei manufatti in processi indu-striali e combustioni dei rifiuti cheimmettono nell’atmosfera vapori di sol-venti organici, biossido di zolfo, acidocloridrico, ossidi di azoto, idrocarburiincombusti e particolato.Analizzando le emissioni in Italia degli

ossidi di azoto (NOx), dell’anidride solforo-sa (SO2), del particolato2 (PM10), notiamocome si è avuta una sensibile riduzione delleemissioni nel periodo che va dal 1990 al2003, rispettivamente del 36, 72 e 29%; perquanto riguarda l’emissione di CO2 si è regi-strato un incremento del 10%.

Nella figura 2 in particolare è rappresen-tata la situazione delle emissioni nazionali diNOx nel 1990 e nel 2003 suddivisa per setto-ri. Oltre la metà delle emissioni è dovuta alsettore dei trasporti e la sua riduzione neltempo ha consentito di abbattere sensibil-mente le emissioni complessive. Il taglio di284 Gg in questo settore ha rappresentatocirca il 41% del calo delle emissioni comples-sive che in tredici anni è stato di 696 Gg.

L’altro settore che ha inciso per circa il 45%su questo calo è quello della combustione nelsettore energetico.

Dalla figura 3 si rileva che la riduzione di1288 Gg di SO2 complessive è da imputarequasi interamente, circa l’86%, ai settorienergetico, dell’industria manifatturiera ededile, e al settore dei trasporti. Ogni singolosettore ha almeno dimezzato le sue emissio-ni nel periodo considerato.

I tre settori menzionati in precedenzapesano per circa un 83% sulle emissionicomplessive e quindi una loro diminuzioneincide in maniera consistente sulle emissio-ni complessive.

Nella figura 4 viene esplicitato l’anda-mento del PM10, nei due anni di riferimento.

L’abbattimento delle emissioni comples-sive, circa 69 Gg, ha trovato il contributo ditutti i settori ad eccezione di quello residen-ziale e terziario, relativo al riscaldamento

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Fig. 3: Distribuzione delle emissioni di SO2 in Italia nel 1990 e nel 2003 suddiviso per settore classificazione IPCC.Fonte: APAT.

Fig. 2: Distribuzione delle emissioni di NOx in Italia nel 1990 e nel 2003 suddiviso per settore classificazione IPCC. Fonte: APAT.

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degli ambienti, che ha visto aumentare leemissioni di un 33%. La metà dell’abbatti-mento complessivo è da attribuirsi al settoreenergetico, che in tredici anni ha ridotto di37 Gg le sue emissioni, passando dai 44 Ggdel 1990 ai 7,6 del 2003.

Una buona performance è stata ottenutaanche dal settore dei trasporti che passadalle 98 Gg del 1990 alle 84 del 2003. Questasua riduzione è importante per il peso checopre questo inquinante sulle emissionicomplessive. Occorre notare come circa 2/3delle emissioni da trasporti sia da imputareal trasporto su strada e in maniera particola-re ai veicoli che utilizzano un carburantediesel (circa 40 Gg).

Nella figura 5 si vede come l’aumento delleemissioni complessive di anidride carbonicasia dovuto al forte aumento del settore deitrasporti e del settore energetico che hannoincrementato di circa 50 Tg le loro emissioninel periodo. Questi due settori sono responsa-bili di circa il 71% delle emissioni complessi-ve di CO2 e quindi una loro variazione siripercuote in maniera consistente sul totale.

Gli aumenti delle emissioni di questi duesettori sono stati mitigati dall’aumento del-

l’abbattimento del settore dei cambiamentidel suolo e delle foreste con riduzioni chepassano dai circa 60 Tg agli 81 Tg del 2003.

Forme di degrado ed effetti degli inqui-nanti sulle opere d’arte

Il degrado di un’opera d’arte inizia subitodopo la sua realizzazione e la velocità concui procede dipende da fattori sia naturaliche antropogenici. Il processo di deteriora-mento è progressivo e irreversibile; i tempi ele modalità di impatto differiscono sia infunzione del tipo di materiale che degliagenti fisico-chimici e biologici coinvolti chepossono essere di differente natura.

Un manufatto a differenza di un sistemabiologico (che tra l’altro spesso è in grado dimodificare l’habitat in suo favore o magaridi spostarsi), non è dotato di meccanismi dismaltimento o di eliminazione delle sostan-ze inquinanti con le quali viene a contatto eper tale ragione si assiste in breve tempoall’accumulo di tali sostanze.

Tra le forme di degrado cui sono soggettii materiali lapidei, assumono particolareimportanza in risposta all’azione degli

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Fig. 4: Distribuzione delle emissioni di PM10 in Italia nel 1990 e nel 2003 suddiviso per settore clasificazione SNAP 97.Fonte: APAT.

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inquinanti atmosferici, la perdita netta dimateriale detta “erosione”, che si verificasoprattutto nelle zone esposte all’azionedilavante della pioggia, l’”annerimento”(Fig. 6) o sporcamento determinato dal de-posito delle particelle carboniose sullasuperficie del monumento e che si verificainvece nelle zone protette dalla pioggia e “lostress fisico” (determinato da fattori climati-ci e microclimatici).

Il parametro che tiene conto del fenome-no erosione, definito indice di erosione(Ierosione), viene derivato dalla somma di tredifferenti effetti: effetto del dilavamento(potere solubilizzante della pioggia), effettodell’inquinamento (per inquinanti acidi),effetto costa (per aerosol marino).

In particolare, la perdita di materiale diun’opera d’arte (µm/anno), nell’unità ditempo, si può quantificare attraverso l’uti-lizzo della formula di Lipfert3, che ha per-messo una valutazione dell’influenza deisingoli fattori sull’effetto della perdita dimateriale calcareo [10], [11]; tra questi quellimaggiormente incidenti sono la pioggia, lecomponenti acide in essa disciolte e la depo-sizione di zolfo.

Per l’annerimento, invece, non sonostate ad oggi esplicitate funzioni di dannospecifiche che permettano di valutare gli

effetti delle sostanze inquinanti aerodi-sperse e il degrado dei materiali espostiall’aperto.

L’indice di annerimento risulta generica-mente funzione della concentrazione delparticolato totale sospeso e della sua veloci-tà di deposizione.

Iannerimento = f (PST, V dep.)

Tale indice così formulato non tiene contodei fattori in grado di influire sulle interazio-ni tra il materiale e l’ambiente circostanteassociati al materiale (porosità, struttura ecc.).

Per tale motivo è necessario introdurre ilconcetto di stress fisico che considera alcuniparametri quali: il tempo di inumidimento(valutabile come il periodo annuo in cui l’umi-dità relativa è superiore all’80%), la frequenzadi oscillazione della temperatura ambienteattorno a 0°C e la gelività del materiale4 .

Dagli studi effettuati sull’argomento èemerso che molte forme di deterioramentodei materiali lapidei sono causate dall’a-zione di agenti biodeteriogeni aerodisper-si che possono giocare un ruolo sinergicosui danni tipicamente chimico-fisici. Ai trefattori considerati va pertanto affiancatoun nuovo parametro la contaminazionebiologica, correlato al grado di colonizza-zione, ad esempio ad opera di organismi,

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Fig. 5: Distribuzione delle emissioni di CO2 in Italia nel 1990 e nel 2003 suddiviso per settore classificazione IPCC. Fonte: APAT.

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quali muschi, licheni e funghi, del mate-riale che costituisce il monumento o operad’arte.

La raccolta dei dati sperimentali funzio-nali alla determinazione delle funzioni didanno relative all’annerimento, allo stressfisico e alla contaminazione biologica è statol’obiettivo delle campagne di monitoraggiocondotte da APAT e ICR presso due città ita-liane, Roma e Milano [12].

La sperimentazione è stata realizzata aMilano presso la Pinacoteca di Brera, in unazona centrale della città ma a traffico limitato,e a Roma presso l’Istituto Superiore di Sanitàsituato in una zona ad alto traffico autoveico-lare. Le campagne di monitoraggio si sonobasate sull’esposizione di provini di materia-le lapideo di neoformazione, sui quali sonostate eseguite, nell’arco di un anno, analisi ditipo chimico, fisico e biologico.

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Fig. 6: Esempi di fenomeni di erosione e annerimento (*Foto di proprietà della dott.ssa M. Laurenzi Tabasso).

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Sui provini sono state eseguite anche misu-re per la valutazione ottica – colorimetricadell’andamento dello ‘sporcamento’ superfi-ciale utilizzando una strumentazione [13] ingrado di misurare automaticamente il pro-gressivo decremento di brillanza (misuradella variazione del grado di bianco e quindila variazione cromatica) in funzione deltempo, delle superfici di campioni esposti alledeposizioni atmosferiche.

Dai dati rilevati i campioni esposti aMilano risultano più “anneriti” di quelliesposti a Roma, in quanto hanno mostratoin un anno una diminuzione della brillanzapari a circa il 34%, mentre quelli esposti aRoma una diminuzione della brillanza disolo circa il 2%, tutto questo con concentra-zioni medie di particolato comparabili per ledue città (Figg. 7 e 8).

I dati di variazione di brillanza registratisono stati correlati con le concentrazioni diPM10 provenienti dalle centraline poste nelleadiacenze dei siti di studio.

Nonostante i dati disponibili ad oggisiano limitati ad un anno, è ragionevole,data l’elevata rappresentatività di questiultimi, pensare di poter estendere la retta diregressione ed i risultati anche ad una situa-zione più avanti nel tempo. Nelle figure 9 e10 si possono quindi osservare gli andamen-ti della brillanza e della funzione cumulata

dell’inquinante PM10 (si considera il PM10 enon il PST perché contiene una maggiorepercentuale di prodotti carboniosi).

La funzione cumulata viene calcolata alfine di considerare l’accumulo del partico-lato in maniera progressiva tenendo memo-ria delle sue evoluzioni precedenti. Questoè possibile poiché l’aumento del contenutodi PM10 sulla superficie marmorea non su-bisce diminuzione nel tempo essendo l’am-biente preso in considerazione tale da isola-re eventi climatici alteranti come pioggia ovento.

I dati ottenuti e in particolare le differentidiminuzioni di brillanza registrate sonospiegabili con le diverse condizioni climati-che delle due città e con la diversa composi-zione chimica del particolato depositato, chea Roma è caratterizzato da componenti dicolorazione più chiara a causa della presen-za di composti derivanti dall’aerosol marinoe di polvere terrosa di natura silicea, mentrea Milano è evidentemente più ricco di com-ponente carboniosa, dovuta alla presenza diidrocarburi incombusti.

Dette risultanze dimostrano quindi che iltermine annerimento è piuttosto riduttivo eche invece per un inquadramento correttodella problematica sia più giusto parlare disporcamento, cioè di quell’insieme di feno-meni di variazioni cromatiche delle superfi-

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Fig. 7: Andamento giornaliero del PM10 a Roma da dicembre 2003 a gennaio 2005. Fonte: APAT.

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ci dei manufatti delle quali l’annerimento èun caso particolare, ma non il solo.

Lo sporcamento è quindi causato dalladeposizione di particelle di origine naturale oantropogenica. Tali particelle provocano ef-fetti ottici differenti in funzione delle lorodimensioni, natura e forma. Come risultatodi tali deposizioni i manufatti gradualmentesi possono scurire, i loro colori si possono

affievolire o alterare. Nei beni architettonici emonumentali e nelle sculture, sia la leggibili-tà complessiva che le forme ne vengono alte-rate, compromettendo l’estetica dell’opera.

Lo sporcamento dipende non solo dallaconcentrazione delle particelle nell’atmosfe-ra e dalla loro composizione, ma anche dallavelocità di deposizione delle stesse sullesuperfici; quest’ultima dipende, a sua volta,

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Fig. 8: Andamento giornaliero del PM10 a Milano da febbraio a novembre 2004. Fonte: APAT.

Fig. 9 - Confronto brillanza e funzione cumulata del PM10 – Roma periodo dicembre 2003-febbraio2005. Fonte: APAT, ICR.

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dalle caratteristiche chimico-fisiche e geo-metriche delle particelle, dai parametrimicroclimatici dell’ambiente in cui si trova ilmanufatto e dalle proprietà intrinseche delmateriale di cui quest’ultimo è costituito.

In particolare, lo sporcamento dipendeanche dal contenuto di acqua negli stratisuperficiali del materiale; infatti, esso favo-risce l’aumento dell’efficienza di cattura daparte di una superficie bagnata, causandoun maggiore deposito degli inquinanti pre-senti in atmosfera.

Le condizioni di umidità relativa e la con-seguente disponibilità di acqua sul materialelapideo condiziona fortemente non solo imeccanismi di deposizione ma anche la pos-sibilità che i contaminanti biologici possanodare origine a colonizzazioni microbiche at-traverso la formazione di biofilm. Tale feno-meno incrementa ulteriormente la capacità dicattura delle superfici e contribuisce ai feno-meni di degrado chimici e fisici oltre ad alte-rare la morfologia dei manufatti artistici.

A questo proposito, lo studio effettuatoha messo in evidenza che dal punto di vistaclimatico e microclimatico, il sito di Roma siè rivelato più caldo e più umido di quello diMilano ed è caratterizzato da eventi di con-

densa superficiale nelle porosità, più nume-rosi per cui risulterebbe maggiormente arischio sporcamento.

A valle di quanto esposto appare eviden-te che per determinare correttamente l’in-fluenza del particolato sullo stato di conser-vazione di un monumento, al fine di avereelementi utili per programmare idonei inter-venti conservativi e stabilire i tempi dellamanutenzione, è necessario conoscere oltreai dati di concentrazione dell’inquinante, ri-levati il più possibile nelle vicinanze delbene, anche la sua composizione chimica. Lacomprensione dei meccanismi di deposizio-ne del particolato si basa inoltre sulla cono-scenza dei parametri termoigrometrici, chepermette di valutare quello che viene defini-to l’indice di stress fisico, un indicatore chetiene conto dell’interazione termica ed igro-metrica tra ambiente e materiale (interazio-ne che comprende fenomeni come la dilata-zione termica, la gelività, il tempo di bagna-mento, ecc.).

Le indagini biologiche e chimiche eseguitesui provini hanno comunque evidenziato lanecessità di confrontare l’andamento deldegrado subito dal materiale neoesposto conil danno che caratterizza il materiale in opera.

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Fig. 10: Confronto brillanza e funzione cumulata del PM10 – Milano periodo febbraio 2004 – febbraio2005. Fonte: APAT, ICR.

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In base a queste osservazioni è emersal’esigenza di proseguire lo studio, utiliz-zando lo stesso percorso analitico seguitonella presente sperimentazione, per stu-diare il degrado direttamente su monu-menti che sono stati precedentemente sot-toposti ad interventi di restauro e di cui siconoscono lo stato di conservazione e leforme di degrado. A questo proposito,APAT ha intenzione di coinvolgere tutto ilsistema agenziale per potere estendere lostudio a quante più città possibili, questoperché il territorio italiano gode di unaspiccata eterogeneità di zone climatiche emicroclimatiche nonché di distribuzionedelle fonti di emissione degli inquinanticon conseguenti variazioni dei parametricritici che rendono differente la vulnerabi-lità di un stesso materiale anche in zonerelativamente vicine.

La considerazione del patrimonio arti-stico come elemento recettore sensibile èquindi un problema estremamente com-plesso a causa della molteplicità dei feno-meni coinvolti e per la grande varietà dimateriali costitutivi dei beni, essendo ognimateriale dotato di caratteristiche morfolo-giche, chimiche e fisiche totalmente dissi-mili, tanto da rendere ogni bene storico arti-stico un individuo singolo caratterizzato dauna specifica vulnerabilità a lui soltantoattribuibile.

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Note

1 Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima (CNR ISAC) di Bologna e Padova;Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto sull’Inquinamento Atmosferico (CNR IIA) di Montelibretti – Roma; Ente per leNuove Tecnologie, l’energia e l’ambiente (ENEA); Ministero per i beni artistici e culturali (MBAC). Esperti esterni: M. LaurenziTabasso, M. Marabelli.

2 Il particolato è costituito da un insieme eterogeneo di particelle solide e liquide che restano in sospensione nell’aria a causadelle ridotte dimensioni, che variano da pochi nanometri a qualche micrometro. Del particolato atmosferico si distinguono diver-se frazioni, in particolare il PM10 caratterizzato da particelle di diametro aerodinamico inferiore a 10 mm; il PM2.5 con particelledi diametro aerodinamico inferiore a 2.5 mm; il PM1 costituito da particelle di diametro aerodinamico inferiore a 1 mm.

3 Pm = 18,8+0,016H+R+0,18[VdS(SO2) + VdN (HNO3)]

dove i parametri hanno i seguenti significati:Pm = perdita di materiale nell’unità di tempo (mm/anno)R = quantità di pioggia (mm/anno)

H+

= disponibilità di ioni idrogeno (nmol/cm3)VdS = velocità di deposizione di biossido di zolfo (cm/s)(SO2) = concentrazione del biossido di zolfo in aria (µg/m3)VdN = velocità di deposizione di acido nitrico (cm/s)(HNO3 ) = concentrazione di acido nitrico in aria (µg/m3)4 Tendenza delle rocce a disgregarsi a causa del gelo. L’acqua, penetrata in fori o fessure, gelando aumenta di volume pro-

vocando nel tempo la disgregazione del materiale.

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