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INIBITORI DELLE TIROSINCHINASI

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REGOLAZIONE DELL’ATTIVITA DELLE TK

TKs sono divise in due classi, recettori TKs transmembrana con dominio attivatore

extracellulare e dominio catalitico intracellulare e TKs citoplasmatiche che mancano

del dominio extracellulare che si trovano nel citoplasma, nucleo e membrane

interne. L’attività delle TK è regolata in modo tale che in condizioni non proliferative

sono defosforilate, perchè è assente il ligando.

Le TK-non recettori associate sono mantenute in uno stato inattivo da inibitori

cellulari e stimoli di diversa natura dissociano questi inibitori e inducono la

fosforilazione mediante altre chinasi. L’azione delle chinasi è terminata dalle

fosfatasi che idrolizzando il fosfato presente sulla tirosina ed inducono gli inibitori.

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Un meccanismo comune nei tumori ematologici è l’attivazione delle TK

mediante la fusione di un recettore o non recettore TK con una proteina

partner, come conseguenza di una traslocazione cromosomica. Un aspetto

frequente della proteina partner è un dominio che causa una

oligomerizzazione costitutiva della TK in assenza di ligando, promovendo

autofosforilazione ed attivazione.

BCR-ABL nella CML (leucemia mielodie cronica), dove si genera una

proteina chimerica che costituisce una TK costitutivamente attiva.

Mutazioni della chinasi FLT3 nella leucemia mieloide acuta (AML) che

rende la TK attiva in assenza di ligando.

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Leucemia Mieloide Cronica (LMC)

Il cromosoma Philadelphia

1 2 3 4 5

6 7 8 10 119 12

13 14 15 16 17 18

19 20 21 22 x Y

Presente in oltre il 95% dei pazienti affetti da LMC

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Rappresentazione schematica del cromosoma Philadelphia (Ph)

Leucemia Mieloide CronicaLa traslocazione t (9;22)

Proteina di fusione con elevata attività

tirosina-chinasica

22

bcr

abl

9

Ph

Bcr-Abl

9+Cromosoma

Cromosoma

Cromosoma

Cromosoma

La fusione BCR-ABL durante la traslocazione e’ associata a un notevole aumento dell’attività tirosinchinasica di ABL e da’ a quest’ultima la

capacità di legare il sito SH2 di attacco a GRB2.nabissi 14

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Meccanismi di resistenza secondaria all’Imatinib

• Mutazioni di BCR-ABL• Aumentato efflusso dalla cellula (glicoproteina

MDR)• Iperespressione di BCR-ABL• Alterazioni genetiche aggiuntive

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ONCOSOPPRESSORI

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Geni oncosoppressoriGeni la cui mancata attività all’interno della cellula favorisce la crescita tumorale.

L’alterazione nella struttura o nell'espressione di questi geni (inattivazione) se è a carico di entrambi gli alleli determina perdita di funzione e fenotipo tumorale.

● Inibitori della crescita (TGF-beta)

● Recettore di inibitore (TGF-beta Receptor)

● Inibitore di trasduttore del segnale (NF1, PTEN)

● Inibitori dei fattore di trascrizione (Rb)

● Inibitori del ciclo cellulare (CDKI, p16, p21)

● Fattori apoptotici (Bad, Bax)

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● Funzione di controllo dell’integrità del genoma (p53)

Corretta duplicazione del genoma

Riparazione del DNA • BRCA-1 Integrità del genoma (stabilità cromosomi riparazione DNA)

• BRCA-2 Integrità del genoma (stabilità cromosomi, riparazione DNA)

• NER Integrità del genoma (riparazione DNA per escissione dei nucleotidi)

• MSH2 Integrità del genoma (riparazione DNA da errato appaiamento)

ATM Integrità del genoma attiva sistemi riparazione, attiva p53, rallenta ciclo mitotico in fase G2

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Meccanismi di inattivazione di geni oncosoppressori

Perdita del prodotto o formazione di prodotto inattivo(troncato) a causa di

● Delezione (perdita gene, perdita intero cromosoma)

● Mutazione (non senso, di senso, frameshift)

● Epigenetica (es metilazione) (ipermetilazione del promotore di MLH1 impedisce il mismatch repair)

● Prodotti virali

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TP53

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TP53

p53 funziona principalmente come fattore trascrizionale e controlla l’espressione di un ampio spettro di geni, coinvolti nelle piu’ disparate funzioni.

p53 è spesso mutato nei tumori.

Mutazioni che producono un p53 troncato o malfunzionante o mutazioni che interferiscono con il DNA Binding Domain sono predizione di una pessima diagnosi.

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Per quanto la perdita o mutazioni in p53 sia associate ad un incremento della suscettibilità

a sviluppare un tumore, topi -/- per p53 sviluppano normalmente e altre osservazioni

indirizzano p53 anche verso un ruolo nella normale fisiologia cellulare. Questi studi

includono il ruolo di p53 nel regolare la longevità e l’invecchiamento, la glicolisi e la

risposta apoptotica dopo ischemia, la sopravvivenza cellulare dopo danni genotossici o

stress ossidativo, angiogenesi, rimodellamento osseo ed autofagia.

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TP53 Mutazioni Germinali predispongono a diversi tipi di cancro

Tumor spectrum in TP53 mutation carriers

5.9

1.5

1.5

1.7

2.5

3.2

3.4

6.8

12.8

15.4

16

28.9

0 5 10 15 20 25 30

Other

Ovary

Skin

Colorectum

Stomach

Leuk/Lymph.

Lung

Adrenal gland

Bones

Brain

Soft tissues

Breast

>80%

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TP53 è un oncosoppressore

p53+/+

p53+/-

p53-/-

1% at 18 mesi

% topi con tumore

75% at 6 mesi

2% at 9 mesi

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Mutazioni in p53

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• TAD N-terminal [aa1-42]TAD regolazione negativa attraverso interazione con MDM2

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Domino transattivante (TAD): attiva geni che codificano per prodotti che esercitano un

ruolo inibitorio sulla progressione del ciclo cellulare (p21/WAF), ed inibiscono l’espressione

di geni coinvolti nella progressione della fase G1/S (geni delle cicline).

La regolazione dell’espressione di questi geni avviene quando p53 trasloca nel nucleo,

previa fosforilazione del residuo di serina 316 (ser316), svolta da specifiche chinasi.

Contiene anche il sito di legame per MDM2

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• Pro-rich region fra TAD e DBD– PxxP presenti 5 zone nella regione 61-94– Delezione della P- rich region riduce la risposta apoptotica e il blocco del ciclo

cellulare, ma non la normale risposta trascrizionale– Contiene residui che diventano fosforilati dopo la risposta apoptotica

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Regione ricca in prolina: regione ricca di aminoacidi basici, che attivati in seguito a

fosforilazione permette il legame al DNA tramite il DNA Binding Domain

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p53 DBD

2 “-helical loops” che contattano il DNA

Altre strutture deputate

Al legame al DNA

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Mutazioni alla DBD

• La maggior parte delle mutazioni che causano il tumore si trovano nella DBD– Destabilizzando le

interazioni.

– p53 lega il DNA come tetramero

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Dominio di tetramerizzazione2 + 2 struttura

Legata alla DBD via 37aa

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C-terminal allosteric domain

Diversi eventi nella regione C-terminale possono riattivare la regione DBD

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Dominio legante il DNA: permette l’interazione con il DNA

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Il funzionamento di p53 è regolato da alcune proteine effettrici: ATM e ATR, le

quali riconoscono il DNA danneggiato.

ATM e ATR attivano le chinasi CHK2 e CHK1.

CHK1 attraverso una serie di processi inibisce le CDKs, mentre CHK2 come

ATM stesso attivano p53, il quale a sua volta attiva p21/waf (bloccando la

proliferazione), attiva geni pro-apoptotici (Bad, Bax, PUMA, …) ed attiva

GADD45 (growth arrest and DNA-damage inducible).

Se il DNA viene riparato p53 attiva il suo inibitore MDM2, che a sua volta lega

p53 e lo porta a degradazione.

Se il danno non viene riparato p53 attiva il processo di apoptosi.

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ATTIVAZIONE di p53

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ATM e ATR fosforilano p53 arrestando la fase G1/S

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• I meccanismi che controllano il passaggio dalla fase G1 alla S, consistono

anche di processi d’inibizione della proliferazione cellulare, i quali

regolano l’attività dei complessi C/CDK.

• Le due principali classi d’inibitori sono fattori proteici della famiglia

Cip/Kid e INK4/Arf.

• La famiglia Cip/Kid è composta da tre mebri : p21Waf, p27 e p57.

• p57 funziona come freno all’interno del ciclo cellulare, mentre p21/waf

sono principalmente dei mediatori di segnali citostatici.

• Ink4 e Arf agiscono rispettivamente bloccando il ciclo cellulare ed agendo

sul fattore trascrizionale p53. nabissi 14

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MDM2 associata con p53 TAD

MDM2-binding comporta

– 1. Repressione della transattivazione

– 2. Destabilizzazione di p53 in quanto MDM2-binding stimola

degradazione di p53

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Inibizione di P53

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p53 and MDM2 formano un feedback loop autoregolatorio.

p53 stimola l’espressione di MDM2; MDM2 inibisce p53 bloccando la sua attività trascrizionale, favorendo la sua degradazione.

DNA damage favorisce la fosforilazione di p53, prevenendo la sua associazione con MDM2.

ARF, previene la degradazione di p53 MDM2-mediata.

Quindi inibitori dell’interazione p53–MDM2 possono attivare p53 nei tumori esprimenti p53.

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Diverse strategie per rompere il legame MDM2-p53

Prima dell’attivazione

attivato fosforilazione

Rottura del legame

attivazione fosforilazione

Inattivata l’azione di E3

Activated ARF-binding

inactivated E3-act

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Se la riparazione del DNA non viene effettuata allora p53 puo’ indurre apoptosi attraverso l’attivazione di geni

proapoptotici della famiglia Bcl-2, Fas e repressione di geni anti-apoptotici.

L’azione di p53 come fattore responsabile del blocco del ciclo cellulare o dell’attivazione dell’apoptosi sembra sia

regolata dai sui livelli all’interno della cellula.

Bassi livelli inducono blocco del ciclo cellulare mentre alti livelli l’apoptosi.

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Cell death (Apoptosis) by p53

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Bersaglio: Microambiente

La necessità per i tumori di rifornirsi di nutriente puo’ essere contrastata confarmaci antiangiogenetici, come nell’uso di anticorpi monoclonali contro il VEGF, nel trattamento del cancro al colon, ma è un’approccio che potrebbe essere applicato in molti tumori.Inoltre la terapia che agisce piu’ sull’ospite (cellule endoteliali) che sul tumore è sicuramente meno soggetta a resistenza farmacologica, in quanto le cellule

normale hanno sicuramente meno plasticità genetica delle tumorali.

Studi recenti riguardanti le interazioni tumore-stroma rivelano un complesso scambio d’informazioni che non riguardano solo la vascolarizzazione.Lo stroma comprende oltre ai fibroblasti un numero elevato di cellule infiammatorie che possono chiaramente influenzare la crescita del tumore.Uno dei fattori stromali maggiormente studiato è TGF-b, il quale svolge diversi ruoli che possono influenzare positivamente o negativamente la crescita tumorale.

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TGF-beta (TGF-b)

Nei tessuti, l’omeostasi richiede un bilanciamento delle interazioni fra le cellule e

la matrice extracellulare. Queste interazioni cooperative coinvolgono numerose

citochine che agiscono attraverso specifici recettori di membrana. Quando il

bilanciamento tra cellule e matrice extracellulare è perturbato si possono

sviluppare diverse patologie. Questo fenomeno è particolarmente evidente per il

TGF-b che è un membro della famiglia di fattori di crescita che include la

proteina morfogenetica ossea e l’activina. Quasi tutti i tipi di cellule producono

TGF-b ed hanno i recettori per il TGF-b il quale regola la proliferazione e la

differenziazione delle cellule, lo sviluppo embrionale, la riparazione delle ferite e

l'angiogenesi.

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Il ruolo essenziale del TGF-b, dimostrato in diversi esperimenti, dimostra che l'incremento

o decremento di TGF- b è legato a diversi tipi di patologie, fra cui il cancro. Ci sono tre

isoforme di TFG-b (1, 2, 3) ognuna codificata da geni distinti ma strutturalmente altamente

conservate ma differenti nell’affinità di legame al recettore. Il TGF-b è sintetizzato come un

largo precursore contenente una regione che viene tagliata prima della secrezione del

precursore, ma che rimane attaccata mediante legami non covalenti. Una volta secreto il

TGF-b viene immagazzinato nella matrice extracellulare, in un complesso comprendente

una proteina di legame (TGF-b binding protein, TGFBP), che ne evita il legame al recettore.

Il TGF-b viene poi rilasciato mediante una glicoproteina di matrice (trombospondina-1) la

quale cambia la conformazione della TGF-b BP. Il TGF-b attivo agisce su tre tipi di recettori

(I, II, III), ma i tipi I e II sono quelli specifici solo per TGF-b.

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TGF-β è immaganizzato nella ECM in forma inattivacomplessato con beta-glicani e decorina

precursore maturoDopo il taglio

TGF-β forma omodimeri via legami

S-S

Tagliato ma ancora legato alla ECM

TGF-β attivo puo’ essere rilasciatotramite acidificazione

Contatto cellula-cellula, proteasi, trombospondina

TGFBP

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I recettori di tipo II e II contengono delle chinasi serina-treonina nel loro dominio

intracellulare che attivano la fosforilazione di diversi fattori di trascrizione conosciuti

come SMAD (10 membri). SMAD2 e SMAD3 sono fosforilati mediante attivazione del

TGF-RI, SMAD4 è un partner comune di tutti gli SMAD attivati da recettori, mentre

SMAD6 e SMAD7 bloccano la fosforilazione di SMAD2 e SMAD3, inibendo così il segnale

attivato da TGF-b. Un meccanismo generale dell’azione del TGF-b, consiste nel legame

del TGF-b al TGF-RII che recluta, lega e fosforila il TGF-RI il quale stimola l’attività

chinasica. che fosforila SMAD2 o SMAD3 i quali formano un complesso che migra nel

nucleo e lega altri fattori trascrizionali regolando la trascrizione di specifici geni

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TGF-β /SMAD

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Ruolo del TGF-b nel cancro

Regolazione del ciclo cellulare ed effetto sulla proliferazione.

Nelle cellule ematopoietiche, endoteliali ed epiteliali il TGF-b è un potente inibitore della

proliferazione cellulare, stimolando la sintesi delle CDKI (p15) ed inibendo le funzioni e la

produzione delle CDK2, CDK4, ciclina A ed E. Questi effetti risultano in una riduzione della

fosforilazione di Rb, bloccando cosi’ l’attivazione dei fattori E2F. Nei tumori le mutazioni a

carico del pathway TGF-b, comportano una proliferazione incontrollata. Questa perdita

nel controllo della proliferazione ha come conseguenza anche un’induzione della

secrezione di TGF-b da parte dei fibroblasti, che agisce (essendo le cellule tumorali

resistenti) sugli stessi fibroblasti, sul sistema immunitario, sulle cellule endoteliali e sulla

muscolatura liscia causando immunosoppressione, angiogenesi e stimolando l’invasività

del tumore. nabissi 14

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Stimola l’espressione dei CDKI come p15 e p21e reprime l’espressione di c-myc

TGF-β

L’ arresto è mediato dalla down-regolazione di Myc, il quale rilascia Miz1. Miz1 si lega al

promotore del p15 e lo attiva in co-operazione con il complesso

Smad.nabissi 14

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Topi SMAD4 +/- sviluppano polipi duodenali e gastrici con abbondante stroma

ed infiltrazioni di eosinofili a 6-12 mesi

Carcinomi Smad4 +/- Apc +/- mostrano

proliferazione delle cellule stromalie forte invasione tissutale.

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Effetto sulle metastasi

TGF-b è uno dei piu’ potenti stimolatori della produzione e deposizione della matrice

extracellulare. Stimola la produzione e influenza le proprietà adesive della matrice

extracellulare, attraverso principalmente due meccanismi. TGF-b stimola i fibroblasti ed

altre cellule a produrre le proteine della matrice extracellulare e le proteine di adesione

cellulare, incluso il collagene, fibronectina ed integrine. Secondo, TGF-b decrementa la

produzione di enzimi che degradano la matrice extracellulare, incluso collagenasi,

eparinasi e stromelisine ed incrementa la produzione di proteine che inibiscono gli enzimi

che degradano la matrice extracellulare come gli inibitori dell’attivatore del

plasminogeno e gli inibitori delle metalloproteasi (TIMPs).

Nei tumori TGF-b è aumentato e la sua azione induce stimolazione delle molecole di

adesione cellulare, stimolando l’invasività e l’angiogenesi.nabissi 14

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Cosa succede alle cellule tumoraliquando TGF-β pathway è spento(via perdita di SMAD

o TGFB-R2)Le cellule non sono piu’ responsive a TGF-β ma continuano

a produrlo e rilasciarlo

Cellule di carcinomasono immerse

nelle cellule stromali normaliinteragendo

1. Produzione locale di TGF-β sopprime la risposta immunitaria antitumorale

2. TGF-β stimola l’angiogenesi

TGF-beta1 è spesso elevato nel plasma di pazienti con tumore al seno, polmone, fegato e prostata

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Effetti immunosoppressivi

TGF-b che è prodotto da tutti i leucociti, promuove la loro differenziazione ed

inibisce la proliferazione ed attivazione.

Sopprimendo la proliferazione leucocitaria, induce una diminuzione di cellule del

sistema immunitario, suggerendo un ruolo del TGF-b nell’aiutare il tumore a

sfuggire dalla immunosorveglianza.

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•Le particelle virali o virioni, hanno piccole dimensioni (da 0,02 a 0,4 m) e una semplice

organizzazione strutturale.

•Sono costituiti da piccole particelle formate essenzialmente da solo materiale genetico

(RNA o DNA), detto core, avvolto da membrane protettive, quali capside e pericapside

di natura lipo e/o glicoproteico, che ha una duplice funzione di proteggere il genoma e

mediare la penetrazione nella cellula ospite.

•La mancanza di ribosomi e di sistemi enzimatici deputati alla produzione di energia

(ATP) fa si che il processo di replicazione possa avvenire solo quando il genoma virale,

penetrato nella cellula ospite, si spoglia della capsula ed inizia il suo processo

replicativo con il contributo della cellula ospite.

VIRUS ONCOGENI

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Molti virus hanno invece un secondo rivestimento, proveniente dalla

membrana cellulare della cellula ospite e formato da fosfolipidi. Questo

secondo rivestimento è chiamato envelope, su cui sono evidenti le

molecole necessarie per l’infezione.

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Virus oncogeni

Le caratteristiche generali che sono rappresentative della trasformazione

virale delle cellule eucariotiche sono:

1) la singola interazione di una particella virale con la cellula suscettibile è

sufficiente per indurre la trasformazione

2) La trasformazione induce una modificazione genetica spesso

irreversibile nella cellula infettata, in quanto il genoma virale s’integra

stabilmente nel DNA cellulare.

Per alcune forma virali il DNA virale rimane nella cellula ospite in forma

episomiale (DNA non integrato).nabissi 14

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3) La trasformazione comporta l’espressione dei geni virali necessari al mantenimento del DNA virale nella cellula infettata.

4) Le cellule trasformate possono rilasciare il virus, esprimere antigeni virali (nucleari, citoplasmatici o di membrana), acquisire un fenotipo immortalizzato (perdere i meccanismi di controllo della proliferazione e crescere in modo indefinito).

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• Virus oncogeni a DNA

I virus oncogeni a DNA appartengono a cinque famiglie:

PAPOVAVIRUS: PA (papilloma), PO (polioma), VA (virus vacuolizzante)

ADENOVIRUS: isolati per la prima volta dalle adenoidi

HERPESVIRUS: induce delle striscianti progressioni di lesioni

erpetiche (herpes dal greco strisciare)

POXVIRUS: deriva dalla parola inglese pock (pustola)

HEPADNAVIRUS: deriva da HEPA(tic), DNA, virus

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• Il comportamento dei virus dipende dalla permissività della

cellula ospite, infatti nelle cellule permissive in cui viene

permessa la replicazione delle particelle virali, dopo

integrazione del genoma virale in quello dell’ospite si ha

una infezione di tipo produttivo con effetto citopatico litico e

quindi morte della cellula. Di conseguenza non si ha

trasformazione cellulare con possibile sviluppo di cellule

tumorali.

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• Nelle cellule non permissive non si ha produzione delle particelle virali

necessarie a completare il ciclo replicativo del virus e quindi i pochi

geni virali espressi possono spingere la cellula verso la

trasformazione. La trasformazione puo’ contribuire allo sviluppo di

tumori in quanto puo’ indurre la modifica di meccanismi cellulari

(proliferazione, apoptosi, sopravvivenza, immunosoppressione)

grazie all’integrazione di porzioni di DNA virale nel DNA della cellula

ospite che avrà introdotto un nuovo gene o alterata l’espressione di

geni preesistenti, inoltre la cellula trasformata non rilascia mai il virus

infettivo. nabissi 14

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• Nell’ambito del processo di trasformazione

numerose proteine virali interagiscono con le

proteine cellulari dell’ospite formando dei complessi

che modificano i normali processi regolatori cellulari,

spesso regolando attivando proto-oncogeni o

disattivando le funzioni dei proto-oncosoppressori.

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Under typical circumstances,

viruses do not cause cancers

except in the settings of

immunosuppression and/or

complementing host cell

mutations. Non-tumorigenic

viruses, which constitute the

overwhelming majority of

viruses, target many of the

same innate immune and

tumour suppressor pathways as

tumour viruses but do so in

ways that do not place the host

at risk for carcinogenesis.

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• PAPOVAVIRUS

• Famiglia di virus di piccole dimensioni con DNA bicatenario racchiuso in un

capside privo di envelope, costituita da due generi: i poliomavirus ed i

papillomavirus.

• Il genoma dei poliomavirus è costituito da 7 geni codificanti proteine precoci e

tardive, le tardive sono proteine virali strutturali e quindi non vengono mai

espressi nelle cellule trasformate. Le proteine precoci (antigene T piccolo,

medio e grande),sono necessarie per la replicazione del DNA virale nelle cellule

permissive e per la trasformazione. Nelle cellule trasformate l’antigene T medio

si associa alla membrana plasmatica ed attiva la protein-chinasi c-src, antigene

T piccolo si localizza nel nucleo mentre il T grande è in parte associato alla

membrana plasmatica diventando bersaglio dei linfociti T citotossici.

• Comunque l’infezione da poliomavirus non è attualmente associato a tumori

umani, pur essendo presenti in diverse patologie umane regioni geniche del

virus.

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• PAPILLOMAVIRUS

La particella del Human Papillomavirus (HPV) consiste di un DNA circolare

di 8000 bp racchiuso in un capside composto da due molecole (L1 e L2). Il

genoma ha la capacità di codificare per queste due proteine e per almeno

sei proteine precoci (E1, E2, E4-7) che sono necessarie per la replicazione

del DNA virale e per l’assemblamento di nuove particelle virali all’interno

della cellula infettata. I due gruppi di geni sono separati da delle regioni

regolatrici (URR) di circa 1000 bp che non codificano per proteine ma

contengono cis-elementi necessari per la regolazione genica, la

replicazione del genoma e per il suo impacchettamento nelle particella

virali

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• Il ciclo infettivo del HPV inizia quando le particelle infettive raggiungono lo

strato basale dell’epitelio, dove esse si legano ed entrano nelle cellule,

attraverso piccole lesioni. Il ciclo replicativo all’interno dell’epitelio puo’

essere suddiviso in due parti:

• il genoma virale viene replicato in circa 100 copie e mantenuto per un

periodo di tempo variabile a questo basso numero di copie all’interno delle

cellule permissive. Le proteine E1 e E2 sono essenziali per questa

replicazione del DNA.

• Nella seconda fase le cellule basali sono spinte verso il compartimento sub-

basale, perdono la loro capacità di dividersi ed iniziano il loro programma di

differenziamento. Il HPV replica in questo compartimento e per il suo rilascio

nell’ambiente extracellulare approfitta della disintegrazione delle cellule

epiteliali che avviene in conseguenza del loro naturale turn-over nello strato

superficiale

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• Le proteine critiche nel processo di replicazione virale sono le proteine

E6 ed E7 che interagiscono con diverse proteine cellulari.

• Pur essendoci differenze fra le proteine E6/E7 nei sottotipi HPV ad alto

e basso rischio, le principali interazioni caratterizzate delle proteine

E6/E7 sono con le proteine cellulari p53 ed Rb, le quali sono molecole

centrali nel controllo del ciclo cellulare. Il legame di E7 a Rb attiva il

fattore trascrizionale E2F il quale attiva la trascrizione di geni coinvolti

nella replicazione del DNA. La proteina virale E6 interagisce ed inattiva

(portandolo a proteolisi) il fattore trascrizionale p53.

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• La conseguenza di questa infezione è la perdita del controllo del ciclo

cellulare, della riparazione del DNA ed il rallentamento del processo

differenziativo delle cellule epiteliali.

• L’abilità del HPV di persistere ed indurre progressione verso la

malignità puo’ essere spiegata da una particolarità di questo stadio del

suo ciclo replicativo. La costante attivazione delle proteine E6/E7

portano ad un incremento dell’instabilità genomica, perdita del controllo

del ciclo cellulare ed in ultimo al cancro. Durante la progressione del

tumore il genoma virale s’integra spesso nel genoma della cellula ospite

con il risultato di una costante espressione delle proteine E6/E7

mediante stabilizzazione del loro trascritto (mRNA), grazie all’influenza

sulle modifiche della cromatina o mediante la perdita della regolazione

negativa della trascrizione mediata dalla proteina virale E2.

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• Gli HPV attualmente caratterizzati sono piu’ di 100, di cui 40 capaci di

infettare le mucose del tratto genitale e sono caratterizzati come a basso

rischio ed alto rischio in conseguenza della loro prognosi clinica. Quelli a

basso rischio sono principalmente associati con le lesioni anogenitali

mentre quelli ad alto rischio con i tumori ano genitali. Due dei tipi a basso

rischio (HPV-6 e HPV-11) causano la maggior parte delle lesioni ano

genitali e dei papillomi respiratori ricorrenti. Le infezioni con HPV ad alto

rischio causano virtualmente il 100 % dei tumori alla cervice, 90 % dei

tumori all’ano, 50 % di quelli alla vulva, vagina e pene. HPV-16 e HPV-18

od entrambi sono responsabili del 70 % dei tumori della cervice.

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• La progressione dell’infezione da HPV a cancro alla cervice è accompagnata da

una sequenza di cambiamenti istologici. La neoplasia intraepiteliale cervicale

(CIN) è un’anormalità istologica dell’epitelio squamoso della cervice che è

associata con l’infezione da HPV ed è riconosciuta come un potenziale

precursore del tumore alla cervice. La CIN è classificata in tre gradi:

• CIN 1: presenza di una leggera displasia, con presenza di cellule anormali

• CIN 2: moderata displasia con maggiore presenza di cellule anormali

• CIN 3: displasia severa con cellule anormali che occupano la maggior parte

dell’epitelio della cervice.

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• Nel caso di CIN 2 e 3 la persistenza della displasia è associata con lo

sviluppo del cancro, con percentuali rispettivamente del 57 % e 70 %.

• I due vaccini che sono stati sviluppati prevengono l’infezione primaria da

HPV e sono costituiti dalle proteine L1 assemblate fra loro in particelle

virali-simili che sono morfologicamente identiche al virione HPV ma non

contengono il genoma virale. Cosi’ il vaccino induce una risposta

anticorpale virus-neutralizzante. I due vaccini contengono uno particelle

virus simile dei ceppi HPV 6-11-16-18 mentre il secondo per HPV 16-18.

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• Patogenesi dell’epatite B.

• HBV non è direttamente citotossico per le cellule, infatti molti portatori del

virus HBV sono asintomatici o hanno lievi danni epatici per quanto vadano

incontro a replicazione intraepatica del virus. Quindi si pensa che la risposta

immunitaria dell’ospite sia il principale determinante del danno epatico,

infatti pazienti con difetti immunitari che sono infettati da HBV mostrano

spesso lievi danni epatici acuti ma alta possibilità di andare incontro a danni

cronici. La risposta immunitaria a HBV coinvolge risposta mediata da linfociti T

MHC-classe II CD4+ helper e MCH-classe I CD8+ diretti contro diversi epitopi

del core ed envelope dell’HBV, mentre nei portatori cronici la risposta

linfocitaria è attenuata, con una maggiore presenza di anticorpi anti-HBs

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Questo tipo di risposta suggerisce che la maggior parte del danno epatico sia dovuto piu’ ad una risposta antigene-non specifica infiammatoria secondaria data dal rilascio di prodotti citotossici come TNF, ROS, proteasi e cellule natural killer (NK).

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• Carcinoma epatocellulare

• Un altro aspetto dell’infezione da HBV è dato da un alto rischio di

sviluppare carcinoma epatocellulare nei pazienti infettati cronici, con un

incidenza 100 volte superiore a quella dei non-portatori.

• Terapia

• Il successo della terapia nei pazienti con infezione da HBV è nella

riduzione dei livelli di viremia (livelli di antigene HBe) e delle disfunzioni

epatiche (valutabili dai livelli di aminotransferasi).

• Attualmente comunque la scomparsa completa del virus si ha solo nel

5% dei pazienti, sebbene lo sviluppo di nuovi antivirali potrebbe

incrementare questo dato.

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• Interferone

• Per molti la somministrazione d’interferone alfa è stata la terapia principale,

con una risposta positive nel 30 % dei casi (perdita di HBeAg), sviluppo di

anticorpi anti-HBe e riduzione dei livelli di aminotrasferasi. Tuttavia gli effetti

collaterali, dati in parte dalla stimolazione interferone alfa indotta,di antigeni

MHC classe I sugli epatociti, con conseguente attività citotossica da parte

dei linfociti T o effetti come febbre, mialgia, trombocitemia e depressione

hanno reso difficile l’uso di tale trattamento per molti pazienti.

• Farmaci antivirali

• Analoghi nucleosidici o nucleotidici (ex. Lamivudine), che bloccano la

replicazione virale mediante inibizione dell’attività delle trascrittasi inversa

(RT) senza dare hanno effetto immunomodulatore ma la terapia induce

resistenza farmacologica, mediata da mutazioni puntiformi nel sito catalitico

della RT.nabissi 14