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ONCOSOPPRESSORI

Nabissi 2014

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Geni oncosoppressoriGeni la cui mancata o ridotta attività all’interno della cellula favorisce la crescita tumorale.

L’alterazione nella struttura o nell'espressione di questi geni (inattivazione) se è a carico di entrambi gli alleli determina perdita di funzione e fenotipo tumorale.

● Inibitori della crescita (TGF-beta)

● Recettore di inibitore (TGF-beta Receptor)

● Inibitore di trasduttore del segnale (NF1, PTEN)

● Inibitori dei fattore di trascrizione (Rb)

● Inibitori del ciclo cellulare (CDKI, p16, p21)

● Fattori apoptotici (Bad, Bax)

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● Funzione di controllo dell’integrità del genoma (p53)

Corretta duplicazione del genoma

Riparazione del DNA • BRCA-1 Integrità del genoma (stabilità cromosomi riparazione DNA)

• BRCA-2 Integrità del genoma (stabilità cromosomi, riparazione DNA)

• NER Integrità del genoma (riparazione DNA per escissione dei nucleotidi)

• MSH2 Integrità del genoma (riparazione DNA da errato appaiamento)

ATM Integrità del genoma attiva sistemi riparazione, attiva p53, rallenta ciclo mitotico in fase G2

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Meccanismi di inattivazione di geni oncosoppressori

Perdita del prodotto o formazione di prodotto inattivo (troncato) a causa di:

● Delezione (perdita gene, perdita intero cromosoma)

● Mutazione (non senso, di senso, frameshift)

● Epigenetica (es metilazione) (ipermetilazione del promotore di MLH1 impedisce il mismatch repair)

● Prodotti virali

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TP53

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TP53

p53 è spesso mutato nei tumori.

Mutazioni che producono un

p53 troncato o malfunzionante

o mutazioni che interferiscono

con il DNA Binding Domain sono

predizione di una pessima

diagnosi.

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Per quanto la perdita o mutazioni in p53 sia associate ad un incremento della suscettibilità

a sviluppare un tumore, topi -/- per p53 sviluppano normalmente e altre osservazioni

indirizzano p53 anche verso un ruolo nella normale fisiologia cellulare. Questi studi

includono il ruolo di p53 nel regolare la longevità e l’invecchiamento, la glicolisi e la

risposta apoptotica dopo ischemia, la sopravvivenza cellulare dopo danni genotossici o

stress ossidativo, angiogenesi, rimodellamento osseo ed autofagia.

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TP53 Mutazioni Germinali predispongono TP53 Mutazioni Germinali predispongono a diversi tipi di cancroa diversi tipi di cancro

Tumor spectrum in TP53 mutation carriers Tumor spectrum in TP53 mutation carriers

5.9

1.5

1.5

1.7

2.5

3.2

3.4

6.8

12.8

15.4

16

28.9

0 5 10 15 20 25 30

Other

Ovary

Skin

Colorectum

Stomach

Leuk/Lymph.

Lung

Adrenal gland

Bones

Brain

Soft tissues

Breast

>80%

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TP53 è un oncosoppressoreTP53 è un oncosoppressore

p53+/+

p53+/-

p53-/-

1% at 18 mesi

% topi con tumore

75% at 6 mesi

2% at 9 mesi

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Famiglia TP53 :Famiglia TP53 :similitudini strutturalisimilitudini strutturali

TP53 TP73 TP63

FATTORI DI TRASCRIZIONE

DOMINIO DI TRANSATTIVAZIONE

DNA-binding DOMINIO

DOMINIO DI REGOLAZIONE

1983 1997 1998

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Transactivation (1-42; 43-62)

Oligomerisation (323-356)

Regulation (363-393)

DNA binding (102-292)

Proline-rich

(63-97)I II

N- -C

P

Ac

Phosphorylation site

Acetylation site

PP P PP P P P P PAc Ac

P53 è un fattore di trascrizioneP53 è un fattore di trascrizione

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11

ATGATG

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Mutazioni in p53

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• TAD N-terminal [aa1-42]TAD regolazione negativa attraverso interazione con MDM2

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Domino transattivante (TAD): attiva geni che codificano per prodotti che

esercitano un ruolo inibitorio sulla progressione del ciclo cellulare (p21/WAF), ed

inibiscono l’espressione di geni coinvolti nella progressione della fase G1/S (geni

delle cicline).

La regolazione dell’espressione di questi geni avviene quando p53 trasloca nel

nucleo, previa fosforilazione del residuo di serina 316 (ser316), svolta da specifiche

chinasi. Contiene anche il sito di legame per MDM2

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• Pro-rich region fra TAD e DBD– PxxP presenti 5 zone nella regione 61-94– Delezione della P- rich region riduce la risposta apoptotica e il blocco del

ciclo cellulare, ma non la normale risposta trascrizionale– Contiene residui che diventano fosforilati dopo la risposta apoptotica

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Regione ricca in prolina: regione ricca di aminoacidi basici, che attivati in seguito

a fosforilazione permette il legame al DNA tramite il DNA Binding Domain

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p53 DBD

2 “-helical loops” che contattano il DNA

Altre strutture deputate

Al legame al DNA

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Mutazioni alla DBD

• La maggior parte delle mutazioni che causano il tumore si trovano nella DBD– Destabilizzando le

interazioni.

– p53 lega il DNA come tetramero

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Dominio di tetramerizzazione2 + 2 struttura

Legata alla DBD via 37aa

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C-terminal allosteric domain

Diversi eventi nella regione C-terminale possono riattivare la regione DBD

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Dominio legante il DNA: permette l’interazione con il DNA

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Il funzionamento di p53 è regolato da alcune proteine effettrici: ATM e ATR,

le quali riconoscono il DNA danneggiato.

ATM e ATR attivano le chinasi CHK2 e CHK1.

CHK1 attraverso una serie di processi inibisce le CDKs, mentre CHK2 come

ATM stesso attivano p53, il quale a sua volta attiva p21/waf (bloccando la

proliferazione), attiva geni pro-apoptotici (Bad, Bax, PUMA, …) ed attiva

GADD45 (growth arrest and DNA-damage inducible).

Se il DNA viene riparato p53 attiva il suo inibitore MDM2, che a sua volta lega

p53 e lo porta a degradazione.

Se il danno non viene riparato p53 attiva il processo di apoptosi.

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ATTIVAZIONE di p53

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Chk2 è una protein chinasi che si attiva in risposta al danno al DNA e regola il blocco del ciclo cellulare.

Cellule Chk2-/- hanno difetti nella stabilizzazione di p53 e nelle trascrizione di geni regolati da p53 come p21

.Chk2 fosforila p53 in serina 20, nella regione che interagisce con MDM2 .

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Attivazione della Cdc25 fosfatasi. Chinasi e fosfatasi regolano il ciclo cellulare (A) Cdks sono mantenute

inattive mediante fosforilazione Mediante defosforilazione delle Cdk, la CDC25 attiva le fasi G1/S e G2/M

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• I meccanismi che controllano il passaggio dalla fase G1 alla S, consistono

anche di processi d’inibizione della proliferazione cellulare, i quali

regolano l’attività dei complessi C/CDK.

• Le due principali classi d’inibitori sono fattori proteici della famiglia

Cip/Kid e INK4/Arf.

• La famiglia Cip/Kid è composta da tre mebri : p21Waf, p27 e p57.

• p57 funziona come freno all’interno del ciclo cellulare, mentre p21/waf

sono principalmente dei mediatori di segnali citostatici.

• Ink4 e Arf agiscono rispettivamente bloccando il ciclo cellulare ed agendo

sul fattore trascrizionale p53. Nabissi 2014

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MDM2 associata con p53 TAD

MDM2-binding comporta

– 1. Repressione della transattivazione

– 2. Destabilizzazione di p53 in quanto MDM2-binding stimola

degradazione di p53

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Inibizione di P53

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p53 and MDM2 formano un feedback loop autoregolatorio.

p53 stimola l’espressione di MDM2; MDM2 inibisce p53 bloccando la sua attività trascrizionale, favorendo la sua degradazione.

DNA damage favorisce la fosforilazione di p53, prevenendo la sua associazione con MDM2.

ARF, previene la degradazione di p53 MDM2-mediata.

Quindi inibitori dell’interazione p53–MDM2 possono attivare p53 nei tumori esprimenti p53.

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Diverse strategie per rompere il legame MDM2-p53

Prima dell’attivazione

attivato fosforilazione

Rottura del legame

attivazione fosforilazione

Inattivata l’azione di E3

Activated ARF-binding

inactivated E3-act

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Se la riparazione del DNA non viene effettuata allora p53 puo’ indurre apoptosi attraverso l’attivazione di geni

proapoptotici della famiglia Bcl-2, Fas e repressione di geni anti-apoptotici.

L’azione di p53 come fattore responsabile del blocco del ciclo cellulare o dell’attivazione dell’apoptosi sembra sia

regolata dai sui livelli all’interno della cellula.

Bassi livelli inducono blocco del ciclo cellulare mentre alti livelli l’apoptosi.

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Bersaglio: MicroambienteLa terapia che agisce piu’ sull’ospite (cellule endoteliali) che sul tumore è sicuramente meno soggetta a resistenza farmacologica, in quanto le cellulenormale hanno sicuramente meno plasticità genetica delle tumorali.

Le interazioni tumore-stroma rivelano un complesso scambio d’informazioni che non riguardano solo la vascolarizzazione.

Lo stroma comprende oltre ai fibroblasti un numero elevato di cellule infiammatorie che possono chiaramente influenzare la crescita del tumore.

Uno dei fattori stromali maggiormente studiato è TGF-il quale svolge diversi ruoli che possono influenzare positivamente o negativamente la crescita tumorale.

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TGF-beta (TGF-)

Nei tessuti, l’omeostasi richiede un bilanciamento delle interazioni fra le cellule

e la matrice extracellulare. Queste interazioni cooperative coinvolgono

numerose citochine che agiscono attraverso specifici recettori di membrana.

Quando il bilanciamento tra cellule e matrice extracellulare è perturbato si

possono sviluppare diverse patologie. Questo fenomeno è particolarmente

evidente per il TGF- che è un membro della famiglia di fattori di crescita che

include la proteina morfogenetica ossea e l’activina. Quasi tutti i tipi di cellule

producono TGF- ed hanno i recettori per il TGF- il quale regola la

proliferazione e la differenziazione delle cellule, lo sviluppo embrionale, la

riparazione delle ferite e l'angiogenesi.

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Il ruolo essenziale del TGF-, dimostrato in diversi esperimenti, dimostra che l'incremento

o decremento di TGF-è legato a diversi tipi di patologie, fra cui il cancro. Ci sono tre

isoforme di TFG- (1, 2, 3) ognuna codificata da geni distinti ma strutturalmente altamente

conservate ma differenti nell’affinità di legame al recettore. Il TGF- è sintetizzato come un

largo precursore contenente una regione che viene tagliata prima della secrezione del

precursore, ma che rimane attaccata mediante legami non covalenti. Una volta secreto il

TGF- viene immagazzinato nella matrice extracellulare, in un complesso comprendente

una proteina di legame (TGF- binding protein, TGFBP), che ne evita il legame al recettore.

Il TGF- viene poi rilasciato mediante una glicoproteina di matrice (trombospondina-1) la

quale cambia la conformazione della TGF- BP. Il TGF- attivo agisce su tre tipi di recettori

(I, II, III), ma i tipi I e II sono quelli specifici solo per TGF-.

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TGF-β è immaganizzato nella ECM in forma inattivacomplessato con beta-glicani e decorina

precursore maturoDopo il taglio

TGF-β forma omodimeri via legami

S-S

TGF-β attivo puo’ essere rilasciatotramite acidificazione

Contatto cellula-cellula, proteasi, trombospondina

TGFBP

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I recettori di tipo I e II contengono delle chinasi serina-treonina nel loro dominio

intracellulare che attivano la fosforilazione di diversi fattori di trascrizione conosciuti

come SMAD (10 membri). SMAD2 e SMAD3 sono fosforilati mediante attivazione del

TGF-RI, SMAD4 è un partner comune di tutti gli SMAD attivati da recettori, mentre

SMAD6 e SMAD7 bloccano la fosforilazione di SMAD2 e SMAD3, inibendo così il segnale

attivato da TGF-. Un meccanismo generale dell’azione del TGF-, consiste nel legame

del TGF- al TGF-RII che recluta, lega e fosforila il TGF-RI il quale stimola l’attività

chinasica. che fosforila SMAD2 o SMAD3 i quali formano un complesso che migra nel

nucleo e lega altri fattori trascrizionali regolando la trascrizione di specifici geni

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TGF-β /SMAD

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Ruolo del TGF- nel cancro

Regolazione del ciclo cellulare ed effetto sulla proliferazione.

Nelle cellule ematopoietiche, endoteliali ed epiteliali il TGF- è un potente inibitore della

proliferazione cellulare, stimolando la sintesi delle CDKI (p15) ed inibendo le funzioni e la

produzione delle CDK2, CDK4, ciclina A ed E. Questi effetti risultano in una riduzione della

fosforilazione di Rb, bloccando cosi’ l’attivazione dei fattori E2F. Nei tumori le mutazioni a

carico del pathway TGF-, comportano una proliferazione incontrollata. Questa perdita

nel controllo della proliferazione ha come conseguenza anche un’induzione della

secrezione di TGF- da parte dei fibroblasti, che agisce (essendo le cellule tumorali

resistenti) sugli stessi fibroblasti, sul sistema immunitario, sulle cellule endoteliali e sulla

muscolatura liscia causando immunosoppressione, angiogenesi e stimolando l’invasività

del tumore. Nabissi 2014

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Stimola l’espressione dei CDKI come p15 e p21e reprime l’espressione di c-myc

TGF-β

L’ arresto è mediato dalla down-regolazione di Myc, il quale rilascia Miz1. Miz1 si

lega al promotore del p15 e lo attiva in co-operazione con il

complesso Smad.Nabissi 2014

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Topi SMAD4 +/- sviluppano polipi duodenali e gastrici con abbondante stroma

ed infiltrazioni di eosinofili a 6-12 mesi

Carcinomi Smad4 +/- Apc +/- mostrano

proliferazione delle cellule stromalie forte invasione tissutale.

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Effetto sulle metastasi

TGF- è uno dei piu’ potenti stimolatori della produzione e deposizione della matrice

extracellulare. Stimola la produzione e influenza le proprietà adesive della matrice

extracellulare, attraverso principalmente due meccanismi. TGF- stimola i fibroblasti ed

altre cellule a produrre le proteine della matrice extracellulare e le proteine di

adesione cellulare, incluso il collagene, fibronectina ed integrine. Secondo, TGF-

decrementa la produzione di enzimi che degradano la matrice extracellulare, incluso

collagenasi, eparinasi e stromelisine ed incrementa la produzione di proteine che

inibiscono gli enzimi che degradano la matrice extracellulare come gli inibitori

dell’attivatore del plasminogeno e gli inibitori delle metalloproteasi (TIMPs).

Nei tumori TGF- è aumentato e la sua azione induce stimolazione delle molecole di

adesione cellulare, stimolando l’invasività e l’angiogenesi.Nabissi 2014

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Cosa succede alle cellule tumoraliquando TGF-β pathway è spento(via perdita di SMAD

o TGFB-R2)Le cellule non sono piu’ responsive a TGF-β ma continuano

a produrlo e rilasciarlo

Cellule di carcinomasono immerse

nelle cellule stromali normaliinteragendo

1. Produzione locale di TGF-β sopprime la risposta immunitaria antitumorale

2. TGF-β stimola l’angiogenesi

TGF-beta1 è spesso elevato nel plasma di pazienti con tumore al seno, polmone, fegato e prostata

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•Le particelle virali o virioni, hanno piccole dimensioni (da 0,02 a 0,4 m) e una

semplice organizzazione strutturale.

•Sono costituiti da piccole particelle formate essenzialmente da solo materiale

genetico (RNA o DNA), detto core, avvolto da membrane protettive, quali

capside e pericapside di natura lipo e/o glicoproteico, che ha una duplice

funzione di proteggere il genoma e mediare la penetrazione nella cellula ospite.

•La mancanza di ribosomi e di sistemi enzimatici deputati alla produzione di

energia (ATP) fa si che il processo di replicazione possa avvenire solo quando il

genoma virale, penetrato nella cellula ospite, si spoglia della capsula ed inizia il

suo processo replicativo con il contributo della cellula ospite.

I VIRUS

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Molti virus hanno invece un secondo rivestimento, proveniente dalla

membrana cellulare della cellula ospite e formato da fosfolipidi. Questo

secondo rivestimento è chiamato envelope, su cui sono evidenti le

molecole necessarie per l’infezione.

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Virus oncogeni

Le caratteristiche generali che sono rappresentative della trasformazione

virale delle cellule eucariotiche sono:

1) la singola interazione di una particella virale con la cellula suscettibile è

sufficiente per indurre la trasformazione

2) La trasformazione induce una modificazione genetica spesso

irreversibile nella cellula infettata, in quanto il genoma virale s’integra

stabilmente nel DNA cellulare.

Per alcune forma virali il DNA virale rimane nella cellula ospite in forma

episomiale (DNA non integrato).nabissi 2014

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3) La trasformazione comporta l’espressione dei geni virali necessari al mantenimento del DNA virale nella cellula infettata.

4) Le cellule trasformate possono rilasciare il virus, esprimere antigeni virali (nucleari, citoplasmatici o di membrana), acquisire un fenotipo immortalizzato (perdere i meccanismi di controllo della proliferazione e crescere in modo indefinito).

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• Il comportamento dei virus dipende dalla permissività della

cellula ospite, infatti nelle cellule permissive in cui viene

permessa la replicazione delle particelle virali, dopo

integrazione del genoma virale in quello dell’ospite si ha una

infezione di tipo produttivo con effetto citopatico litico e

quindi morte della cellula. Di conseguenza non si ha

trasformazione cellulare con possibile sviluppo di cellule

tumorali.

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• Nelle cellule non permissive non si ha produzione delle particelle virali

necessarie a completare il ciclo replicativo del virus e quindi i pochi

geni virali espressi possono spingere la cellula verso la

trasformazione. La trasformazione puo’ contribuire allo sviluppo di

tumori in quanto puo’ indurre la modifica di meccanismi cellulari

(proliferazione, apoptosi, sopravvivenza, immunosoppressione)

grazie all’integrazione di porzioni di DNA virale nel DNA della cellula

ospite che avrà introdotto un nuovo gene o alterata l’espressione di

geni preesistenti, inoltre la cellula trasformata non rilascia mai il virus

infettivo. nabissi 2014

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• Nell’ambito del processo di trasformazione

numerose proteine virali interagiscono con le

proteine cellulari dell’ospite formando dei complessi

che modificano i normali processi regolatori cellulari,

spesso regolando attivando proto-oncogeni o

disattivando le funzioni dei proto-oncosoppressori.

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• Virus oncogeni a DNA

I virus oncogeni a DNA appartengono a cinque famiglie:

PAPOVAVIRUS: PA (papilloma), PO (polioma), VA (virus

vacuolizzante)

ADENOVIRUS: isolati per la prima volta dalle adenoidi

HERPESVIRUS: induce delle striscianti progressioni di lesioni

erpetiche (herpes dal greco strisciare)

POXVIRUS: deriva dalla parola inglese pock (pustola)

HEPADNAVIRUS: deriva da HEPA(tic), DNA, virusnabissi 2014

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Incidenza relativa delle patologie umane neoplastichead eziologia virale

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• PAPOVAVIRUS

• Famiglia di virus di piccole dimensioni con DNA bicatenario racchiuso in un

capside privo di envelope, costituita da due generi: i poliomavirus ed i

papillomavirus.

• Il genoma dei poliomavirus è costituito da 7 geni codificanti proteine precoci e

tardive, le tardive sono proteine virali strutturali e quindi non vengono mai

espressi nelle cellule trasformate. Le proteine precoci (antigene T piccolo,

medio e grande),sono necessarie per la replicazione del DNA virale nelle cellule

permissive e per la trasformazione. Nelle cellule trasformate l’antigene T medio

si associa alla membrana plasmatica ed attiva la protein-chinasi c-src, antigene

T piccolo si localizza nel nucleo mentre il T grande è in parte associato alla

membrana plasmatica diventando bersaglio dei linfociti T citotossici.

• Comunque l’infezione da poliomavirus non è attualmente associato a tumori

umani, pur essendo presenti in diverse patologie umane regioni geniche del

virus.

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SV 40 Poliomavirus

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• PAPILLOMAVIRUS

La particella del Human Papillomavirus (HPV) consiste di un DNA circolare

di 8000 bp racchiuso in un capside composto da due molecole (L1 e L2). Il

genoma ha la capacità di codificare per queste due proteine e per almeno

sei proteine precoci (E1, E2, E4-7) che sono necessarie per la replicazione

del DNA virale e per l’assemblamento di nuove particelle virali all’interno

della cellula infettata. I due gruppi di geni sono separati da delle regioni

regolatrici (URR) di circa 1000 bp che non codificano per proteine ma

contengono cis-elementi necessari per la regolazione genica, la

replicazione del genoma e per il suo impacchettamento nelle particella

virali

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• Il ciclo infettivo del HPV inizia quando le particelle infettive raggiungono lo

strato basale dell’epitelio, dove esse si legano ed entrano nelle cellule,

attraverso piccole lesioni. Il ciclo replicativo all’interno dell’epitelio puo’

essere suddiviso in due parti:

• il genoma virale viene replicato in circa 100 copie e mantenuto per un

periodo di tempo variabile a questo basso numero di copie all’interno delle

cellule permissive. Le proteine E1 e E2 sono essenziali per questa

replicazione del DNA.

• Nella seconda fase le cellule basali sono spinte verso il compartimento sub-

basale, perdono la loro capacità di dividersi ed iniziano il loro programma di

differenziamento. Il HPV replica in questo compartimento e per il suo rilascio

nell’ambiente extracellulare approfitta della disintegrazione delle cellule

epiteliali che avviene in conseguenza del loro naturale turn-over nello strato

superficiale

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• Le proteine critiche nel processo di replicazione virale sono le proteine

E6 ed E7 che interagiscono con diverse proteine cellulari.

• Pur essendoci differenze fra le proteine E6/E7 nei sottotipi HPV ad alto

e basso rischio, le principali interazioni caratterizzate delle proteine

E6/E7 sono con le proteine cellulari p53 ed Rb, le quali sono molecole

centrali nel controllo del ciclo cellulare. Il legame di E7 a Rb attiva il

fattore trascrizionale E2F il quale attiva la trascrizione di geni coinvolti

nella replicazione del DNA. La proteina virale E6 interagisce ed inattiva

(portandolo a proteolisi) il fattore trascrizionale p53.

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• La conseguenza di questa infezione è la perdita del controllo del ciclo

cellulare, della riparazione del DNA ed il rallentamento del processo

differenziativo delle cellule epiteliali.

• L’abilità del HPV di persistere ed indurre progressione verso la

malignità puo’ essere spiegata da una particolarità di questo stadio del

suo ciclo replicativo. La costante attivazione delle proteine E6/E7

portano ad un incremento dell’instabilità genomica, perdita del controllo

del ciclo cellulare ed in ultimo al cancro. Durante la progressione del

tumore il genoma virale s’integra spesso nel genoma della cellula ospite

con il risultato di una costante espressione delle proteine E6/E7

mediante stabilizzazione del loro trascritto (mRNA), grazie all’influenza

sulle modifiche della cromatina o mediante la perdita della regolazione

negativa della trascrizione mediata dalla proteina virale E2.

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• Gli HPV attualmente caratterizzati sono piu’ di 100, di cui 40 capaci di

infettare le mucose del tratto genitale e sono caratterizzati come a basso

rischio ed alto rischio in conseguenza della loro prognosi clinica. Quelli a

basso rischio sono principalmente associati con le lesioni anogenitali

mentre quelli ad alto rischio con i tumori ano genitali. Due dei tipi a basso

rischio (HPV-6 e HPV-11) causano la maggior parte delle lesioni ano

genitali e dei papillomi respiratori ricorrenti. Le infezioni con HPV ad alto

rischio causano virtualmente il 100 % dei tumori alla cervice, 90 % dei

tumori all’ano, 50 % di quelli alla vulva, vagina e pene. HPV-16 e HPV-18

od entrambi sono responsabili del 70 % dei tumori della cervice.

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• La progressione dell’infezione da HPV a cancro alla cervice è accompagnata da

una sequenza di cambiamenti istologici. La neoplasia intraepiteliale cervicale

(CIN) è un’anormalità istologica dell’epitelio squamoso della cervice che è

associata con l’infezione da HPV ed è riconosciuta come un potenziale

precursore del tumore alla cervice. La CIN è classificata in tre gradi:

• CIN 1: presenza di una leggera displasia, con presenza di cellule anormali

• CIN 2: moderata displasia con maggiore presenza di cellule anormali

• CIN 3: displasia severa con cellule anormali che occupano la maggior parte

dell’epitelio della cervice.

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• Nel caso di CIN 2 e 3 la persistenza della displasia è associata con lo

sviluppo del cancro, con percentuali rispettivamente del 57 % e 70 %.

• I due vaccini che sono stati sviluppati prevengono l’infezione primaria da

HPV e sono costituiti dalle proteine L1 assemblate fra loro in particelle

virali-simili che sono morfologicamente identiche al virione HPV ma non

contengono il genoma virale. Cosi’ il vaccino induce una risposta

anticorpale virus-neutralizzante. I due vaccini contengono uno particelle

virus simile dei ceppi HPV 6-11-16-18 mentre il secondo per HPV 16-18.

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• HERPESVIRUS

• La famiglia degli Herpesvirus è costituita attualmente da otto membri di

cui i piu’ noti sono: Herpes simplex di tipo I e II, Herpes-zoster

(varicella),il tipo 6 e 7 che infettano i linfociti T, il tipo 8 associato al

sarcoma di Kaposi e Epstein-Barr virus (EBV) associato al linfoma di

Burkitt.

• EBV è costituito da un nucleocapside contenente DNA a doppia elica

costituito da circa 80 geni che vengono trascritti durante il ciclo

replicativo rimanendo presenti all’interno della cellula in forma

episomale. Le proteine del nucleocapside sono di due tipi, un

polipeptide maggiore non glicosilato di 160 kD ed uno minore di 125 kD

che vanno a costituire il complesso dell’antigene viricapsidico.

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• L’envelope è invece costituito da almeno tre glicoproteine, denominato

complesso degli antigeni di membrana (MA), di queste la gp350 e gp

250 sono le molecole responsabili dell’adesione del virus al recettore

presente sulla membrana dei linfociti B, mentre la proteina gp 85 è

responsabile della fusione del virus dopo legame alla membrana della

cellula bersaglio.

• Il legame del virus alla membrana del linfocita B avviene grazie

all’interazione del complesso gp350/250 con il CD21 (recettore del

frammento C3 del complemento; CR2) e durante l’infezione non

produttiva vengono espressi durante la fase di latenza, circa 10 geni

virali (6 proteine nucleari EBNA, EB nuclear antigens) denominate

EB1, 2, 3°, 3b, 3c 3 LP e tre proteine associate alla membrana (latent

membrane protein, LMP 1, 2a, 2b) piu’ una serie di piccoli RNA virali

(EBERs) con funzione attualmente ignota. nabissi 2014

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• L’espressione di questi prodotti virali causa l’immortalizzazione della

cellula infettata, l’overespressione della proteina antiapoptotica Bcl-2 e

quella di diversi markers d’attivazione come CD23, CD30 e CD39 piu’

molecole d’adesione come le integrine leucocitarie LFA-11 e LFA-3

(leukocyte function-associated ).

• Nelle biopsie tumorali si riscontrano spesso linfociti B esprimenti il

CD10 e CD77, che caratterizzano un fenotipo cellulare con un numero

piu’ ristretto di geni virali espressi, quali la EBNA-1 (permette la

replicazione del DNA virale in forma episomica) e gli EBER che

caratterizzano cloni cellulari in grado di sfuggire alla risposta

immunitaria citotossica EBV-specifica.

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• In un’altra forma di infezione latente, presente nei pazienti AIDS+ e nel

linfoma di Hodgkin si ha l’espressione di EBNA-1.

• Comunque una volta avvenuta l’infezione il virus rimane

permanentemente nella cellula, in fase di quiescenza e in

conseguenza di fenomeni di immunodeficienza si ha la riattivazione del

virus latente. Le patologie correlate con infezione litica da EBV sono la

mononucleosi infettiva e la leucoplachia buccale causata da

riattivazione del virus in cellule epiteliali, mentre nel caso di

stimolazione della proliferazione cellulare indotta da infezione da EBV

si possono sviluppare patologie tumorali.

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• Un esempio riguarda il linfoma di Burkitt, che è costantemente

caratterizzata da traslocazione cromosomica tra il cromosoma 8 e 14,

2 o 22; tali traslocazioni reciproche inducono sempre l’over-

espressione di c-myc in quanto le traslocazioni comportano il

posizionamento dei geni delle immunoglobuline presenti nei

cromosomi 14 (catene pesanti), 2 (catene leggere) o 22 (catene

leggere lamda) e costitutivamente espresse nei linfociti B al gene

esprimente c-myc. Il virus EBV provoca una proliferazione policlonale

non maligna dei linfociti B e sembra sia l’agente iniziante del processo

di formazione del clone maligno.nabissi 2014

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• Il virus EBV è associato anche al tumore nasofaringeo ed al linfoma di

Hodgkin, in quanto la presenza del DNA virale e spesso presente nelle

cellule tumorali responsabili di queste patologie e da studi epidemiologici è

stato riscontrato un rischio aumentato di sviluppare tumore nei soggetti con

pregressa mononucleosi infettiva.

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• HBV (famiglia Hepadnavirus)

• Il virus dell’epatite B (HBV) appartiene alla famiglia degli Hepadnavirus, virus

con una forte preferenza nell’infettare cellule epatiche, anche se piccole

quantità di DNA hepadnavirale possono essere riscontrate nel rene, nel

pancreas e nelle cellule mononucleate. Il virione HBV è costituito da un

doppio rivestimento con lo strato piu’ esterno lipoproteico che contiene

glicoproteine (antigeni di superficie). All’interno dell’envelope è presente il

core (nucleocapside virale) che contiene il genoma virale, costituito da una

particella di DNA covalente circolare chiuso (cccDNA) e una polimerasi che è

responsabile della sintesi del DNA virale nelle cellule infettate. Le cellule

infettate producono oltre al virione, due lipoproteine virali e una proteina

filamentosa, tutte di circa 20 nm, che costituiscono gli antigeni virali (HBsAg).

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• Il genoma è formato da quattro open reading frame (ORF). La regine S che

codifica per i tre antigeni di superficie, la proteina S (HBsAg), la M e la

proteina L che sembra sia importante nel legame del virus alla cellula

ospite, nell’assemblare il virione e nel suo rilascio dalla cellula.

• La regione C codifica per l’antigene del core (HBcAg) e l’antigene e

(HbeAg). La proteina c è il polipeptide strutturale del capside, mentre la

proteina e viene secreta dalla cellula e rilasciata nel plasma, ma il suo ruolo

non è chiaro.

• La regione P codifica per la polimerasi virale, necessaria per la sintesi e

l’incapsulamento del RNA virale.

• La regione X codifica per la proteina X (HBx) la quale modula la trasduzione

del segnale della cellula ospite e può influenzare sia l’espressione genica

del virus che della cellula. La proteina X è fondamentale per la replicazione

e la diffusione del virus.

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• CICLO DI REPLICAZIONE VIRALE

I virioni HBV si legano ai recettori della superficie cellulare e dopo fusione alla membrana i

CORE sono presentati nel citosol e trasportati nel nucleo. Il DNA virale viene convertito nella

forma ccc (circolare chiusa covalente), la quale serve come stampo per la RNA polimerasi

dell’ospite che genera una serie di trascritti. Tutti gli RNA virali sono trasportati nel citoplasma

dove vengono tradotte le proteine virali dell’envelope, del core e le polimerasi, cosi’ come le

proteina X e pre-C.

Successivamente i nucleocapsidi sono assemblati nel citoplasma e durante questo processo una

singola molecola di RNA genomico viene incorporato nel core virale.

Dopo che il RNA genomico è incapsulato, inizia la trascrizione inversa con la sintesi di due

filamenti di DNA virali.

Alcuni CORE contenenti il genoma virale vengono trasportati al nucleo dove viene sintetizzato

del nuovo ccc-DNA in modo da mantenere un pool di DNA trascrivibile. La maggior parte dei

CORE acquisiscono le lipoproteine dell’envelope contenenti gli antigeni L, M e S e vengono

esportati all’esterno della cellula

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• Patogenesi dell’epatite B.

• HBV non è direttamente citotossico per le cellule, infatti molti portatori del

virus HBV sono asintomatici o hanno lievi danni epatici per quanto vadano

incontro a replicazione intraepatica del virus. Quindi si pensa che la risposta

immunitaria dell’ospite sia il principale determinante del danno epatico,

infatti pazienti con difetti immunitari che sono infettati da HBV mostrano

spesso lievi danni epatici acuti ma alta possibilità di andare incontro a danni

cronici. La risposta immunitaria a HBV coinvolge risposta mediata da linfociti

T MHC-classe II CD4+ helper e MCH-classe I CD8+ diretti contro diversi epitopi

del core ed envelope dell’HBV, mentre nei portatori cronici la risposta

linfocitaria è attenuata, con una maggiore presenza di anticorpi anti-HBs

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Questo tipo di risposta suggerisce che la maggior parte del danno epatico sia dovuto piu’ ad una risposta antigene-non specifica infiammatoria secondaria data dal rilascio di prodotti citotossici come TNF, ROS, proteasi e cellule natural killer (NK).

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• Carcinoma epatocellulare

• Un altro aspetto dell’infezione da HBV è dato da un alto rischio di

sviluppare carcinoma epatocellulare nei pazienti infettati cronici, con un

incidenza 100 volte superiore a quella dei non-portatori.

• Terapia

• Il successo della terapia nei pazienti con infezione da HBV è nella

riduzione dei livelli di viremia (livelli di antigene HBe) e delle disfunzioni

epatiche (valutabili dai livelli di aminotransferasi).

• Attualmente comunque la scomparsa completa del virus si ha solo nel

5% dei pazienti, sebbene lo sviluppo di nuovi antivirali potrebbe

incrementare questo dato.

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• Interferone

• Per molti la somministrazione d’interferone alfa è stata la terapia principale,

con una risposta positive nel 30 % dei casi (perdita di HBeAg), sviluppo di

anticorpi anti-HBe e riduzione dei livelli di aminotrasferasi. Tuttavia gli effetti

collaterali, dati in parte dalla stimolazione interferone alfa indotta,di antigeni

MHC classe I sugli epatociti, con conseguente attività citotossica da parte

dei linfociti T o effetti come febbre, mialgia, trombocitemia e depressione

hanno reso difficile l’uso di tale trattamento per molti pazienti.

• Farmaci antivirali

• Analoghi nucleosidici o nucleotidici (ex. Lamivudine), che bloccano la

replicazione virale mediante inibizione dell’attività delle trascrittasi inversa

(RT) senza dare hanno effetto immunomodulatore ma la terapia induce

resistenza farmacologica, mediata da mutazioni puntiformi nel sito catalitico

della RT.nabissi 2014

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Cancerogenesi batterica e parassitaria

• 1. Helicobacter pilori carcinomi gastrici e linfomi MALT (Mucosa Associated Linfoid Tissue)

• 2. Schistosomiasi (Schistosoma) carcinoma della vescica

• 3. Opistorchiasi o Clonarchiasicolangiocarcinomi e carcinomi epatici

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Helicobacter pyloriCarcinoma gastrico e linfomi-MALT

Entrambe le immunità cellulo-mediata ed umorale sono attivate dall’infezione, ma l’infezione batterica persiste se non viene eradicata con una mirata terapia antibiotica

Identificazione di H. pylori su cellule gastriche.

H. pylori causa più del 90% delle ulcere duodenali

e più dell’80% delle ulcere gastriche

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Schistosomiasi o bilharziosi

• Schistosoma mansoni (intestinale)• S haematobium (urinario)• S. japonicum (intestinale)• S. mekongi (intestinale)

• S. intercalatum (intestinale)

I molluschi gasteropodi di acqua dolce sono ospiti intermedi

Una volta penetrato nell’uomo attraverso la cute, il parassita passa allo stadio larvale (schistosomula). Quindi migra nei polmoni e nel fegato

dove matura nella forma elmintica adulta. La forma adulta migra nell’intestino, nel fegato o nella vescica

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Schistosomiasi Ciclo vitale

Uova provviste di spine (lesioni della parete intestinale o vescicale)

uomo

chiocciola

Vena porta o plesso vescicale

Entro 48 h

Bulinus globosus,la chiocciola ospite intermedio di Schistosoma haematobium

Cercaria

Miracidio

Forma elmintica adulta

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Uova a livello vescicale

Uova a livello epatico

Uova di Schistosoma mansoni nel fegato

* intensa reazione granulomatosa

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Clonorchiasi o Opistorchiasi

• Opistorchis viverrini• O. felinus• O. sinensis ex Clonorchis sinensis

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Clonorchiasi ciclo vitale

Azione patogena per la presenza di forme adulte all’interno delle vie biliari (talora nel dotto pancreatico) con reazione infiammatoria nell’epitelio dei dotti che esita nella ostruzione delle vie biliari.

Ingestione da parte del mollusco e ingestione del mollusco da

parte del pesce

Opisthorchis viverrini forma elmintica adulta

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Colangiocarcinoma epatico: le frecce mostrano le uova