Influena Ed Omeopatia

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1 Influenzati dall’omeopatia Dott. Fernando Piterà Medico chirurgo, Dottore in Scienze Biologiche h.c. Docente in Omeopatia, Fitoterapia, Bioterapie. Cenni storici Era l’anno 1918 e in Europa si stava esultando per la fine di una sanguinosa guerra che aveva lasciato sul campo, per terra e per mare, circa nove milioni di morti di cui 680.000 in Italia. Ma l’incubo non era ancora finito: un nuovo ed invisibile nemico, più pericoloso dei gas nervini, delle bombe e delle mitragliatrici, avrebbe in poco tempo falcidiato in tutto il mondo milioni e milioni di esseri umani! Secondo una valutazione comunemente accettata i morti per influenza nel 1918-19 furono più di 21 milioni (oltre 300.000 in Italia)!. Questo nuovo e invisibile killer che si accingeva a completare il massacro già perpetuato dalla follia del genere umano era un virus appartenente agli Orthomyxoviridae, solitamente responsabile di banali affezioni alle vie respiratorie. La pandemia si manifestò con caratteri di particolare gravità nel 1918 in Spagna, colpendo per circa due anni le popolazioni di tutti i continenti. Il virus aveva subito una mutazione dando origine a una nuova varietà che in pochi mesi dilagò in tutto il mondo causando febbre a 40 gradi, complicazioni polmonari e mortalità di circa l’1%. Questi erano i sintomi della pandemia che fu battezzata “Spagnola” la quale, come tutte le annuali epidemie influenzali, era sicuramente di origine asiatica. La Spagnola del 1918 fu certamente la più tragica pandemia di influenza, ma sicuramente non l’unica. Memorie storiche più lontane ci portano a credere che fosse già nota come “peste” agli Ateniesi nel 430 avanti Cristo. Descrizioni di epidemie ad insorgenza improvvisa, con grande diffusione e alta morbosità, ma con più modesta letalità, sono state riportate nei secoli passati. Nell’anno 927 in Germania e Francia si diffuse un’epidemia che, stando ai sintomi descritti da documenti dell’epoca, doveva essere una forma influenzale. Altre epidemie si verificarono nel 1105, e nel 1414, definite dagli autori dell’epoca come “pestilenze”, termine che in quei tempi stava a significare “epidemia”. Nel corso dei secoli la malattia fu chiamata semplicemente “catarro” per le copiose espettorazioni bronchiali, poi “tac” per il suo modo improvviso di insorgere. Nel Rinascimento si pensava che la malattia fosse dovuta a influenza degli astri, da cui il nome. Il termine italiano “influenza” compare per la prima volta nel marzo 1743 in una lettera di papa Benedetto XIV e poi ancora in un’altra lettera del 2 Ottobre 1748, dei fratelli Giovanelli in giro di esplorazione nell’Europa Centrale. Tale denominazione fu data probabilmente perché si riteneva che la malattia fosse dovuta a malefiche “influenze di astri e costellazioni sulla vita umana. E’ verosimile che tali epidemie fossero dovute a virus influenzali, anche in relazione all’osservazione, comunemente riportata, di una malattia solitamente evolvente verso una spontanea risoluzione, verificandosi i casi fatali quasi esclusivamente tra coloro che presentavano minore capacità di resistenza. Pandemie influenzali sono state segnalate durante il secolo passato (1830-36, 1847-48, 1889-90). Grandi epidemie e pandemie si sono verificate successivamente (1936-37, 1947-49, 1957-58, 1968-69), mentre la segnalazione di episodi epidemici di più modesta estensione è regolarmente apparsa nei periodi interpandemici. Forme analoghe alla Spagnola del 1918, anche se meno devastanti, si registrarono nel 1889–90, nel 1957 (Asiatica), nel 1968 (la “Mao”) e nel 1976, quando diffondendosi tra le truppe militari creò un’ondata di panico negli Stati Uniti. Una grave e ancora inspiegata epidemia del 1921-22 a tropismo cerebrale, diede origine ad una sindrome nota come encefalite letargica che provocava sonnolenza invincibile, sintomi del morbo di Parkinson, di-sturbi visivi e mortalità del 30%, lasciando molti sopravvissuti in uno stato di coma durato in alcuni casi anche decenni. Negli anni sessanta, la scoperta di un nuovo farmaco a base di L-Dopa, fece il miracolo di alcuni “risvegli”. Attualmente diversi Autori ritengono che l’encefalite letargica fosse direttamente correlata alla influenza Spagnola, come manifestazione ritardata del virus o come cep-po mutante dello stesso. Dal punto di vista epidemiologico va ricordato che tutte le grandi pandemie hanno avuto origine dall’Estremo Oriente, con rapida diffusione verso l’Africa, l’Europa e l’Ame-rica. La pandemia del 1918-19 è stata particolarmente grave per la elevata letalità dovuta a compli-canze batteriche, mentre le pandemie del 1957 e del 1969 da virus A2 sono state caratterizzate da un andamento molto più benigno, per la possibilità di curare le complicanze batteriche con gli antibiotici. Le epidemie influenzali sono caratterizzate da rapida diffusione e da alti quozienti di morbosità. Le pandemie influenzali si osservano ad intervalli cronologici irregolari, di solito ogni 10-20 anni, mentre gli episodi epidemici di rilevante entità ricorrono con maggiore frequenza. Definizione e generalità L’influenza è una malattia infettiva acuta con particolare tropismo per le vie respiratorie, altamente diffusiva e contagiosa, ad andamento epidemico ed a volte pandemico, determinata dai da uno dei 3 distinti tipi immunologici di mixovirus influenzali, e principalmente dai virus di gruppo A e B, più raramente del virus C. L’eziologia virale dell’influenza umana venne accertata per la prima volta nel 1933 da Smith, Andrewes e Laidlaw mediante l’isolamento nel furetto del primo ceppo di virus influenzale e successivamente classificato come tipo A. Questo primo stipite virale fu riconosciuto antigenicamente affine al virus dell’influenza suina isolato nel 1931 da Shope. Successivamente, nel 1940 e nel 1949-50, furono isolati dall’uomo ceppi antigenicamente non correlati con il tipo A (ri-spettivamente i virus di tipo B e C). La malattia colpisce individui di tutte le età e ricorre soprattutto nella stagione fredda interessando a volte intere nazioni e continenti. L’infezione determina lesioni specifiche localizzate all’apparato respiratorio, ma il quadro clinico della malattia è di norma dominato dalla caratteristica sintomatologia generale. I virus influenzali appartengono alla famiglia dei mixovirus che comprendono, accanto ad essi, i virus para-influenzali, il virus della parotite, i virus dell’influenza di alcuni animali, i virus sinciziali, del morbillo, del cimurro canino ed altri ad essi affini. Essi si chiamano così per la caratteristica di possedere l’enzima neuraminidasi capace di distruggere delle mucoproteine che si trovano sulla superficie di cellule (particolarmente dei globuli rossi) e di determinare la caratteristica “emoagglutinazione”. Nel caso del contatto con le cellule respiratorie si ha una penetrazione del virus nell’interno di esse, e una sua rapida moltiplicazione, cui segue la necrosi delle cellule stesse e la possibilità di invasione di nuove cellule. I virus influenzali sono elementi ovoidali o sferici di diametro compreso tra gli 80-120 millimicron. Dal punto di vista chimico, il virione risulta composto da proteine (60-65%), lipidi (18-37%), carboidrati (5-7%) e acido Ribonucleico (0,8-1%) (Webster e Laver).

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come affrontare l'influenza con l'omeopatia

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Influenzati dall’omeopatia Dott. Fernando Piterà

Medico chirurgo, Dottore in Scienze Biologiche h.c. Docente in Omeopatia, Fitoterapia, Bioterapie.

Cenni storici Era l’anno 1918 e in Europa si stava esultando per la fine di una sanguinosa guerra che aveva lasciato sul campo, per terra e per mare, circa nove milioni di morti di cui 680.000 in Italia. Ma l’incubo non era ancora finito: un nuovo ed invisibile nemico, più pericoloso dei gas nervini, delle bombe e delle mitragliatrici, avrebbe in poco tempo falcidiato in tutto il mondo milioni e milioni di esseri umani! Secondo una valutazione comunemente accettata i morti per influenza nel 1918-19 furono più di 21 milioni (oltre 300.000 in Italia)!. Questo nuovo e invisibile killer che si accingeva a completare il massacro già perpetuato dalla follia del genere umano era un virus appartenente agli Orthomyxoviridae, solitamente responsabile di banali affezioni alle vie respiratorie. La pandemia si manifestò con caratteri di particolare gravità nel 1918 in Spagna, colpendo per circa due anni le popolazioni di tutti i continenti. Il virus aveva subito una mutazione dando origine a una nuova varietà che in pochi mesi dilagò in tutto il mondo causando febbre a 40 gradi, complicazioni polmonari e mortalità di circa l’1%. Questi erano i sintomi della pandemia che fu battezzata “Spagnola” la quale, come tutte le annuali epidemie influenzali, era sicuramente di origine asiatica. La Spagnola del 1918 fu certamente la più tragica pandemia di influenza, ma sicuramente non l’unica. Memorie storiche più lontane ci portano a credere che fosse già nota come “peste” agli Ateniesi nel 430 avanti Cristo. Descrizioni di epidemie ad insorgenza improvvisa, con grande diffusione e alta morbosità, ma con più modesta letalità, sono state riportate nei secoli passati. Nell’anno 927 in Germania e Francia si diffuse un’epidemia che, stando ai sintomi descritti da documenti dell’epoca, doveva essere una forma influenzale. Altre epidemie si verificarono nel 1105, e nel 1414, definite dagli autori dell’epoca come “pestilenze”, termine che in quei tempi stava a significare “epidemia”. Nel corso dei secoli la malattia fu chiamata semplicemente “catarro” per le copiose espettorazioni bronchiali, poi “tac” per il suo modo improvviso di insorgere. Nel Rinascimento si pensava che la malattia fosse dovuta a influenza degli astri, da cui il nome. Il termine italiano “influenza” compare per la prima volta nel marzo 1743 in una lettera di papa Benedetto XIV e poi ancora in un’altra lettera del 2 Ottobre 1748, dei fratelli Giovanelli in giro di esplorazione nell’Europa Centrale. Tale denominazione fu data probabilmente perché si riteneva che la malattia fosse dovuta a malefiche “influenze di astri e costellazioni sulla vita umana. E’ verosimile che tali epidemie fossero dovute a virus influenzali, anche in relazione all’osservazione, comunemente riportata, di una malattia solitamente evolvente verso una spontanea risoluzione, verificandosi i casi fatali quasi esclusivamente tra coloro che presentavano minore capacità di resistenza. Pandemie influenzali sono state segnalate durante il secolo passato (1830-36, 1847-48, 1889-90). Grandi epidemie e pandemie si sono verificate successivamente (1936-37, 1947-49, 1957-58, 1968-69), mentre la segnalazione di episodi epidemici di più modesta estensione è regolarmente apparsa nei periodi interpandemici. Forme analoghe alla Spagnola del 1918, anche se meno devastanti, si registrarono nel 1889–90, nel 1957 (Asiatica), nel 1968 (la “Mao”) e nel 1976, quando diffondendosi tra le truppe militari creò un’ondata di panico negli Stati Uniti. Una grave e ancora inspiegata epidemia del 1921-22 a tropismo cerebrale, diede origine ad una sindrome nota come encefalite letargica che provocava sonnolenza invincibile, sintomi del morbo di Parkinson, di-sturbi visivi e mortalità del 30%, lasciando molti sopravvissuti in uno stato di coma durato in alcuni casi anche decenni. Negli anni sessanta, la scoperta di un nuovo farmaco a base di L-Dopa, fece il miracolo di alcuni “risvegli”. Attualmente diversi Autori ritengono che l’encefalite letargica fosse direttamente correlata alla influenza Spagnola, come manifestazione ritardata del virus o come cep-po mutante dello stesso. Dal punto di vista epidemiologico va ricordato che tutte le grandi pandemie hanno avuto origine dall’Estremo Oriente, con rapida diffusione verso l’Africa, l’Europa e l’Ame-rica. La pandemia del 1918-19 è stata particolarmente grave per la elevata letalità dovuta a compli-canze batteriche, mentre le pandemie del 1957 e del 1969 da virus A2 sono state caratterizzate da un andamento molto più benigno, per la possibilità di curare le complicanze batteriche con gli antibiotici. Le epidemie influenzali sono caratterizzate da rapida diffusione e da alti quozienti di morbosità. Le pandemie influenzali si osservano ad intervalli cronologici irregolari, di solito ogni 10-20 anni, mentre gli episodi epidemici di rilevante entità ricorrono con maggiore frequenza. Definizione e generalità L’influenza è una malattia infettiva acuta con particolare tropismo per le vie respiratorie, altamente diffusiva e contagiosa, ad andamento epidemico ed a volte pandemico, determinata dai da uno dei 3 distinti tipi immunologici di mixovirus influenzali, e principalmente dai virus di gruppo A e B, più raramente del virus C. L’eziologia virale dell’influenza umana venne accertata per la prima volta nel 1933 da Smith, Andrewes e Laidlaw mediante l’isolamento nel furetto del primo ceppo di virus influenzale e successivamente classificato come tipo A. Questo primo stipite virale fu riconosciuto antigenicamente affine al virus dell’influenza suina isolato nel 1931 da Shope. Successivamente, nel 1940 e nel 1949-50, furono isolati dall’uomo ceppi antigenicamente non correlati con il tipo A (ri-spettivamente i virus di tipo B e C). La malattia colpisce individui di tutte le età e ricorre soprattutto nella stagione fredda interessando a volte intere nazioni e continenti. L’infezione determina lesioni specifiche localizzate all’apparato respiratorio, ma il quadro clinico della malattia è di norma dominato dalla caratteristica sintomatologia generale. I virus influenzali appartengono alla famiglia dei mixovirus che comprendono, accanto ad essi, i virus para-influenzali, il virus della parotite, i virus dell’influenza di alcuni animali, i virus sinciziali, del morbillo, del cimurro canino ed altri ad essi affini. Essi si chiamano così per la caratteristica di possedere l’enzima neuraminidasi capace di distruggere delle mucoproteine che si trovano sulla superficie di cellule (particolarmente dei globuli rossi) e di determinare la caratteristica “emoagglutinazione”. Nel caso del contatto con le cellule respiratorie si ha una penetrazione del virus nell’interno di esse, e una sua rapida moltiplicazione, cui segue la necrosi delle cellule stesse e la possibilità di invasione di nuove cellule. I virus influenzali sono elementi ovoidali o sferici di diametro compreso tra gli 80-120 millimicron. Dal punto di vista chimico, il virione risulta composto da proteine (60-65%), lipidi (18-37%), carboidrati (5-7%) e acido Ribonucleico (0,8-1%) (Webster e Laver).

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Caratteristiche biologiche I virus influenzali presentano una elettiva tendenza ad infettare le cellule degli epiteli respiratori delle specie animali suscettibili. La replicazione del virus è determinata dall’RNA nucleocapsidico: nella cellula infettata la produzione dell’RNA virale ha luogo nel nucleo, mentre la composizione del virione si completa a livello della superficie cellulare. Una volta inalato, il virus si lega mediante la sua proteina ad un recettore di membrana della cellula umana. La cellula introduce la particella virale il cui RNA arriva nel nucleo cellulare. Il materiale genetico del virus dopo la penetrazione nella cellula si libera dai suoi involucri, costituiti dal capside proteico-lipidico e si moltiplica nel nu-cleo cellulare fino a ricostituire le particelle infettanti. Nel nucleo cellulare, l’RNA del virus “ruba” pezzi dell’RNA cellulare, si camuffa e ordina alla cellula di replicare il proprio RNA. A questo pun-to l’RNA virale migra nella cellula in cerca di ribosomi che sono le fabbriche delle proteine cellula-ri. I ribosomi così ingannati, producono le proteine virali invece di quelle cellulari. Le proteine pro-dotte dai ribosomi avvolgono quindi l’RNA prodotto a spese del nucleo cellulare e con esso migra-no verso la superficie cellulare. I nuovi virus ora sono quasi pronti: l’RNA virale può dunque racco-gliere il suo capside esterno e a poche ore dall’infezione migliaia di nuovi virus escono dalla cellula ormai moribonda, per essere quindi affrontati dagli anticorpi umani. Sono state descritte numerose varianti antigenicamente diverse, aventi carattere di individualità, ma che conservano le caratteristi-che del gruppo. Il comitato di esperti dell’OMS nel 1952 ha consentito il riconoscimento di tre gruppi principali dei virus influenzali A denominati WS, PR8, FM1 e di due tipi o gruppi di virus B, il gruppo LEE e il gruppo BON. Il profilo antigenico di ciascun virus dello stesso tipo si dimostra costituito da un mosaico di antigeni specifici (fino a 18) variamente contenuti in ogni ceppo; la varia combinazione di questi antigeni determina caratteristiche immunologicamente diverse e la possibilità di causare epidemie e pandemie per mancanza di immunità della popolazione. Variazioni antigeniche I virus influenzali hanno una costituzione antigene molto complessa e una straordinaria capacità di rinnovamento che è superiore a qualsiasi altro tipo di virus. In relazione alle proprietà degli antigeni interni, i virus influenzali si distinguono in tre specie o tipi: A, B, C. I tre tipi di virus, ovviamente, differiscono tra loro, oltre che per l’antigene interno anche per gli antigeni superficiali codificati dal virus, ma, in pratica, la caratterizzazione del tipo si esegue individuando l’antigene nucleo-proteico con sieri specifici. I virus influenzali di tipo A, e in minor misura quelli di tipo B, vanno incontro con variabile frequenza a modificazioni delle caratteristiche antigeniche superficiali. Tali variazioni, che rappresentano una delle peculiarità più interessanti della biologia del virus, possono riguardare l’emoagglutinina, la neuraminidasi o entrambi questi antigeni. Le variazioni antigeniche maggiori (osservate solo per il tipo A) si manifestano invece bruscamente con la comparsa di stipiti virali con proprietà antigeniche superficiali del tutto nuove rispetto al ceppo precedentemente circolante: con-seguentemente i sieri prodotti verso quest’ultimo non dimostrano alcuna capacità d’inibizione delle attività emoagglutinante e/o enzimatica del “nuovo” virus. Le variazioni maggiori, che, come le mi-nori, non si rendono vistosamente apprezzabile per la ribonucleopreoteina virale, occorrono ogni 10-15 anni. Immunità L’infezione da virus influenzale, anche quando decorre clinicamente silente, induce una risposta immunitaria. Tale immunità risulta essere non soltanto tipo-specifica (anticorpi verso virus di tipo B non proteggono dall’infezione da virus di tipo C o A), ma addirittura sottotipo-specifica (anticorpi verso virus di tipo a “asiatico” [emoagglutinina H2] non sono protettivi nei confronti della variante Hong Kong del tipo A [emoagglutinina H3]). Lo stato di immunità non è di lunga durata, dal momento che un individuo può infettarsi a distanza di uno o più anni, non soltanto con una diversa variante del virus, ma anche con un ceppo apparentemente simile a quello che in precedenza aveva suscitato la risposta immunitaria. Sintomatologia L’influenza è caratterizzata da sintomi locali a carico delle vie respiratorie (naso, faringe, laringe, trachea e grossi bronchi) e da sintomi generali. La malattia ha una incubazione di 1-3 giorni, inizia con febbre elevata (che può mantenersi tale per parecchi giorni), tachicardia, a volte brivido, anoressia, lingua patinosa, stipsi o diarrea, nausea, talvolta sintomi di iperestesia con cefalea, dolore frontale o retro-orbitario, mio- e artralgie varie, a volte disturbi del sonno. Seguono o accompagnano tale sintomatologia i sintomi respiratori: sternutazioni, secrezione nasale, lacrimazione, dolore faringeo, tosse secca e stizzosa, dolore retrosternale a volte urente e che si accentua con la tosse, a volte epistassi. La malattia dura da 2 a 4 giorni e ad essa segue una convalescenza contrassegnata spesso da profonda astenia. Esistono forme cliniche attenuate di influenza abortiva (1-2 giorni), forme lievi (3-7 giorni) e forme gravi ipertossiche (oltre una settimana) con febbre altissima (40-41° C), agitazione psicomotoria, stato delirante, ipotensione arteriosa e polso piccolo (per adinamia cardiaca), dispnea, oliguria, iperazotemia e a volte anche manifestazioni emorragiche (nasali, cutanee, mucose, viscerali). Vi sono forme caratterizzate dalla prevalenza di sintomi a carico di un determinato apparato come forme digestive, con anoressia, lin-gua saburrale, vomito, diarrea, meteorismo intestinale; forme polmonari asfittiche in cui compaiono dolori toracici, tosse insistente penosa, espettorazione emorragica, dispnea progressivamente ingravescente con rantoli crepitanti all’ascoltazione del torace, a volte anche emottisi e morte rapida in asfissia ed iperpiressia e scompenso cardiocircolatorio; forme emorragiche con porpora, emorragie multiple cutanee e mucose. Forme nervose o meningee, con sintomi molto simili a quelli della meningite, dovuti a uno stato di irritazione tossica delle meningi (meningismo). Nel bambino si possono avere forme enteritiche con diarrea profusa, forme laringitiche sul tipo anche della laringite edematosa ostruttiva, infine pneumopatie acute dispneizzanti, con catarro soffocante, cianosi, compromissione cospicua dello stato generale, e manifestazioni neurologiche di cui si discute tuttora la possibile genesi da localizzazione nervosa del virus. Profilassi tradizionale La profilassi dell’influenza si basa principalmente sulla immunizzazione con vaccini inattivi, ovve-ro con vaccini costituiti da un virus ucciso; è necessario che il vaccino, somministrato in genere per via intramuscolare, a volte anche per via nasale,

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contenga i diversi tipi di virus ed in particolare quello cui è dovuta l’epidemia in corso. La durata della protezione vaccinale è relativamente breve; reazioni vacciniche non sono rare (peraltro più frequenti nell’infanzia) sotto aspetto di reazioni febbrili e malesseri vari. Il vaccino viene ottenuto da virus coltivato in uovo embrionato di pollo e perciò non va somministrato a persone allergiche alle uova. Bisogna inoltre tenere conto che molti vaccini contengono metalli tossici quali i sali di mercurio o di alluminio usati come conservanti (Sic!). Da alcuni anni sono allo studio vaccini a somministrazione intranasale costituiti da virus viventi attenuati la cui azione protettiva sarebbe anche legata alla produzione di sostanze di difesa aspecifiche di tipo interferone. Un altro vaccino in fase di imminente preparazione e che dovrebbe proteggere da ogni tipo di influenza è costituito dalla parte virale che non muta mai. Questi vaccini bloccherebbero l’enzima necessario al virus per uscire dalla cellula e infettarne altre. Diagnosi e terapia La diagnosi di influenza è in genere facile nelle forme epidemiche, mentre è più difficile in quelle sporadiche. In tutte le altre forme di virosi respiratorie è impossibile la corretta differenziazione senza l’aiuto dei metodi di accertamento diagnostico quali l’isolamento del virus nelle culture in uova embrionate di pollo per via allantoidea ed amniotica, o la ricerca di anticorpi neutralizzanti, di anticorpi emoagglutinoinibenti, o di anticorpi fissanti il complemento. Poiché non esiste una terapia eziologica dell’influenza, si deve ricorrere alla terapia sintomatica con antipiretici e/o analgesici, all’uso di analettici e simpaticomimetici. Inutile è la prescrizione di antibiotici nella profilassi delle complicanze batteriche, mentre essi si rivelano utili nella terapia delle complicanze stesse. Omeopatia Ciò che differenzia l’Omeopatia dalla medicina tradizionale è l’uso di rimedi diluiti e dinamizzati che esercitano la loro azione terapeutica curando i sintomi che essi provocano quando sono sommi-nistrati in dosi più elevate in soggetti sani. L’attenzione del medico omeopata, sia nei casi acuti che nei cronici, è rivolta a tutta la persona da curare e non solo alla malattia o all’organo malato, in quanto per l’individuazione del rimedio più indicato è necessaria un’attenta valutazione delle moda-lità di reazione, sia fisiche che mentali dell’individuo. Quando si affronta un caso acuto è necessario somministrare dosi alla stessa diluizione o crescenti, frequenti e ripetute, ed essere sempre pronti a rivedere la nostra prescrizione in caso di cambiamento dei sintomi, all’insorgere di impreviste com-plicazioni o al mutare della situazione clinica. E’ inoltre importante ricordare, come fa notare il Kent, che in una malattia acuta bisogna prescrivere il rimedio dell’acuto e non il rimedio costituzio-nale (Kent: Lezioni di Omeopatia, XXXVI). Lo studio della Materia Medica ci offre un vasto pano-rama dei rimedi nella cui patogenesi è riportato il generico sintomo “febbre”. Nel repertorio di Kent sono presenti almeno 200, di cui numerosi al terzo grado. All’inizio dell’affezione febbrile, ese-guendo una buona anamnesi ed una accurata visita generale, si possono cogliere i fenomeni, i sinto-mi essenziali e le modalità della malattia, che sono indispensabili per la scelta dei rimedi omeopatici più appropriati. La possibilità di intraprendere precocemente una valido trattamento è un indiscus-so vantaggio del metodo omeopatico, perché non sempre è opportuno reprimere la sintomatologia allo stadio iniziale con antipiretici e antibiotici prima che i meccanismi di immunizzazione si siano messi in funzione e l’organismo abbia sviluppato ed esercitato il grande sistema di difesa. La som-ministrazione di rimedi omeopatici nella terapia dell’influenza come in altre affezioni febbrili non può e non deve prescindere da una seria e attenta valutazione clinica e generale del caso in esame. E’ sempre doveroso oltre che formulare una diagnosi, capire e valutare attentamente se, come e quando, fare ricorso al rimedio scelto secondo la legge di similitudine. Il trattamento omeopatico permette di solito la rapida guarigione dell’influenza, consente di rafforzare e incrementare i mecca-nismi di regolazione dell’organismo, ed è un grande aiuto per “l’autodifesa” dell’organismo capace di evitare quasi sempre le complicazioni influenzali e previene le recidive. E’ però altrettanto vero che nulla è più fallimentare di un dogmatismo sterile e schematico che impone l’uso di un solo si-stema terapeutico escludendo a priori altre terapie quando queste risultano essere necessarie. Impor-tante è valutare la modalità di insorgenza febbrile, le caratteristiche del polso, l’atteggiamento e il decubito del malato, il sensorio, l’eventuale fotofobia, i desideri e le avversioni per bevande e ali-menti, e tutti i sintomi particolari e le modalità soggettive che accompagnano la sindrome influenza-le. Alcuni pazienti nonostante l’ipertermia desiderano coprirsi, altri si scoprono, taluni sono agitati, altri obnubilati. Alcuni di questi malati non hanno sete durante la febbre, altri berrebbero in conti-nuazione. Nella maggior parte dei casi, durante l’episodio febbrile i malati hanno scarso appetito, mentre altri hanno insolitamente fame nonostante la febbre e stanno meglio quando mangiano. Ri-cordiamoci che, in una malattia acuta, dobbiamo favorire i desideri o le necessità immediate del pa-ziente; in una malattia cronica dobbiamo invece contrastarle. Ciò che colpisce, quando entriamo nella stanza di un malato affetto da influenza, è che generalmente ci troviamo in presenza di un bambino o di un adulto, a letto nella penombra con gli occhi fortemente arrossati. Molti pazienti la-mentano il mal di gola, ma se si esamina la cavità orale, essa è spesso priva di lesioni: nessun ros-sore, nessuna infiammazione, nessun deposito. In compenso alcuni pazienti manifestano delle angi-ne tipiche, membranose, poltacee, ecc… ma ciò è l’eccezione: più spesso si evidenzia una disfagia e un’afonia indolore con gola indenne. D’altra parte, si rimane colpiti dall’intensità della febbre: il termometro indica spesso i 39°-40°. In corso di epidemia si notano delle forme addominali con ce-falea, dolori addominali e diarrea con numerose scariche al giorno, talvolta accompagnate da con un leggero subittero. Molti malati hanno la sensazione di avere le ossa rotte. In genere i pazienti sono di pessimo umore e ci ricordano i malati del tipo Bryonia. Ma per la maggior parte sono agitati e trovano un momentaneo sollievo muovendosi e scoprendosi il rimedio che in questi casi sembra più indicato è senz’altro Gelsemium: è infatti presente la cefalea, l’assenza di sete malgrado la febbre e tutti i sintomi di Gelsemium. Dobbiamo considerare poi Rhus Toxicodendron, Bryonia, Cau-sticum e Eupatorium perfoliatum. Ma vi sono altri due rimedi che si rivelano molto utili e sono China e Phosphorus. Questi due rimedi sono gli unici che presentano fame durante la febbre. Chi-na ha più spesso gli occhi rossi di quanto non li abbia Phosphorus, il quale presenta un rossore marcato delle congiuntive. In alcuni casi è prezioso Pyrogenium: quando è presente la discordanza caratteristica tra il polso e la temperatura. Pyrogenium è pure indicato alla fine di quelle forme in-fluenzali con persistente sintomatologia focale, spesso localizzata alla gola. Bacillinum e Tuberco-linum K possono essere di grande utilità come rimedi preventivi.

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Profilassi omeopatica Prima di passare alla descrizione dei rimedi, rimane da dire qualche parola sul concetto di profilassi in Omeopatia. Come conciliare il concetto di individualizzazione del rimedio omeopatico che deve sempre essere il più simile (Simillimum) all’individuo, con una generica profilassi che non ha più nulla di individuale? E’ presto detto: esistono condizioni morbose in cui l’agente epidemico si manifesta con una tale virulenza da mortificare la reattività soggettiva dell’essere umano. Ciò si manifesta solitamente in corso di pandemie o quando la malattia presenta una accentuata morbosità e morbilità. In questi casi molti individui presentano sintomi molto simili al quadro epidemico con scarse possibilità di modulare soggettivamente l’evento morboso. In altri termini alcune malattie determinano nell’organismo, un quadro clinico molto simile in tutti gli ammalati, poiché la reattività e la variabilità individuale, in questi casi, cedono il posto ad un “analogo” di malattia, più forte e mortificante del “simile” soggettivo. E’ quindi spiegabile e proponibile l’uso di alcuni rimedi omeopatici che assumono nella pratica clinica una certa connotazione di specificità. Lo stesso Hahnemann ci ricordava l’uso di Camphora a scopo preventivo in corso di epidemia di Colera, oppure di Rhus Toxicodendron e Bryonia in casi di tifo. Anche in caso di epidemia o pandemia influenzale possiamo, in base alle caratteristiche della sintomatologia prevalente, determinare quale rimedio possa essere più simile alla sindrome influenzale. Ciò permette di instaurare nel sano una valida e rapida profilassi anche in corso di epidemia. Tubercolinum è il rimedio profilattico da somministrare in quei pazienti nei quali l’apparato respiratorio è quasi sempre colpito e perché questi malati hanno sempre delle lunghe e fastidiose convalescenze con rinofaringiti croniche o tracheiti persistenti. Se l’influenza è violentissima, si somministrerà Aconitum all’inizio. Se insorge improvvisamente, si penserà ad Aconitum e a Belladonna. Se insorge in modo intermittente o paradossale, si penserà a Ignatia, come suggeriscono certi autori americani. Se la febbre è intermittente si penserà a Natrum muriaticum, Pyrogenium e Tubercolinum. Se la febbre è remittente, si potrà allora somministrare Mercurius. In tutte queste forme di malattia bisogna sempre chiedere e tenere conto dei desideri e delle avversioni del malato perché queste possono indicarci il giusto rimedio da prescrivere. Quando il polso è molle e rapido e si suda, si tratta spesso, nei bambini, di un segno di Ferrum phosphoricum: è il rimedio per i raffreddori dei soggetti tubercolinici. Ma quando sono soprattutto le membra, i muscoli e le ossa a far male, bisogna pensare, oltre che a Eupatorium perfoliatum, anche a Eucalyptus globulus. Petroleum è indicato nelle tossi che scuotono la testa, quando il malato deve tenersi il capo tra le mani (d. d. con Bryonia). Quando c’è mal di gola, tosse, con il naso chiuso che cola e che duole, con le labbra screpolate, irritate, che si spelano, con la laringe colpita, la voce roca e irregolare è particolarmente indicato Arum triphyllum. Sepia invece è uno dei principali rimedi indicati alla fine dell’influenza. Sepia ha un’azione sulla trachea allorché, come per Bryonia, si ha quella particolare tosse riferita dal malato “come se venisse dallo stomaco”. INIZIO IMPROVVISO ACONITUM

BELLADONNA CAMPHORA

INIZIO GRADUALE FERRUM PHOSPHORICUM GELSEMIUM SEMPERVIREN EUPATORIUM PERFOLIATUM

INTERMITTENTE NATRUM MURIATICUM PYROGENIUM TUBERCOLINUM

REMITTENTE MERCURIUS INDIFFERENZIATO ECHINACEA RIMEDIO POLSO FACCIA CARATTERISTICA ACONITUM Veloce, pieno, duro Calda, arrossata, secca, pallida

stando seduti. Inizio violento. Paura. Conseguenza di vento freddo

BELLADONNA Veloce, pieno, scattante Calda, arrossata, sudata. Estremità fredde

Inizio improvviso, sensazioni pulsanti. Corpo caldo, estremità fredde. Resta coperto

CAMPHORA

Veloce, piccolo, debole Pallida, livida, fredda, madida di sudore freddo

Inizio improvviso. Paura. Freddo intenso con brividi, pelle ghiacciata

FERRUM PHOSPHORICUM

Piccolo, morbido, leggero, flebile

Pallida e arrossata alternativamente, specie cambiando posizione

Circolazione labile. Epistassi, dolori alle orecchie

GELSEMIUM Leggermente accelerato morbido

Rosso-scura gonfiata, espressione stordita

Debolezza tremante, stordimento, brividi

Aconitum Indicato nell’influenza che insorge improvvisamente, in maniera brutale, soprattutto dopo una espo-sizione al vento di tramontana o a forte vento gelido (dall’Est). La febbre alta, insorge o si aggrava di sera, dalle 22 alle 24, con polso frequente, pieno e duro. Vi è irrequietezza e paura, fino alla pau-ra di morire. Inizialmente si hanno brividi, pelle secca e calda. In questa fase compare tosse breve e secca. Talvolta vi è inspirazione sibilante (Pseudocroup). Il sintomo eziologico “colpo di freddo” ri-chiede prima di tutto l’Aconitum e solo successivamente altri rimedi, se in base ai sintomi e alle modalità del paziente questi risulteranno indicati. Aconitum è il rimedio sovrano ogni qualvolta una malattia compare improvvisamente dopo esposizione a vento freddo e secco, al passaggio brusco dal caldo al freddo e a raffreddamenti improvvisi. La prima fase febbrile di

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Aconitum è caratterizza-ta dal calore, la seconda da un’intensa sudorazione. Il paziente ha rossore al volto e brividi che sal-gono dai piedi al torace, fino al capo e sono avvertiti al minimo movimento o appena il malato si scopre: questo sintomo è tipico di Aconitum il quale ha le pupille miotiche e ciò lo differenzia da Belladonna (le cui pupille sono in midriasi). La cute è secca, rossa e ardente e Aconitum durante questa fase ancora non suda. Il calore del corpo non si avverte avvicinandosi alla cute del paziente, contrariamente a quanto avviene con l’irradiazione percepibile anche a relativa distanza, propria di Belladonna. E’ in questa fase che l’eretismo mentale di Aconitum è più sviluppato. Il volto del pa-ziente è congesto, arrossato, ma solo quando il malato è supino: infatti se lo si fa sedere per auscul-tarlo, il volto impallidisce rapidamente. In questa fase il paziente ha sete intensa di acqua fredda che deve essergli somministrata di frequente. Ogni altra bevanda viene rifiutata, perché tutte, eccetto l’acqua hanno sapore amaro. Questa alterazione del gusto è un altro tipico sintomo di Aconitum (mentre per China non solo l’acqua, ma tutte le bevande e tutti gli alimenti hanno gusto amaro, pur essendo conservato il senso della fame). Durante la fase del calore il malato tossisce lamentando un senso di oppressione toracica ed un dolore ben localizzato pur non rappresentando alcuna sintoma-tologia respiratoria obiettiva. Dopo la prima fase di calore, compare in Aconitum la sudorazione, che è più abbondante sulle regioni coperte e appena inizia la traspirazione il malato cerca di coprir-si. Il sudore è caldo e abbondante ed il paziente diviene eccitabile e nervoso, mentre l’ansia e la paura, caratteristiche del rimedio scompaiono. Con la comparsa del sudore, scompare la fase del ca-lore e la caratteristica triade di Aconitum: 1) la febbre secca; 2) i dolori; 3) l’agitazione. In altri termini cessa, a questo punto, l’indicazione di Aconitum. In sintesi: se il malato ha febbre “secca”, agitazione e dolore il rimedio è Aconitum; al contrario se presenta febbre “umida” con cute madida di sudore e prostrazione il rimedio è Belladonna. La prescrizione di Aconitum decade solitamente appena compare la sudorazione. Qualunque sia la durata della fase dei brividi del calore e del sudo-re, il reperto palpatorio del polso tipico di Aconitum è la tachisfigmia con polso duro, pieno e teso. Belladonna Influenza con febbre alta, che insorge o si aggrava dalle 15 alle 22. Cefalea intensa, congestione del volto con faccia molto arrossata, lucida, pupille dilatate (effetto atropinico), carotidi e arterie tempo-rali pulsanti. Dolori brucianti e pulsanti con marcato calore della cute. Belladonna è indicata all’ini-zio improvviso di un’infezione generale con pelle arrossata e sudata. Tre sono i sintomi caratteristi-ci di Belladonna: calore, rossore, sensazione di pulsazioni. Polso che batte, duro, pieno e scattante. A letto, sudore; scoprendo il paziente, questi diventa gelido ed ha il desiderio di rimanere coperto. Stato congestizio cerebrale con delirio episodico ed accessorio. Sete inesauribile di acqua gelata (l’Atropina provoca mucose secche), ma il malato si inquieta non appena si riesce a fargli bere o mangiare qualcosa. Egli infatti vorrebbe bere per calmare la secchezza delle mucose, ma se deliran-te ha orrore dell’acqua perché teme gli faccia male, preferirebbe ingerire cibo solido. Questo stato di relativa idrofobia si ritrova anche in Hyosciamus e Stramonium. Mal di testa pulsante, che si aggrava con minime scosse e chinandosi. Mucose molto arrossate. Tosse laringea stizzosa, secca, spasmodica. La febbre di Belladonna appare, in genere, la sera verso le 18. Il malato ha un brivido che dalle braccia sale al capo irradiandosi poi a tutto il corpo. Durante i brividi, il paziente non ha mai sete. Interessante notare che il volto, pallido, in posizione supina diviene arrossato, non appena il malato si siede. L’opposto quindi di Aconitum febbrile, il cui volto rosso quando è supino, divie-ne pallido (quasi sincopale), quando il paziente si siede. Belladonna, pur essendo molto accaldato, febbricitante, non vuole essere scoperto, cerca invece sempre più il caldo. Il volto è arrossato, caldo, le pupille midriatiche, gli occhi sono foto sensibili (il malato preferisce l’oscurità e tiene gli occhi chiusi). La midriasi cronica è tipica di Calcarea Carbonica. Importante collocare quest’ultimo far-maco accanto a Belladonna dal momento che è particolarmente frequente nel biotipo Calcarea Car-bonica (rimedio costituzionale), la comparsa di una sintomatologia febbrile tipo Belladonna. Il su-dore ha una caratteristica particolare: macchia la biancheria. Il polso di Belladonna è pieno, fre-quente, scattante: alla palpazione si ha la sensazione che piccoli pallini di piombo rotolino nelle ar-terie, sotto le dita. Il paziente è così profondamente prostrato da sembrare quasi in preda ad uno sta-to stuporoso. Spesso è delirante o presenta crisi convulsive e contratture spastiche. In sintesi, la ca-ratteristica principale della febbre di Belladonna è la prostrazione. Mentre Aconitum è in preda ad intensa agitazione, angoscia ed ansia indescrivibili, Belladonna è prostrato, immerso in un profondo stato stuporoso contraddistinto da ipersensibilità e ipereccitabilità del sistema nervoso periferico. L’ipersensibilità è straordinaria! Belladonna è ipersensibile a tutto: alla luce, ai rumori, al minimo contatto. Anche un piccolo rumore provoca un’intensa gastralgia. Avvicinandosi al letto e urtandolo lievemente, il paziente avverte un’intensa recrudescenza dei fenomeni dolorosi. Tutto ciò è tipico solo di Belladonna. Caratteristica è la cefalea congestizia che compare bruscamente (prevalente-mente frontale), spesso con totale interessamento del capo. La testa è calda, pesante al punto che il paziente crede che “sia aumentata di volume” (d.d. con Bovista). La cefalea è pulsante e il paziente per alleviarla, iperestende il capo; infatti se lo flette, la cefalea pulsante raddoppia d’intensità. Il ma-lato può presentare perfino rigidità nucale per risentimento meningeo, oppure più raramente, ruota la testa da un capo all’altro del guanciale. Indicato l’uso di questo rimedio dopo l’Aconitum, allor-ché inizia la sudorazione. Camphora Corizza acuta, con naso chiuso a parossismi, starnuti, mucose nasali congeste, accumulo di muco nei bronchi con inspirazione molto corta durante il sonno e freddo generalizzato. Dolori di tipo reu-matico tra le spalle che si irradiano nel torace muovendo le braccia. Assenza di traspirazione. Il ma-lato è molto prostrato, indebolito e manifesta un’indifferenza completa, la quale può far posto l’agi-tazione, l’angoscia, con paura della solitudine e terrore di morte imminente. I malati che necessita-no di Camphora sono individui molto sensibili al freddo e che si raffreddano con estrema facilità. Faccia pallida, livida, fredda, madida di sudore freddo con espressione ansiosa e pupille prima mio-tiche e poi midriatiche. Sguardo fisso e incosciente. Rimedio più indicato nelle forme intestinali di tipo coleriforme con febbre e dolori addominali. Raffreddamento generale con rapido decadimento delle forze, cute secca e di un freddo-marmoreo, freddo del viso, delle estremità, della lingua, del fiato. Benché il malato sia freddo, non sopporta di essere coperto; vuole coprirsi solo durante il pe-riodo febbrile e i dolori addominali. Brividi, crampi, convulsioni tetaniformi, con rialzo degli angoli della bocca che scoprono i denti. Cefalea martellante con battito sincrono al polso e senso di op-pressione occipitale. Sete inesauribile di piccola quantità di acqua

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fredda che viene rigettata subito dopo l’ingestione. Sensazione di calore bruciante o freddo glaciale al ventre. Indicazioni: influen-za, rinite, colera. Minaccia di aborto in corso di influenza, stati di collasso vasomotorio e svenimen-ti con sudore freddo, pallore e cianosi, nausea, vomito, attacchi spasmodici epilettiformi, polso fre-quente, piccolo, angoscia precordiale, dispnea elevata, diarree profuse con grande debolezza. Ferrum Phosphoricum La sintomatologia di Ferrum è triplice: 1) la febbre; 2) lo stato congestizio; 3) la tendenza emorragica. I brividi, durante la febbre, sono sempre diurni, compaiono all’incirca alle ore 15. La febbre di Ferrum Phosphoricum è elevata (38°-39°) mai tuttavia come quella di Belladonna o di Aconitum (fino a 40°). La fase del calore di Ferrum è caratterizzata da un’intensissima secchezza della cute (palme delle mani, volto, torace) che ricorda da vicino la fase del calore di Aconitum. In questo momento Ferrum soffre una sete particolarmente intensa: il bere tuttavia non allevia le soffe-renze. Compaiono infine le sudorazioni, in genere notturne, molto abbondanti soprattutto in soggetti deboli e defedati e non recano alcun miglioramento al malato. Interessante osservare che la sudora-zione, con i caratteri ora elencati, si riscontra in Ferrum anche quando costui è afebbrile. Il polso pieno e rapido presenta però un carattere importante ai fini di una diagnosi differenziale con farmaci analoghi: è molle (si ricordi il polso di Aconitum è duro; quello di Belladonna fa sentire sotto le di-ta, granuli simili al piombo che sembrano scorrere nelle arterie). Per tutto il periodo febbrile Ferrum non presenta alcun eretismo psichico. Non si apprezzano intense oscillazioni termiche, piuttosto un continuo stato sub-febbrile: 38° al mattino, 38.5° la sera. Vampate di calore (a poussées) e volto congesto, caldo e rosso con caratteristico rossore circoscritto ad entrambe le guance, con crisi vaso-motorie che si manifestano con alternanza di pallore e rossore durante lo stadio febbrile. Gli occhi sono rossi e congesti. Il malato ha fotofobia e lacrimazione intensa; lamenta bruciore oculare con sensazione di avere granelli sottopalpebrali (Natrum Muriaticum) che lo costringono a massaggiare le palpebre. Come Belladonna, Ferrum peggiora con il movimento, il rumore e ogni sobbalzo, anche il più piccolo che venga impresso alla sua persona, ma a differenza di questa, migliora con il freddo, da coricato e con un’intensa pressione locale. Ferrum presenta frequente epistassi mattutina con tos-se ed espettorato misto a sangue. L’inizio dell’infezione è meno drammatico rispetto a quello di Aconitum e di Belladonna – manca la paura e l’irrequietezza di Aconitum e l’iperemia attiva di Belladonna. In Ferrum phosphoricum è presente un’instabilità vasomotoria, evidenziata dall’al-ternarsi di rossore e pallore sul viso del paziente. Il polso è rapido, molto piccolo e morbido. L’infe-zione, con dolore pulsante, tende a localizzarsi nell’orecchio medio. Peggioramento di notte, spesso il padiglione auricolare e la guancia della parte lesa sono più arrossati che il lato sano (come Cha-momilla nei disturbi da dentizione del bambino piccolo). Tossendo, il paziente si lamenta di una sensazione asciutta e solleticante la gola, con scarsa espettorazione. Gelsemium Influenza ad esordio graduale con grande prostrazione e tremore, dolori muscolari profondi, cefalea intensa, localizzata alla base del cranio, forte sonnolenza, febbre non troppo alta, con brividi che scorrono lungo il dorso e palpebre cadenti. Sete nulla o quasi. La febbre di Gelsemium non insorge tumultuosamente come in Aconitum e Belladonna, bensì gradualmente e lentamente. E’ spesso indi-cato in soggetti che da ambienti sovrariscaldati si raffreddano poi nella temperatura normale. Infe-zione febbrile con brividi, debolezza, prostrazione, adinamia, tremori e stordimento. All’inizio del-l’infezione brividi lungo la schiena con frequenti tremori e con battito dei denti così forte, che il pa-ziente desidera essere tenuto fermo. L’astenia accompagnata dai tremori permette di individuare fa-cilmente il rimedio. Come in Bryonia, Gelsemium desidera restare immobile, tranquillo e supino perché ogni movimento gli è reso difficile dall’astenia che lo affligge. Se si alza dal letto e vuole fa-re qualche passo, le gambe non lo reggono; le mani tremano e la lingua è anch’essa tremolante. Il polso è irregolare, tremolante, intermittente, accelera al minimo movimento anche se è lento. Il ma-lato appare inebetito, instupidito, con palpebre socchiuse e lievemente ptosiche. Il volto è caldo, le estremità, mani e piedi sono fredde. Il paziente è in continuo stato di assopimento, dormendo, bor-botta frasi incoerenti. Lo stato patologico si evolve gradualmente, per lo più dopo 1–2 giorni dalla diminuzione della temperatura. Il polso è leggermente accelerato e morbido, la faccia spesso arros-sata. Di solito il paziente non accusa sete (caratteristica anche di Apis e Pulsatilla). Se l’infezione si localizza, si manifesta un raffreddore acquoso che brucia, con irritazione della faringe e difficoltà alla deglutizione oppure una bronchite, quasi senza espettorazione. In sintesi, Gelsemium è caratte-rizzato da prostrazione, tremori, ptosi palpebrale, astenia generale accompagnata ad un “tremito in-terno”. Questa sensazione di “tremore” è così intensa, da far spesso temere al malato d’essere sul punto di morire. Eupatorium Perfoliatum Influenza con dolori acuti e violenti alle ossa, aggravati da ogni minimo movimento (d.d. Bryonia alba), sensazione marcata di rottura generale e sete intensa. Tosse secca, con dolori intercostali e febbre alta che insorge o aggrava dalle 7 alle 9. Rimedio che domina i sintomi da raffreddamento invernale che causano starnuti, corizza, dolori spaccanti della testa aggravati dal movimento, brividi con desiderio di stare caldi e ben coperti. Tutto il corpo è dolente: dolori “spaccanti” nelle ossa, la schiena sembra rotta, dolori in profondità nelle articolazioni e nelle ossa, come se fossero slogate e aggravamento generale provocato dal movimento. Cefalea pulsante, come se la testa scoppiasse; tosse dolorosa, tanto da dovere trattenere il torace. Febbre e sete con grande sensibilità al freddo. Tremolio dalla testa ai piedi, cefalea congestiva, faccia avvampata, cute gialla o sub-itterica con dolori all’addome e nella regione epatica. Nausea alla sola vista e all’odore del cibo. Il paziente desidera stare quieto, ma il dolore è così intenso che esso si muove e non trova riposo. Sorprendente è l’inversione cronologica della curva della temperatura: la febbre raggiunge il suo apice di mattina (ore 7-9); sensazione di freddo intenso di notte e di mattina; durante il giorno si sente caldo, con lieve sudorazione. Miglioramento dello stato generale quando inizia la traspirazione cutanea. Il paziente ha sete intensa e violenta, ma dopo il bere il tremolio peggiora notevolmente cosicché egli non si azzarda più a bere acqua fredda. Prima dei brividi sete insaziabile di acqua gelida, dopo i brividi spesso vomito biliare ed epatico. Faccia calda ed arrossata. Caratteristica del rimedio è la scarsità del sudore. Brivido violento e febbre intensa con poco sudore, cefalea pulsante, spaccante, bruciante. Dolore dei bulbi oculari (d.d. Bryonia e Gelsemium) e grande sensibilità al toccarli, come se ogni toccamento fosse un trauma. Tosse secca, dolorosa e scuotente che sembra spaccare il petto e peggiorata dal movimento.

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Estrema sensibilità al freddo come in Nux Vomica nel quale, però, vi è grande irritabilità, mentre in Eupatorium predomina tristezza e malinconia. Arnica Montana Febbre piuttosto elevata con sensazione di gran calore alla testa e alla faccia, molta sonnolenza e spiccato senso di contusione in ogni parte del corpo. Il paziente trattabile con tale rimedio è prostrato, sonnolento. Risponde con difficoltà alle domande, ma non è presente stato delirante o confusionale. Le artromialgie danno l’impressione che il letto sia troppo duro. Il volto è arrossato, caldo, mentre il naso e il resto del corpo sono freddi. L’alito è fetido, la sete accentuata. Si possono osservare ecchimosi o porpora cutanea. Arsenicum Album Febbre con debolezza generale, il malato cade in uno stato di abbattimento nel giro di poche ore, il volto è pallido, la mandibola ptosica. Vi è intensa astenia con grande irrequietezza e paura fino alla paura di morire, sudori freddi, mucose secche, tutti i sintomi soggettivi ed oggettivi si accompagnano a bruciore. Diarree profuse, feci non molto abbondanti ma emesse frequentemente di odore putrido e cadaverico. Quando il malato ha liberato l’alvo, si sente così prostrato da arrivare alla lipotimia. Lo stato di prostrazione non è proporzionale alla quantità di feci evacuate. Il paziente nel giro di pochi giorni perde il tono muscolare, l’adipe e le forze. Pelle che prude e brucia, nevrite e polinevrite. Nell’acuto vi è molta sete per piccole quantità di acqua fredda che può essere vomitata subito dopo ingerita, allora il malato vuole acqua fredda o ghiaccio solo per inumidire la bocca. A volte sete per grandi quantità d’acqua che non bastano a dissetare il paziente. Se vi sono dolori brucianti al faringe o allo stomaco, l’ammalato chiederà invece bevande calde (bruciore migliorato dal calore) Solo nelle malattie croniche Arsenicum è senza sete. Agitazione tra l’1 e le 3 del mattino è caratteristica del farmaco. Il paziente deve scendere dal letto in preda all’ansia, è molto irrequieto, muta sempre posizione nel letto o scenderà e salirà frequentemente dal letto sino a che non sarà del tutto esausto. Se ha raggiunto una fase di intensa astenia, è questo l’orario in cui chiede gli si faccia mutare posizione nel letto. Il malato non vuole essere lasciato solo neanche per un istante, perché teme di morire. Ansietà, prostrazione, paura di morire, brividi, desiderio di calore. Arum Triphyllum Stato febbrile acuto in cui il malato può trovarsi in stato di agitazione psico-fisica oppure in stupore e delirio. Corizza acuta, fluente, ma con naso otturato (specie la narice sinistra), che obbliga ad aprire la bocca. Il malato si manipola costantemente e si spella le labbra, si gratta il naso sino a farsi sanguinare le mucose. Il viso è caldo, edematoso e le commessure labiali sono fissurate. Durante la febbre vi è astenia generalizzata con sensazione di avere le ossa rotte, irritazione bruciante, escoriazioni, prurito e parestesie delle mucose. Cefalea gravativa con sensazione di freddo nella parte superiore del capo, aggravata dal calore della stanza, dagli indumenti e dal caffè caldo. Escoriazione del labbro superiore, labbra brucianti, edematose, fissurate, sanguinanti, come da esposizione al vento freddo. Indolenzimento delle narici con starnuti notturni. Tonalità della voce costantemente variabile, che peggiora col vento del nord. Lingua rossa, disepitelizzata, fissurata, sanguinante, di color amarena. Salivazione abbondante, fetida (d.d. con Mercurius), corrosiva, ulcerante le commessure. Tonsillite acuta, con senso di escoriazione alla base della lingua e al palato; reflusso nasale di liquidi. Il malato rifiuta alimenti e bevande per lo stato doloroso della mucosa orale e faringea. Tosse con bruciore e senso di escoriazione tracheale e dei grossi bronchi. Dolori che attraversano il polmone sinistro. Diarrea fetida, gialla come il bollito di mais, escoriante, che irrita la piega dei glutei e la regione coccigea. Baptisia Tinctoria Febbre alta insorta rapidamente con sintomi imponenti; brividi del dorso e degli arti inferiori, oppure grave affezione acuta con apiressia per mancanza di reazione vitale. Delirio con allucinazioni: il malato si crede doppio e parla con l’altra sua parte, sente il suo corpo in pezzi separati e si sforza di riunirli. Agitazione, il malato cambia costantemente posto. L’agitazione si alterna con prostrazione che man mano si fa più ingravescente. Svenimento alzandosi dal letto. Il paziente sembra ubriaco, stuporoso, con facoltà mentali squalificate, non sa cosa dice, è confuso, disorientamento spazio-temporale, quando si sveglia prova a parlare ma poco dopo ricade nello stato di stupore. Faccia pomellata con palpebre pesanti, lingua fuligginosa, polso accelerato, addome meteorico. Senso di pesantezza del corpo con indolenzimento dei muscoli delle regioni che sono appoggiate, il letto sembra troppo duro. Sensazione generale di spossatezza con peggioramento pomeridiano. Costante desiderio di aria fresca e di acqua fredda sul viso. Lingua scura, asciutta e bruna verso il centro, coperta da densa patina o crosta brunastra. Volta palatina gonfia con gusto nauseante in bocca. Saliva densa che cola sul cuscino (Mercurius) oppure secchezza estrema della cavità orale. Il paziente può bere solo liquidi perché gli alimenti solidi gli provocano spasmi esofagei. Globi oculari doloranti, specie col movimento con sensazione di compressione oculare dall’esterno all’interno. Diarrea mattutina, putrida, nerastra, color nero-ardesia o giallo bruna, indolore e involontaria. Bryonia Alba Affezione febbrile insorta soprattutto dopo freddo umido o durante il tempo che segue a giornate molto fredde, con febbre che inizia o aggrava verso le 21, con dolori pungenti, nettamente aggravati da ogni minimo movimento e grande aridità di tutte le mucose. Sete intensa per grandi quantità di acqua bevuta a lunghi intervalli. Tosse secca, stizzosa, con bisogno di comprimersi il petto durante gli accessi. I brividi predominano nell’ipertermia tipo Bryonia, accompagnati da sete intensa. Il malato beve grandi quantità d’acqua fredda a lunghi intervalli. Ai brividi si associa in genere tosse ed algia puntoria toracica. Qualunque sia la localizzazione della malattia, Bryonia assume la sua tipica posizione: perfettamente immobile, sempre coricato sul lato dolente. Il volto è congesto, rosso, il capo caldo, intensa la cefalea. Il polso è duro, teso, pieno; la frequenza elevata. Compaiono infine le sudorazioni e con essa la diminuzione della sete. La sudorazione è profusa, acida e, come Natrum Muriaticum e Thuya, untuosa. Il sudore procura però al malato solo un momentaneo sollievo. Il paziente talvolta è delirante.

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L’ipertermia di Bryonia è sempre legata ad una generica flogosi dell’apparato respiratorio o digerente, oppure ad uno stato reumatico. Causticum Anche se soltanto occasionalmente indicato nelle malattie acute, possiamo trovare sintomi di Causticum in corso di epidemia influenzale dominata da sintomi quali tosse e dolori. Il paziente ansioso, pauroso, melanconico, non può soffrire né il freddo, né il caldo, perché ambedue aggravano le sue condizioni. I suoi dolori sono generalmente migliorati dal calore, ma aggravati dal tempo secco, dal vento secco e dal freddo. I disturbi possono comparire da un bagno freddo, da esposizione a tempo freddo e secco. Raucedine, afonia e tosse irritativa che parte dalla laringe, con sensazione di escoriazione bruciante retrosternale. La tosse di Causticum è secca, spasmodica, scuotente, latrante di giorno, grassa la notte; compare ad accessi parossistici così ravvicinati da rendere difficoltosa la respirazione e provocando una gastralgia riflessa (il malato si sorregge l’addome a due mani) e migliora sempre con l’assorbimento di piccole quantità d’acqua fredda (Cuprum). Quando tossisce il malato avverte un interessamento algico tipico che corrisponde all’anca destra e contemporanea incontinenza urinaria. Croste nelle cavità nasali e nelle coane, aridità della bocca e della gola, il paziente raschia costantemente muco denso dalla laringe. Sete per bibite fredde con avversione all’acqua. Modalità: tutti i sintomi peggiorano di mattina tra le 3 e le 5. Miglioramento al caldo del letto. La tosse migliora con bevande fredde aspetto pallido-giallo. Paziente ansioso, pauroso, melanconico. China Officinalis Sintomatologia: febbre in corso di epidemia influenzale, febbre intermittente con forte pallore e cu-te giallastra, alternato a fasi di rossore e calore; una mano è molto fredda, l’altra è calda. Accesso di febbre in cui prima del brivido vi è agitazione; forte cefalea in sede temporale. Assenza di sete du-rante il brivido e lo stadio del calore; forte sete nella fase del sudore che è profuso. Durante il calo-re, il malato ha bisogno di scoprirsi, ma subito ha di nuovo il brivido. Sudore non appena si è coper-ti con traspirazione del lato su cui si dorme; sudore profuso del capo, del collo, della nuca, del dor-so. Occhi infossati, cerchiati di blu, labbra secche, brune, striate. Viso che diviene molto caldo en-trando in una stanza dall’aria aperta. Febbre con sudori profusi e molta sete, grande debolezza gene-rale, spossatezza e sonnolenza, occhi cerchiati, sensazione di pressione dei globi oculari, dolenti col movimento dell’occhio. Gusto amaro in bocca per cui gli alimenti sembrano troppo amari o troppo salati. Tosse che si scatena dal parlare, o dopo mangiato con sensazione di vapore di zolfo nelle vie respiratorie. Mucosità bronchiale che sono espettorate con difficoltà. Dolori toracici e intramuscola-ri; il torace è tanto sensibile che il malato fa fatica a sopportare la percussione e l’auscultazione. Do-lori come trasmessi al periostio; dolori degli arti aggravati a riposo e migliorati col movimento (d.d. Rhus tox.). Dolore lombo-sacrale con senso di gran peso e sensazione di essere spezzati aggravato dal movimento. Emorragie profuse e scure da naso, polmoni, canale gastro-intestinale ed utero. Tu-mefazione della milza, nevralgie periodiche infraorbitali, inappetenza, sensazione di pienezza, lun-ghi periodi di permanenza dei cibi, gonfiore dello stomaco, diarree spossanti dopo ogni pasto, spes-so con fuoriuscita di sangue, emorroidi sanguinanti, calde, fruscio nelle orecchie e sensazione di vertigine, congestioni alla testa, palpitazioni. Modalità: peggioramento con freddo, correnti d’aria, umidità, cibo, tatto e di notte miglioramento con calore. Aggravamento col movimento. Echinacea Angustifolia e Purpurea Se il paziente non manifesta dei fenomeni differenziati, possiamo vantaggiosamente prescrivere queste due forme dell’Echinacea che sono equivalenti dal punto di vista terapeutico. E’ ampiamente dimostrato che queste piante aumentano decisamente i poteri di difesa dell’organismo. Entrambe stimolano nettamente la produzione endogena di interferone e aumentano la resistenza alle infezioni batteriche rallentando la diffusione dei germi nei tessuti e attivando contemporaneamente meccanismi rigenerativi dei tessuti lesi. Piante ben tollerate e a dosi terapeutiche sono prive di effetti tossici. La loro somministrazione equivale ad una terapia immunostimolante indiretta veramente biologica. Sono indicate nei processi settici, piemia, linfagite, lionfadenite, carbonchio , suppurazioni, influenza, ecc. Sorprendente è l’odore sgradevole di tutte le escrezioni. Influenzinum Nosode preparato dall’Istituto Pasteur per l’uso omeopatico che ha una preparazione ben definita. Si tratta di vaccino anti-influenzale proveniente da culture di due varietà di virus, una quella dell’influenza comune, APR-8 e l’altra A-Singapour 1-1957 (influenza asiatica). La proporzione è di tre parti di virus asiatico e una parte di virus europeo. E’ interessante notare che l’Istituto Pasteur prepara appositamente la miscela di vaccino per l’uso omeopatico. Patogenesi e diagnosi clinica: Febbre, influenza, malessere generale accompagnato da brividi, cefalea, catarro oculo-nasale, dolori diffusi, ipertermia (39°-40° C), astenia, spossatezza. Faringo-laringite, raucedine, laringite influenzale, raucedine stridula dei lattanti, tosse secca, bronchite. Corizza influenzale, congiuntivite influenzale, otite influenzale. Tosse secca, bronchite, alveolite, broncopolmonite influenzale. Sindrome meningea, sindrome encefalica con vomiti. Encefalite influenzale, nevrosi depressiva post-influenzale. Cefalea influenzale con occhi pesanti e sensibili ai movimenti. Enterocolite influenzale, diarrea influenzale spossante. Leucopenia con mononucleosi. Mercurius Solubilis Febbre con sudorazione abbondante ed offensiva, che aggrava i sintomi del paziente. Alito fetido con eccessiva salivazione, sete e lingua giallastra, i cui margini portano l’impronta dei denti. Febbre con brividi leggeri che insorgono o aggravano di sera o di notte. Aggravamento spiccato di notte al calore del letto. Sintomatologia: gusto metallico in bocca con bruciore e gonfiore della mucosa orale. Diarrea con sangue e tenesmo. Albuminuria, anuria, collasso circolatorio. Infiammazioni della congiuntiva e della cornea. Influenza con catarro-intestinale, angina, stomatite, gengivite, rinite ed otite media cronica, dissenteria. Infiammazioni acute dell’apparato linfatico, blefaro-congiuntivite, oftalmia, sinusite, catarro nasofaringeo, colangite, catarro dei seni nasali e paranasali. Le caratteristiche più importanti sono: 1) Fetor ex ore e scialorrea; 2) patina

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spessa sulla lingua gonfia, con le impronte visibili dei denti; 3) sudori notturni maleodoranti giallognoli; 4) sensibilità verso aria fredda e calore del letto; 5) tutte le escrezioni infiammatorie sono corrosive e di carattere suppurante. Natrum Muriaticum Febbre intermittente con accessi dalle ore 10 alle 11; il brivido inizia in fondo al dorso e alle estre-mità, accompagnato da sete e da cefalea con lacrimazione. Corizza acquosa, fluente, con lacrima-zione, oppure come bianco d’uovo crudo. Sudore sul naso. Calore con forte cefalea martellante, con sensazione di un chiodo conficcato nei parietali, che inizia con un abbassamento della vista e visione di scotomi luminosi. Grande sete; frequente incoscienza; abbondante sudorazione accompagnata da sete che allevia tutti i disturbi tranne la cefalea. Concomitante e frequente presenza di orticaria e di herpes labiale. Lingua a carta geografica, oppure di un rosso brillante con bolle di saliva sui margini. Tosse provocata da una zona secca in gola o da una sensazione di solletichio, espettorato di muco chiaro. Asma che si aggrava in una stanza calda e chiusa, migliorata generalmente all’aria aperta. Sensibilità dolorosa della colonna vertebrale aggravata camminando e dalla tosse. Herpes sulle labbra, ai bordi dell’ano, sulle braccia, sulle cosce. Phosphorus Sintomatologia: Grande eccitabilità nervosa con timore e apprensione, depressione, apatia, e stato soporoso. Facilità alle emorragie, raucedine fino all’afonia, congestione nasale, tosse secca. Irritazione e sensazione di solletico tracheale. Gengive che sanguinano facilmente. Lingua coperta da patina bianca. Fame di cibo freddo che però viene rimesso. Bruciori allo stomaco con possibili emorragie gastriche, debolezza con tremiti, epato e spleno megalia. Dolori violenti brucianti nella schiena tra le scapole, processi spinosi molto sensibili alla pressione. Il malato non riesce a riposare, a stare seduto o a stare in piedi un attimo. Ematomi spontanei. Timore della solitudine. Soffiando il naso esce sempre un po’ di sangue. Modalità febbrile: la febbre compare in un qualsiasi momento del pomeriggio con brivido in genere tra le 13 e le 18. Il brivido, generalizzato a tutto il corpo, persiste anche se il malato tenta di coprirsi. Anche a letto Phosphorus continua a tremare; intensa è la sensazione di freddo alle ginocchia durante la febbre (in Carbo vegetabilis questa sensazione è perenne). Piedi e mani sono completamente gelati. Sudore madido per tutto il corpo che aumenta con il più piccolo esercizio fisico: caratteristica del sudore è l’odore che ricorda lo zolfo. Nella fase del calore non vi è alcuna particolare sintomatologia da mettere in evidenza se non l’intensa bulimia. Phosphorus ha costante bisogno di mangiare anche durante la febbre. La caratteristica fame di Phosphorus durante la fase iniziale dell’attacco febbrile, insorge la sera mentre il malato sta andando a letto. Tosse secca che peggiora parlando. Peggioramento dei sintomi passando dalla stanza calda all’aria fredda. Sensazione di bruciore con tutti i disturbi e tendenza ad emorragie sono tipici. Tutto peggiora la sera e di notte. Miglioramento con riposo e sonno. Phytolacca Febbre con testa pesante e confusa. Sensazione di avere tutte le ossa rotte, di contusione in tutto il corpo, dolori come da scariche elettriche che cambiano facilmente posto. Bisogno di muoversi benchè il movimento faccia aumentare i dolori. Grande stanchezza, apatia, congestione della testa con cefalea frontale, il dolore è più forte sopra le sopracciglia e si irradia agli occhi. Rinite, congiuntivite con lacrimazione bruciante, dolori ad orecchie e gola come in caso di influenza, ragadi alle labbra. Angina con mucosa di colore rosso scuro, il dolore va dalla gola alla radice della lingua e all’orecchio deglutendo. Impossibilità a deglutire liquidi caldi. Indicazioni: affezioni muscolari, articolari e renali di origine tossicofocale, infezione influenzale, tonsillite subacuta e cronica. Tonsillite con anello rosso scuro infiammato. Pyrogenium Stati febbrili accompagnati da brividi di freddo, irrequietezza ed odore cattivo di tutte le escrezioni. Facies ansiosa, pallida con cerchiature bluastre intorno agli occhi, guance brucianti, narici palpitanti e sudorazione fredda. Sensazione di freddo, cute fredda, livida, secca o coperta da abbondante sudorazione vischiosa di odore cadaverico che non fa diminuire la temperatura febbrile. La sensazione di freddo con febbre in aumento è un sintomo importante. In questa fase infatti ha l’effetto migliore (Pyrogenium ha effetti ed indicazioni simili a Lachesis; quest’ultimo però è più usato con processi privi di febbre). La febbre inizia con un brivido che comincia nella schiena, fra le spalle e poi si generalizza ed è avvertito alle ossa. Grande sete di piccole quantità d’acqua che viene rapidamente vomitata. Sindrome influenzale grave con discrepanza fra polso e temperatura, agitazione, ansia e indolenzimento di tutto il corpo. Il letto sembra troppo duro; indolenzimento e sensazione di contusione delle ossa, il malato deve muoversi costantemente. Lingua rosso fuoco come verniciata. Alito fetido con sapore di pus tossendo. Vomito di ogni cibo e bevanda. Nausea che migliora bevendo molta acqua calda. Dolore al polmone e spalla destra tossendo. Dolori pungenti ai lati del torace aggravati dal movimento, tossendo, inspirando profondamente; alleviati coricandosi sul lato doloroso. Pyrogenium è utile negli stati settici quando i farmaci indicati non agiscono. Indicazioni: processi febbrili settici, influenza grave e polmonite, tifo e paratifo, gastroenterite acuta con tendenza a collasso, febbre puerperale. Rhus Toxicodendron Febbre influenzale con molta irrequietezza fisica, dolori muscolari e articolari migliorati nettamente dal movimento. Il malato ha molta sete e lingua ricoperta da patina giallastra, esclusa la punta che è rossa. Frequente delirio, con stato stuporoso. Reumatismo acuto e subacuto della articolazioni, torcicollo, lombaggine, nevriti e nevralgie, particolarmente sciatica, nevralgie alle braccia, nevralgia intercostale. Congiuntivite, parotite, paronichia, irrequietezza motoria, debilitazione, comparsa di Herpes zoster. Sintomatologia: grande irrequietezza delle articolazioni, dolori ai legamenti, ai tendini, alle inserzioni muscolari. I muscoli sono sede di intensi dolori diffusi con peggioramento dopo esposizione all’umidità o all’inzuppamento. Rigidità del collo e forti dolori alla schiena, particolarmente nella regione lombare. Chemosi della congiuntiva e processi infiammatori delle mucose del canale gastro-intestinale con coliche e diarree sanguinose. Nel S.N.C. si manifestano irritazioni e paralisi a volte accompagnate da delirio. Stati febbrili con disturbi cardiaci. Modalità: tutti i disturbi

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si accompagnano ad irrequietezza eretistica dato che tutto peggiora con riposo e migliora con movimento. Peggioramento con umidità e freddo. Siero di Yersin Il bioterapico Siero di Yersin viene preparato dal siero antipeste descritto nel Codice 1949, p. 741, proveniente dall’Istituto Pasteur. Il siero proviene da animali immunizzati mediante culture del ba-cillo della peste. Il Bacillo di Yersin secerne una esotossina di natura proteica, con la quale si può ottenere un’anatossina mediante addizione del 4% di formolo. Fu Barishac a proporre tale rimedio per la cura delle forme gravi e atipiche dell’influenza. Patogenesi e diagnosi clinica: influenza gra-ve con interessamento polmonare, ipertermia, dispnea con espettorazione densa. Enterite acuta nei bambini piccoli. Influenza con interessamento gastrointestinale. Sindrome meningea d’origine in-fluenzale. Enterocoliti acute. Gastroenteriti estive. Pseudo-tifo, meningite dei lattanti. Encefalite letargica. Bibliografia 1. AA. VV.: Influenza in Enciclopedia Medica Italiana, USES Edizioni Scientifiche, Vol. 7, Firenze 1979. 2. AA. VV.: L’Enciclopedia Medica di tutti, Istituto Geografico De Agostini, Novara 1969. 3. ARANGIO-RUIZ, G., DE FELICI, A., MINUTI, R., ROCCHI, G., ARCHETTI, I.: Boll. Ist. Sieroter. Milano 1971, 51,

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