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L’iniziazione massonica degli indiani d’America nelle tavole di Hugo Pratt

e nella realtà storica dell’America del secondo Settecento

Arlindo J. N. Castanho

Al mio Carissimo Fratello Ivan Gallo, che ha

avuto la bella e generosa idea di regalarmi l’edizione

“speciale” della Favola di Venezia, quando ho

dovuto lasciare Venezia.

Al di là dei soliti discorsi sui vari (discutibili) punti di contatto tra la cosmovisione degli

indiani d’America e quella massonica, ci sono esempi concreti di indiani d’America iniziati nella

Massoneria dai colonizzatori, quasi sempre da militari1. Sono cose che ho imparato, innanzi tutto,

attraverso la lettura di una graphic novel di Hugo Pratt: Wheeling. Il sentiero delle amicizie perdute.

È risaputo che Hugo Pratt era un Fratello, iniziato in una Loggia dell’Obbedienza di Palazzo

Vitelleschi, la ‘Hermes’ all’Oriente di Venezia2 (dove ho avuto anch’io l’onore di essere iniziato,

quasi vent’anni dopo l’ingresso in Loggia di Hugo).

Dalle prime tavole di Wheeling fino all'imprimatur dell’autore per l’edizione completa e

definitiva della saga, il percorso creativo di quest’opera che possiamo e (ne sono convinto)

dobbiamo considerare un’epopea vera e propria – e dal più ampio respiro – si è dimostrato

particolarmente lungo e intricato: Hugo Pratt ne aveva steso una prima parte nel ’62, quando viveva

in Argentina, e, dopo aver pubblicato questa prima puntata su diverse riviste, non se ne occupò più

per molto tempo. Solo nell’80 si decise a prendere di nuovo in mano il progetto, sviluppandolo

significativamente, ma lasciò che si arenasse di nuovo... Comunque, certamente cosciente

dell'importanza che questa sua opera avrebbe potuto assumere come suo “testamento artistico”, la

portò finalmente a termine circa un mese prima del suo “passaggio all'Oriente eterno”, avvenuto il

20 agosto ’95.

In questo capolavoro a cui il grande romanziere-fumettaro ha lavorato per più di trent’anni,

prima di riuscire a concluderlo (come un alchimista che covi per tutta una vita nell’alambicco, con

caparbia meticolosità, il suo amalgama personale per il compimento dell’Opus magnum), a un certo

1 Se non addirittura sempre: ignoro, in effetti, esempi di altra natura.

2 Vedi il contributo di Luigi Danesin − all’epoca Gran Maestro Aggiunto della Gran Loggia d’Italia − nella sezione

finale (pagine non numerate) di PRATT 1997, intitolata “Gli amici veneziani di Hugo Pratt”.

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punto ci troviamo davanti alla scena dell’iniziazione di un indiano al 4° Grado del RSAA, in una

loggia militare britannica (Wheeling, pp. 254-7, qui riprodotte in seguito):

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Le pagine appena riprodotte appartengono alla parte conclusiva di Wheeling. Curiosamente,

il 4° Grado del Rito Scozzese Antico e Accettato – quello di cui viene insignito l’indiano nel

fumetto-romanzo – è stato proprio il grado più alto che Hugo Pratt raggiunse nella sua “carriera”

massonica, comprensibilmente molto rallentata per il fatto che ormai viveva all’estero e che,

dunque, i suoi soggiorni nella natìa Venezia erano diventati sempre più brevi e spaziati. Pratt ha

avuto questo suo ultimo massonico “aumento di paga” in uno raduno latomistico franco-italiano

organizzato proprio a tale scopo, svolto, significativamente, in quel particolare posto di frontiera tra

le due nazioni che è la città di Nizza3 − ed è molto probabile che il nostro autore alluda

discretamente all’Obbedienza italiana cui apparteneva quando, alle pp. 256-7 di Wheeling, si

riferisce a una Gran Loggia d’Irlanda (GLDI) che può essere ugualmente letta come Gran Loggia

d’Italia.

È chiaro che la rappresentazione della cerimonia massonica in questione è in gran parte

scorretta (si pensi, ad esempio, all’uso che vi si fa dei cappucci); ma Hugo adulterava apposta alcuni

elementi che ben conosceva, in modo da non trasmettere ai “profani” quelle conoscenze precise dei

nostri riti che si addicono soltanto agli iniziati: uno stratagemma che, d’altronde, aveva già

adoperato nella Favola di Venezia.

Anche il personaggio iniziato al 4° Grado nelle pagine di Wheeling prima riprodotte, Roland

Montour, è forse più romanzesco che storico: non se ne parla, in effetti, nelle “schede biografiche”

delle pagine finali del volume, dedicate ai principali personaggi realmente esistiti presenti

nell’opera – nonostante si conceda alla famiglia “mezzo-sangue” Montour uno spazio non

indifferente: alcuni dei suoi membri ricopriranno, infatti, un ruolo molto importante nella parte

post-’62 di questo “romanzo disegnato”. Pratt non contempla questo Roland Montour nelle schede

biografiche finali ma lo identifica, a p. 206, come «fratello di Esther Montour»; questa, sì, presente

– anche se en passant – nella scheda biografica dedicata a French Catherine Montour.

Non è solo nelle schede biografiche del finale del volume, o nell’intreccio della graphic

novel propriamente detta, che il ruolo dei Montour è messo in risalto da Pratt: anche in un segmento

importante di quello che possiamo considerare grosso modo come il paratesto, cioè nel breve testo

della p. 145 intitolato “Se gli Ugonotti francesi...”, che separa la parte scritta e disegnata nel ’62 (cui

3 Ricorda Danesin, nel suo contributo citato nella nota precedente: «La sua personalità aveva tanto preso me e gli altri

fratelli, che a seguito di lunghi laboriosi contatti con il Grande Oriente di Francia, paese nel quale Hugo Pratt coi suoi

romanzi disegnati aveva assunto una popolarità che sorpassava di molto quella che aveva in Italia, si convenne di

studiare per quest’ultima iniziazione al 4° Grado una cerimonia particolare. Che si svolse a Nizza. Fatto

eccezionalissimo, presente Jean Mourges, che era Sovrano Gran Commendatore del Gran Collegio dei riti di Francia,

cioè il capo del rito Scozzese d’oltre Alpi, insieme al nostro Sovrano Gran Commendatore, Gran Maestro della Gran

Loggia d’Italia. Eravamo in quaranta fratelli italiani e duecento francesi. (...) Fu una memorabile tornata in Quarto

Grado presso la sede dell’Oriente di Nizza del Grande Oriente di Francia.»

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Pratt aveva apposto, all’ultima vignetta della p. 143, la parola FINE) dalla successiva, Pratt si

riferisce ai Montour in termini che meritano la riproduzione quasi integrale del brano:

Se i Protestanti francesi, gli Ugonotti, non fossero stati massacrati la “Notte di

San Bartolomeo” del 1572 in Francia ma fossero stati inviati a colonizzare il Canada

oggi la storia di quel paese sarebbe diversa.

Comunque qualche protestante francese raggiunse la Nouvelle France oramai

amministrata da cattolici francesi con gli auspici del Cardinale Richelieu e si dedicò al

commercio delle pellice.

Uno di questi fu un certo Couc di “Trois Rivières” che si convertì al

cattolicesimo per convenienza. Più tardi questo Couc venne chiamato anche Montour. I

Montour furono famosi durante la guerra franco-indiana e quella della rivoluzione

americana.

Le donne della famiglia Montour furono abili nel commercio e abbastanza

dotate negli intrighi diplomatici di frontiera. Adottate dalle tribù irochesi dei Seneca e

Cayuga si unirono in matriarcato potente e attivo al servizio della corona inglese contro

gli americani.

Nella seconda parte del lungo romanzo “Wheeling” si parla di French Catherine

Montour e del suo incontro con Criss Kenton, il giovane soldato americano.

Merita un particolare rilievo, nella citazione appena riprodotta, la piena – e giustissima –

consapevolezza prattiana di avere per le mani niente meno che un vero e proprio romanzo.

Indiscutibile, però, è l’esistenza storica e l’appartenenza alla Massoneria del personaggio

che, nell’ultima delle pagine di Wheeling sopra riprodotte, ci viene presentato come uno dei

partecipanti all'iniziazione al 4° Grado di Roland Montour, Joseph Brant – del quale Pratt ci offre

un prezioso ritratto (per di più, molto più “colto” di quanto possa apparire a prima vista):

Wheeling, p. 259 Joseph Brant ritratto da Gilbert Stuart (1786)

(New York State Historical Association)

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Il caso più noto − e il primo in assoluto, che si sappia4 − di un indiano iniziato in una loggia

massonica è, in effetti, quello del capo Mohawk Thayendanegea5, più noto attraverso il suo nome

europeizzato, Joseph Brant (1742-1807)6. Joseph Brant aiutò gli inglesi contro gli indipendentisti

americani, si convertì al cristianesimo – nella fattispecie, alla Chiesa Episcopale Anglicana – e si

imparentò con il “padre” del British Indian Department, Sir William Johnson, grazie al connubio di

una sua sorella con quest’ultimo. Negli ultimi anni della sua vita, ritiratosi nella sua villa signorile e

nei suoi possedimenti terrieri sulla frontiera meridionale del Canada in cui aveva consumato la

maggior parte della sua avventurosa esistenza, Joseph Brant tornò a occuparsi della traduzione dei

testi biblici in lingua Mohawk: già in gioventù, quando lavorava come interprete per un missionario

anglicano, aveva aiutato quest’ultimo nella traduzione in Mohawk del libro di preghiere della

comunità religiosa e del vangelo di Marco7.

Possiamo immaginare che sia stato proprio Sir William Johnson a iniziare nella Massoneria

il suo cognato indiano, anche se ci manca qualsiasi riferimento documentale in proposito.

Comunque sia, tale iniziazione sarebbe avvenuta attorno al 1765, secondo Hugo Pratt (Wheeling,

ed. cit., p. 264)8. I Docc. http 2, 3 e 4 affermano invece che Joseph Brant sarebbe stato fatto

massone abbastanza più tardi, durante il suo primo soggiorno in Inghilterra, nel 1776, e che avrebbe

addirittura ricevuto il grembiule dalle mani di re Giorgio III9.

Durante la stesura della seconda parte di Wheeling, Pratt si recò nel Nord America e visitò la

zona di frontiera tra gli USA e il Canada in cui Brant trascorse la maggior parte della vita: in

compagnia della sua collaboratrice Patrizia Zanotti e del suo editore francese Didier Platteau

4 Secondo KARPOVAGE 2010.

5 Il nome indigeno vorrebbe dire “due bastoni legati insieme”, oppure «Lega Due Bastoni», come si legge in WU MING

2009, p. 173: il che può essere interpretato sia come un segno di forza (Doc. http 4) sia come una doppia scommessa –

forse perché la sua famiglia era stanziale nello stato di New York ma lui era nato, invece, durante una campagna di

caccia nei margini del fiume Ohio (Doc. http 2); o forse perché − secondo i detrattori più maligni − nel suo nome era già

contenuto, in nuce, il destino di doppiogiochista (nomen omen), nel quadro delle sue proficue intermediazioni tra

indiani e inglesi... Un’altra interpretazione, molto più poetica della precedente ma ugualmente a posteriori − non per

questo meno pertinente, comunque, a parer mio −, è quella che si trova in WU MING 2009, p. 173 (con riferimento al

ruolo di interprete, a lungo svolto da Joseph Brant): «Lega Due Bastoni, destinato a unire Mohawk e bianchi. (...) In

fondo che altro fa un interprete se non accoppiare le parole, gli uomini e le cose?». 6 Il futuro capotribù prese il cognome “europeo” di Brant nelle seguenti circostanze, secondo il Doc. http 3:

«Thayendanegea era figlio di un sottocapo dei Mohawk. Dopo la morte di suo padre, la madre, con i figli più giovani

Joseph e Mary (Molly), tornò dai Mohawk di Canjoharie Castle. Il suo secondo marito era un indiano a cui era stato

dato dai bianchi il soprannome di "Brent" (liscio) [?] che si trasformò in Brant e che passò anche al suo figliastro.» 7 Doc. http 2.

8 In MEDAIL 1995 l’evento è (più) retrodatato, non si sa su quali elementi fondanti: «Joseph Brant (...) iniziato da sir

William attorno al 1760». 9 Tra questi documenti on-line vedi, soprattutto (perché più completo), il Doc. http 2. L’iniziazione londinese di Brant −

più tardiva, dunque, di quanto pensassero sia Pratt che Medail − è confermata anche in MCLEOD 1997, che fornisce in

proposito importanti detagli: «Joseph Brant (...) had been initiated in Lodge No 417 on the English Register (Moderns),

which met at “The Falcon”, Princes Street, Leicester Fields, London, in 1776 (...).». Anche il romanzo − ben

documentato, a quanto pare − Manituana, firmato dallo pseudonimo collettivo Wu Ming, ripete essenzialmente la stessa

notizia, in un dialogo tra inglesi, a Londra: «... corre voce che abbiano affiliato il selvatico guerriero [cioè Joseph Brant]

alla Loggia del Falcone» − WU MING 2009, p. 351.

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(direttore delle edizioni Casterman), nell’88 Pratt visita la città che dal capo indiano massone prese

nome, Brantford10

– dove si trovano sia la sua tomba che quella di un suo figlio, ambedue corredate

da evidenti simboli latomistici – e altri luoghi canadesi di fondamentale importanza per

l'ambientazione della sua storia11

.

Si conoscono almeno due episodi del sanguinoso periodo della Guerra d'indipendenza in cui

il proprio senso della fratellanza massonica fece sì che Brant, leale alla Corona britannica, si

adoperasse per far risparmiare la vita ad alcuni prigionieri dell’esercito nemico. Il primo episodio,

nel tempo, è quello che riguarda la resa degli indipendentisti americani dopo la battaglia di Cedars,

nel 1776 – cioè, nello stesso anno in cui Brant era andato in Inghilterra, dove sarebbe stato iniziato

alla Massoneria, come abbiamo già avuto modo di segnalare, e, verosimilmente, dopo il suo ritorno

in patria. Gli indiani che combattevano assieme ai soldati di Sua Maestà si accingevano a legare al

palo il capitano John McKinstry, per poi darlo in pasto alle fiamme, quando il suddetto capitano, di

fronte a Brant, fece il gesto massonico di richiesta di soccorso. Brant non solo salvò il prigioniero

da una morte atroce ma gli garantì anche, in seguito, un trattamento di riguardo.

Dopo la fine delle ostilità, Brant e McKinstry rimasero amici, com’è ovvio, e nel 1805 Brant

ebbe l’opportunità di andare a trovare il fraterno amico americano nella loggia che questi

frequentava, la Hudson Lodge N. 13 di New York, dove ancora oggi si può ammirare un ritratto del

Gradito Ospite.

Il secondo caso ebbe luogo nel 1779, quando i lealisti catturarono due americani, il sergente

Michael Parker e il tenente Thomas Boyd, coinvolti in una razzia che aveva colpito alcuni villaggi

abitati da indiani rimasti fedeli ai britannici. Il tenente Boyd si fece riconoscere da Brant come

massone, e questi mise immediatamente i prigionieri sotto la sua protezione; ma in seguito, essendo

stato costretto ad assentarsi per qualche ora e nonostante le sue disposizioni perché la vita,

l’incolumità e la dignità dei prigionieri venisse rispettata, il colonnello John Butler12

approfittò

dell’assenza di Brant per interrogare i prigionieri, lasciandoli poi nelle mani degli indiani Seneca

comandati da Little Beard − i quali li decapitarono, dopo di averli lungamente seviziati nel modo

più crudele13

.

10

Altri luoghi, sia in America sia in Canada, hanno preso nome dall’illustre capo indiano: è il caso della contea di Brant

(Canada, Ontario) e di Brant, cittadina dello stato di New York. Anche il nome originario di Brant, Thayendanegea, si

trasformò in toponimo e passò a designare, sotto la forma leggermente adattata di Tyendinaga, una città e una riserva

indiana; e, sotto l’apparenza meno riconoscibile di Tyandaga, un sobborgo della città di Burlington, nell’Ontario (vedi

Doc http 4). 11

Alle pagine conclusive dell’edizione consultata di Wheeling, ci sono alcune foto del Nostro nei posti visitati. Se la

didascalia della foto a p. 263 è esente da refusi, Pratt si era già recato in zona nell’82. 12

Del colonnello Butler si parla in Wheeling, alle pp. 207 e (soprattutto) 265. Anche Butler era massone, ma, al

contrario di Brant, era celebre per la sua scarsa umanità. 13

Doc. http 2.

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Si aggiunga, a mo’ di conclusione, che il nostro Fratello indiano Joseph Brant è diventato di

recente il protagonista di un romanzo storico scritto da italiani, in italiano, citato anteriormente, in

nota (e già tradotto in inglese, francese e spagnolo), Manituana, firmato con lo pseudonimo

collettivo Wu Ming (vedi, nella Bibliografia, WU MING 2009).

Fonti documentali

COSULICH 1995: Oscar ~, “L’ultimo viaggio di Pratt”, «L'Espresso» 26/11/95, pp. 138-42.

GUASCO 1999: Delia ~ (a cura di), Una storia degli Indiani del Nord America, Colognola ai

Colli (VR), Demetra.

JACQUIN 1984: Philippe ~, Storia degli indiani d’America, Milano, Mondadori (“Oscar

storia”).

KARPOVAGE 2010: Michael ~, “Betrayed by a Mason? The Tragic Mission of Lieutenant

Thomas Boyd”, «The Plumbline: A Quarterly Bulletin of the Scottish Rite Research Society», Fall

2010, Volume 17, No. 3. Consultabile alla URL

http://www.militaryhistoryonline.com/revolutionarywar/articles/betrayedbyamason.aspx

MCLEOD 1997: Wallace E. ~, “Freemasonry in the Evolution of Democracy in Canada”, in

Allen E. Roberts/W. E. McLeod, Freemasonry & Democracy: Its Evolution in North America,

Aylett (Virginia), Anchor Communications. Il saggio di McLeod è anche disponibile on-line:

http://www.masonicworld.com/education/files/freemasonryincandademocracy.htm

MEDAIL 1995: Cesare ~, “Ecco l’ultima scoperta di Hugo Pratt: gli indiani massoni”,

«Corriere della sera», 24/11/95, p. 33.

PRATT 1995: Hugo ~, Wheeling. Il sentiero delle amicizie perdute, Roma, Lizard edizioni.

PRATT 1997: Hugo ~, Favola di Venezia, Roma, Lizard edizioni: non l’edizione normale, di

126 pp., ma quella stampata, nella stessa data, esclusivamente per i membri della Gran Loggia

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d’Italia degli Antichi Liberi e Accettati Muratori, Piazza del Gesù − Palazzo Vitelleschi. Tale

edizione speciale è corredata, dopo le 126 pp. che ha in comune con l’edizione standard, di una

sezione di scritti commemorativi, firmata collettivamente da “Gli amici veneziani di Hugo Pratt”.

WU MING 2009: ~, Manituana, Torino, Einaudi (“Stile Libero big”). 1.a edizione in assoluto,

Einaudi 2007.

Doc. http 1:

http://trasquadraecompasso.blogspot.com/2011/03/joseph-brant-il-primo-pellerossa.html

Doc. http 2:

George L. Marshall, Jr., “Chief Joseph Brant: Mohawk, Loyalist, and Freemason”:

http://www.earlyamerica.com/review/1998/brant.html

Doc. http 3:

http://www.indianiamericani.it/indiani_famosi/biografia.go/25/joseph-brant.html

Doc. http 4:

http://it.wikipedia.org/wiki/Joseph_Brant

Doc. http 5:

Fr... Dennis V. Chornenky, “La Massoneria e le Tradizioni degli Indiani d'America”:

http://www.tradizioneiniziatica.org/la_massoneria_e_le_tradizioni_degli_indiani_d%27amer

ica.htm14

– che è, poi, la traduzione italiana del Doc. http 6.

Doc. http 6:

14

È questo l’unico sito in cui l’autore dell'articolo in questione viene nominato dal traduttore (Giovanni Lombardo),

come di dovere; negli altri casi a me noti della traduzione italiana di questo intervento – o piuttosto di

un’appropriazione indebita, sia del testo sia della versione italiana di Lombardo –, gli autori dello “scippo” non si

vergognano minimamente di presentare il documento come “farina del loro sacco”... È quanto succede sia nel caso di

una certa “Rebecca”/“Pif”, in http://pif64rebecca.wordpress.com/2009/11/04/la-massoneria-e-le-tradizioni-degli-indiani

d%E2%80%99america/, sia in quello del sito anonimo

http://www.massoneria.oriente.civitanovamarche.org/tavole/2008/LA_MASSONERIA_E_LA_TRADIZIONE_DEGLI

_INDIANI_D_AMERICA.pdf.

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W... Bro.

.. [Worshipful Brother] Dennis V. Chornenky, “Freemasonry and Native American

Traditions” (prima presentato all’Annual California Masonic Symposium, San Diego, CA, USA, nel

2004), consultabile e scaricabile attraverso la URL

http://www.freemasons-freemasonry.com/dennisfr.html.