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Leonardo Benevolo Indagine su Santo Spirito di Brunelleschi Saggi introduttivi di Benno Albrecht e Cristiano Tessari Guaraldi | Engramma Guaraldi

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Leonardo Benevolo

Indagine su Santo Spirito di Brunelleschi

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ISBN 978-88-6927-009-3euro 14,90

Leonardo Benevolo (nato nel 1923), ha insegnato presso le Università di Palermo, Roma, Firenze e Venezia, e presso le Università di Yale, Colum-bia, Caracas, Teheran, Rio de Janerio, Tokyo, Mendrisio. Considerato uno dei protagonisti della cultura architettonica italiana e internazionale, dalla seconda metà degli anni ’40 è ininterrottamente impegnato nei campi dell’architettura, dell’urbanistica, della storia e della cri-tica dell’architettura.Non alieno da prese di posizione problematiche – come ad esempio la ripetutamente manifestata insofferenza verso le metodologie critiche espresse dalla storiografia artistica – privilegia l’attenzione verso gli aspetto fenomeni-ci delle vicende esaminate e quelli più disciplinarmente connessi alle modalità tecnico-culturali di cui, di volta in volta, l’episodio considerato viene assun-to per le sue valenze paradigmatiche. Fra gli oltre 450 studi pubblicati, la Sto-ria dell’architettura moderna (1960), Le origini dell’urbanistica moderna (1963) e la Storia dell’architettura del Rinascimento (1968), più volte ri-edite in versioni aggiornate. Le sue opere principali sono state tradotte in francese, inglese, tedesco, spagnolo, portoghese, svedese, ungherese, po-lacco, greco, turco, arabo, cinese e giapponese.

Una capillare indagine su un’opera di Filippo Brunelleschi, condotta da Leonardo Benevolo ol-tre 45 anni fa: oggetto dello studio è il Santo Spi-rito di Firenze, che nel XVI secolo, pur essendo l’opera già mutila e sfigurata non meno di quanto lo sia ora – così percepita o meno dal visitato-re contemporaneo – appariva a Giorgio Vasari come “il più perfetto tempio di cristianità”. Basa-ta su un esame scrupoloso dell’edificio, l’analisi rappresenta un’esemplare esposizione metodolo-gica di cui il disegno architettonico e le relazioni metrico-decimali, derivate dalla conversione delle originarie misure in braccia fiorentine, costituisco-no gli strumenti primari: disegno, declinato nelle varianti ortogonale, prospettica, analitica e sche-matica; misurazioni, calibrate in funzione delle verifiche progressivamente effettuate. ‘Riproget-tare’ quanto gli accidenti del fabbricare hanno comportato in sede esecutiva costituisce il moven-te del tutto consapevole e il postulato necessario dell’architetto che intenda dare un contributo alla storia della sua disciplina. Il saggio del 1968 di Benevolo su Santo Spirito si ripropone come una lezione magistrale: a insegnare che studiare ar-chitettura consiste nel ripercorrere, fase per fase, misura per misura, i passi dei maestri del passato; a ricordare che progettare architettura significa, prima di tutto, ritornare ostinatamente al disegno come strumento conoscitivo del passato e come strumento operativo del presente.

Leonardo BenevoloIndagine su Santo Spirito di Brunelleschi

Benno Albrecht è docente di progettazione architettonica presso l’Univer-sità Iuav di Venezia e si dedica a ricerca sull’architettura per la sostenibilità. Ha vinto premi e concorsi di progettazione e ha tenuto diverse lezioni, con-ferenze, seminari, workshop in università e istituzioni internazionali. Assieme a Leonardo Benevolo ha realizzato diversi progetti ed è coautore di: I confini del paesaggio umano (1994); Le origini dell’architettura (2002).Cristiano Tessari è stato assistente alla didattica di Manfredo Tafuri, quin-di docente presso lo Iuav di Venezia, e poi presso l’Università di Catania. Dal 2004 insegna Storia dell’architettura presso l’Università di Udine. Ha pubblicato studi su: Baldassarre Peruzzi, Andrea Palladio; il nuovo San Pietro a Roma; la bottega dei Lombardo a Venezia tra ‘400 e ‘500; sulla ricezione dell’antico nell’architettura spagnola del XVI secolo.

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Comitato scientifico:Benno Albrecht, Aldo Aymonino, Marco Biraghi, Francesco M. Cataluccio, Monica Centanni, Maria Grazia Ciani, Alberto Ferlenga

Progetto grafico: Silvia Galasso e Jacopo GalliImpaginazione ed editing: Silvia GalassoCoordinamento redazionale: Alice MetuliniCopertina: Olivia Sara Carli

Con il contributo di Centro studi classicA | Università Iuav di Venezia

© 2015 by Guaraldi s.r.l.Sede legale e redazione: via Novella 15, 47922 RiminiTel. 0541 742974/742497 - Fax 0541 742305www.guaraldi.it - www.guaraldilab.com [email protected] - [email protected]

ISBN carta 978-88-6927-009-3ISBN pdf 978-88-6927-071-0

L’Editore dichiara di avere posto in essere le dovute attività di ricerca delle titolarità dei diritti sui contenuti qui pubblicati e di avere impiegato ogni ragionevole sforzo per tale finalità, come richiesto dalla prassi editoriale e dalla normativa di settore.

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Leonardo Benevolo

Indagine su Santo Spirito di BrunelleschiRestituzioni grafiche diStefano Chieffi e Giulio Mezzetti

Saggi introduttivi di Benno Albrecht e Cristiano Tessari

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La prima edizione di questo saggio è stata pubblicata nel dicembre 1968 in "Quaderni dell'Istituto di Storia dell'Architettura", Roma, Tipografia Centenari.

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Sommario

Leonardo Benevolo e il guardare gli edifici del passato da dentro viiBenno Albrecht

La problematica ricezione storiografica della filologia di Benevolo xiCristiano Tessari

Indagine su Santo Spirito di Brunelleschi 1Leonardo Benevolo

Premessa 3I. L’individuazione del sistema di quotazione 5II. La costruzione modulare 17III. Le singolarità planimetriche 39IV. Le rifiniture esterne e il problema della copertura 59V. Le vicende della costruzione 71VI. Appendice 83

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Presentiamo la nuova edizione di un lungo saggio, Indagine sul Santo Spirito di Brunelleschi, che Leonardo Benevolo scrisse con la collaborazione di Stefa-no Chieffi e Giulio Mezzetti per i rilievi e la restituzione grafica degli stessi. Il saggio fu pubblicato la prima volta nei “Quaderni dell’Istituto di Storia dell’Architettura”, s. XV, fascicoli 85-90, pp. 1-52, e stampato dalla Tipogra-fia Centenari nel dicembre del 1968 a Roma.

Leonardo Benevolo mi ha spesso confidato che questo è uno scritto che ha sempre considerato molto importante all’interno del suo vastissimo percorso intellettuale. È uno studio che mostra con chiarezza l’atteggiamento di Bene-volo nei confronti del progetto e della storia dell’architettura. È un testo che nelle nostre quotidiane discussioni ha sempre usato come esempio. È uno scritto che è stato tanto importante per lui quanto poco noto ai più, e questa è la ragione che ci ha spinto a riportarlo all’attenzione pubblica.

Il senso e il significato dell’opera di Filippo Brunelleschi secondo Benevolo, non stanno in questo testo ma bisogna ricercarli nelle pagine della Storia dell’Archi-tettura del Rinascimento, libro pubblicato per Laterza la prima volta proprio nello stesso anno, il 1968. Il Santo Spirito, come lo descrive Vasari nell’edizione Giuntina, risulta “il più perfetto tempio di cristianità, così come, per quanto egli è, è il più vago e meglio spartito di qualunque altro”, ed è l’efficace banco di prova per dimostrare che tutto il sistema delle scelte metriche di Brunelleschi forma un sistema unitario di progetto. L’indagine sul Santo Spirito è il manife-sto operativo di un atteggiamento generale che definisce la struttura profonda di tutta l’opera di Benevolo, come insegnante, storico, architetto, pensatore civico e urbanista. Questo testo mostra che una rigorosa condotta di analisi è alla base del successo degli scritti di Benevolo (ricordiamo che si tratta di 452 pubblicazioni e che i suoi libri sono stati tradotti in tredici lingue).

Quest’approccio all’analisi si ripercuote allo stesso modo anche nei progetti, nei piani urbanistici, e nella militanza civica che ha contraddistinto la sua

Leonardo Benevolo e il guardare gli edifici del passato da dentro

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carriera. Un percorso intellettuale dove domina il pensiero che il lavoro in ar-chitettura consiste principalmente nell’avere cura del bene comune, cosa che è possibile solo attraverso la profonda comprensione tecnica della progettazione e nell’affermare sempre la superiorità del valore civico sulla realizzazione ar-tistica personale.

Per chiarire il senso completo dell’operazione compiuta da Benevolo con tale rigore e meticolosità in questo studio, e che si riverbera in tutta la sua opera, è meglio riferirsi alle sue stesse parole usate, anni prima, durante la presenta-zione di un suo corso di Storia dell’Architettura all’Università La Sapienza di Roma. Il corso era rivolto a studenti del primo anno e per questo la consueta chiarezza di Benevolo, ancor molto giovane, era preziosa. Bisogna, dice Be-nevolo ai suoi studenti “cercare di guardare gli edifici del passato da dentro – per così dire – anziché da fuori; e di utilizzare per la storia dell’architettura gli stessi ragionamenti che fate quando lavorate intorno ai vostri progetti”1. È necessario allora comprendere attraverso il disegno le dinamiche progettuali e le strategie di costruzione dell’opera. Infatti:

La storia dell’architettura in ordine alla professione dell’architetto, produce subito una conseguenza pratica sui mezzi di studio. Infatti il mezzo di espres-sione dell’architetto è il disegno, oltre che la parola; non potremo quindi ac-contentarci di studiare e descrivere a parole le architetture del passato, ma occorrerà disegnarle, e imparare a usare il disegno come strumento di analisi dei valori architettonici2.

I disegni dettagliati del rilievo del Santo Spirito sono un’ottima conferma di tale modo di procedere. Equivalgono ai disegni contenuti nell’Architettura del Rinascimento, a detta di Benevolo il suo libro più impegnativo, dove una sterminata quantità di dati è stata filtrata e messa a sistema. Sono i disegni dei resti di Tenochtitlán e della città coloniale che sta sotto l’attuale Città del Mexico, dello schema del territorio urbanizzato intorno a Parigi alla metà del secolo XVIII, che equivalgono concettualmente all’operazione analitica minuta impostata sul rilievo del Santo Spirito. È lo stesso spirito che guida la rilettura del mosaico di progetti a grande scala, disegnati personalmente a matita, che illustrano la cattura dell’infinito3. La stessa cosa si potrebbe dire per i ‘confronti di scala’, strumento di comprensione usato in ogni piano e

1 L. Benevolo, Corso dell’Architettura I – a.a. 1958-1959, Università La Sapienza di Roma, Facoltà di Architettura, Roma, 1959, p. 1.2 L. Benevolo, Corso dell’Architettura I – a.a. 1958-1959, Università La Sapienza di Roma, Facoltà di Architettura, Roma, 1959, p. 1.3 L. Benevolo, La cattura dell’infinito, Roma-Bari 1991.

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progetto che ha redatto, sempre appoggiandosi ai disegni dell’amato Robert Auzelle4. È l’atteggiamento che ha permesso la redazione dei famosi schemi della Conca d’Oro, elaborati per il Piano di Palermo, o della città Bipolare, copertina concettuale del Piano di Venezia5.

Ciò che interessa a Benevolo è la comprensione dei “modi in cui gli uo-mini hanno affrontato il processo della progettazione architettonica”6. L’analisi storica è strumento efficace di comprensione di quanto oggi vediamo ma anche del modo in cui il presente è stato costruito. Perché:

La storia dell’architettura è, in un certo senso, il rovescio della composizione architettonica. Nella composizione, infatti, si parte da certe condizioni prefis-sate, e si arriva a definire l’edificio; nella storia, si parte dall’edificio finito, e si cerca di mettere in luce le condizioni di partenza, percorrendo a ritroso la strada della progettazione7.

I manufatti fisici architettati dall’uomo devono poter essere capiti per poter essere conservati e per poter offrire all’oggi prospettive future che facciano tesoro delle esperienze del passato. Infatti:

Se si tien fermo il senso di questa reciprocità, tutta l’esperienza compiuta dagli architetti del passato può essere messa a frutto, in certo senso, per l’architettu-ra presente, e si stabilisce quella collaborazione permanente, nel tempo, che è indicata dalla parola ‘tradizione’, ed è la condizione preliminare per la conti-nuità e la vita stessa dell’architettura8.

La riflessione sul ‘processo della progettazione’ è uno stimolo confortante, una costante preziosa della migliore cultura architettonica italiana, un insegna-mento da custodire come bene comune. È una palestra civica, di conoscenza e mentale, destinata anzitutto alla progettazione di quel che occorre mettere

4 R. Auzelle, I. Jankovic, L’encyclopédie de l’urbanisme : Ouvrage international pour l’enseignement et la pratique de l’aménagement du territoire, de l’urbanisme et de l’architecture, Paris 1954-1963.5 Il Piano del Centro Storico di Palermo fu pubblicato in un voluminoso cofanetto: PPE Centro Stori-co, Piano Particolareggiato esecutivo, a cura del Comune di Palermo, Assessorato all’Urbanistica e Centro Storico, Cesena, Società Litografica S.I.L.A. Si veda anche “Domus” (maggio 1990), n. 716, , pp. 21-32. L. Benevolo, Venezia: il nuovo piano urbanistico, Roma-Bari 1996.6 L. Benevolo, Corso dell’Architettura I - a.a. 1958-1959, Università La Sapienza di Roma, Facoltà di Architettura, Roma 1959, p. 1.7 L. Benevolo, Corso dell’Architettura I - a.a. 1958-1959, Università La Sapienza di Roma, Facoltà di Architettura, Roma 1959, p. 2.8 L. Benevolo, Corso dell’Architettura I - a.a. 1958-1959, Università La Sapienza di Roma, Facoltà di Architettura, Roma 1959, p. 2.

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in campo nel prossimo futuro, ma che è utilizzabile per revisionare a lunga scadenza il resoconto del passato. L’indagine su Santo Spirito è l’applicazione pratica e sistematica di questi principi.

Anni dopo Benevolo cercherà di riprendere questi argomenti in termini più generali che sintetizzano la sua manovra culturale complessiva:

In definitiva, si tratta di ricollocare l’architettura fra le componenti della vita quotidiana, come una tecnica per destreggiarsi fra le limitazioni di spazio e di tempo, pienamente confrontabile con tutte le altre e già contenente al suo interno il motivo di una responsabilità fuori dal normale: la lunga durata dei suoi manufatti, con la molteplicità delle relazioni che ne conseguono. Questo passaggio richiederebbe un abbassamento di tono e uno scrupolo analitico, che invece mancano sempre più9.

Ancora oggi riscontriamo la mancanza di quella virtus – responsabilità, fruga-lità, parsimonia – e la scomparsa di quel basso profilo e della validità del rigore analitico, quando cerchiamo di tradurre i termini ‘responsabilità’ e ‘lunga du-rata’ nella formula di grande successo della ‘sostenibilità’.

Per questo l’indagine sul Santo Spirito è una valida esortazione disciplinare e civica per le nuove generazioni di studiosi.

9 L. Benevolo, Un intervento nel dibattito sulla critica d’architettura, “Casabella” (marzo 1988), n. 544, p. 53.

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La contemporanea pubblicazione, alla fine del 1968, dei due tomi della Storia dell’architettura del Rinascimento e del saggio Indagini sul Santo Spirito di Brunelleschi, riflette la determinazione di Leonardo Benevolo – in quest’ulti-mo affiancato da Stefano Chieffi e Giulio Mezzetti per i rilievi dell’edificio – a considerare la produzione architettonica dell’età convenzionalmente definita ‘moderna’ proponendo simultaneamente scelte di scala fra loro opposte e di-stinte nelle modalità di approccio metodologico. L’una, volta a definire ambiti tematici nei quali effettuare sondaggi caratterizzati dal ricorso a più storie – economica, politica, tecnica, disciplinare – dall’inizio del XV secolo alla metà del XVIII, che privilegiando il ruolo fenomenico delle personalità artistiche, mitiga il valore delle poetiche espresse dalle loro opere architettoniche; l’altra, tesa a “un’interpretazione realistica” di una di esse mediante un esame del costruito nelle sue materialità e misure per far emergere il “meccanismo” che avrebbe consentito all’artefice “di dedurre tutto l’organismo” (p. 3 e p. 17). E risulta sintomatico dello stretto legame istituito fra tali contributi, che nell’introduzione alla Storia Benevolo richiami le “verifiche filologiche (con-trariamente alle regole, per cui i libri di argomento generale utilizzano le infor-mazioni raccolte negli studi particolari)” eseguite sull’opera brunelleschiana per “far vedere la necessità di procedere su questa strada”, successivamente precisate nel riferimento bibliografico alle Indagini in una nota al testo1.

È proprio questa relazione, tuttavia, a essere elusa – forse strumentalmente – nella recensione pubblicata da Bruno Zevi su “L’Espresso”, che alla positi-va valutazione dello “spicco conferito al panorama urbanistico” contrappone le pecche costituite dall’aver riservato un “sottocapitolo monografico” solo a Brunelleschi e Alberti, mentre “tutti gli altri sono forzati entro fenomeni col-lettivi”: critica che nel condividere l’applicazione del criterio benevoliano dei “colpi di scandaglio” agli ambiti urbani, non ne riconosce l’impiego esemplato

1 L. Benevolo, Storia dell’architettura del Rinascimento, Bari 1968, pp. 11 e 77, n. 59.

La problematica ricezione storiografica della filologia di Benevolo

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nel caso brunelleschiano, per accentuare la stigmatizzazione della “diffiden-za per la critica d’arte [dell’autore che] non perde occasione per ribadirla2”. E nel far prevalere l’istanza polemica, tale valutazione zeviana non sembra voler contemplare né la tensione progettuale che la Storia di Benevolo sot-tende, né la specificità disciplinare del mezzo da questi indicato per condurre gli approfondimenti ritenuti imprescindibili, né le ragioni della sua presa di distanza – più che “diffidenza” – dai “metodi della storia dell’arte [che] coin-cidono con la struttura delle esperienze da studiare, e [gli] appaiono perciò cosi piani e persuasivi3”. Un motivo, quest’ultimo, che consente di ravvisare nel confronto fra i due studiosi il rinnovarsi del dibattito prebellico fra Adolfo Venturi – (1856-1941) promotore della prima scuola italiana di Storia dell’Ar-te, paradigma di cui difende il primato – e Gustavo Giovannoni – (1873-1947) sostenitore della scientificità propria dell’atteggiamento positivista nella lettura dei fenomeni architettonici – efficacemente sintetizzato da Zevi in un editoriale nel 19574: in mutate condizioni storiche nonché di schieramento politico e aggiornamento culturale dei rispettivi protagonisti rispetto ai loro predecessori, risulta infatti analoga la contrapposizione – cronologicamente differita – alle chiavi di lettura postulate da Zevi in Saper vedere l’architettura (1948) e nella Storia dell’architettura moderna (1950) che Benevolo esprime nell’Introduzione all’architettura e nella Storia dell’architettura moderna, edite nel 1960.

E quanto l’impegno disciplinare militante risulti comune all’elaborazione sto-riografica di entrambi viene avvertito da Manfredo Tafuri che in Teorie e storia dell’architettura – analizzando i modi della “critica come progetto” da una posizione a essa antitetica e non incline alla mediazione – nello stesso 1968 sottolinea come nei loro contributi si affrontino in realtà “due modi diversi di rendere ‘operante’ il passato”; e indica nell’essere “priva di giudizi definitivi” e connotata da valutazioni critiche calate “nell’esposizione e nel ‘montaggio’ dei fatti”, la caratteristica principale della Storia moderna benevoliana5. Nella par-te iniziale del libro, inoltre, Tafuri – con una scelta strategica che il coincidere

2 B. Zevi, Benevolo sul Rinascimento - Chiuso il ciclo del grand siècle, “L’Espresso” (12 gennaio 1969), ora in Id., Cronache di architettura, vol. VII, Bari 1970, pp. 221-223. Si consideri inoltre che Zevi aveva redatto nel 1939 e “rielaborato” nel 1947 un “libro su Brunelleschi” rimasto inedito: Id., Zevi su Zevi, Milano 1977, p. 38; su tale contributo si veda R. Dulio, Introduzione a Bruno Zevi, Bari 2008, pp. 10-12. 3 L. Benevolo, Storia dell’architettura del Rinascimento, cit., p. 7.4 B. Zevi, Adolfo Venturi e la moderna storiografia architettonica, “L’architettura: cronache e storia” (febbraio 1957), n. 16, ora in Id., Editoriali di architettura, Torino 1979, pp. 97-101. 5 M. Tafuri, Teorie e storia dell’architettura, Bari 1968, cap. IV, in particolare le pp. 181-182: “In fondo – sintetizza – entrambi piegano la storia a dimostrare la validità di scelte, per il futuro dell’architettura, fatte a priori”.

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delle uscite editoriali rende indipendente ma simile a quella contemporanea di Benevolo, sebbene attuata mediante opposto procedimento – individua in Brunelleschi il “protagonista della prima ‘avanguardia’ artistica in senso mo-derno”, in quello che costituisce un “prologo in cielo” di quanto elaborato per la voce Rinascimento nel V volume del Dizionario Enciclopedico di Architettura e Urbanistica, nel 1969, il cui testo isolato viene pubblicato pochi mesi dopo come L’architettura dell’Umanesimo ed è il primo ad accogliere gli esiti delle Indagini sul Santo Spirito6. Certo la condivisione di quanto dimostrato da Benevolo – nonostante alcuni richiami bibliografici alla Storia dell’architettura del Rinascimento – non si estende a quella dell’impianto critico di cui la sua “notevole analisi” viene proposta come momento di verifica filologica: quale riconoscimento di specifico valore metodologico in sede di ricezione storio-grafica, resta tuttavia per alcuni anni un’eccezione7.

Significativa, al proposito, appare la riscontrata esclusione di questo contri-buto di Benevolo sia dalla discussione fra specialisti nel convegno svoltosi in occasione della ricorrenza del VI centenario dalla nascita del maestro fiorenti-no nel 1977, sia dalle rassegne dedicate agli studi brunelleschiani da Corrado Bozzoni e Giovanni Carbonara nei relativi atti pubblicati nel 1980, malgra-do la sua segnalazione negli aggiornamenti bibliografici del Brunelleschi di Giulio C. Argan (Milano 1955) – riedito nel 1978 – nonché il citato uso di grafici in esso contenuti nel Filippo Brunelleschi di Eugenio Battisti del 19768. Un’assenza, questa, verosimilmente dovuta all’esordio del saggio benevoliano in merito al “rettificare una serie di giudizi critici antichi e recenti” (p. 3) – fra cui sono indicati quelli di Salmi, Sanpaolesi e Luporini, a vario titolo coinvolti nell’iniziativa – ma anche all’esercizio di censure programmatiche verso un apporto capace di mostrare l’incongruenza di interpretazioni – come quella di Franco Borsi per attribuire a Filippo il tamponamento esterno delle cap-pelle estradossate di Santo Spirito – basate su una presunta “logica storica”, di far risultare strumentalmente equivoche sia la solitaria citazione bibliografica di Cesare Calano che quella onomastica di Howard Saalman, e di contenere l’autoreferenzialità, ricorrente nelle occasioni celebrative, di appunti allusivi o

6 M. Tafuri, Teorie e storia dell’architettura, cit., p. 20; la definizione “prologo in cielo” è citata da Tafuri nelle Avvertenze alla quarta edizione del medesimo libro per indicare il legame fra questo e Id., Progetto e utopia, Bari 1973. 7 Cfr. la voce del Dizionario citata, in partic. alle pp. 173-175; e nell’edizione in volume, Bari 1969, p. 362, nota 6, (in esso, la copertina presenta un’immagine costituita dal dettaglio di un grafico planimetrico che sembra derivata da disegni elaborati nelle Indagini benevoliane). 8 Aa. Vv., Filippo Brunelleschi. La sua opera e il suo tempo, Atti del convegno (Firenze, 16-22 ottobre 1977), Firenze 1980, 2 tomi: cfr. per le rassegne citate, tomo II alle pp. 951-59 e 961-71; E. Battisti, Filippo Brunelleschi, Milano 1976, pp. 197, f. 202 ss.

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inviti tanto generici quanto scontati – come nei contributi di Battisti e Paolo Brandinelli – a moltiplicare l’impiego di tecniche documentarie e analitiche quali il rilievo scientifico o la fotografia nello studio degli edifici9.

Un ulteriore motivo per l’elusione del confronto con il saggio di Benevolo in questa circostanza – forse il medesimo delle modalità sottotono nelle quali, quando accade, viene in seguito citato – emerge chiaramente nella misura di relazione che in esso stabilisce con il fortunato libro dedicato da Rudolf Wittkower ai Principî architettonici nell’età dell’Umanesimo10: di cui accoglie storiograficamente il tema teorico della “diffusa conoscenza della progressione pitagorica” e dell’importanza attribuita a tale riferimento nell’età moderna, ricorrendo a quanto da questi “ricostruito [de] l’evoluzione del problema” (pp. 36-37); ma non adottando simultaneamente l’automatismo pratico con il quale egli illustra/presenta le proprie acquisizioni/interpretazioni, fonte in-volontaria di tanto inesauribili quanto grossolane volgarizzazioni su cui è cari-tatevole – almeno in questa occasione – tacere.

Il disegno è infatti per Benevolo strumento imprescindibile di una filologia architettonica, nel cui uso quello che viene prodotto per documentare è net-tamente distinto dagli esiti di una consapevole “riprogettazione” che ritiene necessaria per chiarire – a se stesso e al lettore – le ipotesi di volta in volta scaturite dall’analisi. Vi è più di una ragione, dunque, per affiancarlo – nuova-mente o per la prima volta – in questa Indagine.

9 Si veda ibid., nell’ordine: Borsi, tomo II, p. 547; Calano, tomo II, pp. 443-45; Saalman, tomo II, p. 472; Battisti, tomo I, p. 188, note 1 e 9; Brandinelli, tomo II, p. 551.10 R. Wittkower, Architectural Principles in the Age of Humanism, London 1949, trad. it. in base all’edizione del 1962, Torino 1964.

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Premessa

Questo studio sulla chiesa di Santo Spirito è il consuntivo di un certo numero di rilievi e di osservazioni dirette compiute nel 1966; l’esplorazione del mo-numento, svolta in forma privata e con mezzi di fortuna, è stata tutt’altro che completa, ma è bastata a rettificare una serie di giudizi critici antichi e recenti1 e a gettare nuova luce su alcuni aspetti generali dell’architettura brunelleschia-na. Risultati più completi, ma non dissimili da questi, potranno essere desunti da un rilievo sistematico dell’edificio, condotto con mezzi adeguati e con le necessarie autorizzazioni. Solo un’esatta conoscenza dello stato di fatto, e delle anomalie che documentano la vicenda della progettazione e dell’esecuzione, può consentire – insieme ai documenti già noti – un’interpretazione realistica di quest’opera capitale.

Durante il lavoro si sono differenziati cinque ordini di problemi che sono strettamente interdipendenti, ma che per comodità espositiva e grafica convie-ne tenere separati, avviandoli poi ad una sintesi conclusiva:

I. L’individuazione del sistema di quotazione

II. La costruzione modulare

III. Le singolarità planimetriche

IV. Le rifiniture esterne e il problema della copertura delle nicchie

V. Le vicende della costruzione

1 C. Botto, L’edificazione della Chiesa di Santo Spirito in Firenze, “Rivista d’arte” (1931), pp. 477 ss., (1932), pp. 51 ss.; M. Salmi, Note sulla Chiesa di Santo Spirito in Firenze. Atti del I Congresso Nazionale di Storia della Architettura, 29-31 ottobre 1936, Firenze 1938, pp. 159 ss.; R. Sanpaolesi, Brunelleschi, Milano 1962, pp. 64 ss., 77 ss.; E. Luporini, Brunelleschi, forma e ragione, Milano 1964, i capitoli su: Santo Spirito, Cronologia, Capitelli.

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Page 19: Indagine su Santo Spirito di Brunelleschi · gica di cui il disegno architettonico e ... Indagine su Santo Spirito di Brunelleschi 1 Leonardo Benevolo ... zione di un suo corso di

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I | L’individuazione del sistema di quotazione

Le misure fondamentali, necessarie a impostare la ricerca sulla costruzione modulare, sono state accuratamente controllate sul posto. Dai dati confron-tabili è stato desunto, quando opportuno, il valore medio, riportando invece inalterate le misure discordanti che non possono essere spiegate in base al normale margine di errore che si accompagna all’esecuzione e alla lettura. Del rilievo del Geymüller – l’unico finora utilizzato dagli studiosi – è stata usata parzialmente solo la tavola dei particolari2; le misure tratte da essa sono contrassegnate con la lettera G. Ma la costruzione modulare di Santo Spirito – come degli altri edifici brunelleschiani – diventa evidente solo passando dalle misure moderne in metri alle misure antiche in braccia, soldi o denari: essa, infatti, è una razionalizzazione del sistema tradizionale di quotatura, non una costruzione matematica sovrapposta alle operazioni di cantiere.

Si tocca qui uno dei problemi centrali dell’architettura brunelleschiana: le innovazioni morfologiche introdotte dal maestro hanno lo scopo di fornire precisi punti di riferimento al sistema delle quote; queste diventano così – da strumenti discontinui e occasionali di controllo del processo costruttivo – par-te di un sistema geometrico continuo che prescrive in anticipo la posizione di tutti gli elementi strutturali. Diventa così possibile isolare una serie di de-cisioni iniziali che riguardano la dislocazione spaziale degli elementi, prima della loro consistenza fisica e che sono la parte essenziale della ‘progettazione’. Nel caso di un manufatto edilizio, dove intervengono diverse lavorazioni cia-scuna con una sua scala di misure e con un suo specifico margine di tolleranza, il compito del progettista è di mediare queste diverse scale, considerandole appartenenti a un’unica gamma infinita di grandezze spaziali. Perciò negli organismi brunelleschiani i moduli sono più d’uno, in quanto corrispondono alle misure di raccordo fra le differenti scale di grandezza proprie delle diverse lavorazioni.

2 H. von Geymüller, Architektur der Renaissance in Toscana, Brunelleschi, München 1892, vol. I, tav. 19.

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