Incontro Giugno 2012

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Per una Chiesa Viva www.chiesaravello.it www.ravelloinfesta.it Anno VIII - N. 5 – Giugno 2012 “La Pentecoste è la festa dell’unione, della comprensione e della comunione umana” e si contrappone a Babele, dove l’uomo vuole fare a meno di Dio, diven- tando sempre meno capace di amare e, dunque, sempre meno uomo: è questo, in sintesi, quanto ha detto il Papa Bene- detto XVI nell’ Omelia della Messa da lui presieduta nella Basilica Vaticana nella Dome- nica di Pentecoste, che qui di seguito pubblichiamo. “ Que- sto mistero costituisce il bat- tesimo della Chiesa, è un evento che le ha dato, per così dire, la forma iniziale e la spinta per la sua missione. E questa «forma» e questa «spinta» sono sempre valide, sempre attuali, e si rinnovano in modo particolare mediante le azioni liturgiche. Vorrei soffermarmi su un aspetto essenziale del mistero della Pentecoste, che ai nostri giorni conserva tutta la sua importanza. La Pentecoste è la festa dell’unione, della comprensione e della comu- nione umana. Tutti possiamo constatare come nel nostro mondo, anche se siamo sempre più vicini l’uno all’altro con lo sviluppo dei mezzi di comunicazione, e le distanze geografi- che sembrano sparire, la comprensione e la comunione tra le persone sia spesso superficiale e difficoltosa. Permangono squilibri che non di rado portano a con- flitti; il dialogo tra le generazioni si fa faticoso e a volte prevale la contrapposi- zione; assistiamo a fatti quotidiani in cui ci sembra che gli uomini stiano diventan- do più aggressivi e più scontrosi; com- prendersi sembra troppo impegnativo e si preferisce rimanere nel proprio io, nei propri interessi. In questa situazione, possiamo trovare veramente e vivere quell’unità di cui abbiamo bisogno? La narrazione della Pentecoste negli Atti degli Apostoli, che abbiamo ascoltato nella prima lettura (cfr At 2,1-11), con- tiene sullo sfondo uno degli ultimi grandi affreschi che troviamo all’inizio dell’Antico Testamento: l’antica storia della costruzione della Torre di Babele Ma che cos’è Babele? E’ la descrizione di un regno in cui gli uomini hanno concen- trato tanto potere da pensare di non do- ver fare più riferimento a un Dio lontano e di essere così forti da poter costruire da soli una via che porti al cielo per aprirne le porte e mettersi al posto di Dio. Ma proprio in questa situazione si verifica qualcosa di strano e di sin- golare. Mentre gli uomini stavano lavorando insieme per costruire la torre, im- provvisamente si resero conto che stavano costruen- do l’uno contro l’altro. Mentre tentavano di essere come Dio, correvano il pe- ricolo di non essere più nep- pure uomini, perché aveva- no perduto un elemento fondamentale dell’essere persone umane: la capacità di accordarsi, di capirsi e di operare insieme. Questo racconto biblico contiene una sua perenne verità; lo possiamo vedere lungo la storia, ma anche nel nostro mondo. Con il progresso della scienza e della tecnica siamo arrivati al potere di dominare forze della natura, di manipolare gli elementi, di fabbricare esseri viventi, giungendo quasi fino allo stesso essere umano. In questa situazione, pregare Dio sembra qualcosa di sorpassa- to, di inutile, perché noi stessi possiamo costruire e realizzare tutto ciò che voglia- mo. Ma non ci accorgiamo che stiamo rivivendo la stessa esperienza di Babele. Continua a pagina 2 L'unità di Pentecoste vinca le divisioni e le inimicizie P ERIODICO DELLA COMUNITÀ ECCLESIALE DI RAVELLO

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il periodico della CHiesa Ravello

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Page 1: Incontro Giugno 2012

Per una Chiesa Viva

www.chiesaravello.it www.ravelloinfesta.it Anno VIII - N. 5 – Giugno 2012

“La Pentecoste è la festa dell’unione, della comprensione e della comunione umana” e si contrappone a Babele, dove l’uomo vuole fare a meno di Dio, diven-tando sempre meno capace di amare e, dunque, sempre meno uomo: è questo, in sintesi, quanto ha detto il Papa Bene-detto XVI nell’ Omelia della Messa da lui presieduta nella Basilica Vaticana nella Dome-nica di Pentecoste, che qui di seguito pubblichiamo. “ Que-sto mistero costituisce il bat-tesimo della Chiesa, è un evento che le ha dato, per così dire, la forma iniziale e la spinta per la sua missione. E questa «forma» e questa «spinta» sono sempre valide, sempre attuali, e si rinnovano in modo particolare mediante le azioni liturgiche. Vorrei soffermarmi su un aspetto essenziale del mistero della Pentecoste, che ai nostri giorni conserva tutta la sua importanza. La Pentecoste è la festa dell’unione, della comprensione e della comu-nione umana. Tutti possiamo constatare come nel nostro mondo, anche se siamo sempre più vicini l’uno all’altro con lo sviluppo dei mezzi di comunicazione, e le distanze geografi-che sembrano sparire, la comprensione e la comunione tra le persone sia spesso superficiale e difficoltosa. Permangono squilibri che non di rado portano a con-flitti; il dialogo tra le generazioni si fa faticoso e a volte prevale la contrapposi-

zione; assistiamo a fatti quotidiani in cui ci sembra che gli uomini stiano diventan-do più aggressivi e più scontrosi; com-prendersi sembra troppo impegnativo e si preferisce rimanere nel proprio io, nei propri interessi. In questa situazione, possiamo trovare veramente e vivere

quell’unità di cui abbiamo bisogno? La narrazione della Pentecoste negli Atti degli Apostoli, che abbiamo ascoltato nella prima lettura (cfr At 2,1-11), con-tiene sullo sfondo uno degli ultimi grandi affreschi che troviamo all’inizio dell’Antico Testamento: l’antica storia della costruzione della Torre di Babele Ma che cos’è Babele? E’ la descrizione di

un regno in cui gli uomini hanno concen-trato tanto potere da pensare di non do-ver fare più riferimento a un Dio lontano e di essere così forti da poter costruire da soli una via che porti al cielo per aprirne le porte e mettersi al posto di Dio. Ma proprio in questa situazione si verifica

qualcosa di strano e di sin-golare. Mentre gli uomini stavano lavorando insieme per costruire la torre, im-provvisamente si resero conto che stavano costruen-do l’uno contro l’altro. Mentre tentavano di essere come Dio, correvano il pe-ricolo di non essere più nep-pure uomini, perché aveva-no perduto un elemento fondamentale dell’essere persone umane: la capacità di accordarsi, di capirsi e di operare insieme. Questo racconto biblico contiene una sua perenne verità; lo possiamo vedere lungo la storia, ma anche nel nostro mondo. Con il progresso della scienza e della tecnica siamo arrivati al potere di dominare forze della natura,

di manipolare gli elementi, di fabbricare esseri viventi, giungendo quasi fino allo stesso essere umano. In questa situazione, pregare Dio sembra qualcosa di sorpassa-to, di inutile, perché noi stessi possiamo costruire e realizzare tutto ciò che voglia-mo. Ma non ci accorgiamo che stiamo rivivendo la stessa esperienza di Babele.

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L'unità di Pentecoste vinca le divisioni e le inimicizie

PERIODICO DELLA COMUNITÀ ECCLESIALE DI RAVELLO

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PAGINA 2 INCONTRO PER UNA CHIESA VIVA

E’ vero, abbiamo moltiplicato le possibi-lità di comunicare, di avere informazioni, di trasmettere notizie, ma possiamo dire che è cresciuta la capacità di capirci o forse, paradossalmente, ci capiamo sem-pre meno? Tra gli uomini non sembra forse serpeggiare un senso di diffidenza, di sospetto, di timore reciproco, fino a diventare perfino pericolosi l’uno per l’altro? Ritorniamo allora alla domanda iniziale: può esserci veramente uni-tà, concordia? E come? La risposta la troviamo nella Sacra Scrittura: l’unità può esserci solo con il dono dello Spirito di Dio, il quale ci darà un cuore nuovo e una lingua nuova, una capacità nuova di comunicare. E questo è ciò che si è verificato a Pentecoste. In quel mat-tino, cinquanta giorni dopo la Pasqua, un vento impetuoso soffiò su Geru-salemme e la fiamma dello Spirito Santo discese sui discepoli riuniti, si posò su ciascuno e accese in essi il fuoco divino, un fuoco di amore capace di trasformare. La paura scomparve, il cuore sentì una nuova for-za, le lingue si sciolsero e iniziarono a parlare con franchezza, in modo che tutti potessero capire l’annuncio di Gesù Cri-sto morto e risorto. A Pentecoste do-ve c’era divisione ed estraneità, sono nate unità e comprensione. Ma guardiamo al Vangelo, nel quale Ge-sù afferma: «Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la veri-tà» (Gv 16,13). Qui Gesù, parlando dello Spirito Santo, ci spiega che cos’è la Chie-sa e come essa debba vivere per essere se stessa, per essere il luogo dell’unità e della comunione nella Verità; ci dice che agire da cristiani significa non essere chiusi nel proprio «io», ma orientarsi verso il tutto; significa accogliere in se stessi la Chiesa tutta intera o, ancora meglio, lasciare interiormente che essa ci accolga. Allora, quando io parlo, penso, agisco come cristiano, non lo faccio chiudendomi nel mio io, ma lo faccio sempre nel tutto e a partire dal tutto: così lo Spirito Santo, Spirito di unità e di verità, può continuare a risuonare nei nostri cuori e nelle menti degli uo-mini e spingerli ad incontrarsi e ad acco-gliersi a vicenda. Lo Spirito, proprio per

il fatto che agisce così, ci introduce in tutta la verità, che è Gesù, ci guida nell’approfondirla, nel comprenderla: noi non cresciamo nella conoscenza chiu-dendoci nel nostro io, ma solo diventan-do capaci di ascoltare e di condividere, solo nel «noi» della Chiesa, con un atteg-giamento di profonda umiltà interiore. E così diventa più chiaro perché Babele è Babele e la Pentecoste è la Pentecoste. Dove gli uomini vogliono farsi Dio, pos-sono solo mettersi l’uno contro l’altro. Dove invece si pongono nella verità del Signore, si aprono all’azione del suo Spi-rito che li sostiene e li unisce. La contrapposizione tra Babele e Pentecoste riecheggia anche nella seconda lettura, dove l’Apostolo dice: “Camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare il desiderio della carne” (Gal 5,16). San Paolo ci spie-ga che la nostra vita personale è se-gnata da un conflitto interiore, da una divisione, tra gli impulsi che provengono dalla carne e quelli che provengono dallo Spirito; e noi non possiamo seguirli tutti. Non possiamo, infatti, essere contempo-raneamente egoisti e generosi, seguire la tendenza a dominare sugli altri e provare la gioia del servizio disinteressato. Dob-biamo sempre scegliere quale impulso seguire e lo possiamo fare in modo au-tentico solo con l’aiuto dello Spirito di Cristo. San Paolo elenca - come abbiamo sentito - le opere della carne, sono i pec-cati di egoismo e di violenza, come ini-micizia, discordia, gelosia, dissensi; sono pensieri e azioni che non fanno vivere in modo veramente umano e cristiano, nell’amore. E’ una direzione che porta a perdere la propria vita. Invece lo Spiri-to Santo ci guida verso le altezze di Dio, perché possiamo vivere già in questa terra il germe di vita divina che è in noi. Afferma, infatti, san Pao-lo: «Il frutto dello Spirito è amore, gioia, pace» (Gal 5,22). E notiamo che l’Apostolo usa il plurale per descrivere le opere della carne, che provocano la di-spersione dell’essere umano, mentre usa il singolare per definire l’azione dello Spirito, parla di «frutto», proprio come alla dispersione di Babele si contrappone l’unità di Pentecoste. Dobbiamo vive-re secondo lo Spirito di unità e di verità, e per questo dobbiamo pre-

gare perché lo Spirito ci illumini e ci guidi a vincere il fascino di se-guire nostre verità, e ad accogliere la verità di Cristo trasmessa nella Chiesa. Il racconto lucano della Pentecoste ci dice che Gesù prima di salire al cielo chiese agli Apostoli di rimanere insieme per prepararsi a ricevere il dono dello Spirito Santo. Ed essi si riunirono in preghiera con Maria nel Cenacolo nell’attesa dell’evento promesso (cfr At 1,14). Rac-colta con Maria, come al suo na-scere, la Chiesa anche quest’oggi prega: «Veni Sancte Spiritus! - Vieni, Spirito Santo, riempi i cuori dei tuoi fedeli e accendi in essi il fuoco del tuo amore!». Amen.”

Benedetto XVI

Il primato della preghiera e della Parola di Dio

Nella vita della Chiesa, nei primi passi che essa compie, si riflette, in un certo modo, quanto era avvenuto durante la vita pubblica di Gesù, in casa di Marta e Maria a Betania. Marta era tutta presa dal servizio dell’ospitalità da offrire a Gesù e ai suoi discepoli; Maria, invece, si dedica all’ascolto della Parola del Signore (cfr Lc 10,38-42). In entrambi i casi, non vengono contrapposti i momenti della preghiera e dell’ascolto di Dio, e l’attività quotidiana, l’esercizio della carità. Il richiamo di Gesù: «Marta, Mar-ta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno, Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta» (Lc 10,41-42), come pure la rifles-sione degli Apostoli: «Noi… ci dediche-remo alla preghiera e al servizio della Parola» (At 6,4), mostrano la priorità c h e d o b b i a m o d a r e a

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PAGINA 3 INCONTRO PER UNA CHIESA VIVA a Dio. Non vorrei entrare adesso nell’interpretazione di questa pericope Marta-Maria. In ogni caso non va condan-nata l’attività per il prossimo, per l’altro, ma va sottolineato che deve essere pene-trata interiormente anche dallo spirito della contemplazione. D’altra parte, sant’Agostino dice che questa realtà di Maria è una visione della nostra situazione del cielo, quindi sulla terra non possiamo mai averla completa-mente, ma un po’ di anticipazione deve essere presente in tutta la nostra attività. Deve essere presente anche la contem-plazione di Dio. Non dobbiamo perderci nell’attivismo puro, ma sempre lasciarci anche penetrare nella nostra attività dalla luce della Parola di Dio e così imparare la vera carità, il vero servizio per l’altro, che non ha bisogno di tante cose - ha bi-sogno certamente delle cose necessarie - ma ha bisogno soprattutto dell’affetto del nostro cuore, della luce di Dio. E’ un prezioso richiamo per noi oggi, abituati a valutare tutto con il criterio della produt-tività e dell’efficienza. Il brano degli Atti degli Apostoli ci ricorda l’importanza del lavoro - senza dubbio viene creato un vero e proprio ministero -, dell’impegno nelle attività quotidiane che vanno svolte con responsabilità e dedizione, ma anche il nostro bisogno di Dio, della sua guida, della sua luce che ci danno forza e spe-ranza. Senza la preghiera quotidiana vis-suta con fedeltà, il nostro fare si svuota, perde l’anima profonda, si riduce ad un semplice attivismo che, alla fine, lascia insoddisfatti. C’è una bella invocazione della tradizione cristiana da recitarsi pri-ma di ogni attività, che dice così: «Ispira le nostre azioni, Signore, e accompagnale con il tuo aiuto, perché ogni nostro par-lare ed agire abbia sempre da te il suo inizio e in te il suo compimento». E c’è un altro prezioso richiamo che vorrei sottolineare: nel rapporto con Dio, nell’ascolto della sua Parola, nel dialogo con Dio, anche quando ci troviamo nel silenzio di una chiesa o della nostra stan-za, siamo uniti nel Signore a tanti fratelli e sorelle nella fede, come un insieme di strumenti che, pur nella loro individuali-tà, elevano a Dio un’unica grande sinfo-nia di intercessione, di ringraziamento e di lode. Grazie.

Benedetto XVI

“Dio ci consola in ogni nostra tribolazio-ne”. È partendo da un'affermazione di San Paolo nella seconda Lettera ai Corin-zi, che Benedetto XVI ha sviluppato la catechesi nell’Udienza Generale del 30 maggio 2012 in Piazza San Pietro (…). Proseguendo il ciclo di catechesi sulla preghiera nelle Lettere di San Paolo, il Pontefice ha, poi, incentrato la sua rifles-sione sul dialogo tra il «sì» fedele di Dio e l’«amen» fiducioso dei credenti. In parti-colare, Benedetto XVI si è soffermato sulla “appassionata” Seconda Lettera ai Corinzi, in cui San Paolo, rivolgendosi “ad una Chiesa che più volte ha messo in discussione il suo apostolato”, apre il suo cuore affinché “i destinatari siano rassicu-rati sulla fedeltà a Cristo e al Vangelo”.

Paolo, infatti, vive “in grande tribolazio-ne”, ma “non ha mai ceduto allo scorag-giamento”, perché “sorretto dalla grazia e dalla vicinanza di Gesù Cristo, al quale aveva consegnato tutta la propria esisten-za” ha affermato quindi il Papa, parlando quasi di sé stesso. Dunque, accanto all’afflizione, a tutte quelle situazioni “dove sembrava non aprirsi un’ulteriore strada”, sono sempre sopraggiunte “la consolazione e il conforto da Dio”, pro-prio per questo Paolo - ha spiegato il Papa – "inizia la Lettera con una preghie-ra di benedizione e di ringraziamento”. “La nostra vita e il nostro cammino cri-stiano sono segnati spesso da difficoltà, incomprensioni, sofferenze” ha detto poi

Benedetto XVI rivolgendosi a tutti i fede-li presenti in piazza San Pietro, che hanno dimostrato la propria vicinanza al Succes-sore di Pietro con calorosi applausi e manifestazioni di affetto. Sofferenze, però, che “nel rapporto fedele con il Si-gnore, nella preghiera costante, quotidia-na” si possono superare grazie alla “consolazione che viene da Dio”, che “rafforza la nostra fede e ci fa sperimenta-re in modo concreto il «sì» di Dio all’uomo: a noi, a me, in Cristo”. Un «sì», quello di Dio che “non è dimez-zato”, non va tra «sì» e «no», – ha preci-sato il Papa - ma è un semplice e sicuro «sì»” a cui noi “rispondiamo con il nostro «amen»”. Il modo di agire di Dio, infatti, “è ben diverso dal nostro e ci dà consola-

zione, forza e speranza” - ha proseguito – perché Dio “non si stanca mai di avere pazienza con noi e con la sua immensa misericordia ci precede sempre, ci viene incon-tro”. La fede, dunque, n o n è “primariamente azione umana”, secondo Bene-detto XVI, “ma

dono gratuito di Dio”, che “si radica nella sua fedeltà” e “ci fa comprendere come vivere la nostra esistenza amando Lui e i fratelli”. Lo dimostra l’intera storia della salvezza che non è altro che un “progressivo rivelarsi della fedeltà di Dio nonostante le nostre infedeltà e i nostri rinnegamenti”. L’evento della Croce, poi, dimostra l’amore “smisurato” e “incalcolabile” di Dio per gli uomini. E “non c’è persona - ha sottolineato Be-nedetto XVI - che non sia raggiunta e interpellata da questo amore fedele, ca-pace di attendere anche quanti continua-no a rispondere con il no del rifiuto o dell’indurimento del cuore”.

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La preghiera: incontro con una Persona viva

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PAGINA 4 INCONTRO PER UNA CHIESA VIVA

Grazie allo Spirito Santo, “che rende conti-nuamente presente e vivo il «sì» di Dio in Gesù Cristo” – ha soggiunto - nel nostro cuore cresce “il desiderio di seguirlo per entrare totalmente, un giorno, in questo amore”.Ritorna, dunque, il dialogo tra il “Sì” fedele di Dio e l’“Amen” fiducioso dei cre-denti, ovvero “la risposta della fede che chiu-de sempre la nostra preghiera personale e comunitaria”, che spesso, però, pronunciamo “per abitudine”.L’invito del Papa è infatti di “cogliere il significato profondo del termine “amen”, che in ebraico e aramaico, significa “rendere stabile”, “essere certo”, “dire la verità”, che e quindi “esprime il nostro ‘sì’ all’iniziativa di Dio”.Dopo essersi rivolto ai numerosi fedeli nelle varie lingue, Benedetto XVI ha infine espresso un particolare saluto ai pellegrini vietnamiti dell’arcidiocesi di Ho-chiminh City, affidata al cardinale Jean-Baptiste Pham Minh Man; ai partecipanti al prossimo simposio buddista-cristiano di Ca-stelgandolfo ed al giovane gruppo di polacchi che si sta preparando all’incontro di Lednica.

Fonte: www.zenit.org Giornata mondiale di preghiera per la santificazione del Clero

Nella lettera ai Sacerdoti inviata dal Prefetto della Congregazione per il Clero in occasione della Giornata mondiale di preghiera per la santificazione del Clero 2012 che si celebra nella Solennità del Sacro Cuore (che ricorre il 15 giugno) si riporta l’espressione paolina: Questa è la volontà di Dio: la vostra santificazio-ne” (1 Tess. 4,3) che, pur essendo rivolta a tutti i cristiani, riguarda in modo particolare i sacerdoti che hanno accolto non solo l’invito a “santificarci”, ma anche quello a diventare “ministri di santificazione per i fratelli. Il richia-mo a questa duplice dimensione sgombra il campo da ogni interpretazione puramente funzionalista del ministero sacerdotale. Il sacerdote non svolge una serie di azioni litur-giche e pastorali richieste da una sorta di protocollo espresso nel Magistero e sancito nel giorno della Sacra Ordinazione. Egli non è il ministro che, svolte le sue funzioni, può scindere il suo cammino esistenziale da ciò che opera in persona Christi. Egli non è un semplice funzionario, ma è coinvolto nelle azioni liturgiche che compie, perché da esse dipende la sua stessa salvezza, cioè la sua santificazione. L’ordinazione sacerdotale ricevuta va di là da una semplice elezione, designazione, delega o istituzione da parte della Chiesa e conferisce un dono dello Spirito Santo che permette di esercitare una potestà sacra (sacra potestas), la quale non può venire che da Cristo stesso, mediante la sua Chiesa.

Don Giuseppe Imperato

Che cosa sarà di Pino? Me lo chiedevo stamane, vedendolo solo, assiso sul muretto di Via della Rocca, gli occhi grandi e scuri nel volto pallido e smunto che si perdevano nella visione dei monti. “Pino, che cosa guardi?”, gli ho chiesto con tono che è diventato subito affettuoso.Ha sollevato una spalla: “Niente, certi uccelli…” Ho fissato a mia volta le coste della mon-tagna; neppure uno svolazzo le percorre-va.“Che uccelli erano?” “Palombelle”, ha risposto serio e sicuro. “Sono partite dalla torre e si sono posate lassù, a Proda Secca. Vanno a mangiare”. Ha taciuto, continuando a picchiare con

un bastoncino il muretto di granito, poi si è voltato, e la sua espressione è tornata quella di un bambino: “Indovina che cosa ho visto, una volta? C’erano tante palom-belle, che volavano verso la montagna. A un certo punto, girano come Speedy Gonzales, e ritornano indietro. Indovina che cosa c’era, appresso a loro? Una po-iana! Gli volava sopra, e non batteva nemmeno le ali!” Non avrei mai tradito espressioni di dubbio, e comunque senti-vo di credergli, perché Pino è il bambino degli animali. Cominciò tutto con Flok, il bastardino che comparve un giorno nel giardino della scuola. “Oh, che bello!”, esclamaro-no le maestre vedendo quel cucciolone rossiccio che puntava i piccoli alunni, rincorrendoli e saltellando festante ai loro piedi. “Non toccatelo, però, non si sa mai”, ammonì la maestra più anziana. Pino fece un solo gesto di sufficienza, e fu il primo ad accarezzare quel cane spuntato dal nulla. “Me lo prendo io”. “No, io”. “Io ho già la cuccia”. Altri bam-

bini, ora, stendevano le mani sul morbi-do manto dell’animale; ma Pino fu il più deciso: “No, l’ho preso io per primo. Questo è mio”. Il cucciolo era ancora lì, al suono della campanella, e Pino, dopo un po’, strappò a Rosetta il primo pasto per il nuovo amico. Per settimane, ogni passo del bambino fu un passo di Flok, e anche quando istinti più forti lo richiama-vano, l’animale sapeva sempre dove ri-trovare il suo padroncino. “Come gli vuole bene!”, diceva Rosetta. “Da quando l’ha trovato, ogni mattina si sveglia con quella domanda: ‘C’è il mio cane qui sotto?’ E lo pulisce, lo coccola, lo bacia. E’ troppo, è troppo…”.

Fu lo zio Giacinto a intervenire: “Dovetti farlo, ma con duro cuore, credetemi”, ricorda an-cor oggi. Rosetta lo chiamò, un giorno: “Da un po’ di tempo gli interessa più il cane che la scuo-la. E’ svogliato, dice che la scuola non gli piace”. Giacinto ascoltava sua sorella e guardava il nipote con occhi severi. “Ma che volete?”, si difese Pino,

ciancicando a fatica l’odiata bistecca. Altri due bocconi forzati fra le minacce, poi, bruscamente, ripeté quello che ave-va fatto altre volte; si cavò di bocca il grosso bolo di carne, disse “Ho finito” e scappò fuori di casa. Flok ingurgitò in un attimo quella poltiglia, ma lo zio Giacin-to aveva capito ogni cosa. “Hai ragione”, disse alla sorella, “non può andare avanti così. Lo sai che a Tito è venuta la rogna? E a Rocca Scura Milena ha avuto le cisti dei cani, ed è stata un mese in ospedale”. Un altro ritardo serale per rintracciare il suo Flok, e la decisione fu presa. Giacin-to caricò l’animale sulla sua macchina e lo abbandonò lontano, alle prime case di un paese sconosciuto, a tentare la sorte con un altro bambino. “Avete visto il mio Flok?” ripeté Pino per un giorno intero, cercando il cane in ogni angolo. Era stato tutto concordato: “E’ andato via da solo”, gli rispondevano, “i bastardi fanno così, sono nati vagabondi, non rimangono fissi in un posto. Forse ritornerà, ma poi scapperà un’altra volta. E tu che te la prendi tanto!” Solo al tramonto

SEGUE DA PAGINA 3 Un bambino

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PAGINA 5 INCONTRO PER UNA CHIESA VIVA

del giorno seguente, quando anche San-te, il vigile urbano, ebbe confermato quella versione, Pino sembrò arrendersi. Corse via dalla strada, accasciandosi di-speratamente sulle scale di casa. “E se lo mettono a catena? Se gli menano?” “Ma chi se lo prende”, rispose seccamente lo zio Giacinto, “non è un cane di valore, quello!” Passò qualche mese. Pinò trovò un altro bastardino, e lo accolse subito sotto casa, nella cuccia che era stata di Flok. Dopo pochi giorni, l’animale sparì. Da allora, nessun cane che vaghi per il paese passa inosservato agli occhi di Pino. Ancora offre carezze, del cibo, un rifu-gio, sempre attento, però a non concede-re troppo, a non farsi seguire, badando a nascondere i cuccioli lontano dalle case, negli stazzi e nelle cascine abbandonate della campagna. Ormai Jack, il meticcio pezzato, gira il paese da anni. “Non è mio”, si affretta a dire Pino se qualcuno gli chiede del cane. E lo abbandona all’istante, correndo infilarsi in un vico-lo, come se lo aspettasse qualcosa di più importante. Intanto, dopo Flok, era arri-vato Martino, il cardellino ferito. Una steccatura da Amelia, la gabbietta di Bet-to, le cure di Pino, e l’uccellino tornò a volare. E dopo Martino, nella vecchia aia dello zio Cannuccia, dentro le stie rappez-zate, comparvero papere e pulcini, pap-pagalli e criceti, con Mira, la capretta, a fare da sentinella affinché il gatto Furia non osasse penetrare nel piccolo zoo del suo padrone. Qualcuno c’è ancora, qual-cuno è finito ad altri, ma Pino sa come rimpiazzarli. E non perde tempo: “Potrei prendere qualche animale più grande!”, ha detto a Romeo, il ferraiolo, e per giorni è rimasto sull’uscio della sua offi-cina a battere pezzi di latta e assi di le-gno, per dare una porta allo stalluccio in fondo all’aia. “Da’ qui, fai vedere all’ingegnere”, ammiccava Romeo a ogni progresso dell’opera, finché la porta si adattò dolcemente agli stipiti del decre-pito stabbio. Due increspature sottili comparvero sul viso di Pino, al suo raro sorriso. Lo zio Giacinto, sconfitto, sorri-se insieme a lui. Che cosa si può fare per un orfano sempre triste, che non gioca con gli altri bambini, ma che è destro con le tavole e i ferri, con la sega e il martel-lo? Che sa nutrire i pulcini caduti dal nido, guadagnare un po’ di tritato da Nino, il macellaio, e il legno da Omero,

il falegname, che parla coi cani, che lo seguono al primo sguardo, obbedienti? “A casa sta bene”, ha detto Rosetta al maestro Gigli, “però con gli altri bambini non ci sta volentieri. Gli piacciono gli animali, che devo fare?” Il maestro chiese di vedere la stanza di Pino, e sentì un po’ di sollievo; piccola, ma piena di vita, oggetti accatastati alla rinfusa, costruzio-ni di ogni tipo, motorini staccati da chissà dove. “Stagli vicino, Rosetta. Parlagli spesso, e mandalo in parrocchia, in gita, a giocare a pallone, insomma in mezzo agli altri. Noi faremo la nostra parte”. Il maestro lo condusse con sé, dopo quel-la visita. Li vedemmo fare capannello con altri bambini, giocare a biliardino, com-prare un astuccio coi pennarelli. Poi il maestro lo portò nel bar di Peppino. “Prendi quello che vuoi”. “No, grazie maestro, non voglio niente”. “Dai Pino, per favore. Su, una merendina, un’aranciata”. Lui si tirò su i pantaloni e allungò un dito: “Quelle”, poi piroettò su stesso, impaziente. Masticò in fretta una barretta di cioccolata, mettendo in sac-coccia le altre, con aria misterio-sa.“Grazie maestro. Adesso devo anda-re”. Sgattaiolò fuori dal bar, scese come una folgore i gradini della Via di Sotto, poi calò ancora più giù, sino al ricovero di Via delle Croci. “Certi cani la mangia-no, la cioccolata!” Era già da lui, da un altro randagio. Armando Santarelli

Apprezzare la bellezza

della vita L’ultima immagine che ricordo della stanza non ancora investita dai cambia-menti che sarebbero venuti successiva-mente insieme ai miei capelli più corti, a mia madre incinta di mia sorella, e ai nuovi giocattoli è il tavolo tondo accosta-to alla parete e l’angoliere fermo come un gendarme posizionato dalla parte op-posta. Se allargo la scena sforzando un po’ la memoria, intravedo la faccia tonda come una biglia del tenente Kojak che gira sullo schermo fra auto e grattacieli e che poi, all’improvviso, viene risucchia-ta in un imbuto nero, seguito una specie di botto,come se un mago invisibile, magari nascosto dietro il televisore aves-se deciso di inscenare un numero. Io

sono seduta tra i miei genitori, mangio qualcosa che sa di sugo, che ha il fiotto rosso di un sugo, o forse l’ho già termi-nato, perché devo avere davanti un piatto con della frutta tagliata, pere: su questo non potrei mai confondermi. E’ una sera

di autunno inoltrato, non troppo fredda, lo diventerà, gelida, mortale, di lì a po-co, in onda non c’è Italia Sera, un pro-gramma di cronaca ed attualità che avrei guardato spesso qualche mese più tardi, quasi sempre in coincidenza con l’orario di cena e che ancora adesso, nel magma dei ricordi che gettano lapilli casuali nella mia mente , associo stranamente sempre a dei tubetti conditi al burro. Ma quella sera del 23 novembre c’era il tenente Kojak con i suoi casi da risolvere, i robo-anti inseguimenti, una rassicurante trama anni settanta condita di occhiali dalla montatura spessa, vistosa. Restiamo al buio, ma è novembre, e anche se il po-meriggio è trascorso straordinariamente ed insolitamente lattiginoso e tiepido, siamo a Ravello e l’energia è affetta da una congenita, quasi degenerante osteo-porosi elettrica. Restiamo in silenzio, pochi secondi, io aspetto che i miei geni-tori si industrino a cercare la solita vec-chia bugia con un moccolo di candela scampato all’ultimo temporale per fare luce, o che infilino una mano in tasca cavandone un accendino, ma, all’improvviso qualcosa, qualcosa che arriva dal basso, si muove con una voce che non conosciamo, una specie di rigur-gito, come se la terra ci stesse vomitando addosso, contro. Zampillano le ipotesi, rassicuranti: e’ un camion che non riesce a partire, un motore catarroso, non è niente di che. Ma poi quella voce diventa un boato di rabbia, è mostruosa, da brivi-do, sale di intensità, e all’improvviso allunga degli arti, ci tocca, perché tutto inizia a tremare, l’angoliere smette il suo turno di piantone…Continua a pagina 6

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...dalla sua pancia arriva un battito di denti, io sento la mia sedia scivolare via, sono secondi, sono attimi, non so cosa siano, ma qualcosa sta spaccando il suo-lo, forse un verme gigante, uno dei mo-stri che spesso popolano i miei sonni inquieti. Poi tutto diventa confuso, qualcuno mi afferra, non ricordo se mia madre o mio padre, io ho il mio tesoro da proteggere, non un pupazzo, no, assolutamente, ma il pezzo di pera che stavo per mangiare, una fettina fredda e granulosa che stringo nella sinistra con tutta la forza, come se dovessi salvarla. Mi ritrovo prima sotto la porta, poi in un lampo giù dalle scale e, infine, in strada, dove si è radunata altra gente, con il viso stravolto, la sensa-zione di non essere più voluti dalla terra stessa perché, per la prima volta, ciò di cui ci fidavamo, ci scaraventa via come mosche, come formiche che stanno ac-correndo affamate verso la briciola cadu-ta sul pavimento inavvertitamente. Fuori fa freddo, adesso si, ed il vento pieno di aghi che si è alzato è una bottiglia con dentro messaggi di morte: non lontanis-simo da noi il mostro venuto dal sotto-suolo è diventato tomba, ha spazzato via vite, case, progetti, sogni. Ascolto i vicini piangere, mia madre chiedere disperata dei miei nonni, ci guardiamo impotenti, terrorizzati, per la prima volta ci rendiamo conto di essere niente, di poter schizzare via come pol-vere. I giorni seguenti non furono facili, ma di quella sera ricordo che, prima di dormi-re, o meglio di tentare di dormire, mio padre mi spalancò la mano sinistra, ve-dendola contratta da ore: all’interno stringevo quello che restava del mio sal-vataggio infantile, la liquefazione di un corpo profumato, avevo stretto così tan-to il pezzo di pera da avere la mano ap-piccicosa ed impiastricciata di polpa, di succo. Ne venni pulita con un fazzoletto, acca-rezzata. So che forse questo ricordo po-trebbe sembrare stridente o stonato con una mia riflessione sulla vita o sull’amore per il prossimo e per Cristo, però, come già mi è accaduto qualche anno fa per disastri simili nel mondo e per l’Abruzzo, dopo aver visto le immagini

di questi giorni in Emilia Romagna, il terrore negli occhi di chi si è salvato e ha salvato o di chi non è riuscito , mi è sem-brato giusto scriverne. Perché è quello che ho provato, perché alcune cose resta-no incise in noi e non ci lasciano mai, anzi, riverberano di vita nuova quando esperienze simili accarezzano o devastano le vite degli altri. La disperazione di chi ha perso tutto e per la prima volta vede quello che ha intorno, la solidarietà che nasce quando si è investiti dallo stesso destino, dalla stessa angoscia, ci fa somigliare a quello che dovremmo essere sempre: vicini, consapevoli della fragilità dei nostri de-stini, meno furiosi con noi stessi e con gli altri, grati, infinitamente grati per tutto ciò che abbiamo intorno, dall’albero al muretto di cinta, dall’abbraccio dell’amico al bar dove giochiamo la schedina alla casa che non somiglia mai a quella dei sogni o delle bambole, con i mobili imperfetti ed il cancello disobbediente. Perché a volte non si tiene in conto che tutto è in bilico, che la vita è un funam-bolo incredibilmente talentuoso, ma continuamente puntato dai precipizi che ne attendono un errore come alligatori. Io vorrei dedicare queste parole alla spe-ranza, perché ci sia speranza dove adesso fumano di polvere palazzi e vite, dove adesso non c’è certezza, lavoro, ma solo disorientamento, difficoltà, paura. Che si cancellino certe immagini dagli occhi dei bambini, che le incisioni siano lievi e coperte da un girotondo, da una risata in più. Prego che la vita possa esse-re il dono di capire la vita stessa ma non nel momento in cui si apre la porta alla sua antagonista, alla morte sfacciata, bizzarra, puntuale. Troppo spesso è tardi per dire di rientra-re a chi si è permesso che andasse via così, in maniera indolente, superficiale. Prego perché si possa comprendere la bellezza di ciò che siamo, rendersi conto di quanto anche gli angoli apparentemen-te più banali delle nostre giornate siano un’architettura meravigliosa che non viene giù con nessun tipo di scossa, una volta che se ne è afferrato il senso e lo si usa come architrave sotto la quale accoc-colarsi.

Emilia Filocamo

La famiglia tra preghiera e conoscenza

Quest’anno la seconda settimana del mese mariano di maggio, dal 12 al 20, è stata eletta dall’ONU, come la settimana del diritto alla famiglia. In tutto il terri-torio nazionale sono state promosse ini-ziative a favore dei temi principali che riguardano la famiglia, quali la procrea-zione e l’accoglienza dei figli come dono, e soprattutto è stata “costruita” una fitta rete di preghiera comunitaria, volta a sensibilizzare l’opinione comune all’importanza di questa entità. La Fra-ternità di Emmaus, ha apportato il suo contributo organizzando momenti di preghiera, identificati con l’adorazione, e seminari, un po’ in tutte le comunità, e anche a Ravello abbiamo avuto il nostro bel da fare. Riprese le catechesi, dopo la pausa pasquale, la nostra coppia guida, Peppe e Laura, ha già cominciato a sus-surrarci, piano piano, ma insistentemen-te, l’idea di proporci come promotori di queste iniziative, d’altra parte, siamo una comunità di famiglie che si sta impegnan-do proprio per la crescita e il migliora-mento della stessa in un contesto che sia conforme al vivere cristiano, ma soprat-tutto che sia reale e dunque applicabile al quotidiano. Da un’idea, a qualche propo-sta, dal “vedremo se posso” al “Sì ci so-n o ” , t r a i n c o n t r i d e d i c a t i all’organizzazione di questa, per Ravello, tre giorni per la famiglia e tantissime t e l e fona te d i a gg iornamento, all’insistente e proficuo interessamento del parroco Mons. Imperato, che non ci ha mai persi di vista, e a cui, pubblica-mente, rivolgiamo il nostro ringrazia-mento e la nostra stima, siamo riusciti nell’impresa. Abbiamo cominciato con la distribuzione dei compiti: Peppe, Laura e Don Peppino, hanno stilato e messo a punto i volantini da distribuire,

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la segreteria parrocchiale del Duomo si è presa in carico la loro stampa; la comuni-tà tutta, è stata impegnata nel volantinag-gio porta a porta; il ministro della condi-visione ha redatto un breve scritto da cui prendere spunto per compiere, domeni-ca 13 maggio, l’annuncio dell’evento, in tutte le parrocchie e così tra volantini, manifesti e brevi presentazioni a conclu-sione delle Eucarestie domenicali, abbia-mo informato le comunità di Scala e Ra-vello del nostro operato. D’altra parte, nessuno di noi si è presentato con richie-ste monetarie e/o di particolare impegno per i partecipanti, abbiamo solo doman-dato, in punta di piedi, se, fra le tante faccende di tutti i giorni, si poteva dedicare un’ora di tempo, lunedì 14 per un’adorazione comunitaria, dalle 21,00 alle 22,00 (i mariti tor-nano per quell’ora e c’é il tempo per la cena; è buio e non si può più lavorare nel giardino, i bambini solitamente per quest’ora non hanno impegni e magari hanno terminato i compiti,…), e poco più, da dedicare, martedì 15, al seminario della Dott. ssa Giovanna Pauciulo, dal titolo “Custodire la vita: essere famiglia tra fecondità e accoglienza”, promosso per le ore 19,30. A dispetto del tempo un po’ incerto, della difficoltà di par-cheggio che abbiamo sul nostro territorio comunale e soprattutto dell’indifferenza, il maggior ostacolo anche alla più virtuo-sa delle iniziative, l’ora di adorazione è stata un’esperienza partecipata: dalla comunità di Scala con i suoi parrocchiani e il parroco Don Bonaventura Guerra, dalla Fraternità e soprattutto dai fedeli in rappresentanza delle diverse frazioni di Ravello. Dinanzi all’altare è stata esposta un’icona della Santa Famiglia e il cero pasquale acceso, la guida ha letto uno scritto che ha ricordato a tutti i presenti l’impegno di Papa Giovanni Paolo II per la famiglia e le origini della stessa, nella prima famiglia cristiana, quella di Naza-reth. Dopo questa breve introduzione è stato esposto il Santissimo, i membri

della comunità sposi, alternandosi, hanno letto le invocazioni, un estratto della creazione dal libro della Genesi e il salmo n. otto. Mons. Imperato, ha proclamato la parola nell’episodio delle Nozze di Cana (dal Vangelo secondo Giovanni) e, il raccoglimento del silenzio seguito, ha permesso a ciascuno dei presenti di porsi a Tu per Tu con l’ostia consacrata, Dio fra noi.Da quest’estasi siamo stati destati dalle intercessioni precedenti la benedi-zione eucaristica, ed infine abbiamo con-cluso con una preghiera tratta dagli scritti di Santa Giovanna Beretta Molla.Il giorno successivo, nella navata centrale del Duo-mo, si è tenuto il seminario previsto,

certo la partecipazione non era forse quella desiderata, ma almeno non c’eravamo solo noi della Comunità e questo vuol dire che per lo meno abbia-mo cominciato a scalfire il blocco di ghiaccio che avvolge la mentalità locale circa questo tipo di iniziative, insomma, possiamo essere contenti di chi c’era. Il seminario ha avuto come tema centrale la procreazione responsabile in quanto, Dio ci ha dato un dono, tuttavia non è detto che possiamo gestirlo a nostro piacimen-to. Sembra una sciocchezza, ma spesso siamo portati ad ignorare la presenza di Dio all’interno dell’istituzione famiglia, eppure noi siamo creature uscite dalle sue mani, creature a cui ha trasferito tutta la sua dignità, è il nostro capostipi-te, con la differenza che Lui, ha potuto fare tutto da solo, noi, no; affinché pos-

siamo continuare la Sua opera, dobbiamo essere in due. Di qui parte l’esperienza d’amore, la rivelazione della persona. Ce lo insegna la Genesi, quando parla della creazione, scaturita da nulla; lo ribadisce Paolo VI, nell’enciclica “Humana Vitae“, dove diversi passi, letti e commentati dalla Dott. ssa Pauciulo, richiamano l’uomo e la donna a prendere coscienza del dono che Dio gli ha fatto. Sostanzial-mente la procreazione non è una creazio-ne, altrimenti si sarebbe chiamata così, bensì una collaborazione a favore di Dio, poiché non si crea niente, ma, attraverso l’atto sessuale, si favorisce l’incontro degli elementi che possono e non devono

generare una nuova vita. La differenza tra queste due forme verbali è molto sotti-le, ma c’è: il primo ci dice che è possibile dare vita ad unanuova cre-atura, il secon-do ci insegna che non sem-pre ciò accade. Tutto questo perché, nostro Signore, come spesso abbia-mo l’abitudine di dire: “vede

e provvede”. Non sempre, infatti, la don-na è fertile e questo fa sì che non tutte le unioni sessuali diano luogo a nascite, il che sarebbe davvero sconsiderato. Sulla base di quanto esposto è facile intuire che alla fin fine è il genere umano a decidere, nella stragrande maggioranza dei casi, quando procreare e in questo non ci smentiscono gli studi medici, e già dai tempi di Ogino e Claus (i ginecologi pre-cursori di questa teoria), studiando l’andamento degli ormoni femminili, erano riusciti ad individuare i periodi fertili e non, femminili. Da qui ha avuto inizio l’avventura dei cosiddetti “metodi naturali”, che non sono infallibili, però rendono evidente con una certa attendibilità, quando è più alta la possibilità di pro-creare.

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A questo punto, la Dott.ssa Pauciulo Giovanna ci ha ampiamente illustrato, con l’aiuto di alcune diapositive, i meto-di di calcolo della fertilità basati sulla temperatura basale, sulla consistenza del muco cervicale, etc., invitando il pubbli-co, tra l’altro, eccezionalmente attento, ad esporre dubbi e perplessità, che non sono mancate. Con il carisma che la con-traddistingue, Giovanna, ha risposto punto su punto alle obiezioni, essendo Lei stessa insegnante in materia, e ci ha promesso che a settembre incaricherà uno dei suoi collaboratori, affinché possa fare insegnamento proprio qui a Ravello, perché, per rendere efficiente il propo-sto, c’è bisogno di studiare, per chi lo vorrà, i casi, coppia per coppia. Attra-verso la sua esperienza personale ci ha dimostrato come a volte i nostri piani non sono dissimili da quelli di Dio, sem-plicemente arrivano alla soluzione per vie diverse, perché purtroppo le nostre scelte hanno una ricaduta sull’eternità e a volte le scorciatoie (i metodi contraccet-tivi) possono avere risvolti che minano la serenità della coppia. I metodi naturali, hanno bisogno di un po’ di attenzione, ma, ad esempio non implicano l’uso di corpi estranei (preservativi, spirali,…); riducono sensibilmente la libertà dell’atto sessuale pensato come qualcosa da fare quando va, tuttavia non ne altera-no l’autenticità minando il desiderio (il coito interrotto); non sempre sono effi-cienti al cento per cento, però questo è certo, dunque non creano illusioni (gravidanza anche con l’uso dei contrac-cettivi ritenuti sicuri). Per cui non è la Chiesa che si deve aggiornare al rispetto della dignità umana, perché condanna la contraccezione, è l’uomo che deve capi-re qual è la sua strada, perché la vita na-scente è una responsabilità e deve essere consapevole. Non ci è dato sapere cosa il futuro ci riservi, dunque per ora convie-ne approfittare di tutto l’aiuto possibile e la Fraternità con queste iniziative può esserci d’ aiuto. Questa tre giorni, così ben riuscita, è stata per la comunità sposi di Ravello, un’opportunità che ci è stata offerta e abbiamo deciso di accogliere con grande interesse e profitto.

Elisa Mansi

Una giornata di festa ha animato la Co-munità Parrocchiale, Domenica 27 Mag-gio,2012, Solennità della Pentecoste, poiché si è celebrata la Messa di Prima Comunione, per nove nostri fanciulli : Chiocca Roberta,D’Amato Anthony, Fraulo Giorgia, Imperato Lorenzo,Mansi Angelica, Mansi Gino, Palumbo Fiamma, Rossetto Giorgia, Zoungla Samantha. Essi hanno seguito diligentemente tutti gli incontri di preparazione per poter ricevere con consapevolezza due Sacra-menti fondamentali per il cammino spiri-tuale del cristiano: il Sacramento del Perdono e l’Eucaristia. Con la gioia nel cuore , come ogni hanno, l’appuntamento è stato alla Chiesa di Santa Maria a Gradillo, dove ci siamo ritrovati tutti, ragazzi, genitori, catechi-sti e fedeli. Una novità quest’anno c’è stata, la presenza della famiglia Aurioso che ha presentato alla Comunità i figli non ancora battezzati, i due piccoli : Daniil e Katia. Alle 10,20 ci ha poi rag-giunto il gruppo dei ministranti e così ci siamo avviati in processione verso il Duomo, cantando “Oh che Giorno Bea-to”, e la Litania dei Santi. Sul sagrato la presentazione dei fanciulli ed il rito dell’accoglienza da parte di Mons Giu-seppe Imperato che ha presieduto la Ce-lebrazione. Con voce commossa, alla chiamata, i fanciulli hanno risposto “Eccomi” lasciando trapelare la convin-zione e la certezza che stavano vivendo un momento importante . Daniil avendo anch’egli maturato il cammino di fede ha chiesto ufficialmente al parroco ,di essere ammesso nella Comunità dei cre-denti. Il sacerdote ha accettato la sua

richiesta ritenendolo pre-parato a ricevere i Sacra-menti dell’Iniziazione Cristiana. La Celebrazio-ne è proseguita con la Liturgia Penitenziale, la Liturgia della Parola, con l’Omelia molta interes-sante da parte di Mons. Imperato sulla Penteco-ste, sui doni dello Spirito Santo, su come lo Spirito ha agito sin dagli albori della Chiesa nascente,

quando gli Apostoli erano nel Cenacolo con Maria ed hanno sentito ardere il cuo-re ed hanno avvertito l’urgenza di “ an-nunciare Cristo nel mondo ”,fino al do-no della vita . Mons Imperato, ancora, ci ha spiegato l’Azione dello Spirito Santo, che ha generato nel grembo di Maria, il Figlio di Dio ed ha dato a Maria la fede ardente per accogliere Gesù e di fidarsi delle promesse dell’Altissimo. Lo Spirito Santo inoltre ha alimentato la fede di tanti Santi,, da San Francesco a Santa Chiara, fino al Beato Bonaventura da Potenza,di cui stiamo celebrando il terzo centenario della morte. Dopo l’Omelia c’è stato il momento veramente signifi-cativo del Battesimo della piccola Katia e di Daniil con l’Acqua Benedetta nel no-me della S.S.Trinità, con il rito dell’accensione della candela, della veste bianca, dell’unzione con l’olio dei cate-cumeni. Poi tutta l’assemblea si è unita ai neofiti con il rinnovo delle promesse battesimali. A questo punto Daniil ha raggiunto i neocomunicandi e la Cele-brazione è proseguita fino al momento dell’Eucaristia. I fanciulli hanno parteci-pato al Banchetto Eucaristico, come du-rante l’Ultima Cena, comunicandosi con il Corpo ed il Sangue di Gesù. La com-mozione e l’emozione è sempre tanta, e la preghiera è rivolta all’Altissimo affin-chè custodisca questi fanciulli e li man-tenga sulla retta via in un momento così ricco di confusione. Essi stessi hanno recitato una preghiera di Ringraziamento ed una preghiera di Affidamento a Maria. Adesso molto è affidato alla collaborazio-ne delle famiglie. I genitori hanno scelto di collaborare all’opera creatrice di Dio

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ed hanno accolto la vita dei propri figli come dono, per amore hanno poi voluto concedere un regalo altrettanto grande, hanno richiesto alla Chiesa il Sacramento del Battesimo, coscienti dell’importanza che Esso riveste nel cammino spirituale. Nel giorno del Battesimo dei figli si sono impegnati ad educarli alla fede cristiana ; il loro impegno nella comunicazione del-la fede non deve però limitarsi alla richie-sta dei Sacramenti. La Santa Madre Chie-sa, rappresenta Gesù Risorto proprio attraverso la Parola di Vita ed i Segni della Salvezza, non possono questi Segni rappresentare dei “ semplici riti”, solo magari per vivere una giornata di festa. Come recita il Catechismo degli adulti n° 666 “quasi tutte le famiglie chiedono i Sacramenti dell’I.C. per i loro figli; ma molte volte li vivono come riti di passag-gio in cui prende corpo un vago senso del sacro e non come riti specificamente cristiani…” E’ necessario riscoprire il primato dell’Evangelizzazione, per generare alla fede i fanciulli, ma anche per rinvigorire la fede degli stessi geni-tori e l’impegno che essi hanno assunto verso Dio e verso la Chie-sa . Due sono le considerazioni da fare: bisogna essere consapevoli che la testimonianza dei genitori, soprattutto nell’ambito della fede è fondamentale per i ragazzi ; il ca-techista benché animato di fede, di buona volontà, di preparazione non

potrà mai sostituire un compito che spet-ta necessariamente alla famiglia; le mam-me ed i papà, come in tutti gli aspetti della vita sono parte attiva ed irrinuncia-bile nell’educazione dei figli. I genitori inoltre devono crescere nella cognizione di appartenere alla Chiesa ed insieme a tanti fratelli e sorelle camminare alla sequela di Cristo. L’altra considerazione è che i Sacramenti generano in chi li riceve la “Grazia Sacra-mentale”, attraverso l’Azione dello Spiri-to viene alimentata la vita di fede e si cresce nel cammino interiore, l’efficacia

salvifica dei Sacramenti, presuppone però una condizione indispensabile: il dono della fede. Si capisce allora che il Sacra-mento ricevuto senza un contesto di fede non ha alcun senso. Il momento importante che stanno viven-do i figli nel cammino spirituale, riceven-do due Sacramenti essenziali, deve af-frettare la scelta dei genitori di vivere una fede sempre più coerente e consape-vole, un’adesione serena per scoprire il Volto Misericordioso del Padre, per spe-rimentare l’incontro vivo e vero con Gesù Eucaristia, per apprezzare la forza vivificante dello Spirito Santo che edifica la Chiesa, tutto ciò per ritrovare la bel-lezza e la responsabilità di essere genitori-educatori, capaci di far conoscere Gesù Cristo ai figli, attraverso la testimonianza dell’amore, del rispetto, del perdono, della preghiera e soprattutto della parte-cipazione attiva all’Eucaristia della Do-menica . Se i genitori saranno capaci di aiutare i catechisti ed i sacerdoti ad insegnare ai figli la Sequela di Gesù , avranno assicu-rato loro un futuro radioso, perché essi saranno in grado di fare sempre scelte giuste e sagge, altrimenti c’è da stare seriamente preoccupati. Gesù stesso ha detto : “ Senza di me non potete far nul-la” . ( Gv, 15-1-8)

Giulia Schiavo

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Sabato 26 mag-gio, 2012,alle ore 20,00,nel Duomo di Ravello il no-stro Arcivescovo Mons. Orazio Soricelli ha pre-sieduto la solenne Veglia di Pente-coste, svolta dai gruppi ecclesiasti-ci e le aggregazio-

ni laicali della Diocesi che ne hanno ani-mato i diversi momenti. I canti sono stati magistralmente eseguiti dalla corale del gruppo del Rinnovamento dello Spirito con tante voci splendide, ma fra tutte molto apprezzata quella di Giuseppina Mansi, cha ha accompagnato l’esecuzione anche con l’organo. La Veglia è cominciata con la chiesa al buio ed in sottofondo i rumori a rievoca-re il caos; un faro illuminava una grande colomba sull’altare, un canto allo Spirito Santo si udiva in sottofondo per sottoli-neare che lo Spirito ha operato il passag-gio dal caos all’equilibrio del cosmo. La Veglia è proseguita in quattro mo-menti in cui sono stati proclamati brani della Sacra Scrittura, Libro della Genesi ( 1,1-8,19,26,27) , Ezechiele (cap.37,1-10) , Vangelo di Luca ( 1,26-38),Atti degli Apostoli ( Atti 2,1-12), a cui sono seguite le Meditazioni tratte dagli scritti della Venerabile Maria Celeste Crostaro-sa. I quattro momenti sono stati animati in ordine : dal gruppo di Rinnovamento dello Spirito, dal gruppo famiglie, dalle Suore consacrate e dal gruppo dei giova-ni. Sono stati momenti molto intensi in cui ci siamo sentiti veramente fratelli così come gli apostoli uniti nel cenacolo a Gerusalemme insieme a Maria,abbiamo manifestato la nostra appartenenza a Cri-sto e alla Chiesa, pronti ad effondere il buon profumo di Cristo nel mondo. La commozione maggiore quando Don Giuseppe Milo ha proclamato il brano del Vangelo di Luca dal pulpito del Duomo. Toccante l’omelia di Mons. Soricelli sul significato della Pentecoste, sulla forza dello Spirito, sulla necessità di un cam-biamento da parte di coloro che ne rice-vono il sigillo attraverso i Sacramenti, la

necessità di amare Dio e di amarci gli uni gli altri come Gesù ci ha amati. ( Gv.15,12-13). “Solo se lasciamo agire lo Spirito dentro di noi”, ha aggiunto Mons Soricelli, “saremo capaci di supera-re gli attriti, le divisioni, le incompren-sioni per realizzare nella nostra Diocesi il Piano Pastorale “ Camminare Insieme”. Subito dopo l’Omelia vengono portati all’altare sotto forma di puzzle i doni dello Spirito: la Sapienza, l’Intelletto, il Consiglio, la Fortezza, la Scienza, la Pietà ed il Timor di Dio. Si è pregato insieme perché questi doni concessi a tutti posano trasformarci in “buoni testimoni” ed “ annunziatori” della Pasqua che “ sempre si rinnova nella Chiesa”. La preghiera dei fedeli si è alternata all’ invocazione allo Spirito Santo . Dopo la Benedizione fina-le, mentre si è eseguiva un canto di gioia, tutti agitavamo dei nastri colorati conse-gnati all’inizio della Veglia per simboleg-giare lo “Spirito che rinnova tutte le cose e colora le nostre vite”.

Giulia Schiavo

L’IMPORTANZA DELLA SOLIDARIETA’

Anche quest’anno l’Azione Cattolica, presente nella Parrocchia di Santa Maria Assunta, ha promosso ed effettuato varie attività benefiche col nobile fine di dare una mano a chi è più svantaggiato e cerca aiuto. Il culmine di queste attività si è avuto con la Tombolata di Capodanno, sponsorizzata e fortemente voluta dal Comune di Ravello, che ha riscontrato un grande successo che và a sottolineare, ancora una volta, quanta importanza ri-servano i cittadini di Ravello alla benefi-cenza. Come l’anno scorso abbiamo deci-so di destinare l’intero ricavato alla Men-sa dei Poveri "San Francesco" di Salerno. Nel 1994, per l’esattezza il 4 ottobre (data che fu scelta in onore di San Francesco, ispiratore dell’iniziativa), Mario Conte, attuale presidente, fondò in via Porto la Mensa dei Poveri assieme ad un gruppo di volontari, costituitisi nell’Associazione San Francesco. Nella mensa si possono trovare persone di ogni genere; la maggior parte sono

senza fissa dimora, persone con problemi mentali, altri che hanno avuto un passato burrascoso e ora ce l’hanno con il mondo intero, ex detenuti, ex tossicodipenden-ti, persone che bevono. E poi ci sono gli extracomunitari (che credevano di trova-re qui il benessere e invece si trovano in difficoltà), famiglie povere locali, anziani abbandonati e soli. Un mondo che ha bisogno dell'aiuto di tutti. Una media di circa 160 pasti caldi al giorno (primo, secondo, contorno e frutta) vengono distribuiti gratuitamente e consumati a tavola, garantendo a queste persone e alle loro famiglie la sussistenza minima. Benedetto XVI ci dice che la Chiesa non deve solo annunciare la Paro-la, ma anche realizzarla. “Gli uomini chiamati a incaricarsi del ministero della carità devono essere pieni di Spirito Santo”, cioè non possono esse-re solo organizzatori che sanno fare, ma devono fare nello spirito della fede, con la luce di Dio nella sapienza del cuore. La loro funzione, benché soprattutto prati-ca, è tuttavia anche spirituale. La carità e la giustizia non sono solo azio-ni sociali, ma azioni spirituali realizzate nella luce dello Spirito Santo. Nei giorni delle Festività abbiamo inoltre effettuato una raccolta di vari alimenti a lunga sca-denza. Alcuni cartoni sono stati sistemati all’interno del Duomo di Ravello, ac-compagnati da un manifesto che spiegava l’iniziativa. Anche in questo caso i risultati sono stati più che soddisfacenti e le famiglie di Ra-vello hanno contribuito con pasta, scato-lame e latte a lunga conservazione alla nobile causa. Ci tengo a sottolineare la gioia e la gratitudine del Presidente della Mensa San francesco, Mario Conte, quando abbiamo consegnato nelle sue mani la somma di millecinquecento euro e due scatoloni pieni di viveri. A suo nome intendo ringraziare tutti quei cittadini che anche se con poco hanno aiutato il loro prossimo. Da parte nostra contribuiremo sempre con ogni sforzo al pieno successo di queste iniziative, anche se con una donazione magari non esage-rata, ma che va direttamente e intera-mente alle persone bisognose, senza in-termediari e passaggi di dubbia certifica-bilità.

Raffaele Amato

Veglia di Pentecoste 2012

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I moderni mezzi della comunicazione digitale sono ormai entrati a far parte degli strumenti abituali attraverso i quali le comunità ecclesiali si esprimono, en-trando in contatto con il proprio territo-rio ed instaurando, molto spesso, forme di dialogo a più ampio raggio. I motori di ricerca e le reti sociali costi-tuiscono il punto di partenza della comu-nicazione per molte persone che cercano consigli, suggerimenti, informazioni, risposte, il luogo delle domande e delle risposte, come ha ricordato il Santo Pa-dre Benedetto XVI, in occasione della 46a Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali. E’ cambiata la comunicazione: ci troviamo innanzi a un grande fenomeno di trasformazione culturale caratterizzato da un nuovo modo di apprendere e di pensare che offre l’opportunità di stabilire relazioni e costruire momenti di comunione a servi-zio del bene integrale di ciascu-no. ”Cristo ha comandato agli apostoli e ai loro successori di ammaestrare tutti i popoli, di essere "luce del mondo", di pro-clamare il Vangelo senza confini di tempo e di luogo. Come Cri-sto stesso, nella sua vita terrena, ci ha dato la dimostrazione di essere il perfetto "Comunicatore", e come gli apostoli hanno usato le tecniche di comunicazione che avevano a disposizione, così anche oggi l'azione pastorale richiede che si sappiano utilizzare le possibilità e gli stru-menti più recenti” (Communio et Pro-gressio, 126). Consapevole dell’importanza di questo grande mutamento sociale e culturale, la nostra comunità ecclesiale si è dotata, da subito, di un sito internet (www.chiesaravello.it) che intende co-niugare l’azione pastorale con quella cul-turale e favorire la fruizione delle “mirabili chiese” della Città, innanzi alle quali il cuore arde e l’anima si eleva a Dio. Il sito offre l’opportunità di immer-gersi in una Ravello sacra e monumenta-

le, di cogliere l’antica dignità episcopale della Città, la profonda fede che da sem-pre ha animato quanti hanno vissuto in questa terra dalle radici sante. Dal menù è possibile accedere alle varie sezioni dedicate alle chiese, al santo patrono, all’Associazione per le Attività Culturali del Duomo di Ravello e alle preziose pubblicazioni edite in questi anni. Nella sezione “Periodico” è invece possibile consultare “Incontro per una Chiesa Vi-va”, lo strumento di comunicazione nato per mettere a disposizione notizie e in-

formazioni sulla nostra realtà ecclesiale. In questi giorni chiesaravello.it si è arric-chito di un nuovo collegamento dedicato al Museo dell’Opera del Duomo (raggiungibile anche all’indirizzo web: www.museoduomoravello.it) che si pro-pone di portare a conoscenza del popolo della rete le collezioni, le attività e i ser-vizi offerte dal complesso museale. La preziosa funzione pastorale è arricchi-ta da numerose applicazioni: attraverso i cosiddetti “widget”, finestre di varie di-mensioni, è possibile accedere all’Almanacco Liturgico, messo a disposi-zione dalla CEI, che offre contenuti sem-pre aggiornati su: Liturgia del giorno, Liturgia delle ore; Santo del giorno; Le opere e i giorni. Il widget della Santa

Sede, disponibile a partire dal 19 aprile di quest’anno, settimo anniversario dell’elezione di Benedetto XVI, consente invece di accedere in maniera automatica e dinamica ai principali contenuti presen-ti sul sito istituzionale www.vatican.va: le principali novità, gli Angelus della do-menica, le Udienze e il Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede. Una vera e propria finestra su Piazza San Pietro, insomma. Degna di nota è anche la fun-zione denominata “Colloqui con il Parro-co”, rivolta a quanti chiedono un consi-

glio o una parola di conforto mentre altri links permettono di comprendere e assimilare la liturgia del giorno mediante testi e filmati. Non manca poi uno spazio apposito dedicato alle celebrazioni, alla prepara-zione spirituale con richiami ai siti più significativi in cui poter reperire testi e documenti per la pastorale. Da anni, poi, Don Giuseppe Imperato, vero pioniere della web-pastorale, seguendo le indicazioni offerte alla Chiesa del Santo Padre Giovanni Pao-lo II nella 36° Giornata delle Comunicazioni Socia-li (Internet, un nuovo forum per proclamare il vangelo, 2002), ha attivato un prezioso servizio

mediante il quale la liturgia della Parola domenicale viene inviata ogni settimana ad una “mailing list”. Un modo facile, immediato e fortemente efficace per co-municare le verità evangeliche offerte ai cittadini di Ravello, agli amici sparsi nel mondo ed ai numerosi sposi che a Ravel-lo coronano il sogno del proprio amore. Un Seme della Parola che grazie col divi-no aiuto e l’impegno umano potrà fiorire in opere di pace. Tutto questo ed altro ancora è chiesaravello.it. Voce modernis-sima e digitale che viene incontro al desi-derio di senso, di verità e di unità che rimane l’aspirazione più profonda e anti-ca dell’essere umano.

Luigi Buonocore

Chiesaravello.it: la “Lieta Novella” a portata di mouse

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CELEBRAZIONI DEL MESE DI GIUGNO

GIORNI FERIALI, PREFESTIVI E FESTIVI

Ore 18.30: Santo Rosario e Coroncina al Sacro Cuore di Gesù Ore 19.00: Santa Messa

14 - 21-28 GIUGNO: ADORAZIONE EUCARISTICA dopo la S. Messa

3 GIUGNO IX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

SOLENNITA’ DELLA SS. TRINITA’

Ore 8.00-10.30-19.00: Sante Messe

7 GIUGNO

AMALFI - Cattedrale

Ore 18.30: Pontificale e processione del Corpus Domini

10 GIUGNO X DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

SOLENNITA’ DEL CORPUS DOMINI

Ore 8.00-10.30: Sante Messe

19.00: Santa Messa e processione del SS. Sacramento

13 GIUGNO

Festa di Sant’Antonio di Padova

15 GIUGNO Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù

Giornata mondiale di preghiera per la santificazione del Clero

16 GIUGNO Memoria del Cuore Immacolato della B.V. Maria

17 GIUGNO

XI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Ore 8.00-10.30-19.00: Sante Messe

21 GIUGNO

Memoria di S. Luigi Gonzaga

24 GIUGNO SOLENNITA’ DELLA NATIVITA’ DI SAN GIOVANNI BATTISTA

Giornata per la carità del Papa

Ore 8.00-10.30-19.00: Sante Messe

25 GIUGNO

Inizio del mese di preghiera in preparazione della festa patronale

27 GIUGNO

Festa del Patrocinio di Sant’Andrea Apostolo - Patrono Principale dell’Arcidiocesi

29 GIUGNO Festa dei SS. Pietro e Paolo Apostoli

30 GIUGNO

XII Anniversario dell’Ordinazione Episcopale dell’Arcivescovo