Incontro Giugno 2009

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Per una Chiesa Viva www.incontroravello.blogspot.com www.chiesaravello.it Anno V- N. 5 – Giugno 2009 Al termine di questo mese si conclude l’anno paolino che il Sommo Pontefice Benedetto XVI annunciò il 28 giugno dello scorso anno du- rante la celebrazione dei primi vespri della solennità dei Santi apostoli Pietro e Paolo nella Basilica di San Paolo fuori le Mura a Roma. Dal 28 giugno 2008 sino al 29 giu- gno 2009 la Chiesa ha ricordato e celebrato uno storico evento cristiano di grande rile- vanza e di altissimo valore ecumenico per la vita pastorale delle comunità cristiane: il bimillenario della nascita di San Paolo, nato a Tarso, presumibilmente tra il 7 e il 10 d.C. Questo straordinario e provviden- ziale evento ha fortemente stimolato la riflessione teologica che sempre deve nutrire e alimentare l’azione formativa e missionaria della Chiesa, perché Paolo di Tarso, il grande 'apostolo dei gentili che ‘ brilla come stella di prima grandezza nella storia della Chiesa’ è stato e resterà nella storia del cristianesimo un impareg- giabile maestro della fede per tutti i di- scepoli di Cristo. Nel corso dell’anno paolino, con singolare competenza e lim- pidezza di esposizione il Santo Padre, nei numerosi interventi magisteriali e so- prattutto con le sue tradizionali catechesi settimanali, ha lumeggiato la personalità e la dottrina dell’apostolo Paolo, descri- vendone la vita prima e dopo l’esperienza dell’incontro con Gesù Risorto a Dama- sco e la conversione. Tratteggiando il profilo dell’uomo e dell’apostolo, il Papa ha messo in evidenza l’ambiente religioso e culturale di Paolo, la centralità di Gesù Cristo nella vita di Paolo, la sua intima e profonda relazione con Gesù, la sua im- portante cristologia e la sua teologia della croce, la decisività della risurrezione di Gesù nella sua esperienza di fede; la di- mensione ecclesiologica del pensiero di Paolo, l’attesa della Parusia,la dottrina della giustificazione,della fede e delle opere della fede,la concezione paolina dell’apostolato, il ruolo dei Sacramenti. E’ apparso quindi con grande evidenza come a distanza di due millenni, Papa Benedetto, indicendo il Giubileo dell’anno paolino, abbia inteso soprat- tutto invitare la Chiesa a misurarsi con la figura di san Paolo. Essa , infatti, è fonte oltre che di una profonda teologia e di una sempre attuale visione della chiesa, anche di uno specifico concetto dell’uomo salvato e di una nuova conce- zione della società umana rinnovata dalla redenzione di Cristo. La vita di Paolo è sorgente di un modello di esistenza che ruota intorno alla consapevolezza che la fede si vive non come una teoria, ma come risultato dell’accoglienza e della risposta dell’uomo al dono dell’amore che Dio effonde nel suo cuore per mez- zo dello Spirito del Risorto che Egli do- na ad ogni uomo, che apre gli occhi della mente alla luce della Parola di Dio e il cuore all’amore infinito del Padre. L’attualità della dottrina contenuta nelle sue lettere ed il nucleo centrale del mes- saggio di Paolo sta, anzitutto, nella natu- ra stessa della sua esperienza di fede, nella volontà e nel coraggio che questo grande comunicatore religioso dimostra fin dall’inizio del suo cammino di fe- de,scegliendo un cristianesimo non rele- gato nel buio del privato né ripiegato su se stesso, ma aperto a tutti gli uomini, capace finanche di guadagnarsi l’apprezzamento e l’accoglienza da parte della società greco - romana del suo tem- po. Un cristianesimo quello di Paolo in grado di comprendere il contesto cultu- rale circostante da evangelizzare e con cui realmente misurarsi al fine di i cor- reggerne i tratti più a rischio di distorsio- ne o più insidiosi per la dignità della per- sona umana L’anno indetto da Benedetto XVI si è rivelato un vero e proprio dono dello Spirito che coglie l’occasione con- tingente, come il bimillenario della nasci- ta di san Paolo,per orientare il cammino della chiesa e delle singole comunità cri- stiane. L’apostolo Paolo continua ad e- vangelizzare l’umanità di oggi con le sue lettere che non hanno perduto lo smalto dell’attualità che le caratterizza. “Con il suo amore per Cristo Paolo si fa nostro con- temporaneo e rende presente Cristo nell’oggi. Egli ci costringe ad essere contemporanei nell’affrontare le molteplici sfide del presen- te,rifuggendo tradizionalismi fuori luogo,che nascondono la paura di sostenere le sfide mo- derne della comunicazione e dell’etica,ma anche evitando temerarie fughe in avan- ti,vuote di fondamenta. Con Lui il dialogo ecumenico fra credenti in Cristo diventa fecon- do,nel rispetto delle peculiarità di ognuno. Le grandi religioni monoteistiche,come ebrai- smo,cristianesimo e islam possono riscoprire la radice comune della fede di Abramo”. (A.Pitta) Don Giuseppe Imperato Il nostro impegno di discepoli di Cristo dopo la celebrazione dell’anno paolino P ERIODICO DELLA COMUNITÀ ECCLESIALE DI RAVELLO

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(A.Pitta) Don Giuseppe Imperato Anno V- N. 5 – Giugno 2009 PERIODICO DELLA COMUNITÀ ECCLESIALE DI RAVELLO L'auspicio di Benedetto XVI durante la messa di Pentecoste nella basilica Vaticana PAGINA 2 INCONTRO PER UNA CHIESA VIVA PAGINA 3 © Bollettino Santa Sede PAGINA 4 Continua a pagina 6 PAGINA 5 INCONTRO PER UNA CHIESA VIVA PAGINA 6 Giulia Schiavo Continua a pagina 8 PAGINA 7 Raffaele Amato Luigi Buonocore PAGINA 8 Salvatore Amato PAGINA 9

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Per una Chiesa Viva

www.incontroravello.blogspot.com www.chiesaravello.it Anno V- N. 5 – Giugno 2009

Al termine di questo mese si conclude l’anno paolino che il Sommo Pontefice Benedetto XVI annunciò il 28 giugno dello scorso anno du-rante la celebrazione dei primi vespri della solennità dei Santi apostoli Pietro e Paolo nella Basilica di San Paolo fuori le Mura a Roma. Dal 28 giugno 2008 sino al 29 giu-gno 2009 la Chiesa ha ricordato e celebrato uno storico evento cristiano di grande rile-vanza e di altissimo valore ecumenico per la vita pastorale delle comunità cristiane: il bimillenario della nascita di San Paolo, nato a Tarso, presumibilmente tra il 7 e il 10 d.C. Questo straordinario e provviden-ziale evento ha fortemente stimolato la riflessione teologica che sempre deve nutrire e alimentare l’azione formativa e missionaria della Chiesa, perché Paolo di Tarso, il grande 'apostolo dei gentili che ‘ brilla come stella di prima grandezza nella storia della Chiesa’ è stato e resterà nella storia del cristianesimo un impareg-giabile maestro della fede per tutti i di-scepoli di Cristo. Nel corso dell’anno paolino, con singolare competenza e lim-pidezza di esposizione il Santo Padre, nei numerosi interventi magisteriali e so-prattutto con le sue tradizionali catechesi settimanali, ha lumeggiato la personalità e la dottrina dell’apostolo Paolo, descri-vendone la vita prima e dopo l’esperienza dell’incontro con Gesù Risorto a Dama-sco e la conversione. Tratteggiando il profilo dell’uomo e dell’apostolo, il Papa ha messo in evidenza l’ambiente religioso e culturale di Paolo, la centralità di Gesù Cristo nella vita di Paolo, la sua intima e profonda relazione con Gesù, la sua im-portante cristologia e la sua teologia della croce, la decisività della risurrezione di Gesù nella sua esperienza di fede; la di-mensione ecclesiologica del pensiero di

Paolo, l’attesa della Parusia,la dottrina della giustificazione,della fede e delle opere della fede,la concezione paolina dell’apostolato, il ruolo dei Sacramenti. E’ apparso quindi con grande evidenza come a distanza di due millenni, Papa Benedetto, indicendo il Giubileo dell’anno paolino, abbia inteso soprat-tutto invitare la Chiesa a misurarsi con la figura di san Paolo. Essa , infatti, è fonte oltre che di una profonda teologia e di una sempre attuale visione della chiesa, anche di uno specifico concetto

dell’uomo salvato e di una nuova conce-zione della società umana rinnovata dalla redenzione di Cristo. La vita di Paolo è sorgente di un modello di esistenza che ruota intorno alla consapevolezza che la fede si vive non come una teoria, ma come risultato dell’accoglienza e della risposta dell’uomo al dono dell’amore che Dio effonde nel suo cuore per mez-zo dello Spirito del Risorto che Egli do-na ad ogni uomo, che apre gli occhi della mente alla luce della Parola di Dio e il cuore all’amore infinito del Padre. L’attualità della dottrina contenuta nelle sue lettere ed il nucleo centrale del mes-

saggio di Paolo sta, anzitutto, nella natu-ra stessa della sua esperienza di fede, nella volontà e nel coraggio che questo grande comunicatore religioso dimostra fin dall’inizio del suo cammino di fe-de,scegliendo un cristianesimo non rele-gato nel buio del privato né ripiegato su se stesso, ma aperto a tutti gli uomini, capace finanche di guadagnarsi l’apprezzamento e l’accoglienza da parte della società greco - romana del suo tem-po. Un cristianesimo quello di Paolo in grado di comprendere il contesto cultu-rale circostante da evangelizzare e con cui realmente misurarsi al fine di i cor-reggerne i tratti più a rischio di distorsio-ne o più insidiosi per la dignità della per-sona umana L’anno indetto da Benedetto XVI si è rivelato un vero e proprio dono dello Spirito che coglie l’occasione con-tingente, come il bimillenario della nasci-ta di san Paolo,per orientare il cammino della chiesa e delle singole comunità cri-stiane. L’apostolo Paolo continua ad e-vangelizzare l’umanità di oggi con le sue lettere che non hanno perduto lo smalto dell’attualità che le caratterizza. “Con il suo amore per Cristo Paolo si fa nostro con-temporaneo e rende presente Cristo nell’oggi. Egli ci costringe ad essere contemporanei nell’affrontare le molteplici sfide del presen-te,rifuggendo tradizionalismi fuori luogo,che nascondono la paura di sostenere le sfide mo-derne della comunicazione e dell’etica,ma anche evitando temerarie fughe in avan-ti,vuote di fondamenta. Con Lui il dialogo ecumenico fra credenti in Cristo diventa fecon-do,nel rispetto delle peculiarità di ognuno. Le grandi religioni monoteistiche,come ebrai-smo,cristianesimo e islam possono riscoprire la radice comune della fede di Abramo”. (A.Pitta) Don Giuseppe Imperato

Il nostro impegno di discepoli di Cristo dopo la celebrazione dell’anno paolino

PERIODICO DELLA COMUNITÀ ECCLESIALE DI RAVELLO

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PAGINA 2 INCONTRO PER UNA CHIESA VIVA

Cari fratelli e sorelle! Ogni volta che celebriamo l'Eucaristia, viviamo nella fede il mistero che si com-pie sull'altare, partecipiamo cioè al su-premo atto di amore che Cristo ha realiz-zato con la sua morte e risurrezione. L'unico e medesimo centro della liturgia e della vita cristiana - il mistero pasquale - assume poi, nelle diverse solennità e feste, "forme" specifiche, con ulteriori significati e con particolari doni di grazia. Tra tutte le solennità, la Pentecoste si distingue per importanza, perché in essa si attua quello che Gesù stesso aveva annunciato essere lo scopo di tutta la sua missione sulla terra. Mentre infatti saliva a Gerusalemme, aveva dichiarato ai di-scepoli: "Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso!" (Lc 12,49). Queste parole tro-vano la loro più evidente realizzazione cinquanta giorni dopo la risurrezione, nella Pentecoste, antica festa ebraica che nella Chiesa è diventata la festa per ec-cellenza dello Spirito Santo: "Apparvero loro lingue come di fuoco... e tutti furo-no colmati di Spirito Santo" (At 2,3-4). Il vero fuoco, lo Spirito Santo, è stato portato sulla terra da Cristo. Egli non lo ha strappato agli dèi, come fece Prome-teo, secondo il mito greco, ma si è fatto mediatore del "dono di Dio" ottenendo-lo per noi con il più grande atto d'amore della storia: la sua morte in croce. Dio vuole continuare a donare questo "fuoco" ad ogni generazione umana, e naturalmente è libero di farlo come e quando vuole. Egli è spirito, e lo spirito "soffia dove vuole" (cfr Gv 3,8). C'è però una "via normale" che Dio stesso ha scelto per "gettare il fuoco sulla terra": questa via è Gesù, il suo Figlio Unigenito incarnato, morto e risorto. A sua volta, Gesù Cristo ha costituito la Chiesa quale suo Corpo mistico, perché ne prolunghi la missione nella storia. "Ricevete lo Spirito Santo" - disse il Signore agli Apo-stoli la sera della risurrezione, accompa-gnando quelle parole con un gesto e-spressivo: "soffiò" su di loro (cfr Gv 20,22). Manifestò così che trasmetteva

ad essi il suo Spirito, lo Spirito del Padre e del Figlio. Ora, cari fratelli e sorelle, nell'odierna solennità la Scrittura ci dice ancora una volta come dev'essere la co-munità, come dobbiamo essere noi per ricevere il dono dello Spirito Santo. Nel racconto, che descrive l'evento di Pente-coste, l'Autore sacro ricorda che i disce-poli "si trovavano tutti insieme nello stesso luogo". Questo "luogo" è il Cena-colo, la "stanza al piano superiore" dove Gesù aveva fatto con i suoi Apostoli l'Ul-tima Cena, dove era apparso loro risor-to; quella stanza che era diventata per così dire la "sede" della Chiesa nascente (cfr At 1,13). Gli Atti degli Apostoli tuttavia, più che insistere sul luogo fisi-co, intendono rimarcare l'atteggiamento interiore dei discepoli: "Tutti questi era-no perseveranti e concordi nella preghie-ra" (At 1,14). Dunque, la concordia dei discepoli è la condizione perché venga lo Spirito Santo; e presupposto della con-cordia è la preghiera. Questo, cari fratelli e sorelle, vale anche per la Chiesa di oggi, vale per noi, che siamo qui riuniti. Se vogliamo che la Pentecoste non si riduca ad un semplice rito o ad una pur suggestiva commemo-razione, ma sia evento attuale di salvez-za, dobbiamo predisporci in religiosa attesa del dono di Dio mediante l'umile e silenzioso ascolto della sua Parola. Per-ché la Pentecoste si rinnovi nel nostro tempo, bisogna forse - senza nulla toglie-re alla libertà di Dio - che la Chiesa sia meno "affannata" per le attività e più dedita alla preghiera. Ce lo insegna la Madre della Chiesa, Maria Santissima, Sposa dello Spirito Santo. Quest'anno la Pentecoste ricorre proprio nell'ultimo giorno di maggio, in cui si celebra solita-mente la festa della Visitazione. Anche quella fu una sorta di piccola "pentecoste", che fece sgorgare la gioia e la lode dai cuori di Elisabetta e di Maria, una sterile e l'altra vergine, divenute entrambe madri per straordinario inter-vento divino (cfr Lc 1,41-45). La musica e il canto, che accompagnano questa nostra liturgia, ci aiutano anch'essi ad

essere concordi nella preghiera, e per questo esprimo viva riconoscenza al Co-ro del Duomo e alla Kammerorchester di Colonia. Per questa liturgia, nel bicente-nario della morte di Joseph Haydn, è stata infatti scelta molto opportunamente la sua Harmoniemesse, l'ultima delle "Messe" composte dal grande musicista, una sublime sinfonia per la gloria di Dio. A voi tutti convenuti per questa circo-stanza rivolgo il mio più cordiale saluto. Per indicare lo Spirito Santo, nel raccon-to della Pentecoste gli Atti degli Apostoli utilizzano due grandi immagini: l'imma-gine della tempesta e quella del fuoco. Chiaramente san Luca ha in mente la teofania del Sinai, raccontata nei libri dell'Esodo (19,16-19) e del Deuterono-mio (4,10-12.36). Nel mondo antico la tempesta era vista come segno della po-tenza divina, al cui cospetto l'uomo si sentiva soggiogato e atterrito. Ma vorrei sottolineare anche un altro aspetto: la tempesta è descritta come "vento impe-tuoso", e questo fa pensare all'aria, che distingue il nostro pianeta dagli altri astri e ci permette di vivere su di esso. Quello che l'aria è per la vita biologica, lo è lo Spirito Santo per la vita spirituale; e co-me esiste un inquinamento atmosferico, che avvelena l'ambiente e gli esseri vi-venti, così esiste un inquinamento del

La Chiesa attraversa l'oceano della storia sospinta dal soffio dello Spirito

L'auspicio di Benedetto XVI durante la messa di Pentecoste nella basilica Vaticana

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PAGINA 3 INCONTRO PER UNA CHIESA VIVA cuore e dello spirito, che mortifica ed avvelena l'esistenza spirituale. Allo stesso modo in cui non bisogna assuefarsi ai ve-leni dell'aria - e per questo l'impegno ecologico rappresenta oggi una priorità -, altrettanto si dovrebbe fare per ciò che corrompe lo spirito. Sembra invece che a tanti prodotti inquinanti la mente e il cuore che circolano nelle nostre società - ad esempio immagini che spettacolarizza-no il piacere, la violenza o il disprezzo per l'uomo e la donna - a questo sembra che ci si abitui senza difficoltà. Anche questo è libertà, si dice, senza riconosce-re che tutto ciò inquina, intossica l'animo soprattutto delle nuove generazioni, e finisce poi per condizionarne la stessa libertà. La metafora del vento impetuoso di Pentecoste fa pensare a quanto invece sia prezioso respirare aria pulita, sia con i polmoni, quella fisica, sia con il cuore, quella spirituale, l'aria salubre dello spiri-to che è l'amore! L'altra immagine dello Spirito Santo che troviamo negli Atti degli Apostoli è il fuoco. Accennavo all'inizio al confronto tra Gesù e la figura mitologica di Prome-teo, che richiama un aspetto caratteristico dell'uomo moderno. Impossessatosi delle energie del cosmo - il "fuoco" - l'essere umano sembra oggi affermare se stesso come dio e voler trasformare il mondo escludendo, mettendo da parte o addirit-tura rifiutando il Creatore dell'universo. L'uomo non vuole più essere immagine di Dio, ma di se stesso; si dichiara autono-mo, libero, adulto. Evidentemente tale atteggiamento rivela un rapporto non autentico con Dio, conseguenza di una falsa immagine che di Lui si è costruita, come il figlio prodigo della parabola e-vangelica che crede di realizzare se stesso allontanandosi dalla casa del padre. Nelle mani di un uomo così, il "fuoco" e le sue enormi potenzialità diventano pericolosi: possono ritorcersi contro la vita e l'uma-nità stessa, come dimostra purtroppo la storia. A perenne monito rimangono le tragedie di Hiroshima e Nagasaki, dove l'energia atomica, utilizzata per scopi bellici, ha finito per seminare morte in proporzioni inaudite. Si potrebbero in verità trovare molti esempi, meno gravi eppure altrettanto sintomatici, nella real-tà di ogni giorno. La Sacra Scrittura ci rivela che l'energia capace di muovere il mondo non è una forza anonima e cieca,

ma è l'azione dello "spirito di Dio che aleggiava sulle ac-que" (Gn 1,2) all'i-nizio della creazio-ne. E Gesù Cristo ha "portato sulla terra" non la forza vitale, che già vi abitava, ma lo Spirito Santo, cioè l'amore di Dio che "rinnova la faccia della terra" purificandola dal male e liberandola dal dominio della morte (cfr Sal 103/104,29-30). Questo "fuoco" puro, essenziale e personale, il fuoco dell'amore, è disceso sugli Apostoli, riuniti in preghiera con Maria nel Cenacolo, per fare della Chiesa il prolungamento dell'opera rinnovatrice di Cristo. Infine, un ultimo pensiero si ricava anco-ra dal racconto degli Atti degli Apostoli: lo Spirito Santo vince la paura. Sappiamo come i discepoli si erano rifugiati nel Ce-nacolo dopo l'arresto del loro Maestro e vi erano rimasti segregati per timore di subire la sua stessa sorte. Dopo la risurre-zione di Gesù questa loro paura non scomparve all'improvviso. Ma ecco che a Pentecoste, quando lo Spirito Santo si posò su di loro, quegli uomini uscirono fuori senza timore e incominciarono ad annunciare a tutti la buona notizia di Cri-sto crocifisso e risorto. Non avevano al-cun timore, perché si sentivano nelle mani del più forte. Sì, cari fratelli e sorel-le, lo Spirito di Dio, dove entra, scaccia la paura; ci fa conoscere e sentire che siamo nelle mani di una Onnipotenza d'amore: qualunque cosa accada, il suo amore infinito non ci abbandona. Lo di-mostra la testimonianza dei martiri, il coraggio dei confessori della fede, l'intre-pido slancio dei missionari, la franchezza dei predicatori, l'esempio di tutti i santi, alcuni persino adolescenti e bambini. Lo dimostra l'esistenza stessa della Chiesa che, malgrado i limiti e le colpe degli uomini, continua ad attraversare l'oceano della storia, sospinta dal soffio di Dio e animata dal suo fuoco purificatore. Con questa fede e questa gioiosa speranza ri-petiamo oggi, per intercessione di Maria: "Manda il tuo Spirito, Signore, a rinnova-re la terra!” © Bollettino Santa Sede

Un anno fa, il 22 maggio 2008, moriva Paolo Giuntella. Giornalista e scrittore che ha lavorato per alcuni quotidiani ("Il Popolo", "Avvenire", "Il Mattino").Dal 1999 seguiva per il Tg1 della Rai l'attività del presidente della Repubblica. Di segui-to pubblichiamo un suo interessantissimo inedito. “Caro amico, tu mi dici, come si fa ad avere speranza in tempi come que-sto? Tempi di guerra, di terrore, letteral-mente, di opposti fondamentalismi, di razzismi, di lavoro e sentimenti precari, di disuguaglianze e ingiustizie? Come si fa a sperare e chi continua, spes contra spem, a s p e r a r e ? E s o p r a t t u t t o , c o s a s p e r a l a g e n t e ? Beh, ti dovessi dire... io non sono così pessimista. In realtà c'è più gente che spera di quanto non si creda. D'altra par-te io sono della scuola di François Varil-lon: la speranza è un istinto genetico, costitutivo, dell'uomo. La speranza di cambiare vita, la speranza di un diverso orizzonte, la speranza, magari anche solo il sogno, di uscire dal tunnel dell'oppres-sione, della servitù, della depressione, della miseria, la speranza di una vita oltre la vita, la speranza di una nuova scoperta, la speranza di conoscere il mistero della vita... La ragione è alla radice della spe-ranza. Perché? Non potrebbe apparire il contrario? No, la disperazione è il rifiuto di affrontare con la ragione il problema del senso ultimo della vita, del senso della storia, rimanendo prigionieri, in modo irrazionale ed emotivo, dei dati immedia-ti, duri e oscuri, dell'esistenza e dell'in-giustizia, del mistero del male, del dolo-re, della morte, dell'insensatezza delle crudeltà, della violenza... Se vuoi, la spe-ranza è la risposta alla disperazione, la risposta al senso del limite, della finitez-za, è, come dire, una pretesa della ragio-ne di cercare di intuire il senso della vita oltre l'insensatezza apparente, la ricerca del sentiero per dare una spiegazione al desiderio e ai momenti di felicità, di gio-ia, all'amore, all'amicizia, alla solidarietà, di riconoscere l'esigenza insopprimibile di un oltre, di un Altro,l’istinto dell’eterno,del divino,dell’infinito.Un po’come definire il nostro tempo secola-rizzato,un po’ come parlare di eclissi del sacro. Continua a pag 4

I cattolici pessimisti sono una bestemmia vivente

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Mai visto un'epoca più intrisa di sacro, di deificazione, di sacralizzazione, di tante banalità: dalle identità etniche al libero mercato, dalle etnie alla ricchezza, dal sesso al diritto di proprietà privata, dal tifo sportivo al look, all'apparenza, dall'a-vere all'apparire, dal successo agli status symbol, per non parlare delle sette reli-giose, del recupero delle radici religiose in funzione culturale, identitaria di "civiltà contro" sino a tutte le liturgie laiche e tutti i templi profa-ni: la borsa, le banche, i centri commer-ciali, gli outlet, i cosiddetti eventi musi-cali o televisivi, sportivi o politici, persi-no le piste ciclabili e i mercatini etnici... Il problema, hai ragione tu, è piuttosto capire cosa, oggi, in queste ore, in questi mesi, in questi anni, sperano gli uomini e le donne, i giovani, i ragazzi, gli anziani. Cosa spera l'umanità che è prigioniera degli orizzonti precari della vita, dal la-voro precario alla precarietà e alla fram-mentazione degli affetti, dei legami pro-fondi, dell'idea stessa di patto, alleanza, amicizia, amore, e persino alla precariz-zazione delle stesse convinzioni etiche e politiche? Cosa sperano i prigionieri delle liturgie secolarizzate del nostro tempo, nei centri commerciali, negli outlet, nei supermercati, nei mercatini domenicali? Cosa credono che sia la speranza tutte le donne e gli uomini che ritmano la loro vita con la lingua degli spot, con i giochi, i serial e i gossip televisivi, con la seduta in palestra e la seduta in pizzeria, la sta-gione dei saldi e quella delle emozioni collettive (dalla solidarietà via sms, alle grandi paure per gli attentati e alle grandi fiction o alla programmazione cinemato-grafica e televisiva natalizia)... Per molti la speranza è un'automobile nuova, è la casa, la prima casa, ma anche la seconda casa, una storia d'amore, una serata di sesso, un contratto di lavoro, il lavoro a tempo indeterminato, una pro-mozione, una comparsata televisiva, una vacanza, una crociera, un colpo di fortu-na, un grande successo di denaro o di carriera, il nuovo ipod, un nuovo super dvd, un nuovo frigorifero. Secolarizzate le grandi speranze politiche o rivoluzio-narie, ridotta allo stato laicale la speranza cristiana, la speranza diffusa di molti oc-

cidentali è quella di fuggire dall'angoscia, dai grandi interrogativi sulla vita e sulla morte, o dalla precarietà con supplemen-ti di gratificazioni materialiste ravvicina-te, con piccole attese di felicità istantane-a. Il nostro è tempo di liofilizzati e non di obiettivi differiti, di progetti da costrui-r e , e d a c o n d i v i d e r e . Questo è vero. Ma io non credo all'eclissi della speranza. Tu mi avverti: attento, non mi replicare con le solite dosi di buonismo retorico, di falso perbenismo, di speranzismo cattolico da omelia o do-cumento ecclesiale, o di ottimismo laico della volontà... Ebbene hai ancora ragio-ne. Cercherò di dirti la mia evitando i

luoghi comuni melassati. Il vero rischio di oggi è la non speranza. Su questo sono d'accordo. Ma la non speranza è il non cristianesimo. Perché la speranza cristiana, che non necessariamente coincide con la conversione del mondo e il trionfo del bene sul male sulla Terra, è il fondamen-to escatologico del cristianesimo. E senza fondamento escatologico non esiste né esperienza di fede, né trascendenza. I cattolici pessimisti, come i cattolici mu-soni o i cristiani moralisti, sono una be-stemmia vivente. Inutile che ti ricordi ancora una volta il poema di Charles Pé-guy, Il portico della seconda virtù, quando si sbilancia: "La virtù che amo di più, dice

i l Signore, è la speranza". Per i cristiani, insomma, il limite invali-cabile resta la concezione autentica e non sdolcinata della speranza cristiana: la tensione escatologica che ridimensiona ogni illusione e ogni progetto umano. Tutto questo neo-cristianesimo senza Parola, senza Vangelo, ridotto - come ci siamo detti tante volte ma giova pur sempre ripeterlo - a identità culturale, addirittura a identità geopolitica, questo cristianesimo senza stranieri, senza sama-ritani e samaritane, senza prostitute, senza pubblicani e senza Zaccheo, senza adultere e senza poveri, dunque senza speranza, senza riscatto, senza giustizia, senza eguaglianza, senza fraternità, senza libertà - quella vera, quella del grido degli schiavi freedom, freedom over me, non quella dei neoliberisti che vogliono libe-rarsi solo dalle regole, dalle costituzioni scritte, dall'indipendenza e autonomia dei poteri - tutto questo cristianesimo dei valori proclamati e non vissuti, dei valori "ideologici" e non biblici, dei valo-ri conservatori, ebbene questo cristiane-simo post-cristiano e senza speranza è il v e r o p r o b l e m a . La lezione dei martiri e dei profeti ci porta a una necessaria, non rinviabile scelta di campo: la strada della felicità, quella dell'avventura cristiana. La Croce è il segno eterno, nella storia ma oltre la storia, nel tempo ma oltre il tempo e lo spazio, che il Dio della nostra esperienza di fede non è il Dio del potere, della potenza, del dominio, ma il Dio Amore della apparente sconfitta nella storia, nel t e m p o , i l D i o c r o c i f i s s o . Per questo noi non dobbiamo avere pau-ra della depressione, dei momenti di bassa in cui vediamo tutto nero, dal pia-no personale a quello politico. La dispe-razione è parte della condizione umana, ce lo insegna una delle più intense e-spressioni musicali, il blues. Se non attra-versassimo momenti cupi saremmo per-fetti, cioè non saremmo umani, perché la nostra è condizione di finitudine e di limite. Solo avvertendo tutto l'abisso, e tuttavia tutti i raggi di luce, tutto il dolo-re ma anche tutte le energie di allegria, innamoramento, estasi, della nostra e-sperienza carnale e dunque storica, pos-siamo credere - e possiamo farlo con la ragione, con l'intelligenza razionale - in

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un riscatto, nella redenzione, della chia-mata a una Città Futura pienezza dei tempi, speranza compiuta finalmente, perciò pienezza di umanità, anzi di divino-umanità. Se Dio è Amore la speranza non può essere vissuta in solitudine. Se Dio è Amore la sua conoscenza, diventa-re intimi di Dio, vivere con Dio, essere intimi di un Amore che rende liberi, che suscita e crea libertà, vuol dire cercare anzitutto di nutrirmi di questo amore infinito che rende liberi in modo assoluto totale e già ora. È una convinzione pro-fonda maturata nella mia esperienza di vita, nel mio viaggiare, nel mio leggere, nella mia strada che dalla ragione porta alla fede, a una fede liberante, appagante, fondamento di piacere non di dovere. Croce e Resurrezione sono l'inizio di un percorso di trasfigurazione che siamo chiamati a percorrere credendoci e spe-randoci. Questa è l'eredità, la lezione che ci è stata data. E se riusciamo a metterci su questa strada non con condizioni parti-colari di privilegio, ma dovendo fare i conti quotidiani con il lavoro, con i pan-nolini da cambiare, con figli da tirar su, avremo incarnato la speranza che condi-vidiamo con tanti altri.

Paolo Giuntella Conosciamo ed amiamo

il Cuore di Gesù Quando abbiamo la fortuna di poter sco-prire un vero amico, il nostro cuore esul-ta nella certezza che abbiamo trovato un “tesoro” Il nostro cuore è felice per la luce di un affetto vero, sincero, disinte-ressato e per la possibilità di un consiglio e di un aiuto, che può risolvere, a volte, le difficili situazioni della nostra vita. Tra le innumerevoli qualità e doti dell’amico, il più delle volte, elogiamo il suo cuore, cioè quei sentimenti e quelle azioni che sono capaci di poter consolare il nostro cuore e ridonare la fiducia per-duta nel momento della sofferenza e del dolore. Nel corso dei secoli, molti uomini e don-ne hanno sperimentato il vertice altissi-mo dell’amicizia. Nella Bibbia si annove-ra l’episodio di Davide e di Gionata, che difese l’amico dalla vendetta del padre Saul. Anche nella storia degli uomini si annoverano storie bellissime di fedeltà e coraggio come sui campi di battaglia o

nella vita comune. Al vertice di tutte le più belle amicizie, molti uomini e donne hanno sperimentato che c’è un’amicizia superlativa che esprime la verità più grande di tutto l’Universo: Dio c’è e ci ama! Questa amicizia concreta è quella di Gesù che non ci abbandona mai e ci ac-compagna nelle situazioni più difficili della vita. Gesù è l’amico capace di perdonare sem-pre, come avvenne con Pietro e la Mad-dalena, di commuoversi dinanzi alle sof-ferenze degli altri, come avvenne con Marta e Maria in pianto per la morte di Lazzaro. Gesù è il Salvatore che si lascia facilmen-te piegare dalla preghiera fiduciosa degli uomini, come avvenne negli innumere-voli incontri con malati, ciechi, zoppi che soffrivano. Numerosi uomini e donne, a volte cri-stiani o ancora non credenti, leggendo il Vangelo si sono resi conto che la qualità più dolce e consolante di Gesù è il Suo Cuore, di cui ne hanno avvertito la subli-mità dei sentimenti e della eccezionale Misericordia, espressa non solo nelle pagine della Sacra Scrittura, ma anche in numerosi e straordinari colloqui avvenuti nel corso dei secoli in alcune apparizioni o nel segreto della preghiera sincera. Il Sacratissimo Cuore di Gesù non si rive-lò solo a Santa Margherita Maria Alaco-que, comunicandole i suoi desideri e le sue promesse, ma continua a rivelarsi con la Sua Potenza d’Amore e di Misericordia a tanti che fiduciosi cercano Dio nella

loro vita. La devozione al Sacratissimo Cuore di Gesù è la possibilità concreta perché “i buoni diventino migliori, i tie-pidi fervorosi e i peccatori si converta-no”. In questo mese abbiamo la possibili-tà di conoscere ed amare il Cuore del Divino Maestro e incamminarci verso la santità che è gioia e perfezione di vita. La gioia, dono che scaturisce dall’amicizia umana, è il Dono Spirituale che viene effuso dal Cuore del nostro Salvatore. Ecco allora qualche suggerimento prati-co. Vuoi sperimentare che Dio esiste e che interviene, a volte subito o magari dopo qualche tempo, nella tua vita? Vuoi tornare alla radicalità del Vangelo ed aprirti ad una esperienza vissuta della fede? Vuoi ritrovare la gioia di un collo-quio intimo e cordiale con Colui che è l’amico per sempre, che ha dato la sua Vita per noi? Vuoi affrontare problemi delicati che assillano la tua vita cercando il consiglio dell’ Amico Gesù, l’Onnipotente che sulla Croce ci ha affi-dati alla Beata Vergine Maria? Ricorda che come ogni amicizia umana richiede quella cura e attenzione che si realizza incontrando l’amico, esprimen-dogli il proprio pensiero, ascoltando la sua parola e mostrandogli vicinanza e gratitudine, così devi cominciare a colti-vare il tuo rapporto di amicizia con Gesù. Tre propositi possono sintetizzare quanto detto: Adorazione, preghiera e riparazio-ne. In questo mese incontra il Signore presente nel Santissimo Sacramento ed adoralo. Conferma la tua fede in lui, ripetendogli spesso dinanzi al Tabernacolo le parole di San Tommaso: “Gesù, Tu sei il mio Si-gnore e il mio Dio!” Invocalo, affidan-dogli tutte le tue preoccupazioni e ricor-da le Sue Parole: “Tutto quello che do-mandate nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi sarà accordato”. (Mc 11,24). Chiedigli aiuto e protezione non solo per te, ma intercedi per tutti i tuoi fratelli che hanno bisogno della tua preghiera, soprattutto per i tuoi nemici. Ripara, cioè agisci per porre rimedio alle offese, ai danni spirituali provocati dai peccati personali ed altrui, moltipli-cando i fioretti e gli atti di amore.

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Soprattutto fidati di Gesù ed impara la preghiera “ Cuore divino di Gesù, io ti offro per mezzo del Cuore Immacolato di Maria, madre della Chiesa, in unione al Sacrificio eucaristico, le preghiere, le a-zioni, le gioie e le sofferenze di questo giorno in riparazione dei peccati, per la salvezza di tutti gli uomini, nella grazia dello Spirito Santo, a gloria del divin Padre”. Essa ti svela un Segreto. Gesù ci aiuta presso il Padre. Non è un Dio distaccato, in attesa di sacrifici ed of-ferte. Gesù è l’Amico che si offre quotidianamente sull’altare per le tue intenzioni e necessità. Ecco l’importanza della Santa Messa. In conclusione ti raccomando: Partecipa all’Adorazione parrocchiale e vivi qualche momento personale di incon-tro con il Signore dinanzi al Taberna-colo. Invocalo con la preghiera al Sa-cro Cuore e offrigli, con un cuore innamorato e devoto, tanti atti di a-more durante la tua giornata. I frutti non tarderanno ad illuminare la tua vita con gioia e serenità.

Don Carlo Magna

Cresimarsi perché? II PARTE

2. Che cos’è la cresima? Secondo le parole della liturgia è il sacramento - cioè il segno efficace dell’agire divino - in cui ci viene donato “il sigillo dello Spirito Santo”. Lo Spirito viene a prendere pos-sesso del nostro cuore, realizzando in noi quello che dice l’apostolo Paolo nella Lettera ai Romani: “L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato da-to” (5,5). Può comprendere, allora, la grandezza di questo dono chi sente quan-to sia importante e insieme quanto sia difficile amare, scoprendo nel profondo di sé il bisogno di una forza che venga dall’alto e lo renda capace di amore al di là di ogni fragilità e paura. È una necessi-tà che appare in tutta la sua urgenza an-che dopo aver ricevuto il dono del batte-

simo. Lo vediamo in questo episodio della vita della Chiesa nascente: “Gli A-postoli, a Gerusalemme, seppero che la Samaria aveva accolto la parola di Dio e vi inviarono Pietro e Giovanni. Essi di-scesero e pregarono per loro perché rice-vessero lo Spirito Santo; non era infatti ancora sceso sopra nessuno di loro, ma erano stati soltanto battezzati nel nome del Signore Gesù. Allora imponevano loro le mani e quelli ricevevano lo Spirito Santo” (Atti degli Apostoli 8,14-17). Chi è questo Spirito Santo? Nel Dio, che è Amore, c’è un eterno Amante, il Padre, da sempre e per sempre sorgente di amo-re; c’è un eterno Amato, il Figlio, che accoglie l’amore e lo ricambia, insegnan-doci che anche il ricevere è divino; e c’è l’Amore personale, donato dall’Uno all’Altro, lo Spirito, che è al tempo stes-so il vincolo che unisce il Padre e il Figlio e colui che apre il loro amore ad effon-dersi nella creazione. I Tre sono uno nella comunione profondissima dell’amore divino, l’unico Dio nella Tri-nità delle Persone. Quando lo Spirito viene ad abitare in noi, agisce al tempo stesso come vincolo di unità e sorgente di libertà: unisce il nostro cuore al Padre, vi rende presente Gesù e ci spinge a darci agli altri nell’amore, valorizzando in pie-no la nostra libertà: “Se viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito” (Galati 5, 25). Cammina secon-do lo Spirito chi vive la fede, la speranza e la carità, testimoniando agli altri con gioia e convinzione la bellezza di Dio. 3. Che cosa opera lo Spirito Santo in chi lo riceve? “Il frutto dello Spiri-to” – scrive l’apostolo Paolo - è “amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bon-tà, fedeltà, mitezza, dominio di sé” (Galati 5,22). Perché possiamo vivere questi frutti, lo Spirito effonde in noi i suoi doni, aiutandoci così a corrisponde-re alla chiamata divina per ognuno di noi. Quali sono questi doni? Gli stessi che secondo il profeta Isaia Dio farà al Messi-a: “Su di lui si poserà lo Spirito del Signo-

re, spirito di sapienza e di intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signo-re” (Isaia 11,1-2). A questi sei doni la riflessione della fede - a partire dalla tra-duzione latina della Bibbia - ha aggiunto il dono della pietà, che in qualche modo unifica tutti gli altri nell’adorazione umi-le e innamorata di Dio. Si parla perciò dei sette doni dello Spirito Santo: sapien-za, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà e timor di Dio. In essi si può rico-noscere quello che la cresima è in grado di produrre in noi. Il dono della sapienza ci aiuta a vedere l’insieme del mondo e della vita in Dio, ad assaporare nel rap-porto con Lui il senso, che dà luce e forza a ogni passo del nostro cammino. Il dono dell’intelletto ci educa a leggere in ogni situazione la Sua presenza e a discernere concretamente quello che Lui ci chiede. Il dono del consiglio ci guida nelle diver-se decisioni da prendere perché possiamo preferire ciò che è giusto davanti a Dio a ciò che sembra utile agli occhi del mon-do, e metterci così al servizio degli altri con generosità. Il dono della fortezza ci rende fedeli al Signore nella varietà dei momenti e delle stagioni della vita, affin-ché non ci lasciamo sedurre da tentazioni di egoismo o da calcoli di opportunità. Il dono della scienza è quello che scaturisce dal misurare ogni conoscenza sul mistero ultimo che avvolge tutte le cose, supe-rando le ristrettezze di una visione che si fermi solamente a ciò che appare: grazie ad esso possiamo sperimentare come sia vero che “non è la conoscenza che illumi-na il mistero, ma il mistero che illumina la conoscenza” (Pavel Evdokimov). Il dono della pietà è quello che accende in noi la tenerezza per Dio, l’essere inna-morati di Lui e il desiderare di rendergli gloria in ogni cosa. Grazie a questo dono non cercheremo solo le consolazioni di Dio, ma desidereremo fargli compagnia tanto nella Sua gioia, quanto nel Suo do-lore per il peccato del mondo.

Mons. Bruno Forte

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Domenica, 7 Giugno 2009, Solennità della S.S. Trinità, durante la Celebrazio-ne Eucaristica delle 10,30, in Duo-mo ,ventisei fanciulli della nostra Comu-nità Parrocchiale, si avvicineranno per la prima volta al Sacramento dell’Eucaristia. Sono : Amato Alice, Cap-potto Carmentea e Natalia, Cioffi Ales-sio, Cioffi Giuseppe, Cioffi Ida, Cioffi Sergio, Cioffi Simone, Cioffi Sonia, Ci-vale Giulia, Di Pino Pasquale, Imperato Francesca, Imperato Fulvia, Malafronte Claudia, Mandaro Vittoria, Mansi Alfon-so, Maresca Ferdinando, Mormile Gio-vanni, Palumbo Chiara, Palumbo Jacopo, Pappalardo Giacomo, Pecci Barbara, Scala Federica, Schiavo Angela, Schiavo Vittorio. Abbiamo la gioia di ospitare una bambina, Perego Sara, che verrà da Pellezzano( Sa), per celebrare presso la nostra Comunità la Messa di Prima Co-munione. Questi bambini rappresentano un dono di Dio, non solo per le loro famiglie, anche per tutti noi che li dob-biamo accompagnare nella crescita e nel cammino spirituale, con la preghiera e l’esempio, affinché, passo dopo passo, possano fare l’esperienza della Vera Chiesa, in cui si rende visibile il Volto del Corpo di Cristo. Essi hanno partecipato con assiduità agli incontri di Catechesi in preparazione ai due Sacramenti : Ricon-ciliazione ed Eucaristia; l’itinerario che abbiamo seguito insieme, nel corso di questi mesi, è stato abbastanza impegna-tivo; essi sono però riusciti a prendere

coscienza del significato del loro Battesi-mo, hanno scoperto di essere amati da Dio “fin da principio”, un Dio Buono, ricco di tenerezza che perdona sempre ed invita a perdonare, un Dio, il cui Amore verso di noi è così grande da donarci la Vita del Suo Unico Figlio. Un appello allora mi sento di rivolgere ai genitori di questi fanciulli: i vostri figli, in questo tempo sono stati preparati non verso gesti isolati o “celebrazioni occasionali” quasi come delle parentesi nella loro vita. Umilmente, confidando sempre nell’Opera dello Spirito Santo, abbiamo cercato di iniziarli ad un incontro perso-nale con Cristo Gesù , e con gli altri fra-telli ! Nelle scelte pastorali operate nella nostra parrocchia siamo sempre stati guidati dalla certezza che i Sacramenti sono profondamente radicati alla vita di “ ogni battezzato”, quindi alla vita dei vo-stri figli, da non dover essere in nessun modo trascurati. Voi genitori, vivete quotidianamente con questi piccoli, dovete sentire la responsa-bilità di comunicare “ una vita fatti di gesti e parole che testimoniano la fede, non come un’astratta adesione ad una dottrina, ma come un’esperienza che illumina ogni momento dell’esistenza, come possibilità di riflettere sulle realtà profonde del vivere !” Durante questo tempo anche voi genitori siete stati invi-tati a riflettere sulle vostre responsabilità di “ primi educatori alla fede”, per ren-dervi consapevoli che i semi gettati an-dranno persi se non sosterrete i vostri figli ad un’iniziazione alla fede , quotidia-na e familiare. Non dimenticate che avete promesso di educare alla fede cristiana i figli che il Signore vi ha donato, sia il giorno del vostro Matrimonio, che il giorno del loro Battesimo! Il 7 Giugno, questi fanciulli, manifeste-ranno pubblicamente la loro disponibili-tà interiore a seguire Cristo, rispondendo “Eccomi” , alla domanda del Sacerdote che li accoglie e li presenta alla Comuni-tà; prometteranno di assumersi degli impegni nel loro cammino spirituale, da quel momento in poi ; facciamo in modo che non si sentano soli, ma che possano contare sull’appoggio prima di Gesù,

Maestro e Guida, e anche su tutti noi reciprocamente, genitori, catechisti, sacerdoti, Chiesa di Dio! In segno di amicizia e di Comunione Ec-clesiale, prepariamoci alla Festa della Prima Eucaristia, manifestando e testi-moniando a tutti la Gioia della Vita Nuo-va in Cristo Risorto, facendo sentire a questi fanciulli la vicinanza di tutti noi, con la preghiera chiedendo a Gesù di essere sempre presente nella loro vita e di far loro sperimentare la Grandezza del Suo Amore.

Giulia Schiavo

ACR e Iniziazione Cristiana: percorsi da

condividere È questo il tema che è stato affrontato in seno all’ultimo Consiglio regionale di AC, dai rappresentanti del settore ACR di tutte le diocesi della nostra regione. Bisogna cominciare a riflettere proprio sull’importanza dei percorsi di Iniziazio-ne Cristiana e sul loro legame con i cam-mini ACR. Bisogna evidenziare gli aspetti fondamentali di un percorso di iniziazio-ne cristiana, il quale deve essere innanzi-tutto un cammino di riscoperta del pro-prio battesimo, non come di qualcosa di passato, ma come consapevolezza della propria identità di cristiano. Qualsiasi progetto formativo diventa efficace solo se viene “personalizzato” da ogni educa-tore a misura del gruppo che gli è stato affidato. A ciascun educatore, infatti, deve stare a cuore innanzitutto la vita dei propri ragazzi e poi la realizzazione del “programma” prestabilito. Altro aspetto da evidenziare è che un cammino di Ini-ziazione Cristiana non è solo un “lasciapassare” per ricevere i Sacramenti, bensì un accompagnamento costante per la crescita dei ragazzi. Questi ultimi, tuttavia, non devono essere visti sempli-cemente come dei soggetti da “indottrinare”: essi, in quanto battezzati, sono già in grado di dare testimonianza, anche presso i loro educatori. La forma-zione è il cuore dell'AC e l'anima del suo impegno missionario.

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LA MESSA DI PRIMA COMUNIONE

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È il momento e il luogo in cui insieme si ascolta la vita e si interroga la fede. La formazione dell'AC è esperienza aper-ta e ospitale verso quanti desiderano con-dividere cultura, stili, proposte; si rivol-ge a tutti coloro che intendono compiere un percorso di ricerca anche sui grandi temi della vita. Si caratterizza per uno stile di accompa-gnamento personale, nell'ascolto del Signore che opera nelle coscienze; valo-rizza la comunicazione della fede. Inoltre l’AC intende intensificare il suo servizio alla società e alla Chiesa, cercando di raccogliere e rilanciare la “questione an-tropologica”, emersa con forza al Conve-gno ecclesiale di Verona. Coscienti dell’importanza che riveste la famiglia quale luogo privilegiato ed inso-stituibile di incontro tra vita e fede, sono stati elaborati quattro possibili percorsi su cui sviluppare e valorizzare il “Progetto Nazareth”, già affidato alla responsabilità diocesana e parrocchiale nel 2004. Per l’AC rispondere alla chiamata della missionarietà significa dare completezza all’attenzione formativa, esprimendo lo slancio di una Chiesa che, resa bella dall’incontro con Gesù, Signore della vita, sceglie di mettersi in cammino lun-go le strade della storia, fedele compagna di viaggio della famiglia umana. Le parole di Giovanni Paolo II, pronunciate sulla piana di Montorso davanti ad un’AC in festa, rispondono proprio al desiderio di mettersi alla sequela di Gesù nelle città e nei contesti di vita che si è chiamati a fecondare, e risuonano come un invito a vivere la vocazione alla laicità in pienez-za, esplorando i sentieri della missione con competenza creativa e con passione autentica per il bene comune. "A voi laici spetta di testimoniare la fede me-diante le virtù che vi sono specifiche: la fedeltà e la tenerezza in famiglia, la com-petenza nel lavoro, la tenacia nel servire il bene comune, la solidarietà nelle rela-z i o n i s o c i a l i , l a c r e a t i v i t à ne l l ’ in traprendere opere u ti l i all’evangelizzazione e alla promozione umana.”

Raffaele Amato

SEGUE DA PAGINA 7 CRONACA DELLA FESTA DELLA TRASLAZIONE Il 17 maggio u.s. la comunità ecclesiale di Ravello si è riunita nella sua chiesa catte-drale, “mater ecclesia”, cuore pulsante della città, per celebrare la festa di “San Pantaleone di maggio”, istituita nel 1695 dal vescovo Luigi Capuano in ricordo della Traslazione del sangue del santo nella cappella dedicata al martire di Biti-nia. Le celebrazioni hanno avuto inizio con la solenne esposizione della statua argentea del martire di Nicomedia, avvenuta la sera precedente, alla presenza della Com-missione per le feste, presieduta dal pre-sidente delegato prof. Mario Palumbo. Il mattino è stato salutato dal gioioso concerto delle campane che, unito allo sparo dei colpi in scala, ha diffuso per le contrade un’aria di festa mentre la banda musicale “Città di Minori” ha allietato le vie del paese con l’esecuzione di marce sinfoniche, dolci richiami che accendono la magia di una tradizione secolare. Lo splendido salotto di Piazza Duomo ha ancora una volta offerto uno splendido colpo d’occhio in grado di ricalcare fedel-mente quel clichè ereditato dalla tradizio-ne che ha il sapore dei ricordi e il colore delle bancarelle di palloncini variopinti. Le messe comunitarie hanno scandito il giorno festivo richiamando nella numero-si fedeli anche dai paesi vicini. “Nella terza domenica di maggio c'è a Ravello la consuetudine di festeggiare la traslazione del sangue di San Pantaleone portando la statua per la sola via che mena a Santa Chia-ra. In tal giorno vi è concorso di popolo devoto e si dà importanza alla festa con una fiera commerciale”, si legge, in una lettera del 1940 conservata presso l’Archivio del Duomo. Piace immaginare il grandioso affresco popolare offerto in quegli anni dalla “Fiera di San Pantaleone” dal carattere spiccatamente rurale, dove ci si ritrovava tradizionalmente per provvedere all’acquisto di quanto serviva per le atti-vità legate all’agricoltura e all’allevamento. Oggi il mercatino festi-vo, privo del fascino di un’ epoca ormai lontana e seppur ridotto a pochi banchi, costituisce ancora una sosta obbligata per quanti vogliono vivere appieno gli aspetti tradizionali della festività. A sera la solenne processione, seguita

dalla messa vespertina, ha visto poi la partecipazione delle autorità civili e reli-giose e di tutte le realtà associative par-rocchiali mentre al termine delle funzio-ne religiose uno spettacolo pirotecnico ha illuminato il cielo della città con bagliori multicolori che hanno suggellato il giorno festivo. La festa di “San Pantaleone di Maggio”, dove fede, storia, tradizione si intreccia-no in modo indissolubile, costituisce una preziosa occasione che ci aiuta a riflettere sull’esempio di un giovane e coraggioso testimone di vita evangelica, per riscopri-re una fede limpida e radicale in Gesù Cristo, al fine di operare, a livello indivi-duale e comunitario, un rinnovamento spirituale. Un’esortazione ad attingere più abbondantemente ai tesori della mise-ricordia donati dal Signore alla sua misti-ca sposa, la Chiesa, e a rispondere alla voce di Dio che chiede un profondo cam-biamento nella nostra vita. A questo invi-to Pantaleone ha saputo rispondere pie-namente e, scoperte le ineffabili bellezze della religione cristiana, è diventato un uomo nuovo testimoniando con generosi-tà il Verbo Divino fino alla somma prova del martirio. Da qui possiamo e dobbia-mo ripartire per raccogliere l’eredità della croce alla luce della Pasqua, di chi sacrificato più non muore, tesoro eccelso per noi stessi, per la nostra comunità, per il mondo. Avremo onorato nel mi-gliore dei modi il nostro medico celeste che dall’alto ci assiste e ci benedice.

Luigi Buonocore

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Nel pomeriggio di sabato 23 maggio u.s. la Confraternita del SS. Nome di Gesù e della B.V. del Monte Carmelo si è recata in pellegrinaggio presso il Santuario – Basilica del Carmine Maggiore di Napoli. Un’occasione, questa, che ha inteso non solo condividere un’esperienza di pre-ghiera, ma anche riscoprire le origine del culto della Madonna del Carmine, altri-menti “La Bruna”, di cui proprio la Basi-lica napoletana è stata centro di irradia-zione e modello per l’intero Mezzogior-no. Gli associati, insieme ad altri laici, hanno raggiunto, forse troppo presto, la città partenopea ed han-no atteso l’apertura dell’imponente chiesa, una delle principali della città per interesse storico e artistico nonché affettivo per tutti i napoleta-ni. Di particolare inte-resse all’interno della Basilica, oltre alle tele del Preti, del De Matteis, del De Maio e del Soli-mena – pittori tra i più importanti della Napoli del Seicento e del Settecento – diverse tombe di laici tra le quali quella di Corradino di Svevia, nipote di Federi-co II, decapitato nella vicina piazza del Mercato il 29 ottobre 1268 da Carlo I d’Angiò. A sinistra del presbiterio, inve-ce, permane ancora oggi il ricordo della sepoltura di Masaniello, uno dei protago-nisti della rivolta napoletana che vide, dal 7 al 16 luglio 1647, la popolazione civile della città insorgere contro la pressione fiscale imposta dal governo vicereale spagnolo. Il trasferimento del corpo nella Basilica avvenne – come con nostalgia scriveva Michelangelo Schipa – «in pom-pa imponente e commovente di tamburi scordati, d’insegne spiegate per terra e di armi a rovescio, con accompagnamento del clero, tra i rintocchi funebri delle campane e le luminarie delle vie (…)

piangendolo come benefattore, adoran-dolo come santo e martire.» Ciò nonostante, fulcro e centro dell’intero tempio carmelitano è la pare-te di fondo dell’abside, che accoglie la tavoletta bizantineggiante con l’immagine della Madonna della Bruna, oggetto di grande venerazione, testimo-niata, tra l’altro, dai migliaia di ex-voto lì esposti. A quell’immagine, spec-chio della Madre di Dio, i nostri confra-telli si sono rivolti, ancora una volta, pregando non solo per il bene della no-stra comunità, ma soprattutto chiedendo aiuto e sostegno nel cammino che la

Confraternita sta percorrendo. Tutto ciò nel segno di una devozione, quella verso la Madre del Carmine, che abbracciò nel corso del Seicento anche la Chiesa di Ravello, trovando una garanzia di continuità nella confraternita a lei de-dicata l’8 maggio 1679 quando – come annotava un testimone del tempo - “I cittadini di Ravello, hanno risoluto di erigere una nuova Congrega seu Confraternita nella Chiesa Cattedrale con degnazione di S. Eccel-lenza Mons. Saggese, acciò in quella possano secondo le loro scritte regole fare tutti quelli esercizi spirituali necessari. L’istituto princi-pale sarà d’imparare la dottrina cristiana alli Figliuoli sotto il titolo e l’auspicio della Bea-tissima Vergine del Carmine.”

Salvatore Amato

La confraternita in pellegrinaggio al Carmine Maggiore

A Ravello Veglia di Pentecoste

e festa della gioventù Il racconto della Pentecoste (At 2,1-13) si apre con una significativa annotazione spa-ziale: «si trovavano tutti insieme nello stesso luogo» (At 2,1). Si fa riferimento ai discepoli che, «insieme ad alcune donne e a Maria, la madre di Gesù» (At 1,14), erano in attesa del dono che il Cristo risor-to aveva loro promesso: lo Spirito Santo. Lo attendono formando un’intensa comu-nione di fede e di amore, visibilmente espressa dalla perseveranza e dalla concor-d i a n e l l a p r e g h i e r a . La Pentecoste segna anche l’atto di nascita della Chiesa, la comunità dei figli di Dio che «ha per condizione la dignità e la liber-tà dei figli di Dio, nel cuore dei quali di-mora lo Spirito Santo come in un tempio. Ha per legge il nuovo precetto di amare come lo stesso Cristo ci ha amati (cfr. Gv 13,34). E infine, ha per fine il regno di D i o» (L ume n ge nt i um , 12 ) . Quest’anno vede anche la conclusione del triennale progetto della pastorale giovanile denominato “Agorà dei giovani”. Insieme con i gruppi, i movimenti, le associazioni e i cammini, i giovani si propongono come forza dirompente suscitata dallo Spirito per guidare la comunità umana all’incontro con il Risorto. La nostra Dio-cesi ha reso visibile l’unità nell’attesa dello Spirito Santo celebrando la Veglia di Pen-tecoste il 30 maggio scorso presso il Duo-mo di Ravello. La veglia è stata presieduta dal nostro Arcivescovo. Si componeva di quattro parti, il lucernario che è stato per tutti noi un momento molto intenso e carico di forte emozione, la liturgia della Parola che è stata proclamata dall’imponente Ambone , il rinnovo delle promesse battesimali ed una ultima parte che si è svolta in piazza , la” missio”, dove tutti i presenti sono stati invitati a divenire annunciatori coraggiosi del Cristo Risorto con l’aiuto del suo Santo Spirito. Alla fine della veglia innanzi al falò acceso dal cero con una danza classica della scuola di ballo di Minori, si è passati dal momen-to di preghiera all’inizio della “festa” dei giovani. Durante la festa ci sono state due testimonianze a mio parere molto forti. Giuseppina Mansi di Ravello, non

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vedente, che in questi anni ha imparato a vedere la vita con la luce dell’amore che viene da una grande fede in Dio. L’altra testimonianza ci è stata data da Davide Cerullo, ex camorrista convertito. Davi-de ha una storia molto particolare ed in questo ultimo periodo ha scritto anche un libro presentato lo scorso 19 maggio a

Napoli da don Gennaro Matino “Ali bru-ciate. I bambini di scampia.”. Le due giovani testimonianze sono state inter-vallate da un gustoso buffet preparato e offerto a tutti i partecipanti dal grande spirito di ospitalità dai diversi albergatori e ristorator e baristi di Ravello. La piazza Duomo sempre affollata di visitatori di-stratti e pensosi, per una sera è dive-nuta il luogo e il volto della nostra Chie-sa giovane; infatti dalle facce dei diversi giovani provenienti dalle diverse parroc-chie della diocesi, dalle loro voci, dalle loro risate e dai forti momenti di espe-rienza ascoltati Ravello ha potuto speri-mentare che la Chiesa è viva. Cari amici giovani di Ravello anche qui la Chiesa può essere viva, basta la vostra presenza e il vostro impegno. Basta crederci, basta fidarsi, basta cercare questo volto che solo la Chiesa può do-narvi...è bello stare insieme, vivere da fratelli. Lasciamo i nostri pregiudizi nelle nostre case e ripartiamo insieme, diamo un volto nuovo anche alla Chiesa che è qui. Insieme possiamo farcela. È l’appello di un giovane come voi che è saputo andare contro corrente senza pau-ra e che ora vi tende la mano e cerca la vostra amicizia per donarvi la sua espe-rienza con il Signore, il vero amico dell’uomo.

Don Giuseppe Milo

SEGUE DA PAGINA 9 L’“Agorà dei Giovani” conquista Ravello

Serata particolare quella che ha visto a Ravello, in piazza Duomo, sabato sera, prota-gonista l’Agora dei Giovani. L’evento preannunciatosi come speciale, attraverso la notizia che il progetto pa-storale giovanile aveva deci-so di concludere il suo tri-ennale cammino celebrando la Veglia di Pentecoste pro-prio nella nostra adorata città, era già stato per noi motivo di orgoglio. Poi, grazie alla collaborazione dei vari gruppi, dei cittadini e delle attività di Ravello, le previsioni sono state attese, le speranze di una festa perfetta esaudite e soprattut-to la voglia di stare insieme si è manife-stata. Un successo, dunque. In una cattedrale gremita di giovani, e meno giovani, emozionante e carico di raccoglimento l’evento ha avuto inizio con la veglia celebrata dal nostro Arcive-scovo Orazio Soricelli. Invitati a divenire annunciatori coraggiosi del Cristo Risor-to, con l’aiuto del suo Santo Spirito, i giovani presenti hanno dato prova di profonda devozione e di animo gioviale animando con canti e balli tutto il mo-mento della preghiera.

Terminata la veglia e aperte le porte del duomo, un fiume di luce ha invaso la piazza: tutti con le candele accese e vi-branti, a sottolineare la presenza dirom-pente dello Spirto Santo, tra noi. A dividere simbolicamente il momento della preghiera da quello della festa vero e proprio un balletto: cinque ragazze, provenienti dalla Diocesi di Cava, si sono

esibite rapendo l’attenzione degli astanti e coinvolgendo ulteriormente i cuori dei presenti. A seguire, decisamente forte, la testimonianza di Davide Cerullo, ex ca-morrista convertito e autore del libro “Ali bruciate. I bambini di Scampia”. Davide, in maniera semplice e senza na-scondere un pizzico di emozione, ha rac-contato la sua esperienza di vita, non certo facile, i momenti difficili e la sua rinascita grazie all’aiuto della fede. Com-movente e ricco di speranza anche il rac-conto della nostra concittadina, Giusep-pina Mansi, non vedente. La giovane ha un dono, anzi sicuramente più di uno: canta magnificamente, suona il pianofor-te in modo magistrale e fiduciosa nel

disegno che Dio ha voluto per lei, si pone come viva testimonianza di pensiero positivo, voglia di fare e coraggio nel vivere. Come in ogni festeggia-mento che si rispetti, un banchetto ricco e gustoso - previsto dalla nostra comu-nità per tutti i presenti- ha chiuso la manifestazione. Tra un panino, una bevan-da, dolci e pizze, la serata è volta al termine tra le

chiacchiere, le risa, i giochi dei ragazzi, dimostrando che dove c’è la voglia di fare e la comunione tra gli animi, nulla è impossibile. Soprattutto, un po’ di sano e giusto divertimento. Alla prossima.

Jole Mansi

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PAGINA 11 INCONTRO PER UNA CHIESA VIVA

Nell'udienza del 28 maggio 2009 ai Ve-scovi italiani, in occasione della loro As-semblea generale, Benedetto XVI ha sot-tolineato il compito urgente e fondamen-tale dell’educazione per la Chiesa e la società. “C’è bisogno di educatori auto-revoli a cui le nuove generazioni possano guardare con fiducia”, ha detto Benedet-to XVI, sottolineando che “un vero edu-catore mette in gioco in primo luogo la sua persona e sa unire autorità ed esem-plarità nel compito di educare coloro che gli sono affidati”. Precedentemente, nel suo indirizzo di saluto, il Cardinale An-gelo Bagnasco, Presidente della Confe-renza Episcopale Italiana (CEI), aveva ringraziato il Papa per la sua “calda vici-nanza” alle popolazioni d’Abruzzo colpite dal terremoto, “che hanno mostrato una singolare dignità e manifestato al mondo un radicamento agli autentici valori uma-ni ed evangelici”. Parlando poi della sfida educativa al cen-tro dell'Assemblea, il porporato aveva spiegato la scelta di questo tema con l'in-tenzione di “raccogliere non solo una questione evidente, che non cessa di in-terpellare anche ampi strati della cultura e della società, ma altresì declinare l’azione evangelizzatrice della Chiesa”. A questo proposito, il Santo Padre, nel suo discorso ha affermato che quella dell’educazione è “un’esigenza costitutiva e permanente della vita della Chiesa” che oggi tende ad “assumere i tratti dell’urgenza e, perfino, dell’emergenza”. E’ allora necessario, ha avvertito, riflet-tere su un progetto educativo “che nasca da una coerente e completa visione dell’uomo” che può “scaturire unicamen-te” da Gesù Cristo. “In un tempo in cui è forte il fascino di concezioni relativistiche e nichilistiche della vita – ha spiegato – , e la legittimità stessa dell’educazione è posta in discussione, il primo contributo che possiamo offrire è quello di testimo-niare la nostra fiducia nella vita e nell’uomo, nella sua ragione e nella sua capacità di amare”. Quindi, ricordando che domenica prossima si concluderà il percorso triennale dell’Agorà dei giovani italiani (www.agoradeigiovani.it), volto a promuovere un nuovo impulso della

pastorale giovanile e il maggior coinvol-gimento delle nuove generazioni nella missione della Chiesa, il Papa ha invitato i presuli a tracciare un bilancio del cam-mino educativo percorso finora e a rea-lizzare nuovi progetti destinati ai ragazzi. Tuttavia, ha precisato il Pontefice, l’educazione non può riguardare solo le nuove generazioni, perché “l’opera for-mativa, infine, si allarga anche all’età adulta, che non è esclusa da una vera e propria responsabilità di educazione per-manente”. Benedetto XVI ha quindi ricordato le drammatiche vicende legate al terremoto che ha scosso l'Abruzzo, che hanno potu-to far emergere “quel senso di solidarietà che è profondamente radicato nel cuore di ogni italiano”. Il Santo Padre ha quindi voluto rinnovare ai Vescovi abruzzesi e, attraverso di loro, alle comunità locali l’assicurazione della sua “costante preghiera” e della “perdurante affettuosa vicinanza”. A pro-posito della crisi finanziaria ed economica che ha colpito anche l'Italia, Benedetto XVI ha quindi lodato l’iniziativa promos-sa dalla CEI, che per domenica 31 mag-gio ha annunciato una Colletta nazionale il cui ricavato – l'auspicio è di riuscire a raccogliere 30 milioni di euro – alimen-terà un fondo di solidarietà denominato “Prestito della Speranza”, destinato a sostenere 30.000 famiglie. “In un mo-mento di difficoltà, che colpisce in modo particolare quanti hanno perduto il lavo-ro, ciò diventa un vero atto di culto che nasce dalla carità suscitata dallo Spirito del Risorto nel cuore dei credenti”, ha detto il Papa. Infine, il Pontefice ha evidenziato l’impegno dei Vescovi italiani nella “promozione di una mentalità a favore della vita in ogni suo aspetto e momen-to”, lodando in particolare l’appello-manifesto “Liberi per vivere. Amare la vita fino alla fine”, lanciato dall'associa-zione “Scienza e Vita” e che vede il laica-to cattolico impegnato affinché non man-chi nel Paese “la coscienza della piena v e r i t à s u l l ’ u o m o ” . Da “Zenit”

IL PAPA AI VESCOVI ITALIANI: “C’È BISOGNO DI EDUCATORI AUTOREVOLI”

LETTERA ALLE FAMIGLIE MAGGIO 2009

«Affidarsi» Cara famiglia,

prima della pausa estiva, desidero ancora una volta varcare, con questa lettera, la soglia della tua casa, per parlare a ciascuno dei tuoi membri nella simpatia, nell’affetto e nella stima, pensando a quel sentimento forte che Vi tiene uniti e moti-vati: l’amore. Esso è il tuo irrinunciabile fondamento, quasi il motore del tuo vive-re quotidiano. E’ l’amore che, al tuo in-terno, crea quella solidità con la quale ognuno con fiducia può affidarsi all’altro non solo nei momenti di prova, ma, in maniera schietta, sempre, per compatire, consentire e costruire la vicenda familiare. Allontana da te la diffidenza e abituati a contornare di confidenza i rapporti tra i tuoi membri, in modo tale che ciascuno possa contare sull’aiuto dell’altro. Ti au-guro che quest’armonia interna, capace di supportare dialoghi sinceri, fatiche, delu-sioni, gioie, successi…, ti consenta di avere uno sguardo più dilatato al di fuori della tua casa per trafficare quella fiducia nell’altro: è la tua prova d’amore nel mondo!

Ti benedico. + arcivescovo Orazio

LETTERA DEL PARROCO

Carissimi,

nel mese dedicato a Maria , torniamo anco-ra una volta con la nostra presenza alle vo-stre case per consegnarvi alcune riflessioni sul valore degli affetti familiari . Il modello di armonia , di gioia , di affetto a cui ispirar-si è senz’altro quello esemplare della Santa Famiglia di Nazareth. L’Amore singolare di Giuseppe per la Sua Sposa e per il Bambino che Dio gli aveva dato in Dono; la dedizio-ne incommensurabile di Maria che ha seguito Giuseppe e la vita di Gesù dalla Nascita , alla Croce ; la docilità di Gesù che ha amato i genitori cui il Padre lo aveva affidato, con stima e rispetto .Valori intra-montabili, da stabilire in ogni famiglia, secondo la volontà di Dio, per una crescita spirituale duratura, da coltivare e trasmet-tere. Ecco l’augurio: che possa realizzarsi all’interno della tua famiglia una rete di rapporti solidi ,con l’impegno di tutti e di ciascuno . Affidiamoci a Maria, Regina della Famiglia. Fraternamente

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CELEBRAZIONI DEL MESE DI GIUGNO GIORNI FERIALI E FESTIVI

Ore 18.30: Santo Rosario e Coroncina del Sacro Cuore Ore 19.00: Santa Messa con meditazione

4-18-25 GIUGNO

Ore 20.00: Adorazione Eucaristica

DOMENICA 7 GIUGNO

FESTA DELLA SS. TRINITA’

Ore 8.00 - 19.00: Messe Comunitarie

Ore 10.15: Raduno presso Santa Maria a Gradillo e processione per il Duomo dove sarà celebrata la messa di Prima Comunione

GIOVEDI’ 11 GIUGNO

Ad Amalfi (18.30): Celebrazione della S. Messa presieduta dall’Arcivescovo, con la partecipazione di tutti i Presbiteri, Confraternite ed Associazioni della

Zona pastorale della Costiera.

SABATO 13 GIUGNO

FESTA DÌ S. ANTONIO

Nella Chiesa di San Francesco Sante Messe e nel pomeriggio Processione.

DOMENICA 14 GIUGNO

SOLENNITA’ DEL CORPUS DOMINI

Ore 08.00-10.30:Messe Comunitarie

Ore 18.30: Santa Messa e Processione del SS. Sacramento

VENERDI’ 19 GIUGNO

SOLENNITA’ DEL SACRATISSIMO CUORE DI GESU’

Ore 18.30: Santo Rosario e Coroncina del Sacro Cuore Ore 19.00: Santa Messa SABATO 20 GIUGNO

Ore 20.00: Catechesi ai membri della Confraternita sulla “Lettera di S. Paolo ai Galati”

DOMENICA 21 GIUGNO XII DEL TEMPO ORDINARIO

Ore 08.00-10.30-19.00: Sante Messe MERCOLEDI’ 24 GIUGNO

NATIVITA’ DÌ S. GIOVANNI BATTISTA Ore 18.30: Santo Rosario e Coroncina del Sacro Cuore

Ore 19.00: Santa Messa GIOVEDI’ 25 GIUGNO

Inizio del mese di preghiera in preparazione della festa patronale Ore 18.30: Santo Rosario, Coroncina Ore 19.00: Santa Messa con omelia

DOMENICA 28 GIUGNO XIII DEL TEMPO ORDINARIO

Ore 08.00-10.30-19.00: Sante Messe LUNEDI’ 29 GIUGNO

FESTA DEI SS. PIETRO E PAOLO Ore 18.30: Santo Rosario, Coroncina Ore 19.00: Santa Messa con omelia