Incontro Agosto 2011

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Per una Chiesa Viva www. chiesaravello. it www. ravelloinfesta. it Anno VII - N. 8 – Agosto 2011 In questo mese di agosto vogliamo prose- guire la riflessione sul significato del Convegno Eucaristico Nazionale che si concluderà ad Ancona,domenica 11 set- tembre, alla presenza del Santo Padre Benedetto XVI. Questo grande avvenimento della Chiesa italiana che ha inteso convocare ideal- mente tutti i credenti davanti all’Eucaristia, mediante le tante profonde ed illuminanti riflessioni proposte con i molteplici strumenti della comunicazione e la diffusa preghiera adorante intensa- mente vissuta in tutte le comunità sparse nella nazione, ci ha offerto la preziosa occasione per approfondire la fede nel grande Mistero della Eucaristi- a,centro del culto cristiano, che celebriamo anche tutti i gior- ni,forse, senza sperimentarne l’efficacia che trasforma la nostra vita. Se approfondiremo la dottrina della Chiesa sul mirabile mistero dell’Eucaristia e impareremo ad apprezzare il dono della Invisibile ma reale Presenza di Gesù Crocifisso e Risorto,sempre vivo nel Santissimo Sa- cramento dell’Eucaristia, potremo acqui- stare un modo nuovo di guardare la vita e la storia, ed anche gustare e rivivere ogni giorno la gioia di sentirci figli amati da Dio. Cresceremo così nella consapevolezza della bellezza della fede cristiana, perché conosceremo e sperimenteremo che in Gesù di Nazaret, il nostro Dio non è lontano da noi, ma si è fatto vicinissimo e, nel Sacramento del Pane spezzato, si è reso quasi realmente e materialmente presente accanto a noi. Abita tra le nostre case ( è questo il signi- ficato del termine “Parrocchia”,termine greco che significa “presso la Casa”); nel Sacramento del Pane consacrato,Gesù rimane chiuso e nascosto nei Tabernacoli delle nostre chiese dove resta umilmente silenzioso, sempre in attesa della visita dei suoi amici. Egli è l’unico Maestro, fedele amico e compagno di viaggio dei nostri giorni, perché è luce,cibo, bevanda, aiuto, for- za, nostra unica speranza. Queste consolanti certezze che nascono dalla fede in Gesù Risorto devono sem- pre accompagnare e sostenere la vita del cristiano nel difficile pellegrinaggio dell’esistenza terrena. Sul fondamento sicuro della Parola di Dio e della promessa di Gesù che ha donato il suo Corpo e sparso il suo Sangue per tutti ,nel Sacrificio della Croce, noi pos- siamo contare sull’aiuto e la forza che ci proviene da Lui, vivo e operante nel Sacramento dell’Eucaristia. Come segno del suo infinito amore per l’umanità, durante il Banchetto Pasquale celebrato nell’ultima Cena con i suoi discepoli,Gesù, anticipando l’atto di of- ferta totale della sua vita in espiazione dei peccati dell’umanità, si è consegnato ai suoi fratelli nel segno del Pane spezzato e del Vino contenuto nel calice dell’alleanza, -come Corpo da mangia- re e Sangue da bere - ordinando ai disce- poli ( la Chiesa)di rinnovare il suo gesto in sua memoria. La Chiesa, perciò, è la memoria viva di Gesù e l’ Eucaristia è il sacramento del sacrificio di Gesù che la Chiesa per divino comando perennemente rinnova in sua Memoria,facendo cioè il Memoriale della Sua Pasqua,della Sua Passione, Morte e Resurrezione. Per questo l’Eucaristia è il sacramento principale, del quale gli altri sacramenti sono come la derivazione e l’«imitazione» (I.Biffi). Durante una conferenza tenuta recentemente in preparazione al convegno di Ancona, P.Raniero Cantalamessa ha ricordato opportunamente che l’Eucaristia non è un tema, ma una persona. E che Non si può parlare dell’Eucaristia senza prima compiere l’atto di fede che colui di cui parlia- mo è risorto e vivo, presente non solo nel tabernacolo ma anche in mezzo a noi”, nella Chiesa. Per questo la Chiesa è la «novità» di ogni Eucaristia. L’Eucaristia è Gesù Crocifisso e Risorto che nel Segno del Pane spezzato sull’altare è vivo e presente in mezzo a noi e diventa, per quanti lo adorano e si nutrono di Lui, alimento di vita divi- na,medicina dell’anima e del corpo, sor- gente per rispondere alle domande di senso che spesso oggi l’uomo non è in grado di farsi. La Divina Eucaristia, o Santa Messa, compresa, devotamente celebrata e vissu- ta, è la forza che cambia la vita e la società. Don Giuseppe Imperato L’Eucaristia forza che cambia la vita P ERIODICO DELLA COMUNITÀ ECCLESIALE DI RAVELLO

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Incontro Agosto - periodico della chiesa Ravello

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Per una Chiesa Viva

www. chiesaravello. it www. ravelloinfesta. it Anno VII - N. 8 – Agosto 2011

In questo mese di agosto vogliamo prose-guire la riflessione sul significato del Convegno Eucaristico Nazionale che si concluderà ad Ancona,domenica 11 set-tembre, alla presenza del Santo Padre Benedetto XVI. Questo grande avvenimento della Chiesa italiana che ha inteso convocare ideal-mente tutti i credenti davanti all’Eucaristia, mediante le tante profonde ed illuminanti riflessioni proposte con i molteplici strumenti della comunicazione e la diffusa preghiera adorante intensa-mente vissuta in tutte le comunità sparse nella nazione, ci ha offerto la preziosa occasione per approfondire la fede nel grande Mistero della Eucaristi-a,centro del culto cristiano, che celebriamo anche tutti i gior-ni,forse, senza sperimentarne l’efficacia che trasforma la nostra vita. Se approfondiremo la dottrina della Chiesa sul mirabile mistero dell’Eucaristia e impareremo ad apprezzare il dono della Invisibile ma reale Presenza di Gesù Crocifisso e Risorto,sempre vivo nel Santissimo Sa-cramento dell’Eucaristia, potremo acqui-stare un modo nuovo di guardare la vita e la storia, ed anche gustare e rivivere ogni giorno la gioia di sentirci figli amati da Dio. Cresceremo così nella consapevolezza della bellezza della fede cristiana, perché conosceremo e sperimenteremo che in Gesù di Nazaret, il nostro Dio non è lontano da noi, ma si è fatto vicinissimo e, nel Sacramento del Pane spezzato, si è reso quasi realmente e materialmente presente accanto a noi. Abita tra le nostre case ( è questo il signi-

ficato del termine “Parrocchia”,termine greco che significa “presso la Casa”); nel Sacramento del Pane consacrato,Gesù rimane chiuso e nascosto nei Tabernacoli delle nostre chiese dove resta umilmente silenzioso, sempre in attesa della visita dei suoi amici. Egli è l’unico Maestro, fedele amico e compagno di viaggio dei nostri giorni, perché è luce,cibo, bevanda, aiuto, for-za, nostra unica speranza. Queste consolanti certezze che nascono dalla fede in Gesù Risorto devono sem-pre accompagnare e sostenere la vita del cristiano nel difficile pellegrinaggio dell’esistenza terrena.

Sul fondamento sicuro della Parola di Dio e della promessa di Gesù che ha donato il suo Corpo e sparso il suo Sangue per tutti ,nel Sacrificio della Croce, noi pos-siamo contare sull’aiuto e la forza che ci proviene da Lui, vivo e operante nel Sacramento dell’Eucaristia. Come segno del suo infinito amore per l’umanità, durante il Banchetto Pasquale celebrato nell’ultima Cena con i suoi discepoli,Gesù, anticipando l’atto di of-ferta totale della sua vita in espiazione dei peccati dell’umanità, si è consegnato ai suoi fratelli nel segno del Pane spezzato e del Vino contenuto nel calice dell’alleanza, -come Corpo da mangia-

re e Sangue da bere - ordinando ai disce-poli ( la Chiesa)di rinnovare il suo gesto in sua memoria. La Chiesa, perciò, è la memoria viva di Gesù e l’ Eucaristia è il sacramento del sacrificio di Gesù che la Chiesa per divino comando perennemente rinnova in sua Memoria,facendo cioè il Memoriale della Sua Pasqua,della Sua Passione, Morte e Resurrezione. Per questo l’Eucaristia è il sacramento principale, del quale gli altri sacramenti sono come la derivazione e l’«imitazione» (I.Biffi). Durante una conferenza tenuta recentemente in preparazione al convegno di Ancona,

P.Raniero Cantalamessa ha ricordato opportunamente che l’Eucaristia non è un tema, ma una persona. E che ” Non si può parlare dell’Eucaristia senza prima compiere l’atto di fede che colui di cui parlia-mo è risorto e vivo, presente non solo nel tabernacolo ma anche in mezzo a noi”, nella Chiesa. Per questo la Chiesa è la «novità»

di ogni Eucaristia. L’Eucaristia è Gesù Crocifisso e Risorto che nel Segno del Pane spezzato sull’altare è vivo e presente in mezzo a noi e diventa, per quanti lo adorano e si nutrono di Lui, alimento di vita divi-na,medicina dell’anima e del corpo, sor-gente per rispondere alle domande di senso che spesso oggi l’uomo non è in grado di farsi. La Divina Eucaristia, o Santa Messa, compresa, devotamente celebrata e vissu-ta, è la forza che cambia la vita e la società.

Don Giuseppe Imperato

L’Eucaristia forza che cambia la vita

PERIODICO DELLA COMUNITÀ ECCLESIALE DI RAVELLO

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Don Bosco, sulla scia di numerosi santi, ci ha insegnato che la Chiesa procede sicura quando è saldamente ancorata alle “due colonne” dell’Eucaristia e di Maria. Insieme rappresentano un’unità d’amore concreta: insieme realizzano la totalità di Cristo, che non esiste senza la sua Chie-sa; insieme realizzano la pienezza della Chiesa, che non esiste senza il suo Signo-re; insieme sono il corpo di Cristo, per-ché la Chiesa è generata dal Corpo euca-ristico del Signore, ma questo è il corpo che Maria ha generato e sacrificato. È perciò giustissimo quello che dice sant’Alfonso: «beato chi si afferra con l’amore e con la fiducia a queste due ancore di salvezza, Gesù e Maria: certa-mente non si perderà». La Chiesa lo cre-de fermamente. La maternità di Maria è particolarmente avvertita e vissuta dal popolo cristiano nel sacro Convito – celebrazione liturgica del mi-stero della redenzione – nel quale si fa presente Cristo, il suo vero corpo nato da Maria Vergine. Ben a ragione la pietà del popolo cristiano ha sempre ravvisato un profondo legame tra la devozione alla Vergine santa e il culto dell'Eucaristia: è, questo, un fatto rilevabile nella liturgia sia occidentale che orientale, nella tradizione delle Famiglie religiose, nella spiritualità dei movimenti con-temporanei anche giovanili, nella pastorale dei santuari mariani. Ma-ria guida i fedeli all'Eucaristia (RM 44). Il legame fra Maria e l’Eucaristia è così stretto, che l’Enciclica di Giovanni Paolo II Ecclesia de Eucharistia ravvisa una feli-ce consonanza, fatta di memoria, di ob-bedienza e di amore, fra le parole del Signore e quelle della Madre. Il nostro ripetere il gesto di Cristo nell'Ultima Cena in adempimento del suo mandato: “Fate questo in memoria di me!” diventa al tempo stesso accoglimento dell'invito di Maria ad obbedirgli senza esitazione: “Fate quello che vi dirà” (EE 54).Si può pensare fondatamente che l’affidamento a Maria come Donna eucaristica sia il

vertice dell’affidamento mariano, perché il dono più bello che Maria ci può fare come suoi figli e che noi figli le possiamo chiedere è quello di insegnarci a fare bene la Comunione! Per Maria non c’è gioia più grande che quella di offrirci tutta la grazia, la verità e l’intensità di quel suo sì che ha reso possibile l’Incarnazione e ha dato accoglienza alla Redenzione. Quanto più Maria ci rende eucaristici, tanto più realizza la sua mis-sione, quella di portarci a Gesù, di farci portare Cristo in noi, di insegnarci a fare della nostra vita un sacrifico a Dio gradi-to in unione al perfetto sacrifico del Fi-glio. Qui si vede chiaramente come affi-darsi a Maria come Donna eucaristica è realizzare l’itinerario del vero discepolo:

incontrare Gesù, condividere la sua vita, offrire la propria vita. Lo sfondo materno dell’Eucaristia. Abbiamo più volte considerato che quando Gesù offrì se stesso, offrì anche la Madre. Per questo, se si vuole compren-dere l’Eucaristia «non si può dimenticare Maria», che con il Santissimo Sacramento ha un rapporto «molto profondo ». Cer-chiamo di contemplare qualcosa di que-sta profondità, per la quale «Maria è don-na “eucaristica” con l'intera sua vita» (EE 53). La famosa espressione di sant’Agostino caro Christi, Caro Mariae (“la carne di Cristo è la carne di Maria”) dice molto di più che un’ovvietà biologi-

ca. Dice che la disponibilità creaturale di Maria, in anima e corpo, è stata total-mente assunta, fatta propria, dal Figlio di Dio; e dice che tutto il corpo e il sangue, l’anima e la divinità di Gesù sono stati totalmente accolti dalla Madre. Il sì di Maria è così poco esteriore al sì di Gesù, che la Chiesa arriva ad affermare che tale sì «ha deciso dal lato umano il compi-mento del mistero divino» (RM 13)! La pienezza di questo sì diventa ora l’anticipazione e la prima realizzazione del legame eucaristico che unisce il Si-gnore alla sua Chiesa, la sorgente di quel delicatissimo rapporto fra Chiesa e Sacra-menti che è decisivo per comprendere tutto il dinamismo della fede! Ciò che si offre alla nostra contempla-

zione è che anche dal punto di vista eucaristico, che imme-diatamente fa pensare al man-dato ricevuto dagli Apostoli, Maria, con il suo sì femminile, precede sempre. Grazie a questa precedenza spirituale e materna, cioè libera e amore-vole, Maria è la Chiesa prima della Chiesa, l’Eucaristia pri-ma dell’Eucaristia, il suolo santo, spirituale perché obbe-diente, somatico perché ma-terno, in cui trova attuazione ogni realtà ecclesiale 1. La precedenza mariana per la quale Maria non solo acco-glie esemplarmente la grazia eucaristica, ma ne sta anche a

fondamento, è visibile in primo luogo nel rapporto di Maria con Gesù. Il legame che Gesù realizza con noi nell’Eucaristia si fonda non solo nelle parole dell’Istituzione, ma dal legame psico-fisico della Madre con il Figlio, un lega-me che sta all’origine del corpo stesso del Signore, che però non viene in segui-to abolito, ma si trasforma nel nucleo santo e materno della Chiesa. In secondo luogo, Maria anticipa l’Eucaristia perché realizza per prima l’ideale eucaristico voluto da Gesù, quel-lo di una comunione d’amore che coin-volge l’anima e il corpo. Qui la prece-denza e l’interiorità del sì di Maria

Maria è la Donna eucaristica

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rispetto all’Eucaristia si manifesta nel fatto che il suo consenso di Vergine pre-cede ed accompagna la sua missione di Madre: la santità mariana è lo sfondo della grazia sacramentale, perché anche Maria concepì Gesù prima nell’anima che nel corpo, prima con la sua apertura spi-rituale che con la sua disponibilità fisica. Proprio come misteriosamente comprese Elisabetta, che riconobbe Maria come la «Madre del mio Signore», ma la chiamò beata per aver «creduto nell'adempimen-to delle parole del Signore» (1,43.45). Contemplando Maria come Donna euca-ristica a motivo del suo sì, noi impariamo che è la fede il fondamento delle opere, che è il sì alla vocazione a produrre la fecondità della missione, che è lo spirito ciò che vivi-fica ogni carne. Qui si vede quale grande aiuto Maria può offrirci per accostarci degnamente alla Comunio-ne e portare i frutti che Dio si aspetta. La Chiesa vede infatti il fiat di Maria all’incarnazione del Verbo come il fondamento esem-plare dell’Amen del cre-dente quando fa comunione col corpo di Cristo: Maria concepì nell'Annunciazione il Figlio divino nella verità anche fisica del corpo e del sangue, anticipando in sé ciò che in qualche misura si realizza sa-cramentalmente in ogni credente che riceve, nel segno del pane e del vino, il corpo e il sangue del Signore. C'è pertan-to un'analogia profonda tra il fiat pronun-ciato da Maria alle parole dell'Angelo, e l'amen che ogni fedele pronuncia quando riceve il corpo del Signore (EE 55). 3. In terzo luogo, considerando lo sfon-do mariano dell’Eucaristia in rapporto al ministero petrino, si intravede una rela-zione profonda fra la precedenza di Maria e il primato di Pietro. Gesù fonda la sua Chiesa sulla santità di Maria e sul penti-mento di Pietro! Che sapienza divina c’è in tutto questo! Poiché la Chiesa è la vittoria sul peccato e il rifugio dei pecca-tori, Gesù la fonda nel cuore immacolato di Maria e nel cuore pentito di Pietro, come comunità santa e come strumento di santificazione. Per questo il principio mariano della Chiesa attraversa il princi-

pio petrino: lo precede, lo sostiene, lo adempie. 4. Torniamo infine su ciò che è più mi-sterioso e meraviglioso: nel corpo di Gesù è presente il corpo di Maria, Cristo e la Chiesa si appartengono nell’amore, un amore insieme umano e divino, carat-terizzato non solo dalle misure umane, ma anche dalla dismisura divina. Quando facciamo la Comunione, noi partecipia-mo di un amore infinito: la Trinità abita in noi, e noi nella Trinità! L’Eucaristia è il realismo di tutto questo: non semplice memoria o desiderio, ma memoria che si fa realtà e desiderio che attinge il suo compimento! Questo perché davvero il legame Madre-Figlio realizzato

nell’Incarnazione non viene superato o cancellato, ma perdura senza soste fino alla Pasqua e diventa eterno nel Cielo: Quando nell’Eucaristia il Signore dona agli uomini il suo corpo, carne e sangue, si tratta proprio di quel corpo che la Ma-dre ha concepito e portato, formato e nutrito, ricevuto dallo Spirito Santo per-ché lo mettesse al mondo e lo donasse all’umanità. Ed è impossibile che l’unità nella carne tra la Madre e il Figlio venga ora revocata. L’Eucaristia non elimina questa unità, e per questo è sempre an-che memoria del sì della Madre e del suo aver portato il Figlio, tanto che nel corpo di lui si possono trovare le tracce di quel-lo di lei. Non bisogna essere ingenui: essere l’uno il corpo dell’altra non è que-stione biologica, ma è comunione di vita, partecipazione profonda alla vicenda e al destino dell’altro. L’esperienza che Ma-ria fa di Gesù è talmente ricca, da diven-tare il punto di partenza e il punto d’arrivo della Chiesa, il suo nucleo euca-

ristico. Maria è dunque il primo e il più importante aiuto che ci è dato per vivere con frutto l’Eucaristia. Chi infatti più di lei conosce il cuore di Gesù ed è presente nel cuore di Gesù? Chi più di lei lo ha accompagnato nel cammino? Chi più di lei ha patito e compreso il suo sacrifico? Chi più di lei ha partecipato e gioito della sua risurrezione? E chi conosce meglio di lei i desideri e le esigenze del Signore quando fa comunione con noi? E chi vede più maternamente tutta le nostre distra-zioni, superficialità e resistenze nell’accogliere e nel corrispondere a Gesù? È dunque lei, Donna eucaristica, l’aiuto più grande che possiamo avere per maturare quegli atteggiamenti di

lode e di offerta, di comunio-ne e sacrificio che Gesù ci comunica come Pane di vita. Quando ci accostiamo alla Comunione, non esitiamo a chiedere l’aiuto di Maria per imparare ad essere e a sentir-ci, come lei, dei tabernacoli viventi, uomini donne che dimorano in Gesù e in cui Gesù dimora. La presenza materna nell’Eucaristia. Maria non solo è Madre che ci precede, ma è Madre che

ci accompagna. Sta all’origine della Chie-sa, e vi sta come membro eminente. Pensiamo alle prime Eucaristie: Maria era presente! Dopo aver offerto il Figlio, lo riceveva di nuovo per mano degli A-postoli. Pensiamo ai sentimenti di gioia e di consolazione che doveva provare, alla gratitudine e al tenero affetto che nutriva per gli Apostoli ormai suoi figli. Pensia-mo soprattutto allo sguardo edificato degli Apostoli nel vederla fare la Comu-nione, lei che aveva accolto il Signore come Madre, e che ormai era anche la loro Madre! Ascoltiamo le parole appas-sionate di Giovanni Paolo II: Come im-maginare i sentimenti di Maria, nell'a-scoltare dalla bocca di Pietro, Giovanni, Giacomo e degli altri Apostoli le parole dell'Ultima Cena: “Questo è il mio corpo che è dato per voi” (Lc 22,19)? Quel corpo dato in sacrificio e ripresentato nei segni sacramentali era lo stesso corpo concepito nel suo grembo!

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Ricevere l'Eucaristia doveva significare per Maria quasi un riaccogliere in grem-bo quel cuore che aveva battuto all'uniso-no col suo e un rivivere ciò che aveva sperimentato in prima persona sotto la Croce (EE 56). Là nel Cenacolo, come in ogni celebra-zione eucaristica, l’offerta che il Signore fa di sé e della Madre si realizza sempre di nuovo: in tutto, nell’ascolto della Pa-rola, nella presentazione delle offerte, durante la preghiera eucaristica, e infine al momento della Comunione, Maria è misteriosamente presente, ripete insieme a noi e per noi il suo sì. Non è un pensie-ro puramente devozionale. L’insegnamento della Chiesa ne parla in termini di grande realismo: Nel “memoriale” del Calvario è presente tut-to ciò che Cristo ha compiuto nella sua passione e nella sua morte. Pertanto non manca ciò che Cristo ha compiuto anche verso la Madre a nostro favore… Maria è presente, con la Chiesa e come Madre della Chiesa, in ciascuna delle nostre Celebrazioni eucaristiche. Se Chiesa ed Eucaristia sono un binomio inscindibile, altrettanto occorre dire del binomio Ma-ria ed Eucaristia (EE 57). Il dono del’Eucaristia è talmente grande, che se c’è un motivo per imitare Giovan-ni e prendere Maria nella nostra casa, il più importante è il suo aiuto nel vivere la Messa con «vero atteggiamento eucaristi-co», quell’atteggiamento che origina dal Magnificat, che è essenzialmente canto di lode e rendimento di grazie: «l'Eucaristia ci è data perché la nostra vita, come quella di Maria, sia tutta un magnifi-cat!» (EE 58). Certo, molti cristiani non provano gioia nel partecipare all’Eucaristia. Sono afflitti da tiepidezza e da dubbi. Il mistero euca-ristico è un miracolo così grande che per un verso sfugge alla percezione sensibile, e per altro verso sembra troppo bello per essere vero. Anche in questo la Madre ci viene in soccorso. Ella, che ha portato Gesù in grembo, non ha alcun dubbio sulla “presenza reale” del Signore nell’Eucaristia: lo riconosce, ne prova gioia, e vuole comunicarci il suo sguardo e la sua gioia. Sono innumerevoli i cristiani che grazie a Maria sviluppano i loro sensi spirituali e crescono nella loro

vita eucaristica! Qui la Madonna è davve-ro una madre esperta, perché, come spiega molto bene la von Speyr, vi è un’analogia molto profonda fra l’evento dell’Incarnazione e l’atto della consacra-zione: La consacrazione corrisponde alla reale discesa del Figlio nel grembo della madre. Come la Madre lo accoglie per donarlo poi immediatamente al mondo, così il Signore discende nella sua Chiesa all’atto della consacrazione per farle su-bito dono di sé con la Comunione. L’Incarnazione è opera dello Spirito San-to che ha la sua premessa nel sì di fede della Madre. Allo stesso modo anche la consacrazione è un’opera oggetto di cre-azione da parte dello Spirito Santo che ha come premessa la disponibilità a credere della Chiesa… La Madre permane quindi come l’origine costante del dono eucari-stico di suo Figlio. Quando egli fa dono di sé, nel suo sacrificio è contenuto anche quello della Madre, cioè di colei che in-segna alla Chiesa a sacrificarsi secondo l’esempio del Signore.

Don Roberto Carelli

Stagioni

Mi hanno sempre affascinato e contem-poraneamente resa inquieta gli stralci delle stagioni, le deboli propaggini che si tendono come muscoli allo spasmo fino al momento opposto, trascinando dietro qualcosa di ciò che è stato in preceden-za: un odore, un sapore, perfino il colo-re di una tenda, la foggia di un merletto, la manica di una maglia. Mi incantano le forme che si adattano al cambiamento, con una capacità sorprendente di mime-tizzazione e di armonizzazione alla novi-tà, è incantevole il modo in cui il sere-no si veste da tempesta. Credo ci sia nel finire delle cose,finire inteso come consunzione di un periodo, un potere immenso di fascinazione e di inquietudine, ma anche una determina-zione a voler dare il meglio, esplodere di luce prima di incupirsi, come un canto del cigno prima del silenzio. Mi piacciono le vibrazioni che si dipana-no nell’aria come i cerchi sul pelo dell’acqua accecato da un sasso: il sasso è il cambiamento improvviso, capace di entrare nell’armonia delle cose e mutar-le. La nostra vita è fatta di questi passag-

gi, di ponti levatoi che dosano gli ingressi e le esperienze, che difendono o rendono fragili ed espugnabili. E se l’estate è per antonomasia sfaccia-taggine, rigoglio, vivacità, impulso e necessità di movimento,l’autunno della vita cade come un sipario leggero. E’ lo spazio lasciato in ombra, lo spiffero geli-do che si intrufola nell’afa rompendola come se rompesse una bolla, è una mano di grigio sull’azzurro, un tramestio di foglie che scricchiolano come ossa stan-che di aver dato e retto il peso del mon-do. Si ha paura a volte dei temporali improvvisi, così come si ha paura dell’autunno che ci sorprende senza avvi-so, nella vita. Perché è necessità che se-gua al momento in cui tutto sembra sfac-ciatamente giovane ed assolato, una fase in cui i chiaroscuri hanno ragione di esse-re e prevalere, in cui le ruggini sono compagne ostinate che attaccano i pen-sieri e le azioni come muffe, assorbendo-ne la vitalità. Il nostro autunno, così come l’autunno delle persone che ci sono care, aspetta ad un angolo, e nono-stante il marciapiede sia allagato di sole, prima o poi, con modalità e deambula-zioni differenti, il piede di ciascuno di noi poserà all’ombra e la pelle sarà acca-rezzata da un turbinio di ricordi. Quello è il momento in cui il vento porta il no-stro nome e il nome di chi siamo stati: non ha più il pizzico salato delle brezze marine, brezze che sanno di gioventù, di forza, di spensieratezza. Il vento che arri-va in quell’angolo chiede di fare un giu-sto inventario di ciò che siamo stati, cata-logando errori e pregi, bene e male.

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E non per essere giudicati, ma per essere amati. Mi hanno sempre affascinato le code inquiete delle stagioni, i giorni che sono spuri e sanno di un prima che non vuole perdere potere e di un dopo che è ansio-so di usurparlo. Mi hanno sempre affasci-nato ed intimorita: ma è questo il viag-gio della nostra esistenza, quando al ba-gliore afoso delle mattine sicure di ago-sto, succede la malinconia del primo giorno di nebbia e se la stanchezza uncinata alla carne suggerisce l’inverno ormai vicino, il nostro palmo ancora caldo ricorda quanti ci hanno tenuto la mano sotto la canicola.

Emilia Filocamo

Finalmente Estate!

Tutti aspettiamo l’estate. Quest’anno –causa un clima bizzarro- forse più degli altri. E non per la solita voglia di mare e di vacanza, ma per la serenità che un giorno di calore, limpido e frizzante, può regalare. Alla vita. Dopo un lungo inver-no, fatto di freddo e pioggia. Oltre gli ombrelloni spiegati sotto un cielo azzurro, un gelato freddo che si scioglie tra le mani, una serata lunga passata a contare le stelle, l’estate è per me molto di più. Una specie di condizio-ne dell’anima, uno stato dello spirito che appagatosi con se stesso e con ciò che lo circonda, si ritrova felice e capace di aprirsi all’altro. D’estate, di più. Perché c’è più convivialità, più possibilità di stare insieme e di condividere, più voglia di comunione. E’ come se tutti riuscissero a scrollarsi di dosso quel cappotto di preoccupazioni che hanno indossato per tutto l’inverno e spensierati riuscissero davvero a capire la vita, che leggera e nel pieno della sua forza gli scorre dinanzi. Solare, semplice, senza fronzoli, come una camminata sul

bagnasciuga, una corsa sull’erba, un tuffo nell’acqua salata. L’augurio, dunque, per quest’estate, è di vivere appieno le giornate di sole. Co-gliendo anche la preziosità di quelle fre-sche con qualche nuvola. Di fare dell’estate una condizione menta-le più che metereologica. Di spalancare come una finestra sul mare la propria voglia di vivere ogni giorno con la gioia nel cuore. E soprattutto di rubare quest’”estate” e di portarla via con sé. Per strappare e regalare un sorriso anche in Dicembre. Alla prossima e buone Vacanze.

Iolanda Mansi Una giornata straordinaria

E,grazie a Dio,anche quest’anno la Festa di san Pantaleone è andata bene. Lo dico con la consapevolezza di chi ha ascoltato i commenti in larghissima parte lusin-ghieri dei tanti che hanno vissuto a Ra-vello la giornata festiva del 27 luglio u.s. e di chi è testimone del lodevole lavoro e impegno che occorre perché tutto vada nel modo miglio-re. E soprattutto di chi sa che l’evento viene organizzato per la gloria di Dio e di u n s a n -to,Pantaleone di Nicomedia, che come tanti al-tri,ha versato il suo sangue per amore di Cristo. Sì,un santo che nel 305 d.C. preferì morire piuttosto che tradire il Signo-re,consapevole che i carnefici avrebbero distrutto il corpo ma non l’anima e sicu-ro che quel martirio gli avrebbe aperto le porte del cielo. Con la solennità del 27 luglio,quindi, noi non festeggiamo la morte cruenta di un sant’uomo ma la fedeltà di un seguace di Cristo che do-vrebbe essere per tutti un modello da imitare. E lo facciamo anche esternando la gioia,perché i cristiani tristi tradiscono il messaggio evangelico che è un messag-gio di salvezza,un messaggio lieto,gioioso

e colmo di speranza. Se i cristiani sorri-dessero,disse un sacerdote bergamasco, probabilmente sarebbero più credibili. Come dargli torto!Certo per ora siamo eredi di una tradizione che ci ha trasmes-so una lista di elementi esteriori(luci,banda musicale,fuochi pirotecnici)che non devono assolutamente mancare in una festa patronale e che a qualcuno possono apparire obsoleti e addirittura un controsenso,ma che invece sapiente-mente e correttamente dosati contribui-scono a rendere vivo, vitale e autentico quel grandioso patrimonio di fede e cul-tura che è la religiosità popolare. Un tesoro che la Chiesa invita a conservare gelosamente,con buona pace dei neo spiritualisti,pronti a stracciarsi le vesti per gli sperperi delle feste patronali o degli sfarzi delle chiese,ma silenti o addi-rittura contrari quando la Chiesa corag-giosamente e talvolta da sola denuncia le tante ingiustizie che oggi nel nome della “libertà”si commettono. Con questa do-verosa premessa, necessaria per aiutare a comprendere,senza pregiudizi,la Festa patronale,passiamo alla cronaca di questa giornata straordinaria,o meglio di questa

lunga giornata straordinaria durata undici giorni. Sarebbe riduttivo infatti parlare solo di ciò che è accaduto nell’arco delle ventiquattro ore trascorse dalla sera del 26 alla mezzanotte del 27 luglio. Quest’anno poi a maggior ragio-ne,perché dal 17 al 25 luglio,grazie ad una felice proposta del parro-c o , M o n s . G i u s e p p e I m p e r a -to,immediatamente accolta dal Consiglio Pastorale e dal Comitato Feste,la novena in preparazione alla solennità di san Pan-taleone è stata veramente singolare.

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Foto di Alfonso Vuolo

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Per ogni sera del novenario abbiamo avuto la gioia di avere un celebrante di-verso che,da solo o in compagnia di una rappresentanza più o meno folta della comunità da lui guidata,ha presieduto la celebrazione eucaristica e ha parlato di san Pantaleone.Vogliamo ancora una volta dire a loro il nostro grazie per aver-ci aiutato a comprendere da un lato come la figura del santo Medico di Nicomedia continui ad affascinare e a provocare le coscienze,dall’altro per aver da-to,accogliendo con gioia l’invito a venire in Duomo a celebrare l’Eucaristia nel corso del novenario,un’immagine di Chiesa unita,che supera le barriere terri-toriali e giuridiche per ritrovarsi radunata intorno ad all’Unica Mensa per lodare il Signore . Sia l’inizio di un nuovo cammi-no ecclesiale caratterizzato dall’affetto fraterno,dal rispetto reciproco e dalla fattiva collaborazione per realizzare quanto il Signore ha stabilito per questa parte della sua Chiesa che è la Chiesa locale di Amalfi-Cava dei Tirreni. Ci ha sorpreso l’entusiasmo con cui le comuni-tà ecclesiali di Scala,Santa Maria del Lac-co,Vettica di Amalfi,San Pietro alla Co-sta e Torello,Atrani e Castiglione,e la

Fraternità di Emmaus hanno risposto all’ invito. Abbiamo pregato insie-me,mettendo davanti al Signore le nostre ricchezze e le nostre miserie spiritua-li,sotto lo sguardo fraterno di Pantaleone di Nicomedia che,come gli altri san-ti,invita a guardare a Cristo,unico Salva-tore. Il novenario di quest’anno ci ha permesso anche di ascoltare la testimo-nianza di alcuni sacerdoti che,pur non operando a Ravello,hanno mantenuto

intatto il loro legame con la nostra Città e con il suo Santo Patrono. E così don Giuseppe Milo ha ricordato con commo-zione ed entusiasmo i due anni che ha vissuto nella Co-munità ecclesiale ravelle-se ;don Angelo Mansi ha per una felice coincidenza voluto celebrare l’Eucaristia nello stesso giorno in cui 31 anni fa celebrò la prima Messa a Ravello all’indomani della ordinazione presbiterale;don Nicola Mammato, che per vari anni ha prestato il servi-zio pastorale presso la Co-munità di Santa Maria del Lacco, ha sot-tolineato ,visibilmente commosso, che gli anni ravellesi sono stati sicuramente quelli più belli della sua vita sacerdotale e ha ribadito il suo legame con san Pantale-one al quale si era affidato in un momen-to difficile della sua vita. Anche le parole di padre Ciro Vitiello che ha guidato la Comunità di Scala,di padre Bonaventura Gargano che alla guida del Terz’Ordine ha presieduto la messa vespertina di saba-to 23,di don Carmine Satriano,parroco di Santa Maria del Lacco,di padre Anto-nio Petosino e di don Pasquale Imperati che hanno rispettivamente accompagnato

le Comunità di San Pietro-Torello e Atrani-Castiglione hanno contribuito a prepararci bene alla solennità del Marti-rio di san Pantaleo-ne, dando appunto l’impressione che la festa fosse iniziata già nove giorni pri-m a , a n c h e s e all’esterno si respi-rava quel clima di attesa di leopardiana

memoria. Giorno 22,con molta semplici-tà,abbiamo pregato in particolare per Mons. Giuseppe Imperato in occasione del suo 80°compleanno. Sabato 23,nella suggestiva cornice della Chiesa dell’Annunziata,abbiamo approfondito nel corso di una Giornata di studi la sto-ria di Ravello nel 1800 e il ruolo dei cat-t o l i c i n e l l ’ U n i t à d ’ I t a l i a . L’iniziativa,promossa dall’Associazione per le Attività Culturali del Duomo di

Ravello, ponendosi sulla scia dei conve-gni tenuti negli anni precedenti,ha con-fermato quella dimensione culturale che

in Costiera mi pare sia caratteristica solo della Festa patronale di Ravello. Dopo il saluto del sindaco , dott.Paolo Vuilleu-m i e r , e l a p r o l u s i o n e d i M o n s . I m p e r a t o , P r e s i d e n t e dell’Associazione,che ha sinteticamente illustrato motivi e temi della Giornata di studi,abbiamo ascoltato gli interessantis-simi contributi dei relatori,tra i quali vogliamo menzionare il dott.Salvatore Amato e il dott.Donato Sarno che hanno affascinato i partecipanti per la dovizia dei contenuti dei loro interventi,palese prova di una passione e di un amore per la gloriosa storia locale che tutti dovrem-mo conoscere per evitare di contaminar-la seguendo mode e politiche della con-temporaneità. Insomma una novena ric-chissima di spunti che ci ha proiettati nell’atmosfera della festa vera e propria nella quale siamo stati condotti dall’armonia del Concerto d’organo te-nuto dal Maestro Lorenzo Fragassi, la sera del lunedì 25 luglio. Attraverso una sapiente scelta di brani di autori quali Buxtehude ,Bach, Liszt e altri,l’artista pescarese ha dato ancora una volta prova della sua bravura e professionali-tà,regalandoci un delizioso momento musicale in cui abbiamo potuto percepire nuovamente la bellezza e le potenzialità del nuovo organo del Duomo,inaugurato proprio il 25 luglio del 2010,vero gioiel-lo degno della Chiesa madre della Città della musica. Cullati dalle note del con-certo e da quelle della Banda musicale “Città di Conversano”che già dal mattino del 26 ha allietato le vie di Ravello siamo arrivati alla solenne liturgia vigiliare. Una chiesa gremita di fedeli ha accolto sua Em.za il sig.Card. Elio

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Sgreccia,Presidente emerito della Ponti-ficia Accademia per la Vita, che ha pre-sieduto il rito del Lucernario e i Primi Vespri, nonché il solenne Pontificale del 27 mattino,concelebrato anche da padre

Gianfranco Grieco, amico personale dell’illustre Presule, che nel rivolgergli,a nome della Comunità ravellese, un calo-roso saluto all’inizio della celebrazione, ha illustrato il ruolo importantissimo che il card.Sgreccia, anche se emeri-to,continua a svolgere nella Chiesa. E nelle omelie sia della liturgia vigiliare, sia della messa pontificale sua Em.za ha indi-cato le risposte a quegli interrogativi che il mondo contemporaneo,sempre più dimentico di Dio,pone all’uomo e in particolare all’uomo credente in Cristo. Parole che,grazie alle nuove tecnolo-gie,sono state ascoltate da tanti e anche dai ravellesi che vivono all’estero. Infatti la diretta streaming ad opera di Umberto e Andrea Gallucci ha consentito a tanti nostri concittadini di vivere questo inten-so momento di preghiera animato dai canti della Corale”San Pantaleone” del Duomo,accompagnata all’organo dal Maestro Lorenzo Fragassi e diretta dal Maestro Gianfranco Amorelli,che con passione e competenza, dal mese di mag-gio scorso,nonostante i numerosi impe-gni al Teatro San Carlo di Napoli, ha voluto mettere a disposizione la sua pro-fessionalità per aiutarci,attraverso il can-to e la musica,a rendere belle le celebra-zioni e a permettere alla Comunità di celebrare bene l’incontro di festa con il Signore. Nel corso di tutte le messe ab-biamo pregato per gli ammalati e in par-ticolare per tre nostri amici che proprio nel giorno dedicato a san Pantaleone

sono stati sottoposti ad un delicato inter-vento chirurgico. Pur nel clima di festa, una comunità riunita nel nome di Cristo non può e non deve dimenticare coloro che vivono un difficile momento e attra-

verso la preghiera assicura loro l’affetto e la vicinanza fraterna. Al termine della messa pontificale,c’è stato il tradizionale omaggio della Comunità Civile al Cardi-nale celebrante. Il sindaco di Ravel-lo,seguendo una prassi ormai consolida-ta,dopo il saluto e i ringraziamenti,ha donato a sua Eminenza un cameo raffigu-rante san Pantaleone,opera di Giorgio Filocamo,unitamente ad un libro contenente le più belle immagini della Città della musica. Nella messa vespertina affollata come le altre che sono state celebrate nell’arco della giornata abbiamo pregato per suor Maria Bernadet-te Amato che ci ha lasciato mer-coledì 20 luglio,dopo aver servi-to nel silenzio e nella preghiera la Comunità di Ravello,seguendo le orme di santa Chiara. A proposi-to della dipartita di suor Berna-dette occorre evidenziare una singolarità. La comunità di Ravello ha appreso la notizia della morte di suor Bernadette mentre le campane del Duomo,durante il canto dell’inno “Ravelli pignus opti-mum”, suonavano a distesa. Una coinci-denza o piuttosto un segno di Dio che ha voluto accogliere così tra le sue braccia l’umile suora ravellese che ha offerto anche la sua sofferenza fisica per il bene spirituale di Ravello? Con la solenne processione ci siamo avviati verso la con-clusione dei festeggiamenti. Can-ti,preghiere e anche un dignitoso ed or-

dinato comportamento dei tantissimi partecipanti hanno consentito di vivere bene questo momento che è, nel com-plesso,il più difficile da gestire,proprio perché è quello più affollato e più sog-getto a fattori di disturbo. Nell’ultimo tratto la processione è stata guidata da Sua Ecc.za Mons.Orazio Soricelli che,appena tornato dal pellegrinaggio con gli ammalati a Lourdes ,è corso a Ravello per vivere con noi l’ultima parte del dies natalis di san Pantaleone. Un bellissimo segno di vicinanza paterna e pastorale alla Comunità ecclesiale e civile di Ravello. Dopo l’ormai tradizionale discorso alla Città tenuto dal sagrato del Duomo sia da don Carlo Magna sia da mons.Soricelli,il canto del Te Deum, accompagnato all’organo dal Maestro Mons.Vincenzo De Gregorio, Abate Prelato della Reale Cappella del Tesoro di San Gennaro, che anche quest’anno ha voluto essere presente alla festa di san Pantaleone,quasi a sottolineare un ideale abbraccio fra il martire di Nicomedia e il Santo Patrono della Campania accomu-nati dal prodigio della liquefazione del sangue,ha preceduto la solenne benedi-zione impartita dall’Arcivescovo. Con-clusa la parte liturgica, in Piazza Duomo

la festa è continuata con lo strepitoso spettacolo pirotecnico e l’elegante esecu-zione di brani da parte della Banda musi-cale. Il suono delle campane del Duomo ha gioiosamente e un po’ malinconica-mente scritto la parola “fine”alla Festa patronale 2011. Subito dopo la musica da discoteca che si sentiva nella piazza quasi vuota ha riportato la vita di Ravello alla quotidianità,o meglio a quella vita ordi-naria che solo una giornata straordinaria come il 27 luglio riesce a vincere.

Roberto Palumbo

Foto di Alfonso Vuolo

Foto di Alfonso Vuolo

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Pinarosa ci ha lasciati in una calda domenica di luglio, il suo fisico non ha più retto le estenuanti e lunghissime cure. Dopo tante sofferenze la sua anima ha trovato la Pace nelle braccia amorevoli del Padre. Quando una persona ci lascia, si alternano nella mente e nel cuore ricordi ed emozioni, meccanismi strani, una forma di difesa per lenire il dolore, così che il distacco sembra più sopportabile . Di Pinarosa mi è ritornato alla mente il giorno del suo matrimo-nio; era sorridente e felice, aveva lo stesso sorriso gioioso di quando sono nati i suoi due figli : Alfredo e Micol. Pinarosa era una persona che amava la vita, amava il creato , amava i fiori e gli animali , aveva un carattere aperto e generoso , ma nello stesso tempo forte e de-terminato , ciò le ha dato coraggio anche nell’affrontare la sua malat-tia . Non si è mai tirata indietro nell’aiutare chiunque ella sapeva

trovarsi in difficoltà. Se le chiedevi notizie del suo stato di salute , di-gnitosamente ti rispondeva, senza lamentarsi, dimostrando di accet-tare le sofferenze. Pinarosa, silen-ziosamente, nella quotidianità ha realizzato la sua vocazione , la chiamata di Dio nella sua vita , è stata moglie e madre attenta e pre-murosa , nonna tenerissima; i suoi tre nipotini erano per Pinarosa la gioia della vita , pur se debilitata cercava la loro presenza. Non poteva essere altrimenti per “ una maestra “ che ha dedicato la sua vita ai bambini , alla loro cre-scita, alla loro educazione . Penso che tutti gli insegnan-ti ,soprattutto delle scuole prima-rie, ricorderanno per sempre “ il viso ,gli occhi, le voci , le storie di tanti bambini con cui hanno condi-viso emozioni ,scoperte , la fatica e la ricerca di un percorso per im-parare a diventare grandi”. Ogni maestro i suoi scolari li ri-corda per tutta la vita ! Pinarosa è stata una maestra competen-te,seria e nello tempo attenta , aperta e disponibile con gli scola-ri , ma anche con i genitori. Tanti sono stati gli alunni di Pina-rosa che non dimenticheranno gli insegnamenti non solo didatti-ci ,ma di vita che una maestra co-me Pinarosa ha saputo trasmette-re, ne è testimonianza la presenza di tanti di loro che commossi ed addolorati sono venuti a renderle l’ultimo saluto. E’ vero, non la vedremo più fisicamente , ma il suo sorriso , la sua tenacia , il suo esempio resteranno sempre nei nostri cuori.

Giulia Schiavo

Il giorno 20 luglio 2011, nel mona-stero di Santa Chiara in Ravello, dopo lunghe sofferenze, si è spenta la cara esistenza di Suor Maria Bernadetta Amato. Era nata il 26 dicembre 1937 ed era quarta di 11 figli. Fin dagli anni della sua infanzia ha manifestato delle attitudini e qualità che sarebbe-ro poi emerse negli anni successivi. Era docile, servizievole, e ben dispo-sta a collaborare con la mamma e le sorelle sia in casa che nei lavori del giardino. La sua vocazione fece capolino in mo-do del tutto straordinario intorno ai 14-15 anni, quando insieme con altre sorelle e altre ragazze trasportava il materiale da costruzione verso il mo-nastero di S. Chiara dove il papà An-tonio lavorava per ristrutturare alcuni ambienti del sacro edificio. Ebbene Maria, a mano a mano che passavano i mesi rimaneva sempre più affezionata alla vita monastica delle Clarisse che lei aveva modo di incontrare, tanto da manifestare apertamente, a sera, la volontà di rimanere lì con le suore e di non voler più tornare a casa. In quelle circostanze ci volle tutta la materna sensibilità e la comprensione delle suore perché lei capisse che do-veva anzitutto non affrettare ma ma-turare una decisione così importante perché doveva crescere anche in età, raggiungere almeno i 18 anni. Da quel momento, Maria, ogni mattina, saliva da casa, sita in frazione S. Pie-tro, a Santa Chiara per pregare con le suore. Finalmente, a meno di 18 an-ni, ebbe dalla Madre Badessa il con-senso ad entrare nel Monastero. Il giorno del suo ingresso in monastero, era radiosa, felicissima e la messa concelebrata da più sacerdoti fra cui lo zio Don Pantaleone Amato, suscitò emozioni profonde nella popola-

In ricordo di Pinarosa Cernicchiaro Ricordo di Suor Maria

Bernadetta Amato

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popolazione di Ravello, accorsa nu-merosa. La vita di Suor Maria Bernadetta è stata sempre caratterizzata da una risposta pronta e generosa alla chia-mata di Dio. Sia 56 anni fa quando entrò nel mona-stero , sia 4 anni fa quando ha cele-brato il suo cinquantenario di vita claustrale, sia il giorno del suo trapas-so, ha sempre risposto alla chiamata del Signore con le seguenti parole: “Eccomi, Signore, io vengo: si com-pia in me la tua volontà”. In tutti questi anni, nel monastero di Santa Chiara, la sua condotta monastica è stata caratterizzata da umiltà, docilità, spirito di servizio, serenità. Anche nei momenti di sofferenza che non sono stati pochi, ma so-prattutto in questi ultimi mesi, non ha perso mai la dolcezza, l’affabilità, la serenità. Per tutti noi fratelli, sorelle, nipoti e pronipoti lei è sempre stata un radioso punto di riferimento: era dolce, comprensiva, affabile, ama-bile, serena, sorridente, generosa. Sapeva trovare per ognuno di noi, in ciascun momento della nostra esistenza,consigli adeguati e dolci suggerimenti. Adesso che lei è scomparsa noi ab-biamo gli occhi pieni di lacrime e il cuore ferito, perché sentiamo il peso di questo distacco, di tante domande che non hanno risposta, sentiamo il rischio di essere travolti da una sfida troppo grande rispetto alla fragilità delle nostre persone. Nella profondità di questa solitudine c’è qualcuno che ci attende e ci capi-sce, sa leggere il nostro dolore meglio di noi stessi, sa chiamarlo per nome, sa dare voce a ciò che riempie il cuore di amarezza. Gesù non mistifica il nostro dolore, non ci dice: “non è niente!”. Si ferma e gli dà un nome ed è già una liberazione grande poter gridare il proprio dolore, sentire che c’è qual-

cuno che è in grado di comprenderlo in tutta la sua tremenda e profonda verità. Egli restituisce ad ogni uomo il suo destino di pienezza di gioia e di eternità. Forse qualcosa in noi fa op-posizione. La ragione non si arrende e continua a chiedere: “Ma perché Dio non ci ha ascoltato? Perché non è in-tervenuto quando gli chiedevamo la guarigione della nostra sorella?”. Egli non risponde ai nostri perché, ma ci pone di fronte altri miracoli che ci strappano dalla nostra piccola logi-ca e ci aprono al suo misterioso e sor-

prendente modo di agire.E i miracoli del Signore ci hanno messo davanti una sorella che ha sofferto ed è morta in modo esemplare. La morte così vissuta non è più l’esperienza che profana e toglie la vita, che umilia l’uomo e il suo desi-derio, che lo getta nella disperazione. La morte per Suor Bernadetta è stata il momento cruciale che ha rivelato la sua grandezza. La sua morte, come la morte di Cri-sto sulla croce, ha rivelato questa grandezza liberandola da ogni ombra.

E’ così emersa la sua semplicità e il suo candore nell’affrontare il mo-mento difficile della sofferenza e nel giudicare anche la sua vita passata. Dio in lei viveva e la sua presenza era intessuta con ogni respiro della sua vita, era la certezza su cui tutto era fondato. Questa semplicità ha generato in Sr Bernadetta la pazienza e la capacità di affrontare la sofferenza con la legge-rezza e la libertà del cuore. Chi l’ha incontrato ha visto il miraco-lo grande di una sofferenza che l’ha

condotta a morte ma non ha sfi-gurato la sua grandezza e la sua dignità. C’è una forza che neanche la morte può sconfiggere. Niente può rubare quell’immagine di Dio che è in noi, che continua a vivere anche se è sepolta sotto le nostre paure e i nostri errori. La semplicità e la pazienza hanno permeato quella presenza un po’ distaccata ma non estranea, fede-le e appassionata ma mai fuori misura. La morte di Sr Berna-detta non sembra affronto alla sua vita ma il compimento di quell’apertura che noi abbiamo sempre visto in lei. La affidiamo al Signore con la sicurezza, sia pure carica di soffe-renza, che Egli non ce la toglie. Anche per lei sono le parole degli angeli della Risurrezione: “non è qui, non è racchiusa per sempre”.

Il mistero della morte nel suo silenzio infido già parla della sua nuova vita. Parla in modo nuovo e ci impegna ad essere fedeli, a fare costante memoria di ciò che attraverso lei abbiamo udi-to e visto, a sentirla vicina come dono e presenza che invita a continuare il cammino, ad andare oltre a tutte le cose che mutano in continuazione per sperimentare la vita piena cui il Si-gnore ci chiama.

Giulio Amato

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Si è svolta nel complesso monumentale della SS. Annunziata a Ravello, il 23 lu-glio u.s., la giornata di studi dedicata al ruolo dei cattolici nell’unificazione d’Italia e alla situazione religiosa e civile della Ravello ottocentesca, organizzata dall’Associazione per le attività culturali del Duomo di Ravello e l’Istituto Nazio-nale per la Guardia d’onore alle Reali Tombe del Pantheon. L’incontro cultu-rale ha raccolto l’eredità del tradizionale appuntamento di studi sui santi del patri-monio religioso ravellese e della Costa d’Amalfi che dal 2004 ha rappresentato un momento fondamentale dei festeggia-menti in onore del Santo patrono Panta-leone da Nicomedia. La sessione mattutina, i cui partecipanti hanno concentrato l’attenzione sulla Ra-vello Ottocentesca, ha preso il via con i saluti istituzionali portati dal Sindaco, Dott. Paolo Vuilleumier, e da Mons. Giuseppe Im-perato, parroco del Duo-mo e presidente dell’Associazione che ha collaborato all’organizzazione. Da entrambi è venuto l’auspicio di diffondere sempre più il piacere per la storia locale tra le gio-vani generazioni. Mons. Imperato, in particolare, in un’ ampia panoramica sul tema della giornata di studi ha voluto sottolinea-re come le ricerche con-dotte da figure eminenti di storici otto-centeschi, quali Ferdinando Mansi e Luigi Mansi, appartenenti al clero locale, devo-no rappresentare lo stimolo per i giovani che, per professione o semplicemente per passione, si sono rivolti alla ricerca storica. I contributi scientifici sono stati aperti dal dottor Salvatore Amato che ha presenta-to un aspetto importante della storia dell’Ottocento,“La soppressione degli ordini religiosi a Ravello durante il De-cennio Francese”. Le ricerche hanno permesso di chiarire le vicende che ri-guardarono il fenomeno della soppressio-

ne degli ordini religiosi, che ha generato importanti ricadute storiche ed economi-che in tutto il territorio. Con un’interessante panoramica sulla storia degli studi che hanno riguardato il tema trattato, l’Amato ha sottolineato, in un discorso che ha assunto la coinvolgente atmosfera di un racconto di storie anti-che, le vicende anche umane che caratte-rizzarono la soppressione del convento dei Frati Minori, dove aveva svolto la missione Fra’ Bonaventura da Potenza, e del cenobio benedettino femminile della SS. Trinità. L’Amato ha sottolineato co-me le pratiche di inventariazione dei be-ni, l’ indicazione delle destinazioni degli occupanti dei due cenobi siano state vis-sute con grande commozione da parte dell’intero paese. La Ravello dell’Ottocento, con i suoi problemi e le sue bellezze, è stata al

centro dell’intervento del dottor Donato Sarno, segretario del Centro di Cultura e Storia Amalfitana. Presentando il risulta-to delle sue ricerche su “Ravello nel pas-saggio dalla monarchia borbonica alla sabauda”, il dottor Sarno ha evidenziato che le vicende del passaggio dai Borbone ai Savoia non ebbero a Ravello il caratte-re di violenta trasformazione, come al-trove, non essendoci stata qui neppure la sostituzione del sindaco; dopo il plebisci-to di annessione al Regno di Sardegna, infatti, immediatamente si trasmise l’atto di adesione del comune al Re Vittorio Emanuele.Le donne, invece, sono state al

centro dell’intervento della dottoressa Maria Rosaria Pagano, storico del Centro di Cultura e Storia Amalfitana, che ha presentato “Brigantaggio femminile nella Costiera Amalfitana. Donne dimenticate dalla storia”. Le donne protagoniste di queste storie hanno sacrificato la loro femminilità per sostenere non solo gli uomini che amavano ma anche le idee di libertà che si andavano diffondendo. E anche quando si macchiavano di qualche delitto, le pene che ricevevano erano sempre più leggere rispetto a quelle degli uomini, quasi che anche la giustizia non volesse riconoscere loro una cosciente partecipazione alle vicende della storia. Ha chiuso la sessione mattutina il profes-sore Antonio Milone, storico dell’arte, che ha tratteggiato la figura di un grande mecenate ravellese: Francis Nevile Reid. Il prof. Milone ha ripercorso la vita ra-

vellese del botanico scozzese, caratteriz-zata da una vicinanza al suo paese di ado-zione attraverso la realizzazione di im-portanti interventi: la costruzione di una strada, dell’acquedotto che portava l’acqua fin nel cuore del paese, la trasformazione del complesso di Villa Rufolo, da lui acqui-stata nel 1851, in un museo aperto ai

viaggiatori (la visita di Wagner nel 1880 è un risultato di questa attività). Grazie ai contatti che aveva a Napoli ma anche all’estero, il Reid fece conoscere Ravello e i suoi preziosi elementi artistici nel mondo. L’intervento del Milone si è concluso con l’amara considerazione che questa passione del Reid per la tutela del patrimonio ravellese sembra essersi per-sa, considerate le recenti vicende di ven-dita all’asta degli arredi e dei marmi ap-partenuti al Reid ed esportati con dubbia liceità all’ estero dagli eredi del botanico scozzese. La sessione pomeridiana, moderata dal

L’Unificazione nazionale: il ruolo dei cattolici Giornata di studi sulla Ravello Ottocentesca

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dottor Donato Sarno, ha richiamato l’attenzione dei presenti sul ruolo dei cattolici nel processo di unificazione, tema trattato dal professore Ciro Roma-no, dell’Università Federico II e di quel-la di Turku in Finlandia, e su una figura di cattolico impegnato nel Risorgimento Meridionale, il canonico Vincenzo Padu-la, presentato nell’intervento del profes-sor Carmine Pinto, dell’Università degli Studi di Salerno. Il contributo del prof. Romano ha deli-neato un’ampia panoramica sull’atteggiamento del mondo cattolico di fronte all’unificazione dell’Italia con interessanti considerazioni sull’evoluzione della presa di coscienza da parte dei Papi, da Pio IX, protagoni-sta del “non expedit”, a Benedetto XV, circa la partecipazione politica dei catto-lici. Questa nuova atmosfera fece emer-gere le figure di cattolici illuminati, quali Don Sturzo, per i quali il “non expedit” era da considerare un elemento che a-vrebbe tenuto fuori dalla politica il con-tributo fondamentale dei cattolici. Il professor Pinto ha delineato la figura del sacerdote Vincenzo Padula, che nella sua giovane vita seppe mescolare la mis-sione sacerdotale che mai interruppe con lo slancio civile che lo portò ad avere ruoli di primo piano nella rivolta del Meridione d’Italia. Partecipando alla spedizione garibaldina dei Mille e, ferito nella battaglia di Milazzo, morì un mese dopo per le conseguenze delle ferite. Nell’intervento è stato sottolineato il ruolo della Chiesa durante il Risorgi-mento meridionale. Essa strinse un patto di sostegno alla causa borbonica a diffe-renza del basso clero che si schierò con i movimenti di liberazione. La conclusione della giornata è stata affi-data all’intervento fuori programma di S. Ecc. Mons. Barbarito, nunzio aposto-lico emerito, che, evidenziando la neces-sità di un recupero dei valori etici e reli-giosi da parte di coloro hanno a cuore il bene comune, ha auspicato per l’Italia un nuovo Risorgimento, con una classe dirigente che abbia a cuore la comunità e lavori per l’unità della Nazione.

Sorrentino Maria Carla

Mons. Claudio Gugerotti, Arcivescovo Titolare di Ravello, nuovo Nunzio Apostolico in Bielorussia

Il 15 luglio 2011 il Santo Padre Benedetto XVI ha nominato Mons. Claudio Gugerotti Nun-zio Apostolico in Bielorussia. Nato a Verona il 7 ottobre del 1955, Claudio Gugerotti è sa-cerdote della Pia Società di Don Nicola Mazza. Ha

conseguito la laurea in lingue e letteratu-re orientali presso l'Università "Ca' Fo-scari" di Venezia, la licenza in liturgia del Pontificio Ateneo S. Anselmo e il dotto-rato in scienze ecclesiastiche orientali presso il Pontificio Istituto Orientale. Ha svolto attività didattica presso le Uni-versità di Venezia, Padova e Roma, nella Pontificia Università Gregoriana e nel

Pontificio Istituto Orientale. È stato ordinato sacerdote per la diocesi di Verona il 29 maggio 1982 dal vescovo Giuseppe Amari. Nel 1985 ha iniziato il suo servizio nella Santa Sede presso la Congregazione per le Chiese Orientali, assumendo la carica di segretario sotto l'allora prefetto cardi-nale Achille Silvestrini. È stato consultore dell'Ufficio per le Ce-lebrazioni Liturgiche Pontificie. È auto-re della traduzione italiana, con introdu-zione e note, della "Storia" di Sebeos e di vari altri testi sul pensiero religioso o-rientale, soprattutto armeno. Il 7 dicembre 2001 è stato nominato arcivescovo titolare di Ravello e nunzio apostolico nei paesi asiatici della Geor-gia, dell'Armenia e il 13 dicembre 2001 anche dell'Azerbaigian. Ha ricevuto la consacrazione episcopale il 6 gennaio 2002, per le mani di papa Giovanni Pao-lo II, co-consacranti gli arcivescovi Leo-nardo Sandri e Robert Sarah.

In vista della Giornata della Solida-rietà a favore della Comunità di Sant’Egidio, che si terrà domenica 21 agosto a Ravello, offriamo una breve scheda sulle iniziative pro-mosse dall’Opera. La Comunità di Sant’Egidio è nata a Roma nel 1968, per iniziativa di un giovane, allora meno che ventenne, Andrea Riccardi. Iniziò riunendo un gruppo di liceali, come era lui stesso, per ascoltare e mettere in pratica il Vangelo. La prima comunità cristiana degli Atti degli Apostoli e Francesco d’Assisi sono stati i primi punti di riferimento. Il piccolo gruppo iniziò subito ad andare nella periferia romana,tra le baracche che in quegli anni cingevano Roma e dove vivevano molti poveri,e cominciò un doposcuola pomeridiano (la “Scuola po-polare”,oggi “Scuole della pace” in tante parti del mondo) per i bambini. Da allora la comunità è molto cresciu-ta ,e oggi è diffusa in più di 70 paesi di 4

continenti. Anche il numero dei membri della comunità è in crescita costante. Oggi sono circa 50.000,ma è assai diffici-le calcolare il numero di quanti in modo diverso sono raggiunti dalle diverse atti-vità di servizio della comunità,come pure di quanti collaborano in maniera stabile e significativa proprio al servizio ai più poveri e alle altre attività svolte da Sant’Egidio senza farne parte in senso stretto.

IL 21 AGOSTO LA GIORNATA DI SOLIDARIETA’ A FAVORE DELLA COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO

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CELEBRAZIONI DEL MESE DI AGOSTO GIORNI FERIALI Ore 18.30: Santo Rosario Ore 19.00: Santa Messa con Meditazione GIORNI PREFESTIVI E FESTIVI 4– 11 - 18 - 25 AGOSTO: ADORAZIONE EUCARISTICA dopo la S. Messa

1 AGOSTO - SANT’ALFONSO MARIA DE’ LIGUORI 3 AGOSTO - OTTAVA DELLA SOLENNITA’ LITURGICA DI SAN PANTALEONE

Ore 19.00: Santo Rosario e Coroncina Ore 19.30: Santa Messa e Processione 4 AGOSTO - SAN GIOVANNI MARIA VIANNEY 6 AGOSTO - FESTA DELLA TRASFIGURAZIONE DEL SIGNORE

INIZIO DELLA NOVENA IN PREPARAZIONE ALLA SOLENNITA’ DELL’ASSUNZIONE DELLA B.V. MARIA

7 AGOSTO - XIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Ore 8.00-10.30– 19.30: Sante Messe 8 AGOSTO - SAN DOMENICO Partecipazione della Comunità di Ravello alla Celebrazione del Novenario di San Lorenzo nel Duomo di Scala 9 AGOSTO - SANTA TERESA BENEDETTA DELLA CROCE , PATRONA D’EUROPA 10 AGOSTO - SAN LORENZO 11 AGOSTO - SANTA CHIARA 14 AGOSTO - XX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO SAN MASSIMILIANO M. KOLBE Ore 8.00-10.30: Sante Messe Ore 19.30: Primi Vespri della Solennità e Messa della Vigilia della Solennità 15 AGOSTO - SOLENNITA’ DELL’ASSUNZIONE DELLA B.V. MARIA Ore 8.00: Santa Messa Ore 10.30: Solenne Celebrazione Eucaristica presieduta da S. E. Mons. Claudio Gugerotti, Arcivescovo titolare di Ravello, Nunzio Apostolico in Bielorussia Ore 19.30: Santa Messa Vespertina e Processione GIOVEDI’ 18 AGOSTO Ore 19.00: Santa Messa Esposizione dell’Eucarestia

Adorazione Prolungata fino alle ore 8.00 di venerdì 19 agosto

21 AGOSTO - XXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Ore 8.00-10.30– 19.30: Sante Messe 22 AGOSTO – B.V. MARIA REGINA 24 AGOSTO - SAN BARTOLOMEO APOSTOLO 28 AGOSTO - XXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Ore 8.00-10.30– 19.30: Sante Messe 29 AGOSTO - MARTIRIO DI SAN GIOVANNI BATTISTA