Incontro Marzo 2011

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Per una Chiesa Viva www. chiesaravello. it www. ravelloinfesta. it Anno VII - N. 2 – Marzo 2011 Con chiaro ed esplicito riferimento alla Esortazione Apostolica Postsinodale “La Parola del Signore”, il Santo Padre Bene- detto XVI, nel messaggio per la Quaresi- ma di quest’anno, ci ha invitati a guar- dare a questo tempo speciale dell’Anno Liturgico come a una scuola insostituibi- le di fede e di vita in cui ci si lascia con- durre dalla Parola di Dio. E ben a ragione, perché la Parola di Dio «è il fondamento di tutte le cose», la roc- cia sulla quale costruire la 'ca-sa' della propria esistenza e soprattut- to la casa dei figli di Dio, la grande famiglia della Chiesa. «Chi costruisce la sua vita sulla materia, sul successo, su tutto quello che appare, co- struisce sulla sabbia perché solo la Parola di Dio è fonda- mento di tutta la realtà». In ogni dimensione di vita, il vero realismo, il movi-mento stesso della vita di ogni uomo è la Parola di Dio:”In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio….tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esi- ste”. La Parola è per se stessa creatrice di tutta la realtà; è creatrice e formatrice dell’uomo nuovo creato secondo Dio nella giustizia e nella verità. Dalla grande grazia del Concilio Vaticano II che ci ha regalato la Costituzione sulla Parola di Dio, considerata “il Capolavoro del Con- cilio”, è derivata nella Chiesa del nostro tempo la maggiore consapevolezza di «rafforzare la pratica di incontro con la Parola di Dio come fonte di vita». Anche il testo degli Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il decennio 2010-2020 dal titolo “ Educare alla vita buona del Vangelo” sottolinea l’importanza dell’ educa-zione rinviando «a un ascolto assiduo della Parola di Dio» e raccomandando la conoscenza della Bibbia che contiene la Parola di Dio e deve essere e diventare il nutrimento spirituale di tutti i membri della Chiesa. Per prepararci alla Pasqua, sin dai primi giorni della Quaresima (dal mercoledì delle ceneri), con le parole del Salmo 94: “Oggi, se ascoltate la Parola di Dio, non indurite il vostro cuore…” nella Liturgia risuona per noi l’accorato invito di Dio all’ascolto della parola di Dio per ritorna- re al Signore con tutto il cuore. L’indurimento del cuore, nella Sacra Scrittura, indica un male grave e temibi- le, che rende insensibili a percepire la presenza di Dio e a stabilire una relazione con Lui, mentre il cuore sensibile a Dio è un cuore puro, umile, che confida in Dio. Si ritorna a Dio riconoscendo che Dio è il Fondamento, Principio e Fine ultimo della nostra vita, il nostro Bene Supremo; nello stesso tempo si riscopre e si afferma la nostra vera i- dentità e la più alta dignità perché noi siamo “immagine e somiglianza di Di- o” (Gen 1, 26). Riconoscere Dio come Dio vuol dire adorarLo, riconoscerLo come Assoluto, il Creatore, il Padre di tutti. La liturgia di questo tempo speciale dell’Anno della Chiesa, dunque, con la guida della Parola di Dio ci conduce a riflettere sul senso profondo del- la vita in rapporto alla sua origine e alla sua meta finale. Nella pri- ma domenica di quaresima in cui ci viene presentato Gesù che accetta la prova della tentazione impariamo a riconoscere che la presenza del male nella vita è una dimensione che non può essere negata. Tuttavia, proprio di fronte alla tentazione e anche al peccato non siamo abbandona- ti a noi stessi e possiamo trovare rifugio e forza nella fedeltà di Dio e affidarci a lui. Il cammino quare- simale può essere espressione concreta di questo affidamento a Dio che rende stabile la nostra vita. Nella seconda Domenica la contemplazione della gloria di Dio che risplende sul volto di Gesù sul monte della trasfigurazione ci svela il mistero di Gesù e ci aiuta a porci in ascolto del Signore per scoprire la no- stra vera destinazione:l’ascolto della pa- rola di Dio,della sua chiamata,attraverso i segni della storia, presupposto della fede e della autentica sequela di Cristo. Continua a pagina 2 La Quaresima alla luce della Parola di Dio P ERIODICO DELLA COMUNITÀ ECCLESIALE DI RAVELLO

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Incontro Marzo 2011 Chiesa Ravello

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Page 1: Incontro Marzo 2011

Per una Chiesa Viva

www. chiesaravello. it www. ravelloinfesta. it Anno VII - N. 2 – Marzo 2011

Con chiaro ed esplicito riferimento alla Esortazione Apostolica Postsinodale “La Parola del Signore”, il Santo Padre Bene-detto XVI, nel messaggio per la Quaresi-ma di quest’anno, ci ha invitati a guar-dare a questo tempo speciale dell’Anno Liturgico come a una scuola insostituibi-le di fede e di vita in cui ci si lascia con-durre dalla Parola di Dio. E ben a ragione, perché la Parola di Dio «è il fondamento di tutte le cose», la roc-cia sulla quale costruire la 'ca­sa' della propria esistenza e soprattut-to la casa dei figli di Dio, la grande famiglia della Chiesa. «Chi costruisce la sua vita sulla materia, sul successo, su tutto quello che appare, co-struisce sulla sabbia perché solo la Parola di Dio è fonda­mento di tutta la realtà». In ogni dimensione di vita, il vero realismo, il movi­mento stesso della vita di ogni uomo è la Parola di Dio:”In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio….tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esi-ste”. La Parola è per se stessa creatrice di tutta la realtà; è creatrice e formatrice dell’uomo nuovo creato secondo Dio nella giustizia e nella verità. Dalla grande grazia del Concilio Vaticano II che ci ha regalato la Costituzione sulla Parola di Dio, considerata “il Capolavoro del Con-cilio”, è derivata nella Chiesa del nostro tempo la maggiore consapevolezza di «rafforzare la pratica di incontro con la Parola di Dio come fonte di vita». Anche il testo degli Orientamenti pastorali

dell’Episcopato italiano per il decennio 2010-2020 dal titolo “ Educare alla vita buona del Vangelo” sottolinea l’importanza dell’ educa­zione rinviando «a un ascolto assiduo della Parola di Dio» e raccomandando la conoscenza della Bibbia che contiene la Parola di Dio e deve essere e diventare il nutrimento spirituale di tutti i membri della Chiesa. Per prepararci alla Pasqua, sin dai primi giorni della Quaresima (dal mercoledì delle ceneri), con le parole del Salmo

94: “Oggi, se ascoltate la Parola di Dio, non indurite il vostro cuore…” nella Liturgia risuona per noi l’accorato invito di Dio all’ascolto della parola di Dio per ritorna-re al Signore con tutto il cuore. L’indurimento del cuore, nella Sacra Scrittura, indica un male grave e temibi-le, che rende insensibili a percepire la presenza di Dio e a stabilire una relazione con Lui, mentre il cuore sensibile a Dio è un cuore puro, umile, che confida in Dio. Si ritorna a Dio riconoscendo che Dio è il Fondamento, Principio e

Fine ultimo della nostra vita, il nostro Bene Supremo; nello stesso tempo si riscopre e si afferma la nostra vera i-dentità e la più alta dignità perché noi siamo “immagine e somiglianza di Di-o” (Gen 1, 26). Riconoscere Dio come Dio vuol dire adorarLo, riconoscerLo come Assoluto, il Creatore, il Padre di tutti. La liturgia di questo tempo speciale dell’Anno della Chiesa, dunque, con la guida della Parola di Dio ci conduce a

riflettere sul senso profondo del-la vita in rapporto alla sua origine e alla sua meta finale. Nella pri-ma domenica di quaresima in cui ci viene presentato Gesù che accetta la prova della tentazione impariamo a riconoscere che la presenza del male nella vita è una dimensione che non può essere negata. Tuttavia, proprio di fronte alla tentazione e anche al peccato non siamo abbandona-ti a noi stessi e possiamo trovare rifugio e forza nella fedeltà di Dio e affidarci a lui. Il cammino quare-simale può essere espressione

concreta di questo affidamento a Dio che rende stabile la nostra vita. Nella seconda Domenica la contemplazione della gloria di Dio che risplende sul volto di Gesù sul monte della trasfigurazione ci svela il mistero di Gesù e ci aiuta a porci in ascolto del Signore per scoprire la no-stra vera destinazione:l’ascolto della pa-rola di Dio,della sua chiamata,attraverso i segni della storia, presupposto della fede e della autentica sequela di Cristo.

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La Quaresima alla luce della Parola di Dio

PERIODICO DELLA COMUNITÀ ECCLESIALE DI RAVELLO

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In Gesù trasfigurato vediamo questo in-contro tra Dio e l'uomo che costitui-sce la nostra salvezza: Gesù è il mediato-re del nostro ritorno a Dio; è la luce che dà senso e valore alla nostra esistenza. Dio non è definibile, non può essere inca-sellato secondo nessuna categoria umana. È anzitutto una Presenza. A Mosè Dio si presenta semplicemente con questo No-me: IO SONO. Cogliamo la sua presen-za attraverso quello che fa per noi: Egli è misericordioso verso di noi, non ci fissa nel nostro passato di colpa, ma ci apre un futuro sempre nuovo ed anche la nostra conversione è un suo dono, al quale noi siamo invitati a rispondere. Il Vangelo della terza domenica di Quaresima con l’episodio dell’incontro di Gesù con la donna di Samaria al pozzo di Sicar ci ri-chiama al battesimo. In quella donna possiamo anche noi riconoscerci special-mente per il bisogno di incontrare chi può salvarci e anche per la sorpresa che ci afferra quando avvertiamo i segni della presenza di Dio nella nostra vita. Nella quarta domenica di Quaresima siamo condotti verso la luce della Pasqua. Il racconto del vangelo ne riassume la so-stanza attraverso l’immagine: l’opera di Gesù non si limita a dare luce al cieco,ma mette in condizione di diventare diffusori di luce. Il Signore non ci lascia mancare la sua luce,a condizione che riconoscia-mo la nostra cecità ed apriamo il cuore al suo sguardo. L'esistenza umana è un continuo cammino che comporta cadute e ripre-se. La riconciliazione è l'offerta che Dio ci fa: vera trasformazione, una nuova crea-zione al nostro interno. E in quanto cri-stiani siamo inviati nel mondo a portare quella energia che emanava da Gesù e che continua ad operare anche in noi, nono-stante le nostre incoerenze. Tema centrale di tutta la liturgia della quinta Domenica di Quaresima è invece proprio l'incontro con Gesù che non si erge a giudice, ma che ci afferra nel profondo per cambiare la nostra esistenza. Questa forza ha un nome: perdono! È’ l'energia di cui ha bisogno la nostra umanità per non diventare vittima della violenza che può distruggerci. Nella prospettiva della festa solenne e gioiosa della Pasqua, comprendiamo che la vita ci è stata data

per cercare Dio e per possederlo in eter-no. La morte è stata superata dalla resur-rezione di Gesù. Per il credente il suo destino è la visione di Dio nella quale la vita mortale viene trasformata. Alla scuola della Liturgia della Chiesa ci appare sempre meglio l’esigenza di dedi-care spazio e tempo alla conoscenza e alla meditazione della Parola di Dio a livello individuale e comunitario; e si rafforza altresì la convinzione di dover assicura­re la diffusione della Bibbia nel maggior numero possibile di famiglie, perchè la lettura della Bibbia ad incominciare dalla in famiglia possa continuare nella comu-nità parrocchiale e favorire la formazio-ne di una generazione nuova di credenti maturi ed adulti nella fede. Con la speranza che “cia­scuno di noi possa trasformare il suo cuore in una biblioteca della Parola” secondo l’auspicio formulato da un vescovo nel corso dei lavori dell’Assemblea sinodale sulla Parola di Dio!

Don Giuseppe Imperato

S I N T E S I DELLA

ESORTAZIONE APOSTOLICA “VERBUM DOMINI”

Continuazione

L’unità dei due livelli interpretativi della Parola di Dio

Il Papa analizza lo stato attuale degli studi biblici, rilevando che “dal fecondo rap-porto tra esegesi e teologia dipende gran parte dell’efficacia pastorale dell’azione

della Chiesa e della vita spirituale dei fedeli”. Riconosce l’importante apporto dato “dall’esegesi storico critica” e da altri metodi ma segnala il grave rischio, oggi, di “un dualismo” tra esegesi e teolo-gia: da una parte, una esegesi che si limi-ta al metodo storico-critico, diventando “un’ermeneutica secolarizzata”, dove tutto è ridotto “all’elemento umano”, fino a negare “la storicità degli elementi divini”; dall’altra, una teologia “che si apre alla deriva di una spiritualizzazione del senso delle Scritture che non rispetta il carattere storico della rivelazione”. Il Papa auspica “l’unità dei due livelli” interpretativi, che in definitiva presuppo-ne “una armonia tra la fede e la ragione”, in modo che la fede “non degeneri mai in fideismo”, con la conseguenza di una lettura fondamentalista della Bibbia, e una ragione che “si mostri aperta e non rifiuti aprioristicamente tutto ciò che eccede la propria misura”. Benedetto XVI esprime, quindi, l ’ a u s p i c i o c h e n e l l ’ a m b i t o dell’interpretazione dei testi sacri “la ricerca … possa progredire”, portando “frutto per la scienza biblica e per la vita spirituale dei fedeli”, e nello stesso tem-po che si possa ampliare il dialogo tra pastori, esegeti e teologi nella consape-volezza che, in questo campo, “la sacra Tradizione, la sacra Scrittura e il Magi-stero della Chiesa, per sapientissima di-sposizione di Dio, sono tra loro talmente connessi e congiunti che nessuna di que-ste realtà sussiste senza le altre” .

Parola di Dio e vita

Si sottolinea inoltre che “si può com-prendere la Scrittura solo se la si vive”: infatti “l’interpretazione più profonda della Scrittura … viene proprio da colo-ro che si sono lasciati plasmare dalla Pa-rola di Dio”, i santi. “Mettersi alla loro scuola costituisce una via sicura per intra-prendere un’ermeneutica viva ed efficace della Parola di Dio”. E riferendosi a Maria, “figura della Chie-sa in ascolto della Parola di Dio che in lei si fa carne”, il Papa esorta “gli studiosi ad approfondire maggiormente il rapporto tra mariologia e teologia della Parola” .

Continua sul prossimo numero di

“Incontro”...

SEGUE DALLA PRIMA

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“Con Cristo siete sepolti nel Battesimo, con lui siete anche risorti”. E’il tema del messag-gio del Papa per la Quaresima 2011. Il Battesimo “non è un rito del passato” – scrive Benedetto XVI nel Messaggio quare-s i m a l e – m a l’incontro con Cristo che informa tutta l’esistenza del battezza-to, gli dona la vita divina e lo chiama ad una conversione sincera, avviata e soste-nuta dalla Grazia”. Di certo, il Battesimo “è un dono di Dio: nessuno merita la vita eterna con le proprie forze”, ricorda il Santo Padre. E “un nesso particolare lega il Battesimo alla Quaresima come momento favore-vole per sperimentare la grazia che sal-va”. Dunque, “questo dono gratuito deve essere sempre ravvivato in ciascuno di noi e la Quaresima ci offre un percorso analogo al catecumenato, che per i cri-stiani della Chiesa antica, come pure per i catecumeni d'oggi, è una scuola insosti-tuibile di fede e di vita cristiana: davvero essi vivono il Battesimo come un atto decisivo per tutta la loro esistenza”. Sollecita quindi il Papa ad “intraprendere seriamente il cammino verso la Pasqua”, “la festa più gioiosa e solenne di tutto l’Anno liturgico”, lasciandosi “condurre dalla Parola di Dio”, nei testi evangelici delle domeniche quaresimali, laddove nella prima si evidenzia la condizione dell’uomo su questa terra, consapevole della propria fragilità, in lotta contro le tentazioni, per accogliere “la Grazia che libera dal peccato e infonde nuova forza in Cristo, via verità e vita”; mentre nella seconda domenica la Trasfigurazione del Signore ci invita “a prendere le distanze dal rumore quotidiano per immergersi nella presenza di Dio”; quindi nella terza domenica la richiesta di Gesù alla samari-tana, "Dammi da bere", esprime la pas-sione di Dio per ogni uomo; nella quarta domenica del cieco nato, che risponde a

Cristo “credo, Signore” facendosi “voce di ogni credente”, il miracolo della guari-gione “è il segno che Cristo, insieme alla vista, vuole aprire il nostro sguardo inte-riore, perché la nostra fede diventi sem-pre più profonda; nella quinta ultima domenica la risurrezione di Lazzaro “ci prepara a superare il confine della morte, per vivere senza fine” in Cristo. Non manca, Benedetto XVI, di racco-mandare a tutti i fedeli le pratiche tradi-zionali del digiuno, dell’elemosina e del-la preghiera per un “cammino di conver-sione verso la Pasqua”, che conduca a riscoprire il proprio Battesimo. Nel digiuno – scrive il Papa – “rendendo più povera la nostra mensa impariamo a superare l’egoismo per vivere nella logi-ca del dono e dell’amore”. Così “la pratica dell’elemosina è un richiamo al primato di Dio e all’attenzione verso l’altro” per fuggire la tentazione “dell’avere, dell’avidità di denaro”, poiché “la bramosia del possesso provoca violenza, prevaricazione e mor-te”, e “l'idolatria dei beni” “non solo al-lontana dall'altro, ma spoglia l'uomo, lo rende infelice, lo inganna, lo illude senza realizzare ciò che promette, perché col-loca le cose materiali al posto di Dio”. Infine la preghiera che permette di acqui-sire una nuova concezione del tempo”, tempo che “senza la prospettiva dell'eter-nità e della trascendenza, “scandisce sem-plicemente i nostri passi verso un oriz-zonte che non ha futuro”.

Da Radiovaticana

Il 22 febbraio il Santo Padre ha reso pubblico il suo Messaggio per la Quaresi-ma 2011, formalmente datato 4 novem-bre 2010. Il Messaggio insiste sul «nesso particolare che lega il Battesimo alla Quaresima», ed esorta a fare della Quaresima un tempo in cui ciascuno di noi ricorda il proprio Battesimo e riflette su che cosa il Battesi-mo concretamente significa. «Il fatto - scrive il Papa - che nella maggioranza dei casi il Battesimo si rice-va da bambini mette in evidenza che si tratta di un dono di Dio: nessuno merita la vita eterna con le proprie forze. La misericordia di Dio, che cancella il peccato e permette di vivere nella pro-pria esistenza "gli stessi sentimenti di Cristo Gesù" (Fil 2,5), viene comunicata all’uomo gratuitamente». Commentando diversi brani di san Paolo il Pontefice nota che «il Battesimo [...] non è un rito del passato, ma l’incontro con Cristo che informa tutta l’esistenza del battezzato, gli dona la vita divina e lo chiama ad una conversione sincera, av-viata e sostenuta dalla Grazia, che lo por-ti a raggiungere la statura adulta del Cri-sto». La Quaresima va vissuta come spe-ciale memoria del Battesimo, e quindi «come momento favorevole per speri-mentare la Grazia che salva. I Padri del Concilio Vaticano II hanno richiamato tutti i Pastori della Chiesa ad utilizzare "più abbondantemente gli ele-menti battesimali propri della liturgia quaresimale" (Cost. Sacrosanctum Con-cilium, 109). Da sempre, infatti, la Chiesa associa la Veglia Pasquale alla celebrazione del Battesimo: in questo Sacramento si rea-lizza quel grande mistero per cui l’uomo muore al peccato, è fatto partecipe della vita nuova in Cristo Risorto e riceve lo stesso Spirito di Dio che ha risuscitato Gesù dai morti (cfr Rm 8,11). Questo dono gratuito deve essere sem-pre ravvivato in ciascuno di noi». Non solo la Quaresima è memoria del Battesimo, ma «ci offre un percorso ana-logo al catecumenato….

Continua a pagina 4

IL BATTESIMO È "DONO DI DIO" IL MESSAGGIO DEL PAPA PER LA QUARESIMA 2011

Il commento

del sociologo

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PAGINA 4 INCONTRO PER UNA CHIESA VIVA

che per i cristiani della Chiesa antica, come pure per i catecumeni d’oggi, è una scuola insostituibile di fede e di vita cristiana: davvero essi vivono il Battesi-mo come un atto decisivo per tutta la loro esistenza». Il nesso fra Battesimo e Quaresima, spiega il Papa, vive anzitutto nella liturgi-a: «la Chiesa, nei testi evangelici delle domeniche di Quaresima, ci guida ad un incontro particolarmente intenso con il Signore, facendoci ripercorrere le tappe del cammino dell’iniziazione cristiana: per i catecumeni, nella prospettiva di ricevere il Sacramento della rinascita, per chi è battezzato, in vista di nuovi e deci-sivi passi nella sequela di Cristo e nel dono più pieno a Lui [….].

Massimo Introvigne

“Signore da chi andremo? L’Eucarestia

e la vita quotidiana” Nel prossimo mese di settembre, l’intera Chiesa Italiana è convocata ad Ancona per il Convegno Eucaristico Nazionale che avrà come tema il prolungamento del Mistero Eucaristico, dalla celebrazione domenicale, alla quotidianità della vita dei fedeli. Facendo seguito al Convegno Ecclesiale di Verona, saranno ripresi i cinque ambiti dell’esistenza: la vita affet-tiva, il lavoro e la festa, la fragilità uma-na, la tradizione e la cittadinanza. Come afferma Monsignor Caprioli, vescovo di Reggio Emilia e presidente del Comitato dei Congressi Eucaristici Nazionali, “L’Eucarestia è in estrema sintesi ciò che ci rende comunità. Come ci ha fatto riscoprire il Concilio Vaticano II, la Chiesa infatti nasce dall’Eucarestia che è il culmine e la fonte di tutta l’azione ecclesiale. Perciò è un continuo punto di partenza e di arrivo, che nel Con-gresso Eucaristico di Ancona, desideriamo rimettere al centro della’attenzione di tutti i fedeli”. A tal fine le prossime Santissime Quarantore, che la comunità ravellese vivrà dal 14 al 17 marzo nella Chiesa di Santa Maria a Gradillo, saranno occasio-ne preziosissima per accogliere questo messaggio. L’Eucarestia è infatti il punto di partenza nella vita della Chiesa che riscopre la sua identità nella celebrazione

e adorazione del Mistero della Presenza del Suo Salvatore e Signore. Al tempo stesso il Mistero Eucaristico è fonte della Grazia che ci sostiene nella testimonianza nella vita feriale che si presenta con tutta la sua complessità, concretezza e serietà. L’Eucarestia non si deve limitare alla partecipazione alla Santa Messa domeni-cale, ma è necessario accogliere la Grazia che dona forza per tutta la settimana. Infatti Gesù, istituendo il Mistero Eucari-stico nell’Ultima Cena, risponde al desi-derio di salvezza dell’uomo che cerca un orizzonte eterno di senso che abbracci tutta la sua vita che, altrimenti, resterebbe sotto-posta al limite e alla morte. Come sottolinea Mons. Adriano Caprioli ci attendono tre sfide concrete ed attuali: “Una pa-storale di unità delle esperienze della vita del quoti-diano, spesso fram-mentate e diverse, che possano aprirsi alla dimensione vocazio-nale. La seconda è una pastorale formativa dove, facendo leva su significative figure di testimoni, la Parola, la liturgia e la carità corrispondano al loro fondamentale compito educativo. La terza è una pastorale integrata che favorisca un maggior riconoscimento del laicato quale soggetto pastorale della Chiesa”. In questa prospettiva sarà importante riflettere su due aspetti attualissimi. Il primo è come l’Eucarestia ci educa ad accogliere ed integrare la fragilità umana. Tutti noi sperimentiamo le parole dell’apostolo “Abbiamo un tesoro in vasi di creta” (2 Cor 4,7). L’Eucarestia è però sorgente della mise-ricordia che, nel suo profondo legame con il Sacramento della Riconciliazione, ci invita al perdono dei peccati, primo atto nell’azione liturgica eucaristica. Ma soprattutto ci invita ad accogliere e saper accettare anche l’altrui fragilità e ciò fa nascere la vera condivisione e quindi la comunità. Come afferma Monsignor Menichelli, Vescovo di Ancona-Osimo, “saper creare comunità accoglienti diventa atto di testimonianza per il mondo dove sem-bra non esserci spazio per chi mostra le proprie

debolezze e viene dunque considerato “uno sconfitto”. L’Eucarestia ci educa alla vera relazione e quindi ad una autentica ed equilibrata vita affettiva. Essa ci aiuta anche a superare la chiusura nel proprio io, ostinato rifiuto della rela-zione, annullamento persino del collo-quio e limite che crea instabilità e fragili-tà nella relazione di coppia e sociale. Siamo chiamati ad annunciare, con la gioia che scaturisce dall’incontro eucari-stico, che è possibile soccorrere le affet-tività disturbate e il crescente numero di patologie frutto anche di esperienze fa-

miliari negative. I n c o n c r e t o l’Eucarestia è il momento fonda-mentale in cui la comunità ritrova la ragione e la Grazia per vivere l’amore reciproco (comandamento nuovo), segno della presenza viva del Cristo risorto. Solo così i laici ritroveranno

nel proprio cuore quella motivazione per costituire ed animare i centri di ascolto e Caritas oggi tanto necessari per poter intervenire nelle situazioni di fragilità affettiva presenti nel territorio. In conclusione e, non per importanza, ci lasceremo interpellare dalla presenza viva di Gesù Eucarestia per riscoprire il senso vero del lavoro e della festa domenicale. Pur considerando la crisi economica, che coinvolge le nostre famiglie e le imprese che operano sul territorio con la difficol-tà per i giovani di poter realizzare le pro-prie scelte di vita, siamo chiamati ad una presenza nella vita sociale per favorire una cultura basata sulla solidarietà, non astratta e utopica, e soprattutto non solo in occasione di gravi eventi. L’Eucarestia è luce per la vita sociale. Afferma il teologo A. Hamann "La storia del primi secoli dimostra fino a che punto la Chiesa lungi dal limitarsi a predicare il Vangelo della carità si sforza di viverlo nel cli­ma fraterno delle sue comunità... Per tutti i bisogni i fratelli non si contentano di pregare nel corso dell'assemblea liturgica; si impegna-no anche a prendere iniziative, a prestare soccorsi materia­li. Moltiplicano le collette

SEGUE DA PAGINA 3

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ordinarie e straordinarie, in un ammirevole ardore di solidarietà. Inventano pranzi di carità, cui danno il nome caratteristico di "agape"... L'esercizio della carità in­segna ai cristiani che Cristo aveva spezzato le barriere sociali che separavano i ricchi dai pove­ri, gli uomi-ni dalle donne... La dignità di ogni uo­mo era stata da lui fondata non su una situazione umana, ma sul fatto che ciascuno è stato scelto da Dio... Nella Chiesa antica la solidarietà è intesa co­me una estensione della "frazione del pa-ne"... Essa tende a mettere in luce ed a saziare la fame di giu­stizia e fraternità dell'uomo...". Viviamo le Santissime Quarantore alla luce di questi valori per far sì che la no-stra fede cresca e non si chiuda in una forma intimistica e spiritualistica. Bisogna aprirsi agli altri e cercare l’unione per poter costruire un futuro migliore, offrendo il proprio impegno nel luogo ove si vive e si esercita la pro-pria competenza professionale. In questi giorni di preparazione fate vo-stra la preghiera per il Congresso Eucari-stico che ci accompagnerà nelle Santissi-me Quarantore: Signore Gesù, di fronte a Te, Parola di verità e Amore che si dona, come Pietro ti diciamo: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eter-na”. Signore Gesù, noi ti ringraziamo perché la Parola del tuo Amore si è fatta corpo donato sulla Croce, ed è viva per noi nel sacramento della Santa Eucaristia. Fa’ che l’incontro con Te nel Mistero silenzioso della Tua presenza, entri nel-la profondità dei nostri cuori e brilli nei nostri occhi perché siano trasparenza della Tua carità. F a , o S i gno re , ch e l a fo rza dell’Eucaristia continui ad ardere nella nostra vita e diventi per noi santità, onestà, generosità, attenzione premuro-sa ai più deboli. Rendici amabili con tutti, capaci di amicizia vera e sincera perché molti siano attratti a camminare verso di Te. Venga il Tuo Regno, e il mondo si tra-sformi in una Eucaristia vivente. Amen.

Don Carlo Magna

Vogliamo riprendere il nostro discorso sull’educazione, ricordando che negli Orientamenti Pastorali 2010-2020, i vescovi hanno specificato i termini del rapporto educativo: un cammino ba-sato su un legame di relazione e fidu-cia. Essi hanno tracciato l’identikit dell’educatore, il quale, prima di ogni cosa deve essere un testimone credibi-le. E’ pur vero, dicono i vescovi , che vivendo in un “contesto problematico”, in cui molto spesso si dubita del valore della persona umana e del significato stesso della verità, del bene e della bontà della vita, gli educatori possono talvolta sentirsi disorientati , tentati di indebolire l’impegno a “ trasmettere da una gene-razione all’altra , qualcosa di valido , di certo , regole di comportamento , obiet-tivi credibili , intorno ai quali costruire la vita.” I vescovi invece, incoraggiano a perseverare, poiché illuminati ed inco-raggiati da Gesù Maestro, bisogna essere fiduciosi ed ottimisti , non mancano in-fatti segnali per ritenere di essere alle soglie di un tempo opportuno per “nuovi inizi”. E’ necessario, però ravvivare il coraggio, anzi la passione per l’educazione. Occor-re formare gli educatori, motivandoli a livello personale e sociale , per riscoprire il significato autentico dell’impegno edu-cativo. L’educatore deve essere capace di essere al passo con i tempi , e deve raf-forzare la credibilità messa alla prova dalla sfida del tempo .L’educatore, inol-tre, deve essere capace di sviluppare la relazione educativa con l’educando se-guendolo lungo tutto le fasi dell’esistenza. Le età della vita sono pro-fondamente mutate, e mentre prima era molto più facile, nel periodo attuale, in cui si parla di “ infanzia rubata” , è pro-fondamente complicato farsi ascoltare in una società che rovescia sui bambini, sui ragazzi ,sugli adolescenti e sui giovani messaggi e stimoli,a volte molto delete-ri. E’ necessario ricominciare a parlare ai bambini con un linguaggio adatto a loro , evitando di far passare messaggi pensati per i grandi .I bambini crescono e diven-tano ragazzi, essi hanno sete di conoscen-

za e di relazioni basate sull’amicizia, e l’educatore deve essere capace di instau-rare un rapporto, tale da renderli prota-gonisti,valorizzando le loro capaci-tà ,catturando il loro interesse , così che l’azione educativa non è volta solo al sapere ma anche ad insegnarli a “ a ren-dersi utili” , soprattutto verso gli al-tri .Ciò si realizza più facilmente quando essi , si organizzano come gruppo. Il ragazzo , ha bisogno per crescere sere-namente di ambienti ricchi di umanità dove si respira aria di “ positività”. Un discorso a parte invece è da farsi per gli adolescenti. L’adolescenza è il periodo più difficile della vita di ciascuno . In questa fase la pazienza degli educatori è messa a dura prova. Infatti, lo stato d’animo degli adolescenti oscilla tra l’entusiasmo e lo scoraggiamento . Essi si sentono insicuri e ne soffrono , cercano amicizia, godono nello stare insieme tra loro, avvertono il desiderio di rendersi autonomi dagli adulti e dalla famiglia d’origine. L’azione educativa verso gli adolescenti è qualcosa di molto delicato, bisogna aiutarli a riordinare il loro mon-do interiore e gli insegnamenti ricevuti, fino a renderli capaci di scelte libere e responsabili . Bisogna aiutarli soprattutto nella vita di relazione , e seguendo il loro percorso di crescita è necessario renderli consapevoli della coscienza morale, del senso della vita come dono. Non è da trascurare nel tratto centrale della cresci-ta, lo sviluppo affettivo e sessuale, l’educatore responsabile tratterà tale aspetto con la massima cura, consapevole che l’educazione in tal senso incide sull’armonia della persona. Ai giovani infine è da dedicare una attenzione parti-colare. Continua a pagina 6

LA RESPONSABILITA’ EDUCATIVA DELLE NUOVE GENERAZIONI

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Il Pontefice Giovanni Paolo II , aveva già avvisato la necessità della cura dei giova-ni , perciò e sempre stato attento alla “ Pastorale Giovanile”, fino ad istituire le “Giornate Mondiali della gioventù”. Anche l’attuale Pontefice Benedetto XVI , ha lanciato l’allarme di una vera emergenza educativa. La maggioranza dei giovani, infatti, ma-nifesta disagio di fronte ad una vita priva di valori e di ideali . Essi avvertono soffe-renza interiore, solitudine e sono tentati o a richiudersi in loro stessi o ad omolo-garsi al gruppo. Essi hanno paura del futuro che spesso li conduce ad uno sfrenato esercizio della libertà. Nella maggior parte dei casi i giovani attraverso i loro comportamenti a volte stravaganti, non fanno altro che chiedere una maggiore attenzione da parte diciamo degli “ adulti”. Essi chiedono aiuto per diventare capaci di scoprire il significato , il senso della vita ; essi hanno sete di verità e di amore. Sono disorientati i nostri giovani , poiché vivono in una società dove sembrano prevalere modelli etici e morali , ideali e comportamenti del tutto opposti alla giustizia ,alla solidarietà ,alla pace , al rispetto della dignità dell’uomo e della donna , valori ed ideali a cui essi tendono perché insiti nella loro interiorità. Proprio dalla loro domanda di senso, può iniziare il processo educativo. Dicono infatti i vescovi: “ nei modi e nei tempi opportuni , diversi e misteriosi per cia-scuno, essi possono scoprire che solo Dio, placa fino in fondo la loro sete di significato .” Benedetto XVI riconosce quanto sia difficile per un giovane vivere da cristia-no, nell’odierno contesto culturale, ed aggiunge : “Mi sembra che questo sia il punto fondamentale nella nostra cura pastorale per i giovani:attirare l’attenzione sulla scelta di Dio,che è la Vita. Sul fatto che Dio c’è. E c’è in modo molto concreto. E’ neces-sario insegnare l’amicizia con Gesù .” L’obiettivo a cui tendere è riuscire a portare i giovani all’incontro con Gesù , fare in modo che essi riconoscano l’identità di Gesù quale Figlio di Dio e Salvatore, che vive oggi nella Chiesa, a cui essi devono “ un’appartenenza consa-

pevole”, aiutati dalla conoscenza amore-vole della Sacra Scrittura, la partecipazio-ne all’Eucaristia, l’impegno di fraternità verso tutti gli uomini, la testimonianza della fede fino al dono di sé . Risultano particolarmente importanti per i giovani le esperienze di condivisione nei gruppi parrocchiali,nei movimenti, nelle associazioni , nei movimenti di volonta-riato . Tali esperienze si rivelano a volte decisi-ve per l’elaborazione delle scelte e per orientare la propria vocazione verso il matrimonio e la famiglia , il sacerdozio ministeriale, verso le varie forme di consacrazione , verso l’impegno nella professione, nella cultura, nella politica. Ed è per tutto questo che la comunità cristiana si rivolge ai giovani con speran-za, li cerca,li conosce, li stima e propone loro un cammino di crescita significativo. Ritorniamo allora a rivolgerci agli educa-tori i quali devono essere verso i giovani ricchi di umanità e devono necessaria-mente essere consapevoli e responsabili perché le giovani generazioni hanno biso-gno di maestri,testimoni e compagni di strada , disposti ad “ incontrarli là dove sono, ad ascoltarli, a ridestare le doman-de sul senso della vita e sul loro futuro, a sfidarli nel prendere sul serio la proposta cristiana, facendone esperienza nella co-munità. I giovani sono una risorsa preziosa per il rinnovamento della Chiesa e della socie-tà. Resi protagonisti del proprio cammino , orientati e guidati ad un esercizio corre-sponsabile della libertà , possono davvero sospingere la storia verso un futuro di speranza”. I giovani hanno solo bisogno di testi-monianze autentiche e se nell’opera educativa della Chiesa emerge il ruolo primario di figure esemplari “ tra cui non pochi santi” che hanno fatto dell’impegno educativo la loro missio-ne, la stessa opera deve essere svolta dai genitori che mai devono stancarsi di svolgere il loro ruolo come atto d’amore verso i figli e le nuove genera-zioni, per la costruzione del bene comu-ne.

Giulia Schiavo

LA DONNA Radice della vita e...del mondo

Non è mai semplice inaugurare un di-scorso, inondare la pagina di parole ed essere sicuri che riescano effettivamente a portare a termine la missione più com-plicata: dare il senso esatto, quasi palpa-

bile ed emozionale, di ciò che si sente. Eppure, anche in questa difficoltà , pos-sono a volte innescarsi preziosi merletti, tenaci ragnatele di corrispondenze che si rivelano d’improvviso incredibilmente utili ad agevolare il tutto. Volendo riflettere sul significato dell’essere donne, posso semplicemente dire che, fortuitamente, la parola che da stamattina si è incuneata dispettosa ed insistente tra i pensieri è radice. Un termine al femminile, appunto. Ho sempre pensato, forse in maniera un po’ eccessiva o comunque solleticata dal mio modo di sentire alcuni termini, che ci siano davvero poche parole così com-piute e belle come appunto la parola radice. Perché è da lì che inizia tutto: una radice è la prima nota, il respiro che precede l’incipit di una composizione, è alba di vita, di ordinata e polposa infio-rescenza, di germogli e frutto. La radice è una mano che corre buia sottoterra, che alimenta e sostiene, che rende saldo l’appiglio alla terra, ai suoi umori, che ingoia le intemperie trasformandole in alimento, in vita. La radice è la vena scu-ra e turgida dell’esistenza, il binario attraverso cui gli elementi più semplici si tramutano in linfa e dunque in sosten-tamento ed in domani. E’ una gorgiera di tentacoli nervosi e secchi che decreta la fine di una vita se capovolta sul terreno e improvvisamente sottratta alla sicura tana da cui dirigono con sapienza l’esistenza. Le radici corrono portando il futuro e modificano la geografia di un terreno, rendendogli il favore di trame ossute e gibbosità che sembrano tendere

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piccoli tranelli sotto l’apparente unifor-mità di un sentiero. E ciò che è nascosto si moltiplica specularmente all’esterno, rivolto al cielo con semi e frutti, con la storia di un’esistenza. Ecco, fuor di me-tafora, una donna non è forse questo? Una radice umile, nascosta per essere comunque visibile, all’origine della vita, dell’amore e dell’esistenza. La radice da cui dipende la vita, a cui siamo ancorati tutti ed indifferentemente per non scivo-lare via. Si è saldi nella vita, ancorati alle sue asperità, al dolore e alle sconfitte in maniera direttamente proporzionale alla forza di quel ragno legnoso che è la radice. E non parlo solo di maternità, una corrispondenza che forse sarebbe troppo scontata, ma del senso stesso del-la donna, troppo spesso edulcorata in facili stereotipi o peggio, mortificata e venduta all’ombra di accezioni terribili. Tutto ciò che è rigoglioso spettacolo nel mondo, nonostante la consapevolezza di inevitabili, connaturali imperfezioni, tutto ciò che si muove nella folla confu-sionaria e spesso indisciplinata dei giorni, dipende da qualcosa che pulsa nella terra con vigore sempre nuovo e con una forza che trascende le paure identificandosi con l’amore. La donna è radice del mondo e dei suoi frutti. Di questo giardino spesso adom-brato dal dolore ma mai dimenticato da Dio che si chiama vita.

Emilia Filocamo

A te, Donna Fu così che Dio creò la donna: “Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo”. (Genesi 2,22) Donna che nei secoli è stata mamma e amica, megera, perno della società e nemico da sconfiggere, cortigiana e regi-na, sposa e geisha, casalinga e femmini-sta. Donna che ha vestito i panni della Vergine Maria e della Maddalena, di Bea-trice e di Laura, di Maria Antonietta e di Ruby, di Madre Teresa e di Rita Levi. E ancora. Donna misteriosa, aliena, inar-rivabile, incomprensibile. Protagonista della storia, la sua, ha com-battuto, fatto sentire la sua voce, lottato per i propri diritti e per la propria uma-nità, per far sentire la sua anima, per vedersi riconoscere il suo ruolo fonda-

mentale, unico, inimitabile. Donna che nei secoli ha visto crescere la propria autonomia, il proprio rispetto, che è fiorita nelle arti e nella cultura, rimanen-do spesso in sordina, sacrificandosi per il suo uomo e per i suoi figli, aspettando nell’angolo il suo momento di gloria. La storia delle donne si intreccia da sempre con quella del creato e da sempre si am-manta di tutta una serie di polemiche e critiche, legata alla sua figura per tanto osteggiata e svilita. La Donna cui ci rife-riamo oggi è però diversa. Non è la pro-iezione di credenze obsolete o progressi-ste. E’ una donna reale. In carne ed ossa. Che come l’uomo, e al pari di esso, ha vissuto nei secoli la sua umanità, sba-gliando a volte, vincendo altre, ma sem-pre rimanendo fedele a se stessa. A Que-sta, che l’8 Marzo viene festeggiata du-rante la Giornata internazionale della donna -che ritorna ogni anno per ricordare sia le sue conquiste sociali, politiche ed economiche, sia le discrimi-nazioni e le violenze cui essa è ancora fatta oggetto in molte parti del mondo- vogliamo portare il nostro saluto. Vogliamo ricordarne i sacrifici, le gesta, i tormenti passati e presenti. Desideriamo farci portavoce delle sue verità. Diverse, contrastanti, pur sempre au-tentiche. Vogliamo farle sentire la no-stra di voce. Crediamo sia giusto cele-brarla. Una donna, che prima di tutto ci ha dato la vita. E continua a spendersi per il mondo ogni giorno. A tutte le Donne, dunque, va il nostro pensiero. A quelle vicine e lontane. Insieme al plauso per aver avuto il coraggio, nel tempo, di difendere le proprie scelte, sbagliate o giuste che siano state. Auguri di cuore.

Iolanda Mansi …per un sorriso!

“Capita a volte di vivere momenti di feli-cità così intensa, da desiderare di volerla condividere con qualcun altro”. E’ ciò che è capitato a noi il giorno delle nostre nozze. Le vie erano tante, i modi infiniti e la ricerca lunga e complessa ma, alla fine, gli occhi di Ngan, Alina, Arifase e ancora quelli Cam Ly, Divith e Cara Al-legra, non hanno temuto confronto. Sto parlando di alcuni dei bambini che hanno ottenuto il sorriso grazie ad Operation Smile, Onlus italiana che opera in 51

Paesi del Mondo per correggere, con interventi di chirurgia plastica ricostrut-tiva, gravi mal-f o r m a z i o n i facciali come il labbro lepori-no o la palato-schisi, così come gli esiti di ustioni e traumi. Bambi-ni che soffrono perché nessuno ha mai guarda-to i loro occhi ma soltanto la loro bocca e le parti deformi del loro piccolo viso; bambini che pagano con l’emarginazione l’ignoranza e l’indifferenza della gente; bambini che, nei Paesi più disagiati del Mondo, vengono abbandonati dai propri cari perché ritenuti “maledetti”. Bene, sono stati proprio quegli occhi - carichi di lacrime e di tristezza - che hanno rapi-to il nostro cuore e ci hanno fatto aderire a questo progetto, attraverso le cosiddet-te bomboniere solidali. L’esperienza di parenti ed amici alla ricerca, quasi spa-smodica, dell’oggetto da regalare ai pro-pri ospiti nel tanto atteso giorno delle nozze, ci aveva sempre lasciati un po’ interdetti, quasi stupiti del fatto che tanta energia e tanto denaro potessero essere profusi per l’acquisto di un qualsiasi so-prammobile, che nel migliore dei casi, sarebbe finito su una mensola o in una credenza. Noi volevamo qualcosa di di-verso, qualcosa che rendesse veramente speciale e significativo il “nostro giorno” che, se possibile, lo rendesse ancora più sacro. E’ vero, probabilmente anche le nostre “pergamene solidali” hanno preso il posto delle più classiche bomboniere, stipate in qualche mobile ma il ricordo di quegli occhi - ne siamo certi - è custodito gelosamente nel cuore delle persone che li hanno visti, dapprima lucidi per il do-lore e poi brillanti di quella gioia inno-cente che solo un bimbo può avere e donare! Siamo certi che il nostro “dono” abbia regalato un sorriso ad un bambino soffe-rente e a ciascuna delle persone che ha visto il suo volto sorridente stampato su quella pergamena!

Monia Belloro www.operationsmile.it

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Sabato 29 gennaio, il pomeriggio tanto agognato era ormai giunto. Qualche mi-nuto per imballare (alla meglio!) la pie-tanza preparata per il dopo ritiro, una corsa in macchina e di filato a San Cosma per il primo ritiro (pomeridiano) della Fraternità di Emmaus, Comunità di Ra-vello. Pensavo di essere leggermente in ritardo… e invece per strada c’era anco-ra qualche coppia con bebè a seguito e portavivande, comunque nel giro di mezz’ora eravamo tutti lì. Don Silvio, Padre fondatore della Fraternità, Giusep-pe e Laura si sono intrattenuti qualche momento per i preparativi della liturgia e il montaggio di un proiettore, che pro-prio non ne voleva sapere…solo la pa-zienza di Giuseppe e l’esperienza di Sal-vatore, che ci ha gentilmente aperto la Chiesa, sono state in grado di metterlo in riga. Con Don Silvio abbiamo preparato i canti per l’incontro ricevendo qualche giusta dritta su intonazione e modalità di scelta ed espressione; i ragazzi dell’ACR, prontamente coinvolti da Don Giuseppe Imperato, hanno provveduto a radunare i bambini, giocondi e vivaci, e ad intratte-nerli per tutto il pomeriggio; Rosa e le altre mamme si sono occupate di siste-mare tutto ciò che era stato portato; i mariti ci hanno aiutato a spostare le pri-me file dei banchi in Chiesa a cerchio… insomma possiamo dire che ciascuno ha trovato il suo impiego. Silenzio! Dopo un po’ di necessario fracasso, il silenzio è stato l’unico espediente valido per ritro-vare la necessaria predisposizione d’animo; il canto di invocazione allo Spirito, l’invocazione dello Spirito Santo e la lettura del brano evangelico: “Marta e Maria”. Non è la prima volta che la catechesi si snoda su questo paragrafo, eppure ogni volta scopriamo aspetti di

certo non nascosti, tuttavia, sicuramen-te, velati ai nostri occhi, insegnamenti da “dietro le quinte”. Marta e Maria si ac-cingono ad ospitare Gesù presso la loro casa, solo che la prima si predispone all’operato del servizio, la seconda solo all’ascolto, il che suscita un certo risenti-mento da parte di Marta che interpella Gesù per essere aiutata da Maria. Che sfrontata questa Marta, dire a Nostro Signore cosa deve fare? No, chiedere aiuto e anche se ciò le sarà negato, per-ché “non sarà tolta a Maria, la parte mi-gliore, che si è scelta”, ciò non significa che ella sia nell’errore. Marta, innanzi-tutto, opera la carità, si occupa dei suoi ospiti ed ha il coraggio di chiedere, sep-pur a Quegli, che essa stessa definiva Maestro. Se non avesse chiesto, non a-vrebbe mai potuto comprendere il dono dell’ascolto e sarebbe così rimasta solo nella pur sempre importante carità, ma a metà. Come sembrano impegnative le parole di Gesù, eppure con la corretta interpretazione altro non sono, che lo specchio del tempo passato e presente. L’affaccendarsi di ieri è lo stesso di oggi, magari un po’ più veloce; la spontanea carità di ieri è la stessa del mondo con-temporaneo, anche se sembra abbia biso-gno di un motore a più cavalli, non tanto per partire quanto per perdurare…; il Nuovo testamento, magari è stato tra-dotto un po’ meglio nel corso dei secoli, tuttavia nonostante l’età, si è conservato intatto e oltre duemila anni lo hanno solo un po’ impolverato. Abbiamo ascoltato con sentito entusiasmo, la catechesi di Don Silvio e il suo ardore ci ha così coin-volto che quando ci siamo divisi in due gruppi per la riflessione, abbiamo parlato uno dietro l’altro. Solitamente siamo un po’ restii ad esprimerci con tanta foga,

stavolta è stato necessario fare come i bambini, parlare per alzata di mano. Queste sorelle, sono state il nostro sfogo riguardo la vita di coppia e soprattutto di Comunità. In fondo, nonostante la diffe-renza di età fra i partecipanti e le espe-rienze di vita, abbiamo avuto modo di renderci conto che i problemi base sono pressoché gli stessi: la difficoltà di coin-volgere chi c’è più vicino, il dubbio sulla nostra stessa capacità di essere testimoni dell’impegno assuntoci; la gioia da condi-videre e il senso di vuoto nell’aver paura di fare di più. Dopo la riflessione di gruppo, Don Silvio ha ascoltato le nostre conclusioni e con grande stupore, ci ha invogliato a continuare, e a fare sempre di più, così come stiamo facendo e anche meglio con qualche buon suggerimento. Personalmente, mi aspettavo più un rim-provero, magari dal tono risolutivo, per-ché incontro dopo incontro, tra un po’ sono tre anni che perduriamo, solo che, siamo delle tartarughe nei progressi. A pomeriggio inoltrato siamo stati raggiun-ti da una coppia della Fraternità, Carme-la e Marco, che operano e vivono con la loro famiglia in Comunità. Insieme ab-biamo visionato un documentario sulla nascita della Fraternità e il suo operato, poi, abbiamo ascoltato la straordinaria esperienza di fede di questi sposi. Sem-brava una favola, eppure è realtà, riusci-re a vivere per Cristo e in Cristo da fami-glia, con tanto di lavoro, impegno socia-le, e figli. Questa testimonianza ha lascia-to grande traccia di sé nella nostra picco-la comunità e sicuramente ci ha spronato ad un maggiore impegno. L’incontro si è concluso con un momento di ritrovata familiarità nel consumo delle vivande portate e grande entusiasmo da parte di tutti, piccini compresi, che dal chiasso,

Tempo per Dio

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abbiamo capito si sono molto divertiti. In febbraio altri due incontri si sono susse-guiti, tra cui l’ultimo proprio giorno 28, durante il quale abbiamo letto il testo dell’Annunciazione. A volte non ce ne rendiamo conto, ma la Bibbia è piena di eroi di vita. La mitolo-gia ci presenta eroi di grande spessore, uomini e dei che compiono imprese di là dalle loro portate, straordinarie per di-struzione e vittorie “del bene” contro il male. Poi arrivano: una fanciulla incinta, mal-grado la verginità che all’epoca non era considerata un valore come oggi, però era un dato di fatto; ed un uomo che sposa una fanciulla già incinta, vive un matrimonio casto e cresce un Figlio che obiettivamente non è suo, però gli dà enormi grattacapi. Nemmeno nasce, che bisogna già scappare; cresce un po’ e resta nel Tempio; da grande comincia la predicazione attirando su di sé tutte le peggiori insidie fino alla morte, e alla morte di Croce. Oggi diremmo che sono stati due genito-ri un po’ sfortunati, un solo Figlio, non loro e che finale… Eppure, nessuno li ha obbligati, Dio ha manifestato loro il pro-prio disegno ed essi hanno risposto alla chiamata con un “sì”, sono eroi. Dalla riflessione seguita, abbiamo pur-troppo costatato che nel tempo che vivia-mo questi eroi forse non sono neanche comete: già è complicato sentire e distin-guere la chiamata di Dio per ciascuno di noi, rispondere poi affermativamente, bah, ci siamo un attimo persi. Per fortuna Giuseppe e Laura ci hanno richiamato alla realtà, il Signore è vero che ci chiama e continuamente, ma ci chiama nel silenzio, anche nelle piccole cose e a nessuno dà una croce più grande di quella che potrebbe portare. Queste sono le consolazioni del nostro Dio, l’amore infinito e la libertà di scel-ta; il Nostro Padre Celeste ci chiama sempre, senza obbligo: chi vuole, chi si sente pronto, chi crede, PUO’. E’ proprio vero le vie del Signore sono infinite, e la nostra comunità prosegue per la sua, sicura, di essere in buona compagnia e che questo tempo per Dio non sarà speso invano.

Elisa Mansi

UN GRANDE MAESTRO DON GAEATANO FICUCIELLO

Dal responsabile della Caritas della Dio-cesi di Nocera-Sarno ho avuto l'agenda pastorale 2010-2011. Tra le "icone" dell'anno pastorale presentate nella pub-blicazione balza prepotentemente la figu-ra di don Gaetano Ficuciello, parroco ed educatore di tanti giovani in Nocera Infe-riore. Il libro è stato curato da Mons.Carmine Citarella, parroco di Ca-sali di Roccapiemonte. A Salerno,il futu-ro don Gaetano entra nel Seminario re-gionale e viene accolto dall'allora prefet-to dei seminaristi, don Giuseppe Impe-rato, che subito intuì le grandi capacità di mente e di cuore del giovane chierico e che dopo aver ascoltato un discorso im-provvisato in onore della Beata Vergine, non esitò a paragonarlo ad un illustre e brillante oratore del tempo, autore di una toccante biografia di don Bosco. Don Gaetano è stato un uomo di studio e di insegnamenti,ma anche di una straordi-naria capacità di ascolto che faceva subi-to sintesi intorno all'essenziale. Amatissimo dai giovani di Azione Catto-lica e non,si prodigava per la loro forma-zione e per l'inserimento nella società.Il suo gruppo parrocchiale espresse più volte dirigenti diocesani e seri professio-nisti. Un grande Maestro che ha operato nella parrocchia di Santa Maria del Prese-pe in Nocera Inferiore,più nota come Santa Monica, retta oggi dal nipote don Ciro Galisi. A sedici anni dalla sua dipar-tita i suoi insegnamenti e i suoi esempi illuminano il presente di quanti l’hanno conosciuto .

Achille Benigno

RICORDO DI ANGELINA APICELLA

Nella tarda serata di Lunedì, 14 febbraio, ci ha lasciati per passare da questa vita alla Vita Eterna, in Dio Padre, la cara Angelina Apicella. Che dire di Angelina, ho avuto la fortuna di conoscerla meglio quando abitavamo vicino , alla via Trini-tà; la ricordo sempre sorridente e affabi-le , anche se impegnata nei suoi lavori in casa, o nel suo orto, s’ interrompeva per rivolgere il suo saluto , per darti un con-siglio, per spendere una parola buona. Nelle discussioni, mi affascinavano gli episodi che ella raccontava riferendosi alla sua vita, alle sue scelte, ascoltandola traspariva la sua semplicità di cuore , la serenità di una persona che nella vita non aveva altri interessi se non quelli di svol-gere fino in fondo il suo dovere di figlia, di sposa ,di madre. Ha sempre lavorato Angelina , prima per aiutare la sua fami-glia di origine , poi la famiglia che si era formata , ha lavorato anche come colla-boratrice scolastica in una scuola di Vetti-

ca di Amalfi , dove ha abitato per diver-so tempo prima di trasferirsi di nuovo a Ravello . Altri due aspetti della sua vita che ho sempre ammirato sono: l’armonia che ha saputo mantenere nella sua famiglia, la ricordo sorridente con il marito ed il figlio Rinaldo, vedendoli insieme mi ricordavano la Sacra Famiglia, non solo perché erano tre persone, ma soprattutto perché si notava il loro volersi bene ; l’altro aspetto come dicevo, è la perseveranza della sua fede. Continua a pagina 10

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La ricordo finché ha potuto essere pre-sente a tutte le Celebrazioni. Il nostro parroco Don Peppino, nell’Omelia Fune-bre , ha messo in evidenza come Angeli-na è stata la persona semplice, di cui par-lava Gesù, : “Se non diventate piccoli come i fanciulli, non entrerete nel Regno dei Cieli” ( Matteo,18 -3), Angelina ha fatto sempre la Volontà di Dio , soprat-tutto gli ultimi anni della sua vita , quan-do ha accettato ed offerto al Padre le sue sofferenze. Due anni fa, abbiamo svolto con lei, nella sua abitazione, dei Centri di Ascolto , nei tempi di Quaresima o di Avvento ,ed ella, pur nella sofferenza è stata conten-tissima di accoglierci , mi commuove ancora ricordare la sua gioia di stare insieme con noi, ma soprattutto di pre-gare insieme. Ha dato una lezione di vita a ciascuno dei partecipanti , che pur vedendola inchio-data alla sedia , impossibilitata a compie-re il pur minimo movimento , più volte l’hanno sentita ripetere che le sue soffe-renze non erano insopportabili, rispetto alla sofferenze di Gesù Crocifisso. Una lezione che ci deve indurre a presta-re più attenzione ai malati ed ai sofferen-ti! Rileggendo allora la testimonianza di vita di Angelina, pur nel dolore del suo distacco, siamo consapevoli che ella, ha messo in pratica gli insegnamenti del Vangelo, ed essendo sempre stata unita a Gesù, vivendo il suo Battesimo, è stata capace di un continuo atto di amore e di offerta, per questo siamo certi che ora-mai ella è nelle braccia di Dio . Proclamiamo nel Credo, la Comunione dei Santi , che si realizza nella preghiera reciproca noi dobbiamo pregare per la sua anima ed ella prega per noi dal Cie-lo .

Giulia Schiavo

"In Cristo tuo Figlio, nostro salvatore, rifulge in noi la speranza della beata ri-surrezione, e se ci rattrista la certezza di dover morire, ci consola la promessa dell'immortalità futura. Ai tuoi fedeli, Signore, la vita non è tolta, ma trasfor-mata; e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata una abitazione eterna nel cielo"

Giovanni Paolo II: il suo invito a “spalancare le porte a Cristo” assumeva una valenza speciale per un mondo, quello della

cultura più che mai secolarizzato. Ripor-tiamo il ricordo personale di papa Wo-jtyla, dell'onorevole Farina, scrittore e parlamentare, autore di originali biogra-fie di don Giussani e Madre Teresa. L’1 maggio è sempre più vicino. Nel mondo cattolico (e non solo) ferve l’attesa per la beatificazione di Giovanni Paolo II. L’immagine, la voce, il pensiero, le paro-le del grande papa polacco sono tuttora fortemente impresse nella memoria e nel cuore di ognuno di noi. A soli sei anni dalla morte e da quel "santo subito!" che echeggiava per tutta piazza San Pietro il giorno dei suoi fune-rali, questa figura così familiare con cui tanti fedeli hanno potuto parlare, incro-ciare il suo indimenticabile sguardo cari-co d’amore, sentire sul proprio volto la sua carezza paterna, viene elevata agli altari. Attore, commediografo e poeta, in gioventù, Karol Wojtyla è stato un gran-de uomo di fede ma anche un grande uomo di cultura. E il suo invito a “spalancare le porte a Cristo” assumeva una valenza speciale per un mondo – quello della cultura, per l’appunto – più che mai secolarizzato. Quell’appello di oltre trent’anni fa, tuttavia, è stato rece-pito in modo significativo da moltissimi intellettuali, giornalisti, scrittori, accade-mici e scienziati che - ognuno a modo proprio e ognuno nel proprio ambito – hanno avuto il coraggio di aprire quelle “porte”. Tra questi figura Renato Farina, giornalista, scrittore e parlamentare, autore di originali biografie di don Gius-sani e Madre Teresa. L'Onorevole Farina ha raccontato il suo personale ricordo di papa Wojtyla, tratteggiando le sfide che il futuro beato ha lasciato in eredità alla nostra generazione. On. Farina, Lei ha presenziato mercoledì 2 febbraio, alla messa alle Grotte Vaticane, davanti alla tomba del Servo di Dio Giovanni Paolo II. Cosa ha rappresentato

questo evento e cosa ha significato per Lei? “Per me è stato un avvenimento di felici-tà e di gratitudine. Ho viaggiato con il Papa in 50 viaggi per il mondo. L’ho visto pregare. E dunque andare alla sua tomba di beato è stato un ritrovare l’essenziale. Poter chiedere il soccorso di un amico in cielo, dove sta con don Gius-sani, Madre Teresa e mio papà! Cosa c’e di più bello?”. Alla celebrazione, ha partecipato - e Lei era tra questi - una delegazio-ne di deputati e senatori. Come è vissuta la fede tra i suoi colleghi parlamentari? “Si sta muovendo qualcosa di importante. Il lavoro soprattutto di monsignor Fisi-chella, in unità con Maurizio Lupi, ha creato una comunità di gente apparte-nente a tutti i partiti che si raduna per cercare di tenere insieme la fede e la po-litica. La mozione unitaria in difesa della libertà religiosa nel mondo e contro la cristianofobia ha preso le mosse da questa recuperata sensibilità. Il rischio sempre presente è quello di separare la fede dall’intelligenza della realtà”. Ritiene che la classe politica at-tualmente al potere risponda a quell’esigenza di una “nuova gene-razione di politici cattolici” che papa Benedetto XVI auspica da tempo? ”La classe politica purtroppo ha molti difetti, uno tra gli altri è quello di non essere al potere, ma di aver abdicato ad altri poteri, come la finanza, la magistra-tura, l’editoria... E non sto dicendo tanto per dire. Io penso che sia urgente una rinascita sia tra coloro che - giovani o no - sono già in politica, sia generando un interesse e un senso di bella responsabili-tà tra i ragazzi. A noi tocca aprire le por-te, educare ed educarsi insieme!”. Torniamo a Giovanni Paolo II. Cosa rappresenta questa straordinaria figura umana e cristiana per la sua generazione? “Rappresenta la possibilità che gli uomini hanno di gustare la pienezza dell’essere. mini grazie alla fede. Cristo è un amico qui e ora. Ha squassato i poteri cattivi con la forza della sua testimonianza. Che cosa di più di questo?”.

Papa Wojtyla sarà beatificato il primo maggio 2011 SEGUE DA PAGINA 9

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Quali sono i suoi personali ricordi di papa Wojtyla? “I suoi occhi e i suoi piedi. Gli occhi perché quando mi guardava avvertivo affetto che non finisce, gioia, sicurezza commossa in Dio e fiducia in me. Mi ha incontrato con la famiglia. Mi teneva forte il polso. Ci disse: ‘abbiamo un compito comune, quello di...’. E inten-deva qualcosa di grande e bello. I piedi erano quelli di uno che li usava per cam-minare e andare dovunque ci fosse qual-cuno da incontrare. Me li ricordo solle-vati nella sala Clementina sulla tavola mortuaria. Avrei voluto lavarglieli, ba-ciarli”. Lei è stato discepolo spirituale di don Luigi Giussani e ha conosciuto personalmente Madre Teresa di Calcutta: cosa accomuna questi due ‘santi’ del secolo scorso al loro illustre contemporaneo polacco? “Il fatto che Cristo non si incontra in cielo, dopo la vita, ma qui e ora, ed è Bellezza. La divinità di Cristo si dimostra nella sua umanità eccezionale. Ed essi erano così simili a Gesù da rendere im-possibile per tanti, e anche per me - e non perché e sia migliore, ma per grazia - non credere alla Sua salvezza”. Il più grande lascito di Giovanni Paolo II è probabilmente quello relativo alla “nuova evangelizza-zione”. Possiamo dire che a 20 anni di distanza questa sfida sia stata raccolta? O dobbiamo rassegnarci ad una secolarizzazione inarresta-bile? “La secolarizzazione non è inarre-stabile, non credo al determinismo stori-co. Esiste la libertà ed esiste la grazia di Dio. Poi certo c’è pure il diavolo che ha tanti servitori. La partita è tutta da gioca-re. Ma Dio non fa mai mancare dei santi alla Chiesa e all’umanità. Dunque avanti nel combattimento”. Come parlamentare Lei affronta spesso il drammatico tema della cristianofobia. Che provocazione lancia a noi cristiani ‘tiepidi’ della decadente Europa, la persecuzione dei cristiani in Medio Oriente e in altre parti del mondo? “La persecuzione contro i cristiani ci ri-guarda. Credo che molto presto sarà impossibile essere cristiani tiepidi, solo di facciata. Saremo chiamati a scelte gra-

vi. Già oggi l’Europa si manifesta come luogo dell’emarginazione di Cristo e della fede dalla vita pubblica. Ci sono forze anticristiane potenti. Le vediamo all’opera nel tentativo di scardinare la famiglia, di impedire l’obiezione di co-scienza in tema di aborto. E su questi temi siamo riusciti a porre un argine in Consiglio d’Europa. Ma la lotta è appena cominciata...”. Quali differenze e quali analogie sussistono tra il martirio dei cri-stiani dell’Europa dell’Est durante il comunismo e quello dei cristiani afro-asiatici di oggi? “All’Est la perse-cuzione era guidata dagli atei. Si voleva annientare la fede e qualsiasi riferimento a Dio. In Asia ed Africa la cosa è più pe-ricolosa, perchè si uccide in nome (falsamente) di Dio. La risposta è quella che ci indicano i martiri. Rispondere con l’amore. Il nostro amore per loro deve esprimersi nel difenderli usando gli stru-menti della politica e della democrazia, senza timidezze. Soprattutto seguendo il più possibile il Papa nella testimonianza e nella preghiera”.

La Politica nella Dottrina Sociale della Chiesa

Un atto d’amore verso la collettività “Un’autentica democrazia non è solo il risul-tato di un rispetto formale di regole ma è il frutto della convinta accettazione dei valori che ispirano le procedure democratiche: la dignità di ogni persona umana, il rispetto dei diritti dell’uomo, l’assunzione del bene comu-ne come fine e criterio regolativo della vita politica”. Così la Dottrina Sociale della Chiesa indica in modo chiaro i punti fer-mi e gli obiettivi dell’azione politica sen-za i quali si corre il rischio di smarrire e compromettere il significato della demo-crazia stessa.Il riconoscimento della di-gnità umana è alla base di un processo che deve rendere possibile la crescita comune, obiettivo raggiungibile solo se vengono garantite ad ogni individuo con-dizioni di pari opportunità e di ugua-glianza con una particolare attenzione verso le situazioni di sofferenza e di po-vertà.La comunità, infatti, deve perse-guire la crescita piena di ciascuno dei suoi membri, chiamati a realizzare il be-ne comune, e non l’interesse di pochi, sotto la spinta della naturale propensione

verso il bene e il vero. La persona umana, che si realizza inte-gralmente solo in rapporto con la Tra-scendenza, in quanto creatura ad imma-gine di Dio, ma che è in contatto conti-nuo con gli altri, in quanto essere sociale, diventa così fondamento e fine della co-munità politica in cui deve essere offerta la possibilità di un reale esercizio dei propri diritti e un pieno adempimento dei relativi doveri. In questa ottica chi riveste responsabilità politiche, dalle amministrazioni locali alle istituzioni nazionali e internazionali, nella piena consapevolezza della dimensione morale della rappresentanza, deve esercitare l’autorità con spirito di servizio, tendere alla promozione integrale della persona ed impegnarsi nella ricerca e nell’attuazione di ciò che può giovare al buon andamento della convivenza civile. Senza valori non c’è buona politica, cioè la politica che, nell’accezione più nobile

del termine, attraverso l’esercizio della carità, di-venta atto d’amore verso la collettività, servizio frater-no in seno alla società. Così intesa, la politica, nella sua dimensione autentica,

contiene già in sé stessa il riferimento ai valori fondanti della persona e della co-munità. In questo caso, però, il concetto di moralità e di etica implica, innanzitut-to, una coerenza tra principi e azioni concrete, cui è chiamato chi si occupa della gestione della cosa pubblica. E in questo cammino il fedele laico, chiamato a compiti di responsabilità nelle istituzio-ni pubbliche, è chiamato a muovere ogni giorno passi importanti. I grandi principi della politica ispirata ai valori della Dot-trina Sociale, naturalmente, devono esse-re testimoniati ogni giorno con una retta condotta di vita. Non esiste una doppia morale, quella dei rapporti privati e quelli della sfera pubblica, poiché gli uni sono lo specchio degli altri, sempre. La “res publica” non è teatro. Per gli “uomini liberi e forti” è ormai tempo di dare anima alla politica, una vera e propria arte che, parafrasando don Luigi Sturzo, solo po-chi artisti riescono ad esercitare mentre altri si accontentano di essere artigiani e molti si riducono ad essere mestieranti.

Luigi Buonocore

Page 12: Incontro Marzo 2011

CELEBRAZIONI DEL MESE DI MARZO

10 - 24 - 31: ADORAZIONE EUCARISTICA dopo la S. Messa

11 - 18 - 25: VIA CRUCIS dopo la S. Messa

5 MARZO - Cava de’Tirreni: CONVEGNO DIOCESANO

“Annunciare la parola, solidali con Cristo” (8.30 - 18.30)

6 MARZO

IX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Ore 8.00 - 10.30 - 18.00: Sante Messe

9 MARZO

MERCOLEDI’ DELLE CENERI

Ore 18.00: Santa Messa e rito dell’imposizione delle ceneri

13 MARZO

I DOMENICA DÌ QUARESIMA

Ore 8.00 - 10.30 - 18.00: Sante Messe

14 - 17 MARZO

GIORNATE EUCARISTICHE A S. MARIA A GRADILLO

Ore 8.00: Celebrazione dell’Eucaristia ed Esposizione del Santissimo

Ore:18.30: Canto del Vespro, Omelia e Benedizione Eucaristica

19 MARZO

FESTA DI SAN GIUSEPPE - Ore 18.00: Santa Messa

20 MARZO

II DOMENICA DI QUARESIMA

Ore 8.00-10.30– 18.00: Sante Messe

24 MARZO

XIX GIORNATA DÌ PREGHIERA IN MEMORIA DEI MISSIONARI MARTIRI

25 MARZO

ANNUNCIAZIONE DEL SIGNORE - Ore 18.00: Santa Messa

27 MARZO

III DOMENICA DI QUARESIMA

Ore 8.00 - 10.30 - 18.30: Sante Messe

Fino al 26 marzo : GIORNI FERIALI Ore 17.00: Santo Rosario Ore 17.30: Santa Messa GIORNI FESTIVI Ore 17.30: Santo Rosario Ore 18.00: Santa Messa

Dal 27 marzo:

GIORNI FERIALI Ore 17.30: Santo Rosario Ore 18.00: Santa Messa GIORNI FESTIVI Ore 18.00: Santo Rosario