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in chiostro Periodico a cura della Scuola di giornalismo diretta da Paolo Mieli nell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli www. unisob.na.it/inchiostro di Antonello Velardi * Se Salerno avesse il porto, Napoli sarebbe morta. È un vecchio adagio e, come tutti i luoghi comuni, contiene dati falsi ma anche qualche verità. Salerno il porto ce l’ha ed è molto cresciuto, diventando un punto importante nel sistema degli scali italiani, in contrapposizione e in alter- nativa a quello di Napoli. I due porti sono strutturalmen- te diversi, con funzioni distinte, eppure appaiono in com- petizione e tale caratteristica si è accentuata nell'ultimo pe- riodo storico. Una dualità che è simbolicamente indicati- va della gara tra le due città. C’è, dunque, una sfida tra Na- poli e Salerno? Quando abbiamo pensato a questo numero di giornale, eravamo convinti che così fosse e abbiamo indi- viduato – come poi potrete verificare all’interno – tutta una serie di settori in cui la sfida si realizzava. Lavorando su- gli articoli, affrontando le varie tematiche, ci siamo convin- ti ancor di più di ciò. Dall’urbanistica alla cultura, dallo sport alla politica, finanche agli spettacoli: Napoli e Salerno sono in contrapposizione. Un condizione intimamente molto sen- tita dalle due comunità, ma in qualche modo negata dalla classe dirigente e politica delle due città, quasi come se fos- se una diminutio essere in competizione. Eppure non è così e non deve essere così, perché guardare la realtà aiuta a com- prenderla e quindi a decifrarla, fornendo anche spunti di riflessione per interventi futuri. Intanto, diciamo che questa contrapposizione segna- la una prima e più importante questione: il napolicentri- smo. La Campania è sempre stata una regione dove la città capoluogo svolgeva una funzione di attrazione troppo for- te, a beneficio (ma anche a scapito) di tutti gli altri territo- ri che spesso non hanno avuto la possibilità di crescere. Una dinamica difficilmente riscontrabile nel resto d’Italia, pur essendoci grandi città come Roma e Milano. La sfida che raccontiamo su questo numero di Inchiostro è anche una risposta al napolicentrismo, alla tendenza centripeta che per anni ha caratterizzato le dinamiche di sviluppo della Cam- pania. Il punto è proprio questo: la sfida è fine a se stessa o è costruttiva e, perciò, auspicabile perché porta con sé solo elementi positivi? Dipende da come si affrontano le sfide, con che spirito si scende in campo per gareggiare. La pro- gressiva tendenza di Salerno a sganciarsi da Napoli e a co- struirsi una propria direttrice di crescita è certamente po- sitiva. Ciò che appare negativo è la risposta di Napoli che non sempre scende sul campo della sfida ma spesso si cela dietro la potenza dell’antico lignaggio. Certo, questo è il ri- schio che corrono tutti grandi, i potenti, e cioè di perdere per strada parte della propria forza, nascondendosi dietro il tempo che fu. È chiaro che tra Napoli e Salerno non può esserci una vera e propria gara, perché si tratta di due realtà diverse, a tratti incommensurabili. Ma è anche vero che la sfida c’è e che tale contrapposizione sta venendo fuori con più evidenza in questi anni, con problemi giganteschi – si pensi ai rifiuti – sul tappeto e con la globalizzazione dei pro- cessi, a cominciare dall’economia, che obbliga a guardare avanti piuttosto che girarsi indietro. Sarebbe auspicabile che a rendersi conto di ciò fos- sero, innanzitutto, le classi dirigenti di entrambe le città. Ma temiamo che ciò non avvenga. Quando noi di Inchio- stro abbiamo provato a intervistare i personaggi politici più significativi di Napoli e Salerno – Antonio Bassolino e Vin- cenzo De Luca – ci siamo trovati a sorpresa di fronte al muro dei loro silenzi. Entrambi erano preoccupati, volendo co- noscere ciò che avrebbe risposto l’altro: un marcamento a uomo che è segno di debolezza, non di forza. La pruden- za eccessiva dell'uno e i toni populistici dell'altro ora an- nacquati da un certo opportunismo: questo è il quadro, ma così la sfida non è e non sarà virtuosa. * Redattore capo centrale de “Il Mattino” giu/lug 2008 anno VIII n. 4 NapoliSalerno: la sfida Quando le élites servono il popolo Il lungo articolo appello di Domenico De Masi apparso sul “Corriere del Mezzogiorno” di venerdì 13 giugno sotto il titolo: “Ora serve una nuova élite per motivare Napoli” muove in due tempi. Anzitutto vi è l’analisi della crisi attuale di Napoli e della Campania con la conclusione che “le colpe delle classi dirigenti, politi- che, economiche, sociali culturali restano imperdonabili”. La classe dirigente infatti, ad avviso di De Masi, ha accaparrato anche le più pic- cole quote di potere affidandole, a seconda dell’opportunità contin- gente, “a persone intelligenti ma ladre o a persone oneste ma stupi- de”. È venuto ormai il tempo di “spazzare via le decrepite cosche par- titiche” e le camarille di “pigmei insonni buoni a nulla” di cui sono cir- condati. Fin qui la ‘pars destruens’. Da gran signore De Masi nomi non ne fa, anche se non è improbabile che ai suoi lettori qualche bel nome e cognome possa essere venuto in mente. Veniamo ora alla altrettanto ricca ‘pars costruens’ dell’articolo. Secondo De Masi nella situazione descritta occorre far appello a una “nuova èlite” che sia capace di imprimere “un colpo d’ala al territo- rio”. Qui l’autore non si limita a un’evocazione generica ma fa i nomi e i cognomi, di quelli che potranno fare, “vista l’intelligenza e onestà intellettuale dimostrata in questi anni da sentinelle del cambiamen- to”. Sono nomi dell’Università: Giuseppe Galasso, Cesare De Seta, Paolo Macry, Massimo Galluppi, Francesco Barbagallo ma anche del ‘milieu’ culturale ed economico Francesco Rosi, Lina Wertmuller, Lia Rumma, Mirella Barracco, Mario Martone, Toni Servillo, Mimmo Jodice, Achille Bonito Oliva, Mimmo Palladino, Roberto Saviano, Paolo Sorrentino, Emma Marcegaglia. Tutti nomi di persone assai perbene, di rilievo nazionale di cui la città non può che essere fiera. De Masi fa infine anche i nomi dei politici, e selettivo com’è, si limita a due: Antonio Bassolino e Vincenzo De Luca, cui non manca di rivolgere il rimprovero per il “perdurante conflitto” che avrebbero tra loro. Il rimedio è nella loro pacificazione: “si pensi - scrive De Masi - “alla forza trainante che essi (Bassolino e De Luca n.d.r.) potreb- bero esercitare se il loro dissidio si trasformasse in unità d’azione”. Insomma stiamo quasi bene, anzi bene. Tutto sommato la ‘èlite’ culturale ed economica di cui sopra, una qualche visibilità e riconosci- mento senza dubbio ce l’ha da tempo, sicchè è già nelle casamatte per svolgere il suo ruolo di sentinella. Si tratta soltanto di risolvere il problema dell’accordo tra De Luca e Bassolino. Noi avremmo un suggerimento: e se si incontrassero a Ravello che, tutto sommato, è a metà strada tra Salerno e Napoli? Lì potrebbe accoglierli De Masi, magari con le note del "Parsifal" che, come è noto, fu scritto in quei luoghi. A questo punto tutto sarebbe risolto e la gente, il popolo, (ah si, il popolo!) avrebbe tutte le condizioni per essere finalmente felice. Quando una volta si diceva “servire il popolo”. Così sarebbe proprio servito. Il fratello di Caino Il dovere delle scelte

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inchiostroPeriodico a cura della Scuola di giornalismo diretta da Paolo Mieli nell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli www. unisob.na.it/inchiostro

di Antonello Velardi *

Se Salerno avesse il porto, Napoli sarebbe morta. Èun vecchio adagio e, come tutti i luoghi comuni, contienedati falsi ma anche qualche verità. Salerno il porto ce l’haed è molto cresciuto, diventando un punto importante nelsistema degli scali italiani, in contrapposizione e in alter-nativa a quello di Napoli. I due porti sono strutturalmen-te diversi, con funzioni distinte, eppure appaiono in com-petizione e tale caratteristica si è accentuata nell'ultimo pe-riodo storico. Una dualità che è simbolicamente indicati-va della gara tra le due città. C’è, dunque, una sfida tra Na-poli e Salerno?

Quando abbiamo pensato a questo numero digiornale, eravamo convinti che così fosse e abbiamo indi-viduato – come poi potrete verificare all’interno – tutta unaserie di settori in cui la sfida si realizzava. Lavorando su-gli articoli, affrontando le varie tematiche, ci siamo convin-ti ancor di più di ciò. Dall’urbanistica alla cultura, dallo sportalla politica, finanche agli spettacoli: Napoli e Salerno sonoin contrapposizione. Un condizione intimamente molto sen-tita dalle due comunità, ma in qualche modo negata dallaclasse dirigente e politica delle due città, quasi come se fos-se una diminutio essere in competizione. Eppure non è cosìe non deve essere così, perché guardare la realtà aiuta a com-prenderla e quindi a decifrarla, fornendo anche spunti diriflessione per interventi futuri.

Intanto, diciamo che questa contrapposizione segna-la una prima e più importante questione: il napolicentri-smo. La Campania è sempre stata una regione dove la cittàcapoluogo svolgeva una funzione di attrazione troppo for-te, a beneficio (ma anche a scapito) di tutti gli altri territo-ri che spesso non hanno avuto la possibilità di crescere. Una

dinamica difficilmente riscontrabile nel resto d’Italia, puressendoci grandi città come Roma e Milano. La sfida cheraccontiamo su questo numero di Inchiostro è anche unarisposta al napolicentrismo, alla tendenza centripeta che peranni ha caratterizzato le dinamiche di sviluppo della Cam-pania. Il punto è proprio questo: la sfida è fine a se stessao è costruttiva e, perciò, auspicabile perché porta con sé soloelementi positivi? Dipende da come si affrontano le sfide,con che spirito si scende in campo per gareggiare. La pro-gressiva tendenza di Salerno a sganciarsi da Napoli e a co-struirsi una propria direttrice di crescita è certamente po-sitiva. Ciò che appare negativo è la risposta di Napoli chenon sempre scende sul campo della sfida ma spesso si celadietro la potenza dell’antico lignaggio. Certo, questo è il ri-schio che corrono tutti grandi, i potenti, e cioè di perdereper strada parte della propria forza, nascondendosi dietroil tempo che fu. È chiaro che tra Napoli e Salerno non puòesserci una vera e propria gara, perché si tratta di due realtàdiverse, a tratti incommensurabili. Ma è anche vero che lasfida c’è e che tale contrapposizione sta venendo fuori conpiù evidenza in questi anni, con problemi giganteschi – sipensi ai rifiuti – sul tappeto e con la globalizzazione dei pro-cessi, a cominciare dall’economia, che obbliga a guardareavanti piuttosto che girarsi indietro.

Sarebbe auspicabile che a rendersi conto di ciò fos-sero, innanzitutto, le classi dirigenti di entrambe le città.Ma temiamo che ciò non avvenga. Quando noi di Inchio-stro abbiamo provato a intervistare i personaggi politici piùsignificativi di Napoli e Salerno – Antonio Bassolino e Vin-cenzo De Luca – ci siamo trovati a sorpresa di fronte al murodei loro silenzi. Entrambi erano preoccupati, volendo co-noscere ciò che avrebbe risposto l’altro: un marcamento auomo che è segno di debolezza, non di forza. La pruden-za eccessiva dell'uno e i toni populistici dell'altro ora an-nacquati da un certo opportunismo: questo è il quadro, macosì la sfida non è e non sarà virtuosa.

* Redattore capo centrale de “Il Mattino”

giu/lug2008anno

VIIIn. 4

Napoli–Salerno: la sfida Quando le élites servono il popolo Il lungo articolo appello di Domenico De Masi apparso sul

“Corriere del Mezzogiorno” di venerdì 13 giugno sotto il titolo: “Oraserve una nuova élite per motivare Napoli” muove in due tempi.

Anzitutto vi è l’analisi della crisi attuale di Napoli e dellaCampania con la conclusione che “le colpe delle classi dirigenti, politi-che, economiche, sociali culturali restano imperdonabili”. La classedirigente infatti, ad avviso di De Masi, ha accaparrato anche le più pic-cole quote di potere affidandole, a seconda dell’opportunità contin-gente, “a persone intelligenti ma ladre o a persone oneste ma stupi-de”. È venuto ormai il tempo di “spazzare via le decrepite cosche par-titiche” e le camarille di “pigmei insonni buoni a nulla” di cui sono cir-condati. Fin qui la ‘pars destruens’. Da gran signore De Masi nomi nonne fa, anche se non è improbabile che ai suoi lettori qualche bel nomee cognome possa essere venuto in mente.

Veniamo ora alla altrettanto ricca ‘pars costruens’ dell’articolo.Secondo De Masi nella situazione descritta occorre far appello a una“nuova èlite” che sia capace di imprimere “un colpo d’ala al territo-rio”. Qui l’autore non si limita a un’evocazione generica ma fa i nomie i cognomi, di quelli che potranno fare, “vista l’intelligenza e onestàintellettuale dimostrata in questi anni da sentinelle del cambiamen-to”. Sono nomi dell’Università: Giuseppe Galasso, Cesare De Seta,Paolo Macry, Massimo Galluppi, Francesco Barbagallo ma anche del‘milieu’ culturale ed economico Francesco Rosi, Lina Wertmuller, LiaRumma, Mirella Barracco, Mario Martone, Toni Servillo, MimmoJodice, Achille Bonito Oliva, Mimmo Palladino, Roberto Saviano, PaoloSorrentino, Emma Marcegaglia.

Tutti nomi di persone assai perbene, di rilievo nazionale di cui la cittànon può che essere fiera. De Masi fa infine anche i nomi dei politici, eselettivo com’è, si limita a due: Antonio Bassolino e Vincenzo De Luca, cuinon manca di rivolgere il rimprovero per il “perdurante conflitto” cheavrebbero tra loro. Il rimedio è nella loro pacificazione: “si pensi - scriveDe Masi - “alla forza trainante che essi (Bassolino e De Luca n.d.r.) potreb-bero esercitare se il loro dissidio si trasformasse in unità d’azione”.

Insomma stiamo quasi bene, anzi bene. Tutto sommato la ‘èlite’culturale ed economica di cui sopra, una qualche visibilità e riconosci-mento senza dubbio ce l’ha da tempo, sicchè è già nelle casamatte persvolgere il suo ruolo di sentinella.

Si tratta soltanto di risolvere il problema dell’accordo tra De Lucae Bassolino. Noi avremmo un suggerimento: e se si incontrassero aRavello che, tutto sommato, è a metà strada tra Salerno e Napoli? Lìpotrebbe accoglierli De Masi, magari con le note del "Parsifal" che,come è noto, fu scritto in quei luoghi.

A questo punto tutto sarebbe risolto e la gente, il popolo, (ah si, ilpopolo!) avrebbe tutte le condizioni per essere finalmente felice. Quandouna volta si diceva “servire il popolo”. Così sarebbe proprio servito.

Il fratello di Caino

Il dovere delle scelte

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L’obiettivo: non essere secondi“Orgogliosi di averlo raggiunto”

Una lunga, difficile rincorsa “Sì, è stato un rinascimento”

di Rosa Lella

Lo chiamavano "Pol Pot”. Molto prima della re-cente espressione “sindaco–sceriffo”, sono stati i com-pagni del Pci ad attribuire a Vincenzo De Luca la famadi uomo dal polso di ferro. Tanto da definirlo col nomedello spietato rivoluzionario comunista cambogiano. Autoritario e pragmatico, il primo cittadino di Salernosi è costruito un consenso ampio e trasversale. Nell’ul-timo sondaggio “Governance Poll” pubblicato a gennaiodal Sole 24 ore, De Luca è il sindaco italiano che più in-crementa il proprio consenso dal giorno dell’elezione: nel2008 può vantare il 75%, ovvero il 18% in più rispettoalle amministrative del 2006.

La benedizione del quotidiano di Confindustria,per “Pol Pot” arriva nella fase più nera dell’ultimaemergenza rifiuti in Campania. Come in un abileeffetto domino, sisusseguono: la te-lefonata con cui ilpremier RomanoProdi comunica aDe Luca la conces-sione dei poteristraordinari; il be-neplacito per l’ince-neritore; il primatodi sindaco più ama-to d’Italia; il provve-

dimento, a go-verno già cadu-to, che assegnaall’impianto diSalerno, e nonpiù a quello diAcerra, i finan-ziamenti Cip 6(la quota del 7%pagata dai citta-dini con la bol-letta per l’ener-gia elettrica).Scacco al re, omeglio al gover-natore. Anchesulla monnez-za, “Pol Pot”vince.E oltre che nelsondaggio delSole 24 ore, lesue quotazionisalgono ancheper la prossimacorsa alla guida

della Regione. Bassolino ha definito le primarie come “l’u-nica strada giusta” ma subito dopo precisa: “Io sento ildovere di accompagnare questo processo”.

È difficile immaginare che De Luca, da sempreanti–bassoliniano, accetti di far “accompagnare” la pro-pria candidatura dal presidente uscente. Perchè quando“Pol Pot” ha deciso di scendere in campo, nessuno è sta-to in grado di fermarlo. Anche a costo di sfidare il pro-prio partito. Così è stato per le amministrative del2006: metà dei Ds e tutta la Margherita si oppongonoalla sua terza candidatura a sindaco di Salerno. Rifiuta-

to come candidato del centrosinistra, “PolPot” costituisce una lista civica, si contrap-pone al suo partito, e vince al ballottaggiocontro Alfonso Andria.

Tre stagioni da sindaco, intervallatecon due legislature da deputato. Lascia la pol-trona di primo cittadino al suo fido MarioDe Biase.

Le ascese di De Luca e Bassolinosono parallele.

Siamo nel 1990: De Luca viene elet-to consigliere comunale, poi assessore ai La-vori Pubblici e vicesindaco. Diventa sinda-co nel 1993, solo per un mese, fino allo scio-glimento del consiglio comunale per le di-missioni della maggioranza dei consiglieri.

Il 1993 è una data ricca di avvenimen-ti per Salerno. Gabriele Bojano, giornalistadel Corriere del Mezzogiorno, racconta: “Nelgiugno del ’93, quando De Luca era vicesin-daco – spiega – ci fu una sorta di tangento-poli salernitana. Furono arrestati due ex-sin-daci: Vincenzo Giordano (PSI) e Aniello Sal-zano (DC) e l’assessore ai Lavori Pubblici Ful-vio Bonavitacola, oltre a 2 professori univer-sitari, per un totale di 18 indagati. L’inchie-sta riguardò un appalto di 20 miliardi di lire per la rea-lizzazione del ‘trincerone’ ferroviario e coinvolse consi-glieri comunali, assessori e tecnici di quasi tutti i parti-ti. Le accuse furono di concorso in abuso di ufficio, fal-so ideologico e turbativa d'asta”.

Da qui inizia l’ascesa di quel primo cittadino diorigini lucane che fa della “salernitanità” e del riscattodal napolicentrismo il cavallo di battaglia della suacampagna elettorale.

Nel ’97 è confermato sindaco al primo turno conil 71% dei consensi. Sono gli anni della grande riquali-ficazione urbana e sociale, delle po-litiche per la sicurezza e dei blitz inprima persona nei cantieri di lavoroe durante i controlli delle forze del-l’ordine. Sono gli anni in cui si gua-dagna il soprannome di “Vicienz a’funtana” con l’installazione a go godi fontane pubbliche per l’abbellimen-to della città.

Tre punti hanno guidato l’operato di De Luca: laredazione del Piano regolatore generale affidata all’archi-tetto catalano Oriol Bohigas, la riqualificazione urbanae la liberalizzazione commerciale.Il centro storico, il corso Vittorio Emanuele, oggi area pe-donale, e il tratto di strada tra il palazzo di Provincia e il

famigerato Lungomare, erano luoghi di prostituzione. Cosìcome La Rotonda, oggi una delle piazze principali del-la famosa movida giovanile, era un parcheggio abusivoe sede del mercato del pesce.

La liberalizzazione delle licenze per gli esercizicommerciali del centro storico è stata un modello studia-to anche dall’ex ministro Pier Luigi Bersani.

Il "sindaco delle fontane" consacra il culto dellapropria personalità a mo’ d’imperatore. Prima garanten-dosi una leadership mediatica, con i monologhi su LiraTv, poi stringendo alleanze con i santi in paradiso, uno

tra tutti: San Matteo, santo protetto-re di Salerno.Il 21 settembre, giorno del patrono, laprocessione è per il sindaco un “ap-plausometro”: De Luca si posiziona20 metri dietro la statua di San Mat-teo. Passa prima il vescovo: primo ap-plauso, poi la statua del santo: secon-

do applauso, e infine il sindaco: scatta il terzo applauso.Dall’unto di San Matteo al culto divino imperiale: a “PolPot” piacerebbe immaginare le sue ceneri custodite inun grande monumento al centro della futura Piazza del-la Libertà sul Lungomare. In un articolo del 23 dicem-bre scorso “Repubblica” titola: “Il sogno del Chavez diSalerno: le mie ceneri al centro della città”.

di Antonio Crispino

Il legame tra Antonio Bassolino e Napoli inizia nel1993 quando viene inviato nel capoluogo campano comecommissario della federazione Pci. C’è lo scandalo Tan-gentopoli e Bassolino incarna l’uomo nuovo dotato dellagiusta esperienza politica. Alle spalle ha una lunga mili-tanza come segretario ad Avellino. Dal 1976 al 1983 occu-pa la segreteria regionale.

Sono gli anni in cui si scaglia contro Gava, Pomi-cino, Di Donato e De Lorenzo. Più volte li indicherà come“gli autori della devastazione morale e materiale della città”. Nel 1993 è candidato a sindaco. Ha il compito di succede-re a Maurizio Valenzi. C’è il problemadel post terremoto, della disoccupazio-ne, dei senzatetto, dei doppi e tripli tur-ni scolastici, del lavoro nero. Le richie-ste di assistenza sociale sono insoste-nibili. Napoli scopre di non averepiù un’autonomia finanziaria: il Ban-co di Napoli ha perdite per 4 mila mi-liardi di lire.

In questo clima Bassolino è eletto sindaco con il55,6% dei voti e decide di puntare da subito sulla “città cul-turale”. Si concentra molto sull’immagine urbana. In que-sto senso il G7 voluto a Napoli nell’estate del ’94 dal pre-sidente della Repubblica Ciampi è manna dal cielo. Par-tono cento cantieri per cento miliardi di spesa. L’occupa-zione subisce un’iniezione vitale con circa 3.500 personeimpegnate nel rifacimento di strade, piazze, arredi, infra-strutture. Il simbolo del “rinascimento” diventa l’emiciclo di piazza del Plebiscito liberato dalle auto. Napoli diven-ta il vero polo attrattivo della Campania. Si assiste a un boomturistico senza precedenti. Gli alberghi passano da 100 a130, i posti letto da 10mila a 15mila, le presenze turistichedal 2,16 al 2,87 % in media.

Ma Bassolino cerca di andare oltre gli interventi ur-banistici. “Insegneremo ai napoletani a rispettare il rossodel semaforo” annuncia alla stampa ribadendo che una nuo-va Napoli deve significare obbligatoriamente un nuovo na-poletano.

Nel 1997 ottiene la riconferma a sindaco con il 73%dei voti, la più alta percentuale in Italia tra i grandi cen-

tri. Il risultato gli dà nuova linfa per affron-tare altre scelte importanti.

Non mancheranno decisioni im-popolari e discusse, come la recinzionedella Villa comunale che provoca l’abbat-timento di 259 leccimonumentali (“era-no malati” sarà lasua giustificazione).

Tra i grandiprogetti approvatiper rilanciare la città,c’è la metropolitana. Non solo una retedi collegamenti su ferro ma piccolicentri d’arte. Dal 1993 a oggi il sistemadi trasporti viene quasi del tutto ridise-gnato. Si prevede che al termine di tut-ti gli interventi (3,8 miliardi di euro diinvestimenti) la Regione disporrà di1.400 km di binari, 80 stazioni nuoveper un totale di 423 stazioni sull'interarete di cui 100 solo nella città di Napo-li. Un’opera che ingloba anche la peri-feria e la provincia.

Quando è costretto a lasciare pa-lazzo San Giacomo per candidarsi alla Re-

gione, Bassolino deve fare i conti con un primo grave calodei consensi e un difficile duello con Ciriaco De Mita, suoantagonista nella gestione politica a Santa Lucia. Perde di-ciannove punti percentuali rispetto alle comunali del ’97.Iniziano a pesare gli annunci disattesi.

Il primo a creare scalpore è quello che riguardala Città dei bambini a Ponticelli. La presentazione avvie-ne nel ‘99 ma i progetti esecutivi vengono approntati nel2004. Si realizza solo un planetario da 800 milioni dilire che rimane senza dimora, allocato in Francia. A pa-gare l’affitto ci pensa il Comune.

Poi c’è la vicenda Coppa America. Bassolino è giàpresidente della Regione e come sindaco arriva Rosa Rus-

so Iervolino. Entrambi sperano in unnuovo G7 per Napoli capace di far di-menticare i morti ammazzati che inquei giorni fanno il giro del mondo.

Nell’aria dell’ex Italsider vie-ne previsto un parco da 200 ettari euna spiaggia di due chilometri. Ma ilpatron della coppa preferisce Valen-

cia perché più avanti nelle infrastrutture. A Bagnoli saràrealizzata solo la Città della Scienza. Si rifiuteranno le pre-regate che invece frutteranno a Trapani un incrementodel Pil di sette punti percentuali.

Napoli perde fascino. In pochi anni andranno via

dalla città l’Ansaldo, la Cirio, la Peroni, l’istituto di mediocredito Isveimer. Tutto questo mentre si attende il polo con-gressi a Napoli est, la riqualificazione dell’area ovest, la nuo-va Mostra d’Oltremare.

Bassolino insiste sulla via dell’arte. Contempora-nea. E’la volta del Madre, delle stazio-ni firmate da Fuksas e Kapoor e delPan. Ma le due strut-ture non decollano ela città rimane sottoi riflettori a causadelle continue emer-

genze: la criminalità e l’immondizia. Per cinque anni consecutivi Na-

poli detiene il primato per gli omicidi le-gati alla criminalità organizzata. Tra il1999 e il 2003 quelli nel capoluogo sono234 contro gli 11 commessi a Salerno.

La questione ri-fiuti invece costa a Bas-solino due rinvii a giu-dizio (uno nel 2007 el’altro nel 2008) peripotesi di reato che van-no dalla frode in pubbli-che forniture alla truffaai danni dello Stato pas-sando per abuso d’uffi-cio, falso e reati am-bientali. Poco dopo ar-riva anche una condan-na dei magistrati conta-bili per un call centersui rifiuti che avrebbeprodotto un danno era-riale di tre milioni eduecentomila euro.

“Con Bassolinol’autogoverno locale siè preso tutto lo spazioche poteva prendersirispetto al potere nazio-nale senza però restitui-re efficienza alla città”,scrive il giornalista Mar-co Demarco nel suo li-bro dedicato alla ge-stione del capoluogonegli ultimi cinquantaanni. Anni che hannomesso in crisi la leader-ship di Napoli.

Il funzionario senza più partito

Vincenzo De Luca, sindaco diSalerno, nasce l’8 maggio del1949 a Ruvo del Monte (Potenza). Laureato in Filosofiaall’Università di Salerno, il fun-zionario di partito sposa RosaZampetti e ha due figli, Piero eRoberto, poi si separa. Nel 1990inizia la carriera politica comeconsigliere comunale, poi diven-ta assessore ai Lavori pubblici evicesindaco. Sindaco per laprima volta nel ‘93, viene confer-mato nel ‘97. Nel 2001 è elettoalla Camera. Nel 2006 la doppiavittoria elettorale: sindaco diSalerno e parlamentare.

De Luca e Bassolino, la riscoperta dell’identità

Quella curiosa mania delle fontane“La fontana è mia!”. Siamo alla metà degli anni ’90, in un programma satiri-

co di una tv di Salerno. Con questo urlo di battaglia l’imitatore di De Luca consacrala passione smodata del sindaco per le fontane pubbliche.

“Salerno fatti bella!”. Più si aprono cantieri, più spuntano zampilli d’acqua.Nell’immaginario collettivo il primo cittadino è “Vicienz a’ funtana”. La fontana è stata anche il simbolo della diatriba tra Napoli e Salerno: la primaavrebbe rubato alla seconda la “Fontana delle paperelle” che oggi si trova nellaVilla Comunale di Napoli. E a nulla ormai vale urlare: “La fontana è mia!”. R.L.

Quelle sigarette vietate dai mediciDa luglio 2003 Antonio Bassolino non tocca più una sigaretta. Da quando,

cioè, ha scoperto di avere un tumore benigno alle corde vocali. Fumo proibito daimedici dopo aver subito un intervento in Germania. “La mia degenerazione me lafece notare Giorgio Napolitano” ammise il governatore.

Lo slogan più famoso del presidente è: “Passo dopo passo”. Tanto che ad un’a-sta di beneficenza organizzata dall’associazione “Mani Tese” donò un paio di scar-pe Clark. Per le numero 43 del sindaco, l’allora assessore alla Mobilità del comunedi Napoli Luca Esposito offrì la cifra di mille euro. A.C.

Furono i compagni delPCI ad attribuirgli lafama di uomo dalpolso di ferro

La lunga battaglia con De Mita per accaparrarsi la guidadella Regione

Il sindaco di Salerno punta ora a S. Lucia L'altro medita il ritiro

Il comunista pupillo di Ingrao Antonio Bassolino nasce il20 marzo 1947 ad Afragola.A 17 anni si iscrive al Pciseguendo la corrente diPietro Ingrao. Dopo ilmatrimonio con ValeriaSpagnolo, si risposa conAnnamaria Carloni. E’ elet-to in Consiglio comunalenel 1970 e in Parlamentonel 1987, nel collegio diCatanzaro. Nel 1993 vince la battagliaa sindaco controAlessandra Mussolini. Afine mandato è rielettocon il 72,9%. Ministro delLavoro nel governoD’Alema, nel 2000 diventapresidente della RegioneCampania con il 54,3% deivoti e riconfermato nel2005 con il 61,6%.

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Centri storici: i volti delle due cittàPer Napoli una grande occasione mancata, per Salerno una scommessa vinta

Sicurezza, un’emergenza comuneMicrocriminalità in aumento, clan in azione. E a molti piace il "sindaco sceriffo"

A Napoli gli immigrati sono divisiin vari quartieri della città. A via

Bologna, nei pressi della stazionecentrale, sorge il mercato degli

africani

La maggior parte degli immigrativive nelle zone tra Pontecagnano

e Battipaglia dove trovano conmaggiore facilità lavoro nelle

campagne circostanti

Nel quartiere Gianturco c’è lamaggiore concentrazione di immi-grati cinesi che hanno trasforma-

to i vecchi edifici industriali inmercati all’ingrosso

A Salerno non esistono quartieri ad alta densità di immigrati

e il sindaco De Luca è impegnato in prima linea nella lotta alla

prostituzione

di Giusi Spica

A Napoli solo 3 cittadini su 10 si sen-tono sicuri. A Salerno la proporzione si in-verte: sono 7 su 10 coloro che vivono senzapaure. Un gap che solo parzialmente è giu-stificato dai numeri relativi all’andamentodei reati nelle due province. Nel 2006 i cri-mini denunciati nel Napoletano sono 47 per1.000 abitanti, in provincia di Salerno 31,5.In genere la maggior parte dei reati si con-centra nei capoluoghi. Ma se la città parteno-pea non viene meno a questa regola, con il47,8% dei reati dell’intera provincia, non ècosì per Salerno, che ha fatto registrare il23,4 % sul totale provinciale.

Napoli detiene la maglia nera in am-bito regionale in virtù del suo status digrande metropoli e dunque catalizzatricedelle attività criminali. Salerno, un decimo diNapoli per estensione, si posiziona invece alterzo posto, dopo Caserta.

Ma la vera differenza sta nella naturadei reati. Vi sono crimini che per le loro mo-dalità di realizzazione hanno un impattoemotivo più forte sulla vittima. Rapine e so-prattutto scippi rientrano in questa categoria.E’ qui che si registra la differenza maggioretra le due realtà.

Mentre a Napoli le rapine denunciatenel 2006 sono 45,6 su 10.000 abitanti, aSalerno la quota scende a 6,2. Con queste ci-fre scopriamo che la provincia partenopea de-tiene il primato negativo a livello nazionale,mentre Salerno si posiziona al 15° posto.

I reati predatori si concentrano neicentri cittadini piuttosto che in provincia. ANapoli gli scippi si verificano soprattutto neiquartieri cosiddetti ‘bene’. Per tamponarel’emergenza, nel 2005 Comune, Provincia eRegione hanno firmato con il Ministero del-l’Interno il Patto per la sicurezza della città diNapoli. Tra le misure previste, un sistema ca-pillare di videosorveglianza, il potenziamentodella vigilanza con l’aumento del numero divigili urbani e poliziotti di quartiere, infineun programma di copertura totale in tema diilluminazione pubblica. Obiettivi raggiunti fi-nora solo in parte.

Diversa la situazione a Salerno. Coni suoi 200mila abitanti, incluso l’indotto dellaprovincia, è più facile da governare rispetto auna città di 3 milioni di persone come Napoli.A fronte di un minor numero di reati, la per-cezione da parte dei cittadini è diversa: l’attocriminale scatena immediato allarme sociale,

l’intervento è più rapido e più facile da realiz-zare. La stessa conformazione urbanisticarende il territorio più controllabile, a diffe-renza delle “contorsioni spagnole” di Napoli.Il centro storico salernitano è stato riqualifi-cato e illuminato per intero, la sicurezza è ga-rantita.

Altro punto dolente la criminalità or-ganizzata. Per i reati di natura mafiosa, Na-poli si posiziona al primo posto tra le pro-vince, seguita da Caserta e, a sorpresa, daBenevento; Salerno si attesta in quarta posi-zione seguita da Avellino.

Ma l’effettiva penetrazione territoriale

della camorra è difficile da calcolare in ter-mini oggettivi. Per una stima approssimativasi possono considerare come indicatori subase comunale la presenza di clan, beni con-fiscati o scioglimento della giunta cittadina.A essere interessato da almeno uno di que-sti tre elementi è il 79,3 % dei comuni del Na-poletano con una popolazione coinvolta del95%, a fronte del 21,5% dei comuni del Saler-nitano pari al 69,5% di popolazione.

Ma a Napoli la camorra sceglie la città,a Salerno la provincia. “Gli anni ’80 hanno vi-sto l’ultimo rigurgito della camorra salerni-tana, strettamente apparentata a quella par-

tenopea; - commenta Paolo Russo, giornali-sta salernitano che lavora al “Mattino” di Na-poli, esperto di nera - poi la criminalità orga-nizzata si sposta soprattutto nella zonadell’Agro nocerino e della Piana del Sele”.

Altro fattore per valutare l’incidenzadel crimine organizzato è il fenomeno delracket, difficile da stimare in quanto rara-mente denunciato. “Mentre a Napoli la ma-lavita si è spartita la città, a Salerno – so-stiene il giornalista - l’estorsione è menodiffusa perché non esistono gruppi crimi-nali organizzati in modo piramidale”. Se aNapoli si contano ben sei associazioni anti-racket, a Salerno solo una. Più dell’estor-sione, si registra l’elevata incidenza dell’u-sura, tipica delle grandi città di provincia,esercitata soprattutto dai commercianti. Dilarga scala anche il fenomeno del riciclaggioda parte di clan provenienti dal Napoletano:“La recente mini-invasione di negozi e cir-cuiti di ristorazione a Salerno è in parte fruttodel riciclaggio di denaro sporco”, aggiungeRusso.

Emerge un quadro in generale pocorassicurante. Napoli e Salerno si configu-rano come due realtà con volti criminali di-versi ma complementari. I 50 Km di distanzache le separano sono attraversati da una pro-vincia senza soluzioni di continuità. “Salernoè troppo piccola per essere considerata me-tropoli e troppo grande per essere considerataprovincia. Presenta perciò sia i problemi del-l’una che le contraddizioni dell’altra”, con-clude Russo.

Fotografia a tinte fosche, in cui sicombinano nodi irrisolti, poca fiducia nelleistituzioni, scarso spirito di collaborazione einsufficienza di risposte. Ma a sorpresa soloil 19,1% dei campani ritiene scarsa la propriaqualità di vita. Questi i risultati dell’indaginerealizzata nel novembre 2006 dall’Osserva-torio regionale sulla sicurezza su un cam-pione di 2000 cittadini. I più sono soddisfattidel luogo in cui vivono. Con differenze so-stanziali di provincia in provincia.

E di nuovo Napoli e Salerno si collo-cano agli antipodi: se solo per il 45,8% dei na-poletani la propria è una città piacevole, il90% dei salernitani si dice invece soddi-sfatta. Merito, forse, di un rapporto più se-reno tra cittadini e istituzioni e del pugno diferro adottato in materia di sicurezza dal“sindaco sceriffo” Vincenzo De Luca.

Qui Napoli... ...e qui Salerno di Beniamino Daniele

Quando il multietnicodiventa una risorsadi Laura Conti

"A Napoli l'immigrazione è donna, e così la povertà" raccontaRossana Paz, peruviana, responsabile delle case d'accoglienza per le vit-time di tratta della Caritas. Su 43mila cittadini stranieri circa 26milasono donne fra i 25 e i 45 anni. Madri e mogli che spesso non possonolavorare per accudire i figli, le donne sono mediatrici culturali per natu-ra. "Basterebbe coinvolgerle e favorire l'autorganizzazione delle comu-nità". Il dibattito sull'immigrazione deve uscire dalle conferenze per tra-sferirsi nelle piazze. Luogo d'incontro sono i mezzi di trasporto, adesempio. Il progetto di Caritas e ANM vede un gruppo di mediatori cul-turali salire sugli autobus per stimolare il dialogo fra migranti e cittadi-ni. "L'integrazione è un processo dinamico. Quando ci convinceremo chel'immigrato non è un ospite temporaneo?", si domanda la Paz.

Anche in provincia di Salerno migliora l'integrazione degli stra-nieri grazie all'azione della Consulta provinciale degli immigrati di cuil'assessore Ernesto Scelza è presidente. "Fra i salernitani prevale la cul-tura dell'accoglienza", commenta Scelza, soddisfatto per il lavoro svoltodalla Consulta ma esprime perplessità sull'efficacia dell'attuale leggesui flussi migratori: "Credo che buone norme arriveranno solo quandoaccetteremo che i fenomeni migratori sono il prodotto di un sistemaeconomico iniquo. Perciò, noi come l'Europa, siamo responsabili versochi fugge la fame e le guerre".

di Walter Medolla

Divise da sessanta chilometri, forse non solo da quel-lo. Napoli e Salerno hanno due storie diverse. A volte si in-trecciano, ma più per motivi politico sociali che storici. Na-poli è, ed è stata, da sempre la grande capitale del Sud. Saler-no lo è stata, ma solo una volta nel 1077, sotto la dominazio-ne Normanna. Le origini storiche sono diverse e quindi le ri-spettive evoluzione urbanistiche hanno preso strade opposte:greco romana è Napoli, bizantino- longobarda invece Saler-no. Il centro storico delle due città è forse il miglior testimo-ne delle differenze che separano i due capoluoghi di mare del-la Campania.

Napoli conserva lo stesso impianto urbanistico del V-IV sec. a. C.: i cardines, i decumani, le rovine del teatro di Ne-rone e la cinta muraria. Il centro storico, delimitato dalle an-tiche porte d’accesso alla città, è incluso nel centro antico, èun susseguirsi di vicoli, stradine e misteri. Napoli porta i se-gni della sua evoluzioni nei palazzi e nelle viuzze di Spacca-napoli.

È evidente il passaggio di diverse dominazioni: le casesono state costruite a strati secolo dopo secolo. Se si va a vi-sitare le bellezze del sottosuolo in piazza San Gaetano si ca-pisce come il capoluogo campano sia una città dalle originiantichissime. I greci scavarono per estrarre il tufo per la co-struzione della Neapolis, i romani sfruttarono le cave grechecome acquedotto che poi ,nel corso dei secoli, furono utiliz-zate come sversatoio di rifiuti edili e come ricovero antiaereodurante la seconda guerra mondiale. La storia della città inuna visita guidata. Una città nata e cresciuta con diverse po-polazioni, città intrisa di diversità e tolleranza, di calore e in-differenza, di odio e di passione.

Un posto unico. Per questo motivo l’Unesco ha deci-so di preservarla e annoverarla fra le 40 bellezze italiane pa-trimonio dell’umanità: «Napoli è delle più antiche cittàd’Europa di cui l’attuale conformazione urbanistica conser-

va gli elementi di tutto il suo straordinario percorso ricco dieventi. Il suo sistema di strade, la ricchezza e varietà dei suoiedifici storici riferite a varie epoche e la sua collocazione nel-la Baia di Napoli le attribuisce uno straordinario e unico va-lore senza confronti capace di propagare profondamente lasua influenza in tutta Europa ed anche oltre». Cercare un con-fronto tra le due città può essere una forzatura. Non ci sonotermini di paragone. Passeggiare per Napoli vuol dire immer-gersi nel passato, i muri dei palazzi trasudano storia e aned-doti.

Passeggiare per le viuzze di Salerno può aiutare a ca-pire come quello sia un centro storico strano, periferico, po-sto di fronte alla baia in una posizione rivolta tutta verso Nord.Paradossalmente è molto più vicino a Vietri sul Mare che allazona orientale della città. Particolarità del borgo antico è quel-la di essere un “paesaggio” archeologico a cielo aperto perchèmoltissimi edifici mostrano colonne e archi del periodo lon-gobardo ormai inglobati nelle abitazioni.

Salerno è città barbara, i longobardi attratti dall’eco-nomia mercantile vennero a Salerno ma non sapendo navi-gare decisero di fare un accordo con gli amalfitani ai quali fuconsentito di costruire appena fuori le mura della città, in di-rezione della costiera, un quartiere tutto loro dove vivere e mer-canteggiare a favore della città.

Mentre Amalfi era una gloriosa città marinara con lasua elite di mercanti ricchi e Napoli era ancora ducato bizan-tino, Salerno era città dominata dai barbari. La differenza prin-cipale è che Salerno non ha patrimonio bizantino perchè lacittà è stata interamente ricostruita intorno all’800 - 900 d.c.dal principe germanico Arechi.

I Longobardi hanno costruito la città sul plauno mon-tis (la parte pianeggiante della collina degradante verso il mare)utilizzando materiale di “spolio”, recuperando travi e colon-ne dalle antiche costruzioni romane. La chiesa più antica èquella di S. Pietro a Corte, detta chiesa Palatina perchè costrui-ta all’interno della corte del palazzo principesco di cui purtrop-

po non rimane traccia se non tre archi nella zonadi via Da Procida che ne testimoniano l’esisten-za. La particolarità di questo edificio è che il cam-panile è più alto della chiesa che fu costruita sudue livelli: nella parte inferiore si teneva la cele-brazione per il popolo, nella parte superiore, allaquale accedeva il principe e la nobiltà con un pas-saggio sospeso collegato direttamente al palazzo,si teneva la funzione per gli ottimati.

Arrivando a Salerno da Napoli, si nota su-bito la sagoma che si staglia quasi nel cielo del ca-stello Arechi, antica fortezza militare dove ilprincipe si ritirava in caso di attacco alla città. Ilcastello è divenuto, nel corso dei secoli, il simbo-lo di Salerno, mentre il suo principe il personag-gio storico più importante.

Napoli e Salerno due città diverse, in cui lastoria non si è mai incrociata. “Se Salerno aves-

se il porto Napoli sarebbe morta”, recitava un antico prover-bio popolare. Il dualismo era forte, il confronto pure, ma oggicome ieri, è improponibile. Ora Salerno ce l’ha un porto, maNapoli continua a essere, anche se tra luci e ombre, la capi-tale del Sud Italia.

di Elio Tedone

Unite dal mare, divise da una fontana. Napoli e Salerno trova-no il loro sbocco sul Tirreno attraverso il lungomare, passando per ledue ville comunali. In quella del capoluogo partenopeo c’è la fonta-na della tazza di Porfido, detta anche “delle paperelle”. Un blocco ingranito proveniente dalle rovine di Paestum che Napoli ha sottrattoalla cattedrale di Salerno.

Il lungomare e la villa comunale uniscono e allo stesso tempodividono. Per i salernitani “il mare è dentro la città”, come ha dichia-rato il sindaco De Luca. Il lungomare Trieste, realizzato a ridossodella spiaggia, è un viale alberato lungo due chilometri e interamen-te pedonale. La zona è un cantiere aperto in attesa che venga termi-nato il progetto previsto dal Piano urbanistico comunale approvato

nel 2006. Un progetto da 115 milioni, affidato agli architetti OriolBohigas e Ricardo Bofill. Piazza Santa Teresa, dopo l’abbattimentodel Molo Manfredi e dell’hotel Jolly, sarà riannodata con la stazionemarittima di Zaha Hadid. Questa soluzione riqualificherà la parteantistante il lungomare.

Napoli, invece, paga l’immobilismo delle amministrazioni nelrealizzare i progetti urbanistici. Anche qui, come a Salerno, si erapensato di avvicinare con un sottopassaggio la riviera di Chiaia almare, ma l’asfalto di via Caracciolo resta ancora una barriera archi-tettonica.

La villa comunale è stata chiusa da cancellate tra le polemiche;è stato costruito il contestatissimo Chateau giallo di Menduni, men-tre il Circolo della stampa è stato tolto ai giornalisti ed è ancora inristrutturazione.

Lungomare, splendida finestra

Il popolo della notteCosì vince la movidadi Serena Esposito

Piazza San Pasquale a Napoli, LargoCampo a Salerno. Sono i punti di ritrovo princi-pali delle due città da cui poi spostarsi per viverela notte. Salerno il venerdì sera è colma di giova-ni. Nel fine settimana da via Roma a LargoCampo la vita non si ferma fino all’alba. Si puòscegliere l’Easy Rider per mangiare un panino,piccoli bar dove sorseggiare un drink o andareall’Alcol Cafè per bere e ballare.

“Se ho voglia di ballare scelgo il Vittoria oil Bogart. D’estate va forte il Dolce Vita, unadiscoteca all’aperto – ha spiegato ValeriaAttanasio, una delle tante ragazze che vivono lenotti salernitane -. Se invece ho voglia di unaserata più tranquilla magari infrasettimanale, siva al centro storico e da lì, poi, in giro per locali.Vivo a Nocera – continua -. Tra Napoli e Salernopreferisco la seconda perché è più vicina”.

Napoli di notte non è molto diversa. A SanPasquale ci si sposta da un baretto a un disco bar.Se si preferisce un ambiente più alternativobasta muoversi verso il centro storico. D’invernosi parte dal martedì al Rising South per la serataErasmus. Nel fine settimana si può sceglieremusica commerciale alla Mela oppure quellaelettronica al Duel. D’estate le altre tappe fissesono: l’Arenile, il Voga, il Riva, disco all’apertodove godersi la magia delle notti calde.

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ECONOMIA pagina 6 inchiostro 4/08 pagina 7

di Ylenia Gifuni

Il porto è il vero fulcro della vita economica di Salerno. L’elevato traffi-co di merci, in costante aumento negli ultimi dieci anni, il miglioramento del-le infrastrutture e lo sviluppo di una cultura del turismo, hanno reso l’industriamarittima un polo di eccellenza della città campana. Un tempo secondario rispetto a quello di Napoli, oggi il porto salernitano van-ta numeri di tutto rispetto. Gestisce un bacino d’utenza che a Nord arriva finoal basso Lazio, all’Abruzzo e al Molise, mentre a Sud raggiunge la Basilicata,la Puglia e la Calabria. Ogni anno movimenta più di 8,5 milioni di tonnellatedi merci, di cui il 60% costituito da container. Anche la portata dei passegge-ri cresce di anno in anno. Dal 2001 il porto di Salerno è stato inserito nel si-stema di trasporti marittimo denominato “Autostrade del mare”.

Un giro d’affari che è stato strappato al suo diretto antagonista: il vecchioporto di Napoli. Il dualismo storico tra Napoli e Salerno si rispecchia anche nel-l’economia legata al mare. Le due città principali della Campania da sempre sicontendono il primato sul Mediterraneo. Se Partenope ostenta il suo ruolo dicapitale dell’antico Regno delle due Sicilie, Salerno non si è mai rassegnata adessere sua subalterna. D’altronde “se Salerno avesse il porto, Napoli sarebbemorta”, recita un vecchio detto, evidentemente da aggiornare.La città, rinomata nel Medioevo per la sua scuola medica, è certamente privi-legiata per la sua posizione geografica. Situata nell’angolo settentrionale del golfoomonimo, si dispiega su due versanti del frangente costiero, abbracciando duelitorali, quello amalfitano e quello cilentano.

L’affrancamento dalla realtà partenopea ha avuto inizio negli anni ’70 conla costruzione del polo portuale turistico. In precedenza i 200 chilometri co-stieri erano disseminati da lidi, la città aveva l’aspetto quasi di una Rimini delsud Italia. Con i progetti di riqualificazione urbana, la città ha assunto un aspet-to moderno e dinamico. Metri di spiaggia sono stati sottratti alla balneazioneper diventare il motore portante di un’economia che ha nel mare la sua risor-sa principale. Oggi la città di porti non ne ha uno solo, ma due. L’attività ma-rittima si snoda infatti su due binari: da un lato lo scalo commerciale intornoal molo Manfredi, dedicato al principe di Svevia, dall’altro lato il molo turisti-co, intitolato a Masuccio Salernitano. Senza contare la spiaggia di Santa Tere-sa e il Lungomare Trieste, un totale di quattro strutture destinate alla nauticada diporto che complessivamente accolgono 2.140 imbarcazioni. Una delle realtàpiù produttive del Mezzogiorno italiano.

“Il porto garantisce servizi versatili, veloci ed efficienti ad ogni ora e inogni giorno dell’anno - dice Fulvio Bonavitacola, Presidente dell’Autorità por-tuale di Salerno -. E’ dotato di attrezzature e mezzi capaci di far fronte a qual-siasi esigenza”. Ha a disposizione 3 scali di alaggio, 6 pontili, 2 officine mec-caniche, 2 gru mobili per il sollevamento delle imbarcazioni, un bacino di ca-renaggio, rifornimenti mediante autocisterne di gasolio e benzina. “La cresci-ta dei traffici - sottolinea Bonavitacola - è stata incrementata dagli elevati inve-stimenti effettuati dagli operatori privati in mezzi meccanici tecnologicamen-te avanzati e in capannoni attrezzati”.

Il trasporto merci per via marittima è costituito fondamentalmente da naviportacontainer e "Ro-Ro", imbarcazioni che trasportano Tir, camion, automo-bili, e altri mezzi con ruote. Le prime servono principalmente un traffico su lun-

ghe tratte, in particolare diretto verso l’Australia, la Nuova Zelanda, l’EstremoOriente, il Nord Europa, le Americhe e l'Africa Occidentale. Le Ro-Ro invece ser-vono tratte brevi e si collocano nel circuito delle Autostrade del Mare. Il traspor-to passeggeri è gestito dalle stesse navi Ro-Ro che effettuano le tratte verso Mal-ta, Tunisi, Valencia, Palermo e Messina. L’armatore “Di Maio Lines” regola latratta Salerno-Olbia, con navi che partono dal golfo di Salerno due volte a setti-mana. “Grimaldi Lines” coordina il flusso turistico diretto a Malta, Tunisi e Pa-lermo, con due partenze ogni sette giorni, e a Valencia tre volte a settimana. In-fine “Caronte &Tourist” collega la città con Messina due volte al giorno.

Il settore della croceristica è in via di sviluppo. Attualmente è in costru-zione una stazione marittima progettata dall'architetto iraniano Zaha Hadid. Saràpossibile dedicare l’intera banchina del Molo Manfredi all’accoglienza delle navida crociera e il Porto di Salerno entrerà nel circuito dei più importanti porti delMediterraneo. In tale ottica si inserisce l’adesione, nel 2003, alla Med Ports Com-munity, un’associazione tra otto porti del Mediterraneo: Livorno e Salerno in Ita-lia, Cartagena Tarragona e Isole Baleari in Spagna, Tolone, Sète e Bastia in Fran-cia. La MPC ha lo scopo di sviluppare nuove strategie di investimento per po-tenziare ed incrementare i traffici tra le diverse sponde del Mediterraneo.

Ne è passato di tempo dal primo nucleo portuale fatto costruire da Man-fredi di Svevia con l’aiuto di Pietro Barliario, l’alchimista con fama di mago. Laleggenda narra di una struttura realizzata in un’unica notte con l’aiuto di co-struttori al servizio del demonio. Un inconveniente fa però fuggire i demonie lascia il progetto incompleto. Un surrogato fiabesco che spiegherebbe il mo-tivo per cui il porto non ha mai funzionato a pieno regime e, in qualsiasi pe-riodo dell’anno, il visitatore può ammirare qualche cantiere aperto.

di Claudia Scognamiglio

“Tutto quello che esiste passa di qui. Qui dal porto di Napoli”. In “Go-morra” Roberto Saviano descrive così lo scalo partenopeo. Il riferimento è algran numero di merci legali e non che sostano tra le banchine del centro ne-vralgico degli affari mercantili e turistici del capoluogo campano. Nonostantel’immagine non sempre positiva con cui è salito agli onori della cronaca, rap-presenta ancora uno dei principali porti mediterranei per varietà e quantità ditraffici.

Le sue origini risalgono al periodo della colonizzazione greca. Proprio laGrecia oggi sta rubando a Napoli grosse fette di mercato. È sempre più crescen-te l’interesse degli esportatori di ortofrutta egiziani e mediorientali verso gli sca-li marittimi del nord Adriatico e delle coste elleniche a discapito del porto par-tenopeo e di Salerno. La preferenza sembrerebbe dettata dalla vicinanza con icorridoi europei, dall’incremento economico del Mar Nero e dalla politica fisca-le adottata dal governo greco. In merito la privatizzazione dello scalo marittimoateniese negli anni scorsi aveva già richiamato l'interesse di armatori come Gri-maldi Napoli, che ha acquisito il controllo della Minoan Lines, tra le più rilevan-

ti compagnie di navigazione elleniche. Tuttavia gli analisti del settore restano fi-duciosi. Preconizzano che tra il 2010 e il 2015 i volumi di traffico nel Mediter-raneo supereranno quelli diretti agli scali settentrionali del continente.

Concorrenza a parte, lo scalo napoletano può sempre fregiarsi di essereun porto polifunzionale: scambi mercantili, settore crocieristico, cantieristica ecabotaggio. Sono i punti di forza di un’economia favorita, in particolare, da unaposizione geografica che pone Napoli tra le punte di diamante dei cruise ope-rators. Dal 9 giugno 2006 la Terminal Napoli s.p.a, società a partecipazione mi-sta che gestisce la Stazione Marittima, ha infatti un nuovo assetto. Le quote sonoripartite tra importanti compagnie di navigazione come Costa Crociere e RoyalCaribbean che detengono la maggioranza delle azioni. 2500 passeggeri al gior-no, aliscafi e navi dirette a Capri, Ischia, Sicilia e Sardegna, più di un milionedi presenze nel solo 2007 con un aumento del 18,46% rispetto al 2006. Que-sti i numeri della crescita turistica relativi al 2007. Per incrementare la ricetti-vità, il nuovo Piano Regolatore ha previsto il rafforzamento delle attrezzature del-lo scalo tra cui la creazione di un sistema di approdi per imbarcazioni private.

Ma sullo scacchiere il ruolo di primo piano spetta senza dubbio al traf-fico commerciale. Settore in cui la partita economica si gioca con competitorcome Salerno e Taranto sebbene si stia puntando anche sui rapporti con gli in-terporti di Nola, Marcianise-Maddaloni e Battipaglia e con i corridoi di colle-gamento europei Berlino-Palermo e Varna-Bari-Tirreno.

Lo specchio d’acqua antistante le banchine diventa ogni giorno croceviadi carghi e imponenti container che scaricano e caricano verso le rotte transo-ceaniche ma non solo. Per il commercio con la Sicilia transitano circa 700 mez-zi pesanti, aspetto che sta favorendo lo sviluppo delle Autostrade del mare. Iltrend più che positivo si evince anche dal Rapporto 2006 sull’economia del Mez-zogiorno che conferma la vitalità dimostrata dalle aziende campane: la mag-gior parte dei prodotti esportati è, infatti, di produzione regionale. Il principa-le referente per quanto riguarda l’import continua ad essere l’Oriente cinese.La Cina con il gruppo COSCO dal 2002 ha stipulato un accordo con la MSC,la seconda compagnia di navigazione al mondo nel settore dei container cheprevede l’acquisizione di una quota del 46,25% della CO.NA.TE.CO. Spa, so-cietà che gestisce il container terminal al molo Bausan dello scalo partenopeo.

Per l’export sul podio salgono gli USA e a seguire Australia, Giapponee Messico. Altri porti di trasbordo sono diventati anche il Sud America e l’A-frica, entrambi mercati in forte espansione e il Canada, faro nel commercio del-la cellulosa. I controlli sul movimento merci sono affidati alla Guardia di Fi-nanza che incentra le attività operative sulla prevenzione, ricerca e repressio-ne dei traffici illeciti internazionali. Nel 2007, fanno sapere dal comando pro-vinciale, gli interventi di ispezione sono stati 360 mentre i soggetti verbalizza-ti 371. I principali sequestri sono effettuati per reati contro l’economia e per lacontraffazione di marchi mentre la maggior parte delle denunce sono controitaliani e cinesi. Sempre dalla Finanza spiegano che i controlli sono realizzatiattraverso il Nuovo Sistema Informativo Doganale AIDA (automazione integra-ta dogana accise) sviluppato utilizzando una metodologia basata sull'analisi deiprocessi e dei flussi informativi. Il sistema implementa i servizi telematici conquelli degli enti portuali snellendo le procedure e favorendo la massima flui-dità dei traffici e dei movimenti doganali. Proprio sulle rotte portuali, secon-do gli ultimi rendiconti, la merce contraffatta non è più scaricata solo nello sca-lo partenopeo. Le destinazioni sono cambiate e il porto napoletano non è la metapiù ambita: i carichi provenienti principalmente dall’Est e dalla Spagna oggi ven-gono smistati tra Lazio e paesi vesuviani.

Salerno, si cresceDi corsa verso il Mediterraneo

di Simona Pizzuti

Tredici comuni per una costiera: il litorale saler-nitano può vantare il titolo di patrimonio mondiale del-l’umanità riconosciuto nel 1997 dall’Unesco. Amalfi, Po-sitano e i comuni vicini occupano un posto di diritto nelturismo d’elite.

Il direttore generale dell’Ept di Salerno, Vito Ca-ponegro, va fiero del turismo chic della costiera e tie-ne molto alla distinzione territoriale con Sorrento:“La penisola sorrentina e la costiera amalfitana sono con-finanti ma molto diverse per offerta turistica”. “Da Con-ca a Ravello ci sono gli alberghi a cinque stelle più bel-li del mondo - precisa Caponegro -, non ha senso fare

piani di marketing comuni. Quello che a Sorrento co-sta 50 euro a Positano ne costa 500, il target è diverso”.

Il mercato immobiliare fa la sua parte, con unamedia di settemila euro al metro quadro per apparta-menti fronte mare. Il centro studi dell’agenzia immo-biliare Gabetti ha stilato una classifica delle città costie-re più care d’Italia: “Le per-le del mare”. Nella classificadel 2007 Positano è quartacon una quotazione di 15milaeuro al metro quadro fron-te mare, al settimo postoPorto Cervo con 12mila euro.

Sul fronte affitti la

situazione è simile. Per un bilocale con quattro posti let-to ad Amalfi vanno preventivati 3mila euro tra giugnoe settembre, con un picco di 8mila ad agosto. Positanoha gli stessi prezzi e conferma l’ipotesi della Gabetti: ilmercato della costiera è tonico con valori di affitto inrialzo.

La costiera dei sogni: patrimonio dell’Unescodi Claudia Ceci

La Cina non fa paura agli albergatori sorrentini.“Conquisteremo il mercato asiatico con spot da inseri-re nei palinsesti televisivi stranieri”, promette Gianni Ter-miniello, responsabile dell’ufficio statistiche dell’Ept diSorrento. L’Italia resta il primo obiettivo. Comune, im-prenditori e ‘Fondazione Sorrento’ hanno realizzato pub-blicità in onda su Rai e Mediaset per rilanciare il turismoitaliano d’élite di luglio e agosto.

Vacanze per nuovi ricchi, con affitti che in altis-sima stagione arrivano a 6mila euro al mese. Se le quo-tazioni immobiliari della Campania nell’ultimo anno sonoaumentate del 1,1 per cento, Sorrento ha toccato il 4,6.

Il prezzo di vendita al metro quadro di un appartamen-to fronte mare oscilla tra 7mila e 12mila euro.

L’apertura all’Est è anche una ricerca di nuovi mer-cati. L’emergenza rifiuti ha condizionato i flussi storicidi turisti inglesi e americani. L’ultimo dato Ept indica uncalo del 40 per cento dei pernottamenti in albergo nelperiodo pasquale. Le prime disdettedei tour operator stranieri sono arri-vate a Natale. Eppure nel 2007 la pe-nisola aveva accolto 2.494.252 turisti,il 5,48 per cento in più del 2006. Dagiugno a settembre aveva ospitato1.218.095 persone nei suoi 95 alberghicon 5504 camere disponibili.

Resta il fatto che la penisola sorrentina, a diffe-renza della costiera amalfitana, non rientra nel patrimo-nio mondiale dell’Unesco. “Non ha mai proposto la suacandidatura - dicono dalla sede di Roma - e poi abbia-mo scelto di iscrivere il simbolo più rappresentativo, nonun doppione”.

L’appeal della penisola: ora punta sull’immagine

Il porto, finestra sul mondoNapoli, si cambiaPer recuperare il tempo perduto

Un’immagine del porto di Napoli

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L’ex avvocato Diego De Silva, ex avvo-cato, è nato nel 1964.Ha pubblicato “Ladonna di scorta” nel1999, finalista alPremio Montblanc. Ilsuccesso è arrivato con“Certi bambini”(Einaudi 2001), PremioSelezione Campiello.Sempre presso Einaudiha scritto i romanzi“Voglio guardare”(2002), “Da un’altracarne” (2004) e “Nonavevo capito niente”(2007). Due raccontisono apparsi nelleantologie “Disertori” e“Crimini” (2000 e2005). Scrive anche peril cinema e collabora al“Mattino” e a “GiudizioUniversale”.

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Pompei, la miniera abbandonataGli Scavi simbolo in tutto il mondo, ma ancora oggi vincono incuria e disorganizzazione

“Salerno-Napoli senza barriere”Diego De Silva, scrittore a cavallo tra le due città: “Fascino e miscuglio di contraddizioni”

di Mariagrazia Petito Di Leo e Simona Petricciuolo

Nel 79 d.C. l’eruzione del Vesuvio la sommerse;oggi Pompei è di nuovo alla luce dopo circa due secoli discavi. È il sito archeologico più famoso del mondo, dal1997 patrimonio mondiale dell’Unesco.

A gestire gli scavi è la soprintendenza di Pompei,dotata dal ministero per i Beni e le Attività Culturali diautonomia scientifica, organizzativa, amministrativa efinanziaria, mentre cerca un nuovo modello di funziona-mento per i suoi istituti periferici. Il ministero ha decisoper l’accorpamento della soprintendenza di Pompei conquella di Napoli e Caserta, il che comporterà notevolicambiamenti organizzativi. I finanziamenti per i restau-

ri però continuano avenire dal ministero,anche se negli ultimidecenni l’attività discavo ha visto un legge-ro arresto, a causa diuna riduzione dei

fondi che si è preferito investire in una più dettagliataricostruzione degli edifici già portati alla luce.

Pompei è dotata di servizio informazioni, depositobagagli e guardaroba, audioguide in cinque lingue,mappe, segnaletica per agevolare il percorso. Dal luglio200l è stato attivato un servizio di archeoambulanza(modulato sulla grandezza dei carri romani per circolareall'interno degli scavi) che si integra con il servizio diguardia medica, operativo nei periodi di massima

affluenza. È stato realizzato un progetto per permettere aidisabili e ai portatori di handicap di accedere agli scavi,attraverso la creazione di passerelle in legno e l'attivazio-ne di un percorso con mezzi elettrici. Mappe tattili per inon vedenti. Ci sono vari percorsi da seguire, di giorno eanche di notte, in base al progetto Luce per l’Arte finan-ziato dall’Enel.

I turisti sembrano apprezzarlo dato che dal 2000a oggi l’affluenza è stata costante, con il 2007 come annod’oro in cui si è toccato l’apice di 2.571.725 visite, circa2000 in più nonostante l’emergenza rifiuti, anche fradicembre ’07 e gennaio ’08, i mesi critici dell’allarme.Un calo c’è stato fra febbraio e marzo, quando sono stativenduti 4000 e 9000 biglietti in meno rispetto al 2006.Difficile sarà calcolare anche l’impatto che la vicenda deirifiuti potrà avere sui numeri di Pasqua che quest’anno,a differenza del 2007, è caduta in bassa stagione. Il caloquindi è inevitabile, indipendentemente dai rifiuti.

Se la crisi dei rifiuti non sembra aver intaccato lapassione dei turisti per Pompei, lo stesso non si può direper la loro fiducia nei confronti dei napoletani. A fineaprile abbiamo fatto un giro all’interno degli scavi, eabbiamo purtroppo constatato che molti non si lascianoavvicinare nemmeno per rispondere ad alcune domande

sul gradimento e l’orga-nizzazione del sito. Unacoppia proveniente presu-mibilmente dall’India èscappata via al primoaccenno di contatto, cosìcome alcuni stranieri che,tenendosi strette le pro-

prie borse, si sono rifiutati di rispondere, accennando ascuse più o meno plausibili. Ovviamente però non tuttisi sono mostrati così diffidenti. Una coppia americanaproveniente dal North Carolina si è fermata a raccontarele proprie sensazioni: “Questi scavi sono davvero stupen-di, così come il posto – hanno spiegato entusiasti –. Listiamo apprezzando molto, e porteremo a casa tantefoto”. Sulla stessa lunghezza d’onda anche una giovanearchitetto coreana: “Qui è veramente meraviglioso.Finora avevo sempre visto questi splendidi edifici, que-ste strade, nelle fotografie sui libri. È bellissimo esserequi e poter finalmente ammirare tutto questo dal vivo”.

La maggior parte preferisce poi girare senza leaudio-guide. Una donna francese spiega: “Ho la miaguida, posso tranquillamente seguire questa”. Cosìcome una giovane coppia irlandese, per la prima volta invisita a un sito archeologico. C’è da dire che all’internodegli scavi la presenza di addetti lascia molto a desidera-re. Paradossale che all’ingresso ci sia un impiegato cheaiuta i turisti ad inserire il biglietto nella macchinetta, epoi una volta all’interno non si trovi nessuno a cui chie-dere eventualmente informazioni.

Un turista straniero in visita a Pompei deve fareattenzione più all’esterno che all’interno degli scavi. Acominciare dalle ban-carelle con i souvenir.Lì una signora dall’ariagentile è arrivata achiedere 25 euro (salvopoi scendere fino a 10)per una collana che il suo collega di fronte vendeva a 15euro e di cui egli stesso però sconsigliava l’acquisto anoi, “turiste” di Bologna, “perché – ha spiegato – con iconnazionali sono sincero, questa collana è di plastica,non vale niente. Preferisco venderla ai turisti, loro noncapiscono niente...”.

Paestum in calodi Rosa de Angelis e Brunella Rispoli

In principio era Poseidonia, fondatadai Greci nel VII secolo a. C. Visse il suoperiodo d’oro in epoca romana, poi l’obliofino al XVIII secolo. Oggi è il fiore all’oc-chiello del turismo campano, richiama unnotevole flusso di turisti italiani e stranie-ri: 19.286 presenze nei primi tre mesi del-l’anno, con un picco nel mese di marzodovuto alle festività pasquali. Un datodestinato a crescere visto che nel 2007 lepresenze complessive sono state 506.222,di cui 13.368 nel primo trimestre. MaPaestum non è solo archeologia. Durantel’estate all’ombra del Tempio di Cerere sialternano momenti di lirica, danza, teatroe musica leggera. Quindicimila spettatoriin media, duecento abbonati: questi inumeri della scorsa edizione del PaestumFestival. “Quest’anno l’idea è di portare inscena per la prima volta una grande inter-prete femminile della musica leggera ita-liana”, anticipano gli organizzatori. Gliscavi sono anche la cornice del PremioCharlot, vetrina della comicità campana, edel Premio Borsa Mediterranea del TurismoArcheologico, dedicato alle scuole.

Nonostante ciò, confrontando i datidegli ingressi degli ultimi anni, emergeun calo rispetto al 2006. Da quando cioèle immagini dell’emergenza rifiuti inCampania hanno fatto il giro del mondo.Penalizzando anche quelle località, comeil Cilento e la provincia di Salerno, che inrealtà non hanno risentito eccessivamen-te del problema. Nel 2006, 469.442 perso-ne hanno visitato l’antica Paestum; loscorso anno, invece, più di trentamilaturisti hanno preferito altre mete e gliingressi sono diminuiti del 9%. I dati diquest’anno, seppure parziali, non mostra-no un trend positivo: 67.105 ingressi fino amarzo. “Certamente - confermano dalMuseo - la stagione propriamente turisti-ca non è ancora cominciata ma gli inizinon sono incoraggianti”.

di Anna Maria Giaquinto

È una sfida in stile Davide contro Golia quella lancia-ta dal campus di Salerno ai giganti della formazione uni-versitaria napoletana. Una sfida che sa di azzardo, visto ildivario segnato dai secoli e dalle cifre ministeriali.

L’ università Federico II di Napoli è tra le più antiched’Europa, seconda in Italia solo all’ateneo di Bologna. Con isuoi 98.000 iscritti é l’istituzione culturale più grande delSud, conta 13 facoltà e 26 scuole di dottorato, 70 master di Ie II livello, 66 scuole di specializzazione e 42 corsi di perfe-zionamento. Fondata nel 1224 da Federico II di Svevia è laprima università statale, creata dal sovrano per la forma-zione del nascente ceto amministrativo. Conservò il prima-to dell’alta formazione fino al Seicento, quando nella citta-della monastica alle pendici del colle Sant’Elmo nacquel’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa, a cui eraammesso un pubblico esclusivamente femminile. Retto daun ente morale laico, il Suor Orsola è il più antico ateneonon statale. Il terzo istituto universitario napoletano sorsenel 1732 e data l’attenzione per le culture asiatiche assunseil nome di ‘Collegio dei Cinesi’, divenuto poi Universitàdegli Studi di Napoli L’Orientale. Con Regio Decreto del 1919

fu creata l’Università Parthenope con le facoltà diEconomia Marittima e Scienze Nautiche. Nel 1991 è stataistituita la Seconda Università allo scopo di decongestiona-re l’affollata Federico II.

L’Università di Salerno affonda radici ideali nellaScuola Medica Salernitana, IX secolo, ma si tratta di un’ere-dità più vagheggiata che reale. L’anno di fondazione è il1968, da allora sono nate 10 facoltà. Con i suoi 39.165 stu-denti, è il terzo ateneo del sud, conta tanti iscritti quanti nepossono vantare le Università Parthenope, Orientale eBenincasa messe insieme (rispettivamente 16.501, 10.250 e12.322) e poco meno del doppio della Seconda Università(27.668). Le cifre mostrano una partita impari, ma la sfidasi fa avvincente sul modulo di gioco. Al frazionamentourbano che complica la vita degli studenti napoletani, l’a-teneo di Salerno oppone un modello disegnato sul campusuniversitario all’americana. Aule, segreterie, biblioteche,mensa, dipartimenti, alloggi studenteschi, campi di calcet-to e una piscina olimpionica coperta, sono tutti racchiusi inun’oasi di verde nel comune di Fisciano. Perdono il contat-to con la città e rischiano di diventare realtà autoreferen-ziale, ma realizzano allo stesso tempo un’ipotesi alternati-va per vivere l’esperienza universitaria.

Università, la sfida e la crescita

di Marco Perillo

C’è uno scrittore capace di raccontare ilSud con un taglio diverso, mai retorico, senzaluoghi comuni. Ha uno stile freddo, ma emo-zionante allo stesso tempo. Sa descrivere eriflettere nello stesso respiro di frase; i suoilibri sono tradotti in Inghilterra, Germania,Francia, Spagna, Olanda, Portogallo e Grecia.E’ Diego De Silva, quarantenne romanzieresalernitano noto in tutta Italia, sulla cui cartad’identità c’è scritto: “nato a Napoli”.

Per quale motivo, Diego De Silva?Non è stata una mia scelta: mia madre

si trovava a Napoli nei giorni del parto e sononato lì. Il resto della mia vita,però, l’ho vissuto interamente aSalerno, dove ho studiato e hointrapreso, anche se con pocaconvinzione, la carriera di avvo-cato penalista.

Perché “con poca convinzione”?Gli avvocati sono degli ottimi bugiardi,

come traspare dal mio ultimo romanzo “Nonavevo capito niente”. Sposano cause non loro eper professione sono abituati a mentire. Così lascoperta della scrittura, avvenuta verso itrent’anni, ha avuto per me una funzione ever-siva. Scrivere è uno sforzo di sincerità, diresponsabilità nelle parole che si usano.

Napoli e Salerno, due città che lei cono-sce bene e che spesso sono messe a confronto.Crede che esista una dicotomia tra le due? Cisono punti in comune?

Non credo che ci siano barriere traNapoli e Salerno, anche perché sono due cittàmolto diverse. Napoli è una grande metropoliinterculturale, di grande respiro internaziona-le, la prima in Italia a captare i cambiamentisociali. Salerno invece è una piccola città, contutti i vantaggi e gli svantaggi delle piccole città.Sono luoghi dissimili, ma molto vicini. Se sirespingono, la volta successiva si attraggono. E’il mio punto di vista: sono felice di avere Napolicome madre anagrafica così come sono troppolegato a Salerno. Non posso vederle divise.

Eppure piccole rivalità ci sono. A partiredallo sport fino a un modo diverso di cucinare

la pizza. Si vocifera che i pizzaioli salernitaninon vedano di buon occhio quelli napoletani.

Forse perché li invidiano! Per me è unafollia; il modo di cucinare la pizza a Napoli nonha eguali nel mondo.

Tifa Napoli o Salernitana?Non sono mai stato tifoso e non ho mai

saputo giocare a pallone. Forse anche per que-sto sono ugualmente felice quando vincono siail Napoli che la Salernitana. Ma al di là di ognidivisione, rimango dell’idea che noi del Suddobbiamo riappropriarci del nostro orgoglio dimeridionali.

Oggi in quale delle due città vive?Veramente vivo a Roma, almeno dieci

mesi all’anno. Ma appena posso,faccio una puntatina inCampania dove ho i miei affetti ei miei amici più cari.

Nei suoi romanzi, lei noncita mai le città che descrive,

anche se sono facilmente riconoscibili. Quantoc’è di Napoli e quanto di Salerno?

È vero, mi piace l’ibrido e non do puntidi riferimento nei luoghi in cui ambiento lestorie. Ma senz’altro m’ispiro molto di più aNapoli che a Salerno: un miscuglio di contrad-dizioni e fascino che per uno scrittore è moltostimolante. Basti pensare alle sceneggiatureche ho scritto per fiction come “Crimini”, incui Lina Sastri interpreta una casalinga costret-ta ad ospitare un camorrista, e “Il coraggio diAngela”, ispirato alla storia di Silvana Fucito, lacommerciante che nel 2002 si è opposta alracket e a cui è stato incendiato il negozio.

Continuerà a scrivere su Napoli?Lo sto già facendo; ho

appena finito di collaborarecon Rafael Azcona alla stesuradel film “L’ultimo Pulcinella”che Maurizio Scaparro stagirando tra Napoli e Parigi. Ilprotagonista è MassimoRanieri nella parte di un attore che dalla perife-ria partenopea deve trasferirsi nelle banlieues.Una sorta di omaggio alla nostra cultura popo-lare, in tempi non facili per la città.

E per quanto riguarda il teatro?

Sta avendo successo “Tre terzi”, inter-pretato da Marina Confalone per la regia diGiuseppe Bertolucci. E’ un esperimento che hoscritto insieme con Valeria Parrella e AntonioPascale, sfatando il mito che gli scrittori cam-pani non collaborano. La mia pièce s’intitola“Casachiusa” ed è un dialogo tra un uomo euna donna in una camera da letto. L’avevoscritta in italiano, ma Marina Confalone hapreferito “tradurla” in napoletano. Vista dalvivo, devo dire che funziona.

Nel suo racconto intitolato “Napoli”,edito da Dante e Descartes, c’è un personaggiodi Salerno che arriva in una Napoli caotica incui finisce per perdersi. Anche il VincenzoMalinconico del suo ultimo romanzo, un filo-sofo chiacchierone napoletano, alla fineammetterà: “Non avevo capito niente”.Possono essere, queste, metafore dello statoattuale della città?

È vero: per chi viene da un altro posto,anche da Salerno, Napoli è una città nevrotica,una realtà in cui si viene inghiottiti e si restaspaesati. Ma è solo questione d’abitudine, difarci il callo.

Il film “Certi Bambini”, tratto dal suoromanzo più famoso, è stato girato a metà traNapoli e Salerno. La problematica della delin-quenza minorile è comune a entrambe lerealtà?

È comune a tutto il mondo, a dire ilvero. È una realtà che esiste ovunque; forseanche per questo il film che i fratelli Frazzihanno diretto nel 2004 è ancora richiesto invari paesi europei. Ha avuto successo in rasse-gne importanti come il festival internazionale

del cinema di Karlovy Vary e havinto due statuette al David diDonatello.Cosa propone per il futuro delledue città?

Da scrittore, spero che pos-sano investire di più sulla cultu-

ra e sui progetti sociali. Bisogna fare ancoramolto, non solo dal punto di vista economico.È questione di mentalità, di modi di pensare.Basta uscire da Napoli e da Salerno per capirecome altre realtà siano più avanti di noi.

“Al Sud dobbiamoriappropriarci delnostro orgoglio dimeridionali”

“I due capoluoghidevono investire dipiù sulla cultura e sui progetti sociali”

Lo sfruttamento deituristi soprattuttostranieri non aiutal’immagine

L'emergenza rifiuti non ha allontanato i visitatori

Il sito archeologicopatrimonio dell’Unesco cerca un nuovo modellodi funzionamento

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Cinema, la Campania dei FestivalA Napoli e Salerno due eventi nel segno della divulgazione culturale e dell’internazionalità

San Carlo, quando il teatro è storiaSplendore antico, problemi nuovi: ma il risanamento finanziario è stato avviato

di Rosa Anna Buonomoe Alessandro Vaccaro

Potrebbero essere l’uno il nipote dell’altro. Il primosta emergendo nel panorama cinematografico mondiale,divenendo un appuntamento imperdibile per gli appassio-nati; il secondo ha visto la luce nei difficili anni dell’ultimodopoguerra, tenendo testa alla più celebre kermesse vene-ziana. Sono il “Napolifilmfestival” e il “Festival internazio-nale del cinema di Salerno”, due eventi che arricchisconolo scenario culturale campano in diversi periodi dell’anno.

Con i suoi dieci anni di vita, il“Napolifilmfestival” si caratterizza perlo spirito giovanile dell’organizzazionee per l’impostazione assunta nel corsodel tempo: una sorta di laboratorio chenelle intenzioni dei direttori generali Da-vide Azzolini e Mario Violini “deve non solo rivolgersi almaggior numero di spettatori, ma coinvolgere in prima li-nea studenti universitari e professionisti del settore”.

Questo mese la rassegna ha offerto al pubblico par-tenopeo una settimana ricca di proiezioni e incontri concelebri personalità artistiche. Molti gli ospiti dell’edizione:dal regista Julian Temple all’attore americano Willem Dafoe,dal nostro Toni Servillo, pluripremiato a Cannes per i film“Gomorra” e “Il divo”, al regista Milos Forman. L’anno scor-so invece il programma è stato caratterizzato da un pokerdi star protagoniste di incontri col pubblico e di retrospet-tive monografiche: Michele Placido, Ferzan Ozpetek,Margherita Buy e Paola Cortellesi. Quest’edizione, tenu-tasi dal 9 al 16 giugno, ha confermato il doppio spi-rito che anima da sempre il festival: alla presentazio-ne di opere inedite in Italia di registi napoletani e delMediterraneo si è affiancato il fascino del grande ci-nema hollywoodiano.

Nell’ambito del concorso, una delle novità ri-levanti è stata la sezione “Nuovo Cinema Italia” de-dicata ai lungometraggi indipendenti di produzioneitaliana inediti e a quelli autodistribuiti sul territorionazionale a partire dal 1 gennaio. Il vincitore della ca-tegoria si è aggiudicato il Vesuvio Award. La giuriaha assegnato all’opera selezionata anche il Premio Te-chnicolor, che permette una concreta distribuzionedella pellicola attraverso la stampa di cinque copie,e il Premio MusicFeel, con in palio la composizionedelle musiche originali per il prossimo lavoro del re-gista vincitore. L’anima tradizionale del festival è sta-

ta rappresentata dalle sezioni “SchermoNapoli Corti e Do-cumentari 2008”, riservate ad autori, artisti e produttoricampani e a opere ambientate nella regione.

In occasione del suo decimo compleanno il “Napo-lifilmfestival” si è concesso un altro regalo: dal gemellag-gio con il salone internazionale del fumetto “Napoli Co-micon” ha dato vita a “VisioNa”, un contenitore artisticoche offre alla città per tutto l’anno eventi legati al cinema,alla fotografia, ai comics e all’animazione. Un nuovo im-portante traguardo per la manifestazione partenopea,entrata ormai di diritto nel circuito europeo dei festival in-

dipendenti di maggior spessore. L’internazionalità è da sempre un

aspetto peculiare anche della rassegna sa-lernitana, che rispetto ad altre ha promos-so sin dagli albori un’attività di divulga-zione socio-culturale della settima arte. La

kermesse, una delle più antiche, è nata come cineclub nel1946 per portare le atmosfere dorate del mondo hollywoo-diano nei luoghi martoriati dalla guerra: dai sagrati delle chie-se alle piazze, passando per le sale delle piccole comunitàdi ritrovo sociale. Il tutto attraverso l’uso di piccoli proiet-tori montati su alcuni minibus, che hanno conferito all’e-vento un carattere itinerante al servizio della popolazione.Se nei suoi primi anni di vita a far da padrone sono stati ilcinema amatoriale, i film sperimentali e quelli spettacola-ri, oltre ai documentari di informazione, nell’ultimo ven-tennio hanno dominato le tecnologie e i nuovi mezzi au-diovisivi. Si sono arricchite le diverse categorie, dai corti aldigitale, senza trascurare la tradizione.

Peculiarità del festival, la globalità. Gli oltre 50 Pae-si che concortrono ogni autunno per sette giorni, presen-tano in media duecentocinquanta opere tra pellicole in-dipendenti, film industriali, documentari e prodotti tele-visivi. Solo un centinaio, però, sono i lavori ammessi agliotto concorsi ufficiali. Il vincitore finale si aggiudica il grantrofeo Golfo di Salerno.

Tra le personalità che si sono affermate nel corsodegli anni, il regista canadese Norman MacLaren, il fran-cese Claude Lelouch e gli italiani Mario Soldati e Manfre-do Manfredi. Dalle ultime edizioni partecipano anche vol-ti noti della fiction nazionale e internazionale.

Diverse le attività proposte, tra cui un concorso di ci-nematografia inedita per sostenere concretamente i giova-ni autori. Spazio anche alla valorizzazione dei documenta-ri, divisi per generi, e a convegni e dibattiti sulle tecnichee le tecnologie d’avanguardia. Tra le numerose categorie del-la manifestazione, la più recente è quella dedicata alla pro-mozione sportiva. Una novità che si affianca ad altri setto-ri tradizionali, come quelli per i libri sul cinema e per il tu-rismo, quest’ultimo ricco di supporti audiovisivi per il ri-lancio economico e culturale del Mezzogiorno.

Dal “Festival internazionale del cinema di Salerno”si è sviluppata infine la rassegna “Associnema”, che si svol-ge nell’intero territorio attraverso una vasta rete di cineclubdediti alle sperimentazioni di autori indipendenti. Presi-dente d’eccezione di una delle strutture, il premio OscarGiuseppe Tornatore. Un valore aggiunto per la kermesse,che conferma la sua formula a metà strada tra innovazio-ne e tradizione.

inchiostroanno VIII numero 4 giu/lug 2008 unisob.na.it/inchiostro

Periodico a cura della Scuola di giornalismo diretta da Paolo Mieli nell’Università degli StudiSuor Orsola Benincasa

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In redazioneFabio Capasso, Claudia Ceci, Laura Conti,Antonio Crispino, Beniamino Daniele, Rosa deAngelis, Serena Esposito, Manuela Giordano,

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I ragazzi di Giffoni

Le rassegne della musica, generi e città a confronto

Il riscatto del Verdidi Marco Marino

Il successo del teatro Giuseppe Verdi di Salernonegli ultimi anni è frutto dei nomi che si sono alterna-ti nel suo cartellone e alla direzione artistica, maanche delle difficoltà con cui il suo ipotetico rivale, ilSan Carlo di Napoli, lotta da anni.

Avviato nel 1863, il progetto del Verdi fu affida-to agli architetti Antonio D’Amora e GiuseppeManichini che si basarono proprio sulle misure e sulleproporzioni del San Carlo.

Inaugurato nel 1872 con la rappresentazionedel “Rigoletto”, il teatro venne dedicato a GiuseppeVerdi nel 1901, anno della morte del musicista.

Reso inagibile dai danni causati dal terremotodel 1980, il teatro ha riaperto nel 1994 per le celebra-zioni del cinquantesimo anniversario di Salerno capi-tale. Nel ‘97 il “Falstaff” di Verdi inaugura la primastagione lirica della storia del teatro. Dal ’97 al ‘07, sisono susseguite 10 stagioni di lirica con opere come “IlBarbiere di Siviglia” di Rossini, la “Tosca” di Puccini,“Le nozze di Figaro” di Mozart, “Lo Schiaccianoci” diCajkovskij e i concerti dell’orchestra del Teatro SanCarlo di Napoli.

Da due anni il direttore artistico del teatro èDaniel Oren, direttore d’orchestra israeliano, in passatoal San Carlo, che ha dato al Verdi una dimensione inter-nazionale portando sul suo palco artisti italiani e stra-nieri, come il violinista Uto Ughi, il trasformista ArturoBrachetti, il violoncellista Maisky e il pianista Gililov.

di Carmine Savianoe Lilly Viccaro

Quando si parla di musica, la sfida traNapoli e Salerno si gioca sullo sfondo di unobbiettivo comune: rompere l’embargo cheesclude la Campania dai circuiti musicali in-ternazionali. La musica classica è padrona dicasa in uno dei posti più belli del mondo: suuna terrazza a picco sul mare si svolge il Ra-vello Festival che quest’anno punta sul temadella diversità.

Non ci saranno solo le sinfonie diWagner (tanti, tanti spartiti tedeschi in que-sta edizione) ma anche spazi dedicati ad artivisive, jazz, danza, scienza e letteratura. Si co-mincia il 27 giugno per proseguire per altriquattro mesi pieni, cadenzati da duecento

eventi per otto sezioni, incatenati dal fil rougedella magia del posto e del prestigio dellarassegna.

Nomi di altissimo calibro per l’edi-zione 2008: Villa Rufolo ospiterà per la se-rata inaugurale la Filarmonica di Praga gui-data da Imna Shara. Le serate successivesaranno impregnate di suoni teutonici e wa-gneriani eseguiti dall’orchestra del San Carlo.Notte speciale quella di San Lorenzo: quandola musica incontra lo stillicidio delle stelle, èl’Orchestra Scarlatti ad eseguire “Il Mattino”di Grieg.

Grandi eventi saranno inoltre la pre-senza dello scrittore Andrea De Carlo in ver-sione chitarrista, il concerto con scaletta ine-dita di Massimo Ranieri, Toni Servillo eCatherine Spaak. Il Festival aumenta così la

sua fama, fatta di una storia affascinante cheha visto come protagonisti di Ravello Wa-gner, Einuadi, Mitterand, Greta Garbo: tuttihanno trovato tra Villa Rufolo e Villa Cim-brone l’ispirazione per la propria arte, riposodal proprio lavoro o più semplicemente unbellissimo buen retiro.

Sul versante napoletano invece, dadodici anni le lamentazioni dei fan napole-tani del rock si sospendono in alcuni giornidi luglio. Durante il Neapolis Festival sem-brano crollare improvvisamente le mura cheisolano la Napoli musicale. Dopo l’edizioneal ribasso dell’anno scorso, quella del 2008è già attesissima. Ritorna la formula delnume tutelare straniero. Il 23 luglio a Bagnoliil rock di nuovo acido dei Rem e quello im-pregnato di new wave degli Editors promet-

tono di rimettere a ferro e fuoco l’ex Italsider. Il festival, presentato il 30 maggio,

avrà un altro momento importante il 17 lu-glio. All’Arena Flegrea due insperati ritornisotto il segno del trip-hop. Divideranno ilpalco i redivivi Massive Attack, padri del ge-nere e da sempre legati a doppio filo conNapoli, e gli Almamegretta nuovamente conRaiz. Mentre il 24 dello stesso mese toccheràai Bluvertigo, Baustelle ed Elio e le StorieTese.

Le serate principali saranno prece-dute da esibizioni di giovani artisti napole-tani, cui sarà data l’occasione di respirareper un giorno aria diversa. Stand e installa-zioni accompagneranno i pomeriggi delletre giornate. Durante le quali è lecito sognarea occhi aperti una città diversa.

di Filomena Leone

Prosegue l’opera di risanamento dei conti delSan Carlo. Il Massimo partenopeo sembra aver supera-to la crisi che lo ha portato, nell’estate dello scorso anno,alle soglie della chiusura. Commissariato il primo ago-sto 2007, il teatro più antico d’Europa non assomiglia aun nobile decaduto. È pronto a raccogliere la sfida con igrandi enti lirici mondiali.

Secondo il suo amministratore straordinarioSalvatore Nastasi, tra otto mesi la sala assomiglierà alCovent Garden di Londra. Sono stati stanziati cinquan-ta milioni di euro per un palcoscenico dotato di eccellen-ti macchine di scena e la più grande sala d’incisioned’Europa. I lavori di restauro partiranno nel mese diagosto e, fino a dicembre, lo storico teatro resterà chiu-so. Il Massimo resterà rosso come lo vollero nel 1816Niccolini e nel 1840 i Borbone. Un tocco di tradizionetra tante scelte moderne volute da Salvatore Nastasi, cheveste i panni dell'uomo della provvidenza a difesa delSan Carlo e della sua immagine.

Fino al 2010 sono in programma rappresentazio-ni capaci di attirare un vasto pubblico. Dalle attuali 46 sipasserà alle 120 manifestazioniall’anno, tutte di alto profilo cultura-le. Oltre al restauro della sala, nelfoyer saranno installati alcuni scher-mi per permettere agli spettatori chearrivano in ritardo di vedere lo spet-tacolo iniziato, senza arrecare distur-bo agli altri. Una novità assoluta: si potrà assistere aglispettacoli anche on-line, grazie alla regia audio videobroadcasting, sul modello del Metropolitan di New Yorke del Covent Garden di Londra.

Fitto il carnet dei prossimi mesi. A consolidare lafama dell’antico teatro sarà l’inaugurazione del 2 luglio, aPalazzo Reale, del “Museo Storico del San Carlo”, in cui

saranno custoditi documenti originali, stampe e foto chetestimoniano i 272 anni di splendore artistico e storico.Nello stesso giorno piazza Plebiscito ospiterà un grandeconcerto che vedrà protagonisti l’Orchestra e il Coro delTeatro di San Carlo e del Maggio Musicale Fiorentino. Idue organici eseguiranno la Nona Sinfonia di Beethoven,una delle composizioni più famose al mondo, sotto ladirezione di Zubin Mehta. Saranno venduti diecimilabiglietti e l’incasso andrà alla gestione del teatro.

Prosegue anche l'operazione di avvici-namento ai giovani, già iniziata con il sovrin-tendente Gioacchino Lanza Tomasi. Al fian-co della consueta attività di musica e ballettoclassico, il teatro sta strizzando l’occhio adaltri generi: è nata così “Nonsolopiano2008”, la rassegna promossa dallaFondazione Teatro di San Carlo con ilFestival Angeli Musicanti organizzato daPaolo Uva.

Presentato nel mese di aprile dal consulente artisticoGianni Tangucci, il cartellone della manifestazioneospiterà alcuni dei più bei nomi della scena nazionale:la star Giovanni Allevi (in scena il 25 maggio), PetraMagoni e Ferruccio Spinetti (il 16 giugno con un pro-gramma per voce e contrabbasso), Stefano Bollani(accompagnato il 23 giugno dalla tromba di EnricoRava), Carla Bley e Paolo Fresu (il 6 luglio).

Nel mese di luglio la rassegna si trasferirà almuseo Madre, a causa dei lavori in corso. Lunedì 7luglio Luigi Cinque presenterà le sue composizioni in

compagnia di Sal Bonafede e Raiz, in uninedito trio per pianoforte e voce. Il 14Luglio toccherà a Roger Eno, fratello delpiù noto Brian e il 21 al duo piano-sassofo-no di Rita Marcotulli e Javier Girotto. Larassegna si concluderà il 28 luglio conFrancesco Cafiso e Dino Rubino.

La stagione 2009 aprirà il sipario con un concer-to diretto da Riccardo Muti, un ritorno atteso nella suacittà dopo qualche stagione di assenza. Il 2009 saràanche nel segno di Roberto Bolle, dopo il successo digennaio scorso de “Lo Schiaccianoci”. La stella mondia-le sarà impegnata al San Carlo fino al 2010 e collaboreràcon la Scuola di Ballo.

Il sipario dei SaraceniIl Verdi si trova nella piazza intitolataa Matteo Luciani, primo sindaco dellacittà dopo l’Unità d’Italia. Particolare èil suo sipario che raffigura “La cacciatadei Saraceni da Salerno”.

Gli sponsor del MassimoCinque milioni e mezzo di euro di spon-sor privati. Tra i nomi di rilievo:Equitalia, Finmeccanica, Intesa San Paolo- Banco di Napoli, Metropolitana, CralTelecom, AirItaly e Interporto Campania.

Dieci candeline per la kermesse partenopea, 62le edizioni della rassegnasalernitana

Superata la crisi, èpronto a raccogliere lasfida con i grandi entilirici mondiali

di Enza Petruzziello

Ha trentotto anni, ma non li dimostra. Il Giffoni Film Festival è unaventata di energia e vitalità. I suoi protagonisti hanno un’età compresatra i 6 e i 19 anni. Migliaia sono i ragazzi, provenienti da tutti i Paesi delmondo, che ogni anno si incontrano in questo piccolo comune di Salernoper la settimana dedicata al loro cinema.

Giffoni non si limita solo a sette giorni. “Produciamo 260 giornateall’anno su 365. Non c’è un evento uguale al mondo – dice ClaudioGubitosi, ideatore a diciotto anni del festival e attuale direttore artistico–. Già a partire da novembre gli studenti delle scuole arrivano a Giffoniper i Movie days, le giornate dedicate alla proiezione di film. Entro il 2011sarà ultimato il Multimedia Valley, un villaggio che ospiterà scuole elaboratori di cinematografia, una cineteca e un museo”.

Divenuto Ente autonomo fin da subito, il Giffoni Film Festival haricevuto nel corso degli anni numerosi finanziamenti da pubblici e priva-ti. Ultimo quello della Regione Campania che ha stanziato 30 milioni dieuro per la realizzazione della Multimedia Valley. Fiore all’occhiello è laWorld Alliance, l’esportazione del “modello Giffoni” in Europa e nelmondo. Albania, Armenia, Polonia, Australia, ma anche Berlino e Miami.Nel 2009 il festival approderà a Dubai e poi in Tunisia.

Gubitosi è molto orgoglioso della sua creatura. “E’ stata una sfida el’ho vinta. Non riesco a pensare in piccolo. Giffoni è necessaria ai ragazzi.Oltre al valore culturale, il festival è diventato un’industria che dà lavoroa moltissimi giovani. E come loro si trasforma e gioisce”.

Nella sua storia trentennale il Giffoni ha ospitato più di 50 starinternazionali, dal regista François Truffaut a Oliver Stone, da Robert DeNiro a Meryl Streep. Ha visto impegnati 1600 piccoli giurati, accolti in casaper 11 giorni dalle famiglie del posto. Negli anni la manifestazione ha rice-vuto 100 mila visitatori e coinvolto circa 7 mila istituti scolastici con cui ilfestival progetta e realizza film, 25 finora quelli prodotti. Oltre 90 le pelli-cole in competizione e più di 1000 quelle in preselezione.

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Page 7: inchiostro · dagna il soprannome di “Vicienz a’ funtana” con l’installazione a go go di fontane pubbliche per l’abbellimen-to della città. Tre punti hanno guidato l’operato

SPORT pagina 12 inchiostro 4/08

Basket, due destini diversidi Manuela Giordano

A dieci punti l’una dall’altra, da un lato la salvezza e dall’altro laLega2. La Eldo Napoli e la Legea Scafati hanno giocato e chiuso il loro cam-pionato così: la Eldo in serie A1, la Legea in A2. A decidere le sorti della squa-dra scafatese è stato il derby campano del 12 aprile, quando il 69 a 59maturato al Pala Barbuto di Napoli ha segnato il destino della squadra diCalvani. Due storie simili due destini diversi. Nel 1969 la pallacanestro diScafati partecipa ai campionati di serie C e D e negli anni ‘90 con l’arrivodell’attuale presidente, Aniello Longobardi, passa dalla B2 alla B d’eccel-lenza. Nel 1999 poi l’approdo in serie A2 e solo nel 2005/06 arriva la pro-mozione in serie A. Ma già la seconda stagione di serie A si rivela fallimen-tare per i gialloblù.

Il Basket Napoli ha avuto fin dal suo debutto un cammino illumina-to da una migliore stella, prima della stagione 1999/00 giocava militava inA2. Poi nel 2001 con la cessione all'attuale presidente, Mario Maione, è arri-vata la promozione in serie A. Un cammino costellato di successi: la forma-zione partenopea, che negli anni ha cambiato il suo nome insieme aglisponsor (Pompea Napoli, Carpisa Napoli), ha sempre chiuso i campionatiai primi posti della classifica, seconda nel 2001, terza nel 2002 e quarta nel2005 e si è aggiudicata la qualificazione per l'Eurolega nel 2000/07 e laconquista nel 2006 della Coppa Italia e del Trofeo Tim. Anche i ragazzi dimister Bucchi però hanno deluso le aspettative in questa stagione non riu-scendo a far meglio del tredicesimo posto.

Grande calcio, rivali e vincentiCoppola, il giornalista con il cuore a metà: “Felice di raccontare i successi”

di Nicola Sellittie Francesco Trinchillo

Napoli-Salerno, la rivalità tra i due ca-poluoghi campani investe anche il calcio.Gianfranco Coppola, salernitano doc e gior-nalista di lungo corso per carta stampata eRai, racconta le vicende sportive, recenti enon, dei due club.

Lei è lavora a Napoli e se-gue da tanti anni la squa-dra partenopea. Ha maiavvertito un conflitto inte-riore?Assolutamente no. In pri-mis la vocazione profes-sionale mi ha sempreconsentito di lavorare inmaniera serena.

Inoltre quando ero ragazzo seguivoallo stadio il Napoli di Vinicio, ero abbonatonei distinti e ricordo che, come me, molti sa-lernitani prendevano il treno per andare a so-stenere gli azzurri. Anche se in tenera età an-davo al vecchio “Vestuti” – vecchio stadio

della Salernitana ndr – con mio padre Mi-chele e mio fratello Antonio, rito domenicale.

In passato anche a Salerno si tifavaNapoli, squadra simbolo della nostra regione.Perché secondo lei negli ultimi anni questamentalità si è persa?

Ora le tifoserie di Napoli e Salernitananon sono purtroppo in buoni rapporti ed èdavvero un peccato.

Tutto è nato nel 1994 quando, in oc-casione dello spareggio tra i granata e la JuveStabia, alcune frange del tifo azzurro si schie-rarono a favore degli stabiesi. La cosa mirammarica perchè ai miei tempi in tutta laCampania si tifava per il Napoli. Personal-mente sono sempre felice quando una com-pagine della nostra regione ottiene successi.

Quali sono i momenti più esaltantidella storia recente delle due squadre che leiha avuto la fortuna di raccontare?

Ho avuto modo di seguire un po’ tuttele vicende di Napoli e Salernitana, anche imomenti più delicati. In particolare la con-quista degli azzurri dei due scudetti e dellacoppa Uefa sono state imprese esaltanti perme. Grande emozione ho vissuto anche perla promozione della Salernitana in serie A afine anni novanta.

La squadra granata ha da poco con-quistato il ritorno in serie cadetta dopo treanni di purgatorio in C. Può il sodalizio delpresidente Lombardi ripercorrere la stessascalata del Napoli?

Il percorso sembra in effetti molto si-mile. Le due squadre hanno dovuto affron-tare il dramma dei tribunali e dei libri conta-bili culminato poi nel fallimento. Dopoalcuni anni bui la Salernitana è tornata nelcalcio che conta e può puntare a breve ancheal ritorno in serie A. Tuttavia le disponibilitàeconomiche di Lombardi sono inferiori ri-spetto a quelle di De Laurentiis e non so se i

granata potranno seguire facilmente le ormedegli azzurri.

Quali sono gli obiettivi a medio ter-mine dei due club?

Il Napoli ha ambizioni europee madeve, a mio parere, affermarsi a livello mon-diale. Il bacino d’utenza e l’importanza dellacittà nel mondo intero fanno sì che la squa-dra di De Laurentiis e Marino debba ambirea un ruolo di spicco nel panorama calcisticoplanetario. Ci sono tifosi partenopei sparsi intutto il pianeta che seguono in tv le gesta de-gli azzurri.

La Salernitana ha potenzialità pale-semente inferiori al Napoli ma con unabuona programmazione può puntare ad af-fermarsi come realtà importante anche nellamassima serie. Chievo, Empoli o Siena sonogli esempi da seguire per i granata che de-vono valorizzare giovani calciatori e magaritogliersi qualche soddisfazione, come già ac-caduto in passato.

La piazza merita di ambire a qual-

cosa di importante, non può solo acconten-tarsi della serie cadetta.

Da sempre Napoli è stata superiore aSalerno, calcisticamente parlando. Eppurec’è stato un periodo in cui la squadra granatacon Aliberti presidente e Delio Rossi comeguida tecnica ha avuto momenti magici in Amentre il Napoli annaspava in B. E’ un qual-cosa di irripetibile?

Credo proprio di sì. Irripetibile comelo è stato lo scudetto conquistato dal Cagliario dal Verona. Irripetibile alla luce dell’attualesolidità societaria del Napoli, che ha dimo-strato in questa stagione aver lavorato concompetenza. Il dg Marino non ha sbagliatoun colpo: i vari Lavezzi, Hamsik, Gargano eSantacroce sono stati acquisti mirati ad unaprogressiva crescita. Reja, grazie alla suaesperienza, ha traghettato gli azzurri verso uncampionato davvero importante e va datoatto all’allenatore goriziano di aver riportatoil Napoli ad alti livelli.

Ciuccio e CavalluccioI due club si raccontano nei simbolidi Fabio Capasso

Due città diverse con un identico passatosportivo. Storie di fallimenti societari e aste per riap-propriarsi di trofei, denominazioni e simboli.

È il 1926 e la neonata Associazione Calcio Na-poli ha un cavallo bianco nello stemma ufficiale.Ma i deludenti risultati suggeriscono ai tifosi di so-stituire il destriero con un asino. Meglio notocome “ò ciucciariello” sarà il simbolo del Calcio aNapoli fino al fallimento del 2004. Due anni dopoil presidente De Laurentiis per celebrare la promo-zione in Serie B riacquista trofei, titoli sportivi, de-nominazione storica del club e il ciuccio.

Il simbolo della Salernitana risale invece aglianni ’50. Dalla mano del maestro Gabriele D’Almanasce un cavalluccio marino. Sarà il simbolo del-la Salerno calcistica fino al 2005, quando per ragio-ni finanziarie la società viene retrocessa in C1 e rifon-data con il nome di Salernitana Calcio 1919. Il sim-bolo cambia. La cosiddetta “palla di pezza” pren-de il posto del cavalluccio. L’ippocampo resta im-brigliato nelle pratiche del fallimento e messo al-l’asta insieme con la storia del club. La tifoseria gra-nata si spacca, c’è chi vuole il vecchio simbolo e chisi accontenta della palla di pezza. Nell’aprile 2008Salerno festeggia il ritorno in Serie B con oltre180mila euro di gadget venduti per l’occassione.L’ippocampo attende ancora di essere liberato.

Un volto della RaiGianfranco Coppola è nato a

Salerno l’8 Settembre 1961. Vanta un’e-sperienza di lungo corso per la cartastampata, ha lavorato tra gli altri pres-so “Tuttosport” e “Il Mattino”, è oracaposervizio della sede Rai di Napoli.Ha seguito come inviato tre Olimpiadie due mondiali di calcio.Giornalista professionista dal 1988 èattualmente vice presidente nazionaledell’ Unione Stampa Sportiva Italiana.

NAPOLI

ANNO FONDAZIONE 1926

CRONISTORIAStagioni in Serie A: 64 Stagioni in Serie B: 13

PALMARESCampionati italiani: 2 (86-87 / 89-90)Coppe Italia: 3 (1961-62; 1975-76; 1986-87)Supercoppe Italiane: 1(1990)Coppe UEFA: 1 (1988-89)

GIOCATORI CELEBRIOmar Sivori, José Altafini,Dino Zoff, Diego Maradona,Gianfranco Zola, Fabio Cannavaro

CURIOSITÀHa sempre indossato lamaglia azzurra. Solo nel2002-2003 in Serie B haindossato una maglia a stri-scie verticali bianco-azzurrein stile Argentina.È l'unica squadra ad avervinto la Coppa Italia militan-do in Serie B (1961/62).

SALERNITANA

ANNO FONDAZIONE 1919

CRONISTORIAStagioni in Serie A: 2 Stagioni in Serie B: 22

PALMARESNessun trofeo

GIOCATORI CELEBRIAgostino Di Bartolomei,Walter Zenga, Mark Iuliano,Marco Di Vaio, David DiMichele, Gennaro Gattuso

CURIOSITÀLa prima gara ufficiale(1919) contro il NoceraInferiore fu sospesa sull' 1-1per ritiro della Salernitana:l’arbitro aveva convalidatouna seconda rete per i locali,realizzata su cross di unospettatore.È stata la prima squadra italiana a far giocare un cal-ciatore turco,Bulent Eken,nel campionato 1950-51.

Ezequiel Lavezzi durante un incontro del Napoli contro la Juventus