In orma - Onaf · 2020. 12. 17. · vento e le rocce con le capre brade che dove mangiassero non si...

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In Langa la prima scuola di pastorizia A Natale si brinda con il formaggio Il formaggio è un signor piatto Pecorino di Atri, accento morbido In f orma ORGANIZZAZIONE NAZIONALE ASSAGGIATORI DI FORMAGGI Magazine di cultura casearia dal mondo dei formaggi 34 DICEMBRE 2020 euro 7 ISSN 2281-5120 Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale -70% NO/CUNEO n° 4 anno 2020 Tutte le strade portano a Trento Tutte le strade portano a Trento

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In Langa la primascuola di pastorizia

A Natale si brindacon il formaggio

Il formaggio è un signor piatto

Pecorino di Atri,accento morbido

Informa

ORGANIZZAZIONE NAZIONALE ASSAGGIATORI DI FORMAGGI

Magazine di cultura casearia

dal mondo dei formaggi

34DICEMBRE 2020

euro 7ISSN 2281-5120

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Tutte le strade portano a TrentoTutte le strade portano a Trento

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di PIER CARLO ADAMIPresidente Onaf

Vogliamo essere propositivi e tenere

vivo l'interesse per il nostro mondo

anche e soprattutto ora, in assenza della nostra proverbiale convivialitàBisogna pazientare

ancora un po',ma torneremo

a incontrarci come solo i soci Onaf

sanno fare: ci aspettano manifestazioni,

escursioni, concorsi Dobbiamo stringerci

tutti assieme:la gioia del Natale

ci accomunain un virtuale e

grande abbraccio

L’EDITORIALE

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za perchè la vera forza dell'Onaf sietevoi, cari soci. Capisco anche che possasubentrare un calo di interesse, perl'assenza dei momenti di incontro,della partecipazione ai corsi e allebelle serate di degustazione. A mag-gior ragione, dobbiamo stringerciforte tutti assieme, e prepararci allaripartenza dopo aver superato questaparentesi di sconforto.

***Mi aspetto in questo senso un inter-vento propositivo e convincente deinostri delegati, i quali sapranno moti-vare nel giusto modo i loro associaticon la prospettiva di essere ancoral'anno prossimo quell'esercito didegustatori entusiasti e competentiche conosciamo.Il formaggio non lo abbandoniamo, lanostra vita si è arricchita con qualcheperla di saggezza, riscoprendo in fami-glia sapori perduti che la fretta avevacancellato. Ci prendiamo ancora unpo’ di tempo, una sorta di allenamentonell'attesa di confrontarci di nuovo.La gioia del Natale ci accomuna in unvirtuale grande abbraccio. Un sinceroaugurio a voi e ai vostri cari. Intantoteniamoci InForma.

Abbiamo bisogno di teNell’ultimo editoriale di

InForma abbiamo pronosti-cato, anzi auspicato, la ripar-

tenza. Non sarà purtroppo così, dob-biamo avere ancora pazienza anche seabbiamo tanta voglia di normalità.Avete il giornale tra le mani per leprossime festività e forse con piùtempo a disposizione per leggerlo, inquesto periodo in cui la pandemiarimane al centro delle nostre preoccu-pazioni. Ma per una volta vogliamo essere pro-positivi e tenere vivo l'interesse per ilnostro mondo anche e soprattuttoora, in assenza della nostra proverbia-le convivialità. Torneremo presto aincontrarci come solo i soci Onafsanno fare: ci aspettano manifestazio-ni, escursioni, concorsi.

***Non sarà il nostro regalo di Natale,dovremo pazientare ancora un po’.D'accordo con il direttore della rivistaabbiamo pensato di inviare InForma atutti gli amici associati dello scorsoanno che per mille motivi non sonorimasti con noi anche per quest'anno.Questo perché abbiamo bisogno di te.Abbiamo bisogno di tutti voi, delvostro sostegno e della vostra vicinan-

Fernando Botero,“Pic-Nic”, olio su tela

• DENOMINAZION

ED’ORIGINEPROTETTA •

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Un bellissimo brandello di organza rosa

Onaf editorevia Castello, 5 - 12060 Grinzane Cavour - CnPubblicazione bimestrale registrata al Tribunale di Albail 3/9/2012 n. 3/12 R. PeriodiciISSN 2281-5120

Direttore responsabile:Elio Ragazzoni

Comitato ScientificoArmando Gambera - Enrico SurraDaniele Bassi - Giuseppe CasoloMichele Faccia - Maria SarnataroGiampaolo Gaiarin - Giuseppe Zeppa Paolo Cortonesi

Redazione: Telefono/Fax 0173 231108 (ore 11/15) Email: [email protected]

Coordinamento editoriale: Fiorenzo Cravetto

Grafica: Genius Srl via Bodoni, 25, 12037 Saluzzo (Cn) by Roberta Baffa - www.graficline.net

Pubblicità: Marco Quasimodo 0173 231108 (ore 11/15)

Stampa: Tipolitografia Graph-Art sncVia Galimberti, 75 - 12030 Manta

A questo numero hanno collaborato: Pier CarloAdami, Sara Albano, Daniele Apruzzese, GabrieleArlotti, Gianni Audisio, Carlo Baccarelli, EttoreBevilacqua, Maria Grazia Brugnara, Valerio Calzolaio,Beppe Casolo, Fiorenzo Cravetto, Luigi Cremona,Gherardo Fabretti, Armando Gambera, Alberto

Gottardi, Francesco Gubert, Gianmario Giuliano,Antonio Lodedo, Corrado Olocco, Gabriella Padova,Pietro Pappalardo, Pierluigi Passaro, MarcoQuasimodo, Elio Ragazzoni, Domenico Raimondo,Giancarlo Russo, Enrico Semprini, Enrico Surra, SaraValentino, Giulia Vallegra, Domenico Villani, LorenzaVitali, l’Azienda Turismo Trento, Monte Bondone eValle dei Laghi e le delegazioni provinciali dell’Onaf.

Copertina: Trento piazza Duomo, foto Franco Trentini

Garanzie di riservatezza per gli abbonatiL’Editore garantisce la massima riservatezza dei datiforniti dagli abbonati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione ai sensi

dell’art. 7 del d. leg. 196/2003 scrivendo a: InForma - Via Castello, 5 - Grinzane Cavour (Cn)

©Tutti i diritti di proprietà letteraria e artistica riservati

InformaMagazine di cultura casearia

Quando anni fa l’Onaf si impegnòin un progetto per la salvaguar-dia del formaggio caprino a

Bolona, nell’isola di San Antao aCapoverde, fu anche organizzato un con-corso caseario. Si tenne in quota, alcolmo del vulcano spento dove vivevanole famiglie dei pastori. Narravano i vec-chi che là un tempo si allevassero cavallie la montagna fosse verde ed ospitale.Quando arrivammo noi c’erano solo ilvento e le rocce con le capre brade chedove mangiassero non si riusciva a capi-re. Giunsero in molti, ciascuno con il suoformaggio da mettere in gara.Camminavano ore per partecipare ad unevento a loro sconosciuto. Avevano lasperanza che quella balzana idea liavrebbe aiutati.

***Una donna mi porse il suo campioneavvolto in un brandello di organza rosa.L’aveva vestito a festa con qualcosa cheper lei era prezioso. Forse ciò che rima-neva di un ornamento matrimoniale o ilvestitino di sua figlia quella volta chescesero in basso a far la prima comunio-ne. Consegnato il formaggio si riprese lostraccetto, lo ripiegò accuratamente e sene andò, dritta come un fuso, dopo aver-mi lanciato uno sguardo carico di orgo-glio. L’organza aveva stinto e la formag-getta che mi rimase in mano risultava diun rosa pallido ed inconsueto. Penai nonpoco a convincere i miei compagni di

di ELIO [email protected]

Siamo un po' tutticome la casaracapoverdianache portò

il suo formaggioal concorsovestendolo

a festaAnche noi

in questo periododobbiamo imparare

a vivere nella caldera del vulcano,

marciando dritti e con l'orgoglio di far bene quello che sappiamo fare

LA GRATTUGIA DEL DIRETTORE

giuria che il colore non era dovuto a per-versi batteri tropicali e non doveva esse-re penalizzante.Perché questo amarcord? Perché vorreiquesto Natale regalare a tutti un pezzo diquella organza stropicciata. Che era sim-bolo di speranza, ricerca della novità edesiderio di crescere.Siamo un po’ come la casara capoverdianain questo periodo: dobbiamo imparare avivere nella caldera del vulcano, marcian-do dritti e con l’orgoglio di far bene quelloche sappiamo fare.

***Esauriti i regali mi preme sottolineare unarticolo di questo numero che è speranzapura: si è aperta in Langa la prima scuolaitaliana di pastorizia. Molti allievi hannogià in mente di diventare allevatori per poiaprire un caseificio. Il formaggio non siferma, riparte dalle origini. E poi gli anima-li felici offriranno prodotti migliori. Largospazio, lo vedrete, è stato riservato alletavole natalizie, quelle che ci farannodimenticare ossessivi decreti e rinnovatepaure ed abbiamo riservato la parte centra-le a come brindare con il formaggio.Ai nostri collaboratori invio l’abbraccio piùsincero della redazione, grazie.Mi si permetta anche di ringraziare tutti ipresidenti di Consorzi Dop che hanno volu-to trasmettere un buon augurio ai lettori diInForma. La famiglia del formaggio èimmensa ed è splendido poter esserne unapiccola scheggia di voce. Buon Natale.

Sommario35Dice Gamberadi Armando Gambera

36-37Le ricette di Fabio Campolidi Sara Albano

39Banon, eleganza dell’alta provenzadi Elio Ragazzoni

40-41Andar per formaggi a Miamidi Giancarlo Russo

42-43Cinquanta sfumature di formaggiodi Gianmario Giuliano

44-45L’abito fa il casarodi Domenico Villani

47Caciottone di Norciadi Carlo Baccarelli

48-49Pecorino di Atrirarità di Abruzzodi Antonio Lodedo

50-51Formaggi di Pugliadi Daniele Apruzzese

52-53La biblioteca del formaggiodi Valerio Calzolaio

54La prima città del formaggio Onafdi Pietro Pappalardo

55Vita Onafdi Marco Quasimodo, Giulia Vallegra

56-59OnafNewsa cura di Beppe Casolo

60Spazio dell’animadi Umberto Casale

61Formaggi in libertàdi Fiorenzo Cravetto

62La vignettadi Gianni Audisio

3L’editorialedi Pier Carlo Adami

5La grattugia del direttoredi Elio Ragazzoni

6-11Trento, crocevia dei formaggi di montagnadi Francesco Gubert, MariagraziaBrugnara

12-13Filosofia Onaf: la scheda descrittivadi Enrico Surra

14-15Intervista con Calabrese:il formaggio è un signor piattodi Sara Valentino

16-17Nuovo marketing per leaziende lattiero-caseariedi Pierluigi Passaro

18-19In Alta Langa la primascuola di pastoriziadi Corrado Olocco

21-23Gli auguri dei Presidentidei Consorzi Dop

24-25Sfida a stelle e strisce: un giurato racconta ilconcorso americanodi Gabriele Arlotti

27Peccati di goladi Luigi Cremona e Lorenza Vitali

28-29Natale OnafCasoncello mattodi Enrico Semprini

30-31Quei Natali di Parmadi Gabriella Padova

32-33Formaggi e vini sullamensa delle festedi Gherardo Fabretti

34Babbo Natale, portamiuna di quelle tomedi Ettore Bevilacqua

Forme, il progetto dedicato alla valorizzazione e promozionenazionale e internazionale dell’intero comparto lattiero-caseario,è giunto quest’anno alla sua quinta edizione. Un evento unico

nel suo genere, in cui il settore scende in campo per affermare la suarilevanza nel contesto culturale ed economico italiano. Il fil rouge di questa edizione è stata la creatività, sulla scia del ricono-scimento, nell’ottobre 2019, di Bergamo come Città Creative Unescoper la Gastronomia, grazie al valore della produzione casearia del suoterritorio. E proprio la creatività è la leva strategica per il rilancio dellespecialità casearie e dei prodotti agroalimentari italiani.Per superare i limiti imposti dalla pandemia, in questa circostanza l’edi-zione di Forme 2020 è stata una tre giorni tutta in digitale, che ha presoil via venerdì 20 novembre, con il summit “Food. Restart fromCreativity” organizzato dal Comune di Bergamo, in cui le tre CittàCreative Unesco per la Gastronomia (Bergamo, Alba e Parma) e alcuneCittà Creative internazionali si sono incontrate “virtualmente” per indivi-duare tutti gli scenari possibili di evoluzione della filiera agroalimentare. Le eccellenze casearie sono state al centro della manifestazione, graziead un fitto programma di eventi virtuali: Creative Cheese Expo, lamostra museale dei formaggi delle Città Creative Unesco e dei grandiDop lombardi, conferenze a tema e-cheese labs. Non è infine mancatol’impegno per il sociale con il progetto “Il formaggio alimenta la ricer-ca”, con una raccolta fondi a supporto dell’Istituto di RicercheFarmacologiche Mario Negri, in prima linea contro il virus.La durata della manifestazione andrà ben oltre la tre-giorni, perché lamostra virtuale sarà comunque consultabile online, e anzi si arricchiràprogressivamente di nuovi contenuti, così come sarà possibile seguirei virtual cheese labs all’interno dell’area dedicata sul sito www.proget-toforme.eu, dove sarà presente anche tutta la documentazione audio-visiva relativa all’evento.

ALLA SCOPERTA DELLE ECCELLENZE CASEARIE DELLE CITTÀ CREATIVE UNESCO

Digitale Forme creative 2020: a Bergamo un’edizione “speciale”

di Alberto Gottardi

• Foto di archivio della precedente edizione di Forme

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PRIMO PIANO

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no alla città e di percorsi diescursionismo urbano.A pochi minuti dalla città diTrento, il Monte Bondoneoffre tantissime opportunitàper chi desidera trascorreredel tempo all’aria aperta insicurezza e tranquillità e per

gli appassionati di attività spor-tive: splendide passeggiate nel

verde, trekking e sentieri escursioni-stici di ogni livello, vie ferrate, percorsi

mountain bike, tante attività per grandi e piccinicome il Parco Avventura Monte Bondone, il tirocon l’arco, giochi all’aria aperta e la possibilità dinoleggiare bici e e-bike. Comodamente raggiungi-bile dalla città di Trento, il Monte Bondone è anchecustode di un ricchissimo patrimonio floristico: a1.500 metri di altitudine si trova infatti il GiardinoBotanico Alpino delle Viote, che vanta più di 1.000specie selvatiche in coltivazione provenienti daimassicci montuosi di tutto il mondo. Il Giardino è parte della rete territoriale del Muse, ilMuseo delle Scienze insieme alla Terrazza delleStelle, il cui grande telescopio da 80 cm di diame-tro permette l’osservazione della volta celeste nellesere d’estate. E proprio in campo scientifico Trentoha molto da dire: il Muse è soltanto uno degli anellidi una catena che parte da una sede universitariaall’avanguardia a livello europeo e da tanti centri diricerca, disseminati nelle colline intorno alla città inmezzo al verde, e rinomati a livello mondiale per glistudi in campo microbiologico, computazionale edell’intelligenza artificiale. A pochi minuti d'auto da Trento si apre la suggesti-va Valle dei Laghi: una decina di incantevoli laghetti

fra vigneti che regalano aromi e sapori unici, stu-pendi borghi e castelli medievali. Non c’è che l’im-barazzo della scelta fra rilassanti passeggiate nellanatura, splendide giornate in riva ai laghi, escursio-ni in bici e in e-bike ma anche, per i più avventuro-si, arrampicate nelle numerose palestre di roccia,sport d’acqua come il wakeboard, il windsurf, lacanoa, la vela e il kayak oppure, per gli esperti, ilbrivido di un’esperienza in deltaplano o parapen-dio. La Valle dei Laghi custodisce inoltre un ricco patri-monio enogastronomico con eccellenze enologi-che conosciute in tutto il mondo come il vinoNosiola e il Trentino Doc Vino Santo, che possonoessere degustate nelle tante cantine che costellanoil territorio. E’ proprio in questi luoghi che si respirala vera tradizione vitivinicola della valle e dove èpossibile scoprire tutti i segreti che i vignaioli si tra-mandano con passione di generazione in genera-zione. Segreti che possono essere scoperti anchevisitando la nuovissima Casa Caveau Vino Santo,un luogo esperienziale e suggestivo, dove cono-scere tutto sul Vino Santo attraverso voci, suoni,immagini, profumi e gusto.Trento è anche la patria delle bollicine italianemetodo classico, perché qui ai primi delNovecento iniziò l’avventura di Giulio Ferrari, ilcapostipite di una delle più celebri maisond’Europa: la Ferrari Spumanti. Oggi le bollicine dicasa Ferrari fanno parte della famiglia del Trentodoc, il metodo classico di montagna, che può esseredegustato nelle cantine aderenti al marchio che cir-condano la città o a Palazzo Roccabruna, sededell’Enoteca provinciale del Trentino.

*a cura dell’Azienda per il Turismo Trento, Monte Bondone e Valle dei Laghi

Nella tradizione popolare delle valli del Trentino, il formaggio harappresentato da sempre uno degli alimenti più importanti enutrienti della dieta rurale. Certo, nemmeno il formaggio

abbondava nelle povere case dei contadini ma tutti ne avevano a dispo-sizione, chi più chi meno. Vuoi grazie a una vacca o a un paio di capretenute in stalla, vuoi perché a fine estate qualche forma di nostrano dimalga entrava nelle cantine di ogni piccolo allevatore.L’utilizzo più comune del formaggio era sicuramente quello diaccompagnamento alla polenta. Ancora oggi, nel linguaggiopopolare, quando un formaggio è particolarmente inten-so o saporito o molto piccante, lo si definisce “formàida polenta”, formaggio da accompagnare alla polentaper l’appunto. Polenta e formaggio era anche il tipicopiatto freddo da potersi portare in campagna, damangiare alla svelta durante la fienagione o i lavori diraccolta. L’esempio più lampante è forse quello delPuzzone di Moena Dop, chiamato in lingua ladinaSpretzTzaorì (formaggio saporito), che grazie alla tecni-ca della crosta lavata guadagnava velocemente intensitàgustativa e poteva insaporire al meglio, già in piccole quanti-tà, le magre polente degli allevatori di montagna.Anche nella Valsugana e nel Primiero l’abbinamento polenta-formaggioera di uso comune. Qui veniva – e viene tutt’oggi - prodotto un formag-gio chiamato Tosèla, ottenuto dalla coagulazione di latte vaccino appenamunto senza ulteriore riscaldamento della cagliata (pasta cruda). Questoformaggio, che un tempo era molto ricco di carica batterica per le con-dizioni igieniche di mungitura e lavorazione, veniva consumato subito

cuocendolo nel burro e accompagnandolo alla polenta calda. Quandonon era disponibile la Tosèla, si arrostiva una fetta di nostrano giovane(formài rostì) o si cuocevano nel burro formaggi di diverse stagionaturea formare una specie di fonduta (formàifrìt).Sull’altro versante della provincia, in particolare nella Valle del Chiese, ilformaggio diventava invece ingrediente di una polenta detta “carbonèra”o “macafàna”, in una sorta di piatto unico molto energetico e di prontoconsumo. Alla farina di mais, infatti, veniva aggiunto durante la cottura ilburro, il nostrano magro – che era spesso duro e doveva essere ammor-

bidito – e in alcune ricette anche della verdura o della lucanicafresca. Ecco dunque che il formaggio fungeva da vero e pro-

prio condimento per la polenta.Ma nella cucina tipica trentina, fatta di tante zuppe eminestre, il formaggio vecchio veniva impiegato anchecome insaporitore, grattugiandolo o scagliandolosopra le pietanze. Si preferivano i formaggi duri, sta-gionati, forse anche un po’ piccanti, come potevanoessere il Vezzena o i suoi nostrani “omologhi” dellediverse vallate. Nella cucina del recupero e del riuso il

formaggio poteva fare capolino anche in qualche cane-derlo o gnocco di patate, mentre le croste, spesso molto

tenaci, venivano tritate e messe sotto grappa assieme alpepe per essere ammorbidite, creando così una sorta di crema al

formaggio dal nome “formàimìz” (formaggio ubriaco), oggi quasi deltutto dimenticato.Più moderni di certo alcuni piatti come gli gnocchi al Puzzone di MoenaDop, i ravioli ripieni al Fontal o il risotto mantecato al Casolèt della Val diSole. Certo è che il formaggio era e rimane l’ingrediente perfetto dellacucina tradizionale del Trentino.

Un VIAGGIO fra ARTE,NATURA e GUSTO

Il formaggio ingrediente perfettonella cucina tradizionale del Trentino

di Francesco Gubert e Mariagrazia Brugnara

C ittà alpina per eccellenza, Trento vantauna storia millenaria, fatta di tradizionemitteleuropea e cultura italiana, le cui

testimonianze sono perfettamente custodite,epoca dopo epoca, nei siti archeologici e neimusei d’eccellenza che la città ospita. Tra questi ilMuse, il Museo delle Scienze, il Castello delBuonconsiglio, la Tridentum romana sotterranea,il Museo Diocesano Tridentino, le Gallerie diPiedicastello, il Museo dell’aeronautica GiovanniCaproni e molti altri.L’evento che più di tutti rappresentò un punto disvolta nella storia della città fu il Concilio (1545-1563): ancor oggi l’aspetto urbanistico di Trento èquello che fu impresso alla città dagli interventiedilizi approntati per accogliere i convenuti ad unadelle più importanti assise della storia della Chiesa:dignitari, ambasciatori, principi ecclesiasticicon tutti i loro entourage si riunirono aTrento a metà del Cinquecento,per ridefinire i sacri crismidell’ortodossia cattolica difronte allo scisma protestan-te innescato dalla predica-zione di Martin Lutero.Ancor oggi i palazzi più bellidella città, oggetto di ammi-razione e stupore per miglia-ia di turisti ogni anno, sonol’esito di quella stagione, ilmomento in cui Trento per laprima volta salì alla ribalta delle crona-che internazionali e svolse un ruolo fonda-mentale nel decidere il destino dell’Europa intera.Grazie a quell’evento Trento divenne da allora unodei principali centri del dialogo interreligioso alivello mondiale.Ma la città non è solo la location ideale per chivuole soddisfare i propri interessi culturali o difede, è anche il punto di partenza perfetto per chiva alla ricerca di una gita in un ambiente naturaleancora pieno di sorprese o di un’entusiasmanteesperienza tra sport, passeggiate ed attività all’ariaaperta. Per chi desidera trascorrere una piacevolegiornata in tranquillità o con la famiglia, non si puòperdere l’occasione di una dolce pedalata sullapista ciclabile lungo il fiume Adige tra frutteti,vigneti e bellissime montagne. I cicloamatori e iprofessionisti della bike possono vivere l’emozio-ne di percorrere la mitica Salita Charly Gaul daTrento al Monte Bondone o mettersi alla provalungo i tracciati della celebre granfondo laLeggendaria Charly Gaul, fra Trento, il MonteBondone e la Valle dei Laghi. Infine, gli amanti delle camminate possono conta-re su ben 50 chilometri di sentieri nei boschi intor-

TrentoTrento

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PRIMO PIANO

gionature, impiegato come formaggio da grattugia su zuppe e canederli e, aquanto ci raccontano le cronache, uno dei formaggi preferiti dall’ImperatoreFrancesco Giuseppe d’Austria. Un prodotto che si distingue per il suo saporedolce-sapido, con le caratteristiche note di burro fuso, fieno e frutta secca euna lieve piccantezza che aumenta con l’avanzare della stagionatura.Più ad ovest, nelle valli limitrofe al Bresciano, vengono prodotti invece deinostrani più magri, da latte scremato per affioramento su entrambe le munte,sia quella della mattina che quella della sera. Un latte “spremuto” del suo gras-so, che dà vita a formaggi tradizionali come la Spressa delle Giudicarie Dop,un nostrano delicato dalle piacevoli note di burro sciolto e fieno di montagna.La stagionatura minima prevista dal Disciplinare è di 3 mesi, ma il formaggiopuò stagionare anche fino a 12-24 mesi, quando manifesta al meglio il propriopotenziale organolettico. Oggi la produzione avviene nei soli mesi invernali econ latte da fieno, poiché in estate gli animali vengono portati in malga. Non acaso è originaria di questi territori anche la vacca Rendena, razza autoctonamolto rustica adatta al pascolamento sui ripidi versanti delle Valli Giudicarie.

Nelle Valli di Fiemme, Fassa e Primiero, ai piedidelle Dolomiti Patrimonio Unesco, la tecnologiadel nostrano si contamina con quella dei formag-gi a crosta lavata, dando vita a prodotti caratteri-stici e molto intensi, usati tradizionalmente perinsaporire la cucina povera dei contadini di mon-tagna. È questa la patria del Puzzone di MoenaDop, formaggio grasso a latte crudo e a crostalavata che, dopo soli 90 giorni di stagionatura, sifa apprezzare con il suo bouquet aromatico com-plesso e deciso. Sono tipiche le note di burro fre-sco, erba fermentata, verdura cotta e ammoniaca,con una gradevole pungenza al naso che ricordale umide cantine di stagionatura. Si dice che unaforma di Puzzone venga girata e bagnata manual-mente almeno 15 volte prima di arrivare sui nostripiatti, e che ogni caseificio produttore abbia lapropria “formula magica” nel comporre il liquidodi bagnatura.Ma il Trentino non è solo terra di nostrani.

Esistono alcune produzioni tradizionali legate alla caseificazione contadina, untempo realizzata in fondovalle o nei masi di mezza montagna con il poco lattea disposizione. Ricordiamo ad esempio la Tosèla di Primiero e il Casolèt dellaVal di Sole, formaggi a latte intero e a pasta cruda destinati al consumo imme-diato o tutt’al più a una breve stagionatura. O i formaggi caprini, appannaggiodelle famiglie più povere, che possiamo ancora trovare in alcune vallate comela Val di Fiemme (caprino di Cavalese) e la Valsugana. E poi, ultimo ma non per importanza, il Trentingrana Dop, il Grana Padanodella montagna. Arrivato in Trentino nel 1926 grazie all’incontro tra un casarodella val di Non con una ragazza di Mantova, il Trentingrana viene prodottooggi nei quindici caseifici sociali trentini con latte da fieno e senza l’impiego dilisozima. Un formaggio che lascia le cantine di stagionatura dopo almeno 16

mesi di maturazione e che sa regalaregrande dolcezza con note di panna,burro fuso, fiori di montagna.Insomma, tutte le strade portano aTrento ma ciascuna strada porta in unavalle diversa. Sceglietene una e lasciate-vi guidare dal profumo del formaggio.Troverete una specialità da gustare perogni strada che seguirete.

La polenta macafanascacciava la fame

I n Trentino, tutte le strade portano a Trento. Questa città di montagna,incastonata tra le Dolomiti e il lago di Garda, è da sempre il centro degliaffari e degli scambi per le vallate limitrofe. Curiosamente, anche in mate-

ria di formaggio. Sì, perché già nel Medioevo, all’inizio del periodo diQuaresima, i produttori di formaggio delle valli si davano appuntamento in cittàper vendere i loro prodotti caseari, gelosamente custoditi nelle cantine deimasi di montagna. Proprio durante la Quaresima, infatti, esisteva l’obbligo diastenersi dal macellare e mangiare carne, e la gente di città aveva bisogno dirifornirsi di formaggi per i giorni “di magro”. Nasceva così la “Casolara”, tradizionale fiera dei formaggi di montagna che

ancora oggi si svolge durante il mese di marzo nella città di Trento.Ma quali sono i formaggi che caratterizzano questi territori? I più antichi sonodi certo i formaggi d’alpeggio, chiamati “nostrani di malga”, prodotti nei mesiestivi sui pascoli di alta quota. In Trentino, la cultura dell’alpeggio era storica-mente molto diffusa: ogni paese, perfino ogni frazione, aveva la sua malga.Qui, nei brevi mesi estivi, gli allevatori monticavano le loro vacche da latte perprodurre burro, ricotta e formaggio. Una cultura ancora viva, che vanta oggioltre 100 malghe attive nella trasformazione del latte in formaggi nostrani. Sitratta di formaggi semigrassi a pasta semicotta, del peso di 7-10 kg, prodottida latte bovino crudo con l’aggiunta di caglio di vitello, secondo una lavorazio-ne tutta manuale che avviene tuttora in grandi paioli di rame riscaldati con ilfuoco a legna. Al taglio della cagliata, della dimensione di un chicco di mais,segue la semi-cottura tra i 43 e i 46 gradi e la messain forma nelle fascere di legno con le tele di lino. Dopoun passaggio sotto torchio, le forme vengono salate insalamoia per 2-3 giorni e poi mese a stagionare incantine naturali sulle assi di legno. La stagionatura può durare dai pochi mesi fino a piùanni, quando i formaggi esprimono al meglio le lorocaratteristiche di tipicità, con note lattiche evolute diburro fuso, vegetali di erba fresca e animali di vacca ebrodo di carne.E proprio i nostrani di malga sono i capostipiti dei prin-cipali formaggi del Trentino, la cui tecnologia di produ-zione rispecchia le tradizioni specifiche delle singolevallate. Sugli Altipiani Cimbri, a confine con il territoriodi Asiago, trova la sua culla il Vezzena, antico formag-gio semigrasso a pasta dura destinato alle lunghe sta-

di Francesco Gubert

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Farina, cicoria e grattugiatoIngredienti per 4 persone• 1 chilo di farina gialla di Storo • 1 chilo e mezzo di cicoria di campo• 1 cipolla• 2 etti di burro• 2 etti di Spressa delle Giudicarie Dop fresca• 6 etti di Spressa delle Giudicarie Dop stagionata• 3 etti di formaggio grattugiato Trentingrana Dop• sale e pepe

PreparazioneMettete a bollire in una grossa pentola l’acqua salata. Quando avrà raggiunto l’ebol-lizione versate la cicoria, preventivamente pulita, lavata e tagliata a listerelle abba-stanza grosse e fate cuocere per qualche minuto (massimo cinque).Immediatamente setacciate la farina e proseguite la cottura della polenta per almenouna mezz’ora. Ora versate nel paiolo tutto il formaggio Spressa (fresco e stagionato)che avrete appositamente tagliato a cubettini, mescolando ancora, (almeno dieciminuti) finché il formaggio si fonda con la polenta. A parte preparate un soffritto conburro e cipolla tagliata, facendola dorare, quasi “scomparire”. Prima che il soffrittosia pronto, scodellate la polenta sul tagliere e con un cucchiaio distribuitela a boc-coni in una zuppiera, cospargendo di formaggio grattugiato e pepe. Alla fine di tuttoquesto versate il soffritto, caldissimo, sulla polenta e servite in tavola.

La foto dei formaggi sono del Caseificio Sociale Predazzo e Moena

D al Sussidiario di cucina trentina ecco una ricetta proposta da MariaGirardini di Cimego (Valle del Chiese). Gialla come l’oro, gustosa etanto nutriente, da accompagnare con i tanti prodotti della monta-

gna: in Trentino la polenta ha nutrito generazioni e generazioni di contadini,tanto che ogni zona ha la sua ricetta tipica. Oltre alla polenta classica, infatti, sipuò gustare anche la polenta carbonera, la polenta cucia, la polenta di patateo appunto la polenta macafana.Macafana, letteralmente, significa “scaccia-fame”, merito delle abbondantidosi di formaggio e burro che la condiscono. Il suo ingrediente segreto è infat-ti la Spressa delle Giudicarie Dop, un formaggio vaccino a pasta semidura pro-dotto nella zona sud-orientale del Trentino che tradizionalmente era moltomagro e duro, e che doveva essere “ammorbito” nella polenta con adeguateaggiunte di burro. Un piatto unico della cultura contadina che rende onoreanche alla farina, l’oro giallo di quelle zone. In particolare, nella Valle delChiese viene coltivata ancora oggi una varietà di mais autoctono, detto il maisdi Storo, che è stato recuperato da una cooperativa di produttori su tutta lafiliera, dalla produzione delle pannocchie alla macinatura fino alla commercia-lizzazione.La ricetta che proponiamo viene da Cimego, una minuscola comunità dellaValle del Chiese, ed è stata trascritta dalla signora Maria Girardini nelSussidiario di cucina trentina, curato da Nereo Pederzolli. Una preparazioneche si tramanda da secoli, probabilmente da quando ancora non era diffusa lacoltivazione del mais granoturco (ogni prodotto “forestiero” che giungeva viamare nel Medioevo era chiamato “turco”) e le polente si facevano con altriingredienti come il miglio, il frumento o il farro.

CROCEVIAdei FORMAGGIdi montagna

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PRIMO PIANO

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Palazzo RoccabrunaEnoteca Provinciale del TrentinoPalazzo Roccabruna è una dimora rinascimentale nel cuore della città, risa-lente all’epoca del Concilio di Trento (1545-1563), che la Camera diCommercio di Trento ha dedicato alla valorizzazione del territorio e dei suoiprodotti eno-gastronomici. Dal settembre 2007 il Palazzo è sededell’Enoteca Provinciale del Trentino: nelle sue sale, aperte al pubblico perdegustazioni da giovedì a sabato con orario 17-22, è possibile ammirareuna splendida collezione storica di oltre 600 etichette trentine dagli anniQuaranta agli anni Ottanta, che raccontano la storia del vino in provincia diTrento.Accompagnati da personale esperto, avrete la possibilità di scoprire i profu-mi e i sapori dei vini trentini più rappresentativi (TrentoDoc, Nosiola,

Marzemino, Teroldego, VinoSanto) e dei prodotti agro-alimentari tradizionali. Traquesti spiccano i salumi, iformaggi Dop e i formaggi dialpeggio a marchio"Trentino di malga", raccoltisulle malghe di tutto il terri-torio della Provincia e stagio-nati proprio nelle cantine delPalazzo. Un'attenzione parti-colare viene dedicata al temadella montagna "coltivata" ealle sue espressioni agro-ali-mentari quale presidio per lasalvaguardia del territorio e

baluardo contro lo spopolamento. Palazzo Roccabruna è anche la sede delleiniziative formative sul mondo del latte e dei formaggi promosse daAccademia d’Impresa.

Trento, in via Santa Trinità, 24, alle spalle di Piazza Duomodal giovedì al sabato dalle 17 alle 22; tel. 0461.887101Tel. 0461.887101; dal lunedì al venerdì: 8.30-12.30 / 14-16;www.palazzoroccabruna.it - [email protected]

Ristorante Scrigno del DuomoIl Ristorante Scrigno del Duomo, oltre ad essere uno dei ristoranti più esclusividi Trento, è anche un luogo di grande fascino, situato nel cuore del capoluogotrentino. Il panorama che si gode è quello di un’ambientazione suggestiva,davanti alla fontana del Nettuno e alla Cattedrale del Duomo. Il servizio gentileed attento, unito ad una cucina superlativa, lo rende un punto di riferimento pertutti gli amanti della ricercatezza gastronomica, da vivere in una situazione inti-ma ed accogliente.La selezione degli ingredienti a km zero è sempre molto attenta e si inseriscenella proposta di un menu gourmet tipico dei migliori ristoranti, dagli antipastial dessert. L’obiettivo è quello di rivisitare i piatti legati alla tradizione trentina inchiave moderna, grazie alla fantasia innovativa dello chef. All’interno del menùviene data ottima visibilità alla proposta formaggi, dai prodotti tradizionali delterritorio trentino a produzioni italiane di nicchia, serviti con le mostarde di pro-pria produzione. La carta dei vini offre più di 450 etichette e una lista vini al bic-chiere molto ampia.

Piazza Duomo, 29 - Trento Tel. 0461.220030 - Fax 0461.235289Aperto tutti i giorni dalle 11 alle 14.30 e dalle 18 alle 23 (nei prefestivi23.30)[email protected] - www.scrignodelduomo.com

Osteria a “Le Due Spade”L’Osteria a “Le Due Spade” nasce a Trento nell’anno del Concilio per accoglie-re conciliari, pellegrini, notabili e viandanti. Oggi, dopo quasi cinque secoli, è lafamiglia Peterlana con Massimiliano a guidarne le sorti. Considerata tra i miglioriristoranti della città, propone una cucina tipica e al tempo stesso innovativa. Ilmenù alla carta offre una cucina del territorio rivisitata in modo creativo, dovele stagioni ne regolano i sapori. Lo chef Federico Parolari con il suo staff pro-pone, tra l’altro, un menù degustazione del territorio e diversi piatti in cui pos-siamo incontrare i formaggi caratteristici del Trentino come il Vezzena, ilPuzzone di Moena Dop e un formaggio misto vaccino/caprino denominato“50/50”. Nel periodo autunno inverno è disponibile anche il carrello dei for-maggi, con una selezione di prodotti di eccellenza del Trentino.Entrando, ci si trova subito avvolti da una piccola stube in legno di cirmolobiondo, originario del ‘700, con otto tavoli elegantemente preparati ed unastufa antica in maiolica verde della Val di Non. Un soffitto in volta a botte del‘500 completa l’atmosfera creando un ambiente dal fascino senza tempo. Neimesi estivi, a due passi dalla magnifica Piazza Duomo di Trento, c’è la possibilitàdi mangiare all’esterno in un elegante dehors.

Via Don Arcangelo Rizzi, 11 - [email protected] - www.leduespade.com - Tel. 0461.234343

Gastronomia e ristorante “Dal Marcante 1758”La gastronomia e ristorante “Dal Marcante – 1758”, situata a due passi dalMuseo delle Scienze di Trento, offre una selezione di oltre 50 formaggidell’Arco Alpino, sia caprini che vaccini, con un’attenzione particolare aiprodotti delle Dolomiti. Paolo Melchiori, titolare e stagionatore di formaggi,propone una serie ditaglieri da degustarenel ristorante o sotto ilportico antistante labottega. Tra questi possiamocitare le selezioni “DiMalga in Malga”, unpercorso itinerante frale migliori produzionidi alpeggio delTrentino, “La ScopertaVaccina & Caprina”, unprimo avvicinamento aiformaggi di montagnacon prodotti a brevestagionatura, e, per iveri estimatori, il “30 &Lode”, composto di formaggi molto stagionati con punte di 6, 8 e addirittura12 anni. I taglieri possono essere abbinati con i migliori vini trentini, siabianchi che rossi che prodotti con il metodo classico TrentoDoc, oppurecon birre artigianali del territorio. Oltre ai formaggi, dal Marcante si possonotrovare anche salumi e piatti caldi della tradizione alpina. Dopo il pranzo ola cena, c’è la possibilità di acquistare i prodotti direttamente in bottega.Dal Marcante 1758 srl - Viale Adriano Olivetti, 6-8 - TrentoTel. 0461.038012 - [email protected] seguici su Facebook e instagram.

Supermercati Poliun assortimento vocato al territorio Nei negozi della catena Poli figurano in assortimento circa 250 prodotti. Ampiospazio viene dato ai formaggi del Trentino: si va dai grandi classici, tra cuiTrentingrana Dop, Puzzone di Moena Dop, Nostrano Trento, Spressa delleGiudicarie Dop a quelli più caratteristici e di nicchia. Due formaggi trentini, ilCasolet a latte crudo di Mezzana e il Vezzena di Malga del Caseificio Altipianidel Vezzena, si fregiano del marchio Presidio Slow Food. Tra i caprini, sonomolto apprezzati il Fiocco di Capra, il Caprino rustico di Cavalese e la Caciottadi capra dell’azienda agricola Mora, una piccola realtà della Val di Ledro. Infine,da settembre a dicembre, è possibile gustare una fornita selezione di formaggidi malga, come il formaggio Malghe Val Rendena, il Puzzone di Moena Dop diMalga o il caprino Val di Sole di malga.Da poco è uscito “Il Gusto Contadino”, marchio esclusivo per promuovere pro-dotti dalla forte impronta artigianale e legata al mondo rurale. All’interno dellagamma, in partnership con Gruppo Formaggi del Trentino e Casearia MontiTrentini, sono in vendita 3 formaggi: “Frescadolce”, fresco dalle sensazionigustative che vanno dall’acido al dolce con sentori lattei ed erbacei; “Lagorai”e “Più Sapore”, dal gusto sapido e deciso e prodotto con latte crudo. A breveverrà introdotto anche un formaggio misto capra (65% vaccino e 35% caprino)prodotto esclusivamente con latti provenienti dalla val di Sole.

Iperpoli TrentoVia Gemma De Gresti, 5 - TrentoTel. 0461.402074 - www.gruppopoli.it

IL FORMAGGIO ALL’O MBRA DEL NETTUNOLa statua del Nettuno

in piazza Duomo a Trentofoto Franco Trentini

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FILOSOFIA ONAF

A unire tutti i soci Onaf, è il glossario,ovvero la cosiddetta Terminologiadell’Assaggiatore di formaggi, diventa-

to un simbolo dell’Associazione.La scheda descrittiva dell’Onaf rappresenta unostrumento fondamentale in tutte le attività. È nata neiprimi anni 2000 quando da più parti emergeva l'esi-genza di doversi sganciare da una valutazione delformaggio che fino a quel momento era asciutta,spuria e veniva lasciata esclusivamente ai numeri.In effetti nei primi 10 anni di attività dell'associazio-ne, la sola scheda utilizzata era la scheda valutativaa punti a suo tempo elaborata (all’inizio degli AnniNovanta) dalla prima commissione tecnico scienti-fica dell’Onaf.Ovviamente non è mai stata messa in discussionela bontà della scheda a punti; essa viene utilizzataancora oggi. Si illustra e si impiega la scheda valu-tativa nei corsi di secondo livello ma essa svolge ilsuo vero ruolo nei concorsi caseari, dove è neces-sario creare delle classifiche con numeri. Più voltevari attori hanno cercato di migliorarla ma ogni ten-tativo è sempre risultato vano, a conferma dellavalidità dello strumento e del lavoro fatto dai cosid-detti “pionieri dell'Onaf”.

Nuove esigenzeDopo 10 anni, l'organizzazione era cresciuta el'obiettivo stava diventando più ambizioso: si tratta-va di transitare verso una descrizione del formaggiolegata alle parole che potessero meglio spiegarlonella sua complessità. Le esigenze erano cambiate:le manifestazioni legate al formaggio si stavanomoltiplicando, l'interesse cresceva ed era necessa-rio formare degli assaggiatori che sapessero parlarebene di formaggio, diventare quindi dei comunica-tori e degli ambasciatori.Un'esigenza mica da poco! Si trattava di crescererispettando regole scientifiche ma pur sempre ope-rando in una attività di assaggio, ovvero in piacevolimomenti di condivisione e di divulgazione.L'allora commissione tecnico scientifica dell'Onaf,guidata da Vincenzo Bozzetti con il supporto diMario Zannoni e Bruno Morara, fece un nuovolavoro egregio creando uno strumento in grado dirispondere a più esigenze.- Il consolidamento della formazione degli assag-

giatori per passare da una semplice valutazionenumerica alla scelta di termini in grado di rap-presentare fedelmente una caratteristica senso-riale. E’ stata una svolta epocale che ha consen-tito a tutti di parlare un linguaggio condiviso;

- l’introduzione di un lessico rigoroso ed univoco:necessario per evitare sovrapposizioni di con-

La scheda desc rittivaUno strumento fondamentalemesso a punto dopo il primodecennio all'insegna della

sola “scheda a punti” inventatadai pionieri Onaf. Perchè dopo

aver riconosciuto il gusto di un formaggio, bisogna anche saperlo descrivere

e soprattutto comunicare agli altri

di Enrico Surra

cetti o di ripetizioni e per eliminare l’uso di ter-mini desueti o poco facili da spiegare;

- la necessità di raccordarsi con gli sviluppi dellascienza di Analisi Sensoriale che era in grado difornire della terminologia appropriata;

- l’introduzione di una sequenza di assaggio pre-cisa nella quale per alcune caratteristiche simisura anche l’intensità della sensazione perce-pita.

Nacque quindi la scheda descrittiva per l'assaggiodei formaggi. Cronologicamente scheda e glossariosono nati insieme ma successivamente il glossarioè stato rivisto e riadattato dalle varie commissionitecnico scientifiche che si sono succedute, fino afarlo diventare parte integrante del cosiddetto“Metodo di assaggio dei formaggi”.Dal momento in cui sono stati creati scheda e glos-sario, per l'Onaf si è aperta una strada nuova: idocenti man mano si sono allineati ed hanno com-preso la bontà del Metodo. Questo perché i terminiin esso contenuti sono stati cooptati dall'AnalisiSensoriale e presentano un rigore scientifico, abbi-nato ad una visione più divulgativa necessaria percomunicare al grande pubblico oppure a coloroche non operano nel settore.

Come va compilataLa scheda descrittiva è uno strumento che presen-ta delle caselle vuote da riempire con dei terminiche devono riportare fedelmente le caratteristichedel campione che viene assaggiato.Abbiamo detto che per compilare bene una schedadescrittiva è necessario che l’assaggiatore abbiapadronanza di un lessico appropriato. Lo strumen-to di cui l’assaggiatore dispone è la cosiddetta

“Terminologia dell'assaggiatore dei formaggi”.E’ importante sapere e rendersi conto che la sche-da descrittiva presenta una scansione di tutti idiversi momenti che compongono la sequenza del-l'assaggio: il glossario segue questi momenti ed èproprio stato creato allineato con la scheda perseguire passo a passo ogni caratteristica richiestadalla scheda stessa.La sequenza parte dall'aspetto esterno (la forma, lefacce, lo scalzo, la superficie), per proseguire conl'aspetto interno della pasta (il colore, il sottocrosta,l’occhiatura e la struttura), per chiudere con l'esa-me olfattivo gustativo e tattile (odori, sapori, aromi,sensazioni trigeminali, struttura e persistenza inbocca).Questa sequenza è necessario che venga interioriz-zata dall’assaggiatore perchè lo deve sempre guida-re durante le operazioni di assaggio. E’ fondamen-tale che chi assaggia sia sempre a conoscenza dalmomento in cui si trova senza perdere la concen-trazione, pena la dimenticanza di alcuni termini utilialla descrizione del formaggio.La funzione del glossario ovviamente è quella diagevolare la descrizione e suggerire i termini piùappropriati. Negli anni è stato migliorato, rivisto,integrato e decurtato di termini, sempre con loscopo di agevolare l’assaggiatore al quale vieneconsentito di consultarlo.Per questo motivo gli assaggiatori devono prestareattenzione alla compilazione della scheda descritti-va perché è necessario essere precisi per metterenero su bianco le sensazioni che vengono percepi-te mentre si assaggia un campione di formaggio. Laconcentrazione è quindi doverosa e necessaria.

Al primo livelloE’ fondamentale che l’assaggiatore dapprima imparia parlare di formaggio: cosa c'è di più bello se dueassaggiatori provenienti da zone diverse si incontra-no in una commissione e si ritrovano a descrivere iformaggi utilizzando le stesse parole? Si crea imme-diatamente una complicità che è rafforzata dallasicurezza per entrambi di parlare la stessa lingua etutto questo potrà tradursi in futuri rapporti profes-sionali duraturi e anche sfociare in bei rapporti diamicizia.Altro aspetto importante della compilazione dellascheda descrittiva al corso di primo livello è quellodi creare una competenza da vero assaggiatore. Perl'Onaf l’assaggiatore è colui che sa parlare di for-maggio e che sostiene le proprie convinzioni relati-vamente ai formaggi assaggiati.Aspetto imprescindibile perché tra gli obiettividell'Associazione vi è da sempre il riconoscimentodel gusto come fattore di qualità ma dopo averloriconosciuto, bisogna anche saperlo descrivere esoprattutto comunicare agli altri.

Non in ultimo vi è la possibilità descrivere dei profilisensoriali dei formaggi partendo dalla semplice“messa in prosa” dei termini individuati e riportatisulla scheda. Si tratta in questo caso di comunica-zione scritta. Dall’elaborazione della scheda vengo-no fuori delle descrizioni semplici ma rigorose chepossono essere utilizzate anche a fini divulgativi oper la stesura di materiale pubblicitario, aspetto,quest'ultimo, innovativo e da non sottovalutare.

La figura dell’assaggiatoreIn questo contesto è pur sempre vero che l’as-saggiatore è bravo a compilare la scheda quanto

più è motivato, curioso ed è in grado di ricono-scere caratteristiche e sensazioni (visive, olfatti-ve, gustative, tattili). La terminologia suggerisce e fa ricordare deitermini, ma se non interviene la capacità checiascuno ha di riconoscere, di rielaborare e diinteriorizzare, l’assaggio rimane un eserciziofine a se stesso. Scheda e glossario sono duestrumenti utili ed importanti che hanno fattocrescere l’Onaf, ma gli assaggiatori sono l’animadell’associazione. Tutta la bellezza del confrontosensoriale è figlia del piacere di degustare.

3 – Esame olfattivo del formaggio

4 – Esame gustativo del formaggio

5 – Sensazioni finali

ODORI E AROMIOdori: sensazioni percepite per via diretta attraverso l’inspirazionedell’aria dal naso.

Aromi: sensazioni percepite per via retronasale attraverso l’espirazionedell’aria dal naso durante e dopo la masticazione.

• Intensità: bassa, medio bassa, media, medio elevata, elevata.

DescrittoriLattico: Lattico fresco: latte fresco, cagliata fresca,

panna fresca, burro frescoLattico cotto: burro fuso, burro cotto, latte bollitoLattico acido: latte acido, yogurt, cagliata acida,

siero di latte acidoCrosta di formaggio: crosta di …………

Vegetale: Erba: erba tagliata, fieno, paglia,erbe aromatiche

Erba fermentata: erba fermentata, fieno fermentatoVerdura lessa: patata, cavolfiore, sedano, piselli,

brodo vegetaleAgliacee: aglio, cipollaFunghi: funghi freschi, sottobosco, tartufiLegno: humus, trucioli di legno

Floreale: Miele: miele unifloraliFiori: rosa, violetta

Fruttato: Frutta secca: nocciola, noce, castagna, mandorlaAgrumi: arancia, limone, pompelmoFrutti esotici: banana, ananasDrupacee/pomacee: albicocca, mela, peraFrutta trasformata: frutta essiccata, frutta fermentataOlio: olio di oliva

Tostato: Tostato leggero: brioche, pane, vanigliaTostato medio: caramella mouTostato forte e torrefatto: caramello, cipolla al forno,

cioccolato amaro, caffè, cicoriaFrutta secca tostata: nocciola, arachide, mandorlaTostato molto forte: affumicato, bruciato

Animale: Animale Vacca, pecora, capra, bufalaStalla / mandria: stalla di vacche, cuoio, sudoreCarne: brodo di carnePellette / caglio: pellette di vitelloLetame: letame bovino

Speziato: Speziato riscaldante: pepeSpeziato rinfrescante: mentaSpezie: noce moscata, chiodi di garofano

Altro: (fanno riferimento alla tecnologia di produzione e afermentazioni dovute al latte di partenza).lievito, acido propionico, acido butirrico, alcol etilico,rancido, salame, pesce sotto sale, ammoniaca o ammoniacale,acido acetico o aceto, agro, sulfureo, sapone, ammuffito,putrido, gomma, insilato.

SAPORI• Dolce• Acido• Salato• Amaro

• Intensità: bassa, medio bassa, media, medio elevata, elevata.

AROMI(vedi esame olfattivo)

SENSAZIONI TRIGEMINALI• Astringente (caco acerbo, carciofo, tannino)• Piccante (pepe, peperoncino)• Pungente (ammoniaca, aceto, senape)• Rinfrescante (mentolo)• Bruciante (alcol)• Metallico (ferroso, sangue)

• Intensità: bassa, medio bassa, media, medio elevata, elevata.

STRUTTURA• Dura (resistenza alla masticazione, carota cruda)• Friabile (tendenza a rompersi in frammenti; crakers, wafers)• Adesiva (sforzo della lingua per staccare il formaggio dal palatoe dai denti; caramella mou)

• Solubile (fusione rapida nella saliva; meringa)• Granulosa (percezione di granuli compatti; pera matura)• Umida (alto contenuto di liquidi; albume di uovo sodo)• Grumosa (percezione di piccole masse rapprese)• Con cristalli (percezione di granuli vetrosi)• Elastica• Rigida• Deformabile• Gommosa• Gessosa• Untuosa

• Intensità: bassa, medio bassa, media, medio elevata, elevata.

PERSISTENZA(permanenza delle percezioni gustative dopo la deglutizione)

B

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L’INTERVISTA

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difetta solo il ferro di tipo eme, presente neglialtri alimenti di origine animale. Spesso però il formaggio viene erroneamentedeclassato al rango di accompagnamento. Sipensi a un piatto di pasta e pomodoro: abitual-mente aggiungiamo una bella grattata di formag-gio, spesso stagionato, scordando che non sitratta di una semplice aggiunta di contorno. Aquesto si lega un altro errore molto frequente: ilformaggio associato alla carne. Spesso al risto-rante dopo aver servito la carne o il pesce civiene proposto anche un vassoio di formaggi:no! Facciamoci portare direttamente il solo for-maggio che sostituisce la carne per le proteinenobili, per la vitamina B12, per la vitamina D, peril calcio, per il sodio, …».Tornando all’importanza del calcio: da quantoci ha detto sembra che sia importante peruomini e donne allo stesso modo.«Non dobbiamo farne una questione di genere,ma di costituzione: tutti hanno una loro specificanecessità. Vale già per i bambini: persino nell’ali-mentazione della mia nipotina Carlotta di 9 mesicompaiono i primi grammi di formaggio grattu-giato. Con il procedere dell’età, nei bambiniaumenta il bisogno. Facciamo l’esempio delleragazze: quando raggiungono l’età dello svilup-po, cambia la composizione degli ormoni (chesono proteine) e le giovani hanno un’accresciutaesigenza di proteine nobili, che possono facil-mente trovare nei prodotti lattiero-caseari. Gliadulti necessitano a loro volta di un’assunzionecostante: così come abitualmente si fa il pieno aun’automobile perché consuma chilometri, conla medesima regolarità uomini e donne dovreb-bero introdurre nella loro dieta le tre porzioni dilatticini di cui abbiamo parlato». Come possiamo immaginare queste tre por-zioni giornaliere?«Un esempio: un bicchierone di latte, uno o dueyogurt, una porzione di formaggio (50-60 gr)oppure una noce di burro.Con l’avanzare dell’età perdura la necessità dilatticini?«Certo, si pensi che con una regolare assunzionesi può abbattere del 30% l’insorgenza di malattiecoronariche. Con la comparsa della menopausae la mancata produzione di estrogeni nelladonna, ecco il momento in cui essa ne ha piùbisogno: l’estrogeno non va più in aiuto al cuore,e allora chi lo soccorre? I fosfopeptidi contenutinel formaggio che aiutano ad abbassare la pres-sione, mentre nella forma di tripeptidi danno alcuore una forza muscolare fantastica. E nondimentichiamo anche la presenza di sostanzericche di polifenoli e l’azione dell’acido linoleicoconiugato che, tra i suoi vantaggi, previene iltumore al seno nelle donne e concorre a proteg-gere la prostata negli uomini».Sotto il profilo medico c’è una curiosità chespesso stuzzica gli assaggiatori: il formaggiopuò dare dipendenza alla pari di altri alimentiquali zuccheri, cioccolato, vino, etc.?«Esiste una dipendenza dalle caseomorfine, ma si

ben precise. Evidentemente dobbiamo puntaresulla qualità e non sulla quantità in ogni alimento,anche il formaggio».Passiamo dalle note scientifiche a quelle piùpersonali: che posto occupano i formaggi sullatavola della sua famiglia? E dove indirizzate levostre preferenze?«I miei due figli, mio genero - e la mia piccolissimanipotina - amano la totalità dei formaggi: uno spet-tacolo vedere con che piacere mangiano gorgon-zola, mascarpone e formaggi di ogni tipo. Io e miamoglie, giornalista e tecnologa alimentare, ciorientiamo prevalentemente sulla gamma dei for-maggi freschi e dei semistagionati. Però nondimentichiamo le radici siciliane che sono aRosolini, una zona molto vicina alle produzioni dicaciocavallo. Io e mia moglie Caterina stiamoinsieme da 47 anni e ancora ci piace avere qual-cosa da festeggiare insieme, come ragazzini: alloraci organizziamo un aperitivo. Per queste occasioniscegliamo un ottimo vino bianco che accompa-gniamo con tocchetti di formaggio a pasta dura,anche pecorini, che abbiniamo a pomodorini diPachino e altre verdure da sgranocchiare. A que-sto punto non abbiamo bisogno di ulteriori pietan-ze, ci bastano una bella insalata mista, magari conlegumi, e un frutto: ecco un apericena equilibra-to e nutriente».Dal suo punto di vista un bel vassoio di for-maggi, può presenziare bene anche sulla tavo-la delle Feste natalizie?«Assolutamente sì. Anzi dobbiamo cominciare afar capire che, anche nelle occasioni importanti,i grandi piatti di carne, pesce, insaccati e formag-gi non devono sommarsi. Nelle Feste succedeche gli ospiti arrivino per la vigilia di Natale e sene vadano dopo Capodanno: bisognerebbe cheogni giorno ci fosse il trionfo di un secondo piat-to. E in questo caso, poiché il formaggio ha lastessa dignità di ogni alimento di origine animale,brillerà al posto giusto nelle nostre cene».

Onaf ha dato il via a un ciclo di videocon-ferenze mensili durante le quali, fino almese di giugno, verranno intervistati

personaggi diversi, tutti variamente legati al setto-re lattiero-caseario per lavoro o per passione.Il nostro primo ospite è il professor GiorgioCalabrese, medico nutrizionista di sicuro presti-gio, ma anche personaggio pubblico di grandespicco. Nel corso dell’intervista ha tenuto incolla-ti allo schermo numerosissimi soci, amici e sim-patizzanti e ha fornito spunti nuovi e imprevisti ainostri interrogativi.Professore, approfondiamo un tema spessooggetto di discussione: l’importanza del calcioe degli altri nutrienti nel formaggio.«L’assunzione di calcio è fondamentale per ilnostro organismo, serve a rafforzare la base dellenostre difese organiche. Inoltre valutiamo il pro-blema nella prospettiva dell’attuale contingenzadel Covid-19. Mentre nella fase acuta della pan-demia abbiamo dovuto pensare a “riempire lostomaco” senza ammalarci, ora dobbiamo bada-

re a riempirci meno, ma a darci più forza: se noimangiassimo ogni giorno tre porzioni di latticini,saremmo in condizione di avere tutti i nutrienti dicui necessitiamo».Quindi lei pensa che una bella fetta di formag-gio possa essere equiparata a una porzione dicarne?«Dobbiamo partire da un concetto fondamentale:il formaggio non è un condimento, ma un piattoa tutti gli effetti. È un alimento completo a cui

Troppo spesso viene erroneamente declassato al rango diaccompagnamentoInvece è un alimentocompleto, con tutta una serie di proprietà utili al nostro organismo

Calabrese:il formaggioè un signor piatto

PARLA IL NUTRIZIONISTA

di Sara Valentino

Il professor Giorgio Calabrese, docente-nutrizionista di fama, durante

la videoconferenza dell’Onaf

è scoperto che si tratta di una “dipendenza positi-va”. Queste sostanze, presenti in quantità diversenei formaggi freschi e in quelli stagionati, sono“simili” alla morfina. Poiché trovano nelle donneun terreno più stabile grazie agli ormoni femminili,permettono loro di sopportare il dolore megliodegli uomini e, per esempio, di partorire. Ma non è tutto. Sposando il nostro alimentoall’olio extravergine di oliva, arriviamo ad avere uninsieme di proprietà nutrizionali in grado persino

di rinnovare i neuroni negli anziani. Quandocominciamo a dimenticare nomi, oggetti, azioni,etc., questo matrimonio gioca nell’ippocampo delnostro cervello con una squadra fortissima, com-posta da vitamina D, vitamina B12, idrossitirosolo,oleocantale, fosfopeptidi, calcio e caseomorfine.Con una metafora sportiva possiamo dire che, conuna squadra così, il portiere non prende gol, ilcentravanti è sempre in rete e la partita finiscesempre a nostro favore!Un aspetto che non possiamo tralasciare è quelloche riguarda i grassi.Siamo chiari: i grassi nella dieta mediterranea nondevono superare il 30% del totale delle calorie etra queste solo il 10% deve essere rappresentatoda grassi saturi. D’altronde anche i grassi saturisono utili, ad esempio per preservare l’attività car-diaca, ma solo se li assumiamo nella giusta quan-tità: spesso l’errore consiste nell’accumulo, noiabbiamo bisogno di grammature e proporzioni

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FOCUS

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IL CONSUMATORE OGGI AGISCE, NON SUBISCE

Nella modernità, il cambiamento è semprestato una costante e, nel corso degli ulti-mi decenni, ha assunto un carattere rivo-

luzionario. Il susseguirsi dei mutamenti tecnologici,sociali, economici, di mercato, e oggi anche sanitarihanno assunto delle tendenze evolutive e dinami-che che hanno caratterizzato strutturalmente loscenario nell’ambito nel quale le nostre impreseenogastronomiche si stanno muovendo.Le imprese sono attori primari, e spesso proattividel processo innovativo. Modificano i comporta-menti imprenditoriali e le scelte strategiche ed ope-rative allo scopo, a seconda dei casi, di adattarsie/o condizionare il contesto di sistema in cui agi-scono, perseguendo le proprie finalità. A questeriflessioni non si sottraggono le imprese enogastro-nomiche, protagoniste fondamentali di un compar-to economico in forte ascesa, quale quello turistico-agroalimentare.Una delle sfide di queste imprese, figlia dei tempiche viviamo, è legata all’applicazione delle innova-zioni tecnologiche e culturali utilizzate ai fini dellacomunicazione aziendale. L’esigenza nasce dalnuovo posizionamento di tali realtà, percepite nonpiù solo come meri produttori di prodotti tipici eno-gastronomici ma come motori pro- pulsori, attoriprincipali, che determinano la presa d’atto di una

nuova modalità di consumo e di fruizione culturaledel prodotto agroalimentare.Il consumatore è cambiato e sono cambiate le suemodalità di acquisto, di consumo e di interpretazio-ne e attribuzione di senso. Il consumatore oggi agi-sce, non subisce. Tende a documentarsi, cercainformazioni nel web, vuole saperne di più, acquistail formaggio, o altro prodotto tipico per degustare,per emozionarsi e condividere momenti di convi-vialità con amicie parenti. Ogni singolo potenzialeconsumatore è, dunque, destinato ad essere inter-cettato, attratto da contenuti informativi di qualitàper poi essere fidelizzato nel tempo. Diventa pertanto determinante il ruolo della comu-nicazione delle imprese agroalimentari nel proces-so di generazione e diffusione di valore. Nella ricer-ca di sempre nuovi e più efficaci modi di comuni-care con il mercato, le imprese si sono orientateverso strumenti innovativi capaci di favorire nonsolo e non tanto i processi di vendita, ma anche esoprattutto di interazione proficua e continuativacon i consumatori effettivi e potenziali. La comuni-cazione è diventata un ambito tematico cosi ampioda ricomprendere anche contributi che mal si con-ciliano, apparentemente, con i canoni tradizionalidell’advertising e delle sales promotion. L’attenzione delle imprese agroalimentari oggi, èquella di focalizzare l’attenzione su una nuovaforma di comunicazione che sta trovando sempre

più ampie opportunità di sviluppo. Si tratta del con-tent marketing che fa leva sulle logiche e sugli stru-menti di comunicazione digitale. In effetti, i nuovifenomeni di consumo, anche nell’ambito lattiero-caseario, si giustificano, tra l’altro, con lo sviluppodegli attuali processi di comunicazione, poco strut-turati e ampiamente decentralizzati. Contenuti credibili, familiari, divertenti, empatici,utili e stimolanti per potenziare la propria cono-scenza e migliorare le scelte d’acquisto, conquista-no e fidelizzano i consumatori di formaggi e di pro-dotti tipici, in una prospettiva radicalmente diversarispetto al passato. Sono i contenuti veicolati inrete, attraverso i siti web, i profili social dei branddelle imprese agroalimentari, che, dotati di appro-priate caratteristiche, spingono sempre di più i con-sumatori ad attivarsi spontaneamente per cercareinformazioni sulle origini della materia prima, sullemodalità di produzione e trasformazione, sui profiliorganolettici, sulle varianti di gusto e sui legami sto-rico-culturali e antropologici che i prodotti lattiero-caseari hanno con i territori di origine. Anche per le imprese casearie il marketing dei con-tenuti,sta infatti aprendo la strada al cosiddettoInbound Marketing, per il quale non sono più lemarche a cercare gli acquirenti con la comunicazio-ne attraverso i media tradizionali, ma sono i consu-matori effettivi e potenziali a cercare informazionisui prodotti tipici del settore lattiero per arricchire e

potenziare le loro conoscenze in materia, da scam-biare e condividere con altre persone in communi-ty tematiche, per saperne sempre di più e vivere unpiù intenso e consapevole rapporto con il formag-gio e la sua relativa filiera.Certo siamo ben lontani da un settore trainante peril mercato o attrattivo per il turista ma sicuramenteriteniamo che la strada presa sia quella giusta. Ilresto lo faranno le tipicità casearie territoriali a vei-colare un messaggio rappresentativo delle espe-rienzialità, delle specializzazioni ma anche delle sto-rie e dello stile di vita delle popolazioni.Il settore lattiero-caseario, cosi come tutto il com-parto agroalimentare, oggi posizionato diversamen-te rispetto al passato,risulta essere tranne rareeccezioni un settore fortemente frammentato ecompetitivo, inserito in un contesto, quello enoga-stronomico, in forte cambiamento dove certeforme di comunicazione trovano nei conte-nuti e nei media che li veicolano una nuovaimportante opportunità di sviluppo. Il tutto si fonda su un principio cardine: nonsi produce e vende più solo il prodotto eno-gastronomico ma vengono “prodotte”parallelamente sempre di più idee, costru-zioni di senso, significati, esperienze, emo-zioni, condivisioni. In definitiva, il percorsointrapreso consiste nel riconoscere a que-sto comparto un nuovo complesso aggrega-

to di elementi identitari ed immateriali, tra loro inti-mamente connessi, che si va configurando graziealle possibilità offerte dalle tecnologie digitali.Questo ruolo pone le imprese in oggetto di frontealla necessità di forti cambiamenti ma anche all’op-portunità di interessanti e durature occasioni di svi-luppo futuro. Sappiamo che le aziende enogastronomiche sonorealtà fortemente legate al territorio in cui sonoinserite. Infatti, hanno la capacità di influire in mododiretto sui problemi ambientali e sociali del territo-rio di riferimento, di incidere esteticamente sul pae-saggio e di condizionarne cultura e tradizioni.Pertanto il concetto di prodotto enogastronomicoinnovativo è basato su un mix di soluzioni multime-diali, volte a stimolare il potenziale cliente coinvol-gendolo in potenziali percorsi esperienziali d’intera-zione personalizzata. L’obiettivo è quello di comu-

nicare al consumatore il valore unico del prodotto“Made in Italy”, favorendone l’apprezzamento e lariconoscibilità, nonchè lo stretto legame del pro-dotto alle peculiarità culturali, ambientali, gastrono-miche e paesaggistiche del territorio da cui si origi-na. Il prodotto lattiero caseario, nel nostro caso,pertanto, non coinciderà solo con il prezzo finaledel formaggio, ma comprenderà anche tutti gliaspetti immateriali necessari per produrlo e pergustarlo (conoscenza, ricerca e innovazione, atten-zione alla difesa del territorio, tutela del consuma-tore e della sua salute, l’interfaccia di servizio, l’at-mosfera del punto vendita, assor- timento, promo-zioni, ecc). L’informazione, la comunicazione, laconoscenza delformaggio costituiscono un percorso culturale ecommerciale capace di generare un duraturo valoreeconomico per il casaro, soprattutto nel sistema diofferta Made in Italy, utilizzando il fondamentale con-cetto del country of origin. L’esperienza di degusta-zione da parte del consumatore e il valore emotivoed esperienziale della sua fruizione aumentano attra-verso l’uso di strumenti Ict. La comunicazione attraverso il web è diventata ediventerà sempre più il principale canale di infor-mazione e relazione con i clienti. Contenuti, creati-vità, valori percepiti e modalità di trasmissione pos-sono sviluppare dei fenomeni virali a vantaggiodella brand awareness aziendale.

Marketing dei contenuti per le aziende lattiero-casearieNon si produce e vende solo il prodotto ma vengono proposte parallelamente sempre di più idee, costruzioni di senso, significati, esperienze, emozioni, condivisioni

Pierluigi Passaro,Maestro Assaggiatore eSocio Onaf delegazione

di Bari, è docente di Economia e Gestione

delle Imprese e di Marketing

all’università di Bari

di Pierluigi Passaro

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VETRINA

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I pastori del terzo millennio il mestiere lo stanno imparando tra l’aula diborgata Cavallini, a Paroldo, l’Istituto lattiero-caseario di Moretta edirettamente sul campo, in stage tra gli allevamenti e i pascoli dell’alta

Langa, in provincia di Cuneo. La prima scuola di pastorizia d’Italia, inaugu-rata a settembre a Paroldo abbina tradizione e modernità, introducendo, inun’attività vecchia quasi quanto l’uomo, elementi di innovazione che pog-giano su solide basi scientifiche. Perchè il pastore di oggi deve conosceregli animali e le loro caratteristiche e deve saper trasformare il latte in for-maggio, ma deve anche avere nozioni su come si gestisce un’azienda agri-cola, su come accedere ai fondi nazionali ed europei necessari a mandarlaavanti e su come si vende il prodotto. Tutte capacità che la scuola di pasto-rizia ideata in alta Langa fornirà in 365 ore di lezione. La conclusione delpercorso formativo è prevista per l’autunno del 2021.

***A dare vita all’innovativo progetto sono stati il Comune di Paroldo e laColdiretti (attraverso il proprio ente di formazione Inipa Nordovest), con ilcoinvolgimento dell’Università di Torino. L’obiettivo è tanto semplice quan-to ambizioso: formare una nuova figura di pastore in grado di garantire ilricambio generazionale in un’attività faticosa, ma importante, sia per la pro-duzione casearia che per la salvaguardia del territorio, come ha ricordatoall’inaugurazione del corso il presidente di Coldiretti Piemonte, RobertoMoncalvo: «I territori montani sono il cuore del Piemonte, ma per avere lapastorizia in montagna servono i pastori. Dove ci sono i pastori il territorioè più curato e sicuro e una montagna ben gestita è utile anche per la pianu-ra. Sono contento che ci siano giovani interessati a seguire questo percor-so. Decidendo di diventare pastori di professione, gli allievi hanno fatto unascelta coraggiosa».Ed è stata coraggiosa anche la scelta del Comune di Paroldo (poco più di200 abitanti), che ha scommesso sulla scuola di pastorizia per rilanciare

un’attività da sempre profondamente radicata nella zona, come ha spiegatoil sindaco (e presidente nazionale dell’Onaf) Piercarlo Adami: «La mia storiapersonale e quella del nostro territorio è legata all’allevamento e alla produ-zione di formaggi. Sono felice ed emozionato per l’avvio di questa scuola,che corona un percorso iniziato due anni fa. L’obiettivo è di tentare di avvi-cinare nuove leve a questa attività, in modo che possa diventare una fontedi reddito per loro, dando allo stesso tempo un valore paesaggistico a unaterra sempre più vocata al turismo. L’allevamento serve a mantenere curatoil territorio e il paesaggio».

***Restando in tema di pastorizia, a Paroldosta per andare in porto un altro progetto alquale Adami e la sua Amministrazionestanno lavorando addirittura da una venti-na d’anni: la realizzazione, sempre tra lecase in pietra di borgata Cavallini, di unecomuseo dedicato alla pecora di Langa.Una struttura in grado di raccontare ai turi-sti il legame tra l’allevamento e le collinedella Langa più alta, dove i filari o i noccio-leti non arrivano. La scuola di pastorizia ha suscitato inte-resse non soltanto nel Cuneese, maanche nel resto d’Italia, richiamando iscrit-ti da varie zone del Piemonte, dalla Valled’Aosta, dalla Toscana e dal Lazio. A causadelle norme sul distanziamento legate alCovid, gli organizzatori hanno dovuto limi-tare il numero di partecipanti a 18, rifiu-tando alcune domande di adesione.L’iniziativa si rivolge sia ai giovani che, pur

non operando nel settore agricolo e non avendo una specifica formazione,intendono sviluppare un progetto d’impresa a indirizzo ovicaprino, sia a chi,pur avendo già maturato esperienze in agricoltura, intende specializzarsinell’allevamento.Ma è chiacchierando con i corsisti che saltano fuori le storie più interessantied emergono le molteplici ragioni che li hanno spinti a iscriversi. L’alunnoche arriva da più lontano è Andrea Acciari, 27 anni, di Viterbo, un ex assi-curatore che vive in provincia di Cuneo, tra Chiusa Pesio e località Vallieradi Castelmagno, dove lavora nel settore caseario e dell’allevamento. Laspiegazione della sua scelta è chiara e semplice: «Mi ero stufato del lavorodi assicuratore. Ho sempre vissuto in campagna e volevo seguire un altropercorso professionale, scegliendo un’attività che sento più mia. Sonoancora giovane, l’età mi permette di fare questa scelta». A proposito delcorso, l’ex assicuratore viterbese aggiunge: «La prima impressione che hoavuto è ottima. I docenti sono molto preparati».

***Anche se è nato a Torino, dove lavora come giardiniere, nome e accentorivelano chiaramente le origini calabresi di un altro alunno, Carmelo Ficarra.«La pastorizia è un’attività che richiede impegno e una vita di sacrifici. Persvolgerla bene è necessario essere aggiornati e conoscere le leggi e questascuola è sicuramente utile», afferma Carmelo, che non esclude un giorno dilasciare la sua attuale attività per dedicarsi a tempo pieno alla pastorizia.«Potrebbe diventare una professione, magari in Calabria, dove la mia fami-glia ha ancora dei terreni».

Tra gli iscritti c’è anche Denise del Re,massaggiatrice originaria della provincia diPisa e residente a Dogliani, patria delDolcetto, a pochi chilometri dalla sede delcorso: «Non sono figlia di allevatori e inquesta scuola sono partita da zero. Perora la mia è una passione, se poi si trasfor-merà in una vera e propria attività, benvenga». Chi invece intende avviare un’atti-vità proprio grazie a ciò che imparerà allascuola di Paroldo è Matteo Gomba, diSanta Vittoria d’Alba, appassionato dicavalli, maniscalco e istruttore di equita-zione, che intende aprire un caseificio conla fidanzata a Viola, nel Monregalese. Matra gli iscritti c’è anche Laura Cagnasso,che dopo aver avuto per molti anni un’er-

boristeria ad Alba, tra le boutique di via Maestra, ha scelto da tempo di vive-re in campagna a Cerretto Langhe dove coltiva la terra e alleva tre capre,oltre a numerosi altri animali.

***L’inaugurazione della scuola di pastorizia è stata anche una buona occasioneper fare il punto su un’attività che in Piemonte non gode di ottima salute,anche se i riscontri più recenti sembrerebbero dire il contrario. In provinciadi Cuneo, secondo le elaborazioni di Coldiretti su numeri della banca datinazionale, nell’ultimo decennio è quasi raddoppiato il numero di animalinegli allevamenti ovicaprini. Dai 21.000 capi ovini del 2010 si è passati ai41.000 del 2020, mentre tra i caprini, dai 12.000 capi del 2010 si è arrivatiagli attuali 22.000. Però, il numero di allevamenti presenti sul territorio (circa2.700) è lo stesso di dieci anni fa, segno che sono aumentate le dimensionimedie delle singole greggi.Spiega Coldiretti Cuneo: «Questi dati evidenziano la tendenza alla scomparsadella pastorizia di tipo estensivo, basata sulla transumanza, sull’alpeggio o sulpascolo in prossimità dell’azienda, a vantaggio di allevamenti stanziali e dimaggiori dimensioni». E Franco Parola (responsabile dell’area ambiente eterritorio di Coldiretti Cuneo) osserva: «La popolazione ovicaprina in provin-cia di Cuneo è aumentata, ma solo in pianura: ci sono più animali, ma menoaziende». E la perdita si è avuta soprattutto nelle zone montane, quelle in cuiil mestiere del pastore è particolarmente duro e il territorio è più fragile.

***Oggi, secondo i dati da Coldiretti, in Piemonte sono 10 mila le aziende chesi dedicano all’allevamento ovicaprino. I capi sono 204.000 in totale (125mila ovini e 79 mila caprini), per un fatturato complessivo che ammonta a5,2 milioni di euro. Tra le razze allevate storicamente sul territorio piemon-tese figurano la pecora delle Langhe, la Sambucana, la Garessina, laFrabosana, la Saltasassi e la Savoiarda e le capre Sempione, Grigia delle Vallidi Lanzo, Fasana e Vallesana. Alcune di queste sono esposte a un seriorischio di estinzione. Tra le razze caprine quella che sta peggio è la Sempione, ormai ridotta ameno di cento capi tra Verbano e Vercellese, mentre tra gli ovini sono laGaressina (in Valle Tanaro) e la Saltasassi (Verbano) a essere più vicineall’estinzione, con una popolazione ormai ridotta a poche decine di capi.La pecora delle Langhe, fondamentale per la produzione del MurazzanoDop, viaggia ormai da anni attorno ai duemila capi, sufficienti per non farlaconsiderare a rischio di estinzione, ma lontani anni luce dai quarantamilaesemplari degli Anni ’50. Grazie al latte di queste razze ovicaprine più o meno a rischio in Piemonte siproducono una quarantina di formaggi: due Dop (Murazzano e Robiola diRoccaverano), alcuni Pat e un gran numero di prodotti non a marchio, maugualmente molto importanti per tenere vive non solo le produzioni casearietradizionali, ma anche le vallate montane e quelle di alta collina, dove, magarigià dal prossimo anno, lavoreranno i pastori che sono andati a scuola.

Fra tradizione e modernità,l'obiettivo è formare una nuovafigura di pastore in grado di garantire il ricambio generazionale in un’attivitàimportante sia per la produzione casearia che per la salvaguardia del territorio

In Alta Langala prima scuola di pastorizia

di Corrado Olocco

In alto, Pier Carlo Adami,in veste di sindaco di Paroldo,

nella giornata inaugurale della scuola

• All’iniziativa hanno aderito allievi da tutta Italia

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deiPresidentiCONTRIBUTO

Dai Consorzi di tutela dei formaggi Dopuna presa d’atto in questo momentodifficile per tutti e che mette a dura prova la filiera lattiero-casearia. L’invito è a restare uniti, lavorando per un nuovo inizio

”Domenico RaimondoConsorzio Mozzarella di Bufala CampanaCari lettori, in questo annus horribilis che (final-mente) volge al termine, vi auguro innanzitutto diriscoprire la serenità e il valore delle piccole cose,con la speranza che questo tempo diverso, che ilvirus ci costringe a vivere, ci aiuti a ripensare lenostre vite, a dare valore e spazio alle persone ealle cose importanti davvero.

Un nuovo anno che comincia ètempo di speranza. E alloravoglio fare i migliori augurianche a tutte le aziende delcomparto dei formaggi, nonsolo della filiera bufalina, chesono ogni mattina regolarmen-te al lavoro per garantire sulle

tavole la presenza di prodotti di eccellenza e Madein Italy. Uno sforzo enorme, che vi invito a valorizza-re consumando prodotti italiani in queste festività.Il mio appello è a restare uniti, continuando ognunoa fare la propria parte per fronteggiare le difficoltàinevitabili. Solo così possiamo vincere la nostraguerra contro un nemico invisibile. Solo così torne-remo ad abbracciarci. Auguri!

Franco BiraghiConsorzi Bra Dop, Raschera Dop, Toma Piemontese DopQuesto è un momento difficile che ci ha obbligati adadottare un nuovo modo di vivere: abbiamo dovutocambiare radicalmente le nostre abitudini, la manie-ra mediante cui ci relazioniamocon il mondo esterno e, purtrop-po, sono cadute molte certezze. In una situazione così complessaanche i formaggi Bra Dop,Raschera Dop e TomaPiemontese Dop vogliono man-dare un segnale positivo e di spe-ranza a tutti i consumatori, ricordando loro che man-giando prodotti del territorio, genuini e di qualità,oltre a nutrirsi in maniera corretta, soddisfano anchequel desiderio di cose buone che serve a renderepiù serene le nostre feste.Un augurio di buon Natale diverso, che vi arriva nondalle persone ma direttamente da tre grandi for-maggi che allietano le vostre tavole e che sono, dasempre, i protagonisti delle migliori ricette della tra-dizione.

Nicola BertinelliConsorzio Parmigiano ReggianoIn tempo di crisi è necessario rimboccarsi le mani-che, aiutare i più deboli e non perdersi d’animo. Inun momento complesso come quello che stiamovivendo, vorrei ringraziare di cuore la nostra filiera

composta da 330 caseifici eoltre 2.820 allevatori: oltre50mila persone che ogni gior-no si svegliano per produrre unformaggio straordinario come ilParmigiano Reggiano.A nome dell’intero comparto,grazie a tutti gli italiani che cre-

dono nel Parmigiano Reggiano e nei nostri valori, atutti quelli che non ci hanno abbandonato e anzi -soprattutto nel periodo del lockdown - hanno aiuta-to i nostri caseifici scegliendo Parmigiano Reggiano.Insieme ce la faremo. A tutti, auguri di buone feste!

Lorenzo SangiovanniConsorzio Tutela Taleggio DopIl Consorzio Tutela Taleggio vi augura un BuonNatale italiano! Che le prossime feste possano vede-re le tavole italiane imbandite deiprodotti del nostro territorio. LeIgp e le Dop sono l’orgoglio delPaese, conosciuto in tutto ilmondo anche per le sue eccel-lenze enogastronomiche. Oggipiù che mai scegliere l’Italiasignifica scegliere ognuno di noie, uniti anche a tavola, aiutarci a guardare al futurocon fiducia. La nostra tradizione è piena di ricetteche profumano di Natale. Portare in tavola il TaleggioDop significa portare in tavola la passione dei pro-duttori e la perizia degli stagionatori che, forma dopoforma, danno vita ad un prodotto che tutto il mondoci invidia. Quest’anno così difficile per il nostro com-parto, il nostro paese e il mondo intero termina nel-l’incertezza ma, come ogni finale, si porta dietroanche un nuovo inizio. E ogni inizio ha il potere dirigenerare nuove aspettative e infondere ottimismoper immaginare insieme un domani migliore.

Libero Giovanni StradiottiConsorzio di Tutela Provolone Valpadana DopIn occasione delle imminenti festività, che que-st’anno celebriamo in una situazione di grandeinquietudine, il Consorzio Tutela Provolone

Valpadana vuole rivolgere atutti i lettori un augurio di spe-ranza e di rinascita. Questoperiodo di sofferenza e diattenzione ci ha aiutato, ancoradi più, a mantenere ed accre-scere la considerazione per ilprossimo e per colui che sof-

fre. E noi produttori ci siamo impegnati, pur tra ledifficoltà incontrate, a mantenere ancor più alta l’at-tenzione, con l’obiettivo di offrire al consumatoreun prodotto di elevata qualità.A tutti i più sentiti auguri di Buon Natale.

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Renato Zaghini Consorzio Tutela Grana Padano DopIl 2020 si sta concludendo lasciandoci l’esperienzadel Covid 19 con la consapevolezza che potremmo

in futuro tornare ad affrontaresimili emergenze. Ed è in questaprospettiva che i consumatorivogliono sempre più certezze,punti fermi anche a tavola; e lohanno dimostrato nei giorni dellockdown durante i quali hannofatto scelte consapevoli cercan-

do prodotti di cui si fidano, perché li conoscono dagenerazioni o li consumano abitualmente, oppureperché sono del loro territorio. Il Grana Padano Dopè da anni il formaggio a denominazione d’origineprotetta più consumato nel mondo e quindi il princi-pe di questi prodotti, secondo i nutrizionisti e i socio-logi, un prodotto rassicurante, capace di far nascerenei consumatori sensazioni e pensieri di sicurezza. IlGrana Padano Dop è nato nel XII secolo dalla ricettadei monaci cistercensi per utilizzare il latte non con-sumato e trasformarlo in un formaggio destinato adurare nel tempo grazie alla stagionatura. Con que-ste caratteristiche ha superato pestilenze, guerre ecalamità. Quindi è abituato a rassicurare e a confor-tare la gente della sua terra. Le nuove tendenzepotrebbero aprire significativi spazi alle produzioniitaliane di qualità, partendo dalle Dop.

Valentino PivettaConsorzio di tutela del formaggio Montasio DopSappiamo bene quale meraviglia di sapori sa regalareun tagliere di formaggi, capace di raccontare al

meglio il territorio, la fatica dellavoro che lo modella, la meravi-glia dei paesaggi attraverso iquali si manifesta. Si tratta diamore e dedizione, impegno ecostanza, passione e tradizione,perché solo così può nascerequalcosa di unico ed eccellentecome il nostro Montasio Dop.

E l’eccellenza è la nostra cometa, qualcosa a cui ten-dere, perché rappresenta quel processo che ci portaa crescere e migliorare, sempre. Una costante nelnostro lavoro che si esprime attraverso la maestriadei nostri casari e dei malgari che ogni giorno sannofondere ingredienti di attenzione e cura per il territo-rio, per le persone, per gli animali, nonché per unatradizione, che si rinnova di anno in anno rimanendosempre fedele a se stessa. Il nostro più sincero e pro-fondo augurio per un futuro più sereno e ricco digenuinità.

Giuseppe Occhipinti Consorzio Ragusano DopDopo le impreviste difficoltà deimesi trascorsi, tornate purtrop-po di drammatica attualità,siamo già a fine anno ed è dove-roso porgere ai lettori diInforma, ai consumatori di formaggi e di Ragusano

Dop in particolare, gli auguri più sinceri di BuonNatale e di Buon Anno. E ciò accompagnato dallaviva speranza che il 2021 possa essere l’anno diuna indispensabile riscossa per gli imprenditori e diun ulteriore rilancio delle produzioni di qualità conin testa quelli con marchio comunitario. Auguri!

Francesco Scarpino Consorzio del Pecorino Crotonese DopIl primo augurio, come presidente del Consorzio delPecorino Crotonese Dop, non può che andare atutta la filiera per l’impegno dimostrato in un periodocosì difficile. Siamo una grande famiglia e la nostra casa è unaparte produttiva importante dellaCalabria, che lotta per andareavanti, tutelando la propria iden-tità e la propria cultura. Tantiauguri poi a tutti i consumatoriche amano il nostro prodotto.Ogni giorno lavoriamo per man-tenere una qualità altissima, adun prezzo accessibile, dando allavoro la giusta retribuzione. Nonostante la situazione contingente abbiamo deci-so di mirare più in alto e fare diventare la nostra Dope il nostro Consorzio simbolo di orgoglio per tutti icalabresi anche fuori dai confini regionali. Dedicate iltempo solo alle cose che hanno valore. Questo misento di suggerire, augurando a tutti voi un Natale diimmensa felicità.

Germano De Bortoli Consorzio Piave DopSi sta per concludere uno degli anni più difficiliche abbiamo mai dovuto affrontare. L’emergenzaCovid19 ha di fatto modificatoil nostro modo di vivere e direlazionarci, con effetti signifi-cativi anche sulle abitudini diacquisto dei consumatori. Inquesto pur complicato conte-sto non sono mancati l’atten-zione e l’impegno del nostroConsorzio per mantenere altigli standard di qualità del formaggio Piave Dop eper garantirne la continuità di produzione per farsi che arrivasse costantemente nelle case deiconsumatori. A questi ultimi va il nostro ringraziamento peraver continuato ad apprezzare e consumare ilprodotto da noi tutelato che è espressione del-l’impegno quotidiano di centinaia di allevatori nelfornire del latte di ottima qualità per poter pro-durre il Piave Dop. Alle difficoltà quotidiane che inostri allevatori affrontano ogni giorno dovutealla presenza in zona montana si sono purtroppoaggiunte le inevitabili problematiche legateall’emergenza Covid. Auguro un buon Natale eun 2021 più sereno per tutti.

Carlo Santarelli Consorzio del Pecorino Toscano DopIl Natale è un periodo di festa e anche un momentodi riflessione e di bilanci. Il 2020 che ci lasciamoalle spalle sarà ricordato come ilgrande spartiacque tra unmondo che non tornerà più eun altro da costruire con l’impe-gno di tutti. A dividere passato efuturo una pandemia chesegna, tutt’oggi, il nostro pre-sente. Ognuno per la sua parte deve epuò essere protagonista di que-sta rivoluzione. È il pensiero con cui io prendo ilmio posto, ogni mattina, nella filiera del PecorinoToscano Dop. Una filiera fatta di donne e uominidepositari di un sapere e di una tradizione che sirinnova da secoli. In questo tempo di cambiamentiabbiamo sempre cercato di andare avanti miglio-randoci, con la passione e la dedizione di sempre.La crisi, per certi aspetti, ha messo in evidenzaquella che è la nostra mission nel mondo e del-l’agroalimentare. Non siamo semplici produttori diformaggio, siamo persone che raccontano i territo-ri, le culture, le tradizioni che stanno dietro a ogniforma di Pecorino Toscano Dop. Il Natale è tempo di riflessioni, ma è anche tempodi sguardi verso il futuro. Il mio augurio non puòessere un generico incoraggiamento per un doma-ni migliore, è quello di tutta la filiera del PecorinoToscano Dop per vivere il nostro presente almeglio, con la consapevolezza che ogni attimo èprezioso e lascia traccia su ognuno di noi e su chici sta vicino. Buon Natale.

Vito PaceConsorzio di Tutela Formaggio Caciocavallo SilanoRappresento uno dei più importanti consorzi delSud, il Consorzio di Tutela formaggio CaciocavalloSilano Dop, che raggruppa ben 5 regioni:Basilicata, Calabria, Campania,Molise e Puglia. E’ inutile negareche, a causa di questa emergen-za mondiale, ci siamo trovati adover affrontare una realtà chenessuno di noi avrebbe maiimmaginato. Ci auguriamo chepresto la situazione difficile chestiamo vivendo diventi un bruttoricordo, ma siamo consapevoli che la pandemia daCovid-19 ha cambiato le nostre vite radicalmente.In questa situazione di crisi, vorrei ricordare che ilNatale simboleggia la preparazione per la nuovavita, ancora tutto è fermo nel freddo dell’inverno,però sotto la superficie c’è il seme del prossimoraccolto. Ed è proprio questo il mio augurio: che lanuova vita possa presto tornare a riempire la nostraquotidianità, che la speranza del ritorno alla norma-lità si trasformi velocemente in certezza. I nostriassociati hanno continuato, pur nell’incertezza,incessantemente a seminare, la macchina lavorati-va non si è fermata un attimo.Restiamo speranzosi di poter tornare presto ad unaserena e prosperosa normalità.

Lorenzo Brugnera Consorzio per la Tutela del formaggioCasatella Trevigiana DopL’emergenza attuale ha modificato non solo ilmodo di vivere e di relazionarsi, ma anche le abitu-dini alimentari e i consumi degli italiani e del mondointero, incidendo fortemente sugli equilibri di mer-cato e sulle produzioni. Il settore agro-zootecnico e, in particolare, quellolattiero-caseario, ancora una volta sono stati coin-volti in prima linea e, se da una parte alcune realtànon sono state colpite dalla crisi in maniera signifi-cativa, per altre, in particolare le aziende più piccole

o rivolte a determinate areecommerciali, il colpo accusato èstato duro e la ripresa difficile.La fortuna, tuttavia, è quella divivere in un territorio con unasecolare tradizione agricola ecasearia, che permette di pro-durre e commercializzare pro-dotti eccellenti, salubri e di ele-

vata qualità, il cui processo produttivo è controllatolungo tutta la filiera, “dai campi alla tavola”.Sensibilizzare e invitare il consumatore alla scelta eall’utilizzo dei prodotti lattiero caseari del territorio,significa sostenere l’economia locale, un “regalo”,per restare in tema natalizio, davvero prezioso eimportante per le aziende del territorio, forsequest’anno più che mai. A nome del Consiglio diamministrazione e mio personale, un sincero augu-rio affinché questo Santo Natale possa esserequanto più sereno possibile.

Andrea Barmaz Consorzio Produttori e Tutela della Dop FontinaA nome delle 170 aziende valdostane che ognianno producono circa 430.000 forme di FontinaDop il Consorzio di Tutela, cui sono associati tutti iproduttori, è davvero lieto di rivolgere gli auguri diBuon Natale a tutti i coloro chegià conoscono e apprezzano ilnostro formaggio oltre che,beninteso, a chi lo dovesseancora scoprire. In questo periodo troverete leforme che i nostri marchiatoristanno battendo una ad una,che sono state prodotte l'estatescorsa presso i più di 100 alpeggi attivi, anche finoa 2.600 metri, da giugno a settembre. Auspichiamo che la Fontina Dop possa quindi finiresulle vostre tavole regalandovi un’emozione appe-titosa con l’immagine delle montagne della Valled’Aosta negli occhi per trascorrere un Natale piùsereno possibile.

Evanzio Fiandino Consorzio Tutela CastelmagnoSiamo consapevoli del difficile momento che tuttistiamo attraversando e riteniamo che, oggi più che

mai, sia importante supportareil lavoro di tutti i produttori delnostro prezioso “Re dei for-maggi”.Nella speranza che il nuovoanno sia migliore e che il nostroprodotto venga proposto daifedeli consumatori nei loromenù natalizi, a nome di tutto il

Consorzio non rimane altro che porgere i più fervi-di auguri di Buone feste.

Vincenzo CornaggiaConsorzio di Tutela dei formaggi DopValtellina Casera e Bitto Il 2020 sarà certamente ricordato da tutti noi.Questa è una delle poche certezze di questo annodifficile. Il comparto agricolo, e in particolare quellolattiero caseario di qualità e di montagna, ha conti-nuato a lavorare, portando sulle tavole degli Italianii nostri formaggi, anche nei momenti di maggiorechiusura delle attività, dimostrando il valore auten-tico di questo lavoro che non si ferma per nessunaragione. Certo, la completaripresa delle attività non saràsemplice o immediata, ma conl’impegno e la costanza di tutti,riusciremo a superare anchequesto periodo particolare.Voglio inviare a nome mio per-sonale, del Consiglio di ammi-nistrazione, i migliori auguri di felici e serenefestività natalizie, per riscoprire i sapori semplicidella vita insieme.

CONTRIBUTO

Gli auguri dei Presidenti

Claudio AdamiConsorzio Tutela Murazzano DopSulle colline dell'Alta Langa il Consorzio delMurazzano Dop rappresenta un'eccellenza siadal punto di vista qualitativo, sia per l'attività ditutela, grazie alla salvaguardia del paesaggio conla gestione dei pascoli. La Pecora delle Langhe, razza autoctona da cui èottenuto il latte per la nostra produzione, è stata

per lungo tempo a rischio diestinzione, e sebbene questopericolo non sia ancora scon-giurato, il suo parziale recupe-ro si deve proprio alla produ-zione del nostro formaggio, ilpiù antico tra le robiole delPiemonte.In questo difficile 2020, le

conseguenze del lockdown si sono fatte sentire,aggiungendosi alle ormai abituali minacce costi-tuite dagli attacchi dei lupi ai greggi. Tuttavia,teniamo alta la bandiera della nostra pastorizia edel Murazzano Dop, confortati dal sostegnodegli amici consumatori. Auguri di cuore e guar-diamo avanti.

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Sfida a stelle e strisce 4.0 In Americasi tiene un celebreconcorso mondialedi formaggi con una finale giocatacome alla rouletteTra i 3.667 prodottiiscritti prevalgonogli svizzeri, premiato anche ilParmigiano Reggiano

TESTIMONIANZA

Partecipare al più grande concorso america-no di formaggi arricchisce in fatto di cultu-ra e formazione. Siamo a Madison, nel

Wisconsin, la cosiddetta America’s Dairylandcome è scritto orgogliosamente sulle targhe delleloro auto. Il World Championship Cheese Contest,ospitato nel futurista Monona Terrace ConventionCenter e iniziato nel 1957, ha la particolarità diesaminare formaggi, ma anche burro e yogurt delmondo. Si è tenuto a marzo, poco prima che illockdown stravolgesse il mondo."Per generazioni, i produttori di formaggio hannoaffinato il loro mestiere con un impegno per l'ec-cellenza, e questo si vede nel lavoro dei vincitoridel World Championship Cheese Contest", haaffermato con orgoglio John Umhoefer, distintodirettore esecutivo della Wisconsin CheeseMakers Association, che organizza questa compe-tizione biennale. Suo braccio destro RebekahSweeney, coordinatrice dell’evento. In un briefingintroduttivo guida i giurati nei tre giorni di lavoriricordando che «se qualche giornalista chiede se ilCovid-19 si diffonde col formaggio… è fuori stra-da». Con lei puoi parlare amabilmente di politica,di formaggio, di stili di vita.

Vincitori e vintiCampione assoluto è stato lo svizzero GourminoLe Gruyère Dop, di 24 mesi, prodotto da MichaelSpycher del Caseificio Fritzenhaus, affinato ingrotta con un punteggio record di 98,81 su 100.Ha sbaragliato una concorrenza di 3667 formaggie latticini, divisi in 132 categorie e valutati da una

di Gabriele Arlotti sponde dell’oceano. Ci aiuta a capire il loro puntodi vista: “Primo, per il consumatore degli States iformaggi a latte pastorizzato sono preferibili aquelli a latte crudo; secondo, a meno che non sidisponga di U.S. patent (brevetto d’invenzione)che di solito detengono le multinazionali, non esi-ste nessun diritto per rivendicare un nome, quindiè lecito usare i nomi europei per i prodotti locali;terzo, a questo concorso partecipa il gotha del lat-tiero caseario delle Americhe”.

I lavori della giuria 4.0Oltre che dagli Usa, i giurati provengono daAustralia, Sud Africa, Germania e da molti altripaesi. Lavorano a coppie di due. A ogni coppiacompete di valutare una serie di categorie indivi-duate in base all’analisi del loro curriculum profes-sionale valutato preventivamente dalla WisconsinCheese Maker Association. Tra loro, per allinearsi,possono interloquire solo nelle prime fasi dellavalutazione dei campioni che dovranno valutare,circa 160 in tre giorni.Ogni giurato annota il proprio punteggio digital-mente su una scheda su tablet (tutto è informati-co) in rigoroso silenzio, sottraendo a 100 decimalidi punteggio per ogni difetto riscontrato (da - 0,1a - 2,6 punti per ogni imperfezione). Ogni formaggio avrà quindi un punteggio che èesattamente la media espressa dai singoli giurati.Rilievi particolari sono annotati e resi al produtto-re. La scheda di valutazione “informatica”, perquanto più semplice, ricalca le tradizionali voci dianalisi utilizzate, ad esempio, da Onaf (aspetto,aroma, sapore,…), per quanto non sia previstouno spazio per annotare particolari eccellenze. Se

Un componentedella giuria racconta il prestigiosoWorldChampionshipCheese Contestche si è tenuto a Madison, nel Wisconsin

giuria internazionale fatta di 63 giudici – tra cui chiscrive. Secondo classificato il Gallus Grand Cru,formaggio a pasta dura di latte vaccino prodottoda Hardegger Käse AG di Jonschwil, San Gallo(ancora Svizzera!) e quindi una spettacolareLutjewiinkel Noord Hollandse Gouda Dop, di etàcompresa tra quattro e dieci mesi, prodotto dallaRoyal Friesland Campina-Export, per lei 98,66punti. Essendo la prevalenza di iscritti latticini ame-ricani, nel complesso delle 132 categorie sonoinvece stati gli stessi statunitensi ad avere la mag-gior quantità di ori, cioè vincitori di categoria.Più curiosa ancora la vittoria nella categoria delParmesan. Come noto da anni rivendichiamo congli Usa la legittima tutela internazionale della Dopitaliana più famosa. Sebbene in questa categoriasiano presenti in netta prevalenza formaggi delcontinente, dal Canada all’Ecuador, con nomi trattidall’Italian sounding, la maggior parte prodotti daemigrati, come Enrico Auricchio o Saputo, a vince-re è stato invece l’unico Parmigiano Reggiano Dopiscritto. Un 24 mesi prodotto dalla Latteria SanRomano Visignolo, sull’Appennino reggiano(Team il Re).

Qualità del concorsoTre giorni dietro le quinte ci fanno percepire l’or-goglio americano nel fare formaggi, elementoalquanto diffuso nelle diverse nazioni. Ma i risultatisopra citati dimostrano l’imparzialità di una giuria amaggioranza americana che, invece, non ha esita-to a premiare i formaggi Dop anche a latte crudo. Nostro mentore, nella tre giorni, sarà il dottorNana Farkye, professore emerito della Cal PolyState University e tecnologo di fama tra le due

• Alcuni momenti della kermesse ospitata nel futurista Monona Terrace Convention Center di Madison

un giurato intende rivedere un punteggio… deverivolgersi all’esperto informatico. E’ la bellezza diun concorso 4.0.

La fiche vincenteSpettacolare, ma a porte chiuse, la fase antece-dente la finalissima. Su venti tavoli sono ospitati ivincitori di ogni categoria. La giuria al completo, equesta è una novità rispetto a molti concorsi euro-pei, viene divisa a gruppi di 10 giurati per ognitavolo. Si assaggiano tutti i campioni finalisti e, alvia, ogni giurato, contemporaneamente ai colleghie senza esserne quindi influenzato, depone rapi-damente una vera e propria fiche sul formaggioche reputa migliore. Così, sono scelti i primi 20. Ilvincitore assoluto sarà, invece, individuato, anchein diretta tv come avviene in Europa per il WorldCheese Awards, da una ristretta giuria di esperti.

A spasso per l’America’s dairylandIdea lodevole quella della Wisconsin CheeseMaker Association di dilazionare il concorso su tregiorni, perché consente di interloquire appienocon gli altri giurati del mondo. Prima di una sostain un fienile di un allevatore di bovine diBrownswisse, dalla mole incredibilmente elevata,visitiamo una piccola latteria privata e scopriamoche lì non è diffusa la cultura del lavorare in coo-perativa e, men che meno, di utilizzare nomi stori-ci per i loro prodotti. Vince la fantasia. Sono gliStates dei formaggi.

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Orta – Novara

Villa Crespi Villa Crespi perché no? Almeno una volta a Natale. D’altronde siamo in unposto magico che evoca la fiaba. Una villa moresca costruita nel 1879 da

Cristoforo Crespi, imprendito-re tessile, innamorato dell’arteorientale. Una villa ricchissimacon decorazioni tipiche deipaesi dell’islam che è sormon-tata da un grande minareto lacui sagoma si vede da lontano. La villa ha un fascino unico,comprende anche un largogiardino degradante sul lagoed è stata perfettamenterestaurata grazie anche alla

passione di Cinzia Primatesta moglie di Antonino Cannavacciuolo, il famosochef del ristorante. Completa l’esperienza il grande Tonino, lo chef forse piùfamoso d’Italia, sicuramente tra i più bravi e, aggiungiamo noi, tra i più sim-patici e umani. Il suo menù è un viaggio per l’Italia, che lui ha attraversato quando da VicoEquense sul mare è arrivato alle Alpi, anzi si è fermato poco prima su questobel lago piemontese. Il ristorante propone un menù classico come scansio-ne, preciso nei sapori, perfetto nell’esecuzione e presentazione. Spesso compare il formaggio,soprattutto gli erborinati per i qualiha un debole e che d’altronde sitrovano anche nella vicina pianurapadana, e per quelli campani, la suaterra d’origine che giustamente nondimentica, come la mozzarella e laprovola. Citiamo ad esempio dalsuo menù: la Triglia con cavolonero e provola affumicata, e l’incre-dibile Plin di anatra, zuppetta difegato grasso, latte di bufala e lam-pone, un capolavoro di equilibriotra la grassezza del foie gras ed ilconfronto delle due diverse acidità della bufala e dei lamponi. Ma la nota bella, per noi amanti dei formaggi, è appunto il carrello dei for-maggi, o meglio i carrelli in quanto sono in genere per l’appunto due. E, cosaancor più rimarchevole, sono quasi sempre inseriti in tutti i menù degusta-zione proposti. La selezione costa 20 euro e, considerando il contesto, la classe con la qualeviene preparata e servita al tavolo, la varietà di generi tra i quali scegliere, èdi ottimo rapporto prezzo qualità.

Villa Crespi -Via G. Fava, 18, 28016 Orta San Giulio - NovaraTel. 322911902 – [email protected]

Castel Giorgio - Terni

Radici All’incrocio fra tre regioni, Toscana, Umbria e Lazio, non distante da localitàsuperbe come il lago di Bolsena, Civita di Bagnoregio (il borgo che sembraun presepe da non mancare soprattutto a Natale), Orvieto, c'è un paese chepochi conoscono, Castel Giorgio. E poco distante un resort di pochi mesi di

vita non considerando quelli dellockdown. Ecco che al centro di una pianu-ra boschiva lievemente ondulataappare il Borgo La Chiaracia,pigramente disteso lungo ilprato, con le sue tante opportu-nità e coccole all’interno. C’ètanto e ci sarà anche altro, manmano che la struttura verràcompletata. Ma già tra sale con-

ferenze, wellness, fitness, varie lounges, bar c’è da girare e godere. Anche la ristorazione offre due alternative, una più semplice ed una piùambiziosa. La responsabilità della cucina è affidata a Stefano Faioli, uno chefdi rassicurante presenza, solida esperienza, piglio determinato per gestire labrigata. Il ristorante si chiama Radici, un nome che dà la direzione e il sensodella cucina. Stefano, ben coadiuva-to dalla proprietà e dalla direzione, siè dedicato, e ancora di più nei mesidel Covid dove c’è stato tempo perriflettere e approfondire, alla scoper-ta dei piccoli produttori del territorio.Ed è già a buon punto. Il suo menù si sta arricchendo dilegumi ed ortaggi locali che siaggiungono a quelli dell’orto adia-cente, del maiale allevato in zona, eanche dei formaggi di un paio di pic-coli caseifici del circondario. Altra sua passione è il pane, e il cestino ne offreuna buona varietà compreso quella a lievitazione naturale. I latticini hanno una presenza diffusa nel menù. Pensiamo al kefir che apparesulla tartare di manzo con crostini e porcini e con il carpaccio di vitellone ezucca; al pecorino con la sua spuma nell’uovo con pappa al pomodoroall’amatriciana e guanciale croccante; al parmigiano in sottile cialda per darecroccantezza agli gnocchi di patate e castagne; e lasciatevi infine spazio peri dessert qui particolarmente curati come ad esempio il dolce di zucca edamaretto con la cremosina di capra.

Ristorante RadiciBorgo la Chiaracia - 05013 Castel Giorgio - TerniTel. 0763 627123 - www.borgolachiaracia.it

di LUIGI CREMONA E LORENZA VITALI

Peccati di gola

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FEASRFondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale:

l’Europa investe nelle zone ruraliProgramma di Sviluppo Rurale 2014-2020

Sottomisura 3.2

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NATALE ONAF

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F onti storiche trovano la pima menzione del casoncello nel 1386negli scritti di Castello Castelli nel suo Chronicon BergomenseGuelpho e Ghibellinum. Il casoncello entra a far parte delle paste

ripiene che hanno caratterizzato la cucina medioevale che scoprì l’impor-tanza di proteggere gli ingredienti con una sfoglia di pasta dando luogo aricette in cui la farcia era costituita da verdure, carne, pesce, formaggio, perpoi essere cotta prevalentemente al forno, ma successivamente in acquabollente. Basta citare i tortellini per ritrovare l’etimologia del torta o deiravioli perché sembra che il primo ripieno fosse ottenuto da un purè di rapearricchito con ricotta.I due personaggi storici connessi con le ricette delle paste ripiene sono statidei giganti della cucina medioevale. Il primo è Cristoforo di Messisbugo, ilnome è curioso perché al cognome Messi è stato annesso il suo nomignoloSbugo.La sua principale opera è Banchetti, composizioni di vivande et apparecchiogenerale pubblicato un anno dopo la sua morte nel 1549 e ristampato piùvolte fino all’inizio del 600.È a quest’opera che già elenca numerose paste ripiene, che si ispiraBartolomeo Scappi, cuoco privato di Papa Pio V, che nel suo monumentaletrattato di 6 libri “Mastro dell’arte del cucinare”, dedica un intero libro, ilquinto, ai pasticci e alle paste ripiene.A quei tempi la povertà regnava sovrana e queste squisitezze erano riserva-te alle tavole dei nobili e dei primi ricchi mercanti. Ma qualche concessionese la potevano permettere anche i comuni mortali, soprattutto per le occa-sioni festive come sponsali o ricorrenze religiose.Bergamo si trova fra Milano e Brescia, dove nel capoluogo si celebra la festi-vità natalizia mentre nella provincia bresciana è ancora viva la festa di SantaLucia. Queste feste natalizie ruotano tutte intorno al solstizio d’inverno chechiude il periodo di riposo dei campi e segna l’inizio di giornate progressi-

di Enrico Semprini

vamente più luminose. Prima gli imperatori romani e poi la religione cristia-na hanno quindi fatto ruotare su queste giornate eventi significativi comepotevano essere i compleanni imperiali o la nascita del redentore.Qualunque sia il giorno, 13 o 25 di Dicembre, in cui si festeggia la fine dellebrevi giornate autunnali e si guarda a un futuro sempre più luminoso, laricorrenza sottolinea l’importanza che aveva la luce solare nella vita di ognigiorno, dedita alle attività agricole e che ha poi generato con la geniale intui-zione di Beniamino Franklin. L’ora solare, ancora impera nel mondo nono-stante la maggior parte delle attività di lavoro e di svago sfrutti ormai l’illu-minazione elettrica facendoci dimenticare quanto importante fosse la lucesolare.Nel menù natalizio di Bergamo il casoncello ha sempre fatto da padroneperché la preparazione di questo piatto è laboriosa e il tempo e la curanecessaria per ottenere un prodotto di qualità potevano essere svolte solonei periodi festivi e celebrativi. Il casoncello natalizio era in regola anche con le norme dietetiche prescrittedalla Liturgia cattolica perchè i giorni di festa permettevano il consumo dicarni, proscritte invece nei periodi di magra. La sfoglia è la tipica pastaall’uovo con un uovo ogni 100 gr di farina, tirata a mano con spianatoia emattarello. Il ripieno varia in accordo alla disponibilità di ingredienti nellezone montane, nelle valli, nelle città e nella pianura. Di certo il casoncello è il piatto identitario bergamasco che sfrutta la gustosaprotezione della sfoglia e il saporito ripieno in cui il formaggio non viene maia mancare con il suo importante contributo di glutammato sodico. Nei ripie-ni non mancano prezzemolo, una benefica erba officinale che stimola ladigestione, qualche volta l’amaretto a ricordo di quando le mandorle veni-vano abbrustolite per sfruttare la loro componente dolce e amara al tempostesso.ll casoncello viene cotto in acqua bollente e condito con burro aromatizzatocon la salvia, qualche volta viene aggiunta della pancetta e non può mancareuna spolverata di Grana padano. Tipico della ricetta è la rosolatura del burrofuso fino a diventare noisette, perché le proteine del burro si complessano

producendo melanine (il colore caramellato) e complessi di carboidrati aro-matici (appunto il caramello), in cui si pongono delle foglie di salvia perchéi meravigliosi terpeni di questa pianta officinale contribuiscano una nota bal-samica e profumata a questa prelibatezza gastronomica. Viva in alcune famiglie è la tradizione del Casoncello Matto, il cui ripieno èdi pasta, manca quindi la farcia e che viene cotto insieme a tutti gli altricasoncelli chiamiamoli savi, perché preparati in modo canonico con la lorobella farcia. Quando il cibo viene imbandito, la persona che trova il cason-cello matto può interpretarlo come un segno di fortuna, può dover pagarepenitenza per questa sua fortuna, può mangiarlo furtivamente senza dirlo anessuno. Nella tavola natalizia bergamasca che può avvalersi dei meravigliosi prodotticaseari delle sue valli, il casoncello ha ancora una precisa funzione celebra-tiva anche se purtroppo una rapida scorsa ai menù della ristorazione com-merciale in provincia di Bergamo raramente include questa piatto nelmenù, a favore di altri primi piatti di altre regioni o Paesi. Dal mio punto di vista “vade retro Satana”, a Bergamo si mangiano icasoncelli, e lasagne, tortellini, strozzapreti almeno a Natale devo-no rimanere a casa loro (Natale con i tuoi!). Nessuna perplessitàinvece sull’abbinamento con il vino identitario della bergamasca,il Valcalepio, che è un classico taglio bordolese in cui la rudeirruenza tannica dei polifenoli del Cabernet Sauvignon, sisposa felicemente con la setosa e profumata complessità aro-matica del Merlot.Natale si avvicina, dopo un anno difficile e un forte richiamoalle tradizioni culturali e autoctone di un territorio, aiuta a com-prendere quanti altri disastri storici e sanitari deve aver visto ilcasoncello nei 635 anni che sono passati da quando fu menzio-nato ufficialmente in un testo storico, ancora compulsabile. Untempo il casoncello faceva parte dei primi piatti a cui seguivanocarni, pesci , contorni e dolci, e forse oggi potremmo far rivivere la suanascita come piccole torte ripiene e ritenerlo un piatto completo da far

seguire a un ben porzionato e presentato piatto di formaggi in cui il naso eil gusto possono navigare felicemente dal fungo ed il tartufo del taleggio benstagionato, fino ai sentori erbacei e balsamici del Formai de Mut. Ci facciamo quindi forza sulle nostre tradizioni per guardare avanti condeterminazione e ottimismo perché le ferite si rimarginino e perché la cul-tura, l’intraprendenza, la determinazione al lavoro dei bergamaschi possaprevalere. Infine, la nota scherzosa del casoncello matto è una buona occa-sione per strappare un sorriso anche nella solennità delle celebrazioni nata-lizie, sorridere a queste piccole tradizioni e ritrovare il buon umore.

È il “pezzo unico” senza farciamesso a cuocere con tutti gli altri:considerato un portafortuna, chi lo ritrova nel piatto deve pagare penitenza. Il tirchiose lo mangerà furtivamente

CasoncelloMatto

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• La riedizione del libro di Castello Castelli. In alto, il frontespizio dell’opera di Bartolomeo Scappi, il cuoco dei papi

Il menù del classico Natale bergamasco

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Ogni “rezdora” infatti ha il suo segreto per preparare unpiatto che sarà sulla tavola di tutti ma che al tempo stessosarà riconoscibile identità di ogni famiglia.Testimonianza di questa variabilità sono gli anolini, cosìchiamati per la loro forma, il piatto forte del pranzo natalizio.Il ripieno prevede una base di parmigiano impastato conuova e pane grattato bagnato con brodo di carne. A secon-da delle ricette famigliari può variare il parmigiano sia per lastagionatura sia come provenienza. C’è chi preferisce unripieno dove forte sarà il sentore di formaggio e quindi nesceglierà uno stravecchio e di montagna, saporito e pienodi aromi. C’è chi addirittura mette nel ripieno degli ano-lini lo stracotto di cavallo o di asino, o chi ancora ne uti-lizza soltanto il sugo. Vederli “galleggiare” in una zup-piera di brodo di manzo e cappone scalderà sicura-mente l’atmosfera. A tavola poi seguirà un tripudio dicarni lesse ed arrosto, per con-cludere una tradizio-nale carrellatadi dolci natali-

zi. Una su tutti la “spongata”, la cui ricetta tipica parmigianarisale alla seconda metà del ‘700: un dolce dalla formarotonda e schiacciata, una frolla ripiena con fruttasecca, uvetta, spezie esotiche impastate col miele.Natale è la festa per antonomasia della famigliache si ritrova intorno alla tavola in allegria, deli-ziandoci con i frutti che la nostra terra e ilnostro lavoro possono offrire. Generazionidiverse, famiglie numerose e rumorose.L’atmosfera si scalda. I più piccoli vanno adisegnare sui vetri appannati della fine-stra, mentre fuori il pettirosso -“l’ozlèn dal frèdd” - saltella tra lesiepi e viene a ricordarci chel’inverno è appena iniziato.Altre occasioni ci ritroverannovicini e certamente in compa-gnia di una scaglia di par-migiano e di un bic-chiere di buon vino.

Sbiadiscono i colori dell’autunno, che si spengono in unmelanconico bigiore invernale. Le giornate si accorcia-no bruscamente. Nell’aria si avverte tuttavia un qualco-

sa di magico, un sentimento che invita a ripararci nel caloredelle nostre case mentre fuori l’incalzare delle intemperie si favia via più invadente.Non ce ne siamo neanche accorti ed è arrivato dicembre, ilmese di Natale. Chiudo gli occhi e rivedo gesti simbolici, ritua-li di tempi passati ma che ancora oggi a Parma “City ofGastronomy” sono sempre attuali.Inizia quello che da noi è un mese completo di festeggiamenticon la notte di Santa Lucia, la notte più lunga che ci sia. Chinon si ricorda di aver apparecchiato la tavola prima di andarea dormire con una scodella di latte, due fette di pane imbur-rato o di una crosta di formaggio per la cara vecchietta? Emagari una carota ed un po’ di fieno per l’asinello?Si finirà il 13 gennaio festeggiando Sant’Ilario di Poitiers, ilvescovo patrono cittadino preso in prestito dagli Angioini pre-senti in città nel XIII secolo. Narra la leggenda che un calzolaiovedendo il Santo camminare coi calzari laceri gli regalò unpaio di scarpe nuove. Il giorno dopo lo stesso calzolaio trovòal posto delle vecchie scarpe due scarpette d’oro. Da allora lacittà è inebriata dal profumo della frolla burrosissima con cuivengono confezionate da pasticceri e fornai le golose scarpet-te dolci, decorate con glassa e zuccherini colorati.Nel mezzo ogni scusa è buona per sedersi a tavola con fami-gliari e amici, per scambiarsi gli auguri e condividere quelcalore, quella gioia dello stare insieme tipica di noi emiliani. Lestrade della città si accendono di luminarie e di alberi di Nataleaddobbati. E le nostre case si scaldano con le fiammelle diqualche candela e dei profumi che provengono dalla cucina.La “rezdora” mette insieme tutto ciò che servirà per prepararela cena di magro della Vigilia e il sontuoso pranzo di Natale.Tutti gli ingredienti provengono dalla nostra realtà contadina.Il ricco foraggio di erba medica e dei prati stabili, il fieno chele vacche mangiano ci regala un latte ricco che abili mani tra-sformeranno in ingredienti preziosi: burro, parmigiano ericotta. C’è uno stretto legame tra territorio e cultura, e la cuci-na è parte integrante della cultura stessa.E’ il pomeriggio della Vigilia. Il ritmo frenetico che attanaglia inostri giorni sembra rallentare e perdersi in momenti di armo-nia famigliare. Le nonne raccontano delle case di una voltacon la “stanza fredda” dove erano custodite tante prelibatezzee di un’altra stanza, la cucina, che si trasformava in officina ditortelli e anolini. L’aria profuma gradevolmente di lessi e stra-cotti che borbottano sulla stufa economica, mentre nel forno

lento lento cuoce “al ròst ad Nadel”.Sembra il Paese di Bengodi raccontato dal Boccaccio nelDecamerone, dove c’era “una montagna tutta di formaggioparmigiano grattugiato, sopra la quale stavan genti che niunaaltra cosa facevan che far maccheroni e raviuoli e cuocergli inbrodo di capponi...”Effettivamente servirà proprio una montagna di parmigianograttugiato per preparare i ripieni delle paste per questi duegiorni.I tortelli di magro della Vigilia sono un rettangolo di pastaall’uovo farcito con un ripieno di ricotta, parmigiano ed erbet-te (bietole) lessate. Rigorosamente andranno serviti “foghè int’al buter e sughè col formaj”, si legge affogati nel burro easciugati col parmigiano. Onore ed onere della nostra terraavere sulla tavola il Re dei Formaggi: il Parmigiano Reggiano.Quello entrerà in ogni portata accompagnato dal suo burropreparato con la panna affiorata nella notte e dalla ricotta,esaltazione di quel siero che si penserebbe essere uno scarto. Non si pensi che sia una cucina monotona. Si parla di tradi-zioni legate al territorio con sfumature prettamente famigliari.

AMARCORD

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NATALE ONAF

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QueiNatali diParmadi Gabriella Padova

Da Santa Lucia (13 dicembre) a Sant'Ilario di Poitiers (13 gennaio) nella Città e nella Bassa era un lungo mese difesteggiamenti, in cui la regola era indulgere a tavola. Ogni cucina

si trasformava in officinadi tortelli e anolini,

mentre nel forno cuocevalento “al ròst ad Nadel”

Arrosto di Natale, anolini in brodo

e tortelli alle erbettenon possono mancaresulle mense parmensi

nelle festività

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NATALE ONAF

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“Tanto per cominciare,l'abbinamento tra for-maggio e vino era

morto. Sul fatto non c'era ilminimo dubbio. Il registro delle sepol-

ture recava la firma dei bar e delle tratto-rie, delle paninerie e dei ristoranti. Avevafirmato persino un sommelier ottuagena-rio, e la firma di uno che aveva servitoGrace Kelly al Savini era una garanzia perqualsiasi cosa.”Potremmo cominciare così, parafrasandoper scherzo le prime righe del Canto diNatale di Dickens, immaginando unmondo invaso da onnipresenti taglieri diformaggi orbi di qualsiasi indicazioneutile, depositati frettolosamente al tavolocon un bicchiere di rosso senza etichetta.E scopriremmo che non siamo così lon-tani dalla realtà. Fatte le debite eccezioni,spesso collocate nell'ambito alto dellaristorazione, l'abbinamento tra formaggioe vino rimane il convitato di pietra di ognitavolo. Eppure, non è necessario fare lafine del Don Giovanni: seguendo basilariindicazioni è possibile abbinare comoda-mente gli uni con gli altri, componendouna sequenza felice di abbinamenti.Quale occasione migliore, allora, dellefeste di dicembre?I cenoni di Natale della mia infanzia,fedelmente alla vulgata della tavolatameridionale, erano traboccanti di intingo-li, calici e vassoi, e non mancavano maidel formaggio. Turgescenti mozzarelle,caciocavalli eretti come Farinata nell’arcadi Dante, scultorei ragusani già sbriciatidai coltelli facevano da solisti, mentretume, piacentini e pecorini, degni com-primari, sbordavano dai ripieni come lavalattescente, o fioccavano sui piatti comenevischio. Anche adesso che vivo alNord, e i corpacciuti provoloni, le for-maggelle e i paffuti gorgonzola hannosostituito i formaggi dei miei trascorsi, lefeste invernali rimangono l’occasione piùpropizia per apprezzare l’infinita varietàdell’arte casearia italiana, e per indagarnele infinite possibilità di abbinamento colvino. Ecco allora sei combinazioni, dal-

l’antipasto al dolce, per legare la Siciliacon la Lombardia. Un dialogo in cui ognipiatto del Sud dialoga con un vino delNord (e viceversa) per connettere i lembidella grande tavola di un paese che orapiù che mai ha bisogno di unità. Come molti piatti, la scacciata catanesenasce come forma di recupero degliavanzi, e costituisce un eccellente antipa-sto. Torta salata, la sua pasta, a base disemola di grano duro, trabocca di tuma, ilnome locale del pecorino messo in formada una manciata di giorni. Pasta semidu-ra, colore bianco, le forme, pesanti unadecina di chili, dopo essere ridot-te in pezzi, costituiscono l’ossa-tura di un ripieno che i puristivorrebbero in compagnia diuna manciata di acciughe eolive. Secoli di apprezzamento, ela ormai irremovibile nomea di piattodelle feste invernali, legata alla decisionedel nobile Giovanni Moncada, principe diPaternò, di servirla nel 1763 alla propriatavola di Natale, ne incoraggiarono levarianti, lasciando che cavolfiore, patateo prosciutto prendessero il posto delleacciughe. Ubertosa e strutturata, il cuoredi tuma, con un velo di sapidità e unapunta di acidità, la rende remissiva all’as-saggio, ideale con un Oltrepò PaveseMetodo Classico Pas Dosé, magari dasolo pinot nero, con un lungo periodo diaffinamento sui lieviti. Morbido quanto la tuma, ma diindole meno accondiscenden-te, il pannerone, da latte vacci-no, a pasta cruda semidura,nasce dalle mani dei monacidel Medioevo. Il suo nome pro-viene dal dialetto lombardo: “pane-ra” vuol dire infatti panna. Il suo peculiaresapore, tra il dolce e l’amaro, dovuto allegenerose dosi di caglio e a un processodi caseificazione che non prevede laminima aggiunta di sale, lo ha allontanatodai più. Non è un caso che siano rimastisolo due coraggiosi caseifici a produrlo,uno nel Lodigiano e uno nel Cremonese.Unito alle pere, che ne stemperano l’ir-

ruenza, il pannerone è invece un eccel-lente deuteragonista del risotto. Adaccompagnarlo, la morbidezza profumatadi un moscato bianco secco della spondasud della Sicilia, sempre in bilico tra sapi-dità marine e generosità alcoliche.Pasta filata, compatto e panciuto, da lattevaccino, l’etimo del caciocavallo provienedall’unione di “cacio”, nel senso genericodi formaggio, e “cavallo”, inteso comelocuzione, dall’uso di lasciare appese leforme “a cavallo” di un supporto, perchépotessero essiccare. Il suo profumointenso, il sapore deciso, specialmentenelle versioni più stagionate, costituisco-no l’ingrediente indispensabile dellapasta ‘ncasciata, resa celebre da AndreaCamilleri. Il suo Salvo Montalbano, ne “Leali della sfinge”, la abbina ad esempio a“un bianco tenero e ‘ngannevoli”, comepotrebbe essere un Lugana Superiore,prodotto della riviera lacustre gardesana,con un passaggio in legno e qualcheanno sulle spalle. Ingannevole è anche il falsomagro, capo-saldo della cucina siciliana. La parolacomposta, forse dal francese farce (far-cia) o dal latino falsus (infido, appunto)indica un rotolo di carne bovina avvolto-lato, il cui invisibile ripieno nasconde unagenerosa massa di tritato, pancetta euova sode. E formaggio, naturalmente, lacui scelta potrebbe ricadere su un pic-cante e sapido maiorchino, da latte crudo

di pecora, a pasta cotta edura. Un secondo daaffrontare con la limpidaenergia dei tannini di unValtellina Superiore. Figlio di altre valli, quelle bergamasche, ilTaleggio, a crosta lavata. Nacque dall’esi-genza di conservare le eccedenze dellaproduzione del latte di vacca. Burroso,pastoso, irrompe in bocca con la sua aro-maticità, portando con sé una tendenzadolce e, a volte, piccante. Unito allapolenta, che ne addomestica l’esuberan-za, si trasforma in un eccellente secondo,da sposare al generoso corpaccione diun merlot, vitigno che in Sicilia ha trovatoda tempo l’habitat più adatto ad acco-glierne le esuberanze alcoliche. Formaggio italiano erborinato per eccel-lenza, il gorgonzola nasce da latte vaccinopastorizzato. Venato dalle inconfondibiliformazioni blu e verdi, o grigie e azzurre,in unione con il mascarpone, opportuna-mente coronato dalle noci, dà vita a unatorta che può serenamente concludere ilnostro pasto. A esaltarne il carisma, labrillante veste ambrata di un MarsalaVergine Riserva. In genere a base di uvegrillo, opportunamente fortificato consolo alcol, e lasciato a riposare in botti dilegno per decenni, caldo e avvolgente,sapido di miele e di frutta secca, mette lasua elegante potenza al servizio del tene-ro formaggio dal cuore mordace.

Dialogo nord-sud a tavola

La tavola natalizia è l’occasione ideale per mettere insieme vini e formaggi ita-liani geograficamente distanti, sperimentando abbinamenti che uniscano, adesempio, la Lombardia con la Sicilia. La scacciata con la tuma, un pecorinomesso in forma da pochi giorni, sposa idealmente l’effervescente acidità diun Oltrepò Pavese Metodo Classico Pas Dosé. Poco conosciuto, ottimo conil risotto, il pannerone, col suo sapore dolce e amaro, trova un complementod’elezione nei profumi e nella sapidità di un moscato secco. La pasta ‘nca-sciata, col sapore deciso del caciocavallo, si apprezza meglio con un LuganaSuperiore passato in legno. Uno dei formaggi più indicati per il ripieno del fal-somagro, rotolo di carne farcito, è il maiorchino, perfetto con un ValtellinaSuperiore. Il binomio classico tra polenta e taleggio si esalta con la corpora-tura gagliarda di un merlot siciliano. La torta gorgonzola e mascarpone acqui-sta nuovi sapori se unito a un bicchiere di Marsala Vergine Riserva.

di Gherardo FabrettiScacciata con la Tuma

Oltrepò Pavese Metodo Classico Pas Dosé

Risotto Pannerone e pere

Moscato bianco secco

Pasta ‘ncasciata al Caciocavallo

Lugana Superiore

Falsomagro col Maiorchino

Valtellina Superiore

Polenta e Taleggio

Merlot

Torta Gorgonzola e Mascarpone

Marsala Vergine Riserva

Abbinare formaggio e vinosulla mensa delle feste Sei combinazioni,

dall’antipasto al dolce,tra Lombardia e Sicilia

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U no dei comandamenti dell’assaggiatore Onaf è di santificare ilNatale con un vassoio di formaggi di un certo impegno terri-toriale e culturale. Durante il cenone della vigilia o nel pranzo,

a seconda delle consuetudini, oppure, saltando i canoni, in un momen-to conviviale qualsiasi durante l’arco delle feste di fine anno. Vista lasostanziosità delle pietanze che precedono l’assaggio caseario, bastanotre caci e la coscienza di appartenere a un sodalizio nazionale come lanostra trentennale associazione e nel contempo il diritto di proclamareil nostro essere ambasciatori di latticini, vengono appagati alla grande. Che importa se uniamo il sacro al profano, del resto il Natale è santoper i credenti ma è altrettanto festa laica se non altro per lo scambio deiregali. Tutti festeggiano il Natale. E allora noi assaggiatori, credenti onon, regaliamoci quel formaggio che abbiamo sempre voluto degustarema non siamo mai riusciti a procurarcelo.

***A me viene un’idea. I pastori che più di duemila anni fa accorrevanoalla capanna di Betlemme a rendere omaggio al Bambinello, gli porta-vano qualche regalo tratto dalla loro povera vita di ogni giorno. Ricordoche da ragazzino, nel presepe umido di muschio fresco che raccoglievonei prati, ci collocavo sempre due pastorelli, uno con l’agnello al collo el’altro con una formaggetta in mano, seguiti dal gregge di pecore. Eccoquindi svilupparsi l’idea iniziale: diventiamo anche noi pastori per ungiorno e rechiamo sul desco di Natale il nostro formaggio. Che sia però un cacio di tradizione pastorale locale. In ciò siamo fortu-nati perché sulla nostra ancora bella Italia troviamo pastori di ovini unpo’ dappertutto. D’accordo, il più delle volte occorre cercarli ma noi di Onaf abbiamoamicizie e collaboratori dalle Alpi alla Sicilia che ci permettonod’individuarli. E poi abbiamo amici commercianti e affinatoriche ci danno i consigli giusti, per cui trovare un cacio pecorinodella nostra area geografica diventa facile cosa. In ciò sonopiù fortunati gli abitanti del centro d’Italia e del Sud, regioniricche di ovini e quindi di produzioni d’eccellenza. Ecco, per Natale cerchiamo il cacio di quel tale produttoredi cui abbiamo letto ottime recensioni sulla Guida deiFormaggi Onaf-Espresso: assaggiandolo possiamo descri-verne anche la genesi, oltre al suo profilo sensoriale.

***Al contrario dei poveri pastorelli, i tre re Magi coi loro cam-melli al seguito, recavano doni all’altezza della loro funzioneregale: oro, incenso e mirra. Noi invece portiamo quello cheriteniamo, in base ai nostri gusti personali, alla nostra culturae conoscenze casearie, il re dei formaggi. Per i piemontesi (e iolo sono) è il Castelmagno, nelle altre regioni non metto beccco non

volendo attirarmi i rimproveri degli amici. Fate voi. Al Nord ci sonograndissimi vaccini, al Sud straordinarie paste filate, sulle isole prege-voli produzioni al profumo di zafferano o di affumicato. Non rimaneche l’imbarazzo della scelta.

***Il terzo formaggio dedicatelo al “bambinello” che è dentro di voi.Perché, giovani adulti anziani, tutti nascondiamo nei recessi più delica-ti del nostro io, reminiscenze affetti gioie, che ogni tanto emergono,soprattutto nei momenti in cui rimaniamo soli, calati nel nostro cuore.Ebbene, il Natale è una festa buona, la più buona dell’anno, e quindivenga fuori anche la nostra bontà casearia di quando eravamo adole-scenti, di quando abbiamo conosciuto la prima ragazza nel pic nic almare, pane formaggio e tanto amore. Non importa se è un banale for-maggino (io non lo sceglierei perché già da bambino ne odiavo uno, cheandava per la maggiore e di cui taccio il nome, che mia madre mi davaa merenda perché “ti fa crescere meglio”). Io sceglierei un Camembert de Normandie, gustato sulle scogliere diEtretat con la mia Bruna e gli amici, quasi una vita fa, accompagnatoda un bicchiere di sidro. Al mio Natale vorrei quindi un Murazzano dipura pecora, un Castelmagno erborinato e un Camembert diNormandia e come vino un Barolo giovane. E tu, caro lettore?

3 FORMAGGI PER UN BUON NATALE

Un morso di cacio dei pastori, un boccone degnodei Re Magi e unassaggio di bontàcasearia legata

al bambinello che è dentro di noi

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Parafrasando il titolo di un celebre film, mi tornano alla mente ricordi dimolti anni fa, quasi preistoria. Erano i primi anni ’60 ed io, ragazzino,non guardavo solo i negozi di giocattoli con le macchinine Corgi Toys,

ma ero attirato anche dalle due sfavillanti vetrine di una ricca gastronomia diTorino, la salumeria Mingori di via Madama Cristina, vicino a dove abitavo. La mia attenzione era subito rivolta a un grande mastello colorato di mostardadi Cremona, con i suoi frutti invitanti, poi mi intrigava anche il vassoio con unamontagna di gianchetti o bianchetti che dir si voglia, con gli occhi argentati chebrillavano nel bianco candido dei pescetti, ma ciò che calamitava a lungo il miosguardo ero il grande banco dei formaggi sulla sinistra. Aogni visita di mia madre nel negozio, non potevo farmisfuggire l’acquisto di un nuovo prodotto.Per la verità, la mia attenzione era in particolare catturatadai formaggi francesi, con le loro confezioni ed i loronomi accattivanti, Caprice des Dieux, Camembert,Reblochon. Il mio preferito era Les Ducs, una crosta fio-rita di Normandia in una bella scatola di cartone, con lafoto di un giovane in abito medioevale. Qualcosa di similea un odierno Alpino Osella, però presentato in modochic. Era cremoso, dal gusto dolce e dalla crosta candida.Già allora i nostri cugini transalpini nel marketing ci asfal-tavano.Peraltro non erano solo i formaggi “glamour” ad attirarmi, mi piacevano moltoanche le rustiche tome di montagna di Bardonecchia, che mio padre acquista-va dai casari della zona. In quegli anni papà, con pochi amici, aveva iniziato l’av-ventura della costruzione degli impianti di risalita di Melezet ed io spesso loseguivo nelle sue escursioni in montagna, perché sapevo che in quelle zonec’erano delle grange dove i casari stagionavano le loro tome e si ritornava sem-pre a casa con un bottino nello zaino. Avevo imparato che dovevo preferire iformaggi con muffe rossastre sulla crosta, solitamente piuttosto spessa, dallapasta di un bel colore dorato e con un occhiatura evidente, profumo intensoed un po’ animale, gusto ad un tempo dolce e sapido ed una struttura legger-

mente gommosa: insomma, favolosa con un pezzo di pane croccante e l’ap-petito dei ragazzi. Ripensando a quei tempi, mi ritorna alla mente un episodio curioso. Era unpomeriggio di fine agosto ed accompagnavo mio padre e un suo collaboratorein un sopralluogo sulle piste da sci di Melezet, quando il tempo cambiò rapida-mente ed arrivarono delle nubi scure, che nel giro di pochi minuti iniziarono arovesciare un'abbondante pioggia. Riparammo in una grangia poco distante,abitata da un margaro e dalla sua famiglia, che conoscevamo, in quanto ciaveva talvolta venduto del formaggio. Mio padre parlava col caposervizio dipiste ed impianti, mentre io fui attratto dal lavoro del casaro che mungeva levacche: rivedo il secchio del latte con la schiuma provocata dal candido getto

della mammella e ricordo che sentivo il profumo dolcedel latte che contrastava il meno piacevole ed acreodore della stalla. Il margaro manifestava grande famigliarità con le vacche,come con persone di famiglia, mentre il figlio, un ragaz-zo più o meno della mia età, si muoveva con sicurezzacon i secchi e gli attrezzi, come chi conosce alla perfe-zione il suo mestiere. Il suo aspetto era “ruspante” e micolpì come, nelle pause, lavorava un bastone di legnocon il suo coltellino Opinel: mi pareva di avere un minus,come cittadino, rispetto a lui e probabilmente lui pensa-

va il contrario di me, ostentando sicurezza, nel suo ambiente. Passato il tem-porale, riprendemmo il nostro percorso, dopo aver acquistato un bel pezzo ditoma, un po’ per gratitudine, ma soprattutto come prova di quell’esperienza. Mi capitò di rivedere in seguito quel ragazzo e mi sembrò che tra di noi ci fosse,se non amicizia, almeno complicità, forse perché avevamo condiviso qualcosa,anche solo per qualche minuto. In ogni caso, per parecchio tempo, mi sembròche il formaggio prodotto in quell’alpeggio fosse speciale. Sono aromi, odori e gusti astratti, mentre, al contrario, rivivi quei ricordi e queimomenti quando annusi un formaggio di montagna con quelle caratteristiche.Sinceramente vorrei che Babbo Natale mi portasse una di quelle tome, certa-mente non impeccabili, senza Dop, senza etichetta, ma con quelle struggentisensazioni.

di Ettore Bevilacqua

Babbo Natale, portami una di quelle tome

Ricordi di unassaggiatore predestinato:il vassoio dei formaggi in vetrina a Torino,la sosta nella grangia dell'alpeggio a Bardonecchia

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Dice GamberaNATALE ONAF

di Armando Gambera

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Il tempo delle feste più amato dell’anno èormai alle porte, e siamo certi che molti divoi siano alle prese con la scelta non solo

delle più deliziose pietanze da servire in tavola,ma anche dei doni con cui omaggiare membridella famiglia, amici e persino ospiti dell’ulti-m’ora. E’ innegabile, al contempo, che questosarà un Natale particolare: dovremo inevitabil-mente sentirci più limitati e prestare maggioriattenzioni nel radunarci, ma dopo le vicende chehanno segnato quest’anno troveremo un rinno-vato piacere nel farlo. Al contempo però, sarannoin tante le famiglie e le aziende che non sarannopiù le stesse. Basti pensare a quelle del settore lattiero-casea-rio, segnate dalle perdite di prodotto e conse-guenti guadagni nei mesi di lockdown, e cheancora oggi ne risentono.

LE RICETTE di Fabio Campoli

di Sara Albano

INSALATA DI CHAMPIGNON, MELE E ROBIOLA DI ROCCAVERANO

Ingredienti per 4 persone• Funghi champignon piccoli, 250g• Mela golden, 1 • Robiola di Roccaverano Dop, 300g• Fette di pane tostato, 4• Maggiorana, 3 rametti• Succo di 1 limone• Latte• Olio extravergine d’oliva, 4 cucchiai • Sale e pepe

EsecuzioneLavate e sbucciate la mela, togliete il tor-solo e tagliatela a fettine sottili.Mondate con un coltellino i funghi dallaterra, lavateli rapidamente e sbucciatelitogliendo la pellicina esterna. Quinditagliateli sottilmente, uniteli alla mela econditeli con sale, pepe, il succo di limo-ne e l’olio extravergine. In una ciotolamettete la robiola di Roccaverano privatadella crosticina esterna, insaporitela conun trito di maggiorana fresca e lavoratelacon il cucchiaio, aggiungendo poco latteper renderla più cremosa. Tagliate lefette di pane a triangoli e tostatele inforno a 180°C. Componete il piatto ada-giando l’insalata di funghi e mele sulfondo, e accompagnando con il panetostato sul quale avrete adagiato la robio-la lavorata con due cucchiai in forma diquenelle.

SFORMATO DI CRESPELLE,TALEGGIO E VERDURE

Ingredienti per 6 persone• Crespelle grandi rotonde, 6• Besciamella, 1 lt• Taleggio Dop a cubetti, 250 g• Parmigiano Reggiano grattugiato, 100g• Zucca, 300g• Zucchine, 400g• Cipolla, 1• Sedano, 300g• Carote, 400g• Olio extravergine d’oliva, 7 cucchiai• Sale

EsecuzioneMondate e lavate tutte le verdure, poi procede-te tagliandole tutte a piccoli cubetti. Sistematelein una padella ampia irrorandole con quattrocucchiai d’olio, e lasciatele cuocere a fiammamedia alternando la presenza del coperchio,per ottenere un prodotto né troppo rosolato nétroppo ricco d’acqua. Una volta pronte, regola-tele di sale e tenetele da parte. A questo punto,sarete pronti per assemblare le lasagne di cre-spelle: ungete uniformemente una teglia altarotonda, poi disponete alla base una prima cre-spella, ricoprendola uniformemente con unostrato di besciamella, e cospargendo poi le ver-dure, i cubetti di taleggio e del parmigiano grat-tugiato. Procedete ottenendo strati identiciimpilandoli l’uno sull’altro, completando lasuperficie con la besciamella e il parmigianorimanenti. Cuocete in forno preriscaldato a180°C per circa 20 minuti. Una volta sfornate lelasagne di crespelle, lasciatele riposare almenoun quarto d’ora prima di servirle in tavola.

Regaliamoci un formaggio!

Gli animali non sono “macchine”, quindi la pro-duzione di latte non si è di certo potuta fermare:alcuni sono stati addirittura costretti a disfarsidella preziosa materia prima per non incorrerenei costi di produzione, del personale e dell’ener-gia che avrebbero dato luogo a prodotti senzaprospettive di vendita. Un problema che ha toccato soprattutto il com-parto di formaggi e latticini dalla breve vita com-merciale, quelli dalla breve stagionatura, quellicaratterizzati da una freschezza della pasta unicanel suo genere. Il pensiero va al Taleggio e alloStrachitunt, alla Robiola di Roccaverano e alMurazzano Dop: prodotti che per loro natura nonsi possono commercializzare dopo oltre 150

giorni di vita, dei quali alcune forme sononecessariamente andate perdute.

Non bisogna dimenticareinoltre quanto il mercato lat-

tiero-caseario nazionale contisul turismo - quello estero si èperso in questi mesi tra regoleimposte e paure personali - esul comparto della ristorazio-

ne, anch’esso fortementemesso alla prova nelle possibilità

sia di spesa che di vera e propria offerta commer-ciale al cliente, che in molti casi è diventata piùlimitata o comunque è andata incontro ad alcunemodifiche dettate dalle necessità di tempi di con-sumo al tavolo più veloci e dell’attivazione di ser-vizi di asporto e home delivery. E allora perché, sotto l’albero, non regalarsi eregalare un formaggio italiano di prima qualità? Alposto della classica scatola di cioccolatini, dellabottiglia di vino o del panettone, anche artigianal-mente infiocchettato, farà la gioia di ogni buongu-staio con un tocco di origina-lità e trasmettendo unsenso di sincero altrui-smo verso i nostri pre-ziosi produttorinazionali. Nond imen t i ch i amoche regalare unformaggio è unpo' come volerdonare una venta-ta di cultura e al con-tempo di buonumorein tavola: c’è chi ameràconoscerlo gustandolo in

purezza e chi lo utilizzerà per preparare le piùgolose ricette. Che si tratti di frico, di polenta, di fonduta, di cro-stini, di risotti, di sformati e paste al forno o dipreparazioni personalizzate con un tocco gour-met… il successo sarà sempre assicurato.Proprio come quello degli instancabili casarid’Italia che si vedranno ripagati meritando il giu-sto posto, prima sotto l’albero e poi in tavola.

NATALE ONAF

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FUORIPORTA

Banon, eleganzadell’Alta Provenza

La più piccolaAop francese è un caprino a latte crudoavvolto in fogliedi castagno e nasce in un paesemedioevalearroccato da sembrare un presepe

G iunge dall’Alta Provenza la più piccola Aop fran-cese e prende il nome da una cittadina medioe-vale, Banon, arroccata sulla collina con sotto di

sé campi di lavanda che sembrano laghi, quanto sonograndi. E’ una terra calma, questa, calda ma non troppo ericca di vegetazione. E’ l’antitesi della realtà provenzale piùa Sud, quella vicino al mare. Mentre là si celebra la movidae si intrecciano farraginosi percorsi turistici con tanto dicode, agitazione, e botte di vita, qui le strade si snodanocon curve larghe tra orti e vigne e quando si scende appa-re anche il granturco. I paesotti sono sistemati sui bricchicome presepi fuori stagione e le cittadine vivono una vitasenza fretta.Banon conta poco più di mille abitanti, ospita la più grandelibreria di Francia, “Le Bleuet”, ha belle vestigia medioevalied è il territorio di produzione della perla casearia cheprende il suo nome. Tutto qui, ma è quanto basta a giusti-ficare il viaggio.Il formaggio “Banon” c’era già ai tempi dei Galli e deiRomani, già apprezzato sulle tavole degli imperatori, masolo nel 2003 ha ottenuto l’Appellation d’OrigineControlèe che sarebbe la nostra Dop, solo che i francesi lachiamano diversamente.Si tratta di una formaggetta di latte caprino crudo, a pastamolle, avvolta in foglie di castagno. La crosta sotto le foglieè abbastanza morbida, di colore giallo crema, la pasta ècompatta, cremosa e morbida.La raccolta del latte nella fattoria deve essere quotidiana elo stoccaggio del latte prima della raccolta deve avvenire auna temperatura di 8°. Il latte, intero, viene lavorato acrudo e il tenore di proteine e materie grasse non è nor-malizzato. Qualsiasi trattamento fisico o chimico è vietato,ad eccezione del filtraggio, destinato ad eliminare le impu-rità macroscopiche, del raffreddamento a una temperatu-ra al di sopra dello 0 ai fini della conservazione e del riscal-damento del latte fino a un massimo di 35° prima dell'ag-

giunta di caglio. È proibito togliere dal latte o aggiungere adesso sostanze diverse dal caglio, dai fermenti lattici, daifermenti per l’affinatura o dal sale (cloruro di sodio). Il latte viene cagliato a una temperatura compresa fra i 29e i 35°. Per i formaggi prodotti in azienda, l'aggiunta dicaglio si effettua entro 18 ore al massimo dalla prima mun-gitura. Per la fabbricazione industriale ciò avviene entro 4ore al massimo, dopo la raccolta corrispondente all'ultimamungitura. Si procede al taglio della cagliata non più tardidi 2 ore dopo l'aggiunta di caglio.La cagliata viene estratta dalla caldaia e inserita manual-mente nelle fuscelle. Il formaggio è rivoltato almeno 2volte durante le prime 12 ore. Lo spurgo avviene ad alme-no 20°. La rimozione dalla forma dalle fuscelle si effettua24-48 ore dopo la formatura, quindi il formaggio vienesalato. L'affinatura si sviluppa in due tempi: inizialmente sul for-maggio fresco, non ancora ricoperto di foglie, a una tem-peratura minima di 8° per 5-10 giorni; dopo che il formag-gio è stato avvolto in foglie di castagno, si procede a unaseconda affinatura, lavorando a una temperatura compre-sa fra gli 8 e i 14°, per almeno 10 giorni. Il grado di umiditàdeve essere superiore all'80%. Prima di essere avvoltenelle foglie di castagno, le forme possono essere immersein acquavite di vino o di vinaccia. Questa duplice affinatu-ra, che dura almeno 15 giorni, consente lo sviluppo dellecaratteristiche aromatiche del formaggio.Le sensazioni olfattive, mediamente o molto intensesecondo la stagionatura, sono caratterizzate da note vege-tali e animali equilibrate che al taglio aggiungono note lat-tiche. In bocca è solubile con ricordi ammandorlati e dicrema uniti a lievi sensazioni fungine.Insomma, sarà la più piccola Aop francese, ma è una gran-de esperienza da provare. E’ un formaggio da consumarecon attenzione e felice predisposizione alla gioia gastrono-mica. Non tradirà. Si abbina perfettamente a bianchi strut-turati o rosati dotati di corpo e profumo. L’unica difficoltà,per noi, è reperirlo sui nostri mercati.

di Elio Ragazzoni

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FEASRFondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale:

l’Europa investe nelle zone ruraliProgramma di Sviluppo Rurale 2014-2020

Sottomisura 3.2

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Nella mia terza vita, mi capita di vivere aMiami in Florida dal 2018 e vendere viniitaliani. Nella mia prima vita ho fatto il diri-

gente d’azienda in Lombardia, nella seconda l’im-prenditore occupandomi anche di affinamento for-maggi e il professore universitario a Firenze. Nelpassaggio dalla prima alla seconda, nel 2000, sonodivenuto Maestro Assaggiatore in quel di Lodi.Non ho mai perso i contatti con i miei amicidell’Onaf ed eccomi quindi a raccontarvi dei for-maggi a Miami.E’ necessario comprendere subito il contesto in cuimi trovo, con caratteristiche uniche anche negliUsa. Miami, di cui Miami Beach è solo una dellezone e non certo la più affascinante, è un agglome-rato urbano tra oceano, laguna e rigogliosa vegeta-zione tropicale con circa 6 milioni di abitanti. Lapopolazione è a maggioranza ispanica, da cui ilnomignolo di Havana nord della città. Senza parluc-chiare lo spagnolo si combina poco. Da maggio anovembre la temperatura è sempre tra i 30 e i 40gradi con umidità altissima. Da dicembre a maggiotra i 15 e i 25. In queste condizioni la deperibilità di

molti cibi è davvero veloce e richiede attenzioni par-ticolari.La città è ricca, ma le differenze sociali sono comun-que molto evidenti e il flusso migratorio in arrivo daiCaraibi, dal Centro e Sud America è ancora intensononostante le attenzioni dell’amministrazioneTrump. Molti gli Italiani residenti.Nel sud della Florida non ci sono allevamenti se nonsparuti branchi bovini in lande desolate, gestiti dainativi discendenti del popolo Seminole. Esiste qual-che stabilimento caseario di media-grande dimen-sione che lavora con latte e cagliate trasportate.Tanti di questi formaggi, in genere molto simili ainostri primo sale vaccino, molto semplici e simili traloro, sono cilindrici con scalzo basso, facce piane edimensione medio piccola con denominazione tipoQueso Colombiano e rispondono alle esigenzedella gran massa di immigrati centro-sudamericanida Cuba, Haiti, Colombia, Venezuela, Perù,Republica Dominicana, ecc.Torno a sottolineare che in altre città americane lecose sono molto diverse per i motivi geografici, cli-matici e sociali di cui sopra. Purtroppo i buonissimiformaggi, anche a latte crudo, prodotti da veri casarinel nord-nordovest degli Usa recentemente vincen-ti anche a livello mondiale, qui sono praticamentenon presenti. Scelgo la tecnica dei luoghi d’acquisto descrivendo-vi: il negozietto di specialità italiane, il supermercatomedio per tutti, il supermercato chic con tendenzebio e generalmente caro.Vincenzo Gugliotta, venezuelano di origine italianaappassionato della nostra cucina, ex negoziante diferramenta, emigrato negli Usa nel 2015, ha creato“Origini”, un piccolo negozio di specialità alimentarisolo italiane nella periferia tropicale sud di Miami, inuna zona a cavallo di quartieri residenziali e quartieridecisamente meno ricchi. E’ il mio fornitore preferi-to e da lui trovo anche il Formaggio di Fossa insiemeai classici originali: Pecorini, Asiago, ParmigianoReggiano, Fontina, Montasio, un grandeCaciocavallo, l’Ubriaco e vari altri.

La qualità è eccellente, tutti i formaggi sono già por-zionati sotto vuoto tra i 200 e i 400 gr. Non esiste intutta Miami che ti taglino lo spicchio dalla forma almomento. Purtroppo da un punto di vista educati-vo, non vedere la forma del formaggio che acquistiè davvero riduttivo. Ha anche una burrata a marchioLioni, prodotta in New Jersey in vaschetta di plasticacon sottolineata in caratteri grandi la presenza dipanna. Direi che non sfigurerebbe affatto con unbuon prodotto industriale italiano.I prezzi sono alti ma questa è una costante dei for-maggi in Florida e credo in tutti gli Usa. I prezzivanno dai 20 ai 55 dollari al kg, nella fascia 20-30sono in genere industriali e poca cosa gustativa-mente. Sto cercando di convincere Vincenzo a togliere ilParmesan del produttore americano Belgioioso,recentemente arrivato nel banco e comunqueeccellente: ci riuscirò.Con i suoi formaggi ho fatto un apprezzatissimoevento di abbinamento formaggi-vini in una CigarHouse, sostanzialmente un bar elegante, dove i sociappassionati di sigari hanno settimanalmente anchela possibilità di assaggiare vini, liquori, cibi diversiraccontati da esperti del settore. Come vedrete dallalocandina sono incappati in simpatici errori nei ter-mini tecnici e io sono quindi diventato il primoSolminter al mondo, un sommelier di nuova gene-razione e anche un Master Formagest, altro espertodi formaggi del nuovo millennio!Se poi entriamo da Publix, grande catena di super-mercati della classe media, troviamo di tutto.Qualche forma intera ma sempre sotto vuoto sivede, ma finirà poi nel reparto taglio e sotto vuoto.Vediamo cosa può interessarvi. Il Parmigiano è benesposto e davvero dominante, l’unico con formeintere e grandi pezzi sotto vuoto a vista. Nellevasche, abbastanza disordinati, ci sono, in packa-ging vario plastico di piccola dimensione, formaggifrancesi, tanto Brie, Comtè, Gruyere, erborinati conspesso Gorgonzola e Grana Padano originale.Dominano i tipo Cheddar, spesso australiani e neo

zelandesi, alcuni davvero di buona qualità comel’Old Croc e con stagionature differenziate. Li usospesso in cucina grattugiati al posto del Parmigianoper il prezzo più abbordabile.Tanti i simil Gouda prodotti anche negli Usa con leproblematiche analoghe al Parmesan. In genere iformaggi sono in tre zone separate non vicine traloro: la zona prodotti davvero a prezzi bassi, la vascao lo scaffale con i formaggi di media alta fascia e lagastronomia dove, insieme ai salumi, ci sono i for-maggi in forma di grande sigaro da 4-6 kg, che ser-vono per i panini e vengono tagliati ahimè nelleaffettatrici da salumi. Domina lo stile Provolone, pro-dotto negli Usa anche con speziature diverse. Molto interessante è la diffusione e la popolarità diun formaggio da noi pressochè sconosciuto:l’Havarti di origine danese. Lo si trova ovunque invarie stagionature.L’Havarti è un formaggio di latte vaccino, a pastasemidura, prodotto e stagionato in Danimarca. Nelgennaio 2014, a livello europeo, è stata pubblicatauna domanda di registrazione dell’Havarti nel regi-stro delle Igp.Il suo metodo di produzione si caratterizza nel modo

in cui la cagliata viene separata dal siero, collocatanelle forme e poi sottoposta a fusione. Il suo internoè di colore biancastro con piccoli fori irregolari delladimensione di un chicco di riso. Ha un odore egusto delicato, acidulo e aromatico. Può essere diforma sia rotonda che rettangolare.Nei supermercati della catena Fresh Food, di fasciaalta, l’esposizione è più curata e il nostro ParmigianoReggiano è quasi sempre fuori banco posizionato inevidenza. Nella vasca refrigerata, molto più ordinatadi quella dei spmkt ordinari, troverete denominazio-ni originali europee note: molto presente ilManchego, il Munster, il Roquefort, la Feta, formag-gi di capra francesi, l’Emmenthal, il Comtè.Vi segnalo in chiusura la curiosa pratica sistematicae di grande successo in tutti i ristoranti italiani, nonsolo a Miami, di servire la pasta cacio e pepe nelleforme di Pecorino Toscano o Sardo, da cui poiviene scenograficamente trasferita con perizia varianei piatti. Altra singolarità non tradizionale del piattoè la spolverata con tartufo nero di origini varie, inmaggioranza italiano o spagnolo, qui apprezzato sututti i piatti esclusi dolci e pesci.

Andar per formaggi a Miami

di Giancarlo Russo

Nel Sud Florida gliallevamenti sonoscarsi e i pochicaseifici lavoranolatte e cagliate diimportazione Sui banchi deisupermermercati,con i Parmesan &Co,americani, dominano il tipoCheddar, i similGouda e i francesi(tanto Brie)Ma Parmigiano,Grana e Gorgonzolasono ben espostiIl successo deldanese Havarti, sconosciuto in Italia

REPORTAGE

• Vincenzo Gugliotta, venezuelano di origine italiana, nella periferia sud di Miami ha creatoun negozio di alimentari che propone una selezione dei nostri migliori formaggi

Page 22: In orma - Onaf · 2020. 12. 17. · vento e le rocce con le capre brade che dove mangiassero non si riusciva a capi-re. Giunsero in molti, ciascuno con il suo formaggio da mettere

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IL LATO CURIOSO

Non credo che siano molti i manufatti edibili più antichi del formaggio.La sua invenzione si perde nella notte dei tempi e infinite e meravi-gliose sono le declinazioni con cui, nel corso dei secoli, la “ricetta

base” è stata plasmata. Nasce tutto dal latte appena munto e da quel momentocomincia la meravigliosa avventura chiamata semplicemente formaggio chederiva dal latino “formaticum”, cioè “latte coagulato nella forma”, usato volgar-mente in luogo del classico caseus, da cui invece proviene la parola cacio.Ma il formaggio in tavola ha uno strano destino: raramente è protagonista,come altrettanto raramente può esistere un pranzo privo del suo contributo.Proprio come succede a certi ciclisti gregari, che non vincono le gare, ma checontribuiscono attivamente per portare alla vittoria il campione di turno. Ocome certi calciatori che non segnano molte reti ma che si trovano in ogniparte del campo, lavoratori infaticabili che mai si leggono nei titoloni dei giornalima che poi, in conclusione, fanno vincere gli scudetti.

Così è il formaggio, gregario campione: dadini di grana come aperitivo, a sca-glie sul carpaccio d’antipasto, grattugiato sulla pasta (quando ci vuole), fuso neisecondi (valdostane, melanzane alla parmigiana, ecc.) da solo a chiudere ilpasto o magari in compagnia di una pera. Persino nel dessert non è esentatotrovandolo gradito nei cannoli o presentato come cheesecake. L’unica obiezione che si può sollevare sull’utilizzo del formaggio in Italia è lascarsa attenzione prestata. Tanto siamo grandi utilizzatori di formaggio-grega-rio, rendendogli anche il dovuto onore, tanto siamo reticenti a dargli la respon-sabilità di piatto autonomo. Purtroppo è ancora insufficiente la cultura da partedi chi lo dovrebbe proporre, e ne consegue che la potenziale utenza rimanepriva di preparazione. Nonostante le abbondanti note negative, i golosi appas-sionati non mancano, anzi molteplici sono i seminari, le tavole rotonde, i con-vegni in cui il formaggio diventa un caleidoscopio di argomenti. Eros compre-so. Non è più tempo di ostriche, caviale e champagne. Almeno per chi a tavolacerchi una carica voluttuosa. A sostenerlo sono nutrizionisti e sessuologi cheuna volta ancora svelano i segreti dei cibi afrodisiaci. Che l’idea e la sostanzadella buona tavola siano legate all’amore, non è una novità, e lo confermanootto esperti su dieci, così come pare che i piaceri del palato siano il miglior via-tico (lo sostiene l’87% degli interpellati) per conquistare il desiderio del par-tner.Terminata la moda del caviale e dei crostacei, i veri interruttori della sensualitàsono alcune spezie (soprattutto il peperoncino) che per gli esperti è in gradodi stimolare il Vip, un ormone scoperto negli anni ’70, che agisce come uneccitante naturale. A poca distanza, il secondo gradino del podio spetta ai for-maggi (come Gorgonzola, Taleggio, Parmigiano) particolarmente ricchi di feni-letilamina, ormone prodotto dal cervello quando ci innamoriamo. Medaglia dibronzo per il miele che, oltre alle proprietà energetiche, evoca scene di sedu-zione ma anche di alto lirismo come nel Cantico dei Cantici, compostoprimadel IV secolo a.C.Nel tempo si sono tramandate alcune convinzioni - ancora oggi molto diffuse- per cui alcuni cibi siano afrodisiaci e, oltre a stimolare il desiderio, aiutano amigliorare le performance (per esempio, disinibendo), in realtà agiscono per lamaggior parte sulla componente psichica grazie ad esperienze sensoriali (sapo-re, forma, profumo) e a fattori psicologici e culturali (effetto placebo).E a fianco degli ingredienti afrodisiaci, dagli esperti arrivano i consigli e indi-

Amore e buona tavola

cazioni per sedurre il partner a tavola: dal cucinare a quattro mani (44%) allascelta dei colori delle portate e l’atmosfera: luci, profumi, musica (35%).Questo è quanto emerge da uno studio promosso da un periodico specializza-to e condotto su 110 sessuologi e nutrizionisti, intervistati sul rapporto tradesiderio e cibo in cui il formaggio recita una parte tutt’altro che secondaria. Si dice da sempre che il desiderio sia strettamente correlato con il palato e chealcuni cibi abbiano virtù afrodisiache. Si tratta di un mito da sfatare o esistonodelle basi che avallano questa credenza? A quanto pare il legame tra cibo edesiderio non solo esiste, ma è anche molto forte, come evidenzia il 41% deglispecialisti intervistati a cui si aggiunge il 30% che conferma con quali cibi puòavvenire. Ecco allora che gli esperti, al di là dei luoghi comuni, sono in gradodi confermarlo: la tavola rimane fondamentale per conquistare il partner(38%) a cui si aggiunge il 29% che lo ritiene molto importante.Ha ragione quel vecchio adagio che dice: “Si cucina sempre pensando a qual-cuno, altrimenti si sta solo preparando da mangiare”. Infatti cucinare per l’altroè più intrigante rispetto alla cenetta nel locale trendy della zona.Tra i segreti per sedurre, indubbiamente, c’è quello della programmazione edella preparazione in cui non deve mancare una preliminare ricerca delle golo-sità e dei formaggi particolarmente graditi dal partner (58%), o ancora meglio– secondo il 44% degli esperti – cucinare e svolgere i preparativi insieme. Da aggiungere ai suggerimenti forniti dagli esperti, l’utilizzo di prodotti e ingre-dienti del made in Italy dev’essere al primo posto (59%) oltre, naturalmente,alla scelta di portate saporite ma non troppo pesanti per lo stomaco onde evi-

tare l’effetto “abbiocco” (47%). Alcune sostanze contenute nei “nostri” alimen-ti come i polifenoli, migliorano l’umore, la sensazione del piacere, l’euforia e lamotivazione: funzioni fondamentali per l’intesa della coppia. Diffuse convinzioni sulle proprietà stimolanti del Parmigiano, del Grana Padanoo Trentino non possono essere smentite se pensiamo che una porzione da 50grammi di questi formaggi apporta ben 155 mg di triptofano (amminoacidoessenziale per l’uomo), 32 di magnesio, 5 di zinco, oltre 500 di calcio, chehanno effetto rilassante. Come se non bastasse, abbondano le vitamine B12che hanno importanti funzioni sul sistema nervoso perché migliorano la tra-smissione neuronale, intervengono nella produzione dei globuli rossi, quindicombattono la stanchezza dovuta all’anemia. E non basta. Sono anche presentinon indifferenti quantità di antiossidanti come la vitamina A, lo zinco e il selenioche, contribuendo a combattere i radicali liberi, aumentano lo stato di benes-sere, sempre utile alla coppia. Nonostante peperoncino, formaggio e miele concorrano in maniera vigorosaa stimolare l’eros, gli esperti suggeriscono alcune sane abitudini comporta-mentali come: evitare lo stress; praticare una costante attività fisica; dormireadeguatamente poiché il sonno è legato alla produzione del testosterone. Lamoderna scienza dell’alimentazione insegna che i processi dell’organismo, for-nitori di benessere, sono innumerevoli e molti ancora sconosciuti.Nella particolare “danza rituale” di corteggiamento, prendono vita le meravi-gliose specificità che contraddistinguono i nostri più intimi tratti caratteristici, lenostre visioni del mondo, i nostri comportamenti, i pensieri, le emozioni.Questa danza speciale e meravigliosa di mente, corpo e anima, prende forza enutrimento da elementi che costituiscono la linfa di una vita vissuta con inte-resse e connessa con l’immaginazione che permette di far emergere una ispi-razione creativae stimolante rivolta a pensare fuori dagli schemi, lontano daglistandard. Poi c’è la passione, il carburante che dà vita all’azione: vortici emozionali, sen-sazioni corporee, palpitazioni, tutto permette di percepire che la vita si sentenel corpo oltreché nell’anima. Ecco. La sensualità è come il silenzio, ti catturasenza parlare, e se si incontrano nella stessa serata cibi dalla equilibrata perso-nalità e un’atmosfera confacente, si creano i giusti abbinamenti, si realizzano legiuste alchimie.Non è necessario essere degli chef, ci vuole poco per organiz-zare una cenetta a base di formaggi, dal gusto dolce, saporito ostuzzicante, pro-prio come può essere l’amore.Eh si, perché la sensualità altro non è che il pia-cere dei sensi, piano piano, in un processo lento tutto da pregustare. Nel casoipotizzato, prima ammirando il ricco tagliere ricolmo di prelibatezze, appetitosee dai colori accattivanti, poi scegliendo con cura cosa assaggiare per primo.Infine, assaporare tutto, proprio tutto,magari accompagnando i ghiotti bocconicon un calice di bollicine. Ci può essere piacere più grande? Eccola dunque lasensualità, che è presenza, complicità, potenza delle tradizioni: formaggi super-lativi e il giusto vino, raggiungono toni edonistici, uniti nel far diventare vogliosoil nostro palato. Diventando complici nel rendere perfetta la nostra serata!

50 Passati di moda caviale e crostacei, i veri interruttoridella sensualità oggi sono lespezie e, in ambito caseario,i grandi stagionati. Perchéabbondano di feniletilamina,ormone prodotto dal cervelloquando ci innamoriamo

di Gianmario Giuliano

SFUMATUREDI FORMAGGIO

• Une boutique de fromages, Edouard Jean Dambourgez

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LA STORIA

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vare ancora cartelli che impedivano l’ingresso nei localipubblici ai cani e agli italiani. Vuoi per il costo, vuoi per lasituazione nuova per lui, la scelta sul tipo di vestito ade-guato si presentava abbastanza complicata;ma questa suaincertezza fu in un certo senso la sua fortuna. Il suo indugiare tra le bancarelle del mercato non era det-

tato solo dall’indecisione, ma anche dalla mol-titudine di pensieri che riempivano la suamente: il vestito, in quei momenti, rappresen-tava una rivoluzione della sua vita, quasi unarimozione del suo passato. Solitamente i ten-tennamenti tendono a farci perdere delleoccasioni, delle opportunità, ma a volte sonoanche in grado di regalarci delle piacevolisorprese. E così fu per il nostro Benito che,anche se distratto, si accorge del suo amicoVicienz’, cioè Vincenzo Gravante.

***Altre volte i due si erano incontrati, proprioal mercato, per scambiare due chiacchiere,così fu anche quella volta e il ‘caso’ volleche proprio prima di allontanarsi,

Vicienz’chiedesse a Benito come mai avesseancora la borsa vuota e alla spiegazione delmotivo, Benito ebbe come risposta la segna-lazione di un’interessante opportunità di lavo-ro in un caseificio a Vitulazio, non lontano dacasa, dove avrebbe potuto iniziare l’attività dalì a poco e precisamente il primo settembredello stesso anno.All’inizio poteva sembrare una delle tantesegnalazioni che riceveva, che alla fine si rive-lavano inconcludenti, soprattutto alla luce chel’attività lavorativa non era proprio immediata,ma avrebbe dovuto attendere 2 mesi e si sacome in questi casi la percezione del temposia molto rallentata. Ma l’idea di fare un viaggioin un paese straniero, lontano dal suo luogo di

nascita e lontano dai suoi affetti, lo spinse a volerci prova-re nonostante l’incertezza che solitamente accompagnagli inizi di una nuova attività. Non gli mancava certo la

L e coincidenze hanno destato curiosità ed hannoaffascinato gli esseri umani da sempre. Anche ilcaso è stato motivo di profonde riflessioni e di

grandi interrogativi, nonché oggetto di studio di illustri psi-cologi, filosofi ed anche esoterici. Esu questi due aspetti della vita, caso ecoincidenze, è nata ogni tipo di teoria.Forse uno dei primi ad interrogarsi èstato il padre della medicina,Ippocrate, secondo cui tutti i compo-nenti dell’universo sono legati da affi-nità occulte. Chissà cosa pensò Benito La Vecchiaquel lontano ultimo mercoledì di luglio1969, giorno di mercato a Caiazzo(Caserta), allorché era in procinto dieffettuare un acquisto che, fortunata-mente per lui, non fece mai, o meglio,se lo fece fu per motivi completamen-te diversi. Proprio per quella sincroniz-zazione tra due situazioni che nontrova spesso spiegazioni, Benito eraandato al mercato per comprare unabito che non serviva per un eventolieto, tutt’altro.

***L’abito che il giovane Benito avevaintenzione di comprare, infatti, eradestinato a fornirgli una dignità chespesso si faceva fatica ad ottenereindeterminate circostanze, in certiperiodi ed in quei luoghi dove la pre-carietà sembra essere qualcosa diineluttabile. Benito, infatti, aveva deciso di emigrare in Svizzera e avevapensato quindi di acquistare un vestito adatto non solo peril viaggio della speranza, ma che servisse anche a renderlopresentabile in un paese straniero, dove non era raro tro-

Nel Casertano la storiaesemplare di Benito

La Vecchia, che stava peremigrare in Svizzera

e invece decise di imparare l'arte in un caseificio localeChe poi ha rilevato,

lanciando la produzionedella mozzarella di bufala

Oggi, nell'azienda Il Casolare, la sua lezione

di coraggio e intraprendenza è portata

avanti con successodal figlio Mimmo

insieme alla famiglia

di Domenico Villani

voglia di fare e di impa-rare, anche se non ci pensava proprio che quello fosse illavoro che voleva fare da grande. L’attesa fu premiata e l’approccio fu positivo, tanto chenon passò molto tempo, che Benito diventò l’allievo pre-ferito del casaro del caseificio Santo Stefano. Passaronosolo 3 anni e divenne uno dei soci lavoratori, insieme adaltri tre, del caseificio. Spesso, quando la passione è tanta,diventa facile trasmetterla alle persone che ci sono accan-to, ma forse nel nostro caso non ci fu nemmeno bisognodi “contagiare”. Tante furono le volte che il nostro manca-to emigrante portò con sé il figlio Mimmo, che quest’ulti-mo ne rimase affascinato e fu proprio il fatto di vederecome anche il figlio apprendesse velocemente ilmestiere, che convinse Benito a rilevare il caseifi-cio completamente e trasferirlo, qualche annodopo, ad Alvignano, vicino alla casa di famiglia,così da essere uno dei primi, se non il primo,caseificio dell’Alto Casertano a produrre la moz-zarella di bufala.

***Cambiando luogo, Mimmo, che aveva nel frat-tempo prese le redini dell’azienda per la prema-tura scomparsa di Benito, cambiò anche nome alcaseificio, chiamandolo: “Il Casolare” per indica-re un loro manufatto di campagna ristrutturato.Affermare che il Casolare costituisce una splen-dida realtà del mondo caseario, sarebbe ridutti-

vo. Non solo per la particolare ed originale storia che c’èdietro, per la passione che attraversa tre generazioni, perquel magico incrocio di artigianalità e seria imprenditoria,ma soprattutto perché il risultato di tutti questi ‘ingredienti’è un prodotto di alto livello qualitativo. Attualmente, tutta la famiglia è impegnata nell’azienda,oltre a Mimmo, che non conosce giorno di riposo in quan-to se non è nel caseificio è impegnato a far conoscere ilfrutto della sua missione. C’è con lui la sua prima sosteni-trice, sua moglie Concetta, una donna dallo sguardo dol-cissimo, ma che per sopportare e supportare Mimmo pertanto tempo, non poteva non avere anche un carattere diferro. La terza generazione è rappresentata dal figlio,Benito junior, che si occupa del marketing e della comu-nicazione aziendale, e dalla figlia Filomena, che si occupadell’amministrazione. La squadra è completata dal fratellodi Mimmo, Pasquale, che coordina tutta la preparazione eproduzione del prodotto, da Donatella, moglie diPasquale, e da una quindicina di dipendenti.

***Tutti impegnati alla trasformazione di circa 150 quintali dilatte (bufalino e vaccino) al giorno, provenienti dagli alle-vamenti del territorio e le cui lavorazioni vanno per il 30%all’estero e del restante 70%, la metà è destinata ai mercatifuori dalla regione Campana. Certamente sarebbe augura-bile se dietro tutte le produzioni casearie, e non solo, cifossero storie simili a quella di Benito, che esprimono real-tà produttive che possono assicurare quella sostenibilitàche l’industria casearia, al momento, non è in grado digarantire, e che rappresenterà, in tempi brevi, non unsemplice argomento di vendita, ma l’unica opportunità nel

complesso mondo moderno in cui il settoreagroalimentare riveste un ruolo impor-tante.Fortunatamente di simili storie ce nesono diverse e conoscerle non è assolu-tamente un fatto retorico o solo sempli-cemente una questione di marketing,significa anche, e soprattutto, attribuire ilgiusto valore a un prodotto che vienedefinito, a volte, “l’oro bianco”, non tantoper chi lo produce, ma per milioni di per-sone che lo utilizzano in tantissimi modied in tutte le parti del mondo, tanto daessere uno dei prodotti più imitati almondo.

Mimmo La Vecchia e la sua famigliaal lavoro nel laboratorio

del loro caseificio;al centro e sotto un amarcorddei primi anni di produzione

L’abito fail casaro

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caciottone

P arlare del Caciottone di Norcia, che ha avuto il ricoscimento Igp e pos-siede una solida reputazione sul mercato, è facile ma nel contemporisulta difficile datarne la data d’origine in riferimento al suo areale di

diffusione: la conca nursina e i comuni di Cascia, Monteleone di Spoleto,Norcia, Preci, Poggiodomo.

CaratteristicheProdotto con preponderante latte bovino e una percentuale di latte ovinopastorizzato con aggiunta di fermenti lattici, caglio e sale, il Caciottone si pre-senta in forma cilindrica, a scalzo dritto con facce arrotondate. Le dimensionisono comprese tra i 20 ed i 22 cm di diametro ed i 9 e gli 11 cm d’altezza delloscalzo. Il peso risulta di 3,2 Kg ( ≅ 10 %). Esternamente presenta una crostaliscia, lavata, sottile e di colore giallo ocra. Il nome farebbe pensare alle suedimensioni ma ci piace pensare possa essere associato alla sua grandezza diformaggio, alla sua prelibatezza e unicità. La pasta ha consistenza morbida eburrosa, più tenace vicino alla crosta; al taglio il colore risulta bianco tendenteal paglierino, con lieve occhiatura da distacco.Elemento caratterizzante del formaggio è il rapporto tra latte bovino non infe-riore al 90% e non superiore al 95% e latte ovino non inferiore al 5% e nonsuperiore al 10%.

Metodica produttivaIl latte viene raccolto dagli allevamenti, poi preso in carico dal caseificio. Vienestoccato in silos alla temperatura inferiore ai 10° C. Di seguito subisce un trat-tamento termico di pastorizzazione a 70-72° C per un per unintervallo di 30-60 secondi. Successivamente viene trasfe-rito nelle “polivalenti” ad una temperatura ottimale perfavorire la coagulazione. Al latte presente nelle poli-valenti si aggiunge l’innesto (immissione di culturamicrobica) per inoculo diretto. Di seguito siaggiunge il caglio di vitello che consente la forma-zione della cagliata entro 35 minuti.Trascorso questo tempo si procede al taglio della

cagliata fino ad ottenere grumi delle dimensioni di 3-6 mm. Le forme presentinegli stampi vengono sottoposte a “stufatura” in camera calda ad una tempe-ratura costante di 35-40°C, fino al raggiungimento di un PH pari a 5,0-5,1.Durante questa fase le forme vengono ribaltate 3 o 4 volte.Passata la fase di stufatura si lascia raffreddare e si procede alla salatura. La sala-tura si effettua in salamoia di salgemma in una soluzione salina a concentrazio-ne di 18-20°Be (Bomè) per 24 ore, oppure tramite salatura a secco intorno allaforma. Eseguita la salatura, il Caciottone di Norcia Igp inizia il processo di sta-gionatura, prima della quale può anche subire un trattamento antimuffa. Poi ilformaggio matura in celle a temperatura e umidità idonee per un periodo dialmeno 60 giorni. Dopodiché è pronto per la commercializzazione e il consu-mo, avendo acquisito i caratteri sensoriali propri mediante i processi di matu-razione.

Zona di produzioneL’area di Norcia è da sempre considerata una delle aree più marginali dellaregione Umbria, ma anche una delle più belle, dal punto di vista naturalistico,dell’Appennino centrale. Questa terra “speciale” ha saputo esprimere un grannumero di produzioni di qualità, rinomate ben oltre i confini regionali. Vale la pena di specificare alcuni dettagli sul territorio di Norcia, in quanto cen-tro di riferimento politico e amministrativo dell’area. Tali qualità derivano daragioni storiche e sociali che hanno sempre visto Norcia come centro urbanodi maggior riferimento. In tal senso ha giocato un ruolo fondamentale la suaposizione di crocevia della viabilità e dei traffici tra Roma e il Medio Adriatico,lungo la via Flaminia.

La zona di caseificazione si individua in una definita area geografica dellaValnerina (facente parte della provincia di Perugia), con esattez-

za nel territorio dei seguenti cinque comuni: Norcia, Preci,Cascia, Monteleone di Spoleto, Poggiodomo. Il territo-rio di caseificazione si estende per circa 640 kmq,ha carattere prevalentemente montuoso, delimita-to a ovest dalle montagne di Spoleto e Trevi, men-tre ad est dai Monti Sibillini, ed è costellato danumerosi piccoli insediamenti che ne attestano ilcarattere montano e rurale.

TERRITORI/1

Prodotto in soli cinque Comuni nel lembo estremo dell'Umbriaverso i Sibillini, è a base di latte vaccino con aggiunta tra il 5-10% di ovino. Pur nel piccolo, gode di una solida reputazione per unicità e fragranza, ed è certificato dalla Igp

di Carlo Baccarelli

CACIOTTONE DI NORCIA

Bozza provvisoria

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TERRITORI/2

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Nel montuoso Abruzzo la tradizione casearia affonda le proprie radicinella particolare orografia del territorio, caratterizzato da una quasitotale assenza di pianure, fatta eccezione per le valli fluviali ed una

fascia collinare che dalla costa adriatica si alza verso le alture del Massiccio delGran Sasso, dell’Altipiano della Laga e della Majella. Numerosi sono quindi ipascoli che disegnano la fascia pre-montana e sono interessati dall’allevamen-to ovino e caprino, mentre a quote più basse vengono coltivati ulivi e la vite.Fra i contrafforti abruzzesi si svolgeva e ancora si svolge l’antica pratica dellatransumanza che, nel 2019, è stata dichiarata dall’Unesco Patrimoniodell’Umanità. Veniva esercitata lungo le vie erbose dei “tratturi”, tanto in lineaorizzontale, cioè ad esempio verso le aree pianeggianti della vicina Puglia,quanto in linea verticale, ossia verso i generosipascoli delle montagne abruzzesi.Ancora oggi, la maggior parte delle aziende cheallevano capre e pecore sono a carattere familia-re e sono proprietarie di greggi che difficilmenteraggiungono il centinaio di capi. Sono questegreggi che oggi effettuano, per lo più, la transu-manza verticale, cibandosi delle centinaia dispecie di erbe spontanee che caratterizzano iricchi pascoli. Ed è proprio questa abbondantevarietà di flora che garantisce una eccezionalericchezza di profumi ed aromi al latte ed ai suoiderivati.In contrada Paterno, nel paese di Atri (provinciadi Teramo), l’azienda agricola D’Amario eFeliciani, accudisce un centinaio di pecore e sidedica alla caseificazione da oltre 60 anni.Antonio e Tiziana, proprietari dell’azienda, sonogli unici titolari del marchio “Pecorino di Atri”Pat; unici produttori di un formaggio di cui si hatraccia sin dall’XI secolo, data cui si fa risalire il

reperto di un colino, custodito al Museo Archeologico di Atri, utilizzato perdare la forma al formaggio.Antonio e Tiziana continuano la tradizionale lavorazione del Pecorino sullabase degli insegnamenti della mamma di Antonio: lavorazione del latte crudo,lavorazione immediata del latte appena munto, utilizzo di caglio di agnello o,in caso di sua mancanza, di caglio vegetale di cardo selvatico o fico.Il mondo dei Pecorini in Abruzzo è davvero sconfinato, si pensi al Pecorino diFarindola, al Canestrato di Castel del Monte, al Pecorino di Pizzoli, al Pecorinodi Amatrice, al Pecorino di Scanno, al Pecorino Marcetto, ecc: produzionimolto spesso condotte a livello familiare, vere e proprie prelibatezze per ilpalato che talvolta non escono neppure dai confini delle mura domestiche,se non per raggiungere pochi amici o conoscenti. Va anche ricordato che nessun formaggio in Abruzzo può fregiarsi del rico-

noscimento Igp, né tanto meno della Dop; cosìil marchio del Pecorino di Atri rimane nelle manidella famiglia D’Amario e Feliciani, vista la diffi-coltà di mettere a fattor comune il lavoro delleaziende presenti sul territorio per tutelare unprodotto che è frutto della tradizione secolaretramandata di padre in figlio nella maggior partedelle famiglie del paese.Come vuole la tradizione Antonio si dedica perlo più al pascolo e alla cura delle pecore; Tizianainvece si occupa della produzione del formag-gio. Assieme, invece, procedono ancor oggi allamungitura manuale.Le specie ovine più diffuse sul territorio sono laGentile di Puglia, la Sopravvissana, la Comisana,la Pagliarola, la Sarda, ma anche la Massese, laBergamasca e la Lacaune che sono state intro-dotte solo negli ultimi anni.Tiziana ci racconta che mette il latte in caldaia(capienza massima 50 litri) portandolo ad unatemperatura di 37 gradi, poi aggiunge il caglio di

agnello che, fino a pochi anni fa veniva prodotto in forma autonoma pressoalcune famiglie, con la messa in infusione dell’abomaso unitamente a vinobianco, pepe, peperoncino. Dopo circa un mese, il risultato dell’infusioneviene filtrato fino a che non diventa limpido e può essere utilizzato.Latte e caglio stazionano circa mezz’ora in caldaia, fino alla formazione dellacagliata; questa viene quindi rotta a mano finemente, in pezzi picco-lissimi per farne uscire il più possibile il siero.Successivamente viene inserita nelle fiscelle, che solita-mente permettono di produrre forme che vanno dalmezzo chilo ai dieci chili. Il siero è riutilizzato per fare la ricotta, che vieneanche stagionata eventualmente con aggiun-ta di polvere di liquirizia (di Atri), zafferano(azienda Zafferano Sulpizi), arancia e limo-ne canditi, curcuma o tartufo.Nel periodo autunno-invernale, il climapiù fresco consente la conservazionedella mungitura della sera che vieneunita poi a quella del mattino seguente;d’estate, invece, le singole mungiturevengono lavorate subito anche se il quan-titativo di latte munto è limitato.Il Pecorino di Atri così ottenuto viene talvol-ta conservato in giare di terracotta dove puòsostare anche un anno; altre volte viene con-servato sotto olio Evo (pratica della tradizionelocale che conferisce al formaggio un gusto decisocon maggiore piccantezza), sotto crusca, trebbie dibirra (Agripub Opperbacco) o nelle vinacce diMontepulciano (Az. Agr. Cirelli) o Montonico (Agriturismo DomusColle Marmo), uve, ovviamente, del territorio.La stagionatura del Pecorino di Atri va dai tre mesi a oltre un anno; la crostamostra i segni delle fiscelle di vimini o plastica utilizzate, mentre i profumi e gliaromi del pecorino esprimono i sentori tipici della materia prima nelle stagio-

nature più brevi, i sentori erbacei, floreali e animali nelle stagionature più pro-lungate. La consistenza della pasta passa da una gentile morbidezza delle versioni piùfresche o quelle conservate sotto olio, ad una pasta che tende a scagliaresuperati i sei mesi di stagionatura, pur tuttavia mantenendo sempre una

apprezzabile morbidezza. Solitamente, al progressivo incrementodella consistenza della pasta, corrisponde un incremento

della piccantezza. Le forme prodotte nel periodo primaverile-estivo,

sono caratterizzate da un sentore erbaceo piùspiccato; la varietà di piante e fiori sbocciatinella nuova stagione consentono un’ali-mentazione dei capi ricca e variegata edil latte si arricchisce di note olfattivedecisamente diverse rispetto a quellodel periodo autunno-invernale.Il Pecorino di Atri è un prodotto stra-ordinario che incarna secoli di tradi-zioni e di arte casearia ma purtropporimane ancora un prodotto per pochi.Antonio e Tiziana mantengono tenace-mente in vita questa Pat che è espres-sione di un territorio unico collocato a

metà strada tra mare e montagna e chesubisce inevitabilmente, da un punto di vista

climatico, l’influenza di una Riserva Naturale,l’oasi dei calanchi di Atri, una tra le più belle e

autentiche d’Italia, il cui direttore, il dottor Adrianode Ascentiis è costantemente impegnato nel far cono-

scere e quindi tramandare alle nuove generazioni questa tradi-zione casearia la cui origine si perde nella notte dei tempi.L’auspicio è quello di vedere prima o poi nascere un Consorzio, un’associa-zione all’interno dei quali ritrovare riuniti i vari produttori che da Atri possano“esportare” il loro prezioso Pecorino verso le altre regioni d’Italia.

PECORINO di ATRIRARITÀ di ABRUZZO

Nell’azienda agricola D’Amario e Feliciani

la caseficazione ha una storia lunga 60 anni

Oggi sono un centinaio le pecoreallevate, il cui latte è destinato

alla produzione del Pecorino di AtriNella pagina accanto la contitolare Tiziana

Un formaggio di cuisi ha traccia sin dall’XI secolo. Antonio e Tiziana, continuandola vocazione di famiglia,sono gli unici titolari del marchio registrato come Pat

di Antonio Lodedo

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TERRITORI/3

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Penisola nella penisola, tacco dello stivale, laPuglia è una terra lunga stretta e variegata.Negli oltre 400 chilometri che separano

Lesina da Santa Maria di Leuca si assiste ad uncarosello di colori dettato dalle ondulazioni del ter-reno, dal grano, dagli ulivi, dai vigneti, dai boschi edai pascoli. Montagne, colline e pianure, contorna-te da una linea blu che avvolge quasi tutto il territo-rio, fanno di questa regione una zona unica nel suogenere. Dal punto di vista caseario la Puglia è la patria dellaBurrata (Igp), del Canestrato (Dop) e di una lungaserie di produzioni che si diversificano in base allalatitudine e all’altitudine. Nel cuore della regione,infatti, circondata da stuoli di vacche frisone ebrune, in un territorio collinare (la Murgia) nasconoottime mozzarelle. Ma tutto questo non è che l’an-tipasto di quanto vi si può trovare attraverso unaricerca attenta e dettagliata. Allora, andando conordine, si può provare a fare dall’alto verso il basso,un piccolo viaggio di scoperta, andando ad analiz-zare quanto di buono questa terra ci mette a dispo-sizione.Il punto di partenza lo fissiamo sul Gargano. Siamoin provincia di Foggia, unica zona pugliese annessaal territorio di produzione della Mozzarella diBufala Campana Dop. In quest’area, l’arte della

lavorazione delle paste filate è antichissima.Salendo di qualche metro, attraverso strade strette,ricche di curve e tornati si arriva su di un promon-torio: una vera terrazza naturale che si proiettanell’Adriatico, una terra “colonizzata” dalle podoli-che, vacche decisamente poco produttive ma il cuilatte vanta un profilo sensoriale unico. Il Caciocavallo podolico del Gargano (Pat) dallacaratteristica forma a pera e dalla testa piccola eallungata, è apprezzato al meglio dopo 8-10 mesi distagionatura, quando tutte le caratteristiche di unapasta filata stagionata emergono tutte. Grasso,mediamente dolce e lievemente sapido, col tempoproduce sentori olfattivi e aromi decisamente com-plessi. Lievemente piccante, ha una persistenzagustativa medio elevata.Formaggio molto particolare, a volte difficile damangiare e abbinare. Anche se il territorio foggianoin questo compito ci aiuta molto proponendo unvino rosso da una storia antica: il Cacc’eMmitte diLucera Doc. Questo deve il suo nome dialettaleall’antica procedura di vinificazione: i proprietaridelle tipiche masserie provviste di vasche per lapigiatura dell’uva davano in affitto le attrezzature perla vinificazione e le operazioni dovevano terminareentro la giornata di fitto per lasciare libere le attrez-zature all’utilizzatore successivo. Pertanto un affit-tuario toglieva il mosto appena prodotto dallevasche della tenuta (cacc) per portarlo nelle proprie

cantine, e un nuovoaffittuario versava nellevasche (mmitte) la propriauva da pigiare.Nero di Troia prevalentemente, masono ammessi in uvaggio ancheMontepulciano, Sangiovese, Malvasia nera,Bombino bianco, Trebbiano e Malvasia bianca.Colore rosso rubino profondo, che può virare algranato con il passare del tempo. Corposo, daltenore alcolico sostenuto e dal tannino gentile eaddomesticato, è il compagno di merenda ideale

visti i sapori un po’ rustici delCaciocavallo Podolico. Scendendo qualche chilometropiù a sud, a dominare sono lepianure a perdita d’occhio. IlTavoliere è la terra del grano,che in passato ha sempreaccolto le greggi di pecoretransumanti provenienti dallemontagne circostanti diCampania, Molise, Abruzzo e

Basilicata. Cosa che ne ha fatto,oggi, terra del Canestrato pugliese.

Questo pecorino deve il suo nome aicanestri di giunco in cui originariamente

era messo in forma. Particolarità da segnalare èil trattamento con olio di oliva che le forme subisco-no durante il periodo di maturazione. Formaggio complesso al naso come in bocca, cheè possibile apprezzare ancora di più in compagniadi un calice di Primitivo di Gioia del Colle Doc. Inparticolar modo uno di quelli che fa un minimo

passaggio in botte e che ne arricchisce dunque ilprofilo olfattivo e gusto-olfattivo. Un rosso che con-serva sempre le sue note originarie di ciliegia e dimora, accanto a cui si stagliano effluvi speziati diliquirizia o di erbe di campo. Continuando il viaggio, restando sulla più ampiapianura della regione, si arriva ad Andria, terra dellaBurrata, formaggio ormai noto e desiderato in tuttii continenti. Il prodotto, dalle numerose consisten-ze, non è altro che un sacchetto di pasta filata ripie-no di panna e sfilacci di pasta filata. Più sarà fine laparte esterna, più saranno amalgamati gli sfilaccialla panna, tanto più gustoso sarà il morso. Proprio in virtù di queste molteplici sensazioni,legate al latte, rese acidule e dolci al tempo stesso,il matrimonio perfetto è quello con una bollicina,un metodo classico brut da Bombino bianco maga-ri, come quelli che nascono nella zona di SanSevero e maturano in cantine interrate che si svi-luppano sotto le strade della cittadina foggiana. Raggiungendo il cuore della Puglia, si approda nellaterra della Mozzarella. Al centro delle Murge infatti,a partire da Gioia del Colle (l’iter per la Dop è instandby dopo un ricorso da parte della Germania)e allargando l’orizzonte disegnando cerchi concen-trici, il territorio storicamente si è vocato alla pro-duzione di questa pasta filata fresca da latte vacci-no. La tradizione parla di latte crudo e sieroinnesto:da qui i sentori aciduli e di panna acida che inbocca trovano una esplosione equilibrata di sapori. Elastica ed umida, necessita di un vino fresco esecco per poter essere apprezzata al meglio. Unvino bianco, come quelli tipici della valle d’Itria: unaVerdeca in purezza o un Locorotondo Doc. Vini incui emergono freschi sentori fruttati di agrumi e dipera ma anche di spezie, che ne amplianola silho-uette, utili ad armonizzare ed equilibrare i sapori delformaggio fresco. Scendendo ancora verso sud, spostandosi sul ver-sante che degrada verso il Mar Jonio, è possibileincontrare numerose masserie che lavorano il pro-prio latte. In tante di queste, quotidianamente, siproduce la Giuncata (Pat). Storicamente, le fami-glie contadine adagiavano la cagliata calda e appe-na estratta in cestini di giungo dai quali ha poi

preso il nome questo formaggio fresco che si pro-duce in ogni angolo della regione. Non vi è alcunasalatura, se non in maniera blanda quando il latte èancora in caldaia, cosa che conferisce al formaggiouna delicata tendenza dolce. Alla fine la strutturarisulta compatta, dal forte sentore lattico, di pannaed erba fresca. Detto ciò, uno dei vini da abbinare a questo storicoprodotto potrebbe essere un Minutolo in purezza.Quest’uva, coltivata in Puglia sin dal 1200, permolto tempo è stata catalogata come sub-varietà diFiano e per questo motivo i coltivatori pugliesi lohanno denominato ora come Fiano aromatico, oracome Fianello e più recentemente come FianoMinutolo. Come altri antichi autoctoni non moltoproduttivi (grappoli di piccole dimensioni e spargo-li), era vicino all’estinzione quando, nel 2000, alcu-ni lungimiranti produttori ed enologi avviarono unarigorosa selezione massale nelle vigne della Valled’Itria dove il vitigno era, ed è ancora, diffuso. Nel 2001 si è fatta definitiva chiarezza:quest’uvamostrava parentele con il Moscato bianco e ilMoscato di Alessandria. A seguito di queste sco-perte e, al fine di evitare inutili confusioni, si è deci-so di utilizzare, come nome ufficiale per questavarietà, il termine Minutolo.I vini che nascono daquesti grappoli dorati hanno una spinta olfattivaaromatica molto forte e al palato si presentano fre-schi e sapidi.Il viaggio virtuale in terra pugliese si conclude inSalento dove è forte il legame con un prodotto dinicchia: la Ricotta forte (Pat). Questo è un latticinocremoso e poco compatto, dalla consistenza spal-mabile, che si ottiene dalla maturazione e fermen-tazione della ricotta. Questa viene lasciata per circa30 giorni in cella umida e fredda prima di esseresalata e lasciata a stagionare per almeno 3 mesiprima di essere messa in commercio e consumata.Deve il suo nome, forte, alla possente forza olfatti-va e gustativa. È consumata da sola, spalmata sufette di pane bruscato o per arricchire alcuni piattidella tradizione gastronomica locale.Per abbinare tali sapori e aromi c’è bisogno di unvino morbido e alcolico. Un rosso corposo di quelliche nascono alle calde latitudini salentine, come unNegroamaro o una Malvasia di Lecce. Uno di queivini che vengono prodotti con uve molto mature oleggermente appassite, capaci di rendere omaggioa una produzione casearia per molti ma non pertutti.

Un viaggio di 400 kmtra formaggi e viniche si diversificano in base alla latitudinee all’altitudineL’itinerario parte dal Gargano e attraverso il Tavoliere e le Murgearriva nel Salento

Colori, odori esapori di Puglia

Vacche di razza Podolica e un gregge al pascoloI formaggi nella foto: dall’alto, la Ricotta Forte,

il Caciocavallo Podolico e la Burrata

di Daniele Apruzzese

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Vi sono molti racconti e romanzi che par-lano, più o meno incidentalmente, deiformaggi o di singoli formaggi. In vista

delle festività natalizie un libro può essere unabuona idea regalo, a se stessi o ad altri amici econoscenti. Entrare in una libreria fa semprebene, ci si può far consigliare da titolare e com-messi, magari serve a mettere una pulce nel-l’orecchio o nel naso (comunque nel gusto)anche a loro. Ovviamente, si può parlare di for-maggi nei libri per ragazzi, se non altro perchéhanno spesso protagonisti i topi, che ne sareb-bero pare ghiotti. Riferimenti “formaggiferi” nonmancano in narrazioni e storie di ogni altrogenere letterario, comprese le poesie.Qualcuno ha scovato anche una lirica intitolata“Ode al formaggio”. Bisognerà fare una raccoltaprima o poi delle relazioni tra formaggi e fiction.E dovremo tornarci sopra. Segnalo, giusto perfare un esempio, il bellissimo titolo del godibilelibro del grande storico italiano Carlo Ginzburg(Torino, 15 aprile 1939), Il formaggio e i vermi.Il cosmo di un mugnaio del ‘500, Adelphi 2019(1° edizione Einaudi 1976), pag. 231, euro 24,di grande successo di pubblico oltre che fra glispecialisti, tradotto già in 23 lingue.Nel volume citato, Ginzburg, sulla base di unaricerca sulle classi subalterne del passato (chemostra l’ambiguità del concetto di “cultura

popolare”) e di un'analisi approfondita di alcunespecifiche carte processuali, prende in esame levicende di un ignoto oscuro (ma capace di leg-gere e scrivere) mugnaio friulano del XVI° seco-lo, Domenico Scandella detto Menocchio(1532-1599), per due volte sottoposto a pro-cesso per eresia da parte del Sant’Uffizio, unaprima volta condannato al carcere a vita (poiliberato con atto di clemenza per le cattive con-dizioni di salute e per la precaria situazione eco-nomica della famiglia) e succes-sivamente, a quindici anni didistanza, arso al rogo comerelapso e pertinace. Ginzburg mostrava come dietroalle confessioni dell’imputatointerrogato (accusato di soste-nere che il mondo nasce dallaputrefazione), dietro alla suadescrizione della Cosmogoniasi celassero influssi della Bibbiae di altri libri in qualche modoletti, ma anche elementi dellacultura popolare, alcuni deiquali presumibilmente di origineorale antichissima. L'idea della nascita del viven-te dal non vivente (i vermi dal formaggio), peral-tro, era in quel periodo appannaggio della cultu-ra ufficiale e non solo delle credenze popolari, eparadossalmente era considerata un'idea di tiposcientista in quanto contrapposta all'idea di

creazione da parte di un essere superiore.Il fatto è che il formaggio fa parte del vivente, èun prodotto naturale secondario, nasce dallafermentazione, dipende sia dai viventi batteriunicellulari e funghi uni e pluricellulari, ordinibiologici né animali né vegetali, con completaautonomia vitale e replicativa,sia da umaneviventi pratiche sul latte animale, possibili e spe-rimentate dopo la fine dell’ultima glaciazione edella vita errante, con l’avvio stanziale e diffuso

dell’agricoltura e dell’alleva-mento. La fermentazione del latte è ilrisultato dell’azione di microor-ganismi apportati con il caglio onaturalmente presenti nel latte,e della relativa attività metaboli-ca, microorganismi che posso-no essere naturali contaminantidel latte ovvero aggiunti delibe-ratamente sotto forma di coltu-re, e che poi influiscono anchesul sapore, una popolazione“infinita” che si sta riducendoper via di un’agricoltura sempre

più standardizzata e artificialmente chimica. Come noto, tutti i formaggi derivano da tale“fermentazione” e dalla successiva eventualematurazione, indipendentemente da una stagio-natura breve o lunga, quelli definiti freschi siottengono quasi solo a partire dalla coagulazio-

SCAFFALE

di Valerio Calzolaio

La biblioteca del formaggio

Nella scia del godibile “Il formaggioe i vermi. Diario di un mugnaio” di CarloGinzburg, altre due opere d’autoreraccontano il mondodella fermentazione

ne del latte, i più, quelli definiti formalmente fer-mentati (o anche erborinati), hanno sviluppatoed evidenziano sulla superficie della pasta dellemuffe (fungine), sotto forma di venature dalcaratteristico colore verde tendente al blu. Talimuffe sono il risultato di trasformazioni di carat-tere fisico e biochimico.Sulla fermentazione suggerisco due libri cheaccennano anche ai formaggi. Il primo è diSandor Ellix Katz, Il mondo della fermentazio-ne. Il sapore, le qualità nutrizionali e la produzio-ne di cibi vivi fermentati, Slow Food Editore,2018 (orig. 2016, 2° ed., trad. Carlo Nesler),pag. 350 euro 18, che spiega anche comegarantirsi eventualmente caseificazione in casa.Tutte le forme di vita sulla terra hanno originibatteriche e alcuni batteri, fra l’altro, mettono inatto straordinarie trasformazioni culinarie. La fermentazione è alla base di molti dei nostrialimenti principali e di alcune squisitezze comecioccolato, caffè, vino, birra e formaggio. Il ter-mine fermentation si usa allo stesso modo intante lingue e, per tutte, deriva dal latino ferve-re, ribollire, lo spunto storico e fisico è quantoaccade all’interno del mosto nel processo divinificazione. Un insieme di micro-organismi(batteri) catalizza la trasformazione di molecole(in genere carboidrati) presenti su piante o loroparti o loro derivati o su derivati di specie ani-mali, che possono essere alimenti o cibi ancheprima e, dopo, acquisiscono caratteristichenuove e diverse, spesso “migliori” dal punto di

vista del consumo umano, visto che poi risulta-no più digeribili e nutrienti, capaci di essereconservati a lungo e di proteggerci da malattie.Esseri umani sapienti (e forse prima anche altrespecie umane) lo hanno veduto di persona indiretta, facendone ben presto un progetto e unprocesso, derivandone prodotti agricoli secon-dari, dal miele all’idromele, dal succo d’uva alvino, dal latte al formaggio, dalla farina di cerealial pane, quest’ultimo tramite il fuoco (scopren-do che la cottura induce ulteriori modificazioni). Il secondo libro consigliato sulla fermentazioneè altrettanto odoroso e divertente. Lo ha recen-temente pubblicato il giovanissimo micologoMerlin Sheldrake, L’ordine nascosto. La vitasegreta dei funghi, Marsilio 2020 (trad. AnitaTaroni e Stefano Travagli), pag. 377 euro 20,che sottolinea come i “fermenti” siano appuntofunghi, una materia vivente a parte. I funghi sono uno dei regni della vita, unacategoria vasta e affollata quanto quelladegli altri regni, degli animali e delle pian-te. Si stima che al mondo esistano tra i2,2 milioni e i 3,5 milioni di specie difunghi. A qualcuno possono particolar-mente incuriosire proprio i funghi lievitiche sono gli involucri più semplici divita eucariote e condividono la storia piùintima con gli esseri umani. I lieviti ciaddomesticarono e indussero alla vitastanziale durante la lunga transizione neoli-tica: appena entrano in contatto con una solu-

zione zuccherina tiepida la fanno “fermentare” edallo zucchero arriva l’ebbrezza dell’alcol (s’ini-ziò dal miele delle api e dal mosto dell’orzo peri primi prodotti alcolici), oppure “danno vita” aipani e ai formaggi sempre attraverso la fermen-tazione.La fermentazione è forse l’argomento più liricodi quelli connessi alle scritture sul formaggio, ilprocesso crea qualcosa di biologicamentediverso, coniuga vivente umano e vivente nonumano, trasforma liquido latte in solido cibo,richiama culture e discipline differenti, mescolainsieme inevitabilmente finzione e realtà, sugge-risce altri pensieri e altre letture. La prossimavolta.

• Carlo Ginzburg

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Sabato 10 ottobre il Consiglio direttivo nazionaledell’Onaf si è riunito a Bologna. Anche in questoanno così particolare, quindi, la maggioranza dei

consiglieri ha potuto, almeno una volta, incontrarsi fisica-mente. Si è trattato in realtà di una riunione ibrida, in pre-senza per 15 consiglieri, in video-conferenza per altri tre,impossibilitati a intervenire.Il proseguimento di corsi, degustazioni, fiere è fortementeincerto. Nuovamente si profila la possibilità di una clausuraforzata e ancora una volta i consiglieri si sono confrontatisull’applicabilità di incontri a distanza per attività comequelle proposte dall’Onaf, in cui il momento della degusta-zione di un medesimo campione di formaggio da parte ditutti i partecipanti è fondamentale. Di nuovo tale ipotesi èstata vista come soluzione estrema, per il momento è pre-feribile piuttosto il rinvio degli appuntamenti sino a quandose ne possa garantire uno svolgimento totalmente sicuro esereno. Onaf parteciperà a Terra Madre Salone del Gusto quale

esecutore di attività di promozione per tre Consorzi di tute-la. Anche l’evento organizzato da Slow Food adotterà unaformula mista di eventi on line ed altri in presenza. Nel pro-gramma ufficiale saranno quindi presenti tre momenti didegustazione gestiti da Onaf per i tre consorzi, ma altripotranno essere inseriti al di là di tale collaborazione, fattosalvo il rispetto delle linee guida di Slow Food. Si prospettano tempi duri, per Onaf come per tutti. Saràimportante individuare nuove forme di finanziamento.Questo il motivo che suggerisce di considerare la creazio-ne di una fondazione tra Onaf, in quanto editore della rivi-sta InForma, e altri soggetti dell’editoria. Sarà allo stesso tempo sempre più importante la fidelizza-zione dei soci. L’impegno che da alcuni mesi si sta dedi-cando per una maggiore visibilità e una più regolare pre-senza dell’Onaf sui social media ha anche questo scopo.Non ci si vuole, è vero, rassegnare all’idea di non potercipiù incontrare di persona, ma ciò non toglie che la propo-sta di video-conferenze con personaggi legati al mondocaseario e amici dell’Onaf e la pubblicazione di post fre-quenti aiuti a restare uniti e a seguire l’Associazione.

Corsi, fiere,degustazioni:momento difficile, avanti con le video-conferenzeL'Onaf partecipa a Terra Madre-Salone del Gusto

di Marco Quasimodo

A Bologna il Consigliodel direttivo nazionale

S tiamo portando avanti l’attività sui social all’insegna della passione edell’informazione, cercando di coinvolgere più cheeselover possibilie stiamo riscuotendo un discreto

successo, solo su Instagram i seguacisono più che raddoppiati (da 350 a giu-gno siamo a 826 ad ottobre!). In quanto istituzione, l’Onaf ha deciso diavviare delle rubriche tematiche di appro-fondimento sul formaggio per ripassareinsieme agli appassionati e ai meno esper-ti, ma comunque incuriositi, i capisaldi delmondo lattiero caseario: la rubrica sulledenominazioni, ad esempio, per com-prendere meglio cosa stanno a significare;oppure la rubrica sulle Dop per incuriosi-re ed invitare a spingere sempre il palatooltre i propri confini.Ha riscosso un grande successo l’appun-tamento, primo di molti, di MeetCheese.Una numerosa platea ha potuto assistere,in via telematica, ad un interessante intervento di Giorgio Calabrese, celebremedico nutrizionista. L’Onaf ha deciso di promuovere queste conferenzeper dare risalto alla molteplicità di sguardi che si possono adottare nei riguar-

di del nostro amato formaggio.Si è inoltre conclusa la campagna suisocial #estate casearia, tanti soci e nonci hanno inviato foto stupende e hannovoluto condividere con noi le loro estatiin alpeggio o al mare, tutti accomunatidal sapore di un buon formaggio sem-brava di essere tutti insieme, seduti allastessa tavola solo con panorami diver-si.L’azione corale che cerchiamo di per-seguire sui social è quella di creare unacommunity di appassionati, un’identitàche ci faccia sentire parte della passio-ne di molti e meno soli, soprattutto inun momento tanto delicato. In meritoha divertito enormemente il videopostato, “Onaf: il mio sguardo su for-

maggio” , simbolo di una diversità all’insegna di una comunanza, il cacio.L’appello è di ritrovarci sui social, oltre che nelle occasioni preistituite diOnaf, per avviare una comunicazione più assidua e più immediata, a por-tata di mano! Anche se per molti non è facile approdare a canali di comu-

nicazione nuovi, sarebbe davvero bello darci tutti appuntamento sui socialFacebook @Onafitalia e su Instagram @onafitalia per rimanere in contattononostante le distanze e i tempi che ci attendono.

L’ONAF SUI SOCIALCostruiamo vicinanza nell’epoca del distanziamento

di Giulia Vallegra

Piccolo e gradevole borgo agro-pastorale coronato dai monti Sicani,Santo Stefano Quisquina, in provincia di Agrigento, luogo gradevole divacanza e turismo, dal 12 gennaio scorso è la prima “Città del

Formaggio” d’Italia.La proclamazione è avvenuta nell’ambito dell’evento Caseus Siciliae Trinacriad’Oro e su iniziativa della Delegazione Sicilia Onaf che, con il suo delegato, sifa promotore dell’iniziativa in ambito nazionale.La nomina è arrivata contornata da una serie di momenti che la Delegazionedoveva vivere in sinergia con il Comune e che sono stati obbligatoriamenterimandati per le problematiche legate alla diffusione del Covid-19.Santo Stefano Quisquina dà il nome ad un noto formaggio Pat e ospita quattroaziende di rilevanza regionale e nazionale che tra-sformano il latte di animali che vivono nei suggestivipascoli dei Monti Sicani.I visitatori che si recano alle sorgenti di Capo Favara,diventano subito ospiti e vivono nel profondo queiluoghi, dove la tranquillità dei paesaggi tende al tra-scendente. Prova tangibile la si trova visitandol'Eremo di Santa Rosalia o il Teatro di Andromeda,posti unici che invitano alla riflessione e alla sereni-tà.Il nome deriva dal greco stéfanos, cioè corona, pro-prio perché coronato dai Monti Sicani: così si deci-se di consacrarlo a Santo Stefano Protomartire.Quisquina, invece, è il nome della zona boschivache lo circonda: il termine deriva dall'arabo coschin,cioè oscurità, per via della fittezza dei boschi.La produzione casearia è parte integrante della cultura locale con una sagradedicata ai formaggi che viene celebrata da quasi un quarto di secolo.I pastori come Lorenzo Reina e Ignazio Ciccarello, della loro scelta di restare sulterritorio a vivere da pastori sono diventati con le loro espressioni culturali sim-boli e testimoni di una scelta difficile ma ricca di libertà.Per amplificare la recente nomina Onaf a “Città del Formaggio” l’amministra-zione comunale, la Pro loco e le attività produttive locali hanno voluto, nelperiodo estivo di luglio e agosto, fronteggiare il contraccolpo finanziario perl'economia generato dalla pandemia, facendo omaggio a tutti i visitatori della

“Sacchina stifanisa”. La borsa prende ispirazione dalla cosiddetta bisaccia chegli antichi contadini e pastori portavano a tracolla e che conteneva il cibo daconsumare durante la giornata di lavoro.A Santo Stefano Quisquina sorge un antico eremo, quello nel quale tra il 1150e il 1162 si rifugiò da Palermo colei che sarebbe stata poi venerata come SantaRosalia. Quattro le tipologie di sacche, tutte realizzate da esperte mani di sartestefanesi.La Sacca "Pasta", contenente i principali ingredienti per preparare dell'ottimaPasta col sugo di pomodoro (alla stefanese): una confezione di Pasta Bio digrani antichi siciliani, una bottiglia di Passata di pomodoro e, ovviamente, unaricottina salata da grattugiare.La Sacca "Schiticchio": un barattolo di caponata di melanzane, un barattolo dipatè di montagna e, soprattutto, del formaggio pecorino semistagionato.

La Sacca "Focaccia" contiene i principali ingredientiper preparare in casa la "facci di vecchia": una con-fezione di Farina con miscela di grani antichi, unabottiglietta di olio extra-vergine, e del formaggiopecorino pepato da grattugiare.La Sacca "Colazione" contiene un barattolino dimiele degli apicoltori della zona, delle savoiardeall'uovo tipiche della colazione stefanese e una con-fettura di ciliegie. Tutte le sacche contengono inoltreun gadget e materiale promozionale per meglioconoscere il paese ed i suoi prodotti.Sono da visitare i caseifici e i locali di stagionaturalocali, le belle costruzioni del Settecento e in partico-lare la Chiesa Madre del XVI secolo dedicata a S.Nicola di Bari che conserva un Crocifisso ligneo inta-gliato, la Chiesa del Santuario di Santa Rosalia, posto

in luogo ameno, ricco di vegetazione e situato tra i monti Cammarata e delleRose. Insigni sono le architetture urbane come il Palazzo Baronale deiVentimiglia del 1745 e la splendida Fontana del XVIII secolo sita in piazzaCastello.«La pandemia – spiega il sindaco Francesco Cacciatore – ci ha costretti a can-cellare importanti appuntamenti, dalla Sagra del Formaggio alla festa patronaledi Santa Rosalia. Il riconoscimento prestigioso ci gratifica per un percorsoavviato di valorizzazione e promozione delle nostre eccellenze agroalimentarisupportato anche in questi anni con continuità dal Comune».

di Pietro Pappalardo

Il riconoscimentoal comune di Santo Stefano Quisquina(Agrigento)

VITA ONAF

In Sicilia la primaCittà del formaggio Onaf

VITA ONAF

La proclamazione è avvenutanell’ambito dell’evento Caseus

Siciliae Trinacria d’Oro, su iniziativa della

delegazione Sicilia Onaf

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a cura di BEPPE [email protected]

DALLA DELEGAZIONE DINAPOLI

>>>>>>>>Attività autunnaliLa delegazione Onaf Napoli non ha fermato le sue attività nonostan-te l’emergenza sanitaria nazionale.Nel mese di settembre i soci partenopei hanno partecipato allamanifestazione nazionale Caseifici Agricoli Open Day. Durante legiornate di sabato 12 e domenica 13 è stato possibile visitare i seicaseifici agricoli campani aderenti all’evento, avere accesso alle stal-le nel pieno rispetto deglianimali, degustare eacquistare prodotti casea-ri lavorati con metodi arti-gianali.Nel mese di ottobre sisono concluse le lezionidel corso di secondolivello, che ha formato inuovi maestri assaggiatoridi formaggio della delega-zione napoletana. Sono stati inoltre condottiincontri a distanza attra-verso piattaforme di con-ferenza remota chehanno coinvolto siaassaggiatori che maestriassaggiatori.

Il maestro assaggiatoreDaniela Marfisa

DALLA DELEGAZIONE DILA SPEZIA - MASSA CARRARA>>>>>>>>Visita al caseificio “Il Fornello”Attraversata Massa, risaliamo la collina costeggiando il fiume Frigido e arri-viamo in località Fornello, dove le cime delle Alpi Apuane spuntano maesto-se all’orizzonte. Siamo un bel gruppo, variegato ed appassionato, e dopouna stretta scalinata raggiungiamo il piccolo caseificio. Il latte crudo delle 20capre, proveniente dalla munta serale e mattutina, è già nella piccola calda-ia, arricchito dell’innesto e riscaldato ad una temperatura di circa 38 gradi.Raggiunta l’acidificazione ottimale, si aggiunge il caglio di vitello in pastasciolto preventivamente in poca acqua. Mentre aspettiamo che si formi la cagliata, ripassiamo di come le micelle dicaseina, da prima in sospensione, con l’intervento del caglio non si respin-gano più e si uniscano in agglomerati fino a rendere il latte gelatinoso. Lacagliata è pronta, viene rotta con lo spino e successivamente estratta esistemata nelle fascere, dove le caciotte prenderanno forma dopo l’adegua-ta fase di stufatura, spurgatura e rivoltamento. Il siero, invece, viene filtrato,

versato nella caldaia e portato ad una temperatura di circa 90 gradi. Al rag-giungimento della temperatura, a fiamma spenta, si estrarrà la ricotta. Dopo aver assistito alla mungitura serale, ci accomodiamo per la degusta-zione della produzione casearia dell’azienda: ben 9 formaggi, tutti rigorosa-mente caprini. Stracchino, tre caciotte di differente stagionatura, robiola fre-sca e stagionata, crosta fiorita, blu di capra e caprini freschi aromatizzati alleerbe aromatiche o al peperoncino. I formaggi hanno un aspetto invitante,forme regolari e tecnicamente ben fatti. L’olfatto rivela aromi eleganti e corrispondenti alla stagionatura, alla tipolo-gia del latte e alla tecnica casearia applicata. L’assaggio conferma l’alta qua-lità dei prodotti, la cura impiegata nella lavorazione e l’attenzione alla mate-ria prima. Oltretutto è notevole l’ampia diversificazione dei prodotti perun’azienda molto piccola. Tutti veramente ottimi. Non manca l’abbinamentocon due vini tipici della zona dell’azienda Il Moretto e l’assaggio di uno stra-ordinario biroldo, un salame tipico. Un’altra esperienza indimenticabile perla nostra Delegazione.

Il socio Gabriella Tarasconi

• Tagliere rappresentativo dei formaggi

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• Il delegato Onaf di Napoli Salvatore Varrella

DALLA DELEGAZIONE DIASTI

>>>>>>>>Si torna a degustare con AisLa Delegazione Onaf di Asti si rimette all’opera collaborando conAis (l’Associazione Italiana di Sommelier) in due serate di degu-stazione, la prima il 16 settembre e la seconda il 7 ottobre. Laprima serata aveva come protagonisti i Vini dell’Alsazia, la secon-da quelli della Nuova Zelanda.La delegazione di Asti dell’Onaf ha partecipato con i suoi MaestriAssaggiatori Sergio Rossotto, Isella Zanutto e Alice Sattanino,oltre che con il delegato Elio Siccardi, che si sono occupati deltaglio e di una presentazione dei formaggi scelti in abbinamentoai vini proposti. Queste serate sono solo le ultime di una lunga e proficua collabo-razione che Onaf e Ais portano avanti da diverso tempo; questodipende anche dal fatto che il delegato Ais di Asti, Paolo Poncino,è anche un assaggiatore Onaf e si è quindi creato un terreno fer-tile per lavorare in sinergia ad iniziative che raccolgono un bacinodi utenti maggiore, dando quindi maggiore visibilità ad entrambele associazioni. E’ stata anche l’occasione per promuovere il corso di primo livelloche dovrebbe partire ad inizio 2021.

Il consigliere Alice Sattanino• Paolo Poncino (Ais) e Elio Siccardi (Onaf) alla serata sui vini neozelandesi

DALLA DELEGAZIONE DIBERGAMO

>>>>>>>>Sapere è saporeIn questi mesi, durante i quali le restrizioni ed i divieti sanitari hannoridotto e bloccato le attività conviviali/culturali di tipo aggregativo, comedelegazione abbiamo pensato di proporre mensilmente il quiz/questio-nario “cheese trekking” per cercare di mantenere viva la curiosità suinostri amati formaggi e stimolare l’esplorazione a 360 gradi il mondocaseario. Abbiamo stilato ad oggi circa 130 quesiti attinenti l’analisi sensoriale, la

tecnologia, la nutrizione, la legislazione casearia e i difetti dei formaggi.Molto soddisfatti dal riscontro avuto anche da parte dei colleghi dellealtre delegazioni, che si sono poi dati appuntamento on line per com-mentare le risposte. Possiamo dire d’aver proposto momenti formativi

sia per chi ha aderitoall’invito, che per coloroche hanno stilato ledomande. Stimoli interessanti pernon fermarsi e per appro-fondire la conoscenza egiungere alla consapevo-lezza di quello che il for-maggio rappresenta. È possibile ancora riceve-re i quiz scrivendo a [email protected].

Il delegato Grazia Maria Mercalli

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DALLA DELEGAZIONE DICOMO

>>>>>>>>Bolla, sostra, nevera, casello del latteDomenica 18 ottobre, la gita in valle d’Intelvi inizia con la visita guidata alMuseo Etnografico di Casasco d’Intelvi “ preziosa risorsa storica e sociale”. Ilsignor Zecchini, presidente del Museo ed il signor Zanotta esperto delle usanzedella valle d’Intelvi accompagnano il gruppo al casello del latte – edificio semin-terrato utilizzato per conservare il latte - ed alla sostra - tettoia in sasso localeadatta al ricovero degli animali - fornendo dettagliate informazioni ed interes-santi aneddoti. Alla relazione Onaf inerente i Pat della valle Intelvi, assiste ilsignor Pozzi, sindaco di Centro Valle Intelvi, partecipando all’assaggio dei for-maggi locali, in valutazione sensoriale. Il suo intervento ricorda gli usi attuali eracconta di alcune consuetudini casearie desuete. Dopo pranzo, il giro prose-

gue con la visita all’azienda Abate con allevamento e caseificio e le ulteriorispiegazioni della nevera – pozzo, coperto da tetto in pietra, era riempito di neveper mantenere gli alimenti durante il periodo estivo - e della bolla - pozza d’ac-qua per abbeverare gli animali al pascolo, le naturali formazioni del terrenoerano impermeabilizzate naturalmente con sassi e rami e le bolle si riempivanodi acqua piovana e dal sgocciolamento dei circonstanti pendii. Ci congediamo, rivolgendo calorosi ringraziamenti, ai nostri esperti: avete tra-smesso la vostra passione per il territorio. E un grazie anche al sindaco peravere indicato prossime collaborazioni.

Il delegato Simonetta Cortella

DALLA DELEGAZIONE DIMILANO

>>>>>>>>Le Tour d’Auvergne: alla scoperta di 5 formaggi AopCinque sono i formaggi Aop prodotti in Alvernia, regione della Franciacentrale ricoperta per gran parte di montagne di origine vulcanica e cin-que sarebbero stati i giorni che avevamo deciso di trascorrevi, alla ricer-ca di sapori, profumi e aromi tipici, ridotti poi a tre a causa della rapidadiffusione del noto virus. Nonostante il cambio di programma, abbiamo deciso di non tornare amani vuote, ma di condividere la nostra breve e intensa esperienzacasearia in Alvernia, dando la possi-bilità ai nostri soci di assaggiare i cin-que formaggi protetti dal marchio ditutela Aop prodotti in quel fantasticoterritorio. Organizzato il tutto, in una anonimasera settembrina, abbiamo finalmen-te potuto proporre una degustazione“in presenza”, dopo mesi di asetticoon-line. La risposta dei nostri soci èstata sorprendentemente pronta ecospicua, al punto di indurci di orga-nizzare una seconda serata, dopo ilprimo inaspettato sold out. Dopo un aperitivo introduttivo a base

di Gaperon al pepe e all’aglio orsino accompagnato da un bicchiere diAvèze alla genziana selvatica, in un piacevole clima di convivialità abbia-mo proposto in degustazione i seguenti formaggi:Cantàl Fermier Vieux Aop (gennaio 2020) e Salers Fermier Aop (luglio2019), prodotti dalla storica azienda agricola Gaec de Gallèe de Espinet(il cui proprietario è anche il presidente del consorzio del Cantàl) inaccompagnamento a un Château Grand Mèdoc 2016 (tipico taglio bor-dolese); Saint Nectair Aop (luglio 2020) di Fromagerie di Grand Murol;Fourme d’Ambert Aop (1 luglio 2020) e Blue d’Auvergne Aop (6 giu-gno 2020) prodotto dai fratelli Freres nella loro azienda agricola Gaecdes Croix de Chazelles, accompagnati da una birra in stile Strong Ale, la

Belzebuth Blonde di Grain d’Orge(Brasseurs de Gayant).La serata si è conclusa assaggiandoun piccolissimo dolce all’anice, lafamosa Bassin de Vichy, con la pro-messa di ritrovarsi a breve con altreserate (virus permettendo….).Che dire, ritrovarsi “on stage” dopoparecchi mesi è stato davvero emo-zionante! Speriamo di poter raccon-tare presto nuovamente di caci e diviaggi!

Il consigliere Samantha Burello e il delegato Filippo Durante

Errata CorrigeCi scrive il socio Giorgio Panduri da Perugia in riferimento al numero 33“Ho ricevuto la rivista e sono stato molto contento di trovare la mia cittàPerugia in copertina. Purtroppo devo segnalarvi un refuso a pag. 7: nelladidascalia della foto in basso si indica la Basilica di Assisi. In realtà si trat-ta della Basilica di S. Domenico a Perugia”. Grazie per la segnalazione.

D ue amici dell’Onaf ci hanno recentementelasciato, ad un mese di distanza l’uno dall’al-tro. Paolo Stacchini e Lorenzo Noè hanno

ricoperto incarichi importanti nell’Associazione, sonostati docenti e consiglieri nazionali, figure di riferimentonelle rispettive delegazioni di appartenenza, Cuneo eMilano. A ben pensarci avevano tratti comuni, nel fisicoe nel carattere: entrambi uomini grandi, in quantoimponenti, e grandi uomini, perché sono stati un puntodi riferimento per molte persone, soprattutto per i gio-vani, nelle tante attività che svolgevano parallelamenteal lavoro per l’Onaf. Nessuno dei due amava i giri diparole, andavano dritti al punto, se convinti di un con-cetto. Paolo Stacchini, piemontese di adozione, era origina-rio di Castellina Marittima (Pisa) e della Toscana avevamantenuto forti sia l’accento che lo spirito. Ufficiale almerito della Repubblica Italiana, collaboratore dellastampa albese, promotore dell’enogastronomia diLanghe e Roero, membro del Rotary e promotore delGruppo comunale di Protezione civile di Santa Vittoriad’Alba, oltre che di formaggi era esperto di vino, olio etartufo. Proprio in quanto giudice sensoriale della Fieradel Tartufo bianco di Alba, Paolo aveva interpretato se

stesso nel film “The Truffle Hunters” diretto da MichaelDweck e Gregory Kershaw e prodotto da LucaGuadagnino, presentato in anteprima all’edizione2020 del Sundance Film Festival, il festival di cinemaindipendente fondato da Robert Redford.Lorenzo Noè era nato a Milano e viveva a San DonatoMilanese. Di lui gli amici, tristissimi per l’improvvisascomparsa, scrivono che era “apparentemente burbe-ro, di scorza dura, ma con un cuore grande, tenero,come un porcospino. Una persona buona, una perso-na vera, con un’immensa umanità”. Tra le sue passioni,oltre al formaggio, c’erano gli animali (le capre soprat-tutto, e tra queste le frise), gli alpini, l’impegno civile epolitico, il rugby. A questo sport negli ultimi anni avevafatto avvicinare decine di ragazzi, facendoli crescere,invitandoli “ad essere generosi e altruisti, a non segui-re gli stereotipi, giocando senza mai dimenticare di col-tivare sensibilità e senso di giustizia”. Nella comunità diSan Donato era un “pilastro”, attento affinchè nessu-no, soprattutto tra i giovani, rimanesse solo o indietro.Paolo e Lorenzo, insomma,hanno lasciato una tracciain chi li ha potuti conoscere e per questo la loro pre-senza continuerà ad essere tangibile in tutti gli ambien-ti in cui amavano essere impegnati.

Ultimo addio a Paolo Stacchini e Lorenzo Noé

• Paolo Stacchini

• Lorenzo Noè

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È uscito da poco un libro scritto dal nostrosocio trentino Francesco Gubert:“Novanta Giorni” diario di una stagione

in alpeggio.La scena del racconto autobiografico è la malgacon i suoi paesaggi mozzafiato, le fatiche deva-stanti, gli ambienti scarni e quasi inospitali. Là sopra in compagnia di persone dal caratterebizzarro Francesco è giunto quasi per caso, dopouna breve esperienza in Svizzera, a fare il formag-gio. Per novanta giorni, appunto, sarà il casaro,sarà lui a trasformare il latte di oltre cento vacchedi una decina di piccoli allevatori. Immensaresponsabilità quella di concretizzare il lavoro diun anno intero per conto dei montanari.Non ci si aspettino descrizioni tecnico casearie econsigli di produzione, la narrazione si dipanatra la paura di non farcela e la vita conMauricio, un brasiliano tuttofare di carattereallegro, insieme a Francesco, pastore giovanis-simo quanto scontroso. Quando il raccontoscivola sul formaggio il tono è di un rispettoprofondo, quasi un affetto.

E’ una strana esperienza, per l’autore, quella dipassare dall’Università alla malga ed ogni giorna-ta sarà una sfida. D’altronde la sfida con sé stes-so è stata accettare l’incarico.Si potrebbe parlare di funzione catartica del for-maggio: il giovane casaro per novanta giornicompie un percorso interiore che lo trasforma inuomo.Il finale a sorpresa confermerà che i tre mesi vis-suti in montagna sono valsi ancora più delleforme ben riuscite.Un racconto forte, sincero, con una prospettivadiversa sulla vita dei pascoli di alta quota.

Elio Ragazzoni

Francesco Gubert (1984) è nato a Trento. E’ laurea-to in Scienze Agrarie e si occupa di agricoltura dimontagna, dall’erba che mangiano le vacche al for-maggio che arriva sui nostri piatti. Scrive e raccontala vita di chi lavora in montagna, sui prati e suipascoli di montagna. “Novanta giorni” è il suoprimo racconto di vita vissuta. Il libro è attualmentepubblicato in maniera indipendente ed è reperibilein versione cartacea ed e-book sulla piattaformaAmazon.

Francesco Gubert racconta la sua avventura in un libro

NOVANTA GIORNI DI VITA IN MALGA

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Pensando di fare cosa gradita ai nostri quattro o cinque lettori, tralasce-remo in questa rubrica l'argomento coronavirus, parlando d'altro.Sono rimaste in canna, nel corso di quest'anno bisestile a tutti gli effet-

ti, una serie di notiziole che hanno un loro perchè, e ve le proponiamo.

Attenti al lupoL'Università della Tuscia (Viterbo) ha progettato e sperimentato una tecnologiache vuol proteggere le greggi, e il lavoro dei loro allevatori, dal lupo predatore.Si tratta di un dispositivo composto da un microfono ad alta sensibilità, asso-ciato a un processore di frequenze audio. Il tutto collegato a una scheda Sim.Come funziona? Semplice, dicono gli ideatori. Quando il microfono, postonella zona di pascolo, registra suoni che superano una certa intensità-stan-dard, parte un messaggio al cellulare dell'allevatore che segnala l'anomalia,compatibile con un attacco predatorio.Il sistema è stato collaudato in provincia di Terni e pare abbia funzionato, conqualche falso allarme. Per ora abbiamo a che farecon un prototipo: una volta realizzato su scala,costerà sui 700 euro, cifra sostenibile considerandole possibili riduzioni del danno. Visti i guai combinatidai lupacchiotti d'Italia, non resta che dire: auguri.

Prosciutto più bluE' il nome della neonata specialità tenuta a battesi-mo dal Salumificio Venegoni di Boffalora sopraTicino assieme a Luigi Guffanti 1876 di Arona.Detto alla buona è un prosciutto che, cotto a bassa temperatura, incontra eaccoglie al suo interno il formaggio erborinato San Carlone. Quelli che lasanno lunga sostengono che bisogna fare sistema, stabiliresinergie, creare reti: le due aziende, tra le più antiche di unvasto territorio ricco di storia, di acque e di grandi tradizionialimentari, ci hanno provato. Buon appetito!

Adieu a un mitoIl tristellato Pierre Troisgros, alla bella età di 92 anni, halasciato le mense terrene il 23 settembre scorso, nella suacasa di Le Coteau, a due passi da Roanne, dove ha datolustro al suo acclamato ristorante. Era considerato uno deipiù grandi chef francesi, amico e sodale di Paul Bocuse eJoel Robuchon, mancati entrambi nel 2018. Troisgros è

Formaggi in libertàdi FIORENZO CRAVETTO

diventato celebre, con il fratello Jean, per aver creato piatti innovativi come"le saumon a l'oseille" (salmone all'acetosa) e "le boeuf à la Fleurie et à lamoelle" (manzo al Fleurie, 1er cru de Beaujolais, e midollo), associandosapori come nessuno prima. Il nostro Gualtiero Marchesi, anch'esso defuntonel 2017, quando aveva 38 anni lasciò l'albergo di famiglia a Milano e andòcome stagista alla corte dei Troisgros. «Ho capito tutto», disse dopo settemesi di duro apprendistato. E tornato in Italia lanciò il suo tempio culinario,primo locale a conquistare le tre stelle nel Belpaese. Altro che masterchef...

Banca dati pecorecciaIn Sardegna (tre milioni di pecore, record nazionale), l'assessora all'agricoltu-ra Gabriella Murgia ha dato vita a una banca dati che impegna le aziende dellafiliera ovino-caprina a registrare ogni mese i quantitativi di prodotto vendutoe in giacenza. Nell'annata 2019/2020 in Sardegna sono stati prodotti circa255 milioni di litri di latte di pecore, così trasformati: Pecorino romano Dop

per 221.251.604 litri; Pecorino sardo e Fioresardo Dop per 15.600.00 litri; Caciotte e peco-rini non a marchio per 17.900.000 litri.

MalgariAndrea Colombero, giovane allevatore di Moiola(Cuneo) che pratica la monticazione ai duemilametri di Mollières, sul versante francese delleAlpi Marittime, è riuscito a scampare alla deva-stante alluvione del 2 ottobre che ha messo in

ginocchio le valli Roya e Vésubie. Ha calato la sua mandria di vacche pie-montesi il giorno prima, un regalo del destino. E' lo stesso AndreaColombero che, prima di salire in alpeggio, aveva lasciato un suo scritto per

la pubblicazione sulla rivista dell'associazione di razzaAnaborapi. «Presto ci troveremo sui nostri monti, nuova-mente confinati, a vivere una vita fatta di essenziale, sem-pre accompagnati dai nostri animali, con il suono dellecampane che rompe il silenzio e ci rassicura, perchè è unsuono antico che conosciamo fin da bambini. La monta-gna saprà ancora stupirci, emozionarci e magari ci metteràalla prova con le difficoltà che a volte possono capitare.Come ci hanno insegnato fin da piccoli, cercheremo dicavarcela, insieme ai nostri animali». Parole profetiche.

Dove si parla di lupi e pecore, di un mostro sacro della nouvelle cuisine

e di un prosciutto erborinato, nonchè di un malgaro-profeta

Quello che ci siamo persi in quest’anno bisestile

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C ’era una volta un re giovane e aitante, che s’innamorò di una ragazzabellissima e poverissima. Egli pensa intensamente come suscitarel’amore libero della fanciulla. Potrebbe presentarsi a lei in tutta la sua

magnificenza, far sorgere il sole del suo splendore sulla capanna, facendoledimenticare se stessa nell’ammirazione. Questo avrebbe soddisfatto la ragazza,ma non il re: egli non vuole la sua glorificazione, bensì quella di lei.Il re potrebbe, al contrario, fare come se non fosse il re, come se fosse ugualeall’amata, affinché ella avesse la possibilità di amarlo realmente, da pari a pari.Ma così egli non potrebbe incontrare la ragazza e comunicarsi a lei come coluiche egli è realmente. Qui sta l’impasse: non manifestarsi è certo la morte del-l’amore, manifestarsi è la morte dell’amata. Per suscitare il puro amore dell’av-venente fanciulla povera in canne al re resta la scelta di abbassarsi sino a leinella figura del servo. Ma così facendo, come può non nascondersi in un inco-gnito, bensì mostrarsi come colui che è?La parabola escogitata dalla fervida fantasia di S. Kierkegaard (1813-1855),come ogni vera parabola, resta aperta. Fuor di metafora: parla di Dio e del rap-porto che egli vuole instaurare con gli uomini. Fra le possibilità – che anche ilre aveva considerato – Dio ha scelto di “farsi servo”: con la kenosi del Cristouguale a Dio, con l’abbassamento del suo stesso amore viene incontro agliuomini suscitando in essi una risposta d’amore libero e sincero. La parabola simuove secondo la logica che, dall’amore infelice (perché essi sono così diversie non è semplice comprendersi senza annientare chi è diverso), conduceall’amore vero, che vuol far partecipare a se stesso e lo può fare soltanto sesuscita nell’amata nient’altro che amore.Natale dell’amore più grandeCosì è delicatamente svelato il mistero dell’incarnazione, del natale del Figlio diDio che si fa carne, pane e vino per gli innamorati. Si svela la divina onnipoten-za dell’amore: nel fatto che l’amante diventa colui che deve essere affinchél’amata possa diventare persona che ama a sua volta: «quia amasti me, fecistime amabilem» (Agostino). Soltanto l’onnipotenza può riprendere se stessamentre si dona, e questo costituisce l’indipendenza di colui che riceve.«L’onnipotenza di Dio – conclude il pensatore danese – è identica alla suabontà».

Natale è la rivelazione incarnata dell’agape di Dio che – nel bimbo di Betlemme– si riversa nei cuori e si radica nella storia riaprendola al suo beato compimen-to. È la manifestazione e il dono dell’amore più grande – che è Gesù stesso(Giovanni, 15,13), amore che troverà, nell’evento pasquale di morte e di risur-rezione, il suo vertice rivelativo. Le fede – che accoglie il dono natalizio – è l’atteggiamento del cuore che sidecide per l’affidabilità dell’amore di Dio, consapevole della grazia salvifica chein esso ci è offerta, e cerca la sua giustizia in ogni forma dell’amore per le crea-ture, seguendo la via del supremo comandamento dell’amore di Dio e del pros-simo. Questa fede – per dirla col sommo poeta – è come «la favilla che dilatain fiamma poi vivace, e come stella in cielo in me scintilla» (Paradiso, XXIV, 145-146).I banchetti del Regno di DioNel corso della sua missione, per rivelare e donare questo affetto divino, Gesùricorre spesso a quella che possiamo chiamare la pastorale dei banchetti. I van-geli attestano che Gesù spesso partecipa a momenti conviviali: banchetti festo-si come alle nozze di Cana; amichevoli come quello in casa di Marta, Maria eLazzaro; compromettenti come quello con pubblicani e peccatori; drammaticicome quello dell’ultima cena. Anche dopo la risurrezione, Gesù si manifestacondividendo un fritto di pesce con gli apostoli sulle sponde del lago diTiberiade, o spezzando il pane con i due discepoli diretti a Emmaus. («lo rico-noscono nello spezzare il pane»: Luca, 24, 31). La condivisione della stessatavola è conseguenza naturale dell’incarnazione, una bella performancedell’Emanuele (“Dio con noi”).Siffatta avventura non si chiude con la vicenda terrena di Gesù, ma continua intutto il tempo della Chiesa fino al suo felice compimento (il banchetto escato-logico). Gesù, infatti, suscita ogni giorno questa fede amante con un delicatoinvito: «Sto alla porta e busso – così nell’ultimo libro biblico – se qualcunoascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli conme» (Apocalisse 3, 20). E, a proposito di cene, partecipiamo dunque con gioia al banchetto natalizio diquel re e di quella fanciulla e propongo – tra i miei saperi e sapori preferiti, nondistanti da quelli della tradizione biblica – un assaggio di saporita gorgonzolainnaffiata da un bicchiere di Sauternes. O due … per restare in quella che l’apo-stolo Paolo chiama (con suggestivo ossimoro) una “sobria ebbrezza”.

di Umberto Casale

SPAZIO DELL’ANIMA

Il re, la ragazza e il banchetto.Il Natale dell’amore

Partecipiamo con gioiaal convivio regale con un assaggiodi Gorgonzola e un bicchiere di Sauternes... tanto per restare in quella che l’apostolo Paolo chiama una “sobria ebbrezza”

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la [email protected] Gianni Audisio

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