In libertà

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Isaiah Berlin IN LIBERTÀ Conversazioni con Ramin Jahanbegloo Traduzione di Emanuele Antonelli ARMANDO EDITORE

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Isaiah Berlin

IN LIBERTÀ

Conversazioni con Ramin Jahanbegloo

Traduzione diEmanuele Antonelli

ARMANDOEDITORE

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SOMMARIO

PRESENTAZIONE di RAMIN JAHANBEGLOO 11

RINGRAZIAMENTI 18

PRIMA INTERVISTA: DAL BALTICO AL TAMIGI 35Le due rivoluzioni russe 37Oxford, anni Trenta 40La mia prima ordinazione: Marx 44Il Circolo di Vienna 48L’incontro con due poeti geniali: Achmatova e Pasternak 50La scoperta di Auschwitz 55Filosofo o storico delle idee? 60Una filosofia senza filosofi? 63L’“occhio magico” di Leo Strauss 68A proposito della differenza tra le culture 71Relativismo culturale e diritti dell’uomo 75Le due concezioni della libertà 78Il dibattito sul pluralismo 82La ricerca dell’ideale 84Un ponte sulla Manica? 86

SECONDA INTERVISTA: LA NASCITA DELLA POLITICAMODERNA 89

Machiavelli: l’autonomia della politica 91Lo Stato in Thomas Hobbes 99

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Spinoza e il monismo 104Il Contro-Illuminismo: Joseph de Maistre e Edmund Burke 107Vico o la filosofia moderna della storia 115Contro Hannah Arendt 120Essere ebrei oggi 124Herder e la concezione della società 127La storia delle idee: una disciplina solitaria 130

TERZA INTERVISTA: LE IDEE POLITICHEALLA PROVA DEL TEMPO 133

Su ordinazione… 135L’umiliazione dei tedeschi 136Herder, nazionalismo, sionismo 140Il relativismo nel XVIII secolo 148Morale e religione 150Hume e la filosofia inglese 152I diritti dell’uomo 155Verdi, Stravinskij, Wagner 156Moses Hess: pensare il sionismo 161Marx e il movimento socialista nel XIX secolo 165La sinistra e il crollo del marxismo 168

QUARTA INTERVISTA: UNA FILOSOFIA DELLA LIBERTÀ 177Stephen Spender: sessant’anni di amicizia 179Lo scopo della filosofia 180Pluralismo e democrazia 186Egualitarismo e libertà 189La filosofia di Oxford e il positivismo 196Bergson, Schelling e il romanticismo 200

QUINTA INTERVISTA: IMPRESSIONI PERSONALI 205Il pensiero russo nel XIX secolo 207Nečaev e il nichilismo 209

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Turgenev 211Dostoevskij 216Aleksandr Herzen 219Intelligencija e intellettuali 227L’anno 1848 232La volpe e il porcospino 233Belinskij 237Da Pasternak a Brodskij 240A proposito di qualche grande uomo:

Churchill, Weizmann, Nehru 244Georges Sorel, Bernard Lazare 249

LA RUSSIA LETTERARIA E POLITICA DEL XIX SECOLO 253Russia letteraria 253Russia politica 255

BIBLIOGRAFIA 259

INDICE DEI NOMI 263

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PRESENTAZIONE

6 giugno 1988. Un appartamento situato nel cuore di Londra. Sir Isaiah Berlin, pronto a festeggiare il suo settantanovesimo complean-no la sera stessa in compagnia della sua sposa Aline, mi riceve.

Occhiali con montatura nera e completo di fl anella grigio scu-ro, questo gentleman, decisamente molto inglese, posa sul suo in-terlocutore uno sguardo dolce e spesso pieno d’ironia sottolineato dai larghi archi bianchi delle sopracciglia: un’espressione nobile e serena ancora accentuata da una fronte alta e possente. Un viso piuttosto grave, ma capace di ornarsi di un sorriso, colto dal cele-bre fotografo Cecil Beaton in una posa accogliente e come imper-cettibilmente divertita. L’uomo è caloroso, la sua gentilezza e la sua disponibilità sembrano inesauribili. La nostra conversazione è aperta, spesso distesa: Isaiah Berlin torna a più riprese a interessarsi alle mie origini iraniane e all’orientamento che penso di dare al mio lavoro fi losofi co in Francia.

Ho sentito parlare per la prima volta di Isaiah Berlin nel 1976, in occasione di un viaggio a Londra. Il caso ha voluto che, durante quel soggiorno, scoprissi nella libreria di Foyles uno dei suoi libri, Four Essays on Liberty. Lo stile limpido e il tono fermo e diretto dell’autore mi piacquero immediatamente. Così, la notte seguente, lessi d’un fi ato le duecento pagine di quell’opera. All’epoca, a cau-sa dei miei “rifl essi” di sinistra, non mi sentivo politicamente vicino a Berlin, ma la sua critica del totalitarismo e il suo rifi uto radicale dell’idea di un “avvenire radioso” trovavano nel mio spirito un’eco almeno altrettanto profonda di quella delle analisi fi losofi che e po-

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litiche di autori come Hannah Arendt o Cornelius Castoriadis. Il libro di Berlin mi è apparso così, a poco a poco, ben più che un libro d’autore, un testo di riferimento che non esitavo a utilizzare nelle mie discussioni con gli staliniani, francesi e iraniani. Avevo la massima stima per questo pensatore che mi aveva introdotto a questioni che, ai miei occhi, prendevano, di fronte agli avvenimenti del nostro mondo, un’importanza ogni giorno crescente. Tuttavia, ho dovuto aspettare dieci anni perché la mia inesauribile curiosità potesse sfociare in un incontro con l’uomo, incontro che non sono pronto a dimenticare.

La traduzione francese dei Penseurs russes nel 1984 non è riu-scita a convincere gli intellettuali francesi a rompere il silenzio né la diffi denza che circondavano l’opera di Isaiah Berlin in Francia. Si è dovuta attendere l’uscita dell’Éloge de la liberté (la traduzio-ne di Four Essays on Liberty) perché la fi gura di Berlin potesse uscire dall’ombra in cui era stata confi nata. Era un’eccellente occa-sione per riprendere in mano l’opera di Berlin e introdurla presso il circolo degli habitués della rivista «Esprit». Allo stesso tempo, in seguito a una serie di circostanze piuttosto improbabili, ebbi la possibilità di prendere contatto con Sir Isaiah Berlin a Oxford e ottenere il suo accordo per un’intervista a proposito della sua vita e della sua opera, destinata a uscire su «Esprit».

Ricevetti il consenso di Berlin come un dono inatteso della vita, perché, dopo più di dieci anni di amicizia con i suoi libri, non nu-trivo più la speranza di vedere soddisfatto il mio intenso desiderio di conoscerlo. Un rapido scambio di lettere mi ha così condotto a quel famoso 6 giugno 1988. Di ritorno a Parigi, un editore parigino, a cui avevo proposto la pubblicazione di questa intervista, m’inco-raggiò e completare il libro con altre interviste che potessero far co-noscere meglio Berlin in Francia. Nel dicembre del 1988 riprendo dunque le valigie e mi reco nuovamente a Londra. Isaiah Berlin mi accoglie con il buonumore abituale. Le interviste si svolgono nel suo appartamento nella capitale inglese, nel corso di quattro giorni

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consecutivi. Tempo suffi ciente perché il mio ospite possa evocare e spesso sviluppare tutti gli argomenti che avessero un legame diretto o indiretto con la sua vita e la sua opera.

Mi sia permesso qui di completare questa testimonianza aggiun-gendo qualche parola sul lavoro di Isaiah Berlin.

Certo, la semplice lettura delle pagine che seguono mostrerà, così come si sviluppano attraverso questa serie di interviste, le diverse articolazioni del pensiero berliniano espresso in un linguaggio al tempo stesso chiaro e conciso. Vorrei in ogni caso sottolineare ciò che, a mio avviso, rappresenta la chiave di volta di questo pensie-ro e ne costituisce al tempo stesso l’unità e l’originalità. Non c’è bisogno di dire che queste due caratteristiche non risiedono in una sorta di dogmatismo politico o in una qualche forma di apriorismo metafi sico. Sono invece il frutto del tentativo berliniano di tracciare e consolidare le condizioni di possibilità di uno spazio plurale di libertà – luogo privilegiato del domandare fi losofi co, secondo Ber-lin –, di fronte al sentimento di “agorafobia” che spinge gli uomini ad accettare le tendenze deterministe e moniste della storia. Isaiah Berlin viene così condotto a criticare tutti i sistemi razionali che re-clamino una qualche oggettività storica sovra-individuale e riven-dica una maniera di pensare che rifi uti ogni soluzione dei confl itti di idee attraverso sintesi assolute. È per questa ragione che riprende il modello, concepito da Vico, della storia come campo della prati-ca umana per eccellenza. I discorsi e le azioni politiche sono intel-legibili, agli occhi di Berlin, solo nel contesto di faccia a faccia nel quale le opinioni possano entrare in confl itto. Questo argomento si precisa attraverso un esame minuzioso di ciò che l’autore chiama i “due concetti della libertà”.

Considerato un classico della teoria politica, la celebre confe-renza di Isaiah Berlin, Due concetti della libertà, resta, a più di trent’anni dalla sua uscita in Gran Bretagna, un saggio di riferi-mento che continua a dominare le discussioni dei fi losofi anglosas-soni sulla libertà politica. Anche se molto criticata, questa confe-

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renza è ancora oggi il fondamento concettuale della maggior parte dei nostri discorsi politici. Il primo concetto, chiamato da Berlin “libertà negativa”, è la libertà di desiderare o di scegliere ciò che desideriamo, indipendentemente dalle interferenze altrui. È la pos-sibilità di realizzare i nostri progetti senza ostacoli né costrizioni. A essa si oppone quella che Berlin ha defi nito “libertà positiva”, che non mette più l’accento sull’individuo e sui suoi desideri, ma sull’individuo come agente morale razionale dotato della capacità di scegliere in vista dell’ideale da perseguire. La libertà positiva è dunque concepita come una risposta alla domanda: “Da chi devo essere governato?”, mentre la libertà negativa risponde alla doman-da: “Fin dove devo essere governato?”. Da qui, secondo Berlin, l’urgenza di mostrare in politica «le aberrazioni della libertà nega-tiva, piuttosto che quelle della libertà positiva».

Opponendosi così a tutte le dottrine autoritarie che analizzano il concetto di libertà come principio positivo del dominio di sé della comunità umana, Isaiah Berlin tiene fermamente a preservare la concezione della libertà, vale a dire quella che determina i limi-ti imposti alla libertà individuale come condizione sine qua non di un’eterna rivalità delle fi nalità umane. Il suo tentativo consiste, dunque, nel rifuggire l’ideale di una perfetta armonia dei valori per poter estendere il campo d’azione dell’autonomia e della responsa-bilità individuali.

Il pluralismo – ci dice Berlin – con il grado di libertà “negativa” che comporta, mi sembra un ideale più realistico e più umano che non l’ideale di dominio di sé “positivo” delle classi, dei popoli o dell’umanità intera che alcuni credono di trovare nei grandi sistemi ben ordinati e autoritari. È più realistico, perché riconosce che le fi nalità umane sono molteplici, non sempre commensurabili e in eterna rivalità le une con le altre.

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La pratica pluralista di Berlin diviene più chiara grazie all’im-magine che ci proietta di personaggi storici e delle circostanze sto-ricamente specifi che nelle quali si incontrano le loro vite interiori e le loro azioni pubbliche. Non stupisce, allora, che Berlin parli di Machiavelli come di colui che “fu, malgrado se stesso, uno dei padri del pluralismo”. La stessa cosa vale per pensatori come Vico, Herder, Hamann o Herzen: secondo Berlin, ciascuno di loro accettò la sfi da di salvaguardare la particolarità delle esperienze culturali e umane contro il monismo dei sistemi fi losofi ci che pretendono di spiegare l’universo. Esiste di conseguenza un legame, un’affi nità, tra il tentativo anti-cartesiano della Scienza Nuova di Vico e l’atti-tudine radicale adottata da Herzen nei confronti della dottrina he-geliana. Nello stesso modo, secondo Berlin, si potrebbero accostare l’attitudine anti-razionalista e anti-universalista dei pensatori mag-giori del “Contro-Illuminismo”, quali Hamann, Herder e l’autore delle Lettere Persiane quando dichiara, nei Pensieri, che «non ci si è mai sbagliati più grossolanamente di quando si è voluto ridurre in un sistema i sentimenti degli uomini e, senza contraddirsi, la peggior copia dell’uomo è quella che si trova nei libri, un cumulo di proposizioni generali, quasi tutte false». Ciò che conduce Berlin a prendere le difese di pensatori “dimenticati” come Vico e Herder contro pensatori “noti” come Platone, Hegel e Marx, è la critica che questi rivolgono a ciò che Berlin chiama “monismo ottimista”. Ora, «non c’è niente di più pericoloso, secondo Berlin, in morale o in politica, delle idee uniche, pur nobili, alle quali si crede fanatica-mente». Puro prodotto dell’empirismo britannico, come testimonia nell’intervista, Isaiah Berlin condanna ogni ricerca dell’assoluto come soluzione dell’eterna rivalità tra i valori umani. In altri termi-ni, colui che ammetta che gli uomini sono esseri liberi e responsa-bili non può credere in principi sacri che pretendano di determinare una volta per tutte l’azione degli uomini nella storia.

Si capisce così il rifi uto di Berlin di affermare la natura sacra della proprietà. Così come non sorprende che possa dichiarare,

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malgrado il suo attaccamento ai principi di base del liberalismo inglese, di “non essere pronto a morire per il sistema capitalisti-co”; bisogna pensarci due volte prima di classifi carlo tra pensatori neo-liberali come Friedrich von Hayek o Milton Friedman. Perché, anche se Berlin considera la politica liberale come la migliore so-luzione per raggiungere, oggi, quella che lui chiama “la decenza elementare”, non la considera la soluzione assoluta. Essere liberale, per Berlin, signifi ca credere nella libertà e nell’uguaglianza come principi, rifi utando certi postulati fondamentali del sistema liberale come, per esempio, l’idea che sia possibile instaurare una società armoniosa facendo appello ai diritti naturali e inalienabili dell’uo-mo. In defi nitiva, l’idea della libertà è inseparabile in Isaiah Berlin da una rifl essione sull’uso della libertà. L’affermazione radicale della libertà individuale dipende dallo spazio politico all’interno del quale le scelte individuali restano aperte. Il che vuol dire che, per Berlin, le regole liberali non sono le “migliori”, come in Ha-yek, perché emergono logicamente da un certo processo di selezio-ne storica, ma perché offrono all’individuo sociale una maggiore possibilità di scegliere e di sfuggire ai diversi schemi dell’astuzia della Ragione. Così, alla concezione monista dell’individuo – l’in-dividuo narcisistico indifferente agli altri –, Berlin oppone la sua concezione pluralista, «vale a dire, l’idea che esistono scopi diversi che gli uomini possono perseguire restando pienamente razionali e umani, capaci di comprendersi, di simpatizzare e di trovare la luce negli altri, come noi la troviamo in mondi o in pensieri lontani dai nostri».

Tuttavia Berlin non si limita a mettere in luce l’eclatante diver-sità dei mondi e dei pensieri, le loro molteplici variazioni, senza cercare di mettere in luce le relazioni che permettono di costruire una prospettiva razionale. Si capisce allora come, per questo spirito curioso e intrepido, nemico di ogni forma di settarismo, la fi losofi a viva anche delle relazioni che essa stabilisce con le altre conoscen-ze: la scienza politica, la storia, la letteratura, la musica, ecc. In

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effetti, Berlin rifi uta ardentemente tutto ciò che potrebbe ostacolare la libertà del pensiero e l’esercizio dell’intelligenza. Ma, lo si sarà compreso, è soprattutto in quanto rifl essione su un pensiero politico pluralista che l’opera di Isaiah Berlin si presenta come il segno del coraggio e della libertà di un Aufklärer contemporaneo che strana-mente attribuisce un «maggior interesse agli avversari che non ai campioni delle idee alle quali crede».

RAMIN JAHANBEGLOO,PARIGI, OTTOBRE 1990

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RINGRAZIAMENTI

Desidero ringraziare tutti coloro che, a diverso titolo, mi han-no aiutato a realizzare questo lavoro. Ringrazio in particolare i miei amici Olivier Mongin, direttore della rivista «Esprit», e Joël Roman, il suo redattore capo, ai quali sono riconoscente per aver-mi dato la possibilità di esporre in maniera sistematica l’opera di Sir Isaiah Berlin ai lettori della rivista. L’idea di quest’opera non avrebbe potuto prendere corpo senza gli amichevoli incitamenti di Thierry Paquot e le osservazioni e i suggerimenti del mio amico John Smyth. L’aiuto che Lady Patricia Utechin, la segretaria di Sir Isaiah Berlin, mi ha generosamente dedicato, mi è stato molto pre-zioso. Sono stato sostenuto e stimolato, infi ne, dai commenti inco-raggianti e dalla lettura critica dei miei genitori, ai quali devo una grande lezione di rigore e di pazienza.

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1. ISAIAH BERLIN.

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2. RIGA (Lettonia), inizio secolo. Carico di le-gno a bordo dei battelli. Il padre di Isaiah Ber-lin, negoziante di legnami, forniva le traversine per le ferrovie russe.

3. SAN PIETROBURGO, fi ne del XIX secolo. La pro-spettiva Nevskij dal ristorante Lejeune.

4. OXFORD, l’All Souls College visto dalla torre St. Merry.

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5. NICCOLÒ MACHIAVELLI (1469-1527). Museo del Bargello di Firenze.

6. JOHANN GOTTFRIED HERDER (1744-1803).

7. ALEKSANDR HERZEN (1812-1870). «È a lui che devo il gusto per la storia delle idee sociali e politiche».

8. IVAN TURGENEV, a 60 anni (verso il 1878), Ber-lin è stato affascinato dal romanzo PADRI E FIGLI e ha tradotto PRIMO AMORE, oltre a un dramma e una novella. Disegno di Pauline Viardot.

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9. LEV ŠESTOV (1866-1938). «Uno spirito libero e un meraviglioso scrittore… Ogni volta che do dei libri di Šestov a qualcuno, vengono accolti con entusiasmo…».

10. SOFIJA PEROVSKAJA (1853-1881). Rivoluzio-naria russa, ha partecipato al complotto che condusse all’assassinio dello zar Alessandro II.

11. LEV TOLSTOJ. Nel suo studio, a Yasnaya Po-lyana, nel 1908, due anni prima della morte. Ha 80 anni.

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12. JOSEPH de MAISTRE (1753-1821). In un dise-gno di Vogel von Vogelstein.

13. Battaglia della Moskova (7 settembre 1812) durante la campagna di Russia: presa dalla grande Ridotta. Litografi a di Motte, B.N.

14. Casa di Dean Street, a Londra, nella quale Marx scrisse IL CAPITALE.

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15. WYSTAN HUGH AUDEN (1907-1973). Lascia l’Europa nel 1939, con Cristopher Isherwood, e diventa americano nel 1946. Isaiah Berlin lo conobbe a Oxford verso il 1930.

16. ESENIN (1895-1925), poeta russo, con Isa-dora Duncan.

17. ISAIAH BERLIN con il fi losofo Stuart Hampshi-re (a sinistra) e il musicista Nikolaj Nabokov (a destra). Conobbe il primo a Oxford nel 1936 e il secondo a Washington (dove ritrovò anche Auden) nel 1943.

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18. BORIS PASTERNAK (1890-1960). Isaiah Berlin lo incontrò per la prima volta a Mosca, nell’au-tunno del 1945.

19. ANNA ACHMATOVA (1889-1966) all’età di 25 anni. «Il mio incontro con Achmatova resta uno dei ricordi più intensi – forse il più intenso – della mia vita».

20. CHAIM WEIZMANN (1874-1952), accolto al suo arrivo a Parigi, nel giugno 1949. Lo Stato d’Israele è stato fondato il 14 marzo. Weizmann ne sarà il primo Presidente.

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21. IGOR STRAVINSKIJ (1882-1971) a Parigi nel giugno 1929.

22. Iscrizioni entusiaste per VERDI a Napoli nel 1859, in seguito alla censura dell’opera UN BALLO IN MASCHERA. Verdi: Vittorio Emanuele Re D’Italia (Vittorio Emanuele II sarà procla-mato re d’Italia nel 1861).

23. ISAIAH BERLIN.

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24. GIOVANNI AGNELLI consegna a Isaiah Berlin il premio della Fondazione Agnelli per la sua opera (15 febbraio 1988).

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