libertà di stampa in Italia
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Capitolo 1
La libert di stampa in Italia
1.1 I primi segni di libert nellItalia pre-unitaria
Quando si fa riferimento al concetto di libert si deve necessariamente partire dalla
derivazione storica della sua emersione intesa come necessit dei sudditi e del popolo di
vedere codificati nelle costituzioni dellera moderna propri ambiti di libert in
contrapposizione al potere dello Stato sia nella ulteriore necessit di vedere regolati i rapporti
tra i vari diritti di cui il cittadino titolare in uno stato democratico.
Per le possibilit di moltiplicare facilmente la diffusione di notizie e idee, la stampa ha
suscitato fin dalla sua nascita l'interesse da parte delle autorit di ogni paese, da cui discese
l'obbligo di richiedere permessi per la stampa di ogni opera, con la creazione di veri e propri
organi di censura. La chiesa cattolica istitu fin dal 1599 l'indice dei libri proibiti in cui erano
elencate le opere "condannate", di cui era vietata o limitata la diffusione l dove il
cattolicesimo riusciva ad esercitare un potere temporale. In seguito, le legislazioni dei diversi
paesi hanno ampliato o ristretto i controlli esercitati sulla stampa, in maniera molto diversa a
seconda dei tempi e dei luoghi. NellItalia degli Stati preunitari, la libert di stampa venne
ufficialmente sancita con lo Statuto Fondamentale della Monarchia di Savoia, 4 marzo 1848,
noto universalmente come Statuto Albertino dal nome del re che lo promulg, Carlo Alberto
di Savoia. Ma gi negli anni antecedenti era rintracciabile qualche timido segnale di
cambiamento: si potevano riconoscere le prime avvisaglie di decadenza del regime della
censura, e sintravedevano i bagliori della nascente libert.
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La stampa periodica nello stato pontificio, dal suo primo apparire, aveva subito da parte
degli organi governativi un severo controllo effettuato attraverso la censura preventiva e
lindice, onde evitare il diffondersi di idee che potessero avversare la morale cattolica e allo
stesso tempo sovvertire un regime politicamente assolutista. Alla comparsa delle gazzette e
delle effemeridi, la sorveglianza si intensifico al punto di concedere lautorizzazione solo a
pubblicazioni a carattere scientifico e letterario, mentre i notiziari politici dipendevano
direttamente dalle autorit governative. Tale situazione rimase immutata, se si eccetua la
breve parentesi della Repubblica Romana del 1798-99, che pur abolendo le restrizioni di
stampa e proclamando i diritti delluomo, non incise di molto nelle realt successive. Il primo
editto sulla stampa dopo la restaurazione sotto il pontificato di Leone XII, a firma del
Cardinale Placido Maria Zurla (18 agosto 1825) stabiliva che ogni opera fosse consegnata
manoscritta al Maestro del Sacro Palazzo Apostolico e da questi sottoposta al Consiglio di
Revisione, il quale esprimeva per iscritto il suo voto. Lopera era quindi revisionata dal
Collegio Teologico e solo a questo punto otteneva il Nihil Obstat. Se il triplice giudizio
risultava favorevole, il Maestro del Sacro Palazzo segnava lImprimatur e presentava il
manoscritto allapprovazione finale del Cardinale Vicario. La trafila richiedeva almeno cinque
visti e veniva resa esasperante dalla lentezza. Tale clima si mantenne fino al pontificato dei
Gregorio XVI. Nella seconda met del 1846 anche nello Stato Pontificio, come in altre parti
dItalia, si era accresciuta la diffusione della stampa clandestina. A Roma alcuni periodici,
nati tra il gennaio e laprile di quellanno come Il Fanfulla e La Pallade, influenzati dalle
nuove idee liberali, tentarono timidamente dinserirsi in questa linea di tendenza.
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Nel 1846 molti videro luomo del
cambiamento nella figura di papa Pio IX, che
con lamnistia concessa ai detenuti politici
(Editto del 16 luglio) riusc a infondere
nellopinione pubblica la speranza e la
convinzione illusoria che qualcosa stesse
veramente cambiando. Nonostante lamnistia
non fosse stata concepita dal papa come
linizio di unepoca di riforme, il popolo si
convinse invece che quellatto potesse
rappresentare il primo passo verso una dura
1 : Pio IX
lotta contro i mali dello Stato, che annoveravano, tra gli altri, proprio la mancanza di libert di
manifestazione del pensiero. Lavvocato bolognese Pizzoli, facendosi portavoce del
malcontento della societ, si rivolse al pontefice chiedendo la concessione della libert di
stampa. Fu una richiesta ancora timida, se vero che lo stesso Pizzoli riconobbe la possibilit
di porre un freno a tale libert nei casi di invasione in determinate sfere della societ:
Vhanno tre parti sole, nelle quali questa libert deve essere raffrenata e sono la religione,
il sovrano, il buon costume: fuori da queste ogni umano pensiero, come pu concepirsi, cos
deve potersi liberamente manifestare1. Latto in s, comunque, fu assolutamente
straordinario. Non si tratt del solito rammarico di non seguire lesempio di Stati come
Francia e Inghilterra (che gi concedevano alcuni diritti), ma di una vera e propria proposta di
A. PIZZOLI, Orazione alla Santit di papa Pio IX, Capolago, Elvetica, 1846, p. 26.
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riforma della legislazione vigente. Mentre lantica amministrazione gregoriana si oppose
chiaramente ad ogni cambiamento, le intenzioni del papa non furono altrettanto nette. In tale
clima la stampa clandestina trov terreno fertile alla propria diffusione. Attraverso le nascenti
pagine, fu concesso di parlare di economia, problemi di istruzione, agricoltura e assistenza
pubblica. Mancava per lessenza, il reale obiettivo di tanta mobilitazione per la concessione
della piena autonomia: la possibilit di discutere senza freni degli avvenimenti politici,
delloperato del governo.
Pio IX non concesse immediatamente questa possibilit. Solo successivamente decise che
la stampa sarebbe dovuta servire, almeno nelle sue intenzioni, soltanto per far conoscere le
buone disposizioni del governo. I nuovi giornali di quegli anni, come il Contemporaneo,
operarono quindi in un regime di libert controllata e anche se formalmente nulla era
cambiato (bisognava comunque ottenere lapprovazione preventiva di pi censori) era iniziato
un periodo di trasformazione rispetto al passato pi recente: lannuncio, forse, di una nuova
era. Una volta rotto il ghiaccio, nacquero in rapida successione numerose altre testate, come
LItalico, il Felsineo, tutte nelle nuove vesti di foglio politico. Persisteva per il clima
di incertezza: quel poco che era stato concesso avrebbe potuto essere revocato da un momento
allaltro. Cera una sorta di terra di nessuno, dove stampa clandestina e redattori audaci si
buttavano a capofitto. La mano pesante di qualche censore e leterno imbarazzo di Pio IX,
combattuto tra il desiderio di concedere e la paura di concedere troppo, contribuivano a
rendere pi complicata la situazione. La mancanza di una normativa faceva il resto,
aumentando il disordine. Ma qualcosa stava davvero cambiando. Pio IX parve avvertire le
nuove esigenze della societ e, se ancora ce ne fosse stato bisogno, fu lapparire di una nuova
testata nel gennaio 1847 a ricordarglielo: La Sentinella del Campidoglio si fece portavoce
del popolo romano, e dichiar esplicitamente quello che si sarebbe aspettata dal pontefice:
progresso, riforme, fermezza contro i casi di estrema censura.
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I redattori auspicavano la nascita di un consiglio di censura, stanchi dei metodi inquisitori
di quella vigente. Era chiaramente concepita come un disagio, che andava risolto il pi in
fretta possibile, anche per controllare il generale stato di pericolosa euforia in cui versava il
Paese: la promessa dellimpegno del governo di creare una legge pi permissiva indusse i
giornali clandestini pi pungenti a moderare i toni.
1.1.2 Gli Editti sulla stampa del 15 marzo e del 25 agosto 1847
La legge arriv, come il Rapporto e Progetto di legge sulla stampa specialmente
periodica presentato dal governatore di Roma, mons. Grassellini, che suggeriva di
modificare le norme vigenti sulla censura (16 gennaio 1847). Due mesi dopo, il 15 marzo
1847, venne pubblicato un Editto.
Il 15 marzo del 1847 viene emanato leditto del segretario di stato, cardinale Gizzi, che si
intitola Disposizioni sulla revisione delle opere da pubblicare colla Stampa. In esso si legge:
In tanta copia di produzione [.] la segreteria di Stato non era pi in grado di soddisfare
a tutte le richieste con la prontezza dagli autori desiderata a pregiudizio della onesta libert
dello stampare. Si autorizza cotanto a trattare la storia contemporanea [ossia lattualit, la
politica, n.d.r.] purch non si arrechino offese alla religione, alla Chiesa, ai magistrati, ai
cittadini, agli Stati e ai governi esteri, e non si alimentino le fazioni, o si eccitino popolari
movimenti contro la legge2.
La nuova situazione che si venuta a creare nello Stato pontificio trova orecchie ed animi
attentissimi in tutti gli stati italiani.
Si lodava la stampa, strumento capace di ampliare la potenza della parola, ma subito
dopo si frenavano facili entusiasmi. Se da una parte si voleva agevolare il lavoro dei
Cesario PICCASenza bavaglio: levoluzione del concetto di libert di stampa
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giornalisti, dallaltra si aumentavano il numero degli organi di controllo. Che le
condizioni di vita della stampa non fossero poi tanto cambiate? In parte era cos, perch se
vero che veniva concessa la possibilit di trattare argomenti di natura politica e che i rapporti
tra sovrano e sudditi erano mutati (come testimonia la possibilit di partecipazione alla vita
dello Stato concessa a parte della popolazione fino a quel momento esclusa, come si leggeva
nelle regole da seguirsi dal Consiglio di censura) altrettanto vero che la legge non
accontentava certo il desiderio di libert: la censura preventiva non era scomparsa, gli
argomenti sui quali si poteva liberamente scrivere erano limitati (guai a dispregiare la
religione, la Chiesa, i suoi ministri, i magistrati, la milizia, le famiglie regnanti, i governi e le
potenze estere...), le pene per i fuorilegge erano esemplari e i gravi fiscali sulle opere
pubblicate erano stati mantenuti. Era lEditto dellambiguit, stretto dal contrasto tra riforme e
repressione. La reazione principale fu il sentimento di delusione in coloro che si aspettavano
una legge che concedesse molto di pi di quello che la stampa non avesse gi ottenuto in via
di fatto. Era se non altro unordinanza capace di cancellare secoli di tab assoluto in materia
di libert di espressione. Da quel momento, fino allo Statuto del 1848 che concesse completa
libert despressione nel regno Sabaudo, la stampa protagonista della vita politica, come
efficace strumento di pressione (positiva o negativa) nei confronti di Stato e Chiesa. Tra
inguaribili delusi e soddisfatti di una legge che fece molto discutere, il Contemporaneo
minacci la chiusura, e Pio IX dovette fare i conti con le prime manifestazioni di malcontento.
Pochi mesi dopo lEditto, la stampa si fece sempre pi vivace e battagliera, tanto che per
porre un freno alleccessiva autonomia dovette intervenire anche lAustria, che tramite suoi
rappresentanti chiese il sequestro del giornale romano, dimostrandosi preoccupata della
diffusione delle idee tramite la carta stampata. La nascita della Bilancia, primo giornale
filo-governativo, e la polemica risposta della Controbilancia, che non perdeva
occasione per ribadire una volta di pi la scarsa bont dellordinanza del 15 marzo, non
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fecero altro che aumentare il clima di tensione e di fermento di quei mesi. A Roma e nel resto
dItalia si moltiplicarono gli scritti clandestini che prendevano di mira la politica del governo.
Anche la stampa autorizzata continuava a preoccupare, per la posizione ostile assunta nei
confronti dellAustria. Dopo aver convocato a riunione i redattori dei maggiori giornali
romani (il Contemporaneo, lItalico, la Pallade e la Bilancia) per imporre loro ferme
restrizioni, il governo trov la soluzione per impedire ai periodici di parlare di politica estera:
il ritorno al censore unico. Nientaltro che il metodo che aveva scontentato tutti quando
persisteva lassoluto divieto di trattare argomenti politici. Un netto passo indietro, che dest la
preoccupazione dei giornalisti. Timori fondati, visto ci che accadde il 25 agosto 1847:
lemanazione di un durissimo provvedimento contro la stampa clandestina, diretto verso
coloro i quali o mossi da vile interesse, o venduti ai nemici dellordine e del bene comune,
si fanno lecito di servirsi della stampa clandestina come distromento per offendere potenze
straniere, per infamare persone o per recitare lodio e i clamori dei cittadini3.
Fu una strana ordinanza, non giustificata dalla realt dei fatti: la stampa clandestina non dava
pi segni di vita e a Roma la situazione era assolutamente tranquilla.
I giornali avevano ormai raggiunto un certo grado di emancipazione nei confronti della
censura e non cera alcuna ragione o necessit di ricorrere ad un mezzo illegale. Tutto ci
indusse a pensare al provvedimento del 25 agosto come un preordinato piano del governo
per riprendere il controllo delle informazioni della stampa, sia legale che clandestina.
Nei mesi successivi il personaggio finito spesso e volentieri nellocchio del ciclone fu
il Cavaliere Betti, ovvero colui che ricopriva il ruolo di censore unico. Scelto di
comune accordo dal Segretario di Stato e dai rappresentanti dei giornali romani, in
Betti riponevano fiducia e speranza i giornalisti, che confidavano nella sua disponibilit
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(vera o presunta) a lasciar passare pi scritti politicizzati di quello che avrebbero fatto i suoi
colleghi del Consiglio di censura. appurato che durante il suo incarico i giornali romani
riuscirono a dibattere molto pi liberamente sugli avvenimenti che riguardavano il governo.
Tutto ci non fece altro che creare continue situazioni dimbarazzo tra Betti e il pontefice, che
dovette spesso sconfessare loperato del censore, arrivando persino a rimuoverlo dal suo
incarico.
Emblematico quello che accadde per alcuni articoli apparsi sul Contemporaneo del 12
ottobre. Nonostante fossero stati ritenuti compromettenti per la dignit del governo da parte
del direttore generale della polizia, il Betti non solo concesse il suo benestare per la loro
pubblicazione, ma aggiunse addirittura espressioni tutte sue, sempre pi offensive alla
dignit del governo4.
Il 6 novembre, ad ulteriore dimostrazione dellondata di repressione che lamministrazione
papalina era intenzionata ad estendere, la Segreteria di Stato invi alle province di Ravenna,
Bologna, Urbino-Pesaro, Macerata, Ancona e Perugia una circolare in cui richiamava i
censori affinch vigilassero specialmente sugli scritti che mettevano in discussione la politica
esterna ed interna del governo. Era chiaro ormai che ad esso mancava il giusto coraggio che
avrebbe richiesto la scelta di concedere una completa libert di stampa, che venne di continuo
frenata e controllata da segrete istruzioni ai censori. Si trattava ormai di un governo pi
preoccupato di contenere gli slanci della libert, che di assecondarli. Dellimperfezione della
legge del 15 marzo erano convinti sempre pi giornali e giornalisti, ma il governo gi
preparava le disposizioni che avrebbero portato da l a poco un nuovo vento di restrizioni.
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1.1.3 Dallo Stato pontificio allo Statuto Albertino
Gli avvenimenti dello Stato pontificio finirono
inevitabilmente per influenzare anche la situazione politica
degli altri Stati preunitari. Nel Regno sabaudo lo stato in cui
versava la libert di stampa nel 1846 non differiva molto da
quello riscontrato nello Stato pontificio: avere la possibilit
di discutere di politica era ancora una speranza lontana e
vedere comparire sui giornali parole come riforme
necessarie costituiva un fatto pi unico che raro.
2. Carlo Alberto Un passo alla volta per i primi vagiti della stampa politica portarono il Piemonte ad
assumere un ruolo di straordinaria importanza nel riconoscimento della libera espressione
nellItalia preunitaria.
Il giornalismo piemontese aveva superato la semplice fase di attivit letteraria e
scientifica, ma non aveva ancora raggiunto toni e audacia tipici delle discussioni politiche.
Solo pochi fogli tentavano timidamente di aggiungere unimplicita carica politica ai propri
articoli, comportamento decisamente coraggioso per lepoca.
Allinizio del 1847 era ancora enorme la distanza tra la stampa politica romana e quella
piemontese. Quando Carlo Farini scrisse un articolo sullAntologia Italiana, prima della
pubblicazione confess le proprie preoccupazioni al direttore del giornale, Francesco Predari,
perch lo scritto forse potrebbe dispiacere perch quasi interamente politico5, consigliando
al direttore di presentarlo come opera in difesa della politica di Carlo Alberto.
La censura non lasciava ancora spazio alla manifestazione di nuove opinioni e se la stampa
godette talvolta di qualche sporadica agevolazione fu solo per casi eccezionali, non certo per
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lo spirito di invocazione alla libert che si respirava in quei tempi. Sebbene fosse proibito agli
scrittori locali esprimere le proprie idee e le proprie aspirazioni, Carlo Alberto concedeva ai
periodici di altri Paesi di diffondere in Piemonte notizie e commenti che riteneva potesse
favorire la sua politica. Le autorit si curavano di alimentare sapientemente i sentimenti
antiaustriaci dellopinione pubblica liberale.
Ma gli scrittori dovevano guardarsi anche dal fare le osservazioni pi pacate e sensate su
qualsiasi aspetto della vita economica e amministrativa del Regno. I primi veri giornali
politici piemontesi sorsero soltanto dopo la promulgazione della legge sulla stampa del 30
ottobre 1847.
Fino ad allora vennero pubblicati fogli che avevano ormai acquistato una certa risonanza
anche fuori dai confini sabaudi, pur non essendo considerati di certo sullo stesso piano di
quelli che da mesi circolavano nello Stato della Chiesa. Cerano ad esempio l Antologia
Italiana di Predari, il Mondo Illustrato diretto da Giuseppe Massari e due altri periodici
assai popolari come il Messaggiere Torinese e le Lettere di Famiglia.
Ma una censura guardinga, sospettosa e assoggettata alle direttive imposte dallalto frenava
anche i pi cauti tentativi di manifestare bisogni e aspettative nei confronti del governo.
La situazione per mut ben presto. Durante alcune dimostrazioni popolari avvenute a
Genova venne fatta circolare una petizione al re, in cui si chiedeva la riforma della censura.
Non erano dunque solo i giornali ad auspicare unapertura verso la libert di stampa. Carlo
Alberto cominci allora a prendere in considerazione le riforme che Pio IX aveva approvato
da mesi nel proprio ordinamento interno. Lidea di poter creare ovunque ammirazione e
aspettative suscit in lui voglia di cambiamento. Il sovrano, a dire la verit, assecondava
queste istanze forse anche per convinzione, ma certamente per calcolo personale. Aveva
capito che vento tirava e preferiva anticiparlo anzich esserne travolto.
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Del resto, il ritardo del Piemonte sulla via della concessione della libert si faceva
sempre pi evidente, ridimensionando il ruolo e il prestigio di Carlo Alberto, considerato
dallopinione pubblica una guida nella lotta per lindipendenza nazionale. Bisognava
dunque cancellare il male che attanagliava la stampa piemontese: larbitrio assoluto e
dispotico dei censori. Con le Lettere Patenti del 30 ottobre 1847 anche nel Regno sabaudo
avvenne la tanto auspicata riforma della stampa, palesemente ispirata in pi di un articolo
alla normativa gi in vigore nello Stato pontificio. Uno dei risultati pi importanti
conseguiti dalle legge fu quello di limitare il numero delle autorit e degli organi di governo
che potevano intervenire in materia. Dal Ministero degli interni dipendevano ora tutti gli
organi della censura che si occupavano della pubblicazione e del commercio di libri, stampe,
e soprattutto giornali.
permessa la stampa di qualunque scritto, non esclusi quelli che trattano di pubblica
amministrazione, mediante la precedente autorizzazione dellAutorit incaricata della
revisione. Lautorizzazione verr concessa per tutte le opere o gli scritti che non
offendano la Religione e i suoi ministri, la pubblica morale, i diritti e le prerogative della
Sovranit, il governo e i suoi magistrati6.
Anche il Piemonte, seppure in ritardo rispetto agli altri Stati italiani, era ormai sulla via
dellemancipazione dellopinione pubblica, fino ad allora monopolizzata dal governo.
Ben presto per lequilibrio creato si ruppe. Da una parte crebbe lossessivo timore
delle autorit che i giornali potessero turbare lordine pubblico travalicando i limiti
consentiti dalla legge. Dallaltra aumentarono le tensioni create tra Stato e vescovi
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piemontesi, risentiti della mancata possibilit di esercitare la censura nelle materie
ecclesiastiche di loro competenza, da sempre considerato un loro antico privilegio.
La legge, infatti, non faceva alcuna distinzione tra scritti di natura politica, religiosa,
scientifica o altro, autorizzando le Commissioni di revisione ad esaminare ogni genere di
articoli. Per rimediare alla terribile svista, Carlo Alberto diede una diversa
interpretazione alle nuove norme, stabilendo che la revisione ecclesiastica doveva ritenersi
ancora in vigore, senza per concedere al censore ecclesiastico lesercizio delle sue
funzioni in completa autonomia. Il malcontento tra i vescovi rimase, e il contrasto con il
clero non si attenu fino alla concessione dello Statuto Albertino del 4 marzo, che avrebbe
sancito per tutti la completa libert di stampa. Nonostante queste difficolt, subito dopo
labrogazione della censura crebbero le domande di autorizzazione a fondare nuovi
periodici, nonch le richieste da parte delle testate gi esistenti di poter trattare i temi della
politica. La stampa piemontese si arricch cos di numerosi fogli: alcune delle pi
importanti citt del Regno, come Nizza con lEcho des Alpes maritimes e Cuneo con
La sentinella del Bisalta, annunciavano luscita di un proprio giornale politico.
La possibilit di manifestare e discutere le proprie idee era ormai diventata unesigenza
della societ, e molti giornali lasciarono capire che la libert appena concessa doveva
servire a prepararne una pi ampia. Lautonomia attribuita alla stampa era quindi da
considerarsi insufficiente, per la presenza della censura, ma anche per la limitatezza dei
problemi che essa poteva affrontare. Nelle riunioni ministeriali allinterno del governo si
torn a parlare della pericolosa influenza che il giornalismo politico esercitava
sullopinione pubblica. Lasciarlo continuare su questa linea avrebbe potuto portare
allanarchia. Secondo il ministro degli esteri la situazione ormai era chiara: la stampa
abusava dellautonomia concessa e non restava che promuovere una legge supplementare,
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tutti i membri del Consiglio si sono dichiarati daccordo sullopportunit di rettificare
le legge sulla censura.
Ma la stampa aveva ormai mostrato di aver preso coscienza del proprio potere e delle
proprie funzioni, tanto che Cavour sugger di chiedere al sovrano un mutamento
sostanziale del quadro politico, avanzando la proposta di un regime costituzionale. Era
una provocazione che avrebbe potuto compromettere il futuro della libert di stampa in
Piemonte, ma Cavour confidava nella pressione da lui esercitata sul governo, considerando la
libert di stampa il mezzo principale di civilt e di progresso dei popoli. Al Consiglio di
conferenza del 7 febbraio 1848 la questione fu ripresa in esame. Vi parteciparono le pi
alte cariche del Regno, invitati a esporre il proprio pensiero sulla situazione in cui versava
lopinione pubblica in Piemonte. La maggioranza attribu alla stampa gran parte della
responsabilit del turbamento in cui viveva il Paese. Il quadro della situazione presentato
al sovrano era per un atto di accusa anche nei confronti della censura, che aveva proprio
lo scopo di prevenire ed evitare certi sconvolgimenti. Del resto, il giurista Federico
Sclopis spieg come le restrizioni piemontesi non potevano essere pi rigorose di quelle
degli altri Stati italiani, poich i giornalisti si sarebbero ribellati fuggendo nei Paesi vicini.
La stampa aveva evidenziato come il Paese desiderasse avanzare sulla strada del
progresso, ben al di l di quanto la stessa popolazione avesse potuto immaginare. I
giornali avevano sollecitato e dato voce alle pi nascoste ed inespresse aspettative dei
cittadini. Bisognava rendersi conto che le masse erano eccitate dalla stampa.
Alla fine, i consiglieri del re convennero sulla necessit che tra i principi fondamentali
della Costituzione che il sovrano si apprestava a concedere fosse inserito anche quello
riguardante la stampa e la sua libert.
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1.3 Dallo Statuto Albertino allavvento del fascismo
La stampa sar libera, ma una legge ne reprime gli abusi. Tuttavia le bibbie, i catechismi,
i libri liturgici e di preghiera non potranno essere stampati senza il preventivo permesso del
vescovo7.
Con queste parole, scritte nellarticolo 28 dello Statuto
Albertino pubblicato il 4 marzo 1848, la completa libert di
stampa fu di fatto introdotta in Piemonte. La norma portava
con s gli elementi caratteristici del modello francese (riserva
di legge nel definire la nozione di abuso) e rappresentava il
3. Statuto Albertino
miglior compromesso per risolverlo storico contrasto tra la concessione della libert di stampa
e la volont del potere di controllarla.
La conquista pi importante portata dallo Statuto fu senza dubbio la scomparsa di qualsiasi
forma di censura preventiva.
qualunque suddito del Re il quale sia maggiore di et e goda del libero esercizio dei diritti
civili, potr pubblicare un giornale o scritto periodico.
La Carta albertina del 1848 appartiene al genere, molto diffuso nello scorso secolo, delle
costituzioni brevi, assai pi attente ai problemi concernenti l'organizzazione costituzionale
dello Stato piuttosto che al complessivo modo di essere dell'ordinamento giuridico statale.
Inoltre si trattava (secondo la maggior parte degli autori) di una costituzione flessibile,
parificata alla altre leggi dello Stato; quindi facilmente modificabile.
Secondo Cereti8 , le costituzioni si distinguono in rigide e flessibili a seconda del modo di
formazione e modificazione delle norme costituzionali. In particolare vanno definite rigide
$//, La libert di stampa in Italia dallEditto albertino alle norme vigenti, Mursia, Milano1969.
"001-
1-!"
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quelle nelle quali, stabilendosi una ben precisa distinzione tra il potere costituente ed il potere
legislativo ordinario, le leggi costituzionali possono essere rivedute solo da speciali organi o
con particolari procedure, e nelle quali nuove norme costituzionali non possono essere
emanate che da detti organi o con le procedure speciali. In questo caso le leggi ordinarie sono
subordinate alle leggi costituzionali alle quali debbono conformarsi. Si dicono invece
flessibili le costituzioni le cui disposizioni possono venire modificate dai normali legislatori
con le procedure ordinarie, sono ricalcate sul modello inglese.
Lo Statuto valorizza lorgano parlamentare, ma lassenza di un sistema di controllo di
legittimit costituzionale sulle leggi, finisce per tradursi in una sorta di delega in bianco a
favore di contingenti maggioranze parlamentari. Nasce cos lEditto sulla stampa con
tendenze restrittive (facolt del giudice di procedere al sequestro anche prima della eventuale
sentenza di condanna = sequestro preventivo) e lintroduzione della nozione di abuso
nellesercizio della libert di stampa, ma affidata ad una disciplina specifica, non quella
codicistica. Gli abusi riguardano sia interessi pubblici che privati. Solo con lavvio del
periodo giolittiano (siamo agli inizi del novecento) c unattenuazione delle tendenze
restrittive in materia di libert di stampa (abolito il sequestro preventivo, il sequestro
possibile solo ad avvenuto accertamento da parte del giudice del reato a mezzo stampa).
Gi il 26 marzo per, Carlo Alberto eman un Editto costituito da ben 91 articoli, opera
principalmente di Federico Sclopis. In esso venivano regolate, minuziosamente, le modalit
per la pubblicazione di un testo a stampa, sia comune che periodica. Gli articoli annoveravano
gli adempimenti da compiersi prima della diffusione della testata. Cancellato il sistema della
censura preventiva, le nuove norme cercavano di rendere agevole la repressione di eventuali
illeciti. Mentre per la stampa comune lEditto si limitava a prevedere la consegna di una copia
presso lautorit giudiziaria, per la stampa periodica gli obblighi erano pi gravosi.
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Innanzitutto non era necessaria la cauzione, nemmeno minima (cosa che invece accadeva
nel sistema adottato in Francia nel 1828, a cui lo Statuto si ispirava). Occorreva per
presentare alla Segreteria di Stato per gli Affari Interni una dichiarazione scritta, contenente la
natura della pubblicazione, il nome della tipografia (che doveva essere legalmente
autorizzata) nonch il nome dello stampatore. Doveva inoltre risultare lesistenza di un
proprietario che poteva essere una persona fisica oppure una societ riconosciuta.
Infine, una persona doveva assumere la qualifica di gerente responsabile (lattuale figura
del direttore responsabile), con tutto ci che ne conseguiva. Qualsiasi modifica rispetto
alliniziale dichiarazione poteva comportare una multa sino a 300 lire. Qualunque giornale
fosse invece stato pubblicato senza la preventiva consegna dei documenti sarebbe andato
incontro a multe da 100 a 500 lire, insieme ad una pena detentiva fino a sei mesi per il
proprietario.
Ma quali erano i compiti del gerente responsabile? Questi era tenuto a firmare la prima
copia di ciascun numero del giornale, mentre tutti gli altri esemplari dovevano riportare la
stessa sottoscrizione. I gerenti dovevano poi inserire, per intero e gratuitamente, le risposte o
le precisazioni delle persone citate o indicate negli articoli, non oltre la seconda pubblicazione
successiva al giorno in cui le avessero ricevute.
Tali pubblicazioni sarebbero state a pagamento solo se la lunghezza della risposta avesse
superato il doppio della lunghezza dellarticolo originale. abbastanza ovvio che queste
norme siano del tutto assurde se comparate con le moderne dimensioni e abitudini di un
giornale. Basti pensare alla responsabilit che tutti i firmatari degli articoli avevano su
eventuali omissioni , riguardanti lamministrazione del giornale: norma osservabile in piccoli
periodici a gestione famigliare, con pochi e usuali collaboratori. Decisamente pi ardua
lapplicazione in riferimento a giornali di una certa mole o dimensione, con corrispondenti
esterni, occasionali e dislocati in luoghi diversi da quello di stampa.
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Dopo il 1848 tutti i governi degli Stati preunitari, sullonda dei movimenti rivoluzionari e
delle rivendicazioni liberali, sancirono il principio della libert di stampa allinterno delle
proprie Costituzioni. La regolamentazione data allepoca dallEditto Albertino rimase in
vigore fino allavvento del fascismo, divenendo la cornice legislativa e il punto di riferimento
obbligato per quanti lavoravano nel settore della stampa. Delle restrizioni alla libert di
stampa si susseguirono per negli anni successivi, a causa di avvenimenti che portarono anche
alla soppressione dei diritti ottenuti con lEditto, come in occasione della guerra del 1859, o
anche a causa delle norme di emergenza emesse durante la Terza Guerra dIndipendenza del
1866. Dopo lUnit, con lo straordinario sviluppo della stampa periodica diffusa in tutto il
territorio nazionale, il dibattito politico e la vigilanza delle autorit si concentrarono su quegli
strumenti di comunicazione che potessero creare problemi di ordine pubblico. In questo
modo, ad ogni progetto di revisione dellEditto, da Crispi a Pelloux, si riaccendevano le
discussioni intorno ad alcuni temi caldi, come il sequestro preventivo e lautorit che avrebbe
dovuto ordinarlo. Caddero sotto la scure dei sequestratori non solo giornali, ma anche libri
accusati in genere di acceso anticlericalismo, istigazione allodio di classe o semplice
oscenit. Talvolta, come ad esempio nel caso de Gli scamiciati di Paolo Valera, liter
giudiziario si concluse con unassoluzione, anche se la vicenda rappresent un eccellente
deterrente per scoraggiare leditore Ambrosoli (che non riusc pi a recuperare le copie
sequestrate) a prendere analoghe iniziative editoriali9.
! Maria IOLANDA PALAZZOLO, Le forme della censura nellItalia liberale, La Fabbrica del libro, 1/2005, p. 4.
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4. Prima pagina de LItalia del popolo, con un articolo sequestrato il 9 settembre 1893 (a sinistra). Il giorno successivo (a destra) comparve leditoriale Il nostro sequestro di ieri, in cui si chiese spiegazione al procuratore generale di Milano, che ci ha proprio fatti cadere dalle nuvole, senza risparmiare bordate alle autorit: col pretesto della solita eccitazione allodio fra le classi sociali si pu sequestrare, se si vuole, anche il Pater noster. E dopo la precisazione non eccitavamo nessuno a cose illegali: dicevamo del diritto che hanno i cittadini di vegliare a che non esca dalla legge il governo, si concluse con una chiara presa di posizione: Si pu sequestrare per tutto ci un giornale? A noi pare di no.
Alla fine del 1800, le condizioni del paese migliorano e ne risente positivamente anche la
stampa. Il servizio telegrafico diventa meno oneroso e le linee ferroviarie vengono ampliate.
Grazie a questi due fattori, cresce la qualit dei giornali e il numero dei lettori. Nonostante
ci, tuttavia siamo ancora indietro rispetto gli altri paesi e per di pi il nostro giornalismo si
porta dietro una pesante palla al piede ancora oggi molto ingombrante: linfluenza politica.
Nel 1877, alla nascita dellAssociazione stampa periodica Italiana (Aspi), segue la definizione
di giornalismo come prestazione intellettuale a carattere professionale. Nello statuto
dellassociazione sono previste tre figure professionali: gli effettivi che esercitano in maniera
esclusiva la professione i pubblicisti che possono anche svolgere altre professioni e i
frequentatori, personalit del mondo politico-culturale che ogni tanto pubblicano articoli sui
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!
mezzi di informazione. Gli ultimi anni del 1800 sono caratterizzati da una forte
radicalizzazione politica. I giornali si schierano sempre pi da una parte o dallaltra e spesso
sono affiancati dagli organi di partito. Nel 1896, per esempio, nasce l Avanti! , lorgano
del PSI. Ed e di questi anni la nascita dei primi fogli cattolici. Il XIX secolo si conclude con
la stampa che subisce sempre pi gravi limitazioni.
1.2 La stampa di inizio Novecento
Linizio del novecento nonostante tutte le gravi limitazioni del secolo precedente,porta con se
tutte le premesse per garantire al paese di proseguire sulla via della modernit. La popolazione
Italiana continua a crescere, lanalfabetismo accenna a diminuire, i collegamenti ferroviari
coprono quasi lintero paese, il servizio postale migliora e il telegrafo diventato un oggetto
di uso comune senza contare i primi impieghi del telefono. Erano tutte condizioni importanti
per lo sviluppo della stampa. Al potere va Giovanni Giolitti e lItalia si incammina davvero
sulla via della libert. La lotta contro i disegni e i pericoli reazionari stata vinta, i giornali
hanno avuto un ruolo importante e la loro forza di condizionare in qualche modo lopinione
pubblica diventa sempre pi evidente. Gi molti anni prima lo avevano intuito i sovrani e
adesso lo capisce anche il nuovo presidente del Consiglio che non esita a ricorrere ad atti di
pressione o di sostegno per accattivarsi il quarto potere10.
Le cose cominciarono a cambiare nel corso della Prima guerra mondiale quando furono
promulgati ordinamenti straordinari riguardanti la stampa, anche prima dellentrata in
conflitto dellItalia. Era vietata la diffusione di informazioni non emesse dal governo o dai
comandi superiori dellesercito e che riguardassero, tra le altre cose, il numero dei feriti, dei
Paolo MURIALDI,Storia del giornalismo italiano, Il Mulino, 2006.
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morti e dei prigionieri. Era inoltre proibito fare previsioni sulle operazioni militari o rendere
pubbliche notizie sulle nomine e le variazioni negli alti comandi dellesercito.
Fu per con lavvento di Mussolini e del fascismo che vennero approvate norme che di
fatto sovvertirono i principi dello Statuto Albertino. La politica fascista nei confronti della
stampa si espresse in un articolato e rigido regime di controlli preventivi sullesercizio della
libert di stampa, in un rafforzamento dei poteri discrezionali dellautorit di pubblica
sicurezza in questo campo, in un inasprimento dei poteri repressivi del giudice e introdusse
forme di sostegno economico alle industrie editoriali, fatto questo che introdusse una novit
che rimase anche successivamente al crollo del fascismo. Anche il gerente responsabile della
pubblicazione era di nomina prefettizia.
la stampa negatrice della patria e demolitrice dellopera del governo fascista abusa
ignobilmente della longanimit fascista e manifesta velleit di ripresa [...] si invita il governo
fascista ad applicare senza indugi i provvedimenti contro la stampa nemica della rivoluzione
fascista11.
Giancarlo CARCANO1!"#
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1.2.1 La libert di stampa durante il fascismo
Con lavvento del Regime fascista si segn linizio di
una trasformazione progressiva della disciplina della
libert di stampa: da un carattere repressivo dei possibili
abusi nellesercizio di un diritto di libert, ad un
carattere totalmente cautelativo. Tale trasformazione fu
insita nel tipo di regime autoritario che si stava
instaurando, ma anche conseguenza di un diverso
atteggiamento che il regime assunse con riferimento
allintero settore dellinformazione. Un atteggiamento
5. Mussolini che fu espressione della piena consapevolezza dello stretto collegamento funzionale che lega
le attivit di comunicazione sociale e lassetto degli equilibri politici, non in chiave di libert e
di partecipazione politica, bens in chiave di difesa e rafforzamento del potere costituito.
appunto questa consapevolezza che spinse il legislatore a mettere in campo una serie
articolata di istituti, attraverso i quali alla tradizionale funzione repressiva dei pubblici poteri
si affianc un ruolo progressivamente sempre pi incisivo che si tradusse in una fitta rete di
rigidi controlli che toccarono non solo il contenuto degli stampati, ma le stesse condizioni di
esercizio della libert di stampa.
E' generalmente riconosciuto al fascismo (e al nazismo) il tentativo pi organico di
organizzare un consenso di massa attraverso l'utilizzo dei mezzi di comunicazione.
Effettivamente, l'analisi dell'opera di controllo e produzione sui media (stampa,radio,cinema)
compiuta da Mussolini lascia pochi dubbi a riguardo. Egli aveva ben compreso l'importanza
dell'opinione pubblica; fu abile nello scoprire prima di altri come fosse possibile divulgare
praticamente qualsiasi idea purch si controllassero stampa e radio. Secondo Mack Smith a
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Mussolini "piaceva sostenere che l'opinione pubblica poteva cambiare indirizzo nel giro di
ventiquattr'ore, semplicemente con un accorto uso dei titoli di giornale12".
Non un caso che , cos come lo stesso Mussolini, molti gerarchi italiani esercitavano (o
avevano esercitato) la professione di giornalista. Il loro compito era quello di generare il
consenso o, quanto meno, l'illusione che esso ci fosse. Anche la politica estera fascista si
basava sulla ricerca di una serie ininterrotta di successi politici, tali da determinare titoli a
carattere cubitale sui giornali, fonte precipua di consenso e ammirazione tra la popolazione.
L'educazione delle masse, aveva affermato il Popolo d'Italia13 il 15 dicembre 1929, come
educazione "integrale e totalitaria", il "problema centrale, tutt'uno col problema politico
del fascismo14".
In Mussolini vi era una concezione ben definita delle masse, concezione che, secondo De
Felice15, egli aveva ereditato da Sorel16 e , ancora di pi, da Le Bon17. Questi aveva indicato
con molta energia i meccanismi che a suo parere determinavano il comportamento collettivo,
la psicologia delle folle. Per fare colpo sul loro animo le istituzioni erano inefficaci, cos come
gli strumenti fino ad allora ritenuti classici. Secondo Le Bon l'immaginazione delle folle
Denis MACH SMITH, Gli anni del consenso, in A, PETACCO Storia del fascismo, Roma , 1985 13
Giornale fondato da Mussolini nel novembre del 1914 ed in seguito diretto dal fratello Arnaldo
14 Problema politico, in Il Popolo d'Italia, 15 dicembre 1929
15 Renzo DE FELICE, Intervista sul fascismo, Laterza,1975
16 Scrittore e uomo politico francese (1847 - 1922) , sostenitore in una prima fase di un sindacalismo rivoluzionario ed avvicinatosi in un secondo momento ad ambienti monarchici, reazionari ed antisemiti.
17 Sociologo francese. Noto per La psicologia delle masse (1894).In tale lavoro viene sottolineato il carattere particolare del fenomeno massa, luogo di fusione delle coscienze e combinazione originale dei tratti psichici degli individui che ne fanno parte, tale da costituire un organismo a se stante. Al centro del fenomeno massa si colloca il leader, le cui idee trovano diffusione per contagio e imitazione.
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andava colpita ripetutamente con parole tali da evocare negli animi immagini "grandiosi e
vaghe18".
Tornando al nostro discorso, si capisce che il fascismo riteneva necessario che le masse19 si
sentissero integrate nel regime ed era consapevole di come il loro consenso fosse
fondamentale per la sua stessa sopravvivenza.
Ma qual era la situazione italiana agli albori dell'esperienza fascista?
A livello sociale vi era un diffuso senso di stanchezza collegato ad una preoccupazione per le
condizioni dell'economia del paese che riguardava i suoi vari aspetti (produzione,
occupazione, costo della vita).
Andando poi ad analizzare la situazione politica, si pu notare come i partiti antifascisti
fossero profondamente screditati agli occhi della popolazione. "Liberalismo, democrazia,
socialismo mancavano in Italia di una robusta tradizione ed una larga esperienza positiva20"; i
vari partiti erano reduci da anni di reciproci contrasti e da innumerevoli critiche che avevano
generato nella gente grande insofferenza verso la loro politica e, ancor peggio, verso gli ideali
di cui essi erano portatori.
Anche il partito fascista non godeva di soverchio credito, per alcuni fattori giocavano a suo
favore. Un primo fattore che non deve essere sottovalutato (per quanto possa sembrare
secondario) concerne i consensi e i riconoscimenti di cui il fascismo e Mussolini in particolare
godevano all'estero.
"
questo argomento v. Renzo DE FELICE, Mussolini il fascista, Torino, 1966 19
Su Per il coinvolgimento in particolare dei ceti sociali pi bassi, v. P.V. CANNISTRARO La fabbrica del consenso, Bari, 1975
20 Renzo DE FELICE, Mussolini il Fascista, cit.,370
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Questi successi, soprattutto a decorrere dal 1929, quando ormai la presa del potere era
consolidata, diffusero in vasti strati della popolazione italiana la convinzione di essere
protagonisti di fatti che destavano ammirazione in tutto il mondo21.
Un altro fattore da evidenziare il grande prestigio personale di cui godeva Mussolini,
prestigio che andava a compensare nelle convinzioni di molti Italiani i limiti ed i lati negativi
che l'esperimento fascista andava viepi manifestando.
Un ultimo aspetto che indubbiamente concorse a favorire il fascismo, soprattutto nella fase
che lo condusse al potere, fu il progressivo deterioramento della sensibilit democratica e
costituzionale del paese, dovuto alla disciplina di guerra e agli effetti psicologici del conflitto
sull'opinione pubblica22.
Allalba della nascita del nuovo movimento a cui faceva capo Mussolini, tra i vari
periodici italiani erano assai diffusi ondeggiamenti, incertezze, contraddizioni. Era infatti
comune la convinzione che il fascismo, dopo aver avuto un ruolo importante per allontanare il
pericolo rosso, si sarebbe costituzionalizzato. Emblematico, ricorda Mauro Forno dottore
in ricerca in Storia contemporanea presso lUniversit di Torino , che il Corriere della sera
pochi giorni prima della Marcia su Roma parlasse dellesigenza di un governo con lo spirito
liberale e la risoluzione fascista, auspicando la formazione di un esecutivo capace di
contrastare gli aspetti antilegalitari operanti allinterno del fascismo e di garantire spazio e
futuro ai tradizionali ceti dirigenti.
Su questo argomento v. D. BIONDI La fabbrica del Duce, Firenze, 1967 che riporta, tra le altre cose, una serie di frasi molto significative attribuite al Primo Ministro inglese W. Churchill e da egli pronunciate nella prima fase dell'esperienza fascista. Eccone alcune: "Ecco un uomo che mi interessa (...)Se arriva al potere e preserva all'Italia un minimo di democrazia, potrebbe essere la grande lezione per l'Europa". Oppure: "E' facile accorgersi che l'unico pensiero di Mussolini il benessere durevole del popolo italiano". Ed ancora: " Il genio romano impersonato da Mussolini (...), ha mostrato a molte nazioni come si pu resistere all'incalzare del socialismo".
22 C. GHISALBERTI Storia costituzionale d'Italia 1848/1948, Bari, 1992.
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Gi nellimmediato pre-fascismo per si verificarono i primi attentati alla libert di stampa:
nel 1921 furono ventinove le sedi di giornali che subirono assalti e devastazioni da parte delle
squadre fasciste.
Esse non si limitarono a rappresaglie nei confronti dei fogli comunisti e socialisti, ma
colpirono tutte le testate che in qualche modo manifestavano anche la minima opposizione ai
progetti intimidatori del movimento fascista.
Mussolini non fece altro che spingere alle estreme conseguenze lutilizzo di strumenti a
suo tempo adoperati dai governi liberali. A partire dalla sistematica raccolta di informazioni
sui giornali, sui loro direttori e sui loro finanziatori. Molti provvedimenti inoltre ebbero lo
scopo, pi che di fascistizzare la stampa, di ridurre al silenzio il dissenso, le voci contrarie.
Dallottobre-novembre 1921 anche il giornale Il Paese era stato preso di mira con
unazione deliberata e costante di boicottaggio in provincia, onde determinarne la crisi
finanziaria: minacce ai rivenditori, incendi di
edicole, sequestri di pacchi del giornale alle
stazioni e negli uffici postali23... In quegli
anni, gli episodi di boicottaggio erano
allordine del giorno: Nellagosto del 1922 il
giornale la Stampa di Torino pubblic un
articolo col titolo Conclusioni in cui i fascisti
riscontrarono biasimo per azioni da loro svolte. Furono bruciati due pacchi del giornale e
Alessio Niccolai fu riconosciuto da alcuni fascisti torinesi e malmenato.
Valerio CASTRONOVO, La stampa italiana dallunit al fascismo, Bari, Laterza, 1970, p. 342.
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Rivenditori ed edicole si rifiutarono di vendere copie del predetto giornale per paura di
rappresaglie24. Il Congresso federale della stampa italiana (tenutosi a Trieste dal 16 al 19
settembre 1922) denunciava la frequenza e la gravit degli attentati contro giornali e
giornalisti, facendo appello al giudizio dellopinione pubblica e alla responsabilit della classe
politica. Ma latmosfera che si respirava era tuttaltro che di civile convivenza. Piano piano, a
partire dalla stampa di provincia, abbandonata a se stessa e senza protezione della polizia, i
giornali cominciarono con lastenersi dal criticare il fascismo, sino a diventare in buona parte
succubi dei nuovi governanti.
Le minacce erano rivolte non solo ai lettori, ai giornalisti, ai collaboratori e ai direttori
delle testate, ma anche ai finanziatori delle stesse. Ad esempio, ecco cosa scrisse Mussolini al
prefetto di Milano il 28 giugno 1923:
Constato da qualche tempo giornale Avanti! ha ripreso certa baldanza imbecille stop
faccia comprendere nel modo migliore che socialisti non devono nutrire illusioni.
1.2.2 Le prime restrizioni del Regime
La vittoria del Duce provoc reazioni contrastanti tra le principali testate e tra i rispettivi
direttori: in molti salutarono lascesa di Mussolini, ma fra le righe di una prosa entusiastica si
coglieva la preoccupazione che il nuovo capo del governo avrebbe potuto porre limitazioni
alla libert despressione. I fascisti non fecero nulla per dimostrare che altre erano le
intenzioni: nei giorni successivi alla Marcia su Roma e allincarico dato a Mussolini di
formare il nuovo governo, furono letteralmente devastati dagli uffici dell Avanti!, organo
dei socialisti massimalisti, de La Giustizia foglio dei socialisti unitari, de LOrdine nuovo
di Torino e de Il Comunista di Roma, giornali del Partito comunista dItalia.
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Nel discorso di presentazione alla Camera del suo ministero, il 16 novembre 1922,
Mussolini fece un affermazione che , alla luce dei successivi atti posti in essere dal suo
governo, si rivel niente pi che una bolla di sapone. Egli infatti disse: " Le libert statuarie
non saranno vulnerate. La legge sar fatta rispettare a qualunque costo". Qualche anno dopo,
nel 1925, quando ormai il Governo si era tramutato in regime, lo stesso Mussolini rilasci un
intervista ad un'inviata del giornale inglese Daily Express nella quale dichiar, tra le altre
cose: "La Libert! esiste forse qualcosa di simile che si avvicina? (...) Essa non esiste che
nell'immaginazione dei filosofi, che ottengono dal cielo la loro filosofia impraticabile25".
Nei mesi seguenti il capo del Governo ebbe modo di specificare meglio queste
affermazioni arrivando a dire, in un discorso pubblico "La libert non un diritto: un
dovere; non una elargizione: una conquista; non una eguaglianza: un privilegio26".
A questo punto, volendo comprendere la scaturgine di queste frasi pronunciate dal
fondatore del fascismo, dobbiamo tenere presente la concezione dello Stato che emerge da
quanto teorizzato da egli stesso o da altri giuristi dell'epoca. Per quanto concerne la posizione
di Mussolini utile considerare quanto da egli scritto nello statuto del partito del 193827.
Innanzitutto Mussolini si impegna a svalutare l'apporto sociale delle dottrine liberali,
socialiste e democratiche fiorite nel XIX secolo; in particolare egli afferma, riguardo l'unit
italiana, che "il liberalismo vi ha avuto una parte assolutamente inferiore all'apporto dato da
Mazzini e da Garibaldi che liberali non furono".
Successivamente , passando a tratteggiare il fascismo, egli ne sottolinea la concezione
di assolutezza dello Stato, dinanzi al quale individui e gruppi sono delle entit relative.
Mussolini chiude il suo brano dicendo che lo stato fascista "ha limitato le libert inutili o 25
Su questo argometo v. A. PETACCO Storia del fascismo, Roma, 1985 26
Frase riportata da G. SPINETTI Fascismo e libert, Padova, 1941
27 Brano tratto da A. AQUARONE L'organizzazione dello stato totalitario, Torino, 1978
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"
nocive e ha conservato quelle essenziali. Chi giudica su questo terreno non pu essere
l'individuo ma soltanto lo Stato".
Consideriamo ora il pensiero di altri autori fascisti: Viviani, D'Alessio e Lucatello. Nella
sua opera28 Viviani afferma che lo Stato fascista non pu limitarsi ad una funzione di ordine e
tutela come quello liberale, ed i diritti dei cittadini non sono che il riflesso del diritto
immanente in esso, quindi esistono "in quanto esistono lo Stato e la sua sovranit".
Chiudendo questo concetto egli retoricamente sostiene che lo stato totalitario necessario
"per assorbire trasformare e potenziare tutta l'energia e la speranza di un popolo".
Nello stesso solco D'Alessio29 vede lo stato come organo di attuazione di finalit che non
possono riferirsi ad alcuno dei singoli cittadini o gruppi che lo compongono. In particolare la
collettivit non deve essere confusa coi singoli: essa ha una propria vita alla quale si
subordina la vita dei singoli. "I bisogni possono essere coincidenti (...); possono essere
divergenti o contrastanti e in tal caso, (...), i bisogni della collettivit prevalgono su quelli dei
singoli". Per l'autore il diritto soggettivo non elemento necessario della norma giuridica, ma
solo una manifestazione di essa meramente eventuale e non necessaria. E' per questo motivo,
secondo D'Alessio che l'interesse generale protetto e garantito anche nell'interesse
individuale. Ne deriva una protezione indiretta ed occasionale, ma pur sempre efficace, di tali
interessi privati.
La conclusione del giurista che "dal fatto che un diritto subiettivo possa risolversi o
venire limitato non pu inferirsi che esso non esista o non sia riconosciuto".
"
L. VIVIANI Che cosa il fascismo, Isola dei Libri, 1926 29
F. D'ALESSIO Lo stato fascista come stato di diritto, in Scritti giuridici in onore di S. Romano, Padova, 1940
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Considerando infine l'opera di Lucatello30 notiamo come egli sottolinei il fatto che , a
differenza degli stati democratici, gli ordinamenti italiano e tedesco non riconoscono pi ai
singoli individui un assoluto diritto di libert.
Essi non sono limitati, nella salvaguardia degli interessi generali della comunit, dalla
manifestazione del diritto di libert, "che consiste nell'affermare anche pubblicamente il
proprio pensiero politico", e non permettono agli individui di propagandare le loro opinioni
circa un eventuale mutamento della struttura dello Stato. A questo punto per interessante
ricordare come nel fascismo delle origini, quanto meno a livello di dichiarazioni ufficiali, si
fosse ben distanti da questi principi.
E' a proposito molto significativo quanto riporta in una sua opera un costituzionalista
dell'epoca, Silvio Trentin31.
Questi fa riferimento a quanto scritto dallo stesso Mussolini sul Popolo d'Italia in giorno
11 novembre 1919, ove detto: "Noi affermiamo che se domani i nostri pi feroci avversari
fossero vittime in tempi normali di un regime di eccezione, noi insorgeremmo perch siamo
per tutte le libert, (...). Si tratta della cosa pi sacre al mondo: la libert."
Anche la chiusura dell'articolo lascia perplessi: "Noi vogliamo la libert per tutti, noi
vogliamo che la libert universale ci governi, non la volont di un gruppo o di un uomo,
chiunque esso sia."
Del resto, lambiguo comportamento di Mussolini non rassicurava di certo testate e
associazioni della stampa: Intendo salvaguardare la libert di stampa dichiar il Duce
, purch la stampa sia degna della libert.
G. LUCATELLO Profilo giuridico dello Stato totalitario, in Scritti giuridici in onore di S. Romano, Padova,1940
31 S. TRENTIN Dieci anni di fascismo, Roma, 1975
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La libert non soltanto un diritto, anche un dovere. Il tiepido atteggiamento dei
giornali e della Federazione fin per tradursi in una vera e propria complicit. Anche Mario
Borsa, giornalista e storico oppositore di Mussolini, rilev che il fascismo non avrebbe avuto
cos largo sviluppo se la stampa non lo avesse lasciato fare, mantenendosi in un riserbo che
pot essere interpretato come una approvazione. Nel 1923 Mussolini ruppe quindi gli indugi
pubblicando un decreto-legge sulla stampa, sottoposto subito dopo alla firma di Vittorio
Emanuele III. La disciplina della responsabilit dei reati a mezzo stampa fu modificata sotto
un profilo fondamentale: quello dei requisiti richiesti per lo svolgimento dei compiti affidati
alla figura del gerente responsabile. Si stabil che questi dovesse essere necessariamente un
soggetto coinvolto nella gestione del periodico, cos da evitare le difficolt che la prassi
precedente aveva evidenziato, legate soprattutto alla debolezza del controllo sul contenuto
degli stampati affidato a soggetti che potevano essere anche del tutto estranei alla vita del
periodico stesso. Inoltre si stabil di sottoporre a riconoscimento prefettizio la sua nomina e di
affidare alla stessa autorit il potere di revocarne il riconoscimento dopo la commissione di
due reati a mezzo stampa nellarco di un anno, nonch il potere di negare il riconoscimento al
gerente subentrante, nellipotesi in cui quello sollevato dallincarico avesse subito nello stesso
anno due condanne per reati a mezzo stampa, comportanti una pena detentiva non inferiore ai
sei mesi.
Erano dunque una serie di poteri che finivano per tradursi in un meccanismo di
condizionamento dellesercizio della libert di stampa, che aveva come possibile risultato la
paralisi della pubblicazione della testata. Il provvedimento fu un trauma per tutto il mondo
giornalistico italiano. Dopo le reazioni di giornali e associazioni, Mussolini smorz i toni
firmando un falso armistizio, confidando nella buona condotta della stampa, tale da non
rendere necessaria lapplicazione del provvedimento.
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Nello stesso periodo per crescevano le potenzialit della stampa fascista, con laumento
dei giornali fedeli al Regime: da Il Popolo di Brescia a Cremona Nuova, fino a Regime
Fascista, che da settimanali diventarono quotidiani. La strada intrapresa fu chiara e le parole
di Mussolini questa volta non lasciarono adito a interpretazioni:
Bisogna essere pro o contro. O fascismo o antifascismo. Chi non con noi, contro di noi.
Altre novit introdotte in quegli anni
consistevano nella configurazione della
responsabilit passabile al direttore del
periodico in termini di responsabilit
oggettiva per fatto altrui. Si stabil che chi
rivestiva la qualit di direttore era
chiamato a rispondere, insieme allautore
dello scritto, del reato a mezzo stampa. Questa novit deve essere letta alla luce delle
disposizioni in tema di nomina e riconoscimento del direttore responsabile: essa non
costituiva che un modo per accrescere la repressione nei confronti di tale carica.
Ancora pi significativa della tendenza del Regime ad estendere il proprio controllo sulle
condizioni di esercizio della libert di stampa fu listituzione dellOrdine e dellAlbo dei
giornalisti. Presentato come risposta alle legittime aspirazioni espresse dalla classe
giornalistica, in realt pi che accrescere il prestigio professionale della categoria si comport
come un vero e proprio meccanismo di filtraggio politico.
LAlbo si componeva di tre elenchi: giornalisti professionisti (coloro che esercitavano la
professione in modo esclusivo da pi di diciotto mesi), praticanti (coloro i quali esercitavano
in modo esclusivo la professione da meno di diciotto mesi o fossero di et inferiore a 21 anni)
e pubblicisti (quelli che svolgevano attivit giornalistica in modo non esclusivo).
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Oltre ai requisiti positivi (quali cittadinanza, diritti politici ecc.), si richiedevano anche
requisiti negativi: larticolo 6 precludeva liscrizione per coloro che avessero riportato una
condanna a pena detentiva superiore a cinque anni e per chi avesse svolto una pubblica
attivit contraria agli interessi della Nazione. La legge prevedeva, inoltre, che la tenuta
dellAlbo fosse a cura dellOrdine dei giornalisti, da istituirsi nelle citt sedi delle Corti
dAppello, presso la cancelleria dove gli Albi dovevano essere depositati. In realt lOrdine
non fu mai istituito e le funzioni ad esso attribuite furono esercitate dal sindacato nazionale
fascista dei giornalisti.
In conclusione di questo paragrafo, nel quale abbiamo citato le affermazioni non solo del
fondatore del partito fascista, ma anche di giuristi dell'epoca, per bene rammentare quanto
ci dice Calamandrei32. Egli ci mette in guardia da quanto possiamo leggere nei trattati di quel
periodo perch, anche quando non vi era servile esaltazione delle leggi fasciste, comunque per
lo pi ci si asteneva dal ricercare nelle formule giuridiche la realt politica che nascondevano.
I manuali dissertavano dei diritti di libert del cittadino come se essi non fossero stati
violentemente soppressi; trattavano delle fondamenta costituzionali dello stato come se
fossero rimaste immutate e, infine parlavano dello Statuto albertino come se non fosse stato
tradito.
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1.2.3 Il controllo soffocante
Il controllo della stampa si fece sempre pi soffocante: nel 1931 Gaetano Polverelli, capo
Ufficio Stampa di Mussolini, eman delle direttive per la stampa, vere e proprie forme di
controllo esercitato sui periodici, che riguardavano anche aspetti irrilevanti e marginali.
Qui di seguito le principali:
1. Rinnovare la funzione del giornale
Il giornale deve essere organo di propaganda dellitalianit e del Regime; deve
innalzare monumenti visivi nella memoria collettiva e simultaneamente edificare
limmaginario popolare della nazione.
Valorizzare le nuove opere italiane.
Riprodurre un quadro completo delle idee salienti espresse dal Duce nei discorsi
pi recenti.
Movimentare tutte le pagine, specialmente la prima, con grandi titoli, cercando si
sensibilizzare lopinione pubblica con titoli su sette colonne, ogni qualvolta gli
avvenimenti lo consentano.
Migliorare la tecnica dellimpaginazione, anche nelle fotocomposizioni.
Si raccomanda soprattutto unardente passione di italianit e di fascismo, che deve
illuminare il giornale in ogni suo numero.
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6. Il giornale doveva essere strumento di propaganda, capace di colpire lopinione pubblica con titoli a sette colonne .
7. Alcune prime pagine in cui si riportavano i discorsi pronunciati dal Duce.
2. Controllo dal punto di vista nazionale e fascista
Controllare le notizie e gli articoli dal punto di vista nazionale e fascista, ponendosi
cio il quesito se le pubblicazioni sono utili o dannose per lItalia e per il Regime.
3. Ottimismo e fiducia
Improntare il giornale a ottimismo, fiducia e sicurezza nellavvenire.
Eliminare le notizie allarmistiche, pessimistiche, catastrofiche e deprimenti.
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La divulgazione di catastrofiche previsioni di chiromanti parigine e di allarmistici
preannunzi di calendari e almanacchi popolari deplorevole idiozia.
8. Lottimismo attorno al Regime doveva trasparire anche dalla stampa.
4. Opere assistenziali
Occuparsene dal lato organizzativo, e non da quello pietistico.
Non si deve dare allestero la sensazione di una miseria grave che non c.
Non si deve battere la grancassa per raccogliere denari.
Si deve dar conto dellorganizzazione e dei risultati.
5. Assistenza fascista
Si ispira al principio nazionale della solidariet.
Nei commenti evitare ogni vecchio concetto di elemosina, di pietismo.
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6. Mostra della rivoluzione fascista
un errore politico pubblicare sui giornali fotografie di ricordi socialisti, comunisti
ecc.
Il Lavoro Fascista ha pubblicato una fotografia della testata dellAvanti! col
risultato di richiamare sul giornale sovversivo anche lattenzione dei giovani che
non lo lessero e neanche lo conobbero.
Il Giornale dItalia pubblic unillustrazione sovversiva, in cui la dicitura era la
seguente: aprite le galere ai condannati politici.
9. Venne persino vietata la pubblicazione di foto che richiamassero alla memoria giornali dopposizione come l Avanti!.
7. Basta con gli articoli sulla vecchia Italia
La Stampa pubblic un articolo sulla Roma del 1871, in cui si dipingeva la
misera vita politica italiana del tempo; lo stesso giornale diffuse articoli sul
Pasquino (statua a cui si usava affiggere satire pungenti, specie di contenuto
politico), e persino su Menelik (imperatore dEtiopia al tempo della guerra italo-
abissina, conclusasi con il disastro di Adua).
Il Regime Fascista pubblic articoli a serie sullItalia dellOttocento. un
deplorevole rigurgito della vecchia Italia misera, divisa, discorde.
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Abbiamo distrutto un Impero! Abbiamo quattro anni di guerra da illustrare e infiniti
eroismi e la vittoria solare di Vittorio Veneto!
8. Inflazionismo
LItalia fa una politica anti-inflazionistica.
Non pubblicare notizie o articoli apertamente o tendenziosamente inflazionistici.
Non occuparsi dellinflazionismo allestero.
9. Disegni e fotografie di mode femminili
La donna fascista deve essere fisicamente sana, per poter diventare madre di figli
sani, secondo le regole di vita indicate dal Duce.
Vanno eliminate quelle immagini di figure femminili artificiosamente dimagrite e
mascolinizzate, che rappresentano il tipo di donna sterile della decadente civilt
occidentale.
10. Donne-crisi
Pubblicare trafiletti, novelle ecc. contro le donne-crisi.
11. Riconoscimenti esteri
Riunire con evidenza di titoli tutte le notizie riguardanti il Regime e i commenti di
giornali esteri sulle realizzazioni del fascismo, nonch le notizie sulla diffusione dei
principi fascisti nel mondo o incontri di particolare importanza.
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10. Esempi di come i giornali dovevano esaltare gli incontri di Mussolini con personalit di spicco del panorama italiano e internazionale.
12. Fotografie
Le fotografie di avvenimenti e panorami italiani devono essere sempre esaminate
dal punto di vista delleffetto politico.
Se si tratta di folle, scartare le fotografie con spazi vuoti.
Se si tratta di nuove strade o zone monumentali, scartare quelle che non danno una
buona impressione di ordine, di attivit, di traffico ecc.
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11. Le foto dei luoghi pubblici dove il Duce teneva i discorsi non dovevano assolutamente presentare spazi vuoti.
12. Due foto che furono censurate: a sinistra, un gerarca inciampa durante la visita di Mussolini in Sicilia nel 1937. A destra, il Duce saluta il re, ma linchino e la stretta di mano erano vietate dal Regime.
13. Cronaca giudiziaria
I resoconti giudiziari devono essere controllati dal lato politico, eliminando tutto
ci che pu nuocere al credito e agli interessi generali della Nazione.
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14. Dialetti
Non pubblicare articoli, poesie, o titoli in dialetto.
Lincoraggiamento alla letteratura dialettale in contrasto con le direttive spirituali
e politiche del Regime, rigidamente unitarie.
Il regionalismo e i dialetti che ne costituiscono la principale espressione sono
residui dei secoli di divisione e di servit della vecchia Italia.
15. I giovani
Basta con gli attacchi ai giovani.
Le leve dei giovani si inseriscono ogni anno nel Regime e ne rafforzano la linfa
giovanile.
Sospendere gli articoli sui seguenti argomenti: problema dei giovani,
provvedimenti di disciplina per lettere anonime, battaglia demografica.
13. Articoli in cui i giovani venivano definiti linfa futura del partito.
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16. Resoconti parlamentari
Non parlare di lavori parlamentari, frase del vecchio tempo.
Citare, anche nei titoli, i principali provvedimenti presi.
17. Famiglia del Duce
Non gradito che se ne parli.
18. Culto del Duce
Mussolini devessere prevalentemente fotografato con inquadrature dal basso, in modo
tale da conferirgli una statura eroica, elevandolo al di sopra degli uomini comuni. Nei
primi piani, bisogna privilegiare inquadrature che facciano risaltare, sul viso del Duce,
uno sguardo pensieroso, rivolto verso il futuro, per conferirgli un senso di acutezza e
profondit, cercando di identificare il suo volto con il progresso e la vittoria.
19. Altre personalit del panorama politico
opportuno non preannunziare i movimenti del Re, del Principe ereditario, oltre che
del Duce.
Se ne pu parlare solo se vi ordine speciale.
20. Notizie militari
Non pubblicare dati su spostamenti di truppe, esercitazioni ed altre notizie militari, se
non sono comunicate dalle Autorit militari, e se non vi speciale autorizzazione.
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1.2.4 La fascistizzazione
Ma quali furono nello specifico le conseguenze scaturite dalle feroci manovre
dimbavagliamento dei giornali?
Innanzitutto uno spartiacque decisivo nel processo di fascistizzazione della stampa fu
lomicidio di Giacomo Matteotti33 (10 luglio 1924). Dopo il ritrovamento del corpo
dellonorevole, il 16 agosto, la stampa accus il governo di responsabilit, dirette ed indirette.
Su tutti, il Corriere della sera e La Stampa, ai quali si aggiunsero Il Mattino, Il
Mondo, Il Giornale dItalia e decine di testate. Ognuno di questi super le ultime esitazioni
e chiese a gran voce le dimissioni del Capo del governo.
14.
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Solo i pochi rimasti filo-governativi (da Il Messaggero a Il Secolo) non mancarono di
scagliarsi contro quei fogli che criticavano luomo di Predappio e, con molta retorica,
invitarono proprio questultimo ad unazione risoluta contro i responsabili dellomicidio.
Giacomo MATTEOTTI (1885 1924) politico socialista ed antifascista italiano
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L8 luglio 1924 arriv il nuovo diktat ai giornali: il governo approv lattuazione
dellEditto sulla stampa del 1923 e i prefetti poterono cos procedere al sequestro dei
quotidiani e dei periodici dopposizione anche a prescindere dallavvenuta diffida, purch ce
ne fossero i presupposti. LUnit fu sequestrata ventitr volte nel 1924, ben quarantasei nel
1926, mentre lAvanti! nel 1925 addirittura sessantadue. Con questo meccanismo
repressivo, il governo fascista si apriva due possibilit: paralisi della stampa antifascista e
argine al dissenso. Lorientamento era delineato in maniera chiara. In un articolo su Il
Popolo dItalia, Franco Ciarlantini, ex sindacalista rivoluzionario, annunci cos il suo
programma di lavoro:
Regolare la stampa con le norme del 1848 nel 1924 non pi possibile, nemmeno con gli
articoli del codice penale vigente. Il giornalismo moderno ha assunto tale importanza nella
societ che in certi momenti conta nellopinione pubblica assai pi del governo.
Un governo che non domini la stampa, vuoi con la corruzione, vuoi con i ricatti, non
resiste o vive in mezzo a enormi difficolt. Se da escludere che i governi debbano essere
costruttori o nella migliore delle ipotesi gestori di giornali, logico che lo Stato debba
regolare la stampa e altre delicate funzioni che interessano leducazione e lorientamento
spirituale dei cittadini34.
Mentre lopinione pubblica dimostr scarso interesse, i giornalisti si mobilitarono: nacque
nellestate del 1924 il Comitato per la difesa della libert di stampa, cui aderirono, tra gli
altri, il Corriere della sera, La Stampa e Il Mattino. il Comitato era per portavoce di
proteste platoniche e non riusc a mettersi alla testa di un vero e proprio movimento operativo.
Mancava una guida autorevole capace di tracciare il programma dazione. Resisteva ancora
qualche voce fuori dal coro, e Il Mondo del 4 dicembre, in un articolo attribuito a Giovanni
Giancarlo CARCANO, op. cit., p. 52.
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Amendola, non usava mezzi termini: Signori del governo, il bavaglio alla stampa la
confessata condanna dei vostri metodi, la dimostrazione del vostro terrore di fronte alla
discussione: il conato estremo di un organismo decomposto.
Mussolini non pot che pronunciare i discorsi alla Camera del 3 gennaio 1925, imprimendo
una svolta alla storia della stampa italiana. Lapplicazione delle leggi repressive divenne
ancora pi diffusa, puntigliosa: a nulla valsero gli stratagemmi adottati da diverse testate per
evitare il sequestro. La libert despressione non venne ancora soffocata del tutto, ma lazione
graduale del fascismo non lasciava spazio a facili illusioni: erano palesi le finalit ultime di
Mussolini e solo la stampa fedele al Regime giustificava la repressione come un
provvedimento necessario per il momento drammatico che stava attraversando lItalia. Il
ripristino del sequestro preventivo faceva ritornare lorologio della storia indietro di
ventanni.
Eccoci dunque ripiombati nelle barbarie. Il vivere civilmente, come nei Paesi pi
progrediti, per lItalia un regime di eccezione. Ci lusingavamo che fossimo alquanto
cresciuti: niente affatto, sempre bambini, sempre ineducati35.
Dopo listituzione dellOrdine dei giornalisti, il provvedimento del governo datato 19
marzo 1926 stabil laumento del dazio sulle importazioni di carta da due a cinque lire-oro al
quintale. Prima conseguenza di tale provvedimento, mirato a favorire il maggior produttore
italiano di carta le Cartiere Burgo , fu laumento dei prezzi dei quotidiani da venticinque a
trenta centesimi. La seconda fu la decisione governativa di stabilire a sei il numero massimo
delle pagine dei quotidiani. Nellarco del Ventennio, il numero dei quotidiani esistenti in Italia
scese da 120 nel 1919 a 110 nel 1926, a 83 nel 1931, a 73 nel 1933. Alcuni giornali venivano
ancora tollerati: LUnit, La Voce Repubblicana, lAvanti! erano ammessi,
Mario BORSA, op. cit., pp. 66-67.
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principalmente perch si voleva dimostrare allopinione pubblica straniera che non era vero
che in Italia la libert di stampa aveva cessato di esistere. Cera insomma la tendenza ad
evitare comportamenti clamorosi, anche se la realt rimaneva quella di un rigidissimo
controllo della situazione. La sorte di molte testate rimase legate allarbitrio del governo:
sarebbe bastata una crisi o un fatto straordinario per sospendere o sopprimere
immediatamente ogni giornale dopposizione. Ci accadde il 31 ottobre 1926, con lattentato
di Anteo Zamboni contro Mussolini a Bologna. Allo studente quindicenne fu attribuito lo
sparo che sfior il petto del Duce, provocando la reazione delle camicie nere di scorta, che
linciarono il giovane a pugni e coltellate. Lepisodio scaten feroci rappresaglie delle
squadracce fasciste contro quei pochi giornali e quei pochissimi giornalisti che ancora erano
in grado di opporre una qualche resistenza al fascismo. Una vera e propria
strumentalizzazione per un ulteriore giro di vite. Per alcuni giorni polizia, milizia,
magistratura ed esercito lasciarono via libera alle devastazioni. Finch, il 5 novembre, il
Consiglio dei ministri, in concomitanza con lo scioglimento dei partiti dopposizione, deliber
anche la revoca della gerenza per tutti i giornali dopposizione, sancendone di fatto la
soppressione.
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15. Il tentato assassinio viene attribuito a Zamboni, ma a distanza di anni ancora non si fatta chiarezza sullaccaduto. Quello che certo che lepisodio acceler liter delle leggi speciali: di l a pochi giorni in Italia spar ogni tipo di libert.
Per quanto riguarda le testate sospese ma non soppresse, fu avviato un processo di
allineamento, se non di vera e propria fascistizzazione comprese le epurazioni interne , per
avere cos i requisiti per tornare in edicola.
1.2.5 Il Ministero della Cultura popolare e le veline
Dopo oltre dieci anni di potere, Mussolini comprese che quanto era stato fatto sino ad
allora nel settore della stampa e della propaganda non era quanto meglio un regime di stampo
totalitario potesse sperare. Il dittatore in realt non aveva mai sottovalutato limportanza della
stampa come mezzo di manipolazione delle masse, tanto vero che aveva affidato ad alcuni
suoi collaboratori il compito di studiare le tecniche messe in atto da Stalin in Unione
Sovietica, ma non aveva ancora dato limpressione di saperne sfruttare al meglio il potenziale.
Il 6 settembre 1934 fu creato il Sottosegretariato per la Stampa e la Propaganda, alle
dipendenze del Capo del governo, alla cui guida fu nominato Galeazzo Ciano. A tale
Sottosegretariato nel giro di pochi mesi furono trasferite le competenze sulla produzione e la
censura cinematografica (dal Ministero dellInterno e dal Ministero delle Corporazioni),
quelle sul turismo (dal Commissariato per il Turismo), quelle sul teatro, sulla musica e sulla
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censura teatrale (rispettivamente dal Ministero delle Corporazioni, da quello dellEducazione
nazionale e dal dicastero dellInterno). La logica di questo riassetto fu chiara: lapparato di
gestione dellinformazione di un regime di stampo totalitario non poteva non esercitare un
controllo coerente e centralizzato su tutto quello che concerneva la propaganda (giornali e
radio), la cultura (libri), il tempo libero (cinema e teatro). Il 15 giugno 1935 il
Sottosegretariato, pur mantenendo inalterata la sua denominazione, divent un vero e proprio
ministero. Lattivissimo Ciano [...] si gett subito da quel momento con ancora maggiore
determinazione allorganizzazione della struttura e allaccorpamento delle competenze36.
Finch, nellottobre dello stesso anno, al dicastero fu attribuita anche la facolt di sequestrare,
in via amministrativa, qualsiasi pubblicazione che fosse contraria al buoncostume, allordine
pubblico e agli ordinamenti politici e sociali. Il 27 maggio 1937, dopo che alle dipendenze
dellorgano di governo erano stati posti anche lIstituto nazionale Luce e gli Enti provinciali
per il Turismo, esso divent Ministero della Cultura popolare. Nome che richiamava
espressamente il Ministero per la Propaganda e lEducazione popolare di Goebbels;
dopotutto, la stessa struttura del Minculpop si rifaceva chiaramente a quelle del Regime
hitleriano. Nel biennio 1938-40, infine, il Minculpop ottenne la prerogativa di trasmettere
mediante i suoi canali tutti i comunicati dellAgenzia Stefani.
Una conseguenza di questa ampia ristrutturazione del settore compiuta negli anni Trenta fu
lesplosione delle veline37: istruzioni scritte che proibivano la pubblicazione di una notizia,
Mauro FORNO, La stampa del Ventennio. Strutture e trasformazioni nello stato totalitario, SoveriaMannelli, Rubbettino, 2005, p. 63.
37 Mezzo di controllo del fascismo sulla stampa consistente appunto in fogli di carta velina con tutte le
disposizioni obbligatorie da seguire, incominciarono a circolare dal 1935, e con l'istituzione del Ministero della Cultura Popolare che controllava anche la SIAE e l'EIAR che venne istituito il 1 ottobre 1937 neanche un anno dopo la Guerra d'Etiopia le veline divennero ancora pi pressanti verso la stampa. Esempio di veline: 31/5/25: Oggi mattina 31 maggio stato rinvenuto greto Tevere cadavere bambina Berni Elisa con evidente tracce stupro strozzamento () Astenersi dare eccessiva pubblicit truce delitto mediante diffusione fotografia vittima ();
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indicavano il risalto da darle, proponevano ex novo temi e argomenti precisandone
limpostazione, laggettivazione e la lunghezza, i contenuti, la veste tipografica e gli scopi da
raggiungere.
1.3 Il crollo del Regime e la libert oggi
Dopo la vittoria in Africa, le forze anglo- americane ( gli Alleati)
controllavano il Mediterraneo. Cos, nel 1943 gli Alleati
sbarcarono in Sicilia. Essi venivano accolti dalla popolazione
come dei liberatori. Gli italiani volevano la fine della guerra ma
erano anche stanchi del fascismo. Nel marzo 1943 vi furono molti scioperi operai contro il di
esso. Di fronte a questa situazione il Gran Consiglio del Fascismo vot la sfiducia a Mussolini
(25 luglio 1943). Lo stesso giorno il re inform il duce che aveva affidato lincarico di
formare un nuovo governo al maresciallo Pietro Badoglio. Subito dopo Mussolini venne
arrestato. Il nuovo 1 ministro firm a Cassibile ( in Sicilia) larmistizio con gli Alleati.
Questultimo venne reso noto l 8 settembre. Ma nessuno diede al popolo e allesercito le
indicazione per affrontare la nuova situazione. I tedeschi occuparono lItalia centrale e
settentrionale e il 12 settembre liberarono Mussolini.
Hitler consent al duce di fondare nel nord la Repubblica sociale italiana, con sede a Sal.
Ora lItalia era divisa in due: Il centro nord sotto la repubblica di Sal e il sud dove
sopravviveva il Regno dItalia. Gli Alleati il 6 giugno 1944, prendevano terra in Normandia
con la pi grande flotta da sbarco, cos che i tedeschi dovettero ritirarsi.
11/7/33: stato ripreso il Popolo di Roma per aver pubblicato fotografie di donne nude in terza pagina, mentre nella prima pagina vi sono le fotografie col pontefice. Lon. Polverelli ha preso spunto da questa circolare per raccomandare nuovamente ai giornali di non pubblicare fotografie di donne nude perch costituiscono un elemento antidemografico.
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Alla met di settembre la Francia era completamente liberata. Ad est, intanto, la Germania
doveva subire una forte controffensiva russa. Nel 1945 la sorte della Germania appariva
segnata. Il 30 settembre Hitler si tolse la vita. Nella Berlino occupata dai Russi, il 7 Maggio
1945 lammiraglio Donitz firmava la resa senza condizioni della Germania. LItalia era stata
liberata pochi giorni prima, il 25 aprile 1945.
Con la conclusione della Seconda Guerra Mondiale, che segn il tramonto del Regime di
Mussolini, venne scritta la parola fine di uno dei pi tristi capitoli della storia italiana.
Grazie alla Costituzione Italiana del 1948 il Partito Fascista venne messo definitivamente
fuorilegge e la sua rifondazione fu vietata. Finalmente anche la stampa riacquist le libert
che le spettavano di diritto.
Il particolare momento in cui ha operato la Costituente38, all'uscita da un ventennio in cui
la libert era stata posposta, aveva spinto una larga maggioranza dei Costituenti, con ampia
intesa tra forze progressiste e moderate, ad individuare nella libert di stampa uno dei cardini
del nuovo stato democratico. Le uniche riserve erano state quelle di un controllo delle
manifestazioni contrarie al buon costume. La tendenza, per, prevalente era quella di
considerare l'espressione solo in senso stretto come libert di produrre, senza censura
preventiva, solo testi a stampa.
Cinque commi sono, perci dedicati interamente a questo problema, ma il primo, breve
nella sua espressione letterale, stabilisce in modo pi ampio e rivolto a tutti, la libert di
esprimere il proprio pensiero, non solo con la parola, scritto, ma con qualunque altro mezzo di
diffusione.
38 Fu l'organo preposto alla stesura di una Costituzione per la neonata Repubblica. Le sedute si svolsero fra il
25giugno 1946 e il 31 gennaio 1948.
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Oggi, in Italia, la libert di stampa sancita dallarticolo 21 della nostra Costituzione,
nella Parte I che regola i Diritti e Doveri dei Citadini, al Titolo I sotto la voce Rapporti
Civili.
A differenza della Dichiarazione Universale dei Diritti dellUomo , sancita dalle Nazioni
Unite, e da quella dei Diritti Fondamentali dellUnione Europea, che non prevedono
restrizioni, la Carta Costituzionale italiana stabilisce dei limiti, che principalmente rientrano
nei reati dopinione (come lapologia) e in quelli contro la morale.
Articolo 21
Si pu procedere a sequestro soltanto per atto motivato dellautorit
giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa
espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la
legge stessa prescriva per lindicazione dei responsabili.
In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento
dellautorit giudiziaria, il sequestro della stampa periodica pu essere eseguito da ufficiali di
polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare
denunzia allautorit giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive,
il sequestro sintende revocato e privo di ogni effetto. La legge pu stabilire, con norme di