In arrivo una primavera urbanistica Carapellese

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E’ in arrivo una nuova Primavera per l’urbanistica. Lorenzo Carapellese - urbanista Forse in Italia tra gli urbanisti “ professionals” ancora non ci si è accorti appieno che è in arrivo dalla pianura padana ,una nuova primavera per l’urbanistica e la pianificazione territoriale. Ci sono forti segnali invero di una stagione che pare foriera di forti cambiamenti che per fortuna non poggiano su nessuna legge, norma, direttiva o quant’altro di legale, amministrativo e burocratico. Semplicemente, ed è la prima volta dopo tanti anni, che l’urbanistica praticata sta raccogliendo i frutti dell’esperienza ( soprattutto negative) del secolo scorso per arrivare a mettere a disposizione un ventaglio di esperienze ( positive),strumenti e riflessioni saldamente ancorate all’urbanistica vera. L’urbanistica vera è quella che si occupa delle relazioni tra spazi pubblici e privati, quella del rapporto tra persone ( in carne ed ossa) e costruito, tra natura e cultura all’interno e tra le città. L’urbanistica vera è quella che è riuscita a coniugare mobilità e tempi, luoghi sacri e profani, accessibilità e piacere dell’incontro,pubblico e privato. E per un lungo periodo è riuscita a farlo senza forzature, senza sovrastrutture legali rigide e a volte inutili se non dannose, almeno in questa parte di Italia ed Europa.

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E’ in arrivo una nuova Primavera per l’urbanistica.

Lorenzo Carapellese - urbanista

Forse in Italia tra gli urbanisti “ professionals” ancora non ci si è accorti appieno che è in arrivo dalla pianura padana ,una nuova primavera per l’urbanistica e la pianificazione territoriale. Ci sono forti segnali invero di una stagione che pare foriera di forti cambiamenti che per fortuna non poggiano su nessuna legge, norma, direttiva o quant’altro di legale, amministrativo e burocratico. Semplicemente, ed è la prima volta dopo tanti anni, che l’urbanistica praticata sta raccogliendo i frutti dell’esperienza ( soprattutto negative) del secolo scorso per arrivare a mettere a disposizione un ventaglio di esperienze ( positive),strumenti e riflessioni saldamente ancorate all’urbanistica vera. L’urbanistica vera è quella che si occupa delle relazioni tra spazi pubblici e privati, quella del rapporto tra persone ( in carne ed ossa) e costruito, tra natura e cultura all’interno e tra le città. L’urbanistica vera è quella che è riuscita a coniugare mobilità e tempi, luoghi sacri e profani, accessibilità e piacere dell’incontro,pubblico e privato. E per un lungo periodo è riuscita a farlo senza forzature, senza sovrastrutture legali rigide e a volte inutili se non dannose, almeno in questa parte di Italia ed Europa.Ed è per questo che è arrivato il momento di riflettere seriamente sui danni che lo zoning ha inferto alle nostre città e dei soloni ( protetti ed impuniti) che l’hanno applicata con così tanto fervore ideologico da non accorgersi del male profondo che hanno procurato alle città ed al territorio. E non sono “ solo danni “ (“solo” si fa per dire) di natura materiale, di noia e omogeneità disgustosa, di mediocrità e grigiore, piattezza e morte eterna di paesaggio urbano che ha reso tutte le periferie ( di allora ) e semicentrali (di oggi) ,nella generalità dei casi delle informi quanto brutte metastasi. Di più è stata una lunga stagione quella dello zoning, applicato con una volontà talmente violenta che può essere paragonata solo all’inquisizione punitiva e becera. E’ lo strumento “legale” che ha ucciso la creatività e la fantasia, il colore e l’immaginazione, la voglia e la possibilità di fare buona architettura, urbanscape e greenscape. E mentre nel resto dell’Europa si stà cercando di dare contenuto, forma e supporto culturale a tutti gli strumenti che in un modo o nell’altro “fanno città creativa” noi urbanisti ( “non piessecisti” - che son quelli che san fare solo i Piani Comunali Strutturali, con dentro i Piani Operativi Comunali POC ed anche i Regolamenti Urbanistici ed Edilizi –RUE, che son poi gli stessi sacerdoti e cardinali dello zoning), stiamo appunto cercando di sostenere e valorizzare la città complessa, la mixitè come dice l’urbanista Baldini partendo dal quartiere vissuto e praticato, loro che fanno? Affilano lo zoning, lo rendono tatuaggio indelebile su di un corpo già segnato negli anni dalle loro mappe e teorie assolutiste.E tutto questo è stato possibile ( e ancora lo è) grazie anche alla “santa alleanza” tra urbanisti zonisti dell’inquisizione e burocrazia debole, yes men sicuramente obbedienti ma altrettanto incompetenti. E dove anche parte dell’industria edilizia che in nome della prefabbricazione e di costi più contenuti (senz’altro di costruzione ma non sempre di vendita ) ha preferito puntare alla mediocrità, al progetto ripetitivo, giusto per risparmiare sulla parcella dell’architetto costretto a fare edifici tutti uguali, scatole senza forma con il bagno sempre in fondo al corridoio a sinistra!.E così oggi ci ritroviamo con interi quartieri senza un negozio che sia uno, dove non c’è un panettiere, l’ortolano ed il calzolaio, il bar e la merceria; ed abbiamo solo l’alternativa dell’ipermercato. Prendere l’auto, farsi una decina di chilometri, parcheggiare, dotarsi di carrello, percorrere

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centinaia di metri di gallerie commerciali e infine comprare di più di quel che abbiamo veramente bisogno.Che se avessimo deciso di andare dall’unico ortolano esistente in zona urbana, pur se caro come Bulgari. avremmo risparmiato molto di più. Eh già perché il modello che gli urbanisti zonisti ci hanno imposto ( e sono ancora lì che pontificano ) non ha mai tenuto conto delle famose ( non per loro) externalities. Ce ne stiamo accorgendo adesso. Ora che siam vecchi e non abbiamo né voglia, né tempo da sprecare per fare chilometri per comprare giusto il pane, una fettina e quattro pomodori, ci rendiamo conto che ancora abbiamo bisogno,dobbiamo usare l’auto. Che in bicicletta non possiamo andare perché l’iper è troppo distante, non servito da piste ciclabili protette, e oltremodo scomodo e avulso dal quartiere. Il quartiere dove abito, dove conosco volti e storie e loro mi riconoscono. Dove c’è anche la bocciofila che ho contribuito a costruire, ma che né al suo interno né nelle sue vicinanze non ha punto vendita che venda scarpe da ginnastica, le bocce e nemmeno un buco che ospiti l’artigiano che ripara le bici. Noi urbanisti non associati alla santa inquisizione dello zoning stiamo cercando con fatica di ricreare la città degli odori ( smell scape) quella dei suoni e delle voci ( sound scape) della visuale aperta ( landopenscape), del mercato permanente di quartiere, della strada dello shopping quotidiano e loro, ancora loro, sempre loro con l’appoggio e complicità del solito obbediente ed incompetente burocrate e mediocre politico di turno che cercano di andare verso la soluzione finale per le città, l’Armageddon urbanistico: il mega centro commerciale,l ‘OUTLET, il MALL! Tumori maligni che si aggiungono a escrezioni cementizie e plasticose che hanno rovinato e continuano ad infettare il già precario paesaggio agrario che se Emilio Sereni fosse vivo sarebbero oggetto e soggetto di lezioni di come e di cosa non si deve fare oltre che delle sue di maledizioni. Maledetti urbanisti zonisti! Avete obbligato la gente ad andare a comprare all’interno di finti villaggi medioevali, con anche il pozzo dell’acqua con la finta catena, la finta grata, la finta corda e la finta acqua. E pure il finto lampione a gas e l’acciotolato! Stramaledetti urbanisti, piessecisti senza creatività ma pieni di agganci con il potere! che siate condannati a viverci nei vostri outlet! E con voi gli obbedienti e incompetenti pronti a rilasciare licenze su licenze invece di mettere mano alla ricucitura dei quartieri, alla riqualificazione delle aree verdi, al rinnovo dell’arredo urbano, a una migliore e più puntuale manutenzione ordinaria, al continuo lavoro di riequilibrio chiamato rapporto città-campagna. E nessuno, ma proprio nessuno a ostacolare il lavoro sporco, speculativo, la distruzione del paesaggio, la mortificazione del commercio e dei commercianti. Il progressivo, continuo inaridire della vita sociale e urbana di interi quartieri senza negozi, senza luci, senza luoghi di ritrovo. I famosi non luoghi che per definizione dovrebbero essere solo le stazioni, i luoghi di passaggio, anche i centri commerciali di periferie degradate. Invece no, abbiamo anche interi quartieri che sono ora non luoghi, grazie allo zoning. Quartieri puliti certo, edifici più che dignitosi, con la villettina a schiera con il giardino davanti e quello di dietro, con la palazzina tre piani e quella di cinque. Quartieri di zombi metropolitani, senza punti di riferimento, che se ci abiti non riesci a spiegare a nessuno come raggiungerti. Ma ci voleva tanto a permettere un minimo di elasticità di differenti funzioni fra loro compatibili? Ma che credevano questi urbanisti ignoranti e presuntuosi che nel PEEP si insediasse una fonderia? O uno stabilimento chimico di mercurio? Che un negozio di frutta e verdura minasse alle fondamenta lo strumento razzista e di classe dello zoning? (Inventato apposta a Modesto in California a metà dell’ottocento per impedire ai cinesi ed alle loro lavanderie di insediarsi all’interno del perimetro urbano).

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Possibile che un barbiere e una parrucchiera insieme alla sfoglina, il tabaccaio e il barista, la boutique e il panettiere, il corniciaio e l’elettrauto, il calzolaio e la rosticceria mettessero così tanto in discussione la vostra sapienza urbanistica da non permetterne per decenni il loro inserimento all’interno dei vostri piani particolareggiati? Siete colpevoli di incompetenza urbanisti piessecisti, ieri zonisti. Avete fatto danni sociali e materiali che si ripercuoteranno per decenni sulle nostre città. Il minimo che dovrebbe esservi fatto è il bando dalla professione, se non il pagamento in solido di danni che nessuna finanza locale sarà in grado di mettere a disposizione negli anni a venire. E poi siete sempre voi che oggi, passata la sbornia dello zoning esasperato e non necessario (che altro non è stato qui da noi che necrofilia territoriale) gli stessi che soffiano sul fuoco della città che è pericolosa, che una volta non c’era violenza nelle strade, che è tutta colpa degli extra comunitari che vendono le collanine sotto il portico! E siete sempre voi che state progettando le gate community. Aree residenziali per i vip, circondati da muri di tre metri di altezza, con tanto di razor wire in cima e telecamere, guardiani all’ingresso e pass obbligatorio anche per la lettura del contatore del gas. Perché nessuno disturbi il sonno e la quiete dei potenti di turno. Tranne poi vedere i figli vostri e dei potenti che servite, sbronzarsi nelle vie del centro, luogo deputato negli ultimi tempi degli happy hours.Bene! Anzi male! Ora basta.

Dobbiamo d’ora in poi combattere tale urbanistica della povertà culturale. Quella che pretende di sostituire il Prado con Prada nei centri urbani ( non solo storici). Dobbiamo pretendere il downsizing ed il blocco totale degli ipermercati, dei mall e degli outlet sino a prevederne la loro ristrutturazione urbanistica, il loro riuso in chiave plurale e multisociale. Se no, la loro demolizione.

E se cosi’ non sarà, allora nessun trasporto pubblico dovrà essere previsto verso questi tumori urbani: ma sola duplicazione dell’ICI, il pagamento di tutte le externalities che non sono state mai pagate, il bando dei vostri brand dall’intero territorio comunale ovvero nessuna nuova licenza commerciale se non a scomputo di quelle esistenti nelle escrescenze commerciali. Per fortuna sta cambiando il vento. Qualche segnale di forte inversione di tendenza c’è. Si coglie nel Master Plan dei quartieri di Parma, nei piani particolareggiati di ultima generazione, nell’hinterland milanese e in tante altre analisi urbanistiche propedeutiche ai piani Regolatori che indipendentemente dai Piani Strutturali, (ahimè ancora in corso di stesura e in alcune regioni purtroppo ancora di moda) si stanno facendo. Dove allo standard generalizzato s’incomincia a utilizzare indicatori specifici, parametrazioni, opinioni serie e condivise, indagini sociologiche, tutti materiali utili anche se non ancora codificati in norme e leggi ( per fortuna) per la costruzione di piani urbanistici degni di questo nome. Basti ricordare la recente approvazione del Rapporto Tecnico “ Manuale di Pianificazione , Disegno Urbano e Gestione degli spazi sulla sicurezza.”E poi cosa davvero sorprendente, le neo- necropoli urbanistiche zonizzate ed omogeneizzate delle periferie si stanno svegliando. Da queste c’è una richiesta che nasce dalla percezione di una paura derivata dall’isolamento, dalla sensazione d’insicurezza. Dal fatto che dopo le otto di mattina e per tutto il giorno ed anche la sera il loro quartiere è morto. E son questi cittadini che vogliono ora e subito la qualità urbana. Che se ne fregano se ci sono negozi con brand e marchi famosi. All’opposto vogliono marchi e

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loghi dei lori prodotti territoriali, delle loro eccellenze, dei loro saperi che qui, a queste latitudini sono poi i migliori del mondo. Max Mara e Parmiggiano Reggiano, Mariella Burani ed Aceto Balsamico, Molinari e Zanetti, Barozzi e Goldoni, Maserati e Ferrarini, Ducati e Levoni, Montorsi e Mandarina Duck, Carpigiani e Molinari, Segafredo e Barilla, CIV&CIV e Cantina Sociale di Sorbara, Dallari e Mutti, Granarolo e Parmalat e tantissimi altri ancora. Nomi che sono storia, tradizione, costume, professionalità e conoscenza e che possono stare, anzi devono stare nei quartieri e nelle vie dello shopping urbano. Che il profumo del gnocco fritto al mattino insieme al prosciutto stagionato di Parma per fortuna non hanno bisogno dello zoning, degli urbanisti piessecisti, degli obbedienti ed incompetenti che hanno contribuito al degrado urbano. I quartieri han bisogno dell’asilo nido con il marchio di qualità di Reggio Emilia, del meccanico e dell’elettricista della CNA e della Lapam, del calzolaio e del farmacista, dell’ortolano e del parrucchiere della Confcommercio, del bancario e della merciaia. E che manda a farsi fottere il centro commerciale e l’outlet, l’ipermercato ed il mall e che se non vi svegliate, fra crisi in arrivo, disoccupati disorganizzati e richieste sacrosante degli “ zonizzati” ci troveremo di fronte ad una enorme ondata di micro abusi commerciali ed artigianali che poi mandiamo gli urbanisti piessecisti a sistemare.Che vadano al diavolo i marchi altisonanti di prodotti fatti oltretutto in Cina e Taiwan se non investono anche nelle aree urbane periferiche. I marchi che sfruttano la polpa del centro storico e mollano le rimanenze negli outlet.Le più recenti indagini svolte nell’ambito della vivibilità dei centri urbani dinamici dimostrano che tanto più ci sono marchi, loghi, brand e prodotti locali tanto più le comunità son vive ed al contrario tanto più i centri e le vie commerciali son pieni di marchi “globali” tanto più la dinamicità commerciale e sociale tende alla stagnazione. Accogliamo quindi la primavera urbanistica che vien giù da Parma, lambisce Reggio Emilia e passa per Modena; che ha già contagiato il Veneto e il Ferrarese, parte della Toscana e della Puglia. E d’ora in poi indichiamo con nome e cognome chi ha zonizzato, stuprato, volgarizzato, martirizzato la città e il territorio. I loro complici obbedienti e incompetenti, le lobby di ogni tipo che li han pagati, gli amministratori che non han capito o fatto finta. E cerchiamo in ogni luogo la creatività e la collaborazione;che gli urbanisti lavorino con i sociologi e gli psicologi, con gli artisti ed i poeti, con gli ingegneri e gli esperti in mobilità, con gli studenti e gli anziani, con gli handicappati e gli insegnanti, con gli agronomi ed i baristi, i commercianti e gli artigiani. E poi ancora con i ciclisti ( nuovi ed ultimi martiri del diritto alla città ) e con gli addetti alla sicurezza.Così come si faceva una volta, così come si deve fare, così come si fa. E al bando i piessecisti che non gli vogliamo più, neanche pentiti.