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PREMESSA

La Cooperativa Cattolico-democratica di Cultura ha proposto al Comune diBrescia e al Centro Teatrale Bresciano1, che hanno aderito con entusiasmo, difare memoria dei 60 anni della Costituzione italiana in prossimità della Festadella Liberazione.

Non bisogna dimenticare che la libertà fu pagata a caro prezzo; un popolosenza memoria storica non merita la libertà di cui gode e corre sempre il rischiodi perderla. Proprio con la lotta resistenziale e negli anni immediatamente suc-cessivi alla seconda guerra mondiale gli italiani recuperarono un più alto sensodi appartenenza ad una stessa nazione. E quel patriottismo, non chiuso in séma aperto all’Europa e agli ideali della democrazia, divenne una forza, unpunto di confluenza, un valore etico-politico posto a fondamento dellaCostituzione della Repubblica.

La più importante delle virtù civiche resistenziali è stata la capacità diapprendere e praticare di fatto la democrazia senza aggettivi da parte di perso-ne e partiti che avevano concezioni diverse e antagoniste della medesima.Questi uomini e donne hanno saputo riconoscere una comunanza di storia e didestino, capace di contenere le loro tensioni di parte attraverso regole demo-cratiche liberamente tracciate dalla Costituzione. La democrazia, scrivevaBergson, ha bisogno di un “supplemento d’anima”, deve continuamente ritro-vare lo slancio originario che l’ha generata.

Rileggendo alcuni degli articoli più significativi della nostra Carta appare ditutta evidenza la necessità che lo Stato democratico torni ad adempiere ai suoicompiti, ripristinando dovunque il diritto e la legge, rendendo operanti le strut-ture che permettono di coniugare libertà, solidarietà, aiuto ai più deboli.

Ce lo dicono i nostri commentatori, scelti tra cittadini bresciani che operanoin diversi campi, in quanto la Costituzione è di tutti e a tutti si rivolge. Anchealcuni detenuti della casa circondariale di Verziano hanno accolto il nostro invi-to, e qui pubblichiamo alcuni dei testi pervenuti.

Infine la Costituzione può essere spiegata anche ai bambini, utilizzando illoro linguaggio. Per questo motivo una fiaba, scritta da un papà avvocato perraccontare la Costituzione ai suoi figli e ai loro compagni della scuola elemen-tare, chiude questa piccola pubblicazione.

1 Vogliamo in questa occasione esprimere anche un vivo ringraziamento al Dipartimento diScienze Giuridiche dell’Università degli Studi di Brescia che ha patrocinato l’iniziativa nelle per-sone dei professori Adriana Apostoli e Mario Gorlani.

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Tra salvaguardia dei suoi valori fondamentali e sguardo al futuro

La Costituzione italianaal traguardo dei 60 anni

Si celebrano quest’anno i 60 anni di vita della nostra Carta fondamentale.Il 1° gennaio 1948 entrava infatti in vigore la Costituzione della Repubblica

italiana, approvata dall’Assemblea Costituente nella seduta pomeridiana del 22dicembre 1947 con una larghissima maggioranza: su 515 presenti e votanti, 453deputati si espressero a favore, e soltanto 62 furono i contrari.

Si registrò così un’ampia convergenza delle forze politiche, sia nella fase del-l’approvazione finale, sia nel corso dei lavori della Costituente; ed è probabil-mente questa una delle ragioni della longevità e della stabilità che laCostituzione ha mostrato nei decenni successivi, e che mostra tuttora.

I lavori dell’Assemblea costituente furono caratterizzati da tre grandi cor-renti ideali e filosofiche: l’ispirazione liberal-democratica, quella cattolica equella marxista. Ognuna diede il suo contributo alla stesura della Costituzione,ognuna cercò di guadagnare alla propria visione il massimo spazio possibile.

Il risultato fu un compromesso, reso possibile dal fatto che forze politiche ecorrenti ideali diverse e anche profondamente divise tra loro trovarono unaragione unificante anzitutto nell’intento di superare definitivamente, con lanuova Costituzione, ciò che il fascismo aveva rappresentato sul terreno istitu-zionale: la compressione delle libertà civili e politiche, l’abolizione del plurali-smo politico, il controllo autoritario del pluralismo sociale, il totalitarismo sta-tale, la concentrazione del potere in un unico vertice, l’autarchia ed il bellicismonei rapporti con gli altri Stati.

La “polemica” con l’esperienza fascista, il desiderio condiviso di mettere allespalle un periodo storico così drammatico per l’Italia, specialmente nel suo epi-logo di guerra, guidarono l’azione dei costituenti, e riuscirono a esprimere uncompromesso alto e nobile, non rinunciatario e mediocre, che non a caso hasaputo garantire all’Italia un periodo così duraturo di stabilità politica e cresci-ta economica e civile.

La Costituzione fu frutto del travaglio e della voglia di reazione dell’Italiauscita dalla seconda guerra mondiale, ma è durata perché le ragioni e i princi-pi ispiratori di quel travaglio si sono solidificati e sono diventati patrimoniostabile della nostra collettività.

Principi che sono tutt’oggi condivisi, e che iscrivono la nostra Costituzionenella tradizione e nell’evoluzione del costituzionalismo liberale, democratico e

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sociale dell’Europa occidentale (e degli Stati Uniti), che nell’arco di oltre duesecoli ha fatto propri i principi delle rivoluzioni liberali della fine del ‘700, leregole istituzionali delle monarchie parlamentari sorte tra la fine ‘700 e la metàdell’800, i concetti ed i principi dello Stato democratico-sociale quali si forma-rono tra la metà dell’800 e l’inizio del ‘900, le forme di pluralismo sociale ed isti-tuzionale, il garantismo, l’apertura verso il superamento dei limiti dello Statonazionale, maturate nell’Europa tra il primo e il secondo dopoguerra.

Si tratta di una tradizione ricchissima, frutto di conquiste e lotte sociali suc-cessive, diventata nucleo essenziale e fondante della nostra cultura politica,istituzionale e sociale, recepita e arricchita dalla Costituzione italiana del 1948.

In questa troviamo infatti la riaffermazione dei principi liberali circa i dirittiinviolabili dell’uomo, le libertà civili, l’uguaglianza dei cittadini di fronte allalegge, la supremazia della legge nel sistema delle fonti, il principio rappresen-tativo con la conseguente attribuzione al Parlamento di funzioni fondamentalidi indirizzo politico, il principio di legalità dell’azione amministrativa, le clas-siche forme liberali di divisione e di coordinamento tra poteri ed il principio diindipendenza della magistratura.

Ma troviamo anche la consacrazione dei nuovi principi dello Stato sociale,con il riconoscimento dei relativi diritti e dell’uguaglianza sostanziale, nonchédei compiti di giustizia sociale attribuiti ai poteri pubblici.

Troviamo infine le garanzie delle diverse forme del pluralismo sociale,l’estensione e il rafforzamento delle autonomie locali, i nuovi istituti di garan-zia della rigidità della Costituzione, l’apertura verso organismi sopranazionalifinalizzati ad assicurare la pace tra le Nazioni.

* * *La straordinaria ricchezza del bagaglio ideale e spirituale codificato nella

nostra Costituzione ne fanno un documento di grande attualità, anche se oggiva incontro a nuove sfide di portata storica.

Innanzitutto, ci si interroga sull’efficacia e validità dei meccanismi di gover-no del Paese: è noto infatti che i costituenti, reduci dall’esperienza del totalita-rismo e dell’autoritarismo della dittatura fascista, preferirono esaltare il ruolodel Parlamento, garantendo mediante un sistema elettorale proporzionale lamassima espressione del pluralismo politico, e delinearono al contempo unEsecutivo debole, privo di strumenti per un’incisiva azione di governo. Da quila scelta di un bicameralismo perfetto, l’assenza di strumenti di razionalizza-zione del rapporto di fiducia tra Parlamento e Governo, l’abbondanza di istitu-ti di garanzia e di limitazione dei poteri. Oggi, di fronte alla sempre crescentedifficoltà di governare la società italiana, pare giunto il tempo di rivedere, alme-no in parte, quei meccanismi, rafforzando la responsabilità dell’Esecutivo edotandolo di strumenti idonei a guidare la sua maggioranza parlamentare.

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In secondo luogo, l’Italia sta conoscendo, negli ultimi anni, un fenomeno diriscoperta delle autonomie regionali e locali, che sta però procedendo in mododisorganico e che attende ancora una compiuta definizione. Temi come il fede-ralismo fiscale, il Senato delle Regioni, la corretta assegnazione delle funzioniamministrative agli enti locali, la razionalizzazione dell’assetto dei Comuni,delle Province e delle Città metropolitane, devono essere affrontati una voltaper tutte, per venire incontro alla legittima aspirazione delle comunità locali didecidere democraticamente del loro destino, ma anche per inserire il loro ruoloin un quadro unitario saldo di valori costituzionali condivisi. Federalismo eautonomia non possono infatti significare disgregazione dello Stato né posso-no contraddire il fondamentale patto di solidarietà che deve unire le diverseparti del territorio italiano.

Infine, i fenomeni migratori di dimensioni epocali, il tema della sicurezza edella pace tra le Nazioni, il ruolo delle organizzazioni sopranazionali (UnioneEuropea e Onu), sono problematiche che la Costituzione ha soltanto “intravi-sto”, ma che oggi impongono un ripensamento profondo dei concetti di citta-dinanza e di sovranità nazionale.

* * *In altre parole, il tema della riforma costituzionale non può e non deve esse-

re un tabù, quasi che la Carta fondamentale fosse un feticcio da venerare,immutabile e inavvicinabile.

Al contrario, che si parli di riforma e di aggiornamento di alcune parti dellaCostituzione, nel rispetto dei principi e dei valori che l’hanno ispirata, le con-ferisce carattere di stabilità e insieme di elasticità, come avviene per tutte leCarte più longeve, consentendole di manifestare la propria idoneità a sorreg-gere l’evoluzione dell’ordinamento, assicurando insieme la saldezza dei riferi-menti fondamentali e gli spazi per i mutamenti necessari.

Come a dire che la nostra Costituzione, dopo 60 anni di vita, è più viva chemai: ci ha condotti per mano nell’educazione alla democrazia ed alla libertà, èpenetrata nella nostra società come una conquista acquisita e irrinunciabile, edè ora pronta ad affrontare le sfide del futuro.

Mario Gorlani

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ARTICOLI DELLA COSTITUZIONE PER TEMI

1. Diritti fondamentali e doveri inderogabili

ART. 13.

La libertà personale è inviolabile.Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisi-

zione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, senon per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi pre-visti dalla legge.

In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamentedalla legge, l’autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimentiprovvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all’auto-rità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantottoore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto.

È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sotto-poste a restrizioni di libertà.

La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva.

ART. 21.

Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero conla parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità

giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressa-mente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stes-sa prescriva per l’indicazione dei responsabili.

In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tem-pestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il sequestro della stampaperiodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devo-

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no immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunziaall’autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro oresuccessive, il sequestro s’intende revocato e privo di ogni effetto.

La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resinoti i mezzi di finanziamento della stampa periodica.

Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altremanifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedi-menti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.

ART. 32.

La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’indivi-duo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigen-ti.

Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitariose non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso viola-re i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

ART. 42

La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono alloStato, ad enti o a privati.

La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che nedetermina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assi-curarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.

La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvoindennizzo, espropriata per motivi d’interesse generale.

La legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima etestamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità.

ART. 48.

Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto lamaggiore età.

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Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dove-re civico.

La legge stabilisce requisiti e modalità per l’esercizio del diritto divoto dei cittadini residenti all’estero e ne assicura l’effettività. A tal fineè istituita una circoscrizione Estero per l’elezione delle Camere, allaquale sono assegnati seggi nel numero stabilito da norma costituzionalee secondo criteri determinati dalla legge.

Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile oper effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità moraleindicati dalla legge.

ART. 52.

La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino.Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge.

Il suo adempimento non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino,né l’esercizio dei diritti politici.

L’ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democraticodella Repubblica.

ART. 53.

Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione dellaloro capacità contributiva.

Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.

ART. 54.

Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e diosservarne la Costituzione e le leggi.

I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere diadempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi sta-biliti dalla legge.

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Parlare di libertà e di diritti fondamentali non è compito facile. Soprattutto agenerazioni che considerano l’effettività delle situazioni giuridiche soggettive undato acquisito; in un ordinamento che, da ormai sessant’anni, ne ha fatto un trat-to consuetudinario del suo contesto sociale tanto da considerare lontano eimprobabile il ritorno ad un passato autoritario scacciato dalla fine della SecondaGuerra Mondiale.Ascoltare o leggere i racconti di quanti combatterono la Resistenza, e conobbe-ro di persona la violenza e l’arbitrio di un regime che ha negato i più elementaridiritti dell’uomo, ne ha calpestato la dignità e lo ha condotto all’abbraccio morta-le con il nazismo e con la guerra, dovrebbe essere più che sufficiente per assa-porare ancora, in tutta la sua pienezza, questa dichiarazione così preziosa dellaCostituzione e cioè che i diritti fondamentali fanno parte della natura stessa del-l’uomo e devono essere assicurati a chiunque e in qualunque contesto ordina-mentale.Le drammatiche cronache dei monaci tibetani, costretti al silenzio da un regimeautoritario ed intollerante della libertà religiosa; l’omicidio di Anna Politkovskaya,martire della libertà di stampa, e di Benazir Bhutto, vittima dell’intolleranza e delfanatismo; gli abusi perpetrati dalla mafia e dalla criminalità organizzata; le vio-lenze commesse in nome della sicurezza collettiva contro i detenuti nel carcere diGuantanamo, di Abu Ghraib e nei corridoi della caserma di Bolzaneto ci avverto-no invece che una democrazia è capace di torturare e ci annunciano che può col-lassare anche la cultura della nostra convivenza civile .Nessun individuo consapevole può permettersi di dimenticare il valore universa-le e irrinunciabile delle libertà che la Costituzione ha saputo raccogliere dallemacerie della guerra e del fascismo, e scolpire nella nostra coscienza come codi-ce fondamentale della dignità dell’uomo e della convivenza civile.

Adriana Apostoli, docente universitaria

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Scriveva Tocqueville nel 1830, nel suo viaggio alla scoperta della giovanedemocrazia americana: “Vi sono in Europa certe nazioni in cui l’abitante si consi-dera come una specie di colono indifferente al destino del luogo in cui abita. Nonsolo, ma il patrimonio del suo villaggio, la pulizia della sua strada, la sorte dellasua chiesa e della sua parrocchia, non lo toccano affatto. Questo disinteresse sispinge tanto in là che se la sua sicurezza o quella dei suoi figli è compromessa,invece di cercare di allontanare il pericolo, egli incrocia le braccia in attesa chel’intera nazione venga in suo aiuto”.Da allora molte cose sono cambiate; non però il fatto che continuiamo a chiede-re molto allo Stato: che diminuisca le tasse, che intervenga per contenere gliaumenti dei prezzi, che ci liberi dalle montagne di rifiuti che ci assediano, che cidia un lavoro adeguatamente retribuito, che ci consenta di andare in pensioneall’età che vogliamo, che insomma cancelli dal nostro vocabolario civile la parola“doveri” e la sostituisca con il ben più invitante lemma “diritti”.E così oggi viviamo un’epoca in cui siamo tutti sensibilissimi alla difesa dellanostra privacy, della nostra libertà, della nostra individualità, molto meno ai con-cetti di responsabilità e di legalità. Un’epoca di accaparramento, di egoismo, dispreco, di disinteresse per la cosa pubblica.Non era questa la società che i nostri Costituenti hanno immaginato quandohanno consegnato alle nuove generazioni la promessa di un futuro migliore e diuna società più giusta e libera.La Costituzione ha riconosciuto i diritti inviolabili dell’uomo e ha imposto alloStato di profondere il massimo sforzo perché questo sia la stella polare del suoagire, ma ha chiesto ai cittadini altrettanto in cambio: partecipazione, responsa-bilità e coscienza della necessità di un loro impegno quotidiano per difendere lademocrazia dal suo peggiore nemico, l’indifferenza.Senza questo scambio fecondo la Costituzione rischia di tramutarsi in una pro-messa vana: la democrazia, infatti, non sopravvive a cittadini che non sanno farealcun sacrificio per difenderla.

Mario Gorlani, avvocato

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La Costituzione Italiana sancisce i diritti fondamentali dei cittadini che da sem-pre vengono invocati per svariati motivi. A mio avviso, la nostra CartaCostituzionale li regolamenta a 360° tenendo conto di tutte le classi sociali e ditutti i problemi riguardanti la nostra quotidianità; il fine è la realizzazione di unbenessere sociale capace di potenziarsi e di proiettarsi nel futuro.La crescita qualitativa della società sembra pertanto essere l’obiettivo primariodei Principi Fondamentali, ma non dimentichiamo che essi sanciscono anchedoveri inderogabili. Purtroppo questi ultimi spesso vengono dimenticati, soventeper convenienza, da buoni discepoli di una società in cui tutto sembra insegnareil predominio del ricevere senza l’obbligo di dare, a volte per ignoranza, troppospesso per pigrizia o egoismo; ci appare normale pertanto esigere i diritti elu-dendo i rispettivi doveri.Personalmente, ritengo che diritti e doveri costituiscano i piatti di una stessabilancia che devono perfettamente bilanciarsi affinché la società sia equilibrata.Coloro che ci governano devono onorare essi stessi in modo esemplare laCostituzione, per garantirci i diritti costituzionali, ma necessitano di cittadini chesappiano a loro volta onorare i propri doveri contribuendo alla crescita dellaNazione. Solo in tal modo la nostra società, forte della sua carta costituzionale,potrà far fronte agli innumerevoli problemi in un mondo in continuo cambiamen-to.

Morris Razio, detenuto casa circondariale di Verziano

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Il 60° Anniversario della promulgazione della Costituzione Italiana ci porta ad unaseria e attenta riflessione. La Costituzione è il fondamento della nostraRepubblica, sancisce i diritti e i doveri di ogni cittadino, rappresenta la conquistadella democrazia da parte di chi, prima di noi, ha tanto lottato, combattuto e sof-ferto, portando avanti i principi di libertà e uguaglianza. A mio parere dovrebbe essere inserita la sua lettura e comprensione nei pro-grammi scolastici, in quanto costituirebbe un tassello educativo molto importan-te. I giovani devono sapere, conoscere, capire e apprezzare il poter vivere in unPaese libero e la nostra Costituzione è un insegnamento di vita, tanto preziosonella formazione dei principi e nei valori della persona.Negli ultimi anni si parla tanto di modifiche, di cambiamenti di questo testo, ma giàrispettando e applicando la Costituzione così com’ è in tutte le sue parti, il nostroPaese avrebbe sicuramente maggior prestigio a livello sociale, economico, politicoe renderebbe ogni persona orgogliosa e fiera di vivere in questa nostra meraviglio-sa Italia.

Letizia Balbi, detenuta casa circondariale di Verziano

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2. Principio di uguaglianza

ART. 3.

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti allalegge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opi-nioni politiche, di condizioni personali e sociali.

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economi-co e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadi-ni, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva par-tecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica esociale del Paese.

ART. 6.

La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche.

ART. 29.

La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturalefondata sul matrimonio.

Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica deiconiugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare.

ART. 37.

La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesseretribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devonoconsentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assi-curare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.

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La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato.La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garan-

tisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione.

ART. 51.

Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli ufficipubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo irequisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove conappositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini.

La legge può, per l’ammissione ai pubblici uffici e alle cariche elettive,parificare ai cittadini gli italiani non appartenenti alla Repubblica.

Chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre deltempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto dilavoro.

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Uomini liberi, parole potenti, frecce lanciate verso un futuro ancora da costruire. Così vi immagino guardare al mondo degli ultimi, quelli che agli angoli delle stra-de mostravano lo stigma dolente di ogni loro giorno, quelli sepolti vivi dalla pietào dalla vergogna dei loro familiari. La guerra aveva denudato il “re”, disvelato ognimenzognera idea di romana gloria, portato in ogni casa d’Italia un dolore fattosibraccio o gamba amputata o occhio perduto. Eppure, senza la lotta di chi ha organizzato le “marce del dolore”, di chi ha trova-to il coraggio di uscire dall’ombra, le vostre parole avrebbero potuto essere vani-ficate. Istruzione, lavoro e integrazione sono state perseguite e, per alcuni versi, rag-giunte.Le leggi hanno aperto la strada alla nostra presenza nella società, abbiamo datoe ricevuto tanto in questi anni così intensi e contrastati.Oggi qualcosa forse si sta rompendo: non più mendichi agli angoli di strada, maa volte chiusi in realtà virtuali. La tecnologia ci può aiutare, ma siamo menopadroni dei nostri alfabeti. Siamo più ricchi fuori, ma più poveri dentro. La Repubblica ha aiutato a superare le disparità economiche e sociali, ma abbia-mo forse smarrito la voglia di integrare ed integrarci? Il cieco, il sordo, lo spasti-co, il paraplegico, sono diventati “diversamente abili”, come se un vocabolobastasse a cancellare un tarlo che in noi cova. Ogni “diverso” non è forse spec-chio che riflette un’immagine che non vorremmo vedere?

Andrea Bettini, musicante stenotipista

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“La differenza sessuale rappresenta uno dei problemi o il problema che lanostra epoca ha da pensare. Ogni epoca ha una cosa da pensare. Una soltanto”.Sono parole di Luce Irigaray, che mi vengono in mente nella lettura degli articolidella nostra Costituzione che affermano il principio di uguaglianza fra i sessi.Sessanta anni fa, dopo tempi in cui sulla differenza culturale ed etnica si eracostruita l’ideologia razzista, l’uguaglianza rappresentò il principio da affermare.L’unico, una barriera, un nuovo inizio dopo tempi bui.Oggi, nell’evidenza di una soggettività femminile sapiente e parlante, che nonchiede protezione e che è stata riconosciuta da tutti come protagonista di unasvolta epocale del nostro tempo, bisogna andare oltre. Oltre l’uguaglianza.Possiamo ora affermare, consapevoli che sotto la soglia affermata allora non è piùpossibile andare, che altro ci aspetta.Probabilmente, come Irigaray ci suggerisce, la differenza fra i generi è: “La cosadel nostro tempo che, pensata, ci darebbe la salvezza”. A partire dalle case, maovunque, nel lavoro e nei luoghi politici e sociali dove uomini e donne vivono e siincontrano.

Ornella Savoldi, Università delle Donne

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3. Principio lavorista

ART. 1.

L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei

limiti della Costituzione.

ART. 4.

La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e pro-muove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.

Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilitàe la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progressomateriale o spirituale della società.

ART. 35.

La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni.Cura la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori.Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali

intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro.Riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla

legge nell’interesse generale, e tutela il lavoro italiano all’estero.

ART. 36.

Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quanti-tà e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé ealla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.

La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribui-

te, e non può rinunziarvi.

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ART. 39.

L’organizzazione sindacale è libera.Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro regi-

strazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge.È condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sancisca-

no un ordinamento interno a base democratica.I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresen-

tati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti col-lettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti allecategorie alle quali il contratto si riferisce.

ART. 41.

L’iniziativa economica privata è libera.Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da reca-

re danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’atti-

vità economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata afini sociali.

ART. 46.

Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro in armonia conle esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavo-ratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestio-ne delle aziende.

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C’è chi sostiene che i compromessi ideologici sul significato del lavoro nellanostra Costituzione siano superati e che l’economia del terzo millennio richieda piùavanzate considerazioni. Altri guardano con sospetto una carta che “obbliga” al lavo-ro e non lascia i cittadini liberi di scegliere anche di non lavorare: come sono lontanele costituzioni che parlano di felicità.Io invece rileggo quegli articoli e continuo ad emozionarmi.Siamo nel 1948, seduti nell’emiciclo di quella che meno di un lustro fa era un’aulasorda e grigia. Gli italiani a fatica hanno appena scelto la repubblica esiliando una pavi-da monarchia che sulla via di Brindisi ha perso ogni legittimità. Cinque anni prima loStato si è dissolto, la nazione spaccata in due, occupata dagli eserciti di mezzomondo, e oggi dobbiamo trovare un appiglio, una roccia tra le macerie su cui rifonda-re il nostro Stato senza poter guardare alla nostra storia recente per trovare una ragio-ne di convivenza. Il suffragio universale è, a sua volta, una novità rivoluzionaria: cam-bia tutto e, parlando a tutti i cittadini, ci impedisce financo di guardare al risorgimentoe alle sue classi dirigenti per trovare una storia condivisa, per ricostruire il futuro. La disoccupazione è sopra il 30%, con punte drammatiche nelle aree più arretrate.C’è poco pane ovunque, e non c’è modo per guadagnarselo. Anche l’acqua non èper tutti. In giro, sulle piazze giovani uomini tutti segaligni passano il tempo con pan-taloni larghi e la vita alta stretta, ben stretta come se fosse solo una moda.Passeggiano invidiando gli amici e i parenti emigrati in America, in Argentina, e addi-rittura in Francia il cugino sta meglio e già lavora. Nelle miniere di zolfo in Sicilia e inquelle di carbone in Sardegna si sta come nel secolo prima. Al nord si cercanoimprenditori che non vivano di guerra, che sappiano vivere di mercato. E ci si ammaz-za: tra scontri ideologici, vendette e trasformismi, l’aria nelle campagne del Po è cupaed è ancora San Martino.Eppure qui, seduto sugli scranni del parlamento repubblicano leggo che qualcuno,con coraggio inusitato, scrive e propone che ciò che unisce i cittadini, che dà cittadi-nanza a tutti gli italiani, che rifonda lo Stato è il lavoro, ciò che tutti vorrebbero e pochiancora hanno. È sul futuro dunque e non sul passato che qualcuno dice bisogna tro-vare le fondamenta della Costituzione e il lavoro è il futuro che tutti vogliamo. Questoqualcuno non si ferma e addirittura scrive che il lavoro si coniuga con il riscatto socia-le, con libertà e dignità, con diritti e con doveri, con la formazione e il riconoscimen-to del merito e delle differenze e che a prescindere da esse in forza del lavoro ognu-no di noi ha un dovere verso un altro, verso tutti.Sessantanni dopo, non seduto nell’emiciclo ma alla scrivania del mio ufficio leggo traquelle righe il coraggio di un gruppo dirigente che scommetteva su qualcosa che nonaveva, su qualcosa che voleva costruire per tutti. E guardo con sufficienza a chi oggidice che quelle parole scritte sulla carta sono superate, che nel silenzio lascia scivo-lare la shoa, che mostra indulgenza verso il fascismo dicendo che è roba passata, chenon ci riguarda. Guardo con sufficienza chi non sa più costruire un futuro e vive alsicuro di quella carta che lui considera superata e che io voglio continui a garantireanche lui. E guardo con orgoglio il futuro che il lavoro scolpito nella mia Costituzionesa offrire a chi, venendo da lontano, oggi guarda me come mio nonno con i pantalo-ni stretti in vita guardava l’America come il suo futuro.

Flavio Pasotti, industriale

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Una piccola premessa: il mio nome Franca è il nome di battaglia di mio padre(partigiano della 122a brigata Garibaldi). Oggi è difficile riuscire a scegliere un lavoro che corrisponda alle possibilità (capa-cità) e sempre più individui si devono adattare.A questo proposito vorrei leggervi alcuni stralci presi da due storie pubblicate su“Rassegna sindacale” nell’inserto “Il Mese”.

• PRIMA STORIAOgni biglietto è qualcosa che il precariato mi ha tolto.Rileggo il biglietto: Una stanza.“Una stanza tutta mia. Sai cosa vuol dire vivere a trentadue anni ancora con unfratello nella stessa camera?Pesco altri due foglietti e lascio la cassetta che è ancora mezza piena.Il primo dice: Sonia.“La mia ragazza, anche lei una sottratta. Lavora in un ufficio stampa per 800 euroal mese.”Mi dà l’ultimo foglietto giallo. Lo prendo e faccio per aprirlo: Pietro-Matilde.“Un maschio e una femmina, due figli. Ma se continua così, camperebbero d’ariae di sorrisi. E io non voglio che tolgano anche a loro”.Commento: i “nuovi lavori” sono lavori che ti sottraggono invece di regalarti qual-cosa, senza diritti, quei diritti conquistati in anni di lotte dai lavoratori.

• SECONDA STORIAIl mondo dell’istruzione italiana è fondato su una meritocrazia quasi assoluta. Inaltri termini, per l’intero periodo formante della nostra vita (infanzia, adolescenza,prima giovinezza) veniamo istruiti secondo questa implicazione materiale: se rie-sci bene in ciò che fai, allora verrai premiatoDa questa implicazione discende un piccolo corollario, che vi prego di tenerebene a mente: il sistema ti spinge a fare bene (ad essere migliore).A due anni e mezzo dalla fine degli studi ho la costante impressione che il mondomi chieda di essere sempre più semplice. Più banale, meno brillante o intelligen-te di quello che potrei essere. I posti di lavoro cui mediamente posso accedere richiedono uno sforzo mentalerelativamente basso e producono un grado di frustrazione altissimo. L’antico corollario – il sistema ti spinge ad essere migliore – crolla a terra con unfrastuono di piatti rotti e i suoi frammenti portano il nome di cinismo, disincanto,rifiuto. Il sistema ci spinge al contrario esatto.Credo sia un mio diritto capire perché per diciotto anni mi è stato chiesto di esse-re migliore, e ora mi viene chiesto l’esatto contrario.

Un’ultima annotazione.Non dovrebbero esserci persone che muoiono lavorando: uno stillicidio.

Franca Zoli, sindacalista

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4. Laicità dello Stato

ART. 7.

Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indi-pendenti e sovrani.

I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazionidei Patti accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revi-sione costituzionale.

ART. 8.

Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti allalegge.

Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di orga-nizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordina-mento giuridico italiano.

I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intesecon le relative rappresentanze.

ART. 19.

Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosain qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di eser-citarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrarial buon costume.

ART. 20.

Il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto d’una associa-zione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legi-slative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giu-ridica e ogni forma di attività.

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Il principio di laicità esige che le scelte di rilievo sociale avvengano secondocategorie e linguaggi argomentabili sul piano umano, cioè non solo nei termini diuna deduzione da contesti di pensiero predefiniti; esso, dunque, si ricollega alriconoscimento dei diritti inviolabili dell’uomo, che riflette la fiducia tipica delledemocrazie nella capacità insita in ogni essere umano di cogliere, e condividere,istanze morali fondamentali.L’apertura – e non l’indifferenza – alla problematica morale, cioè alla ricerca di ciòche assuma valore a prescindere dagli interessi di parte, risulta dunque propriadell’agire secondo laicità. Ne deriva che l’aggregazione democratica del consen-so dovrebbe rispondere a esigenze pensate come valide per ciascun individuo:considerato che, secondo il principio di uguaglianza, la titolarità dei diritti nondipende da un giudizio sulle capacità o sulle qualità di un dato essere umano, masolo dalla sua esistenza.Tutto questo implica, altresì, che non sarebbe «laico» negare l’ineludibile spesso-re «umano» dell’interrogativo sul senso ultimo del vivere e dell’agire, vale a diredella questione religiosa: sia con riguardo ai percorsi educativi, sia con riguardoal ruolo stesso degli apporti culturali elaborati in ambito religioso per la riflessio-ne e il patrimonio di pensiero dell’intera società.

Luciano Eusebi, docente universitario

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Nella seduta della Assemblea Costituente dell’11 Marzo 1947 BenedettoCroce teneva il suo intervento sul progetto di Costituzione e lo terminava conqueste storiche parole: “Io vorrei chiudere questo mio discorso raccogliendo tuttiquanti qui siamo a intonare le parole dell’inno sublime: Veni Creator Spiritus,Mentes Tuorum Visita, Accende Lumen Sensibus, Infunde Amorem Cordibus”.Con questo accenno al Trascendente il grande filosofo laico e liberale intendeva“usare riverenza non solo verso la verità (sono parole sue) ma verso la Chiesastessa dando ragione di quel che essa fa con inflessibile logica… per la salvazio-ne delle anime”.Bisogna arrivare al Cristianesimo per avere la netta distinzione tra le cose chesono di Dio e le cose che sono di Cesare, fra coscienza religiosa e coscienza poli-tica, con l’affermazione dell’assoluta trascendenza della coscienza religiosa neiconfronti di qualunque potere terreno. Il contrasto fra le due istituzioni storiche Stato e Chiesa si attenua con iConcordati con i quali viene sancita la parità tra l’ordine indipendente e sovranodello Stato e l’ordine indipendente e sovrano della Chiesa. Fu riconosciuta l’importanza del ruolo determinante della Chiesa nella costruzio-ne dei valori fondanti della civiltà occidentale e italiana in particolare; ruolo cheattraverso i secoli tra lotte e collaborazioni con lo Stato, e con una millenaria pre-senza nel tessuto sociale della nazione Italia, ha contribuito a costruire l’identitàdel nostro paese e di tutta l’Europa. Oggi, davanti alle manifestazioni di una forte secolarizzazione della società, moltisfidano la Chiesa ad aprirsi ad un dibattito sulle nuove scoperte della scienza checoinvolgono la cultura tradizionale, i comportamenti sociali, i temi della vita, dellamorte e le scelte esistenziali dei singoli. Davanti a queste pressioni la Chiesa mette in atto una strenua difesa dei valoriumani poichè un malinteso senso della libertà dell’uomo e le leggi dello Statorischiano di offuscare il confine tra il bene e il male.

Agape Quilleri, protagonista della Resistenza bresciana

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5. Costituzione e diritto internazionale

ART. 10.

L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del dirittointernazionale generalmente riconosciute.

La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in con-formità delle norme e dei trattati internazionali.

Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo eserciziodelle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha dirit-to d’asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilitedalla legge.

Non è ammessa l’estradizione dello straniero per reati politici.

ART. 11.

L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà deglialtri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazio-nali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni disovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giusti-zia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internaziona-li rivolte a tale scopo.

ART. 26.

L’estradizione del cittadino può essere consentita soltanto ove siaespressamente prevista dalle convenzioni internazionali.

Non può in alcun caso essere ammessa per reati politici.

ART. 117.

La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispet-to della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamentocomunitario e dagli obblighi internazionali.

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Mio nonno è stato in guerra, mio padre è stato in guerra, io ho potuto scegliere di svolgere il mio servizio alternativo al militare in un pro-getto di cooperazione allo sviluppo in Africa per 4 anni. Un progetto di una ongbresciana, con il riconoscimento del Ministero degli Affari Esteri italiano.

Sono dunque della generazione fortunata, che non ha conosciuto conflitti, chenell’articolo 11 della Costituzione si ritrova.

Nell’articolo 11 mi ci ritrovo anche nella seconda parte, dove si fa riferimento all’“Italia,.. (che) consente,(…) limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamen-to che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni”

Infatti sto ora vivendo l’esperienza europea. Da 18 anni da Bruxelles accompa-gno il collegamento del movimento cooperativo italiano con le istituzioni euro-pee e la progressiva strutturazione del movimento cooperativo europeo.

Dal disastro materiale e morale nel quale si trovava l’Europa dopo il secondoconflitto mondiale l’Europa non poteva sollevarsi che attraverso una rivoluzione.

La rivoluzione è stata superare la logica del vecchio trattato di Versailles che nel1918 aveva impostato gli accordi di pace sull’idea che il vecchio nemico andavaschiacciato, messo nell’impossibilità di nuocere ancora.

La visione, la profezia, la genialità dei padri dell’Europa sta proprio nel cambiodi logica, nell’inedita versione delle relazioni tra le nazioni, vincitori e vinti insiemeche identificano interessi condivisi, che mettono in comune delle risorse per servire obiettivi fissati insieme, che creano istituzioni audacemente sopranazionali,e attraverso queste iniziative garantire la pace e la libertà in Europa.

De Gasperi, Schuman e Adenauer hanno lasciate al continente europeo, ancoradevastato dalla guerra, la traccia di un percorso «dal quale non sarebbe statopossibile tornare indietro».

In questa affascinante avventura dell’integrazione europea, che alterna momenti digrande entusiasmo ed energia a periodi di crisi e diffidenza, non ci sono precedentinella storia ai quali guardare o ai quali ispirarsi, perché mai nella storia stati sovranihanno accettato volontariamente di cedere spazi di sovranità cosi importanti.Ed il percorso non è concluso,anche perché i nostri paesi europei sono oramai troppo piccoli per le sfide glo-bali che si devono affrontare.

Enzo Pezzini, operatore in organismi della cooperazione europea

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Ipadri costituenti, dopo le tragiche e dolorosissime esperienze della dittaturafascista e della seconda guerra mondiale, hanno voluto ancorare ai principidemocratici anche la politica estera italiana. Il ripudio della guerra, come stru-mento di offesa alla libertà degli altri popoli, racchiude i principi universali delrispetto della vita umana e delle libertà fondamentali della persona; principi chehanno trovato applicazione nei mandati conferiti dal Parlamento alle ForzeArmate per intraprendere, in autonomia o sotto l’egida delle OrganizzazioniInternazionali, missioni di Pace.In questo contesto, i nostri militari di ogni grado, sesso e provenienza regionalehanno interpretato al meglio il dettato costituzionale.In 15 anni di missioni cittadini italiani in uniforme e voglio qui ribadire cittadini ita-liani in uniforme, spesso in condizioni estreme hanno condiviso sofferenze, sacri-fici personali e famigliari e, purtroppo, anche perdite umane in Somalia,Mozambico, ex Jugoslavia, Iraq, Afghanistan, Darfur, Libano e altrove.I soldati italiani si sono distinti per la costante ricerca del dialogo tra le fazioni inlotta e per un atteggiamento tollerante, pur nel rispetto di una fermezza di princi-pio.L’Italia deve essere consapevole che questi suoi figli hanno onorato la fiduciaaccordata loro, dando vita a quella che nei più alti e autorevoli consessi interna-zionali viene ora chiamata “Via italiana al peace keeping”.

Pierluigi Scaratti, tenente colonnello degli Alpini

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6. Cultura e scuola

ART. 9.

La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scienti-fica e tecnica.

Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.

ART. 33.

L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento.La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce

scuole statali per tutti gli ordini e gradi.Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazio-

ne, senza oneri per lo Stato.La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che

chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunniun trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole sta-tali.

È prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradidi scuole o per la conclusione di essi e per l’abilitazione all’esercizio pro-fessionale.

Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il dirittodi darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.

ART. 34.

La scuola è aperta a tutti.L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e

gratuita.I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di rag-

giungere i gradi più alti degli studi.La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, asse-

gni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite perconcorso.

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L’articolo 9 della Costituzione indica quali devono essere i compiti dellaRepubblica in relazione alla cultura: promuoverla e tutelarla. Il primo, potremmodire, è rivolto al futuro e il secondo al passato. Uno tende a sviluppare cono-scenza, sapere e visione; l’altro a tutelare, proteggere, conservare.Due compiti che, per essere fecondi, devono realizzarsi in profondo equilibriosenza che uno prevalga decisamente sull’altro mortificandone efficacia e poten-zialità.Il tutelare, infatti, non deve trasformarsi in mummificazione, in sterile conserva-zione del patrimonio culturale ereditato, in conformismo intellettuale freddo e iner-te, così come il promuovere non deve trasformarsi in distruzione acritica (odemenziale) del vecchio, in oblio di ciò che è stato e magari ancora è (e vive), inignoranza di ciò che abbiamo alle spalle e ancora ci forma e ci fa esistere.La cultura (e la Costituzione sembra dirlo in questo articolo in modo chiaro, anchese non esplicito) è proprio questo equilibrio: proiezione, apertura al futuro senzaignoranza e oblio; ricordo senza la paralisi mortifera della forza di ciò che è stato.

Cesare Lievi, regista teatrale

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Grazie all’art. 34 della Costituzione: “diritto allo studio”, in connubio con l’art.3: “principio di uguaglianza”, e l’art. 27: “la finalità della pena è rieducativa”, nellecarceri italiane sono istituite, dal 1975, la scuola elementare e media, la mediasuperiore dal 1980 e l’università dal 1994 , anche se in pochi istituti. Desidero farconoscere l’importanza che la scuola assume all’interno delle carceri. Grazie aessa c’è meno ignoranza, che sappiamo essere responsabile di moltissimi malisociali; inoltre il detenuto attraverso l’istruzione acquista più consapevolezzadelle sue capacità, riesce a intravedere spiragli di luce sul proprio camminodetentivo e, perseguendo un diploma, può accedere a lavori e opportunità rispon-denti alle proprie aspirazioni, ha la possibilità di continuare gli studi interrotti inpassato e realizzare sogni incompiuti, può riacquistare la stima di se stesso per-ché la scuola non fa discriminazione alcuna e i più capaci e meritevoli possonoraggiungere traguardi inaspettati, senza alcuna preclusione.Gli insegnanti hanno funzioni di particolare rilievo, considerata la delicatezza deicompiti educativi cui è finalizzato il loro insegnamento.La scuola negli Istituti di pena è un diritto acquisito, che non significa solamenteil diritto per tutti di esserne ammessi, ma deve essere inteso come diritto di rice-vere un’adeguata istruzione ed educazione per la formazione della personalità el’assolvimento dei compiti sociali della persona.Per concludere, quindi, istruzione equivale a crescita culturale, migliori possibili-tà lavorative, pari opportunità, uguaglianza, reinserimento e pena non fine a sestessa, pertanto il detenuto può vivere la sua condanna in modo costruttivo e piùumano.Questo si è ottenuto! Allora un grazie sincero alla nostra Costituzione da tutti idetenuti d’Italia.

Carlo Ritrovato, detenuto casa circondariale di Verziano

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7. Principio di sussidiarietà

ART. 2.

La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, siacome singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità,e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica,economica e sociale.

ART. 38.

Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari pervivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale.

I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi ade-guati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invaliditàe vecchiaia, disoccupazione involontaria.

Gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamentoprofessionale.

Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istitutipredisposti o integrati dallo Stato.

L’assistenza privata è libera.

ART. 45.

La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione acarattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge nepromuove e favorisce l’incremento con i mezzi più idonei e ne assicura,con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità.

La legge provvede alla tutela e allo sviluppo dell’artigianato.

ART. 118.

Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, perassicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metro-

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politane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, diffe-renziazione ed adeguatezza.

I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzio-ni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regio-nale, secondo le rispettive competenze.

La legge statale disciplina forme di coordinamento fra Stato e Regioninelle materie di cui alle lettere b) e h) del secondo comma dell’articolo117, e disciplina inoltre forme di intesa e coordinamento nella materiadella tutela dei beni culturali.

Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favorisconol’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimentodi attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà.

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Si concluderà mai la vicenda del rapporto tra Cittadino e Stato?La domanda è palesemente retorica e sta a dire di due soggetti, ma soprattuttodi due costruzioni sociali e giuridiche, inesorabilmente interdipendenti. Il cittadi-no è nato dentro e in relazione alle stato. Ed in quel rapporto ha costruito la pro-pria identità, conquistando faticosamente, spesso attraverso immani sofferenze,lo spazio dei propri diritti, ma anche quello del libero esercizio dei propri doveri,della possibilità di esprimere autonome visioni e azioni orientate al bene comune.I costituenti, segnati da vent’anni di negazione dei più elementari diritti di cittadi-nanza, di questi – dei diritti - si preoccuparono particolarmente. Meno del rico-noscimento della libera ed autonoma espressione dei doveri di solidarietà socia-le. Ciò dipese anche dal saldarsi di culture che, lungo un filone di pensiero cheattraversa la storia dell’Occidente, da Platone sino a Marx e oltre, finiscono perattribuire allo stato il compito d’essere il motore esclusivo della produzione delbene comune, riconoscendogli una razionalità superiore.Così il principio di “sussidiarietà” è rimasto per lungo tempo seminascosto tra lepieghe del dettato costituzionale. È stato necessario che centinaia di migliaia dicittadini italiani conducessero per anni la loro lotta gentile ed operosa, perché sigiungesse ad affermarlo in modo esplicito. È stato necessario che nascesserodecine di migliaia di organizzazioni di volontariato, di associazioni, di cooperativesociali, di fondazioni, di imprese sociali. Che montasse la grande onda dell’azio-ne autonoma e solidale dei cittadini di questo Paese a dimostrare come la soli-darietà, l’universalismo, l’affermazione e la tutela dei diritti si possano e si deb-bano sviluppare attraverso il gioco positivo delle relazioni sociali ed economiche,piuttosto che attraverso la burocratica espansione degli apparati pubblici. Il nuovo testo dell’art. 118 ha ora chiuso il cerchio. I diritti sociali dei cittadini nonsono più soltanto riconosciuti e garantiti, ma, per la loro effettiva attuazione sonoin gran parte affidati in prima battuta ai cittadini stessi e solo in subordine allaAmministrazione Pubblica. Una nuova stagione s’è finalmente aperta.A noi dimostrare di esserne all’altezza.

Felice Scalvini, imprenditore sociale

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Noi che abitiamo i marginidi un mondo che corre troppo forte

e non riusciamo a seguireil ritmo del nostro sogno di libertà.

Noi che abitiamo i labirinti di un’idea che si perdee rincorriamo pensieri

che ci allontanano da noi stessi.

Noi che abitiamo i tunneldella paura e della sofferenza

e non vediamo la lucedella speranza e della dignità.

Noi che abitiamo i confinidi un deserto di relazioni

e viviamo nel desiderio di uno sguardoche ci restituisca identità.

Noi che abitiamo le caverne dell’ odio e dell’oblio

dove ombre ignote ci neganola memoria e il perdono.

Noi di tutti i non luoghi teniamo stretto un filo dove il rosso della vita,

il bianco della luce e il verde della speranza

si fondono nei diritti inviolabili dell’uomo,dove solidarietà, accoglienza, equità

sono le parole inderogabili della giustizia,una giustizia che ci restituisce alla vita, ci riporta alla luce, ci dona speranza.

Mariella Mentasti, operatrice sociale

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8. Giustizia, pena, libertà

ART. 24.

Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessilegittimi.

La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento.Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire

e difendersi davanti ad ogni giurisdizione.La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli

errori giudiziari.

ART. 25.

Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito perlegge.

Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entra-ta in vigore prima del fatto commesso.

Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casiprevisti dalla legge.

ART. 27.

La responsabilità penale è personale.L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di

umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.Non è ammessa la pena di morte.

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ART. 12

La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni.

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“La pena deve tendere alla rieducazione”“Le pene non possono consistere in trattamenti

contrari al senso di umanità”“ La libertà personale è inviolabile”

Ifini istituzionali di legalità e di giustizia legittimano esclusivamente l’applicazio-ne della legge e la volontà dello stesso per il raggiungimento dell’obbiettivo delreinserimento sociale del detenuto.Le esigenze di custodia e rieducative devono considerarsi tra loro necessaria-mente correlate e capaci di completarsi reciprocamente, per dare vigore e impul-so alla legge penitenziaria che ha fatto del reinserimento il suo principio ispirato-re.Il fine della legalità ricomprende sia l’esigenza di garantire la sicurezza della socie-tà rispetto a coloro che non hanno violato la legge, sia l’esigenza di promuoveree favorire la rieducazione dell’autore del reato, cioè il ritorno nella medesimasocietà di cui ha violato le leggi e richiede insieme la severa inflessibilità dellalegge e l’illuminata sensibilità dell’umanità.Questi principi esprimono l’idea del rispetto, della dignità umana, della speranzadi ogni recluso come persona e della necessità di scommettere sull’uomo.La coscienza giuridica ha superato l’atteggiamento del “not in my back yard” ; ilcarcere non è un’entità astratta ma richiede la corresponsabilità della società poi-ché “il grado di civiltà di un paese si dimostra dal rapporto che sa instaurare coni cattivi cittadini”.“La sola vera prigione è la paura” (Aung San Suu Ky - Premio Nobel per La Pace)

Maria Grazia Bregoli, direttrice istituto di pena

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IIl tema della responsabilità penale è fondamentale ai fini di una responsabilità civi-ca e civile. Chiunque voglia vivere in una società è obbligato a rispettare delle rego-le di convivenza e a rispettare la libertà altrui. Un detto dice: ”La libertà di ognunofinisce dove comincia la libertà degli altri”. Ritengo ciò significativo per capire quan-to sia importante assumersi la responsabilità penale davanti a un errore.In qualità di detenuta vorrei sottolineare il punto di partenza verso la riabilitazione:assumersi e riconoscere la propria responsabilità davanti a un reato commesso poi-ché rinnegarlo renderebbe inutile qualsiasi cammino intrapreso. Detto questo, l’art. 27 fa riferimento alla pena intesa come “rieducazione” del con-dannato indicando trattamenti rivolti a tale obiettivo: onestamente è impegnativoparlarne nella forma giusta creando una reale attenzione verso il problema. La pena“rieducativa” ha cercato negli ultimi trent’anni di fare passi avanti rispetto al passa-to in cui il carcere era inteso come punizione e segregazione.Le cose sono certamente cambiate in meglio, soprattutto dopo la modifica del 1975alla legge Gozzini, con la quale si sono introdotte la libertà vigilata per buona con-dotta, misure alternative al carcere (per persone con determinati requisiti e con resi-dui di pena sotto i tre anni), e permessi premio; il carcere si è pertanto definitiva-mente orientato verso la riabilitazione del reo. Oggi si parla molto di giustizia riparativa, ma non si potrebbe parlarne se negli ulti-mi trenta anni non ci fosse stata in questa direzione una crescita delle istituzioni.Prende forma negli ultimi anni la figura del mediatore penale, colui che aiuta la vitti-ma e il reo contemporaneamente, cercando di porli a confronto, per una crescita eun approfondimento dell’accaduto attraverso un percorso introspettivo. Non dimen-tichiamo che ogni carnefice ha in sé la controparte vittima che molto spesso nonviene considerata. Sono nati anche centri di mediazione penale che cominciano aottenere buoni risultati pur costituendo una modalità del tutto nuova.Certamente ancora lungo è il cammino verso il raggiungimento del fine proposto dal-l’art. 27 della Costituzione: infatti non esiste un’unica realtà carceraria, bensì istitutidi pena che adottano comportamenti diversi, alcuni prediligono la “disciplina” mili-tarizzata alla rieducazione pedagogica, così come vi sono istituti dove il direttore del-l’area pedagogica lavora alla pari col direttore del carcere, e questo significa che ilpersonale di custodia entra nel piano trattamentale pur espletando il ruolo di sorve-glianza. Non tutte le carceri italiane funzionano allo stesso modo e non tutte le coseche succedono in carcere si sanno. Vi sono, per esempio, pochissimi psicologi e psi-chiatri, ancor meno educatori. Si tende a riempire il carcere di polizia penitenziaria enon si dà la stessa importanza al personale psico-pedagogico. Comunque sia, tutti arriveranno al giorno dell’uscita e se non avranno interiorizzatouna consapevolezza di assunzione di responsabilità attraverso un serio lavoro su sestessi, saranno cittadini arrabbiati e, come tali, ulteriore minaccia alla sicurezza dellasocietà. Tale situazione mi induce a credere fermamente nel valore dell’art.27 e adauspicarne la piena realizzazione.La Costituzione è per noi una tutela, un padre che ci offre insegnamenti e linee guidache reputo indiscutibili. Io non la trovo superata e non ritengo che dovremmo cam-biarla… piuttosto ricominciare a viverla.

Monica Rijli, detenuta casa circondariale di Verziano

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La Costituzione italiana assicura la libertà nella sua totale espressione e ancheil diritto ad avere un processo giusto, la presenza del giudice e la conoscenzadella durata della pena.Ora, per un momento vi porto con l’immaginazione nel mio lontano paese d’ori-gine, l’Uruguay. Erano gli anni Settanta e i militari con un colpo di stato presero il potere: comin-ciava così una lunga notte di persecuzioni, di odio e di terrore, tutti i diritti venne-ro cancellati. In una progressiva e inarrestabile azione di sistematica distruzione delle libertàdel cittadino la Costituzione fu calpestata, messa da parte come carta straccia.Tutti noi che ci siamo opposti alla barbarie siamo finiti in prigione, senza un pro-cesso giusto, non abbiamo visto il giudice (che guarda a caso era un militare) enon sapevamo la durata della pena.Oggi mi sembra che questo mio vissuto sia soltanto il ricordo di un brutto incu-bo.Noi non siamo mai soli e questa è una grande fortuna, possiamo unire la nostraazione a quella di altri e dare luogo ad una grande forza.La consapevolezza della propria libertà personale va conquistata giorno dopogiorno, va amata, coltivata come un albero.Le libertà civili diventano un fatto vero partecipando con gli altri per liberarci daimille condizionamenti, dai pregiudizi di fronte alla diversità, per essere protagoni-sti della nostra vita senza sgomitare né calpestare i diritti di altri per raggiungeregli obiettivi che ci siamo prefissati.

Juan Baladán-Gadea, già detenuto per motivi politici in Uruguay

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L’ISOLA DI ALICE

Cari bambini,c’era una volta, molti anni fa, quando i vostri nonni non erano ancora nati,

una bambina che si chiamava Alice.Alice viveva con il suo papà, la sua mamma e il suo fratellino Tommaso, che

le volevano molto bene.Alice aveva otto anni e andava a scuola.Tommaso era molto piccolo e non andava ancora all’asilo.Alice aveva avuto una malattia che le impediva di camminare e il suo papà

e la sua mamma avevano deciso di portarla in America, perché avevano sapu-to che laggiù viveva un dottore che sicuramente l’avrebbe guarita.

Tutta la famiglia partì allora dall’Italia per l’America.A quel tempo non c’erano gli aerei come adesso. Allora Alice e la sua fami-

glia si imbarcarono su una nave piena di persone di tutti i tipi. Ricchi, poveri,giovani, vecchi e bambini, ma anche alcuni stranieri: inglesi, francesi, tedeschi.

La famiglia di Alice dormiva in una cabina vicina a quella di una famigliainglese e Alice fece amicizia con Sally, una bambina di Londra con cui passavale lunghe giornate di navigazione. Le due bimbe non parlavano la stessa lingua,ma riuscivano a giocare ugualmente divertendosi come pazze.

Purtroppo a metà del viaggio la nave andò a urtare gli scogli di un’isola chenon era segnata sulla carta geografica e che il comandante non aveva visto.

La nave non poteva più proseguire e il comandante allora ordinò che tuttele persone che erano a bordo scendessero sull’isola.

Il papà di Alice la prese in braccio perché lei non poteva camminare e lamamma prese con sé Tommaso. Salirono su una scialuppa di salvataggio e arri-varono su una spiaggia dell’isola.

Pensate a tutte queste persone con le loro sacche e le loro valige, i bambini,i vecchi con le scarpe e le calze bagnate che sbarcavano sull’isola senza saperedove andare e che cosa fare.

L’isola era disabitata, ma i nostri amici trovarono vicino alla spiaggia un vil-laggio abbandonato. Fortunatamente sull’isola c’era anche una ricca vegetazio-ne con piante da frutto e terra fertile.

Il comandante della nave cercò di organizzare le cose e di prendere il coman-do della situazione. Una volta a terra, però, i passeggeri non gli volevano piùobbedire perché dicevano che lui poteva comandare solo sulla nave e non sul-l’isola, e poi era tutta colpa sua se la nave era finita contro gli scogli!

La mancanza di un capo e la mancanza di regole erano però un grave pro-blema: al momento di scegliere quale casa abbandonata occupare o come divi-dersi il cibo e le coperte portate a terra dalla nave i più violenti e i più prepo-tenti ebbero la meglio.

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Si presero le case più belle e si tennero tutte le cose migliori senza lasciareniente agli altri.

Il papà di Alice non era né prepotente né violento, e così tra le case del vil-laggio abbandonato gliene rimase una piccola, con il tetto tutto rotto, in unposto brutto, umido e con poco sole. Il papà di Alice era però un ottimo fale-gname e, con l’aiuto del papà di Sally che era architetto, costruì in un luogosoleggiato due belle case una vicino all’altra, con grandi terrazze, un tetto soli-do e stanze comode e luminose.

Intanto le mamme recuperarono dalla nave un po’ di farina e cucinaronopane e biscotti in abbondanza. Cucirono poi una rete da pesca con la quale riu-scirono a catturare dei pesci. Raccolsero la frutta e la verdura che crescevanospontaneamente sull’isola e prepararono un grande orto davanti a casa.

Nessuno però riusciva a fermare i violenti e i prepotenti. Quando questimalvagi videro quelle due belle case con le dispense piene di provviste e l’ortogià seminato cacciarono via con bastoni e spade la famiglia di Alice e quella diSally.

Alice notò anche che queste brutte persone comandavano su altri uomini edonne che, se non obbedivano, venivano picchiati e trattati come schiavi.

I due papà non si persero d’animo e ripararono in fretta quella piccola casadel villaggio abbandonato che nessuno aveva occupato e per un po’ di tempopoterono rifugiarsi lì.

Alice però aveva paura. Tutte le notti prima di addormentarsi pensava: “Ese anche stanotte arrivassero quei signori cattivi e mi cacciassero fuori dal mioletto? Che cosa potrei fare io che non posso scappare e nemmeno camminare?E che cosa farebbero al mio fratellino piccolo? E se portassero via il mio papàper farlo diventare loro schiavo?

Il papà di Alice sapeva che tra i passeggeri della nave c’ erano anche tantiuomini perbene e saggi che volevano che le cose andassero meglio e che i mal-fattori non facessero più i prepotenti a spese degli altri.

Ma i malvagi si riunirono in forze e, armati, cercarono di sconfiggere gliuomini saggi.

Furono lunghi giorni di vera e propria guerra.Alice e Sally erano molto spaventate dalle urla e dagli spari di quella batta-

glia e se ne stavano chiuse in casa mentre i loro papà combattevano con l’eser-cito dei buoni.

Alla fine i prepotenti e i malvagi furono sconfitti e i papà di Alice e Sally tor-narono a casa sani e salvi.

Fu allora chiaro a tutti che non si poteva più rimanere sull’ isola senza rego-le e con quel disordine perchè i malvagi se ne sarebbero approfittati, anche per-ché bisognava organizzare tutto: gli ospedali per i malati, le scuole per i bam-bini, la polizia per difendere i cittadini onesti.

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Fu così che i più saggi dei saggi dell’isola furono incaricati di scrivere leregole fondamentali della nuova città che decisero di chiamare “Italia” come laloro patria d’origine. Queste regole sarebbero state cosi importanti che mai nes-suna legge che fosse venuta dopo avrebbe potuto andarvi contro.

L’insieme di queste regole avrebbe dato all’ isola una nuova vita e avrebbedovuto ispirare tutte le altre leggi della loro comunità. Decisero così che il nomeadatto per queste regole fondamentali fosse COSTITUZIONE, che vuol dire“far nascere”, formare una cosa in modo che duri, ma che vuol dire anche“regole di uno Stato”.

Mettere tutti d’ accordo non fu per niente facile. Qualcuno voleva che a gui-dare l’ isola fosse un re che avesse in mano se non tutto il comando, almeno ledecisioni più importanti. Alla sua morte sarebbe diventato re uno dei suoi figli.Altri invece non volevano il re perché ritenevano più giusto che il capo del-l’isola fosse eletto ogni volta dal popolo.

Alcuni volevano poi che tutto fosse di tutti e che nessuno potesse dire “que-sto è mio perché me lo sono guadagnato con il mio lavoro”, cioè volevano cheogni cosa fosse pubblica. Come appartengono a tutti le strade, le piazze, il mareo l’aria, così avrebbe dovuto essere per le industrie, i negozi, i campi e i prodottiche in essi si coltivavano.

Altri invece, ed erano la maggioranza, dicevano che non è giusto costringe-re chi vuol lavorare con tutto il suo impegno, e magari affrontando tante diffi-coltà, a dare i frutti del suo lavoro a chi non ha lavorato quanto lui. In questomodo ognuno, con la propria volontà, avrebbe potuto decidere del suo futuro.Alla fine di quelle discussioni i saggi giunsero a scrivere la prima regola, volu-ta perché sull’isola nessuno più facesse il prepotente decidendo di testa sua econtro la volontà degli altri. Ognuno, attraverso le votazioni, avrebbe potutoesprimere il proprio parere facendo vincere il pensiero della maggioranza.Quando a decidere è la maggioranza del popolo, e non una sola persona o ungruppo di pochi, si dice che c’è DEMOCRAZIA. Questa importantissima paro-la deriva dal greco e significa proprio”governo del popolo”. Dato che le cose dafare sull’ isola erano tante e occorreva che tutti lavorassero e si rimboccasserole maniche, la prima regola la scrissero così:

art. 1L’ITALIA È UNA REPUBBLICA DEMOCRATICA FONDATA SUL LAVORO.

LA SOVRANITÀ APPARTIENE AL POPOLO CHE LA ESERCITANELLE FORME E NEI LIMITI DELLA COSTITUZIONE.

Alice che era una bambina intelligente aveva capito però che questa regolada sola non sarebbe bastata. Infatti la maggioranza avrebbe potuto decidere,con regolari elezioni, che qualcuno potesse entrare in casa sua a rubare ocostringere il suo papà a lavorare come uno schiavo. Se la maggioranza avesse

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votato una legge così, allora ci sarebbe stata sì democrazia, ma questo governole avrebbe fatto di nuovo del male.

Ma per fortuna i saggi ci avevano pensato e avevano scritto una secondaregola molto importante, una regola che nessuna legge anche se votata a mag-gioranza avrebbe potuto contraddire:

art. 2LA REPUBBLICA RICONOSCE E GARANTISCE

I DIRITTI INVIOLABILI DELL’UOMO E RICHIEDE L’ADEMPIMENTODEI DOVERI INDEROGABILI DI SOLIDARIETÀ

Con questa regola nessuno avrebbe potuto privare della libertà qualcunaltro né renderlo schiavo. Tutti avrebbero potuto esprimere il proprio parerevivendo in pace con la propria famiglia. Da una parte questa regola assicuravaa ciascuno i diritti fondamentali, ma dall’altra obbligava tutti a impegnarsi nel-l’aiuto reciproco e solidale.

Ma Alice non era ancora tranquilla. Sapeva che dopo pochi giorni sarebbeiniziata la scuola ed era preoccupata. Pensava: “Io non so camminare, e la miaamica Sally non parla tanto bene l’italiano. Come faremo a scuola dove tutticamminano e tutti parlano italiano?”

Per fortuna i saggi avevano scritto una terza regola, pure importantissima,che mai nessuna legge avrebbe potuto violare:

art. 3TUTTI I CITTADINI SONO EGUALI DAVANTI ALLA LEGGE,

SENZA DISTINZIONE DI SESSO, DI RAZZA, DI LINGUA, DI RELIGIONE,DI OPINIONI POLITICHE, DI CONDIZIONI PERSONALI E SOCIALI.

È COMPITO DELLA REPUBBLICA RIMUOVERE GLI OSTACOLI CHE, LIMITANDO DI FATTO LA LIBERTÀ E L’UGUAGLIANZA

DEI CITTADINI, IMPEDISCONO IL PIENO SVILUPPO DELLA PERSONAUMANA E LA PARTECIPAZIONE DI TUTTI

ALL’ORGANIZZAZIONE DEL PAESE.E fu così che il primo giorno di scuola Alice e Sally furono accolte con tutte

le attenzioni dalle maestre e dal direttore che conoscevano e rispettavano quel-la regola.

Tutti cercarono di fare in modo che gli ostacoli che Alice e Sally avevanovenissero rimossi il più possibile.

Ad Alice misero a disposizione una persona che l’aiutava a salire le scaledella scuola, ad andare in bagno e girare per il cortile durante la ricreazionesulla sedia a rotelle che il suo papà le aveva costruito. Per Sally presero unamaestra apposta che l’aiutava a capire una lingua diversa dalla sua e che lediede lezioni di italiano finché Sally non lo parlò benissimo.

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Gli altri compagni non avevano queste persone per loro, ma solo una mae-stra: questa differenza era giusta, perché loro non avevano nessun ostacolo néfisico né linguistico da superare.

Questo significa che è giusto che situazioni diverse siano trattate in mododiverso: è giusto che un alunno che ha problemi particolari abbia aiuti partico-lari.

Il papà di Alice e di Sally chiesero allora di pagare qualcosa in più per que-sti servizi speciali che avevano ricevuto, ma il direttore della scuola disse chenon ce n’era proprio bisogno. Infatti i saggi avevano scritto un’altra regola chedice che ogni cittadino deve dare alla Repubblica una piccola parte di ciò cheguadagna (chi guadagna tanto darà di più di chi guadagna poco ) e laRepubblica dovrà usare quei soldi per pagare i servizi a chi ne ha bisogno. Chiha la fortuna di essere sano e di non aver avuto mai bisogno di cure, deve peròlasciare una parte dei suoi guadagni allo Stato per gli ospedali, anche perchémagari un giorno potrebbe averne bisogno pure lui.

La regola diceva così:

art. 53TUTTI SONO TENUTI A CONCORRERE ALLE SPESE PUBBLICHE

IN BASE ALLE LORO CAPACITÀIl papà di Alice poté quindi finalmente cominciare a fare il suo lavoro di fale-

gname, guadagnare e mantenere la sua famiglia, facendo crescere e studiare isuoi figli.

I saggi avevano scritto una regola anche su questo, che dice:

art. 4LA REPUBBLICA RICONOSCE E GARANTISCE A TUTTI I CITTADINI

IL DIRITTO AL LAVORO E PROMUOVE LE CONDIZIONI CHE RENDANO EFFETTIVO QUESTO DIRITTO.

OGNI CITTADINO HA IL DOVERE DI SVOLGERE, SECONDO LE PROPRIE POSSIBILITÀ E LA PROPRIA SCELTA,

UN’ATTIVITÀ O UNA FUNZIONE CHE CONCORRA AL PROGRESSOMATERIALE O SPIRITUALE DELLA SOCIETÀ

Il progresso di una città o di una nazione non consiste infatti solo nella cre-scita delle ricchezze materiali, ma anche di quelle dello spirito. Non soltanto gliimpiegati, gli industriali, gli agricoltori, i commercianti svolgono un ruolo fon-damentale per la società, ma anche chi si occupa dell’educazione dei bambini edei ragazzi, chi si prende cura dei bisognosi e dei malati, chi lavora per diffon-dere la cultura e il sapere o chi consacra la sua vita al Signore. Anche tutte que-ste persone hanno un ruolo fondamentale per il miglioramento della società.

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Proprio perché avevano conosciuto l’orrore della guerra in cui molti papàerano morti combattendo, i saggi dell’isola avevano poi deciso che mai il popo-lo avrebbe mosso guerra ad un altro popolo, ma che l’esercito sarebbe servitosolo per difendersi.

La regola fu scritta così:

art. 11L’ITALIA RIPUDIA LA GUERRA COME STRUMENTO DI OFFESA

ALLA LIBERTÀ DEGLI ALTRI POPOLIChe fine avevano fatto i malfattori? Erano stati giudicati da giudici scelti

secondo leggi scritte da rappresentanti del popolo eletti democraticamente, ederano stati condannati alla prigione.

Ma allora la loro libertà era stata violata, e come era possibile che ciò fosseaccaduto se la libertà è un diritto inviolabile dell’uomo?

La risposta è che quando un uomo compie azioni molto malvagie gli altri cit-tadini, sia per difendersi da lui e renderlo inoffensivo, sia per punirlo perchénon lo faccia più e si penta di quello che ha fatto, lo possono far incarcerare etenere prigioniero.

La regola sulla libertà è questa:

art. 13LA LIBERTÀ PERSONALE È INVIOLABILE.

NON È AMMESSA ALCUNA FORMA DI DETENZIONE, DI ISPEZIONEO PERQUISIZIONE PERSONALE SE NON PER UNA DECISIONE

MOTIVATA DI UN GIUDICE E SOLO NEI CASI E NEI MODI PREVISTI DALLA LEGGE

La libertà è un bene prezioso e va utilizzata con intelligenza e criterio, per-ché altrimenti rischiamo, oltre che di schiacciare quella degli altri, di perdereanche la nostra.

Come è finita la nostra storia?Gli abitanti dell’isola riuscirono dopo qualche tempo a riparare la nave e

quindi Alice, papà, mamma e Tommaso poterono ripartire per l’America dovebravi medici riuscirono a farla camminare di nuovo.

Molti degli abitanti dell’isola decisero alla fine di rimanere, perché sentiva-no di essere stati veramente bravi e coraggiosi a combattere i malvagi e acostruire una società fondata su principi giusti.

Per questo tutti gli abitanti dell’isola sapevano che quelle regole eranoimportanti, sia perché assicuravano a tutti una vita più serena e più giusta, siaperché per arrivare ad averle molti dei loro amici e parenti erano morti nellaguerra contro i prepotenti.

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Perciò anche Alice, una volta guarita, tornò sull’ isola con la sua famiglia.Cari bambini, le regole della Costituzione sono tante e le potrete leggere

tutte con le vostre maestre.Per concludere ve ne dico una che certamente conoscete:

art. 12LA BANDIERA DELLA REPUBBLICA È IL TRICOLORE ITALIANO:

VERDE, BIANCO E ROSSO, A TRE BANDE VERTICALI DI EGUALI DIMENSIONI.

E così, da oggi, quando vedrete sventolare la nostra bandiera verde, biancae rossa in cima ad un palazzo, o per una squadra italiana, o per i nostri atletiche vincono una medaglia, ricordatevi di Alice e della sua storia. Ma soprattut-to non dimenticate mai che quella bandiera significa che qualcuno ha combat-tuto con coraggio e generosità perché tutti i bambini e le persone possano vive-re in pace e costruire onestamente e serenamente il proprio futuro.

Francesco Onofri

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INDICE

Premessa pag. 3

Mario Gorlani pag. 4

La Costituzione italiana al traguardo dei 60 anni

Articoli della Costituzione per temi1. Diritti fondamentali e doveri inderogabili pag. 7commenti di Adriana Apostoli, Mario Gorlani, Morris Razio e Letizia Balbi

2. Principio di uguaglianza pag. 14commenti di Andrea Bettini e Oriella Savoldi

3. Principio lavorista pag. 18commenti di Flavio Pasotti e Franca Zoli

4. Laicità dello Stato pag. 22commenti di Luciano Eusebi e Agape Quilleri

5. Costituzione e diritto internazionale pag. 25commenti di Enzo Pezzini e Pierluigi Scaratti

6. Cultura e scuola pag. 28commenti di Cesare Lievi e Carlo Ritrovato

7. Principio di sussidiarietà pag. 31commenti di Felice Scalvini e Mariella Mentasti

8. Giustizia, pena, libertà pag. 35commenti di Maria Grazia Bregoli, Monica Rijli e Juan Baladan Gadea

Francesco Onofri pag. 39

L’isola di Alice (la Costituzione raccontata ai bambini)

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Finito di stamparenel mese di aprile 2008

da Artigianelli SpA

Sezione Tipolitografia Queriniana, Brescia

Copertina di Agostino Perrini

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