impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50...

138
a S O M M A R I O u 11-2007 A.M. 3 In questo numero EDITORIALE Silvano Andriani 9 L’insostenibile leggerezza della finanza TEMPO REALE G i o rgio Ruffolo 23 La sostenibilità / Il faraone ignorante Elio Matassi 39 Laicità e democrazia / Il cammino della speranza LE IDEE Giacomo Becattini 55 Transnazionali e distretti / Sergio Vaccà, alla scoperta dei fattori comuni LETTERATURA, ARTE, SCIENZE UMANE Giuseppe Cantillo 71 Fondabilità dell’etica / Salvezza dell’individuo nella comunità Silvia Cervia 79 S t rumenti vs strategie: limiti e prospettive del part-time Simone Gabbriellini 95 Il mercato delle flessibilità: il caso italiano G e r a rdo Pastore 121 Progettare il futuro tra formazione e flessibilità Il filo di Enzo 128 Rintracciato il programma del terzo governo B. OSSERVATORIO SOCIALE Teresa Bellanova ed 133 Riflessioni su welfare e flessibilità Elisa Mariano del lavoro LETTERE Ivaldo Rasimelli 141 All’origine della questione nucleare NOTE A MARGINE Enzo Roggi 32 Neppure il rom assassino ha salvato il partito unico di destra Mario Caronna 44 P a rtito democratico e laicità 147 HANNO COLLABORATO

Transcript of impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50...

Page 1: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

aS O M M A R I O

u11-2007

A . M . 3 In questo numeroEDITORIALE

Silvano Andriani 9 L’insostenibile leggerezza della finanzaTEMPO REALE

G i o rgio Ruff o l o 2 3 La sostenibilità / Il faraone ignoranteElio Matassi 3 9 Laicità e democrazia / Il cammino

della speranzaLE IDEE

Giacomo Becattini 5 5 Transnazionali e distretti / Sergio Va c c à ,alla scoperta dei fattori comuniLETTERATURA, ARTE, SCIENZE UMANE

Giuseppe Cantillo 7 1 Fondabilità dell’etica / Salvezza dell’individuonella comunità

Silvia Cerv i a 7 9 S t rumenti vs strategie: limiti e pro s p e t t i v edel part-time

Simone Gabbriellini 9 5 Il mercato delle flessibilità: il caso italianoG e r a rdo Pastore 1 2 1 P ro g e t t a re il futuro tra formazione

e flessibilitàIl f i l o di Enzo 1 2 8 Rintracciato il programma

del terzo governo B.OSSERVATORIO SOCIALE

Te resa Bellanova ed 1 3 3 Riflessioni su welfare e flessibilitàE l i s a M a r i a n o del lavoro

LETTEREIvaldo Rasimelli 1 4 1 All’origine della questione nucleare

NOTE A MARGINEEnzo Roggi 3 2 N e p p u re il rom assassino ha salvato il

p a rtito unico di destraMario Caro n n a 4 4 P a rtito democratico e laicità

147 HANNO COLLABORATO

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1

Page 2: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

Direttore: Andrea Margheri

Comitato di direzione:Luigi Agostini, Silvano Andriani, Roberto Gualtieri, Agostino Megale, Fabio Nicolucci, Alfredo Reichlin, Enzo Roggi, Giorgio Ruffolo, Giancarlo Schirru, Riccardo Terzi

Comitato di redazione:MilanoFrancesca Bucci (coordinamento editoriale),Alessandro Facchini, Pietro Margherivia Manara, 5 - 20122 Milanotel. 02-54123260, fax [email protected] Nicolucci (caporedattore), Enzo RoggiPiazza Di Pietra, 34 - 00186 Romatel. 06-69924022 - fax 06-69780182

Osservatorio sociale:Agostino Megale (coordinatore), Riccardo Sanna, Riccardo Zelinotti

Sito internet:Coordinatore responsabile:Alessandro Facchiniwww.gliargomentiumani.com

Garanti:Guido De Cristofaro, Arnaldo SciarelliEditore: Editoriale Il Pontevia Manara, 5 - 20122 MilanoDirettore responsabile: Giorgio FranchiStampa: Abbiati, Via Padova 5, 20127 MilanoRegistrazioni: Tribunale di Milanon° 697 del 10/11/99Progetto grafico: Silvia Ruffolo

aC O L O P H O N

u11-2007

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 2

Page 3: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

Siamo alla preparazione di una nuova serie di «Arg o m e n t iumani» per corr i s p o n d e re più efficacemente alla fase po-litica che si sta aprendo dopo la costituzione del Pd. I pri-mi eventi confermano che il Pd è sorto da un’esigenzap rofonda di rinnovamento del sistema politico e delle suestesse fondamenta.Questa nuova presenza ha già modificato il quadro di ri-ferimento, perché ha restituito al centrosinistra capacitàdi iniziativa, ha aperto un confronto sulla riforma eletto-rale, ha messo in luce i diversi orientamenti del centrode-stra che deve rinviare la rivincita a data da destinarsi.Ma questi elementi positivi, così rilevanti nell’immediata vi-cenda politica, non fanno che sottolineare, ancor più chenel passato, l’esigenza di un salto di qualità della elabora-zione culturale e progettuale di tutte le componenti delnuovo partito, della ricerca comune delle idee-forza capacidi animare non solo l’iniziativa immediata, ma la costitu-zione a lungo termine di una nuova comunità di part e c i p a-zione democratica collegata organicamente al contesto so-ciale in cui opera. Sarà questo il riscatto della politica dallatirannia del ‘presente assoluto’ del sistema mediatico e lap roiezione della partecipazione democratica sul futuro .Se vogliamo essere coerenti con queste convinzioni, ab-biamo bisogno di un nuovo strumento, più agile e flessi-bile, più adatto alla «battaglia delle idee».A questo stiamo lavorando anche con la ricerca di unapiù vasta rete di collaboratori.Ciò si può intravedere anche nel numero che pre s e n t i a m o .Con l’editoriale di Silvano Andriani ritorniamo ancorasull’evoluzione dei mercati finanziari dopo le scosse tel-

3

In questo numero

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 3

Page 4: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

luriche provocate dalla crisi dei prodotti derivati dal de-bito immobiliare degli Stati Uniti. Negli ultimi decenni siè ripetuto il fenomeno della formazione di grandi ‘bollespeculative’: è il nuovo ‘sogno americano’ di tutti gli altriPaesi, anche di poter consumare molto più delle pro p r i epossibilità finanziarie, facendo leva sull’indubbia superio-rità tecnologica e produttiva. Conseguenze sono il ‘dop-pio debito’ e l’esplosione rovinosa delle ‘bolle speculative’che si comunica al mondo intero in termini di perdita dirisorse, di squilibri, di aumento di diseguaglianze. Ciò hasegnato e segna il modello di globalizzazione e i rapport ieconomici mondiali. Da qui la necessità di cercare strade alternative nei rap-porti tra finanza, imprese produttive, potere politico:strade che portino a uno sviluppo equilibrato, che non sa-crifichi risorse reali alla rendita finanziaria speculativa.Ma ciò impone una revisione profonda dei meccanismidello sviluppo globale attraverso la concertazione e la co-operazione internazionali: un diverso modello economi-co. Questa è la questione che sempre più urgentemente sipone a tutti i popoli e a tutti i Paesi.In Tempo reale Giorgio Ruffolo ripropone lo ‘svilupposostenibile’ come un nuovo orizzonte della politica eco-nomica, industriale, energetica, su scala globale. Indicacosì le scelte concrete che possono sostanziare la ricercadi un nuovo meccanismo dello sviluppo globale. Seguel’intervento di Elio Matassi che riprende il tema della lai-cità nella prospettiva del Partito democratico: è una ri-flessione quanto mai significativa su un tema caro alla no-stra rivista e che diventa ancor più centrale con la nascitae l’affermazione del nuovo soggetto unitario.Nella sezione Le idee pubblichiamo un ampio scrittodi Giacomo Becattini. Partendo da un ricordo evoca-tivo e affettuoso di Sergio Vaccà, recentemente scompar-so, Becattini riprende e attualizza un ormai storico con-fronto tra la grande impresa multinazionale e le piccole e

4

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 4

Page 5: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

medie imprese associate nei distretti industriali, in termi-ni di efficienza e di capacità di innovazione. È un contri-buto che va oltre la sfera economica e tocca il nodo cen-trale delle risorse reali di cui dispone il nostro Paese: ha,quindi, un valore politico generale che vorremmo fosseripreso e approfondito in un dibattito ampio.In Letteratura, arte, scienze umane p roponiamo la riflessio-ne di Giuseppe Cantillo sul rapporto tra etica e politica.Una rivisitazione di una problematica su cui troppo spes-so l’attuale dibattito pubblico sorvola con imbarazzo.Seguono tre lavori di giovani ricercatori di Pisa, che con-cludono la pubblicazione della ricerca su flessibilità/pre c a-rietà coordinata da Mario Aldo Toscano. Silvia Cervia ana-lizza limiti e prospettive del part-time; Simone Gabbrielliniil mercato delle flessibilità in Italia e Gerardo Pastore lap rogettazione dell’educazione e della formazione nel pro s-simo futuro .L’O s s e rvatorio sociale, infine, presenta le riflessioni diTe resa Bellanova ed Elisa Mariano su welfare e flessibi-lità del lavoro .

A.M.

5

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 5

Page 6: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

S I LVA N O A N D R I A N I L’insostenibile leggerezza della finanza

aE D I T O R I A L E

u

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 7

Page 7: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

Cronaca di una crisi annunciataRipensando alla dichiarazione resa dal Presidente dellaFederal Reserve al momento dello scoppio della crisi deimutui subprime – che, trattandosi di un piccolo pezzet-to dell’enorme montagna di debiti mutuati delle famigliestatunitensi, non vi sare b b e ro state conseguenze rilevan-ti – viene in mente Charlie Chaplin in Tempi modern i.Disoccupato, viene finalmente assunto in un cantiere na-vale e messo accanto a un grande scafo in allestimento,dove molti lavoratori si danno da fare. Non sa niente dinavi, ma ha una gran voglia di lavorare. Lo scafo insistesu un binario ed è tenuto su da grandi travi sotto unadelle quali vi è un piccolo pezzetto di legno che a Charlotsembra inutile e fuori posto. Perciò prende un grandem a rtello e svelle il pezzetto di legno. In pratica vara loscafo che, nel silenzio e tra lo stupore generale, part ec o n t ro il sole morente. E aff o n d a .La prima cosa che viene da rilevare è l’evidente spiazza-mento delle Banche centrali rispetto agli avvenimenti, vistoche la Federal Reserve solo pochi giorni prima che la crisiscoppiasse aveva sostenuto che l’inflazione restava il peri-colo principale e che non vi era ancora bisogno di cambia-re la politica monetaria, che la Bce si apprestava addirittu-ra ad aumentare i tassi di interesse e che la Banca centraleinglese è dovuta interv e n i re per salvare la Nort h e rn Rockt re giorni dopo avere criticato gli interventi fatti dalle altredue banche centrali.

9

Silvano Andriani L’insostenibile leggerezzadella finanza

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 9

Page 8: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

La seconda considerazione riguarda i meccanismi di re-golazione. Dal manifestarsi delle crisi finanziarie deglianni Novanta l’idea dei mercati autoregolati è stata gra-dualmente abbandonata e si è intrapresa una fase di ri-regolazione che passa attraverso alcune tappe note co-me Basilea I e II Solvency I e II, Iass ecc. Anche questonuovo sistema di regole è apparso spiazzato dalla pro-t e i f o rme capacità dei mercati di cambiare anche in ri-sposta alle nuove re g o l e .Se sono apparsi sorprendenti il modo col quale la crisi èscoppiata e la velocità con la quale si è propagata, met-tendo in evidenza l’insorgere di grossi problemi di liqui-dità nelle banche, le sue determinanti di fondo erano, tut-tavia, note da tempo; in qualche modo si è trattato di unevento annunciato. Da anni si paventava il formarsi diuna bolla speculativa nel settore immobiliare in Usa e inaltri Paesi ricchi; da anni si denunciavano l’eccessiva cre-scita dell’indebitamento delle famiglie in tutti i Paesi amodello anglosassone e non solo e la pericolosità di nuo-vi strumenti finanziari il cui uso è letteralmente esplosonegli ultimi anni e che da importanti operatori della fi-nanza sono stati, di volta in volta, definiti «armi finanzia-rie di distruzione di massa» o «bombe a orologeria piaz-zate nei mercati finanziari». E non occorreva essere gran-di specialisti per sapere che i tassi di interesse sarebberorisaliti e che una parte importante di quanti si erano in-debitati a tassi variabili per sostenere i propri consumi sisarebbero trovati in difficoltà.Le Banche centrali, anche quelle che hanno cominciato ariconoscere che la formazione e lo scoppio di bolle spe-culative finanziarie e immobiliari rappresenta ormai laforma principale dell’instabilità dei mercati, più dell’in-flazione, e che, anzi, essa altro non rappresenti che unaparticolare forma di inflazione, quella che riguarda i benipatrimoniali, non hanno cambiato linea di condotta ehanno mantenuto il focus fissato sull’inflazione intesa in

10

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 10

Page 9: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

modo tradizionale. Anzi, la Federal Reserve ci ha spiega-to come non sia compito delle Banche centrali prevenireil formarsi di bolle speculative e come esse debbano in-tervenire solo dopo che dette bolle sono esplose per attu-tirne gli effetti. E bisogna capire anche il perché di unatale attitudine delle Banche centrali.L’analisi dei formidabili mutamenti intervenuti nella con-f o rmazione dei mercati finanziari, per essere compre s a ,deve connettersi all’analisi del mutamento della natura delcapitalismo verificatasi, all’interno del lungo ciclo di ege-monia culturale e politica neoliberista che ormai dura dac i rca trenta anni, negli ultimi dieci anni, a part i re dalle cri-si finanziarie che investirono l’Asia nel 1996 e Wall Stre e tnel 2000 e dalle risposte che ad esse sono state date.

L’insostenibile leggerezza della finanzaSe si prescinde dai molti e complicati aspetti tecnici checompongono l’innovazione finanziaria, i mutamenti di fon-do intervenuti negli ultimi anni si riducono a due e moltoi n t recciati fra di loro: il primo riguarda il modo di fare fi-nanza e il secondo i soggetti che operano nel mondo dellafinanza e il loro peso relativo. Entrambi questi mutamentiriflettono il cambiamento della natura del capitalismo.Per quanto riguarda il primo punto, il fenomeno più rile-vante è un enorme processo di trasferimento dei rischidalle istituzioni finanziarie ai «mercati». In pratica taletrasferimento si verifica in notevole misura verso le fami-glie e si somma ai rischi che, verso di esse, vengono tra-sferiti con la riduzione della copertura pensionistica pub-blica e la crescente introduzione di schemi pensionistici abeneficio indeterminato e di index linked. Attraverso l’ac-quisto di azioni e obbligazioni di imprese o di prodottistrutturati che contengono rischi di credito o altri rischi,quasi sempre per decisione di gestori finanziari a ciò de-legati, le famiglie assumono direttamente, magari per far-si la pensione, una quota crescente di rischi finanziari che

11

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 11

Page 10: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

le istituzioni finanziarie stanno cedendo. Negli Usa i ri-schi assunti dalle famiglie supera già quello assunto dalleistituzioni finanziarie.La cessione dei rischi avviene attraversi due grandi stra-de. Una è la securitization: i rischi, rischi di credito, maanche rischi assicurativi, dalle auto alle catastrofi, vengo-no espressi in titoli finanziari e venduti, spesso impac-chettati in prodotti strutturati insieme ad altri rischi, il cuifunzionamento e soprattutto il cui valore è noto solo a chili confeziona. L’altra strada è pavimentata dai derivative,sorta di prodotti assicurativi che anch’essi vengono spes-so utilizzati per confezionare prodotti strutturati. Tuttociò consente una formidabile redistribuzione dei rischi ecomporta anche l’attenuarsi della distinzione di funzionifra i diversi soggetti che operano nella finanza, almenodal punto di vista dei rischi sopportati: ad esempio, negliUsa, già nel 2004, i rischi di credito presenti nei portafo-gli delle compagnie di assicurazione superava quelli dete-nuti ancora dalle banche.Tutto ciò ha indubbiamente un risvolto positivo. In fondola qualità principale della finanza è la leggerezza, la capa-cità, cioè, di re n d e re leggeri e quindi più facilmente tra-sferibili asset e rischi pesanti il che consente di ridurre laconcentrazione dei rischi spalmandoli su platee molto va-ste e di aumentare così la stabilità e la capacità di sviluppodei sistemi economici e facilita il trasferimento di risorsereali da un settore a un altro e da un punto all’altro dellat e rra. E questo è il ruolo insostituibile della finanza.Quella qualità, la leggerezza, rischia di diventare insoste-nibile per il modo in cui si sposa con un’altra funzione: lafinanza è il terreno principale dove i detentori del capita-le, cioè dei beni patrimoniali che danno titolo per parte-cipare alla distribuzione della quota crescente del reddi-to nazionale assegnata al capitale, lottano per ottenerne laparte maggiore possibile. Tale lotta diventa particolar-mente acuta quando i tassi di interesse ufficiali, corri-

12

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 12

Page 11: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

spondenti agli investimenti con minor rischio, diventano,come è accaduto per anni, particolarmente bassi. Anchequesta è una funzione tradizionale della finanza, dallaquale origina la tendenza speculativa, come definita daKeynes, cioè la tendenza a cerc a re il rendimento non attra-verso la capacità di valutare la validità di un’impresa o diun progetto, ma semplicemente interpretando la psicolo-gia dei mercati. Tale tendenza oggi si raff o rza non solo peril fatto che le masse gestite sono enormi, ma anche perc h éla gestione è in gran parte fatta da operatori pro f e s s i o n a l iche operano condizionati da meccanismi di incentivazionebasati sulle perf o rmance che li inducono ad assumere ri-schi decisamente superiori a quanto sarebbe saggio fare .La crisi esplosa in estate ha messo in evidenza i limiti de-rivanti dalle trasformazioni in atto. E non si tratta solodella pratica delle banche di collocare fuori bilancio laparte più rischiosa dei propri portafogli utilizzando laformazione di particolari conduit per sottrarsi al control-lo delle autorità. L’aspetto più importante di questa tra-sformazione sta nel mutamento della natura delle attivitàfinanziarie derivante dall’affermarsi graduale di quelloche viene definito «originate and distribuite model».Coloro che hanno la competenza per giudicare, apprez-zare e gestire determinati rischi, una volta espletata que-sta funzione, i rischi li cedono, rappresentandoli in pro-dotti finanziari, a soggetti che non li conoscono, che nonsanno valutarli a che, se avevano una propria capacità divalutarli, tendono a perderla poiché si affidano ad agen-zie di rating, viziate da ineliminabili conflitti di interesse.Il risultato di tale pratica è duplice. Coloro che originanoi prodotti e che hanno la competenza per gestire i rischicorrispondenti, poiché se ne disfano, possono essere ten-tati a produrre prodotti più rischiosi di quanto sarebbeopportuno e coloro che li comprano tendono ad acqui-starli e gestirli utilizzando modelli matematici senza co-noscerne la reale rischiosità. Ne deriva un generale scadi-

13

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 13

Page 12: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

mento delle attività finanziarie. D’altro lato cambia il rap-porto fra i soggetti. Per un’impresa, ad esempio, o per unprivato una cosa è essere debitore di una banca che ti se-gue, ti conosce, discute le tue esigenze e cerca accomo-damenti quando sei in difficoltà o vai addirittura in de-fault, altra cosa è essere debitori di entità sconosciute eche non ti conoscono, che il tuo debito lo hanno com-prato e possono rivenderlo sul mercato e con il quale tro-vare un aggiustamento in caso di default è pressoché im-possibile, come sta dimostrando la crisi estiva, anche per-ché il tuo debito può trovarsi impacchettato insieme adaltri rischi in un prodotto finanziario dal valore incerto.Quello che emerge come risultato di questo nuovo mododi fare finanza è il graduale distacco di essa dall’economiareale. Questo vuoto viene in parte colmato, con modalitàdel tutto particolari, da alcuni soggetti che negli anni piùrecenti hanno mutato natura e sono andati acquistandoun ruolo crescente, la cui presenza si combina con l’insor-g e re di altri soggetti del tutto nuovi, e tutti insieme stannod e t e rminando un mutamento sostanziale della conform a-zione dei mercati e dei sistemi finanziari in corr i s p o n d e n-za a mutamenti di fondo del capitalismo attuale.

An indebdet peopleDi quelli che una recente ricerca della McKinsey GlobalInstitute chiama The new power brokers, due, hedge funde private equity, sono una derivazione dei fenomeni pre-cedentemente analizzati, gli altri, Asia e Paesi produttoridi petrolio, con le loro emanazioni nel campo della fi-nanza, risultano dal mutamento dei rapporti di forza nel-l’economia reale determinati anche dalle caratteristichedel modello di sviluppo che è andato affermandosi parti-colarmente negli ultimi dieci anni.Gli hedge fund nacquero alcuni decenni fa per soddisfa-re ricconi desiderosi di ottenere attraverso avventure fi-nanziare elevati rendimenti per i propri investimenti. Ora

14

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 14

Page 13: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

sono circa diecimila e i loro soci principali sono banche,fondi di investimento e compagnie di assicurazione chetentano, con operazioni fuori bilancio e particolarmenterischiose, di elevare i propri rendimenti. Dall’iniziale ope-ratività attraverso speculazioni sui titoli e sui cambi il lo-ro raggio d’azione si è allargato. Ha investito pesante-mente l’attività creditizia: gli hedge fund sono i principa-li compratori e anche rivenditori dei titoli o dei prodottistrutturati che contengono i crediti più rischiosi e hannoalimentato questi mercati con una liquidità drogata dallaloro enorme possibilità di utilizzare la leva dell’indebita-mento al di fuori di ogni controllo che gli consente di in-vestire ammontari decine di volte superiori al loro capita-le. Ultimamente si sono impegnati in attività rivolte acondizionare la gestione o ad assumere il controllo di im-prese, visto che da hedge fund hanno origine una buonaparte dei private equity.I private equity debbono la loro irresistibile e recente asce-sa da una parte al vuoto lasciato dal pro g ressivo distaccotra finanza ed economia reale, dall’altra all’evidente man-canza di bilanciamento di potere nelle grandi impre s emessa in evidenza dai grandi scandali societari nella primametà di questo decennio. L’invocazione a un maggiore at-tivismo degli azionisti collettivi ha trovato, in modo pre-valente, questa risposta. Ci sono e c’erano altre soluzio-ni: imprese finanziarie alla Warren Buffet, estremamentecompetenti e specializzate che fanno da tramite tra i ge-stori di grandi masse finanziarie e le imprese, dando a es-se, anche dall’interno dei consigli di amministrazione, uncontributo di esperienza e di competenza. Ma le modali-tà di intervento dei private equity, data anche la l o ro ori-gine, ricorda piuttosto le scalate degli anni Ottanta fattepiù per produrre plusvalenze per gli scalatori e le banchedi affari che li fiancheggiano, che per produrre valore pergli azionisti e per l’economia.L’acquisto da parte del fondo di investimento dello Stato

15

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 15

Page 14: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

cinese di una importante quota della più grande societàdi private equity statunitense, la Blackstone, in grado diinfluenzare la gestione di molte importanti imprese nelmondo, segnala un’ulteriore evoluzione nella natura diquesti nuovi soggetti e le potenziali connessioni fra essi ealtri soggetti che hanno fatto la loro comparsa sulla scenadella finanza negli anni più recenti. Per comprendere l’o-rigine di tali nuovi soggetti è bene richiamare brevemen-te tendenze di fondo, alcune di più lunga durata altre piùrecenti, che stanno conformando l’economia mondiale.Sin dagli anni Ottanta, in seguito al prevalere del neoli-berismo, si è affermata una generale tendenza alla ridu-zione della quota di reddito nazionale assegnata al lavoroe un aumento di quella assegnata al capitale, con la con-seguente crescita del rapporto fra valore dei beni patri-moniali e prodotto lordo di ciascun Paese. Tale tendenzaè stata innanzitutto alimentata dai processi di liberalizza-zione che hanno consentito l’ingresso graduale nel mer-cato del lavoro di centinaia di milioni di nuovi lavorato-ri e modificato sostanzialmente i rapporti di forza tra ca-pitale e lavoro. Sono stati, tuttavia, nella generalità deicasi, sostenuti anche dalle politiche economiche che han-no ridotto il potere contrattuale dei sindacati e la pro-g ressività dei sistemi fiscali. Anche l’orientamento dellepolitiche monetarie opera in tale direzione, giacchè, co-me abbiamo visto, tende in pratica a sostenere il valoredei beni patrimoniali, probabilmente anche in quanto,soprattutto nei Paesi anglosassoni, dalla loro gestione di-pende in maniera crescente il funzionamento dei sistemipensionistici privatizzati.A questa tendenza altre se ne sono aggiunte, emerse do-po le grandi crisi finanziarie, quella asiatica del 1996-97 equella statunitense del 2000-2003, e dalle risposte che aesse sono state date. Il blocco dei Paesi anglosassoni harafforzato la sua caratteristica di consumatore di ultimaistanza e, per sostenere i consumi, anche quella di debi-

16

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 16

Page 15: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

tore di ultima istanza: questo blocco, Usa in testa, assor-be oggi la quasi totalità dei flussi netti di capitale a livel-lo mondiale. Il fenomeno principale è oggi la tendenza al-l’indebitamento nei Paesi avanzati. Negli ultimi trenta an-ni, nonostante l’affermarsi delle tesi dello Stato minimo,il rapporto fra debito pubblico e prodotto lordo a livellomondiale è raddoppiato e l’indebitamento delle famiglienei Paesi anglosassoni ha superato ogni record storico. IPaesi asiatici sono diventati i produttori di manufatti diultima istanza, realizzano enormi surplus commerciali equindi finanziari che riciclano in gran parte nei Paesi an-glosassoni. Il blocco asiatico esporta oggi merci, mano-dopera e capitali esercitando una pressione al ribasso suiloro prezzi che è stata la principale forza che ha tenutobassa l’inflazione in questi anni e che ha, finora, più checontrobilanciato la pressione al rialzo che quegli stessiPaesi stanno esercitando sui prezzi delle materie prime.D ’ a l t ro canto la crescita del prezzo del petrolio, frutto an-che di una politica che per anni ha trascurato la ricerca difonti alternative, sta creando enormi surplus nelle mani deiPaesi produttori. Ne risulta un formidabile sbilanciamentofinanziario, che è però figlio di uno sbilanciamento dell’e-conomia reale dovuto al modo con cui la globalizzazione èvenuta realizzandosi nell’epoca dell’egemonia neoliberista.

Forse ritornerà, sotto altre spoglieNiente di sorprendente nel fatto che i Paesi dotati digrandi surplus finanziari, che finora hanno in buona par-te investito in dollari finanziando i consumi e il deficitpubblico statunitense, abbiano cominciato a utilizzare di-versamente parte di tali fondi e questo sta segnando la lo-ro comparsa sulla scena della finanza mondiale. Essa av-viene per più strade: la creazione di nuove grandi piazze fi-nanziarie – Hong Kong, Shangai, Dubai, Singapore –; gliacquisti all’estero di altre imprese da parte di imprese ru s-se, cinesi o indiane fortemente finanziarizzate e spesso

17

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 17

Page 16: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

pubbliche; la costituzione di fondi di investimento pubbli-ci, con parte dei fondi derivanti dai surplus commerc i a l i .Lo statalismo, cacciato dalla finestra, pare stia rientrandodalla porta principale, quella dei mercati liberalizzati. Fraquesti fondi di investimento si distinguono due diverse ca-tegorie. Della prima, esempio più importante è quello nelquale lo Stato norvegese ha deciso di convogliare la re n-dita petrolifera del Paese. Trattandosi di un fondo pensio-ne realizza un importante rapporto fra rendita petro l i f e r ae politiche sociali. Le sue strategie di investimento esclu-dono la presa di controllo di società, magari in corr i s p o n-denza con gli interessi strategici del Paese, anche in quan-to un Paese piccolo come la Norvegia non ha grandi inte-ressi strategici. E tuttavia anche le scelte di investimentodi tale fondo portano una impronta ‘politica’, in quantosono formalmente orientate da criteri di finanza etica edescludono investimenti in imprese che producono armi os f ruttano la manodopera minorile, o quant’altro .Non è così per i fondi russi, cinesi o indiani. Si teme inOccidente che essi e quelli delle grandi imprese di taliPaesi e l’uso del petrolio possano essere realizzati in cor-rispondenza con le strategie dei rispettivi governi. C’èuna certa dose di ipocrisia in questa denuncia degli occi-dentali: le sette sorelle da sempre hanno collegato le pro-prie strategie con quelle dei governi dei rispettivi Paesi eun film come Siriana ci dice che questo avviene ancora,magari attraverso l’azione dei servizi segreti. Tuttavia il ri-schio esiste e già alcuni Paesi, Usa, Germania, la stessa Uestanno predisponendo meccanismi di difesa per impedi-re che quei fondi o imprese estere scalino imprese nazio-nali o asset ritenuti strategici rendendoli di fatto pubblicisotto il controllo di un Paese estero. D’altro canto qual-cuno già invoca interventi politici sui mercati dei cambiper contrastare il condizionamento politico di questi giàesercitato dai Paesi asiatici che acquistando dollari, perevitarne la svalutazione nei confronti delle proprie mone-

18

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 18

Page 17: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

te, da anni determinano politicamente il tasso di cambiodella principale moneta internazionale e di conseguenzaquelli con tutte le altre monete.La definizione di asset strategici per impedire che venga-no scalati da società pubbliche di altri Paesi significa su-perare l’idea che tutti gli asset sono uguali agli occhi delmercato e implica una decisione politica che parta dalladefinizione di ciò che si intende strategico per un Paese.Il che riaprirebbe anche un discorso sulle politiche indu-striali. Dopo le crisi finanziarie ricorrenti, che hanno sfa-tato l’idea di mercati razionali, dopo i grandi scandali so-cietari, dopo il rilancio del big government e il rilancio delruolo della spesa pubblica da parte di Bush, questo è unulteriore colpo all’ideologia liberista.Il problema è che agli evidenti fallimenti dell’approccio li-berista non corrisponde, per ora, sul piano politico, unc h i a ro approccio culturale alternativo e assistiamo al para-dosso di una sinistra che invece di avanzare indietre g g i a ,almeno in Europa. Superare questa défaillance è il pro-blema principale delle nuove generazioni della sinistra. !

19

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 19

Page 18: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

L A S O S T E N I B I L I T ÀG I O R G I O R U F F O L O Il faraone ignorante

L A I C I T À E D E M O C R A Z I AE L I O M ATA S S I Il cammino della speranza

aT E M P O R E A L E

u

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 21

Page 19: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

Il tema che mi propongo di svolgere è un tema che oggi haun termine sintetico, si chiama sostenibilità. Con sosteni-bilità si intende proprio quello che Andrea Margheri di-ceva poco fa, la possibilità di conciliare le esigenze dell’e-conomia e dello sviluppo con le esigenze della tutela del-l’ambiente: la sostenibilità. E su questo vi sono riflessioniche merita la pena di passare in rassegna brevemente. Vorrei cominciare raccontandovi una storiella che voiprobabilmente conoscete. È la storiella del faraone: siracconta che un faraone che era stato curato molto beneda un medico, gli avesse promesso, per poterlo ringrazia-re, qualunque cosa avesse voluto e questo medico avevadetto: «Io voglio soltanto che tu, faraone, metta un chic-co di grano sul primo scacco di una scacchiera e poi loraddoppi man mano». Il faraone disse: «Mah, è una cosaridicola» e si mise a ridere. Soltanto che il riso gli vennemeno quando, a metà della scacchiera, quasi tutti i granaidel Paese erano svuotati. Questa è una metafora buonaper capire che cosa è quello che io chiamo il terrore degliinteressi composti. Quando c’è un interesse composto,che si raddoppia ogni volta in continuità, porta a delle so-glie di intollerabilità. Bene, noi siamo nel pieno di un ci-clo di interesse composto. Sapete che nessun ciclo vitale

23

LA SOSTENIBILITÀGiorgio Ruffolo Il faraone ignorante*

* Intervento pronunciato al dibattito Lo sviluppo sostenibile nella pro -spettiva del riformismo, organizzato dal Forum Energia e Società, Festadell’Unità, Bologna, 15 Settembre 2007.

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 23

Page 20: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

può svilupparsi a interessi composti, non ci sono interes-si composti nella natura, ci sono soltanto nelle banche: gliinteressi dei conti correnti, ma per il resto nessuna realtàvitale può svilupparsi per lungo tempo a interesse com-posto. Ci si infila quindi in una vicenda nella quale la pu-nizione è inevitabile. Nessuna specie sulla terra potre b b ee v i t a re una catastrofe sulla base di uno sviluppo a intere s-si composti e del resto per qualche ragione tutte le specieche si sono succedute sulla terra in un modo o nell’altrosono scomparse e la nostra specie umana non può pensa-re di essere privilegiata in qualche modo. Le specie uma-ne che hanno preceduto la nostra, che sono più di una, so-no scomparse: sono scomparsi gli uomini di Neandert h a l ,è scomparso anche l’homo sapiens, il nostro si chiama ho -mo sapiens sapiens, ma non lo è affatto, dal momento chesi sta suicidando, sta scendendo a rompicollo lungo lachina degli interessi composti, di quella che noi chiamia-mo la crescita indefinita, la crescita ininterrotta. E que-st’ultima edizione dell’uomo ha soltanto trentamila anni.Pensate, le specie umane hanno almeno due milioni dianni, sono un battito d’ali rispetto all’età della terra e del-la vita sulla terra: tre miliardi di anni, e quindi sono sog-getti a una precarietà che può da un momento all’altro in-terromperne l’esperienza e l’esistenza. Su due milioni dianni per l’umanità, pensate che alcune specie sono dura-te per centinaia di milioni, una, famosa, è quella dei di-nosauri: duecento milioni di anni sono rimasti lì e sonostati spazzati via, ancora non si sa perché, pro b a b i l m e n t eerano cresciuti troppo fisicamente, come noi stiamo cre-scendo economicamente, oppure, come un giornalista in-glese una volta ha ipotizzato, si erano annoiati. Comunque,la maggior parte, il 95% e più delle specie di cui si con-serva il ricordo è scomparso. Perché la nostra dovrebbeavere un esito diverso? Questo per dire che noi viviamoin un mondo precario e siamo precari, dobbiamo tenereconto di questa condizione fondamentale. Pure essendo

24

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 24

Page 21: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

precario, questo homo sapiens sapiens sapientissimo nesta facendo di tutti i colori: ha inventato da almeno due-cento anni quella che noi chiamiamo la crescita infinita eindefinita, cioè una crescita logicamente impossibile. Niente può essere infinito in un mondo che è finito; qua-lunque sia l’approccio che utilizziamo per analizzare lanostra situazione nel mondo, dobbiamo partire dal fattoche il mondo è un sistema finito, aperto soltanto perquanto riguarda l’energia solare e per il resto chiuso e de-terminato nei confini delle sue risorse. Ora, in un mondofinito non ci può essere una crescita infinita, per la logicastessa del concetto. La crescita infinita è un’utopia: è un’u-topia che era stata definita in modo molto preciso daglieconomisti fin dall’inizio della storia del pensiero econo-mico. Gli economisti classici sapevano che la crescita pre-potente che si era manifestata a part i re dalla fine delSettecento non poteva durare. Questa crescita che si è ma-nifestata a part i re dalla rivoluzione industriale, grosso mo-do dalla fine del XVIII secolo, non può che essere unapausa e un episodio della storia dell’umanità, prima o poibisogna ritorn a re, dicevano gli economisti classici, a quel-lo che chiamavano lo «stato stazionario», che non è unostato statico, lo spiegherò tra un momento. L’ i m p o rtante ès a p e re che questo ritorno alla normalità, necessario, biso-gna evitare che sia ottenuto attraverso una catastrofe, bi-sogna che sia un ritorno morbido, e questo è il pro b l e m adella sostenibilità. Dalla rivoluzione industriale a oggi,questo è il punto cruciale. L’umanità ha vissuto sul capi-tale, consumando il capitale, cioè dissipando delle risorseche sono state accumulate dalla natura per miliardi di an-ni, come il carbone, come il petrolio. Noi stiamo vivendoconsumando il nostro capitale. Questo non è certamenteun modo saggio per un economista, ma per chiunque diimpostare la propria vita, e di questo gli economisti sonostati per lungo tempo abbastanza inconsapevoli, perché èuna strana scienza l’economia – anch’io sono un econo-

25

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 25

Page 22: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

mista, ma sono un economista autocritico –, perché sisvolge tutta sull’analisi di uno spazio scientifico molto ri-stretto. Qual è lo spazio scientifico ristretto dell’econo-mia? Lo spazio che sta tra la produzione e il consumo,però gli economisti non si sono mai occupati di ciò chesta prima della produzione, cioè l’estrazione delle risorsenecessarie per produrre, e di ciò che sta dopo la produ-zione, che sta dopo il consumo, e cioè i rifiuti. Dove van-no i rifiuti, sia quelli gassosi sia quelli solidi? Ecco, diquesto l’economista non si occupava, se ne è cominciatoa occupare molto recentemente. Se ne sono cominciati aoccupare alcuni economisti lungimiranti, come il famosoeconomista Georgescu-Roegen che è stato battezzato dauno dei più grandi economisti del tempo «nostro santo eil principe degli economisti», ma che come principe deglieconomisti, essendo eretico, non ha avuto il premio Nobelche aveva meritato molto più di altri. Solo recentissima-mente, grosso modo dall’inizio degli anni Settanta, sonosuonati gli allarmi per quanto riguarda la sostenibilità el’economista ha cominciato a preoccuparsi di quel cheviene prima della produzione e di quel che viene dopo ilconsumo. Ma se ne è occupato, a mio modo di vedere, informa abbastanza distorta, nella forma di quella che sichiama la politica ambientalistica. Che cosa significa perl’economista ‘politica ambientalistica’? Significa lo studiodi quel sistema economico che renda possibile lo svilup-po senza intaccare le risorse del pianeta. Ma non ci puòessere uno sviluppo che non intacchi le risorse del piane-ta, quindi il problema, come Georgescu-Roegen ha piùvolte affermato, non è quello di rendere compatibilel’ambiente con l’economia, ma di rendere compatibilel’economia con l’ambiente e per renderla compatibilenon ci può essere sviluppo nel senso di crescita indefini-ta, bisogna appunto arrivare a uno stadio stazionario incui le risorse che sono utilizzate sono rimesse nell’am-biente e quindi non introducono un processo disgregati-

26

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 26

Page 23: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

vo dell’ambiente. Ciò che quindi sarebbe necessario e chedeve essere possibile è di rendere l’economia capace disostenersi senza svilupparsi, senza crescere materialmen-te; questa non è politica ambientalistica, ma politica eco-logica, non economia ambientalistica, ma economia eco-logica e infatti Georgescu-Roegen l’ha definita bioecono-mia. La maggioranza degli economisti purtroppo evitaancora questo tema, non se lo pone perché è prigionieradi un’affermazione apolitica, la crescita è necessaria, so-stenibile e assolutamente imprescindibile. Si ragiona inmodo curioso, ponendosi delle domande curiose, peresempio quella di un libro recente che ha per titolo Q u a n t iuomini possono vivere sulla terr a ? Questo è un modo mol-to sbagliato di impostare il problema, come si trattassedi un problema di carico. I mercanti di schiavi si pone-vano il problema in questo modo, si domandavano quan-ti schiavi possono essere trasportati da una nave ponia-mo di 200 tonnellate senza che ne morisse più del 30%,che costituiva quello che un economista chiamerebbe ilb reak even point; ecco questo modello ricorda il modo dir a g i o n a re dei mercanti di schiavi: «Quanti uomini pos-sono stare sulla terra?». Il problema non è quanti uomi-ni possono stare sulla terra, ma come possono stare, è unp roblema di qualità. Alcuni economisti tentano di rassicurarci su questo tema,per esempio un ex ambientalista diventato economi-sta della crescita, fa il conto di quanti anni, quanti seco-li, quanti millenni ci vogliono per consumare le risorsedella terra e ci rassicura che ce ne vogliono tanti, che nondobbiamo preoccuparci, con scarso rispetto per i nostriposteri; come diceva W. Allen: «Dopo tutto che cosa han-no fatto i posteri per noi?». Altri economisti ci rassicura-no dicendo che il progresso tecnologico si incaricherà dirisolvere ogni problema e dimenticano che il progressotecnologico consiste nel sostituire certe risorse con altrerisorse, ma non nel creare risorse nuove; nulla si crea e

27

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 27

Page 24: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

nulla si distrugge, lo dice alla buona la prima legge dellatermodinamica, mentre la seconda, ancora più terrifican-te, ci dice che una volta utilizzata, l’energia che utilizzia-mo non è più utilizzabile, il cosiddetto aumento dell’en-tropia. Altri economisti ci rassicurano o credono di rassi-curarci dicendoci che sarà il mercato che ci avvertirà del-l’insorgenza di scarsità attraverso i prezzi che misurano lascarsità, ma a parte la domanda, quando ci avverte checosa dobbiamo fare? Che cosa faremo? L’economista chefa questa affermazione dimentica che i prezzi misurano lescarsità relative, non le scarsità assolute, misurano le scar-sità di carbone in termini di petrolio, di una merce in ter-mini delle altre e in termini della moneta, che è un’altramerce, ma non misurano la scarsità di energia dell’insie-me del sistema umano e della natura. In altri termini mi-surano i prezzi relativi e non quel prezzo assoluto che nonpossiamo pagare a nessuno, tranne che, se fosse disponi-bile, al Padre Eterno. Insomma, se si vuole essere seri ecoerenti, il problema della sostenibilità non si può aggi-rare con delle astuzie, non possiamo essere rassicurati dalfatto che le prospettive di esaurimento sono remote, cer-to, se misuriamo il futuro alla stregua della nostra vita,possiamo dire che si sa quante generazioni ci vorrannoperché il problema della sostenibilità si ponga, ma nean-che questo è vero, perché il problema della sostenibilitànon si pone tutto a un tratto in un solo momento, in unsolo punto, si pone attraverso molti punti e nel tempo ealcuni di questi punti di rottura li vediamo già di fronte anoi, per esempio l’effetto serra, il riscaldamento climati-co, non è qualche cosa che noi proiettiamo chissà quan-do e chissà dove nel futuro remoto, è qualche cosa con laquale stiamo già facendo i conti, o li dovremmo fare equindi anche da questo punto di vista, le previsioni nonsono rassicuranti. In altri termini, il problema della soste-nibilità consiste in che cosa? N e l l ’ i m m a g i n a re, nel pro-g e t t a re, nel re a l i z z a re uno stato stazionario dell’economia

28

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 28

Page 25: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

e, qui riprendo quello che dicevo prima, non si tratta diuno stato statico. Per far capire la diff e renza tra stato sta-zionario e stato statico ricorro a un’immagine: la diff e re n-za tra uno stagno e un lago. Lo stagno è chiuso e quindinon può che evaporare nel tempo, il lago è qualcosa che sirinnova continuamente e quindi lo stato stazionario è unostato dinamico, che però conserva un livello perm a n e n t e ,ma un continuo ricambio all’interno del proprio spazio traeconomia e natura. Questo è l’ideale dello stato staziona-rio. È possibile raggiungere questo ideale? Dal punto divista fisico non ci sono problemi, bisogna vedere se que-sto ideale è compatibile con un sistema che si chiama ca-p i t a l i s t i c o . La premessa è che la specie umana, come tut-te le altre, deve operare con il vincolo supremo della mor-te, che non le permette di assumere comunque obiettivi etraguardi che la trascendono. Recentemente questa scon-tatissima verità è stata posta in dubbio da un libretto diAldo Schiavone, che vi consiglio di leggere; si chiamaStoria e destino e affronta un problema che noi vorremmoc o n s i d e r a re folle, sviluppa (non so se Schiavone ne siaconsapevole) un’ipotesi formulata già agli inizi degli an-ni Ottanta quella che, sviluppando i congegni dell’intel-ligenza artificiale, l’uomo possa delegare anche le suefunzioni superiori, non quelle funzionali, meccaniche, aro b o t - c o m p u t e r, computer intelligenti, fino a re a l i z z a rec o n c retamente quella che dovrebbe essere consideratal’utopia dell’immortalità, ma anche in tal caso un pro-blema di sostenibilità sussiste, perché non è concepibileil trasferimento a un computer divino della creazione dirisorse come l’Eden, il Paradiso Te rre s t re; ma, uscendoda queste divagazioni un po’ strampalate, il pro b l e m afondamentale e concreto è che dalla Rivoluzione indu-striale in poi, le risorse dell’umanità, non soltanto quellemateriali, ma anche quelle mentali, sono state investitenel pro g resso materiale e ci si chiede, e questo è il pro-blema fondamentale, se queste risorse, man mano che

29

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 29

Page 26: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

procede la conoscenza, che è la vera materia prima delnostro tempo, non debbano e non possano essere reindi-rizzate piuttosto che alla crescita, al processo, allo svilup-po materiale, allo sviluppo spirituale e culturale. Questoè il problema reale della sostenibilità. Sviluppo di queibeni immateriali che non devono sopportare il vincolodella scarsità. C’è un’altra storiella che è ben nota: duepersone che si scambiano due merci che cosa hanno allafine dello scambio? Ognuno ne ha una, però due perso-ne che si scambiano due idee, alla fine, ognuno ne ha due.Vuol dire che lo scambio di idee è accrescitivo, non co-nosce limiti di scarsità. Questo significa che uno stato sta-zionario lo è rispetto ai beni materiali, ma non lo è ri-spetto alle idee e al progresso spirituale della specie. Il fu-turo della specie, se ha un futuro, dovrebbe essere orien-tato verso la crescita delle idee, della cultura, del patri-monio culturale e scientifico, del sapere, questa è la pos-sibilità di superare il paradosso della sostenibilità. Alla fine di questa chiacchierata dobbiamo però porciuna domanda molto imbarazzante: un’economia stazio-naria come quella che rapidamente ho tracciato è compa-tibile con il capitalismo? È una bella domanda. Un gran-de economista, John Maynard Keynes, era convinto che ilcapitalismo é talmente flessibile, una realtà talmente fles-sibile, cambiato in modo quasi radicale dai suoi inizi allasoglia della modernità storica a oggi, che potrebbe spo-gliarsi dei suoi istinti barbarici coniugandosi con un’eco-nomia, che, come lui stesso diceva, possa giocare con po-ste più basse. Giocare con poste più basse significa noninseguire necessariamente l’ideale del profitto, ma l’idea-le della permanenza delle risorse rinnovabili. Il capitali-smo si è piegato alla storia con flessibilità prodigiosa amolti compromessi, si è piegato ai compromessi con la re-ligione, si è piegato ai compromessi con la scienza, si èpiegato ai compromessi con la politica e con la democra-zia, ma se poi non lo fosse, chi potrebbe affermare che il

30

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 30

Page 27: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

capitalismo segna il limite finale del destino della specie?Forse per il sociologo americano Merton il capitalismo ècertamente il sistema di organizzazione sociale, con tuttele sue vergogne, migliore che sia apparso sulla faccia del-la terra, come organizzazione della società. È certamentestato il più permanentemente rivoluzionario, se si parla dirivoluzione permanente, si deve pensare al capitalismo,innovatore, ricco di capacità di produzione, di doni, dinovità, di innovazioni; però se si rivelasse, come si sta ri-velando, incapace di affrontare il gigantesco problemadella sostenibilità, anche il capitalismo, come tutti i siste-mi di organizzazione sociale che lo hanno preceduto, do-vrebbe rassegnarsi a due opposti destini: o quello di re-gredire a una condizione barbarica, oppure quello di tra-scendere in una nuova rivoluzione umanistica. Noi dobbiamo avere il coraggio di puntare su questa se-conda prospettiva. !

31

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 31

Page 28: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

Sembra incredibile che non ci sia neppu-re un solo analista a porsi la domandache ormai emerge da tutti i pori delloscenario politico. Questa: che cosa c’èdavvero dietro l’ossessione berlusconia-na per elezioni ravvicinate? Insomma,perché il cavaliere, quale che sia l’anda-mento delle cronache parlamentari e il ri-dicolo alternarsi della «spallata sì, spalla-ta no», egli affermi e neghi se stesso la-sciando un solo punto fermo all’orizzon-te, quello del voto a primavera? La rispo-sta dell’ingenuo è che ciò serve a toglierefiato al governo e al fattore Pd e, ovvia-mente, a ricompattare la fu Cdl.Impressionante l’acuto toccato a ridossodel delitto di Tor Bella Monaca con il tea-trale applauso a Casini nella rimpatriatadi via del Plebiscito e con il monologo ditutta l’artiglieria massmediatica controVeltroni e per la rinnovata concordia at-torno al padrone unico. Eppure baste-rebbe un’occhiata dietro al polveroneper scoprire che l’insonnia berlusconianaha ben altro motivo: se non arrivano allasvelta le benedette elezioni, non solo c’èil pericolo di una ripresa di consenso peril centrosinistra, ma soprattutto si velociz-za il processo politico, innestato dalla na-scita del Pd, che si porta dietro tragica-mente il tracollo della tirannia berlusco-niana a destra. Per dirla con Calderoli: seva a farsi benedire l’occasione della Leggefinanziaria, addio Cdl e ognuno se la vedaper proprio conto.Sì, la meccanica newtoniana: «ad ogniazione corrisponde una reazione eguale econtraria» sta avendo impre s s i o n a n t econferma, e i suoi attori si chiamano

N e p p u re il rom assassino ha salvato

il partito unico di destra

Enzo Roggi

32

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 32

Page 29: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

Casini e Fini. Soprattutto quest’ultimo.Che fine ha fatto il famoso «partito uni-co» della destra, proprio mentre nasce ecomincia a farsi sentire il partito unicodei democratici riformisti? Non c’è solo ilfatto che, con l’accelerazione delle prima-rie e dell’assemblea di Milano, Berlusconiè stato costretto ad arrivare per secondonel tentativo di unire attorno a sé un par-tito unificato. C’è l’affermarsi, semprepiù esplicito, del processo opposto.Altrimenti come si spiegherebbe l ’ i n v e r-sione schizofrenica dalla certezza di averedalla sua un po’ di senatori dell’Unioneall’ammonimento contro possibili tradi-menti in casa pro p r i a ? Egli si è mosso indue direzioni: la prima è stata quella didenigrare, anzi irridere alla nascita delPd cercando di toglierle l’elemento piùevidente, cioè l’autentica novità. La se-conda direzione è stata quella di tentare dis c u o t e re il guardingo scetticismo dei suoialleati e di una parte della stessa Fi. Nel fa-re questo ha alternato finto ottimismo,blandizie, ammonimenti, piccole furbizie(come quella di attivare l’evanescenteagenzia Liberal di Ferdinando Adorn a t odopo la delusione per il lancio dei cosid-detti club azzurri) e tardivi appelli allamobilitazione (la raccolta delle firme anovembre per chiedere elezioni subitocon tanto di irrituale allusione ai poteridel Presidente della Repubblica). Ma tut-to questo armeggiare si è, con incredibilevelocità, scontrato con un generale rifiu-to di tutte le altre formazioni di destra.Scontato il rifiuto dell’Udc di Casini chesi è limitata a conferm a re il proprio esclu-sivo interesse per una riaggregazione cen-

33

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 33

Page 30: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

trista di tipo neodemocristiano e, dun-que, incompatibile con l’attuale Cdl.Altrettanto si può dire per la piccola for-mazione della cosiddetta Dc per le auto-nomie. E così pure è apparso inevitabileil diniego della Lega che, per la sua natu-ra di movimento zonale di stampo anti-nazionale, non poteva che confermare,accanto all’alleanza strumentale con Fi,la propria ostilità a qualsivoglia inglo-bamento in un partito nazionale che sir ifiuti di abbattere ogni monumento aGaribaldi. Invece non era scontato che ilcolpo maggiore venisse dal pur fedelissi-mo Fini. Il quale, con un insolito impul-so di sincerità, ha capovolto tutte le argo-mentazioni del cavaliere. Ha cominciatocol dire che la nascita del Pd non dovevaessere presa sotto gamba illudendosi chesi tratti di una ‘fusione a freddo’ tra grup-pi dirigenti e, anzi, cogliendo in essa nonsolo una risposta alle difficoltà del cen-trosinistra ma un progetto di spessoreprobabilmente storico. In tal modo il ca-po di An ha ammonito di non illudersi avedere nell’avversario – come vorrebbefar credere Berlusconi – una specie dimorituro a cui infliggere un facile colpofinale. Poi ha esplicitamente proclamatoche, stante l’attuale legge elettorale cheincoraggia i particolarismi anche micro-scopici, «il partito unico non è alle viste».Il riferimento alla legge elettorale comedato ostativo è, sì, vero, ma non è certo laragione prima del «no» di Fini. La qualeva ricercata altrove. Dove? Proprio il ri-ferimento alla serietà dell’operazione Pdindica che la ragione vera e insuperabiledel diniego finiano sta nel fatto che non è

34

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 34

Page 31: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

concepibile un’operazione unitaria glo-bale a destra senza re a l i z z a re ciò che si èrealizzato nel centrosinistra: l’azzeramen-to delle leadership passate. Insomma, perdirla semplicemente, la fusione vera e non‘ f redda’ nel centrodestra comport e re b b eciò che oggi appare impossibile: la rinun-cia personale di Berlusconi, proprio comehanno saputo fare Fassino e Rutelli. È del tutto evidente che Fini, al di là dipur legittime ambizioni personali (ini-ziando dall’improbabile conquista delCampidoglio), è consapevole che una fu-sione che vedesse semplicemente l’assor-bimento di An nel coacervo del feudoberlusconiano risulterebbe indigeribileper i suoi fedeli ed elettori andando a ir-ro b u s t i re la suggestione, alzata da Storacecon la sua secessione, di una pre s e n z aschiettamente di destra antisistema. Nona caso l’ex ministro della Sanità ha con-vocato una sua convention fondativa sot-to l’insegna: «Finalmente Destra». E così,dopo la miniscissione della Mussolini sip o t rebbe avere un vero e proprio collassos u l l ’ e s t rema destra. Un Fini ‘norm a l i z z a-to’ entro una formazione populista-oli-g a rchica sarebbe non un’evoluzione dellap ropria storia ma la sua fine.È precisamente qui che si può rintraccia-re l’accaduto attorno all’esecrando delit-to del rom a Roma. Chi ha preso, contempestività insolita perché chiaramenteautonoma rispetto alla coalizione, la testadi un’offensiva ai limiti del razzismo che,ancora una volta, ha fatto arrivare per se-condo Berlusconi? Chi, dopo quasi dueanni di lontananza, ha consentito al fi-gliol prodigo P i e rf e rdinando di sedersi

35

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 35

Page 32: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

allo stesso tavolo e su una linea egual-mente oltranzista (fino al punto di sentireil cattolico Udc criticare il buonismo delc l e ro)? Si sarebbe avuto lo stesso eff e t t ose il richiamo unitario fosse venuto dal ca-v a l i e re invece che dal suo possibile con-c o rrente? Viene da domandarsi se qual-cuno non abbia sussurrato all’ore c c h i odel cavaliere: «Stai attento a quei due». Dunque, la motivazione ostile a una ac-celerazione artificiosa di Berlusconi haragioni non momentanee o di opport u-nità ma esistenziali. Fatto per cui la do-manda che ne deriva è: dove crede dipoter andare il cavaliere? La rispostapuò essere questa: crede di mettere a ta-c e re tutti i fattori di inconciliabilità del-la sua coalizione drammatizzando la pa-rola delle «elezioni subito» come pegnodi un ritorno al governo per sé e tutti ip ropri alleati e, sotto la bandiera dellarivincita, riport a re tutti all’obbedienzaritenendo furbescamente che anche Finif i n i rebbe per accontentarsi di una se-conda vicepresidenza del Consiglio. Insintesi: solo elezioni molto ravvicinatep o t re b b e ro assicurare la continuità del-la leadership berlusconiana. È dalla considerazione di questi fatti ir-refutabili che dovrebbe nascere la rifles-sione di ogni italiano realista: dove sonofiniti i miei interessi, la mia aspirazione aun’Italia che si sviluppi nell’equità socia-le e nella sicurezza se tutto si riduce e de-ve essere subordinato alla cupidigia diBerlusconi per Palazzo Chigi? E se poidovesse vincere tramite l’attuale leggeelettorale, non ci si tro v e rebbe nelle stes-se condizioni di precarietà e di guerra di

36

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 36

Page 33: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

tutti contro tutti? Appunto, che fine fa-re b b e ro i miei interessi di cittadino?

37

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 37

Page 34: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

Scelgo come punto di riferimento una riflessione a tut-to campo sull’imprescindibilità del nesso laicità-demo-crazia, e su quali siano, all’interno di tali connessioni, lemodalità che possano legittimare la costruzione delP a rtito democratico. Sul piano teorico ritengo che le acquisizioni più lucide sia-no quelle argomentate in un recente saggio di MassimoCacciari, P roduttività del conflitto. La democrazia del par -tito democratico (in Sul partito democratico. Opinioni ac o n f ro n t o, a cura di Roberto Racinaro, Guida, Napoli,2007, pp. 13-26). Quando Cacciari si interroga sull’agget-tivo ‘democratico’, che connota il nuovo partito e sull’ideadi ‘democrazia’, che dovrà sostenerlo e permearlo, arr i v aalla conclusione seguente: «Nel dibattito spesso si parla dilaicità, e su questo vorrei dire qualcosa. Democrazia hasenso per me soltanto se ha un luogo, un regime, un si-stema in cui il conflitto tra i valori, lungi dall’essere de-monizzato o dall’essere qualcosa che pretenderemmo su-perare riducendolo ad uno, è qualcosa che viene visto edinterpretato come alimento ed energia dello stesso svi-luppo. E la politica è tanto grande, in quanto riesce amettere nel motore della democrazia il conflitto di valori.Laicità è questo. Non è vuota tolleranza, non è vuota in-differenza. Laicità è passione per il conflitto di valori, in-teresse per il conflitto di valori, riconoscimento della sua

39

LAICITÀ E DEMOCRAZIAElio Matassi Il cammino della speranza*

* In collaborazione con la rivista on line «In Schibboleth», diretta da ElioMatassi, Ivana Bartoletti, Carmelo Meazza.

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 39

Page 35: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

necessità per lo sviluppo democratico. Il partito demo-cratico non potrà perciò in nessun modo essere rappre-sentante di una scala di valori. Qui sta la sua tipicità, tut-to il suo azzardo ed anche il suo fascino. Proprio il fattoche stiamo pensando ad un partito che, in quanto demo-cratico, cioè avendo quella idea di democrazia e doven-dola interpretare, dovrà avere e custodire al suo internocome propria energia il conflitto dei valori. Questo è l’az-zardo, il rischio ed il fascino dell’operazione» (pp. 13-14). Un’idea di democrazia, dunque, che fa del conflitto ilmotore stesso del tessuto connettivo della democrazia – equesta è anche l’idea della laicità –, una democrazia cheriesce a mantenere costante la sua fase ‘costituente’ e chesi fa portatrice di una forma di sintesi, di uno sforzo dielaborazione teorico-intellettuale profondamente inno-vativo e creativo, alla ricerca di un’unità che non sarà piùdi vecchio stampo – una mera giustapposizione estrinse-ca – ma una unità ‘nella’ e ‘della’ molteplicità, una unitàche sappia raccogliere fino in fondo la sfida dellac o mplessità delle società contemporanee. Una unità nel-la complessità di cui un certo personalismo cattolico do-vrà fare sicuramente parte. Quale progetto filosofico, quale ‘filosofia politica’ pre s u-me quest’idea di democrazia che riuscirebbe a mantenere‘costante’ la sua fase costituente? Forse una filosofia poli-tica che in maniera subdola minaccia nelle sue fondamen-ta la politica stessa, come sostiene, per esempio, JacquesR a n c i è re nel suo recente, Il disaccord o (Meltemi, Roma,2007)? La politica, argomenta il filosofo francese, è un«oggetto scandaloso» e la filosofia politica, che «da qual-che tempo va affermando il suo ritorno ed un rinnovatovigore» è «l’insieme di artifici di pensiero attraverso cui lafilosofia cerca di farla finita con la politica». Lo ‘scanda-lo’ che la filosofia cercherebbe di esorcizzare starebbe nelfatto che la politica è quell’attività «che ha, come logicapropria, la logica del disaccordo». L’idea di una demo-

40

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 40

Page 36: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

crazia che assorbe, sedimentandola dentro di sé, la strut-tura conflittuale della laicità, e, dunque, si regge sullaproduttività della medesima appartiene alla prima o allaseconda delle opzioni evocate da Rancière? L’idea di unademocrazia in perenne stato costituente rientra nel para-digma della anestetizzazione filosofica del politico o èpiuttosto l’incarnazione di un nuovo modo di porre ilproblema del «disaccordo»? Ritengo che si possa sposa-re con convinzione la seconda prospettiva; l’idea di de-mocrazia che dovrà ispirare il Partito democratico è un’i-dea che dovrà mirare alla complessità e non a una suasemplificatoria riduzione. Sul piano politico la traduzione ottimale dell’idea della pro-duttività del conflitto come motore stesso per la democra-ticità, insita nel partito democratico, è inscritta compiuta-mente nel progetto di Walter Ve l t roni, La nuova stagione.C o n t ro tutti i conserv a t o r i s m i (Milano, Rizzoli, 2007), do-ve a un certo punto si può leggere : «Il partito democrati-co sarà un partito aperto, plurale, non ideologico e nonidentitario. Ma non per questo sarà un partito senza qua-lità. Né un partito che utilizza la prospettiva dell’‘oltre’come un alibi per sfuggire alle responsabilità di declinarele proprie generalità culturali e politiche» (p. 30). Le duevisioni, i due programmi, quelli di Massimo Cacciari e diWalter Veltroni sono complementari; quando si dice che,sul piano politico, il Partito democr atico dovrà rispec-c h i a re la complessità, risultando aideologico e aidentita-rio, si aff e rma una verità: dopo la conclamata irre v e r s i b i l i-tà dei processi di secolarizzazione, viene meno la form a -p a rtito, interpretata come forma integralisiticamente chiu-sa. Ovviamente un processo di questo tipo non dovrà ave-re come necessaria conseguenza la nascita di un partitosenza qualità, nella icastica formula musiliana, scelta daVeltroni, ossia di un partito che rinuncerebbe pre g i u d i-zialmente a una visione generale dello sviluppo, delle esi-genze e della collocazione internazionale del proprio Paese.

41

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 41

Page 37: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

Il venir meno del partito-ideologia ossia di un partito chep resume di avere in sé la chiave per descrivere e predireil futuro, il venir meno del partito-stato ossia di un parti-to che presume di poter rappresentare la totalità degli in-teressi in gioco, non comporterà affatto, come automati-smo imprescindibile, l’assunzione immediata di una sortadi politique d’abord, ossia di una politica che abbia ri-nunciato pregiudizialmente a un progetto di fondo, risol-vendosi semplicisticamente in programmi specifici com-misurati a situazioni contingenti.Il partito ‘aperto’, ‘plurale’, ‘non ideologico’ e ‘non iden-titario’ di cui parla Ve l t roni è quel partito che è riuscito ai n t e r p re t a re fino in fondo l’idea della produttività delconflitto, l’idea, aggiungo, ‘laica’ della produttività delconflitto, sarà dunque un partito in costante oscillazione,dinamico e non statico, che avrà assorbito compiutamen-te quella «virtù del dubbio» di cui parla, in una re c e n t ei n t e rvista-saggio, Gustavo Zagrabelsky: un partito perm e a-t o di quella forma di «laicità postsecolare», di cui parlanoancora lo stesso Zagrebelsky insieme a J. Habermas, sullabase del nuovo ruolo che la religione è venuta ad assume-re nella contemporaneità e che diventa decisivo anche peruna rinnovata laicità. La ‘democraticità’ del Partito democratico dovrà essere ingrado di raccogliere tutte queste sfide e di prepararsi inmaniera adeguata alla lucida diagnosi prospettata da AldoSchiavone in Storia e destino ( Torino, Einaudi, 2007), do-ve si possono leggere i lineamenti per un umanesimo delt e rzo millennio. In questo nuovo umanesimo prospettiva laica e religiosapossono, al limite, arrivare a coincidere. Quando ci si in-terroga nel libro della Genesi sull’affermazione, ripetutadue volte, che Dio ha creato l’uomo «a sua immagine, asua somiglianza», ha perfettamente ragione Schiavone, diinterpretarla non come una condizione di partenza macome una stazione d’arrivo in cui potrebbero incontrarsi

42

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 42

Page 38: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

il nostro destino (laicamente inteso) e la prospettiva reli-giosamente escatologica: «C’è un punto nel cammino incui la cognizione finalmente acquisita della struttura sto-rica del proprio destino incrocia la possibilità non vanama razionale della speranza…» (p. 99).Il Partito democratico dovrà saper interpretare fino infondo proprio questo ‘incrocio’. !

43

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 43

Page 39: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

Ci fu un tempo, iniziato con il Sessantotto,in cui l’aggettivo «democratico», più ches i g n i f i c a re «attinente alla democrazia»,come è nella sua accezione originaria en o rmale, ebbe il valore semantico di«orientato a sinistra». Così appunto con«poliziotto democratico», «medico demo-cratico», «pro f e s s o re democratico» si in-dicavano un poliziotto, un medico, unp ro f e s s o re universitario che, diversamentedalla media dei loro colleghi, erano sensi-bili ai bisogni e ai desideri dei giovani ses-santottini e disponibili ad appoggiarli.Tale semantica era, ed è, del tutto incom-prensibile negli Usa: ivi partito «demo-cratico» significa il partito che si batteper i diritti umani e civili, per lo svilup-po massimo della libertà individuale, ri-conoscendo a ogni cittadino il diritto ae s p r i m e re al meglio le proprie persona-lità e capacità.Non per nulla furono legate al Partito de-mocratico le grandi personalità che sibatterono per l’integrazione degli afroa-mericani: nel partito democratico trova-rono espressione e alimento Kennedy eMartin Luther King.Il Partito democratico italiano, pur man-tenendo nel significato una nuance socia-listeggiante, palesemente si avvicina al-l’accezione americana: sostanzialmente lademocrazia americana appare esserne ilprincipale ispiratore ideologico e cultu-rale, pur permanendo anche una presen-za significativa della tradizione europea.Primeggiano, nell’ideologia ‘materiale’del partito, certamente il valore del meri-to, la piena espressione libera della per-sona; a questi motivi ‘americani’ si ag-

P a rtito democraticoe laicità

Mario Caronna

44

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 44

Page 40: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

giungono anche l’equità, la tendenza ver-so l’eguaglianza, la difesa dei meno dota-ti. Si tratta di principi della grande tradi-zione del riformismo europeo, da cui an-che la cultura politica democratica ame-ricana è stata influenzata.

Pur non aderendo (non ancora, almeno) alP a rtito democratico, mi sento di guard a recon simpatia a una esperienza che tende af o n d e re due tradizioni culturali e politi-che, l’americana e l’europea, che sono sìdiverse, ma che nello stesso tempo risalgo-no a una lontana origine comune. Se nonfosse così, su cosa si baserebbe l’esistenzadel concetto geostorico di «Occidente»?Esso nasce dal comune Cristianesimo edalle «Rivoluzioni atlantiche», l’inglese,l’americana e la francese.I n o l t re il Partito democratico italiano pos-siede un’altra, molto specifica caratteristi-ca, precipuamente legata alla nostra sto-ria, caratteristica che configura una possi-bile esperienza fortemente innovativa.Mi riferisco alla fusione in un solo parti-to di due filoni culturali e politici tradi-zionalmente separati, anche se spesso al-leati. Intendo il filone laico-riformista equello cattolico-democratico. Ingenerosofu chi definì tale unificazione come unaspecie di novello compromesso storico.Ingeneroso ed errato. Tale giudizio nontiene conto che nessun compromesso è inatto, mentre l’ambizione di fondere duetradizioni simili in un unico partito èmolto più alta di quella che presiedette asuo tempo al tentativo, peraltro fallito,del cosiddetto ‘compromesso storico’, ilquale – invece che storico – fu effimero:

45

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 45

Page 41: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

tale idea politica durò, peraltro senza maiincarnarsi nella realtà, dal 1973, data delgolpe cileno, evento preso a pretesto perla formulazione di quel nuovo concetto,al 1979, data della cosiddetta ‘secondasvolta di Salerno’, una semplice riunionedel Comitato centrale del vecchio Pciconvocata nella città campana, con inten-zioni ingenuamente simboliche a richia-mare la storica «svolta di Salerno», la pri-ma e vera, di togliattiana memoria.Fondare invece un partito nuovo comefusione di quelle due tradizionali animenon è un compromesso, ma una grandescommessa. Vincerla costituirebbe, già diper sé, un grande vantaggio per il Paese.Oggi infatti l’Italia vede riemergere dalleplaghe oscure della sua storia il dualismodella più vieta tradizione nazionale. Miriferisco al medievale scontro fra guelfi eghibellini, mai morto, semmai sopito, maoggi divenuto asperrimo.Tale scontro è tanto obsoleto quanto me-no utile a un Paese che deve impegnarsiper lottare con decisione contro il pro-prio declino economico, culturale e poli-tico. Incartapecoriti alterchi ideologici,in questi grami frangenti, sono del tuttosvantaggiosi. La fondazione del Pd, an-dando in controtendenza, avrà cert a m e n t ela funzione di limitare quello scontro, tra-s f o rmandolo in un confronto sereno, sep-p u re serrato, soprattutto appro f o n d i t o .

Così come l’impegno deve essere pari al-la scommessa, anche le regole interne de-vono essere decisamente democratiche eattentamente applicate. Contrariamentea quanto predica il pensiero leninista, il

46

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 46

Page 42: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

rigoroso rispetto della democrazia for-male è il contrassegno della libert à .Norberto Bobbio dixit. Non credo si sia incominciato bene: sco-m o d a re i cittadini per indire elezioni pri-marie, volte a eleggere un segretario dip a rtito, sbigottirebbe il grande Paeseche le elezioni primarie ha inventato eche le sa usare proficuamente come pila-s t ro della propria vita democratica.C o m p rendo le motivazioni politiche del-la scelta, ma nessuna opportunità politi-ca deve far deflettere dal rispetto rigoro-so di regole democraticamente valide.Non lo sono primarie di questo tipo, vol-te a risolvere questioni non istituzionalima interne ai part i t i .S p e ro vivamente che si tratti di un erro-re di inesperienza, di crescita, e che nelf u t u ro si attivino elezioni primarie soloper scegliere il candidato pre m i e r, e so-lo nel caso in cui si profilino almeno duecandidati contrapposti di peso sostan-zialmente simile.Mi auguro inoltre che la vita democrati-ca interna del Pd sia tanto vivace da sa-per scegliere altre modalità per la indivi-duazione del proprio gruppo dirigente,modalità che differiscano dal triumphume dalla ovatio.

Altrettanto importante del fissare nuoveregole democratiche per la scelta delgruppo dirigente, è la definizione di al-cuni principi generali cui sempre attener-si. Uno, il più importante, è la piena li-bertà di coscienza del militante. La co-siddetta ‘disciplina di partito’, che pureha un suo peso e valore, non può né de-

47

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 47

Page 43: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

ve mai coartare la libertà di coscienza,specie di chi è membro eletto di assem-blee istituzionali, almeno in alcuni campiche andrebbero ben definiti a priori. F r aquesti vi è sicuramente il campo dellabioetica, vista la delicatezza delle questio-ni attinenti e vista la natura di un part i t oche fonda nel proprio seno laici e cattoli-ci. Sia ben chiaro che piena libertà di co-scienza non significa affatto mancanza dic o n f ronto. Anzi. Credo, invece, che pro-prio nel campo della bioetica il Part i t odemocratico potrà essere un laboratoriopolitico utilissimo a tutto il Paese.N e l l ’ o rmai lontano 1988 il pro f e s s o rP i e t ro Bucalossi, noto scienziato e uomopolitico, promosse un importante con-vegno nella sua città natale, San Miniatoal Tedesco, per un serrato confronto fralaici e cattolici proprio sulle tematichec o n t roverse della bioetica. Il successodell’iniziativa diede ragione a chi l’avevap romossa, mostrando che l’appro f o n d i-mento era utilissimo ad allontanare pre-giudizi e ad avvicinare posizioni in par-tenza molto distanti. Purt roppo l’inizia-tiva non ebbe seguito, a causa soprattut-to delle condizioni precarie di salute delsuo protagonista, che dopo pochi annicesserà di vivere .Ebbene, la bandiera di quel confronto ser-rato dovrà essere raccolta dal Partito de-mocratico che farà bene a sollecitare alp roprio interno un fiorente dibattito. Suqueste tematiche, e ovviamente non solo suqueste, nulla è più letale della pre s u n z i o n eaprioristica di essere nel giusto. Il dibattitof r a t e rno tra laici e cattolici all’interno dellostesso partito, non potrà che essere foriero

48

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 48

Page 44: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

di importanti risultati utili al Paese intero .Un altro principio generale da rispettare,ma anche da ben definire, è quello dellalaicità. Il Pd è giustamente un partito«laico». Si tenga presente che, insieme al-la laicità dei laici, esiste anche un’altret-tanto ricca laicità dei cattolici.Se ripensiamo al percorso del cattolicesi-mo politico, ne scopriamo subito l’inde-fettibile laicità. A part i re da GiuseppeToniolo, attraverso don Luigi Sturzo, epoi con Alcide De Gasperi e Aldo Moro ,per non dire della interessante tradizionedel socialismo cristiano, la laicità della tra-dizione politica cattolica italiana si è sem-p re più andata precisando e raff o rz a n d o .Laicità come principio assoluto, dun-que. Ma quale laicità? Il faut la clart é.Per definire la laicità democratica non ès u fficiente sostenere che essa è fondatas u l l ’ « i m p a rzialità dello Stato». Ad esem-pio, nella tradizione francese lo S t a t oimpone e persegue «obiettivi pubblici»di laicità, mentre valori ulteriori, comequelli religiosi, di ogni religione, sonoritenuti leciti solo nella sfera privata.Ecco che il velo musulmano è vietato al-le donne nella scuola pubblica francese,non in quanto non consentirebbe l’i-dentificazione della persona: allo scopob a s t e rebbe pre s c r i v e re che il volto ri-manga scoperto, consentendo il veloper il resto. Esso è vietato in quantosimbolo di una attitudine religiosa pri-vata che non ha cittadinanza all’intern odi una struttura dello Stato, quale lascuola pubblica. Ovviamente lo stessovale in Francia per il cro c i f i s s o .Tale impostazione alla francese della laici-

49

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 49

Page 45: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

tà può determ i n a re un conflitto fra Statoe confessioni religiose, perché non con-sente la manifestazione della religione nel-la polis, comportando così una non picco-la lesione della libertà di espre s s i o n e .Da questa errata concezione giacobinadella laicità non è molto distante laCostituzione sovietica del 1929 che pro-clamava «libertà di culto religioso e dip ropaganda antireligiosa». Il culto re l i-gioso non era libero di far pro p a g a n d a .Già di per sé tale testo costituzionale èdecisamente antiliberale: senza contareil suo carattere menzognero, dato cheallora, Stalin regnante, chiunque venivas c o p e rto a praticare un qualsiasi cultoreligioso, anche nel chiuso della pro p r i acameretta, ipso facto, scompariva nell’ar-cipelago gulag.A me pare che certe espressioni attuali dilaicismo radicale si attaglino a quella tra-dizione giacobino-sovietica più che allatradizione liberale.Uno Stato autenticamente laico rifug-ge sia dalla «scristianizzazione» dellaRivoluzione francese, sia dall’«ateismodi Stato» della rivoluzione ru s s a .In conclusione, una autentica laicità de-mocratica è una «laicità paritetica» (v.Giovanni Bianco: O c c o rre una analisiteorica della laicità, in «Le nuove ragio-ni del socialismo», marzo 2007). La lai-cità, paritetica e democratica, è fondatasu una rigorosa neutralità dello Statoche garantisca l’espressione del più am-pio pluralismo, anche religioso, fondatosul principio democratico.Questa laicità democratica è quella pre-

50

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 50

Page 46: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

supposta dalla nostra Costituzione; e nons a rebbe male che qualche documento fon-dativo del Pd la ribadisca con chiare z z a .

51

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 51

Page 47: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

T R A N S N A Z I O N A L I E D I S T R E T T IG I A C O M O B E C AT T I N I Sergio Vaccà,

alla scoperta dei fattori comuni

aL E I D E E

u

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 53

Page 48: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

Con questo scritto di Giacomo Becattini iniziamo la colla -borazione con la rivista «Economia e politica industriale»diretta da Francesco Silva e intendiamo aprire un dibattitosul tema dei distretti industriali

1. Non parlerò qui dei principali oggetti della mia colla-borazione con Sergio Vaccà, la rivista «Economia e poli-tica industriale» e le due collane Economia e tecnologia eProblemi dello sviluppo industriale. Ho già detto ciò cheavevo da dire in proposito, nell’introduzione a Ricercareinsieme (Milano, Angeli, 2003), una raccolta – in suoonore – di saggi di alcuni dei suoi numerosi allievi. Mi soffermerò invece su di un aspetto, apparentementesecondario del nostro sodalizio, e certamente della sua at-tività scientifica, come la partecipazione sua e di alcunimembri del suo gruppo alle «Settimane sullo sviluppo lo-cale» di Artimino. Ho scelto questa via di accesso alla ri-evocazione di un caro amico, perché mi permette di pre-sentare un Sergio Vaccà in carne e ossa, in ambiente se-minariale, dove la sua natura di provocatore intellettualeaveva il miglior modo di esprimersi.

2. Sergio Vaccà ha partecipato a diverse Settimane diArtimino, spesso accompagnato da allievi, fra cui ricordo,in particolare, Enzo Rullani – frequentatore assiduo, permolti anni – e Gianni Cozzi e da amici e collaboratori co-

55

TRANSNAZIONALI E DISTRETTIGiacomo Becattini Sergio Vaccà, alla scoperta dei fattori comuni

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 55

Page 49: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

me Riccardo Varaldo e Francesco Silva, oltre che, talvol-ta, dalla moglie, la signora Ancilla. Non ho difficoltà a riconoscere che senza questo gru p p o– come altri, d’altronde (i modenesi di Brusco, i torinesi diBagnasco, i napoletani di Meldolesi e della Bàculo, i par-migiani di Seravalli, il clan dei sociologi, la pattuglia deglieconomisti agrari, gli amici stranieri, il nucleo degli a f i c i o -n a d o s ecc.) – Artimino sarebbe stato una cosa diversa.In tutti i circoli di discussione, come sostanzialmente eral’Artimino di cui parlo, ci sono presenze che pesano e al-tre, magari anche socialmente o accademicamente piùimportanti, che fanno solo numero. Ebbene, la presenzadi Sergio ad Artimino ‘si avvertiva’, forse un po’ meno diquella di Brusco1, che apparteneva al ristretto gruppo deifondatori, ma sempre in modo netto. E ciò, anche perchéSergio non rifiutava mai le sfide che gli provenivano agetto continuo dai relatori e dalla platea, senza alcun ti-more di trovarsi in minoranza nell’aula. Fu anche perquesta evidente ‘presa’ sull’uditorio, che il Comitato or-ganizzatore lo invitò a tenere la lezione introduttiva allaquarta edizione di Artimino (1994).

3. Ho conosciuto Vaccà relativamente tardi e quindi nonso molto del Vaccà, ante-anni Ottanta. Quello che possodire è che ricordo il Vaccà a cavallo del 1990, cioè nel pe-riodo che precede la Lezione 1994, come straordinaria-mente attivo e creativo. La sua rivista, «Economia e poli-tica industriale» – che ben rifletteva il suo carattere – nonaveva certo il tono compassato dell’Accademia; al contra-rio era un ribollire d’idee, di confronti, di discussioni. Inessa gli spunti teorici di un Napoleoni, di un Lunghini, odi un Salvati, s’intrecciavano con le riflessioni sull’espe-rienza Fiat di un Cesare Romiti.

56

1 Cfr. G.Becattini, 2004.5. Il contributo di Sebastiano Brusco alla Liberascuola di Artimino, Stato e Mercato, n.70, aprile, pp. 121-142.

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 56

Page 50: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

Era il periodo in cui impazzava la «qualità totale», allagiapponese. E Vaccà, per uscire dal circolo spesso steriledelle diatribe astratte, cosa ti architetta? Sparigliando lecarte ai professori, chiama in causa, appunto, Romiti2. Siscopre così, nelle parole del supermanager, che anche unagrande impresa come la Fiat, ha tanti problemi di radica-mento sociale quanti sono i suoi maggiori stabilimenti;problemi non molto diversi da quelli rilevati e discussidai distrettualisti e riconosciuti da Vaccà.È qui, io credo, che si radicano gli sviluppi teorici di cuiandiamo a occuparci3.L’idea base, comunque, mi pare la seguente: anche le gran-di imprese transnazionali, come le piccole imprese del di-s t retto, debbono fare i conti con le società concrete in cuioperano. Come ripete, anche ad Artimino: «L’ i m p resa nonpuò essere concepita come una realtà a sé stante ed econo-micamente autosuff i c i e n t e , ma come un centro di decisio-ne e di organizzazione di rapporti interagente con l’am-biente esterno»4. Interazione dell’economico col socio-culturale, su di una base di determinatezza storica, que-sto è, dunque, il concetto chiave.Questa impostazione non è indolore per la tradizioneeconomico-industriale, poiché sposta, in parte, le fontidella produttività e della redditività dell’impresa privata,dai tradizionali fattori economici «appropriabili» e alie-nabili, capitale e progresso tecnico, a fattori squisitamen-te sociali come la cultura produttiva, la coesione socialedei luoghi et similia, eminentemente inalienabili e pocotrasferibili nello spazio.

57

2 Cfr. S. Vaccà (1990) Introduzione al dibattito sulla qualità totale, in«Economia e politica industriale», 1990, n.67.3 Questa è, ripeto, la mia impressione, ma sono disposto a considerare al-tre genealogie, specialmente da parte di chi era più vicino di me a Sergio.4 Cfr. S. Vaccà, Sviluppo locale e mercato globale: tra passato e futuro, inG.Becattini e F. Sforzi, curatori, Lezioni sullo sviluppo locale, Torino,Rosenberg & Sellier,2002, rist. 2005, pp.111.

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 57

Page 51: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

L’operazione logica è chiarissima: per fare il suo «interes-se a medio-lunga scadenza» – questo è il punto – la trans-nazionale deve coltivare il contesto socioculturale diognuna delle sue unità produttive, non meno di, anche sediversamente da, quanto accade nel distretto. Da ciò la proposta di un ribaltamento della lettura dellatransnazionale: non più nucleo di capitale che si stanziain un luogo, per sfruttarne le risorse umane e naturali, perpoi, quando cessi la convenienza, bruscamente gettarlocome una scarpa vecchia, ma entità produttiva che, perfare il proprio ‘vero’ interesse, deve prima fecondare epoi coltivare i luoghi in cui intende operare. Una forma di astuzia della ragione, insomma, che trarre b-be il bene, ovvero lo sviluppo economico e l’incivilimentodei luoghi, dal male, ovvero dalla ricerca dell’arr i c c h i-mento in sé e per sé. Questa è, per me, l’‘affascinante’ ope-razione logica compiuta dal Vaccà di quegli anni. Arm a t odi queste convinzioni e, diciamolo pure, emozioni, Va c c àpiomba, nel settembre 1994, sul popolo di Art i m i n o .

4. Popolo di Artimino che, occorre dire, nei primi tre an-ni aveva maturato un atteggiamento di grande disponi-bilità verso le proposte innovative5. Ad esempio la teoriadel distretto industriale, cuore pulsante dei dibattiti art i-minesi, era venuta crescendo in un continuo confro n t odi efficienza economica e coesione sociale con la grandei m p resa. Confronto che non aveva certo respinto le alci-nesche grazie della teoria autopoietica di Maturana eVa rela, allora di moda.Ma il nocciolo duro dell’argomentazione era, natural-mente, di carattere economico. La costruzione dellanascente teoria socioeconomica del distretto industrial e

58

5 Per un ampio resoconto critico della prima Settimana di Artimino si ve-da: F. Favia, Possibilità e limiti dello sviluppo locale. Una nota troppo lungae semiseria sui distretti industriali marshalliani, in «La Questione Agraria»,n.45, 1992.

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 58

Page 52: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

passava, infatti, per la dimostrazione che vi erano dei pro-cessi produttivi (meccanici, tessili, della concia, dei gioiel-li ecc.) in cui la «forma distretto» poteva essere più effi-ciente, tutto sommato, della «forma grande impresa». L’ostacolo, apparentemente insuperabile, che si parava dif ronte ai distrettualisti era il principio di asimmetria diSteindl, secondo cui la grande impresa può fare tutto ciòche fa la piccola impresa, ma non viceversa6. Aff e rm a z i o n equesta, che, calata ormai nel senso comune della gente,era part i c o l a rmente difficile da sradicare7. In effetti, restando dentro le premesse economiche abi-tuali, e senza specificare il tipo di prodotto, non si an-dava oltre la dimostrazione di una, teoricamente possi-bile, ma praticamente inattingibile, uguaglianza di eff i-cienza di un distretto perfettamente organizzato e inbuon assetto di marcia, con una grande impresa che pro-ducesse le stesse merc i8.

5. La strada imboccata dai distrettualisti, anche adArtimino, per aggirare l’ostacolo, passava per i già ricor-dati fattori socioculturali d’incremento della produttivitàe dell’innovatività. E ciò faceva storcere la bocca agli eco-nomisti aziendali e industriali duri e puri, perché com-portava l’introduzione di concetti fuzzy e soft, come l’at-

59

6 Segnalo che proprio nella collana Economia e tecnologia, uscì la primatraduzione italiana, a mia cura, del famoso libricino di J. Steindl del 1945,Small and Big Business. Pochi, temo, avranno notato che il cap.3 è in unaversione diversa dall’originale inglese. Versione fornitaci dall’autore ap-positamente per questa edizione italiana.7 E infatti è ancora viva e vegeta nelle geremiadi sul nanismo dell’indu-stria italiana. Per la mia risposta, rinvio al volume: G. Becattini, Il cala -brone Italia, Bologna, Il Mulino, 2007.8 Cfr. P. Tani, La decomponibilità del processo produttivo, in G. Becattini(a cura di), Mercato e forze locali. Il distretto industriale, Bologna, IlMulino, 1987 e P. Tani, Scomponibilità dei processi produttivi e sistemid’imprese, in N. Bellanca, M. Dardi, T. Raffaelli (a cura di), Economiasenza gabbie, Bologna, Il Mulino, 2004.

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 59

Page 53: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

mosfera industriale, le economie esterne, la coesione so-ciale e così via ‘sociologizzando’9.Su quelle basi, pensavano quegli studiosi, Artimino avre b-be potuto divenire il paradiso dei sociologi, come in part e– per fortuna, aggiungo io – è poi effettivamente stato. Frai maggiori protagonisti di tanti dibattiti artiminesi tro v i a-mo, infatti, sociologi del calibro di Arnaldo Bagnasco,Vittorio Capecchi, Paolo Giovannini, Carlo Trigilia, e nu-m e rosi altri. Sergio Vaccà e i suoi allievi, va detto, non avevano pre-giudizi, né nei confronti dei fattori di produttività di ori-gine socioculturale, né nei confronti dei concetti sfumati,o «dialettici», nel linguaggio di Georgescu Roegen1 0, ca-paci di galleggiare nel fiume del cambiamento. Sotto que-sto profilo, quindi, Vaccà concordava pienamente con lalinea di analisi che si stava sviluppando, anche col suocontributo, nei dibattiti artiminesi.

6. Ma c’era un punto di possibile incontro - s c o n t ro dei duep e rcorsi analitici – quello artiminese che ‘cercava’ le cate-gorie adatte a fare dello sviluppo locale un tema d’indagi-ne «serio» e quello bocconiano delle riflessioni «spre g i u-dicate» sulla logica economica della grande impresa –: ilruolo dell’innovazione. Qui non era sicuro che l’ambiented i s t rettuale da solo avrebbe prodotto i migliori risultati.

60

9 Come ha confessato pubblicamente un altro dei frequentatori diA rtimino, Luigi Federico Signorini, egli dette avvìo alla econometria deid i s t retti («Sviluppo locale», n.1, 1994), anche perché non lo appagava-no del tutto le argomentazioni qualitative dei distrettualisti. Ora la si-tuazione è cambiata, messo in soffitta l’equilibrio economico generale, leultime generazioni di economisti, non temono di cimentare i loro stru-menti su temi ai confini della disciplina. Cfr. L. Guiso, P. Sapienza,L. Zingales, Does culture affect economic outcomes?, in «Journal ofEconomic Perspectives,» n. 20, 2006.10 Cfr. N. Georgescu Roegen, Analitical Economics. Issues and Problems,Cambridge Mass. Harvard University Press, 1966.

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 60

Page 54: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

Vaccà, che l’anno prima aveva organizzato in Bocconidue Giornate di studio sulla realtà industriale contempora -nea1 1 era pervenuto alla conclusione che uno dei passaggicruciali del discorso da fare, nella fase della globalizza-zione, era proprio la mutata natura e l’enormemente ac-cresciuta importanza del capitale umano.La costruzione sociale del capitale umano, individuale edi area, era, già nella realtà, ma ancor più in prospettiva,il nuovo motore del progresso produttivo. Un motore cheavrebbe spostato, prima o poi, anche gli equilibri di po-tere dal capitale al lavoro qualificato, specializzato e crea-tivo, mutando così profondamente, anche se in modo, di-ciamo obliquo, i termini del conflitto sociale. Ora, tale interpretazione non valeva solo per l’ambientef e rvidamente attivistico del distretto industriale, come giàmolte ricerche sul campo avevano mostrato, ma anche epiù per i laboratori della grande industria e dell’Università,dove il capitale umano veniva ufficialmente riconosciuto ep remiato. Il problema degli economisti dello sviluppo di-ventava, quindi: come fare interagire questi due tipi di pro-cessi onde accelerare la crescita dell’economia?Se si restava alla tradizionale diffidenza degli ambienti dipiccola impresa nei confronti delle incursioni del big bu -siness, le forze del cambiamento e del progresso, restan-do divise, non avrebbero prodotto la massima possibilecrescita. Da ciò una ridefinizione della transnazionale delf u t u ro – peraltro già intravedibile, a suo avviso, nei fatti1 2 –

61

11 Cfr.. il n. 80 del 1993 di «Economia e politica industriale». 12 R i c o rdo molte telefonate in cui mi spiegava che i manager dei grandig ruppi erano abbastanza liberi di perseguire politiche ad alto, o basso, con-tenuto sociale, in un quadro, beninteso, che puntasse alla redditività a lun-go termine. Che, essendo una cosa che non arriva mai, non vincola molto.Questo mi diceva Sergio nei nostri colloqui telefonici di quel periodo; re-stando io, lo confesso, dell’opinione che nei discorsi dei suoi manager cifosse molta retorica, si direbbe oggi, dell’«impresa etica». Solo in rari casi,pensavo, poteva corr i s p o n d e rvi (es. Olivetti) qualcosa di effettivo.

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 61

Page 55: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

come strumento principe di quella riunificazione sinerg i c adei due processi innovativi. Riunificazione che si sare b b erealizzata – qui stava il punto – con l’ingresso re s p o n s a b i l ee galvanizzante delle transnazionali nei distretti industrialio, più in generale, nei sistemi locali di piccola impresa. Latransnazionale di Vaccà era, diciamo, l’anello mancantenella catena del pro g resso socioeconomico.

7. Come sanno gli amici di «Economia e politica indu-striale» io, pur conservando qualche riserva sulla solu-zione di Sergio Vaccà, ho sempre apprezzato molto que-sta straordinaria perf o rmance intellettuale, che ponevain relazione sinergica processi che la teoria dominantevedeva – quando li vedeva – come antagonistici. Ma diquesto ho già scritto proprio su questa rivista1 3 e non mivoglio ripetere1 4. Voglio invece commentare brevemente l’effetto di quel-le idee sui dibattiti artiminesi. Va detto anzitutto che, ap a rte qualche eccezione, il clima culturale di Art i m i n o ,anche se non concedeva niente al «piccolo è bello», allaS c h u m a c h e r, non era – in maggioranza, stimo io – bendisposto verso la grande impresa, specialmente se trans-nazionale. Senza negare che l’ingresso di essa nel distret-to avrebbe potuto portarvi tecniche produttive e visioniorganizzative altrimenti inattingibili ( B rusco, ad esem-pio, insisteva molto su questo aspetto), essa veniva per-cepita, perlopiù, come il diff u s o re di una concezionedella vita e delle relazioni industriali, incompatibile conlo stile di vita del distretto. Quindi distruttiva delles t ru t t u re profonde del medesimo.

62

13 Le «transnazionali illuminate» di Sergio Vaccà, in «Economia e politicaindustriale», 1997.14 Una tappa ulteriore del nostro colloquio su questi temi è consegnata almio Sistemi locali, trans-locali e trans-nazionali, Facoltà di Economiadell’Università di Urbino, 2003.

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 62

Page 56: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

8. Vediamo ora, brevemente, l’accoglienza immediatadella Lezione di Vaccà ad Artimino e la sua influenza suldibattito successivo. Sulla prima esibirei due testi inediti,ma noti ai partecipanti, che probabilmente li ricordano, ilmio intervento riepilogativo e conclusivo ad Artimino1994, e la reazione degli aficionados.Dissi, a conclusione della Settimana di discussioni:

63

Il prof. Vaccà ci ha presentato un quadro molto suggestivo del-l’evoluzione possibile delle imprese transnazionali. Queste av-vertono sempre più l’esigenza di decentrare le decisioni e di ra-dicarsi territorialmente nei luoghi dove agiscono. Da ciò eglitrae la conclusione che il vincolo costrittivo della massimizza-zione dei profitti si sta allentando, nel senso che ogni multina-zionale si sta trasformando in una rete di imprese semi-indi-pendenti ognuna delle quali colloquia semi-liberamente con isuoi interlocutori locali (sub-fornitori, distributori, lavoratori)e con la società locale che sta loro dietro. È al tramonto l’epo-ca dell’invasione prepotente dei luoghi ed è anche al tramontola stagione della rigida massimizzazione dei profitti. Questo di-cono i manager di alcune multinazionali di punta. Se questofosse vero, allora la multinazionale che sbarca in un distretto sa-rebbe da vedere non come un fattore di scompaginamento e diasservimento ad interessi estranei, ma come un canale aggiunti-vo di conoscenza e di finanziamenti.In sostanza le multinazionali avrebbero capito che, a lungo an-dare, la politica che dà più frutti è quella che tratta gli uominicome uomini e non come scimmie ammaestrate. La tesi è sug-gestiva ed ha certamente un fondo di verità, ma temo che si col-lochi su tempi molto, troppo, lunghi. Certo, una volta che ci sisia convinti che questo è l’unico sbocco plausibile della trap-pola capitalistica in cui ci siamo cacciati, si può tentare di dise-gnare una legislazione che tenti di canalizzare le multinazionaliverso questo esito. Il problema è che tale legislazione dovrebbecollocarsi a livello mondiale e disporre, sempre a livello mon-diale, dei mezzi di implementazione.

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 63

Page 57: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

Si coglie bene, io credo, sia l’ammirazione per la perfor-mance intellettuale, che rimescola le carte di una teoriaforse ammuffita, e una certa preoccupazione – che bloc-ca l’«entusiasmo intellettuale» – di cadere nella trappoladell’apologia della grande impresa.

9. Articolata e interessante la reazione del nucleo degliaficionados di Artimino, un gruppo di allievi della primaora, alcuni dei quali, successivamente, hanno svolto ilruolo di relatori. Il loro commento assume la forma di pa-rodia di un inno famoso:

La transnazionale di VaccàBocconi avanti col distrettonoi siamo degli impannatoriil locale ormai ci va un po’ strettouna rete c’è nata in cuor.

Ci troviamo in una brutta chinaqueste tigri ci fan penarma i bisogni che ci sono in Cinaforse possiamo soddisfar.

Su lottiamo nel globalenostra amica saràla transnazionale di Vaccàfutura umanità.

Se andiamo oltre la forma scherzosamente ironica, notia-mo che la reazione di questi giovani è tutt’altro che bana-le. Ci sono, chiarissimi, tre elementi: • un certo senso diangustia per la tematica distrettuale, talvolta ai confini del«localismo», degli anni precedenti; • la percezione dei pe-ricoli e delle opportunità della globalizzazione; • l’acco-glienza perplessa, ma non negativa, della lezione di Va c c à .Non voglio dire con ciò, sia chiaro, che Vaccà convertì

64

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 64

Page 58: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

tutti, d’un botto, alle sue tesi, ma solo che Vaccà, con lasua lezione e con molti interventi estemporanei, quell’an-no e negli anni successivi, ci costrinse a porci dei proble-mi che, altrimenti sarebbero rimasti, forse, al di là del no-stro orizzonte mentale.

10. Queste furono le reazioni a caldo alla – da tutti ap-prezzata, peraltro – lezione di Vaccà. Mi porrò ora, bre-vemente, riservandomi di tornarci se ne nasce un dibatti-to, il problema di spiegare le radici di una mia resistenza– Gianni Cozzi ed Enzo Rullani ne sanno qualcosa – adalcune tesi di Vaccà. D i s t i n g u e rei fra due aspetti, l’estensione al comport a-mento razionale delle transnazionali del concetto di «in-t e rdipendenza localizzata» dell’economico e del socio-culturale. Qui, ovviamente, sono d’accordo con Vaccà eanzi ammiro molto la prontezza con cui estende a uncampo d’indagine, apparentemente lontano, l’arg o m e n-tazione distrettualistica. E noto, incidentalmente, che lasua supposizione sembra essersi trasformata in realtà inmolti casi1 5. Il pericolo ch’io vedo nella tesi di Vaccà è di una speciedi assoluzione a tappeto dei peccati del comportamentooligopolistico. Al posto della convenienza del macellaiodi Smith a fornirci la bistecca migliore, abbiamo qui laconvenienza, a lungo termine, della transnazionale a uti-lizzare al meglio le risorse socioculturali dei diversi ag-glomerati umani. Ne risulta una sorta di estensione allagrande impresa, con riferimento agli agglomerati umanianziché agli individui, di un meccanismo di «mano invi-sibile» che assolverebbe l’oligopolio da tutti i peccati at-tribuitigli da una parte importante della teoria economi-ca. E questo non mi convince.

65

15 Questo mi dice Stefano Menghinello, che ha affrontato il problema inuna tesi di dottorato discussa all’Università di Birmingham.

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 65

Page 59: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

11. Non mi convince per almeno due ragioni. Anzituttoperché lo spostamento del baricentro aziendale verso leoperazioni finanziarie, che accompagna, di norma, l’au-mento dimensionale, cambia – in una visione non forma-listica – i termini del problema aziendale. L’impresa, qui,può guadagnare di più operando in borsa, o nei corridoidel potere pubblico, che producendo merci che soddisfa-no i bisogni dei consumatori. Se ricordo bene, Vaccà erasensibile a questo argomento.Ma soprattutto ciò che non mi convince delle tesi diVaccà sulle transnazionali «organicamente illuminate» èla sua trascuranza dei nessi con la politica. In un paese ca-pitalisticamente sviluppato «il potere» assume due for-me: il business e la politica. Le due forme si bilancereb-bero, se la popolazione maturasse la competenza e l’inte-resse per la cosa pubblica in modo da mandare al poterechi la tutela. Ma se questa competenza e questo interesse,per qualsiasi ragione, non si formano o, formatisi, si de-teriorano o degenerano, il potere del business prende ilsopravvento e il capitale finanziario, di cui le transnazio-nali son parte integrante, finisce col governare per inter-posta persona il Paese. Cheney docet.Ora questo, temo, accadrà comunque, ma io non intendodargli la benedizione. E neppure Sergio, mi piace pensa-re, l’avrebbe data, se avessimo potuto discutere a fondo,di persona, all’ombra di un fico – come vagheggiavamo altelefono – questi temi.

12. La domanda che mi pongo è: quali effetti ebbe quella pro-posta di nuovo inquadramento dei fenomeni industriali, nel-l’ambito di una discussione orientata allo sviluppo locale? Perr i s p o n d e re appropriatamente dovrei riascoltarmi le re g i s t r a-zioni degli Artimini post 1994, ciò che non ho fatto e temo chenon farò. Andrò a memoria, quindi, tenendo conto delle le-zioni introduttive e dei pochi appunti che ho conservato. Una prima considerazione: il discorso di Vaccà si pre-

66

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 66

Page 60: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

sentava con l’apparato tecnico e linguistico dell’econo-mia industriale, ma andava ben oltre. C’era in esso – co-me sopra accennato – la domanda di una nuova polito-logia che, oltrepassando la frusta diatriba Stato-merc a t o ,ridefinisse la democrazia in un ambiente dominato daimastodonti dell’economia. In secondo luogo possiamo dire che c’erano in esso – com-binate chimicamente, diciamo – un’esigenza scientifica dia p p rofondimento oltre ogni tabù teorico e una fiducia, oquantomeno una speranza, di una migliore, più ricca, piùintelligente, «futura umanità». Miscela assai delicata, que-sta, che può sboccare sia in sfondamenti del fronte dellaconoscenza acquisita, che in avventure utopistiche, sfru t t a-bili – perché no? – da chi ha il potere. Ma che cert a m e n t ei n c a rnava alla perfezione lo spirito di Artimino. Una terza considerazione: Vaccà ci convinse che lo svilup-po locale avrebbe comunque dovuto fare i conti, fino infondo, con la globalizzazione e con quelle sue mostru o s e -a ffascinanti cre a t u re, che sono le imprese transnazionali.C h i a ro essendo, ormai, che gli antitrust, che curano gli ef-fetti anziché le cause, sono barr i e re insufficienti al dilagaredelle forme oligopolistiche e alle relative ‘comunelle’.

13. Poi il processo còlto da Vaccà è andato così avanti chenon ci dobbiamo più preoccupare solo delle transnazio-nali che cercano i favori dei governi, ma al contrario, deigoverni che cercano i favori – e non solo finanziari! – del-le transnazionali. L’apparato parlamentare, i riti elettora-li e la stampa (semi)libera, in breve la democrazia come laconosciamo noi, si avvia, temo, a diventare un attrito – darimuovere, se del caso – alla gestione efficiente, dal pun-to di vista delle transnazionali, dell’intero globo1 6.

67

16 Già nel 1986, mi ero permesso di esporre, in forma volutamente para-dossale, questa tesi. Cfr. G. Becattini, Il capitalismo al di là dello specchio,in «Economia e politica industriale», n.51.

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 67

Page 61: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

Ma se è così, conviene aff ro n t a re il problema alla radice: po-nendo, in tutte le sedi, scientifiche e politiche, le transnazio-nali – espressione limpida e riassuntiva della globalizzazio-ne – di fronte alle loro responsabilità, appunto, globali. E non solo di fronte alle tematiche ambientali, come non èfacile, ma ancora possibile fare, ma anche di fronte allo «sti-le di vita» dei luoghi in cui vive l’umanità. Stile di vita, si no-ti, sempre storicamente determinato, quindi vario nello spa-zio e variabile nel tempo, che governa il «benessere perc e-pito» dei diversi luoghi, la cui massimizzazione è, penso, ilfine di tutto il nostro arrabattarsi. La demolizione delle di-versità socioculturali distrugge, infatti: • i semi della cre a t i-vità naturale dell’umanità; • parte del benessere che conse-gue da una maggior disponibilità di beni. Come sta dimo-strando irrefutabilmente la «economia della felicità»1 7. Personalmente sarei per concludere che noi possiamo pre-c o n i z z a re una libertà di movimento degli investimenti re a-li (non di quelli finanziari!) solo nella misura in cui le trans-nazionali che li effettuano, si dimostrino «illuminate» nelsenso veduto sopra. Solo pensare che lo possano essere, perl o ro natura – come, mi pare, finiva col pre s u p p o rre Va c c à– è un segno di ottimismo sugli sviluppi dell’economia dim e rcato, che, purt roppo, non riesco a condividere. È comunque una tematica affascinante, quella che segued a l l ’ a p p roccio di Vaccà, che ha trovato sviluppi intere s-santi nella letteratura specializzata1 8, utilissima, credo, perla seconda serie degli incontri di Artimino sullo sviluppolocale nel quadro della globalizzazione, cominciata nel2006. Grazie, carissimo Sergio, il tuo pensiero lieviterà. !

68

1 7 Di una letteratura già ampia cito solo: R. Layard, Felicità. La nuovascienza del benessere comune, Milano, Rizzoli, 2005; L. Bruni e P. L. Port a ,Economics and Happiness. Framing the Analysis, Oxford, OxfordUniversity Press, 2005; B. S. Fre y, A. Stutzer, Economia e felicità, Milano,Il Sole 24 Ore, 2006;18 Cfr. S. Menghinello, Local industrial systems, multinational enterprisesand regional growth in Italy, Univ. of Birmingham, 2006, che mi augurotrovi un editore.

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 68

Page 62: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

F O N D A B I L I T À D E L L ’ E T I C AG I U S E P P E C A N T I L L O Salvezza dell’individuo nella comunità

S I LV I A C E R V I A Strumenti vs strategie: limiti e prospettive del part-time

S I M O N E G A B B R I E L L I N I Il mercato delle flessibilità: il caso italiano

G E R A R D O PA S T O R E Progettare il futuro tra formazione e flessibilità

aL E T T E R ATURA, ARTE, SCIENZE UMANE

u

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 69

Page 63: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

Hannah Arendt, concludendo le lezioni raccolte in A l c u n equestioni di filosofia morale denuncia con forte pre o c c u p a-zione l’atteggiamento di indiff e renza morale che apparedominante nel nostro tempo considerandolo «il pericolom a g g i o re che possiamo corre re», e vede «nella mancanzadi volontà e nella incapacità di scegliere i propri esempi»di moralità, i propri modelli nella decisione sul bene e ilmale, o anche «nella mancanza di volontà o nella incapaci-tà di relazionarsi agli altri tramite il giudizio … le vere pie-t re di inciampo che gli uomini non possono rimuovere», iposti dove «si nasconde l’orro re e al tempo stesso la bana-lità del male» (Einaudi, Torino 2006, pp.111-112). Le pe-netranti osservazioni della Arendt esprimono in modoe s e m p l a re la difficile situazione spirituale del Novecento ein part i c o l a re dell’etica. A questo riguardo, Pietro Piovani,in apertura alla voce E t i c a da lui redatta nel 1977 perl ’Enciclopedia del Novecento, osservava che «il Novecentoè, caratteristicamente, tempo di negazioni, pro b l e m a t i z z a-zioni, ripensamenti, rinnegamenti» e in part i c o l a re l’eticaa p p a re pervasa da questa «atmosfera» di estrema «pro b l e-maticità» e «irrequietudine» e caratterizzata essenzialmen-te dalla pluralità e diversità dei sistemi di norme e valori edalla convinzione della loro relatività.

71

FONDABILITÀ DELL’ E T I C AGiuseppe Cantillo Salvezza dell’individuo

nella comunità*

* In collaborazione con la rivista on line «In Schibboleth», diretta da ElioMatassi, Ivana Bartoletti, Carmelo Meazza.

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 71

Page 64: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

Questa situazione è certamente connessa con le radicistesse della modernità, ma è divenuta sempre più netta epreoccupante nel corso del secolo appena declinato, at-traverso le catastrofi storiche e culturali, che l’hanno pro-fondamente segnato. È accaduto che il progetto modernodi liberare l’uomo in tutti i campi dai vincoli dalle autori-tà esteriori e di promuovere il cambiamento della societàin vista della piena realizzazione delle potenzialità e dellalibertà di ogni uomo è andato incontro a esiti drammati-camente contraddittori. E nell’età del dominio della tecni -c a e della folla solitaria il male radicale – come suggerisceHannah Arendt in una lettera a Jaspers del 1951 – nonconsiste più tanto nell’egoismo e nel ridurre l’uomo a sem-plice mezzo, quanto nel ritenere che l’uomo sia «assoluta-mente superfluo». Il che si conferma minaccia tanto piùincombente in questi nostri anni inquieti e incerti di iniziodel nuovo millennio, tragicamente segnati dal terro r i s m oe dal ritornato fondamentalismo che lo sostiene, dalleg u e rre imperialistiche ammantate di ipocrite giustificazio-ni, dall’incontrastato dominio dell’economico, per cui si ènon solo accentuata, ma per molti versi trasfigurata quel-la situazione di crisi di valori, di ideali, di modelli etici checaratterizzava già la fine del Novecento. Con l’espandersidella globalizzazione e il pervasivo installarsi delle tecno-logie in tutte le pieghe della nostra esistenza, declinando-ne nuovi modi, nuovi stili di vita, tendenzialmente omo-genei e ripetitivi, delineandone nuove possibilità fino allesoglie del post-umano, la crisi si è spinta sempre più in-nanzi lasciando intravedere perfino una vera e propria f i -nis ethicae (e finis politicae). Ci si è inoltrati profondamente nell’epoca del nichilismo odello scetticismo, seguendo la suggestiva oscillazione se-mantica di Weischedel – un’epoca in cui sembra assestarsidefinitivamente la rinuncia a ogni prospettiva di etica uni-versale. Come ha ricordato Apel, da più parti si ascoltano«voci [che] invitano ad attenersi ciascuno alle consuetudini

72

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 72

Page 65: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

della propria morale tradizionale». Senonché proprio leconseguenze dello sviluppo tecnologico ed economico, conla loro portata planetaria, rendono indispensabile, come lostesso Apel aff e rma, «una ‘bussola’ etica per l’intera umani-tà» (Il concetto della corresponsabilità primordiale quale pre -supposto di una macroetica planetaria, in AA.VV. Filosofi te -deschi a confro n t o, a cura di M. Mori, Il Mulino, Bologna2003, p. 42). E in effetti la situazione è ambivalente: da unlato, di fronte alle tante ingiustizie del mondo che abbatto-no interi popoli si fa sempre più forte il bisogno di univer-salismo etico-giuridico; dall’altro, com’è stato felicementeo s s e rvato, la tendenza all’«‘apatia’ politica e intellettuale»,«al ripiegamento in un privato edonistico e consumistico»,al diffondersi di «forme di impegno sociale micro l o g i c o ,orientato all’immediatezza dei bisogni concreti, privo dellacapacità (e spesso anche dell’interesse) di articolarsi in pro-spettive di giudizio critico, secondo categorie progettuali dip o rtata complessiva», dal momento che «la crisi delle ideo-logie è sfociata in un malessere diffuso nei confronti dellaragione, in una sfiducia nella sua capacità sistematica dic o m p re n d e re la storia e di incidere» (T. Bart o l o m e iVasconcelos - M. Calloni, P re f a z i o n e a Etiche in dialogo.Tesi sulla razionalità pratica, Marietti, Genova 1990, p.7). Di fronte a questa crisi radicale della moralità, che mettein questione i valori universali della vita e della dignitàdell’uomo, il pensiero morale non può limitarsi a rispec-chiarla, ma deve riproporre la questione di una fondazio-ne razionale dell’etica, del riconoscimento di una norma,di una misura universale dell’azione. In mancanza di es-sa, infatti, l’azione resta consegnata esclusivamente allapuntualità e all’immediatezza di una decisione e di un ge-sto assoluti, e perciò assolutamente prevaricatori, prividella necessaria dimensione universale e inter-soggettiva. Se la libertà è la condizione della morale, la sua forma, es-sa non è ancora il contenuto morale, che la ragione ponedinanzi alla volontà, al libero arbitrio. È necessario un

73

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 73

Page 66: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

giudizio riferito all’oggetto del nostro volere e agire. Ènecessario un criterio di questo giudizio pratico: quindil’esercizio della ragione pratica, teoretico-morale, che è lafonte di questo criterio, della legge morale, che consistenel riconoscimento del grado di essere degli enti, della lo-ro partecipazione al bene. Nasce di qui l’esigenza di una fenomenologia dell'etica:una descrizione dell’esperienza morale che ha di miral’essenza, la natura umana, dove per natura umana si puòintendere soltanto una struttura a-priori della coscienzacome condizione di possibilità dell’esperienza umana; equesta struttura a-priori è il carattere di senso e di valoreche ha l’atto di vita umano, la sua originaria ‘sensatezza’,la sua originaria ‘aspirazione al valore’, senza di cui nonvi sarebbe quel ‘modo di essere’ che è proprio dell’uomoe che si oggettiva nel mondo storico-culturale. Questa n a -t u r a dell’uomo, questa trascendentale struttura fondativadella sua stessa storicità, è ciò che affiora intuitivamentenella ‘coscienza metafisica’ e nella ‘coscienza religiosa’, la-sciando intravedere una ‘eccedenza’ del trascendentale sul-la storia, che dev’essere presupposta se si vuol compre n d e-re la possibilità stessa della storia e ancor di più se si vuoles p e r a re nella sua continuità. Siamo così condotti alla ri-cerca del fondamento dell’umano, alla genealogia dell’u -mano in un fatto originario che si rivela costituire il fon-damento nascosto del soggetto, la comunità, rispetto acui, distaccandosi, si afferma l’esistenza del singolo sog-getto, la sua personalità individuale (cfr. Aldo Masullo, Ilsenso del fondamento, nuova ed., Editoriale Scientifica,Napoli 2007). Al tempo stesso il fondamento nascosto sipone come dovere e come telos, come termine ideale del-l’agire dell’individuo, la cui dignità di uomo si affermaproprio nella decisione di spezzare l’egoismo ponendosia servizio dell’altro, della comunità. La genealogia si fa al-lora etica della dignità della persona e della comunicazio-ne. Quanto più il soggetto si afferma nel proprio infinito

74

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 74

Page 67: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

valore personale, rifiutando di perdersi nell’indistinzionedella massa, tanto più si scopre fondato su una originariacomunità e chiamato ad agire in vista della comunità.Salvezza dell’individuo e ideale della comunità segnano itermini di una tensione dialettica costitutiva dell’esisten-za autenticamente umana nella cui salvaguardia si svelaconsistere il contenuto del dovere morale. Un’etica fon-data sul fondamento nascosto della comunità riapre lapossibilità di progettare significati e valori che non per-dano di vista l’autonomia e il valore infinito dell’esserciproprio di ogni soggetto, di ogni esistente, al fine di isti-tuire una società di soggetti liberi e rispettosi della libertàdi tutti, riconosciuti come altri soggetti, cioè riconosciuti– per riprendere l’espressione del Frammento sull’Amoredel giovane Hegel – come «uguali in potenza», come «vi-venti l’uno per l’altro nel modo più completo». !

75

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 75

Page 68: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

Progetto di ricerca di interesse nazionale cofinanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca scientifica

e dalle Università di Pisa, Lecce e Palermo

I L L AV O R O N E L L E C O N D I Z I O N I O D I E R N E I N I TA L I A .F L E S S I B I L I T À / P R E C A R I E T À

C O O R D I N AT O R E : M A R I O A L D O T O S C A N O

a

u

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 77

Page 69: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

P a rt-time e strategie dell’Unione europea per l’occupazioneUno degli elementi più significativi del mercato del lavoroe u ropeo nelle ultime due decadi è rappresentato dalla cre-scita del tasso di occupazione part - t i m e1. Tale forma diflessibilizzazione dell’orario, e più precisamente del tem-po di lavoro, riveste una rilevanza peculiare tra le forme dil a v o ro flessibile non solo perché risulta la più significativasia in termini numerici2 sia in termini di trasversalità (glioccupati part-time hanno infatti maggiori probabilità dic u m u l a re altre forme di flessibilizzazione contrattuale, ri-spetto ai lavoratori full-time3), ma anche e soprattutto per-ché le analisi condotte dagli organismi dell’Unione attri-buiscono a essa il merito di aver contribuito a circa il 20-30% della crescita di occupazione registrata a part i re daiprimi anni Ottanta (European Commission, 2004). Il tem-po parziale viene individuato come la tipologia contrat-

79

Silvia Cervia Strumenti vs strategie: limiti e prospettive del part-time

1 Lavoratore part-timer: definito come «il lavoratore il cui orario di lavo -ro normale, calcolato su base settimanale o in media su un periodo di im -piego che può andare fino ad un anno, è inferiore a quello di un lavoratorea tempo pieno comparabile», (clausola 3); Direttiva 97/81/CE delConsiglio del 15 dicembre 1997.2 A livello europeo questo contratto è applicato a un lavoratore su quat-tro, con trend in crescita: l’incremento del tasso di lavoratori part-time èinfatti più evidente rispetto a quello dei lavoratori full-time.3 Il 16% delle donne part-timer e il 21% degli uomini hanno un contrattoa tempo determinato o un lavoro interinale, rispetto all’11% delle donne eal 9% degli uomini con contratto full-time (Fagan e Burchell, 2002: 17).

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 79

Page 70: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

tuale che consente dal lato dell’off e rta di far fronte allefluttuazioni del mercato e dal lato della domanda di au-m e n t a re la stessa consentendo l’ingresso nel mercato dell a v o ro delle fasce di popolazione inattive (Oecd, 1999).Per queste ragioni tale tipologia contrattuale ha assuntouna crescente centralità nel dibattito europeo, e ha as-sunto un ruolo centrale nelle strategie dell’Unione per lac rescita e l’occupazione (Commissione europea, 2003). Rispetto al lavoratore full-time però il lavoratore a tem-po parziale sconta, in tutti i Paesi europei, una serie disvantaggi: salari più bassi, minori chance di carriera em inori investimenti formativi. Tali variabili, che sono ingrado di incidere negativamente sulla prospettiva lavora-tiva degli individui, per quanto diffuse in modo trasver-sale in tutti i Paesi europei, trovano margini di azionef o rtemente diff e renziati a seconda del contesto naziona-l e4 (Gasparini et alii, 2000). Questa marcata diff e re n z i a-zione deve essere assunta come variabile significativa perl’elaborazione delle indicazioni politiche a livello comu-nitario, pena un aumento delle asimmetrie interne e undiseguale raggiungimento del prioritario obiettivo di ga-r a n t i re maggiori e migliori posti di lavoro a tutti i citta-dini dell’Unione5. L’analisi condotta, e qui sinteticamente esposta, ha cer-cato di evidenziare, attraverso un’analisi comparata tra i

80

4 Ciascuno degli Stati membri infatti si caratterizza per uno specificocontesto istituzionale, socioeconomico e culturale che, combinandosicon la disciplina normativa relativa al mercato del lavoro e con quellaspecifica della tipologia contrattuale in esame, è in grado non solo di con-dizionare la scelta individuale di avvalersi o meno di tale opzione con-trattuale, ma anche di determinare pesantemente gli effetti di tale sceltasul corso della vita (Samek Lodovici e Semenza, 2004).5 I nuovi obiettivi della strategia europea per l’occupazione sono stati postiin occasione della valutazione del primo ciclo della stessa nel corso del 2002,Com (2003) 6 def. «Il futuro della strategia europea per l’occupazione(Seo): una strategia per il pieno impiego e posti di lavoro migliori per tutti».

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 80

Page 71: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

Paesi dell’Unione europea (Ue)6, le insidie nascoste nel-l ’ a p p roccio comunitario e sottolineare quanto l’influen-za degli elementi istituzionali, culturali e socioeconomi-ci, che caratterizzano i diversi contesti nazionali, sia ingrado di condizionarne e orientarne l’efficacia, tanto int e rmini quantitativi (aumento dell’occupazione) quantoin termini qualitativi (miglioramento delle condizioni edelle opportunità di lavoro ) .

L’obiettivo quantitativo: part-time e aumento dell’occupazioneIl primo elemento da analizzare riguarda l’individuazionedegli elementi a sostegno della tesi dell’efficacia della dif-fusione del part-time come strumento di traino per il mer-cato dell’occupazione tout court. Nonostante i rapportieuropei abbiano avuto modo di sottolineare tale correla-zione positiva (European Commission, 2005b) l’analisicondotta ha permesso di smitizzare il supposto effettotraino rispetto ai tassi di occupazione. La correlazione tradiffusione del part-time e crescita dei tassi di occupazio-ne non risulta affatto lineare. L’effetto traino si registra so-lo nei Paesi che all’anno zero (2000) facevano registrare itassi peggiori, sia in termini di occupazione sia di diffu-sione del part-time7. Inoltre, se la teoria fosse corretta, lacorrelazione dovrebbe potersi applicare sia alla popola-zione maschile della forza lavoro sia a quella femminile,

81

6 Si è optato per un’analisi limitata ai Paesi dell’Unione europea a 15 mem-bri, per una maggiore comparabilità dei contesti di riferimento, a cui èstata aggiunta la Norvegia in considerazione della significatività di talecontesto nazionale in riferimento alla tipologia contrattuale oggetto del-la nostra analisi.7 Un basso tasso di diffusione del part-time si registra, rispetto alla me-dia Ue, anche in Portogallo e in Finlandia, ma in questi due Paesi il tas-so di occupazione è comunque piuttosto elevato (per quanto riguarda lacomponente femminile entrambi hanno già superato il livello fissato co-me obiettivo per il 2010 dal Consiglio di Lisbona).

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 81

Page 72: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

ipotesi che viene invece confutata dai fatti. Non tutti iPaesi con i tassi di occupazione più elevati, anche in rife-rimento alla popolazione femminile (Danimarca, Olanda,Svezia, Regno Unito, Norvegia e Finlandia)8, fanno regi-strare i tassi più alti di diffusione di part-time, anche fem-minile. Tale ipotesi risulta confermata solo in alcuni deiPaesi indicati (Olanda, Norvegia e Svezia) e smentita inaltri (Danimarca e Finlandia). Inoltre, diversamente daquanto la teoria vorrebbe, è stato individuato un nessotra una maggiore diffusione del part-time nella compo-nente maschile della forza lavoro ed elevati tassi di occu-pazione (in particolare femminile); il che suggerisce l’op-portunità di studiare l’impatto del part-time in relazionea elementi strutturali legati alla regolamentazione e allecaratteristiche del mercato del lavoro, che caratterizzanoin modo peculiare ciascun contesto nazionale. Per giustificare la poca lineare correlazione tra part-timee occupazione si ricorre spesso alla osservazione dellacontemporanea espansione del Terzo Settore, fortementecaratterizzato per una occupazione orientata per genere eper un massiccio ricorso al part-time; i dati raccolti han-no permesso di evidenziare come l’assunto che vede ledonne occupate nel Terzo Settore maggiormente orienta-te al part-time non risulti sottoscrivibile9. Se l’indaginecondotta consente quindi di scagionare il Te rzo Settoredall’accusa di essere il principale responsabile delle distor-sioni rilevate nell’effetto traino, rimane da approfondire ilnesso che lega part-time e ciclo economico. Recenti studi(Buddelmeyer, Morre e Ward, 2004) hanno infatti indivi-duato nel part-time uno strumento interessante per bi-

82

8 Fonte: database Eurostat, estrazione effettuata in riferimento all’anno 2005.9 La media del rapporto tra part-time femminile e part-time maschile in que-sto settore è del tutto simile a quella rilevata in agricoltura (rapporto di tre auno) e più bassa rispetto a quella registrata nel settore industriale, dove ledonne dimostrano di ricorre re al part-time otto volte più degli uomini.

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 82

Page 73: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

lanciare gli effetti delle congiunture economiche negativefavorendo la stabilizzazione dei tassi di occupazione tota-le, alla luce della correlazione negativa tra crescita dipart-time e crescita della produzione1 0.Se i dati relativi alla media dei Paesi risulta coerente conl’assunto che vuole il part-time capace di favorire l’inseri-mento lavorativo e la partecipazione dei soggetti a mag-giore rischio di esclusione1 1, l’analisi di dettaglio ha per-messo di confermare solo le potenzialità del part-time perritardare l’uscita dal mercato del lavoro dei lavoratori1 2,m e n t re sono state rilevate criticità in riferimento alla utili-tà del part-time come strumento di inserimento lavorati-vo. Tale efficacia sembra configurabile solo in riferimentoagli uomini1 3. Le donne, al contrario, sembrano tendere astabilizzare (o a vedere stabilizzata) tale tipologia con-trattuale nel corso della propria vita lavorativa. In parti-colare i dati hanno confermato il trend che vede un si-gnificativo ricorso a tale tipologia contrattuale da parte

83

1 0 I periodi di maggiore diffusione del part-time sare b b e ro, per loro stessanatura, periodi di calo della produzione e quindi periodi a rischio di con-trazione occupazionale. Si potrebbe pertanto attribuire all’incremento dip a rt-time la capacità di aver mantenuto i livelli occupazionali, consentendoanche un incremento dell’occupazione, in special modo femminile (ivi, 7ss).1 1 Si è registrata, in media, una maggiore diffusione del part-time nella clas-se di età in ingresso nel mercato del lavoro (Danimarca, Grecia, Finlandia,Italia, Olanda, Spagna, Svezia e Regno Unito) o nella classe di età in usci-ta (Belgio, Lussemburgo, Portogallo, Germ a n i a ) .1 2 Anche se è da considerare che i buoni risultati ottenuti con questa fasciadi lavoratori siano il risultano di specifiche politiche, tra le quali la pro m o-zione del ricorso al part-time non rappresenta che uno degli stru m e n t i .1 3 Se infatti si vanno a leggere i dati disaggregati per genere, si evidenziacon chiarezza che per gli uomini la classe modale si caratterizza per un gapdi frequenza significativo rispetto alle altre classi, mentre per le donne ladispersione è marcata, tanto da cre a re una quasi equa distribuzione di fre-quenza tra le varie classi (in tal senso i dati di Belgio, Spagna e Francia).In particolare, in alcuni Paesi, questo si trasforma in uno spostamentodella classe modale per il genere femminile che viene ad essere la classedi età centrale: Italia, Olanda e Regno Unito (seppur con percentuali dif-ferenziate: dall’81,7% dell’Olanda al 27,7% dell’Italia).

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 83

Page 74: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

delle donne nella fascia di età centrale della vita lavorati-va e riproduttiva. Un tale successo numerico è sembratolegittimare la configurazione del part-time come stru-mento women-friendly, capace di favorire la conciliazionetra tempi di lavoro e tempi di vita (in particolare respon-sabilità di cura e famigliari). Da questo punto di vista,quindi, il part-time sarebbe in grado di favorire il per-m a n e re nel mercato del lavoro di quei soggetti, per lamaggior parte donne, con responsabilità familiari e do-mestiche (Buddelmeyer, Morre e Wa rd, 2004). L’ U n i o n ee u ropea ha pro g ressivamente assunto questo appro c c i o ,t rovando nel dato numerico una conferma della bontàdello strumento. L’analisi condotta, sulle motivazioni ditale scelta1 4, ha permesso di evidenziare le criticità di ta-le assunto che si fonda su un’interpretazione di tipo in-dividualista (che vorre b b e ro le donne più debolmenteorientate al lavoro e quindi propense a sottrarre tempoall’attività lavorativa in favore di altre attività, in part i c o-l a re attività di cura e domestiche; Hakim, 1996) in favo-re di una di tipo strutturalista che riconosce che possanoe s s e re le caratteristiche istituzionali e sociali del conte-sto, le attitudini normative verso la tutela della matern i-tà e l’organizzazione del mercato del lavoro, a condizio-n a re la «scelta» (Fagan e Rubery, 1996).Partendo dal dato relativo all’incidenza sul percorso la-vorativo di uomini e donne di alcuni eventi della vita che,a seconda dei riferimenti culturali, definiscono ruoli e re-sponsabilità diversificate per i due sessi, l’analisi condot-ta ha percorso un breve excursus tra i fattori che sono ingrado di incidere sul tasso di partecipazione femminile e,in particolare, sulla scelta di ricorrere al part-time1 5. Tra

84

14 Dati estratti dalla banca dati dell’Eurostat, relativi alle motivazioni ri-levate in ciascuno Stato membro e riferite all’anno 2005.15 Tra i fattori macro-economici sono state considerate la situazione delmercato del lavoro, il sistema di regolazione generale così come il siste-ma di servizi; tra fattori micro-economici: la composizione della (segue)

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 84

Page 75: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

questi fattori il modello culturale di riferimento risultaavere un peso determinante, sia direttamente (condizio-nando scelte e comportamenti individuali) sia indiretta-mente (condizionando fortemente le opzioni alternativein termini di offerta e di percorribilità). In particolare ilbinomio part-time/maternità risulta di delicata interpre-tazione e applicazione, si tratta, per il futuro, di trovaremeccanismi virtuosi che consentano un felice binomiomadre-lavoratrice. Da un lato, infatti, alcune politichepercepite come women-friendly hanno realizzato effettiperversi significativi per la vita individuale delle donne. Èil caso, ad esempio, della previsione della possibilità difruizione del congedo parentale full-time o di un conge-do part-time proporzionato al congedo full time. Taleprevisione per quanto possa risultare equa da un punto divista formale non sembra esserlo altrettanto da un puntodi vista sostanziale. L’analisi condotta ha infatti eviden-ziato come il permanere a lungo in una situazione di con-ciliazione dei tempi modellata sullo schema part-time ce-li il rischio della cronicizzazione, spingendo molte madria permanere in questa tipologia contrattuale anche al ter-mine del diritto all’integrazione salariale garantita dalcongedo. Dall’altro lato, altre politiche percepite comemeno flessibili, e quindi meno amichevoli per le donne, sisono dimostrate in grado di favorire il permanere delledonne all’interno del mercato del lavoro. Si pensi adesempio alla previsione di assegni all’infanzia collegati alrientro al lavoro full-time o di collegamento dell’assegnodel periodo di congedo al reddito percepito precedente-mente lo stesso. In particolare quest’ultima prassi ha di-mostrato un interessante effetto indiretto: il periodo di

85

(segue) struttura famigliare nella quale il lavoratore è inserito; la situazio-ne economica della famiglia; l’esistenza di condizioni associate al lavorop a rt-time in special modo in termini di salario, ripercussioni sulle pensio-ni e opportunità di carriera; le caratteristiche individuali, i.e. il livello dii s t ruzione e la qualifica professionale (Bielenski, Bosch e Wa g n e r, 2002).

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 85

Page 76: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

tempo full-time precedente il congedo ha aumentato l’at-taccamento lavorativo delle madri favorendone il rientroanche full-time (European Commission, 2005c).Poiché la partecipazione delle donne al mercato del lavo-ro risulta fortemente condizionata dall’esperienza mater-nità (Jaumotte, 2003; Rossi, 2006) l’Unione dovrà affron-tare in modo più serio la questione non solo dal punto divista di indicazioni relative ai congedi parentali, ma anchein riferimento ai servizi di cura per l’infanzia. Se, come lastessa Unione afferma, una adeguata copertura dei servi-zi di cura per l’infanzia risulta determinante per garanti-re il permanere delle donne nel mercato del lavoro, la ri-cerca condotta ha evidenziato il permanere di un atteg-giamento sociale diffuso non pienamente favorevole alre i n g resso delle neomamme nel mercato del lavoro. Quasiovunque, infatti, ad eccezione della Norvegia, si rileva unpregiudizio rispetto all’utilizzo sistematico dei servizi ri-volti alla prima infanzia, e una disapprovazione condivisaverso le madri di figli in età compresa tra 0 e 2 anni chemantengono un impegno di lavoro full-time1 6.

86

16 In Olanda, nel Paese a più elevato utilizzo di part-time, il favore so-ciale per una madre che lavora è elevato a condizione che il figlio abbiaraggiunto i quattro anni di età, e risulta incontrare il biasimo della mag-gioranza della popolazione la pratica di affidare i figli agli asili per 5 gg asettimana (la media per bambini di età 0-4 anni è di 2,5 gg a settimana).In Gran Bretagna le madri preferiscono ricorrere a servizi informali o anetwork familiari per la cura dei bambini in età prescolare, a causa di undiffuso sfavore verso i servizi all’infanzia. Atteggiamento simile, negli ef-fetti ma non nelle cause, a quello rilevato in Portogallo, dove il favore so-ciale per le donne che affidano ad altri il proprio bambino in età inferio-re ai due anni è scarso, mentre cresce notevolmente il favore verso le ma-dri di figli di età superiore a quella indicata che lavorano full-time, inquanto si attribuisce un giudizio di valore all’esempio positivo che la ma-dre lavoratrice trasmetterebbe ai figli. Al contrario un atteggiamento fa-vorevole ai servizi di cura collettivi per la prima e primissima infanzia siincontra in Norvegia dove si vede con favore il diffondersi dell’utilizzo diasili per l’infanzia (European Commission, 2005c: 36 ss).

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 86

Page 77: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

Miglioramento delle condizioni di lavoro e part-time:una relazione difficileL’obiettivo europeo in termini di occupazione riguardaoltre che il raggiungimento della piena occupazione an-che l’innalzamento della qualità dei posti di lavoro offer-ti. In questo caso il part-time viene descritto come capa-ce di favorire e consolidare l’acquisizione da parte del la-voratore part-timer di competenze ed esperienze che po-tranno essere determinanti in termini di opportunità dilavoro e carriera. Benefici che bilancerebbero la momen-tanea riduzione dei diritti collegati direttamente al monteore lavorato. Se il sistema di regolazione generale vedeoramai in tutti i Paesi analizzati il riconoscimento dei di-ritti previdenziali e la copertura sociosanitaria anche peri lavoratori part-time (Vielle e Walthery, 2003) non è al-trettanto trasversale la relazione tra part-time e tipo di oc-cupazione. Ovunque, infatti, in linea con la teoria del ca-pitale umano, si riscontra una stretta relazione tra lavoropart-time e livelli medio bassi di istruzione: tanto più altoè il tasso di istruzione, tanto più bassa è la propensione in-dividuale ad accettare un contratto part-time. Questo èvero in particolar modo per le donne1 7. Per questo i lavo-ratori part-timer, in special modo se donne, sono presen-ti in modo massiccio nel gruppo di lavoratori con minorintroito mensile1 8. Il rischio di povertà connesso al part-time si spiega in parte con gli elementi sopra evidenziati

87

17 Al di là delle propensioni individuali si può comunque ipotizzare unarelazione tra livello di istruzione e posizioni lavorative raggiunte, e traqueste ultime e ricorso al part-time. Posizioni lavorative di prestigio ele-vano il grado di attaccamento lavorativo di uomini e donne aumentandola loro motivazione a dedicare tempo al lavoro, e mal si conciliano conun orario di lavoro ridotto.18 Nella fascia di reddito più bassa si ascrivono il 32% degli uomini Pt enella fascia medio bassa il 14%, mentre ben il 47% delle donne part-ti-me risulta nella fascia di reddito bassa e il 14% in quella medio bassa,contro un 15% delle donne nella fascia basse occupate full-time e un30% in quella medio bassa (Fagan e Burchell, 2002: 50).

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 87

Page 78: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

ma anche con la riduzione delle componenti salariali nonlegate allo stipendio orario1 9. Il dato economico è tanto ri-levante da rappresentare la motivazione per la quale lamaggior parte di lavoratori full-time a rifiutare l’ipotesi diun lavoro part-time, motivazione più significativa per gliuomini che per le donne, coerentemente con le conside-razioni sviluppate nel paragrafo precedente (EuropeanFoundation, 2006b). Da considerare inoltre che l’opzio-ne part-time non risulta sempre una scelta a disposizionedei lavoratori, i dati dell’Eurostat evidenziano come circail 20% (dato in crescita) di lavoratori part-time risulti es-serlo involontariamente2 0.I lavoratori part - t i m e r, sia uomini che donne, sconta-no anche una maggiore instabilità lavorativa (Fagan eB u rchell, 2002: 26). Se questo elemento è influenzato eamplificato dalla distribuzione non proporzionata delpart-time in settori e tipi di occupazione nonché dall’am-pia diffusione tra le tipologie contrattuali più instabili(contratti a tempo determinato, interinale e apprendista-to), ciononostante queste osservazioni aprono nuovi sce-

88

19 I dati empirici dimostrano come i lavoratori part-time stentino a otte-nere quelle integrazioni salariali legate a bonus o premi, ad esempio le-gati a indennità di ruolo o bonus individuali, premi di produttività, ri-parto dei profitti. Si sottolinea come l’unico elemento di integrazione sa-lariale nella piena disponibilità dei lavoratori: cioè l’indennità legata allaprestazione lavorativa nei giorni festivi, risulta di pari peso per lavorato-ri uomini e donne part-time e full-time (Fagan e Burchell, 2002: 26). 20 Estrazione dal Data Base Eurostat, riferito all’anno 2005 e all’anno1999. Questo gap tra le ore lavorate e le ore che ciascuno metterebbe adisposizione per la propria attività lavorativa può essere considerato in séun effetto perverso del part-time, non stupisce quindi che i lavoratoripart-time abbiano più frequentemente dei lavoratori full-time un secon-do lavoro (14% degli uomini Pt contro il 5% di quelli Ft, e 8% delledonne Pt contro il 4% di quelle Ft). In questo senso il lavoro part-timediventa, secondo la definizione dell’Ilo, una forma di «sottoimpiego», inquanto «costringe le persone a lavorare meno ore rispetto alla normaledurata della giornata lavorativa, che sono disponibili per ulteriore attivi-tà lavorativa» (Ilo, 1998).

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 88

Page 79: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

nari in riferimento agli effetti di un prolungarsi del part - t i-me in relazione ai diritti previdenziali, che vengono pena-lizzati dall’interruzione dei versamenti e dai cambi di set-t o re / o c c u p a z i o n e .Il part-time dimostra di avere influenze negative anchesulle possibilità di avanzamento di carriera2 1 e su quelle diformazione. I lavoratori part-timer svolgono spesso man-sioni ripetitive e di scarsa responsabilità che se da un la-to non facilitano l’acquisizione di competenze utili perl’avanzamento di carriera dall’altro non richiedono per-corsi di formazione specifici (Oecd, 2002).L’analisi condotta ha quindi confermato le insidie delp a rt-time in termini di opportunità di miglioramento la-vorativo in riferimento a molti dei parametri rilevanti: re-munerazione, possibilità di pro g ressione di carriera, for-mazione e prospettive di stabilizzazione del lavoro; ele-menti che mal si conciliano con la supposta capacità di ta-le tipologia contrattuale di favorire le opportunità di lavo-ro e carriera. Si evidenzia come nonostante tali elementisiano presenti in tutti i Paesi dell’Unione, l’ampiezza e lap o rtata degli effetti sulla vita e le scelte individuali sonof o rtemente variabili e strettamente collegati agli elementievidenziati nel paragrafo pre c e d e n t e .

Considerazioni conclusiveSe «l’Europa non vuole cessare di essere ambiziosa …dovrà mobilitare dei mezzi all’altezza della situazione»(Barroso, 2005). Se quindi la tentazione di individuare,già a livello comunitario, strumenti adeguati al raggiungi-mento dell’obiettivo rimane forte, si tratta di rifletteremaggiormente sui rischi connessi con tale operazione, re-

89

2 1 Solo rispettivamente il 12% di uomini e l’8% delle donne, tra i lavora-tori part-time, hanno responsabilità di pianificazione e supervisione, per-centuali che raddoppiano nei corrispettivi lavoratori full-time (ivi: 34).

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 89

Page 80: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

cuperando elementi di analisi già propri dell’approccioeuropeo alle politiche di coesione economica e sociale.È, infatti, la stessa Commissione europea ad aff e rm a re ep re t e n d e re una adeguata analisi ex ante degli effetti di-retti e, soprattutto, indiretti, determinati dall’intro d u-zione di un nuovo strumento in un dato contesto terr i-toriale. Questi ultimi, spesso di non immediata e facilelettura, rischiano di innescare meccanismi perversi, ca-paci talvolta di inficiare l’efficacia dello strumento senon di renderlo addirittura nocivo.Nello specifico la fattispecie contrattuale esaminata di-mostra una forte variabilità nei suoi effetti indiretti (infunzione del sistema istituzionale, sociale, economico eculturale, nonché dalle caratteristiche del mercato del la-voro, dal tipo di welfare…) che risultano spesso perversie contrari all’obiettivo perseguito. Se in generale è risul-tato dubbio l’effetto presunto di trascinamento dei tassidi occupazione che, quando presente, sembra piuttostoimputabile a variabili di sistema, si è dimostrato, in parti-colare, che la forte connotazione di genere di tale tipolo-gia contrattuale, declinata al femminile2 2, non può essereletta semplicisticamente come una manifestazione dell’a-deguatezza dello strumento. Al contrario la connotazio-ne di genere nasconde pesanti insidie che rischiano did e t e rm i n a re significativi effetti di esclusione e marg i n a-lizzazione delle donne (non solo nel mercato del lavoro ) .Per questo forse sarebbe il caso che l’Unione lasciassel’individuazione degli strumenti a livello di Stato mem-b ro, sottraendosi alla tentazione di attribuire, a uno stru-mento specifico, il ruolo di chiave risolutiva di pro b l e m icomplessi e legati intrinsecamente a dinamiche pro p r i edella modernità avanzata. !

90

22 In media nei Paesi dell’Ue a 15 oltre il 36% delle donne occupate haun contratto di lavoro part-time, percentuale che precipita al 7% per gliuomini; fonte: database Eurostat, dati riferiti all’anno 2005.

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 90

Page 81: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

Bibliografia di riferimentoB a rroso J.M. (2005), G rowth and jobs: a new start for the Lisbon strategy,speech by President José Manuel Barroso, European Parliament PlenarySession, Strasbourg, 9 Marc h .Bielenski H., Bosch G., Wagner A. (2002), Working time pre f e rences in six -teen countries, European Foundation for the improvement of Living andWorking Conditions, Dublin.B o i s a rd P., Cart ron D., Va l e y re A. (2002), Time and work: duration ofw o r k, European Foundation for the improvement of Living and Wo r k i n gConditions, Dublin.Buddelmeyer H., Morre G., Wa rd M. (2004), The determinants of part - t i -me work in EU countries: empirical investigations with macro-panel data,Dg Ecfin Economic Paper No. 213, Directorate-General for Economicand Financial Affairs Publications.Eggsie, Eu Expert group on gender, social inclusion and employment(2005), Reconciliation of work and private life: A comparative review oft h i rty European countries, European Commission Directorate-General forEmployment, Social Affairs and Equal Opportunities, Bru x e l l e s .Eggsie, EU Expert group on gender, social inclusion and employment(2006), ‘Making work pay’ debates from a gender perspective. A comparati -ve review of some recent policy re f o rm in thirty European countries,E u ropean Commission Directorate-General for Employment, SocialA ffairs and Equal Opportunities, Bru x e l l e s .E u ropean Commission (2003), 2003 Adopted Employment Guidelines, DGEmployment and Social Aff a i re, Luxembourg .E u ropean Commission (2004), Employment in Europe 2004. Recent Tre n d sand Pro s p e c t s, Office for Official Publications of the European Communities,L u x e m b o u rg .E u ropean Commission (2005a), Employment in Europe 2005. RecentTrends and Pro s p e c t s, Office for Official Publications of the Euro p e a nCommission, Luxembourg .E u ropean Commission (2005b), Employment in Europe 2005. Charter 2.Taking stock of the European Employment Strategy, Office for Off i c i a lPublications of the European Communities, Luxembourg .E u ropean Commission (2005c), Reconciliation of work and private life: acomparative review of thirty European countries, European Commission

91

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 91

Page 82: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

D i rectorate-General for Employment, Social Affairs and EqualO p p o rtunities, Office for Official Publications of the European Commission,L u x e m b o u rg .E u ropean Foundation for the Improvement of Living and Working Conditions(2003), Working conditions surveys: A comparative analysis, Report available in elec-t ronic format only, Dublin, http://www. e u ro f o u n d . e u . i n tE u ropean Foundation for the improvement of Living and Working Conditions(2006a), Working time and work-life balance: a policy dilemma?, Backgro u n dp a p e r, Bru x e l l e s .E u ropean Foundation for the Improvement of Living and Wo r k i n gConditions (2006b), Reconciliation of work and family life and collectiveb a rgaining in the European Union, Report available in electronic form a to n l y, Dublin, www. e u ro f o u n d . e u . i n tE u rostat (2003), The European Union labour force survey – 2001, Euro p e a nCommunities, http://epp.euro s t a t . e c . e u ropa.eu E u rostat (2006), Labour force survey in the EU, Candidate and EFTA cou n -tries, Main characteristicsof the national surveys - 2004, European Communities,h t t p : / / e p p . e u ro s t a t . e c . e u ro p a . e uE u rostat (2006), Les dern i è res tendances du marché du travail - Donnéesdu t roisième trimestre 2005, 6/2006, Communautés euro p é e n n e s ,h t t p : / / e p p . e u ro s t a t . e c . e u ro p a . e uFagan C., Burchell B. (2002), Gender, Job and working conditions: in theE u ropean Union, European Foundation for the Improvement of Livingand Working Conditions, Dublin.Fagan C., Rubery J. (1996), The salience of the part-time divide in theE u ropean Union, in «European Sociological Review», Vol.12, n.3. Gasparini G., Parent-Thirion A., Latta M., de Nanteuil M. (2000), F u l l - t i -me or part-time work: realities and options, European Foundation for theI m p rovement of Living and Working Conditions, DublinHakim C. (1996), Key issue in women’s work: female heterogeneity and thepolarisation of women employment, Athlone Press, LondonJaumotte F. (2003), Female labour force participation: past trends and main deter -m i n a n t s, in Oecd Countries Economic Department Working Paper No. 376.Ilo (1994), Convention 175 and Recommendation 182 concerning part - t i m ew o r k, Geneva.

92

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 92

Page 83: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

Ilo (1997), P a rt-time: Solution or trap?, in «International Labour ReviewPerspectives», Vol. 136 n.4, Geneva.Oecd (1999), Focus on part-time work, in Oecd Employment Outlook, Paris.Oecd (2002), Employment Outlook, Paris.Rossi G. (2006), Reconciling family and work: new challenger for social po -licies in Euro p e, Franco Angeli, Milano.Samek Lodovici M., Semenza R. (2004), Il lavoro part-time. Anomalie delcaso italiano nel quadro euro p e o, Franco Angeli, Milano.Vielle P., Wa l t h e ry P. (2003), Flexibility and social protection, Euro p e a nFoundation for the Improvement of Living and Working Conditions, Off i c efor Official Publications of the European Communities, Luxembourg .

93

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 93

Page 84: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

94

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 94

Page 85: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

Le flessibilitàMassimo Paci (2005), già presidente dell’Inps tra il 1999e il 2003, sottolinea in un recente lavoro come molti im-portanti studiosi siano sostanzialmente arrivati a conclu-sioni simili per quanto riguarda la correlazione tra pro-cessi di individualizzazione e diffusione dell’insicurezza.Punti di vista diversi certo, ma tutti concordi nello stig-matizzare la postmodernità come l’epoca dell’incertezza ead associare all’incertezza una valenza fortemente negati-va. Tale declinazione non sembra condivisa all’unanimità,o perlomeno non sembra da tutti così inderogabilmentedeclinata in modo negativo. L’esempio riportato da Paci èquello di Alain Laurent che, nella sua Storia dell’indivi -d u a l i s m o, ribadisce come la contrapposizione tra indivi-dualismo e coesione sociale sia in effetti un falso pro b l e-ma, e che lo sviluppo del primo non porti inevitabilmentea fenomeni di lacerazione del tessuto sociale e di anomia,ma a nuove forme di ricomposizioni del sociale. Insomma,semplicemente a definire nuove regole del gioco. P robabilmente tutte queste posizioni sono vere o false soloin parte, dato l’eterogeneo o u t c o m e che i soggetti nel mer-cato mirano a raggiungere sulla base di opportunità simili.

95

Simone Gabbriellini Il mercato delle flessibilità: il caso italiano*

* Questo lavoro, e i risultati qui presentati in forma sintetica, sono partedi una ricerca più ampia condotta nell’ambito del Programma di ricercadi Rilevante Interesse Nazionale (PRIN) sul tema Flessibilità e prospetti -ve di vita. Definizioni concettuali ed esperienze storiche: individuo, istitu -zioni e processi di integrazione nella modernità avanzata, coordinata dalProf. Mario Aldo Toscano dell’Università degli Studi di Pisa.

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 95

Page 86: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

Sembra opportuno riallacciarsi ai teoremi generali relati-vi alla dinamica conflittuale della società mondiale del ri-schio enunciati da Beck e Grande (2006): dalla loro ana-lisi emerge che il concetto di rischio tende a insinuarsiglobalmente nella percezione dei soggetti, anche quandoè confinato a precise aree geografiche. Come dire chel’incertezza rafforza la percezione dell’incertezza. E que-sta caratteristica della percezione del rischio sembra vale-re anche quando si parla di mercato del lavoro: la sensa-zione di insicurezza, indipendentemente dal tipo di lega-me tra lavoratore e impresa, si estende a tutti i soggettiappartenenti al mercato e non è tanto legata alla tipologiacontrattuale lavorativa (per quanto sicuramente possa in-fluire su tale percezione), quanto alla continua esposizio-ne alle incertezze costruite dal progresso – incertezze,non dimentichiamolo, fatte anche di decisioni continueda prendere, trasformando così un simbolo di libertà (lapossibilità di scelta, appunto) in una gabbia potenzial-mente eziopatogena (Rosenthal, 2006).

Paradossalmente i lavoratori sembrano più soddisfatti ri-spetto al passato per il lavoro che svolgono, grazie a unincremento della qualità del lavoro: più competenze, me-no fatica e noia, compresi i lavoratori temporanei, i qualianzi appaiono mediamente più soddisfatti degli altri(Paci, 2005: 91).Gli strumenti introdotti dalla flessibilità hanno indubbia-mente contribuito ad acuire la crisi del sistema fordista diwelfare. Possiamo allora dire che hanno contribuito adaccrescere il già diffuso sentimento di insicurezza? D a lpunto di vista del lavoratore, Cesare Damiano risponde af-f e rmativamente sostenendo che «la flessibilità, la disconti-nuità nel lavoro che per molti giovani è ormai normale, ge-nerano nelle nuove generazioni una situazione di cre s c e n-te sfiducia» (Damiano, Treu, 2004: 9).Dal punto di vista dell’impresa l’insicurezza nasce altro v e .

96

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 96

Page 87: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

La turbolenza e instabilità degli odierni mercati viene spes-so imputata alla sempre maggiore concorrenza intern a z i o-nale nelle industrie a forte intensità di lavoro, esercitata daip roduttori a basso costo del Te rzo Mondo, in cui, appunto,il costo del lavoro è sensibilmente inferiore (Dore, 2005). Reyneri (2005) sottolinea inoltre come, accanto a questoindubitabile fenomeno, si debba considerare anche la«crescente sofisticazione del gusto» dei consumatori deiPaesi sviluppati: essa impone non solo di rispettare de-terminati standard qualitativi, ma anche di essere forte-mente innovativi per poter differenziare la produzione eraggiungere così nicchie di mercato con strategie di per-sonalizzazione del bene o del servizio. Ciò che sembra distinguere il modello della produzioneindustriale di massa rispetto al modo di produrre moder-no è l’organizzazione per piccole dimensioni – tanto chealcuni studiosi hanno definito la società dei servizi comeuno specifico modo di organizzarsi e di produrre – e l’at-tenzione al cliente o, nel caso di un bene pubblico, all’u-tente (Della Rocca, Fortunato, 2006). È questo il concet-to alla base della produzione snella, il cui obiettivo è com-p e t e re aderendo il più possibile ai cambiamenti del merc a-to; affinché sia realizzabile, esso deve poter contare sullapossibilità di pro d u rre per piccoli lotti, on demand, adat-tando la propria organizzazione ai flussi richiesti da unm e rcato dinamico e quindi, in ultima istanza, deve poterc o n t a re sulla flessibilità dei sistemi di produzione e sullaflessibilità del lavoro .

Quando parliamo di flessibilità del lavoro, intendiamomolte cose. Essa è certamente un precipitato del proces-so di terziarizzazione, una «espressione dei modi di esse-re del lavoro, delle organizzazioni e più in generale dellaprestazione» (Della Rocca, Fortunato, 2006: 104).Il concetto di flessibilità ha quindi un aspetto polisemico:essa è un unico ombrello sotto il quale si rifugiano molte

97

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 97

Page 88: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

realtà; non è un modello chiaro e univoco, quanto piut-tosto un insieme di pratiche, di cui spesso è stata tentatauna tassonomia. Generalmente si intende «la disponibili-tà dei lavoratori a impiegare le loro abilità nel modo chei manager ritengono migliore [così come] ottimizzare l’al-locazione di lavoro all’interno del sistema economico»(Dore, 2005: 48). Ma allora la flessibilità vale solo se è ri-chiesta dall’azienda in nome delle sue esigenze, o c’è an-che una flessibilità messa a disposizione del lavoratore?(Damiano, Treu, 2004).

Della Rocca e Fortunato propongono una tipologia delleflessibilità che riportiamo nella tabella 1.

98

Tabella 1: Tipologia di flessibilità

Fonte: Rielaborazione da Della Rocca, Fortunato (2006).

• Il modello A (flessibilità quantitativa esterna) riflette la di-mensione aleatoria presente nei rapporti di impiego, ovverola possibilità dell’imprenditore di adattare l’organico a diffe-renti necessità produttive. • Il modello B (flessibilità quantitativa interna) si riferisce in-vece alla possibilità di adattare il numero e l’organizzazionedelle ore lavorate dal personale impiegato (come straordina-ri, riduzione dell’orario, part-time ecc.).• Il modello C (flessibilità qualitativa esterna) si riferisce allepossibilità di o u t s o u rc i n g d e l l ’ i m p resa, ovvero allo spostamentoverso altre imprese di alcune fasi dei processi di produzione.

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 98

Page 89: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

99

• Il modello D (flessibilità qualitativa interna) agisce infinesulla innovazione dell’organizzazione, spostando il persona-le da una mansione all’altra.

Nel modo di pensare di manager e governi, la rapidità cre-scente del cambiamento e l’intensificarsi della concorrenzahanno fatto sì che la possibilità di mandare a casa lavoratorioccupati in settori in declino o sulla via di una rapida auto-mazione, e di colmare i posti vacanti nei settori in via diespansione con lavoratori qualificati apparisse un percorsoverso l’efficienza più appetibile che non promuovere la leal-tà e l’impegno (Dore, 2005: 47).

Le tipologie quantitative di flessibilità sono quelle chestanno diventando i tratti distintivi delle moderne socie-tà dei servizi, dato che la maggior parte dei cambiamentiche i governi occidentali hanno messo in atto sono tuttirivolti a incoraggiare questo tipo di flessibilità, che Doreetichetta come esterna (Dore, 2005). Dore sostiene che:

L’argomentazione che sottende a questa posizione è sem-plice: meno è rigido e oneroso il processo di licenzia-mento, più è probabile che le imprese non si spaventinoad ampliare il proprio organico qualora le necessità diproduzione lo richiedano; in poche parole, più libertà dilicenziamento, minore disoccupazione. Ovviamente questa tesi ha delle ripercussioni importanti,dato che credere che i datori di lavoro non assumanonuovi lavoratori per la difficoltà di liberarsene all’occor-renza genera un’inversione della tendenza a promuoverela sicurezza del posto di lavoro.

Possiamo individuare due tipologie di condizioni lavora-tive generate da un mercato del lavoro flessibile: la prima

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 99

Page 90: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

basata su bassi salari, bassa qualificazione del lavoro,scarso coinvolgimento del lavoratore e bassa qualità delprodotto; la seconda, viceversa, basata su alti salari, altaqualificazione del lavoro, alto grado di cooperazione eproduzione di qualità (Paci, 2005).La prima tipologia viene definita s e rvice worker: rappre-senta il lavoratore manuale non operaio, il quale «ha unam a g g i o re tendenza alla mobilità tra posti di lavoro e trasettori di quanto l’abbia l’operaio industriale. A questecaratteristiche ... si accompagna una maggiore pre c a r i e t ànel rapporto d’impiego rispetto agli operai dell’indu-stria» (Della Rocca, Fortunato, 2006: 101). Sono in granp a rte occupazioni poco qualificate, che tuttavia spessorichiedono capacità relazionali. La seconda è rappre s e n-tata dai cosiddetti p rofessional workers, ovvero quelliche, dotati di competenze organizzative e di gestione,nonché di know-how specifici, individuano le esigenzedel cliente e predispongono quella serie di s t o re d - p ro c e -d u re s che i s e rvice workers adotteranno nello svolgimen-to delle proprie mansioni: «Il lavoro si presenta in que-sto caso molto simile a quello delle professioni più tradi-zionali, è circoscritto da un corpo di teorie ma anche inp a rticolar modo da saperi, conoscenze e capacità espre s-si nelle prestazioni di lavoro e in parte codificati» (DellaRocca, Fortunato, 2006: 102).Da una prima ricognizione in letteratura possiamo asseri-re che la flessibilità va a vantaggio del lavoratore se que-sti è un professional worker, mentre resta a vantaggio del-l’impresa quando il lavoratore è un service worker, datoche il prezzo di equilibrio di mercato per i lavori difficilida imparare aumenta, e quello per i lavori che tutti pos-sono imparare cala (Dore, 2005).Queste due tipologie, il service worker e il professionalworker, rappresentano due vie distinte alla competitività,una bassa e una alta: la prima implica flessibilità numeri -ca, la seconda flessibilità funzionale.

100

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 100

Page 91: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

La flessibilità funzionale è innovativa, mentre quella nu-merica è difensiva: la prima batte la via alta alla compe-titività internazionale, fondata su produzioni a elevataintensità tecnologica; la seconda invece batte la via bas-sa, fondata sulla compressione del costo del lavoro(Reyneri, 2005b). Se è vero dunque che per essere com-petitivi nella società della conoscenza occorre essere in-novativi, serve allora coltivare il primo tipo di flessibili-tà, e non il secondo, che ci costringe a competere, in unagara al ribasso, con Paesi in via di sviluppo dove il costodel lavoro è più basso di quello italiano, così come mi-nori sono le garanzie di welfare .Se questa è la tendenza, viene da chiedersi quanto, in unmercato del lavoro come quello italiano, fatto nella stra-grande maggioranza dei casi da piccola e media impresa,sia davvero conveniente la via esterna alla flessibilità,quella che fa risparmiare nel breve periodo, ma che noninveste in competenze e qualità, e che non compatta e fi-delizza il proprio lavoratore (mentre cerca, magari, di fi-delizzare il cliente con politiche di customer satisfaction):possono queste Pmi re g g e re la concorrenza del merc a t oavendo come unica politica il contenimento dei costi? Aquesto proposito, ricordiamo che non è vero che il la-v o ro italiano è poco produttivo: i dati mostrano che iln o s t ro sistema sta perdendo competitività a causa diuna carenza di innovazione e di investimenti tecnologi-ci (Damiano, Treu, 2004).Allo stesso tempo, non è pensabile che un intero sistemaproduttivo imbocchi la via alta alla competitività, usandoesclusivamente flessibilità interna. Allora la domanda chesi pone naturalmente è se sia possibile combinare il per-seguimento dell’efficienza allocativa e produttiva (Dore,2005). Il problema, in sostanza, diventa mantenere unrapporto virtuoso tra flessibilità interna ed esterna taleper cui sia da un lato massimizzata la produttività del-l’impresa e dall’altro tutelato il lavoratore, minimizzando

101

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 101

Page 92: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

al contempo il numero di questi intrappolati per la vitanei lavori meno qualificati e sottoremunerati.

La Legge 30 è il prodotto di un sistema concettuale cheidentifica la moltiplicazione delle forme di impiego e la loroinstabilità temporale con un benessere per l’azienda (e quin-di per il mercato), la quale potrà in questo modo tro v a re es v i l u p p a re condizioni favorevoli alla propria crescita; sup-ponendo che questo benessere dell’azienda ricada in postidi lavoro per i lavoratori, per quanto con turnover elevati.Per alcuni (Treu, Damiano, Reyneri) questa teoria è empi-ricamente non fondata: all’aumento delle tipologie con-trattuali non è detto che aumenti de facto anche l’occupa-zione. Sebbene a livello microeconomico un’impresa pos-sa anche essere invogliata ad assumere dalla facilità di li-c e n z i a re, non esistono a tutt’oggi evidenze empiriche a li-vello macroeconomico che flessibilità e occupazione sianolegate da un simile t r a d e - o ff. Al contrario, per Treu un in-c remento delle tipologie contrattuali ha come effetto quel-la che lui definisce una «frammentazione del lavoro » .Lo spettro della frammentazione era comunque già avver-tito anche nel L i b ro Bianco (Sacconi, Biagi, 2001: 6).Nonostante questi timori, sempre nel L i b ro Bianco ( 2 0 0 1 )si legge che «nel mercato del lavoro italiano alquanto con-tenuti sono rimasti sinora i rischi che dalla maggiore fles-sibilità scaturisse un’accentuazione dei fenomeni di pre c a-rietà» (Sacconi, Biagi, 2001: 5), grazie al fatto che nel pe-riodo 1998-2000 anche il lavoro dipendente a tempo pie-no e indeterminato è cresciuto senza ostacoli. Possiamo dunque formulare una seconda domanda: lenuove forme di lavoro inserite costituiscono un primopasso verso l’inserimento dei soggetti nel mercato dei la-vori stabili o no? In altre parole, e in sintonia con il LibroBianco, possiamo ascrivere l’aumento dell’occupazione ela diminuzione della disoccupazione a meriti della flessi-bilizzazione dei rapporti di lavoro?

102

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 102

Page 93: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

Dobbiamo prima di tutto osservare che l’occupazione è sìaumentata, ma non c’è stata crescita economica, e la con-comitanza di questi due fatti non è apparentemente logi-ca, tanto che alcuni hanno parlato di «strano fenomeno».Una possibile spiegazione è che questa positiva dinamicaoccupazionale non sia merito della flessibilizzazione delmercato del lavoro, ma di un effetto demografico-statisti-co (Roccella, 2006): il numero degli occupati è salito nontanto grazie a nuovi ingressi nel mercato da parte di per-sone che prima ne erano escluse, quanto alla sanatoria de-gli immigrati irregolari. Una logica simile può essere usa-ta anche per spiegare l’aumento del lavoro part-time, vi-sto che probabilmente buona parte degli immigrati irre-golari sono stati regolarizzati con contratti di questo tipo.Roccella sottolinea un secondo aspetto, indipendente dalcomportamento più o meno virtuoso del mercato: il cam-biamento dei metodi di rilevazione delle forze di lavoroda parte dell’Istat, che ha adeguato la rilevazione aglistandard comunitari. Questi nuovi metodi consentono dicogliere forme di partecipazione al lavoro a tempo par-ziale che in passato risultavano nascoste, così come di co-gliere molti lavori che risultavano a tempo pieno e cheora risultano a tempo parziale.Lo ‘strano fenomeno’ dunque è il cosiddetto lavoro senzaproduttività, poiché se è vero che alla crescita dell’occu-pazione risulta normalmente associato un miglioramentomedio delle condizioni di vita dei lavoratori, questo inItalia non accade: «Nel mercato del lavoro italiano, piut-tosto, si infittisce di giorno in giorno la schiera dei wor -king poors» (Roccella, 2006: 72).Sull’aumento dell’occupazione è critico anche Reyneri(2005): nel periodo 1995-2003 abbiamo assistito a unaumento dell’occupazione e a una parallela diminuzionedella disoccupazione, tuttavia egli dimostra, attraversodue elaborazioni statistiche, che per i giovani maschi itassi di occupazione del 2003 sono praticamente identi-

103

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 103

Page 94: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

ci a quelli del 1995, e addirittura inferiori a quelli del1993. Dato che la diffusione dei lavori flessibili ha inte-ressato principalmente questa categoria, ne consegueche la loro introduzione non ha modificato né migliora-to il livello occupazionale. A questo punto, si può legittimamente dubitare che fossenecessario iniettare ulteriori dosi di flessibilità nel merc a t odel lavoro italiano con la Legge 30. Tutti i dati raccolti, sia difonte europea che Istat, concordano nel constatare una si-gnificativa dinamica di crescita delle assunzioni a termine. Èlegittimo, dunque, supporre che questa recente tendenza al-l ’ i n c remento del lavoro a termine sia imputabile, almeno inp a rte, agli effetti della nuova disciplina introdotta nel 2001(Roccella, 2006), visto che sulla base di quella e dei seguen-ti rinnovi contrattuali si è diffuso un innalzamento dei ‘tetti’p e rcentuali massimi del lavoro a termine e contemporanea-mente si è reso part i c o l a rmente sfavorevole alla tradizionesindacale l’opera di contenimento di questo fenomeno.Arriviamo dunque alla conclusione che, da un lato, la dif-fusione delle forme contrattuali a termine sembra esseredestinata ad aumentare, mentre, dall’altro, le disposizionicollettive in materia di contratto a termine che dovrebbe-ro perseguire obiettivi di qualità e/o favorire il passaggioal lavoro stabile, ipotizzando vie di fuga dalla precarietà,sono, spesso, le clausole più vaghe e meno impegnativeper le imprese (Tinti, 2006). In altre parole, il legislatoreha sì prescritto delle linee guida, o buone prassi, ma nonha previsto che raramente degli impegni, e quasi mai deidiritti (per il lavoratore) o doveri (per l’impresa).Ma non dobbiamo dimenticare l’altra faccia della flessibilità:L’obiettivo del lavoratore deve essere quello, in un certo

104

Esiste una componente di lavoratori instabili, specialmentegiovani, per i quali l’individualizzazione del rapporto di la-voro viene vissuta più come un ampliamento dei margini dilibertà d’azione, che come un fattore di ampliamento dei ri-

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 104

Page 95: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

senso, di uscire dal ‘mucchio’, coerentemente con una vi-sione individualista, e di evitare la flessibilità esterna ac-quisendo competenze, al fine di accedere al gradino percosì dire alto della flessibilità, ovvero quella interna ofunzionale, che permette al lavoratore di muoversi tramansioni qualificate le più idonee alle proprie capacità(anche in aziende diverse), in un percorso di migliora-mento continuo, e all’impresa di usufruire di una forza la-voro competente e motivata. Ecco quindi le due facce della flessibilità: la precarietà ela realizzazione di sé.La flessibilità dei rapporti allora è un trampolino ched a l l ’ i n g resso nel mercato conduce al tempo indeterm i-nato oppure uno strumento che intrappola il lavorato-re, per così dire, in un eterno ingresso? Le ricerc h econdotte dall’Istat nel 1999 raff o rzano le ipotesi di ‘in-trappolamento’, peraltro avanzate da molta della lette-ratura internazionale. Nel 1999 solo il 20% di chi ave-va iniziato tre anni prima con un contratto a tempo de-t e rminato è riuscito a ottenere un contratto a tempo in-d e t e rminato, mentre quasi il 38% è precipitato nell’i-noccupazione. Questo scarso risultato porta i giovani anon fidarsi dello strumento dei rapporti flessibili, per-cepiti come una strada senza uscita, e a cerc a re, da su-bito, un rapporto di lavoro dipendente a tempo inde-t e rminato. Sebbene non lo si debba considerare come una sicura‘trappola’, è vero anche che la flessibilità come fenomenosi sta espandendo e che non è detto che a scale più gran-di non inneschi dei meccanismi ancora più perversi.

105

schi. Nella crescita delle forme di flessibilità del lavoro, in-somma, sembra possibile vedere, oltre la precarietà che ri-guarda la maggior parte dei lavoratori, anche la potenzialitàdi un cambiamento positivo proveniente dal processo stori-co di individualizzazione (Paci, 2005: 88).

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 105

Page 96: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

Esiste a oggi una componente (minoritaria) di lavoratoriche riescono a lasciare nel giro di due anni questa condi-zione di precarietà; tuttavia non siamo in grado di indi-v i d u a re con certezza quali siano le caratteristiche idealti-piche del soggetto ‘intrappolato’ o destinato a esserlo.C e rtamente giocherà un ruolo importante il bagaglio dicompetenze con il quale il soggetto entrerà nel merc a t o ,e quelle che vi aggiungerà subito dopo. Non dobbiamo dimenticare, infine, che le conseguenzedella precarietà si riveleranno importanti a lungo termi-ne, poiché innescano meccanismi perversi per la struttu-ra sociale, rallentando l’uscita di casa dei figli, e postici-pando le decisioni cruciali per la vita, come sposarsi, ave-re figli e fare progetti per il futuro.

Il mercato del lavoroQuando si parla di mercato del lavoro ci si riferisce a tuttiquei meccanismi che fanno incontrare domanda e off e rt adi lavoro e che determinano i salari che le imprese paganoai lavoratori (Reyneri, 2005a). In letteratura esiste un di-battito sulla liceità dell’uso del concetto economico di mer-cato per questo part i c o l a re ambito di applicazione. In altrep a role, possiamo parlare di vero e proprio mercato quan-do la merce è il lavoro? La nuova sociologia economica hamesso in discussione questo modo di intendere il concetto,poiché sia l’indipendenza dei partecipanti che la tendenzaall’equilibrio del sistema, presupposti essenziali della acce-zione economica, non sono quasi mai verificate. Quello che comunque possiamo affermare è che il ‘mer-cato’ del lavoro non tende naturalmente all’equilibrio,poiché si fonda su una asimmetria strutturale tra impren-ditori e lavoratori, asimmetria che sviluppa una relazionesociale di potere dei primi sui secondi. Questa asimmetria nasce dal fatto che tra imprese e lavo-ratori non vi è una relazione di scambio su un piano diparità, bensì un rapporto di forza (cfr. Tab. 2).

106

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 106

Page 97: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

È dunque lo Stato che, con l’introduzione di regimi diprotezione dell’impiego, riesce a riequilibrare i rapportitra imprese e lavoratori, innescando quindi un paradossoper gli economisti neoliberali: «Solo l’intervento pubbli-co consente una certa simmetria tra domanda e offerta dilavoro, una condizione che dovrebbe essere insita nelconcetto stesso di mercato» (Reyneri, 2005a: 13).

107

Tabella 2: Asimmetria tra Imprese e Lavoratori

Fonte: Rielaborazione da Reyneri (2005)

Secondo il pensiero economico neoliberale, la dicotomiaprincipale tra possibili modelli di sviluppo è quanto maisemplice: da una parte, la convinzione che riducendo ivincoli imposti per ridurre le disuguaglianze nella societàsia possibile crescere più speditamente e creare maggioreoccupazione; dall’altra, la convinzione che i vincoli per ri-

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 107

Page 98: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

durre le disuguaglianze siano l ’ i n g rediente principale perc o s t ru i re una società forte e coesa, a spese magari di unam i n o re capacità di innovare e con una crescita economicapiù lenta. Le economie mondiali dei Paesi sviluppati negliultimi anni si sono orientate, lo sappiamo, verso il primodi questi due modelli, poiché il secondo è stato tacciato dif re n a re lo sviluppo, quindi in buona sostanza, di non es-s e re in grado di raggiungere quello che è il suo fine, ovve-ro lo sviluppo economico stesso. Per quanto esistano opposizioni di rilievo a questo mo-dello neoliberale, una su tutte quella di Joseph Stiglitz, es-so si è ormai imposto a livello globale. Dalla fine degli anni Novanta in poi l’Europa ha tracciatodelle linee guida per l’occupazione che centrano il temadella crescita economica e dell’aumento dell’occupazionesulla q u a l i t à dello sviluppo, avendo come specifico obietti-vo una società socialmente coesa (Geroldi, Principe, 2004).L’obiettivo è quindi un mix tra crescita economica e sicu-rezza per i lavoratori – in una parola, f l e x e c u r i t y – in gradodi sviluppare la cosiddetta ‘via alta’ alla competitività.Che cosa rende un mercato flessibile? Quali cambiamen-ti nelle performance del mercato dobbiamo attendercidalla maggiore flessibilità introdotta? Il dibattito teoricosull’argomento è ovviamente molto acceso. Come sottoli-nea Nannicini (2005), in quasi tutti i Paesi industrializza-ti esistono regimi di protezione dell’impiego, ed è sullacalibrazione dei parametri di questo apparato che si gio-ca la maggiore o minore rigidità/flessibilità del sistema. Èlecito dunque chiedersi quali performance aspettarsi daparticolari settaggi del sistema; in altre parole, possiamodire che sistemi istituzionali rigidi siano generalmentecorrelati a maggiore disoccupazione? Come reagisce il si-stema di fronte a shock esogeni?

108

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 108

Page 99: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

Tabella 3: Modelli per analizzare la rigidità del rapporto di lavoro

Una maggiore flessibilità nel e del sistema rende più equala ripartizione dei costi e dei benefici tra imprese e lavo-ratori? I modelli teorici di riferimento sono sostanzial-mente di tre tipi (cfr. Tab. 3).Secondo il primo modello, la conseguenza di una mag-giore rigidità a livello occupazionale è che le imprese so-no meno efficienti, perché, da una parte, i vincoli al li-cenziamento inibiscono la loro volontà di assumere, an-che quando le condizioni del mercato lo richiederebbero,dall’altra i maggiori costi di licenziamento frenano dal ri-durre la propria forza lavoro in caso contrario. Inoltre, isalari risultano rigidi verso il basso, cosa che può genera-re disoccupazione involontaria (Nannicini, 2005).

109

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 109

Page 100: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

Dal secondo modello, invece, possiamo trarre conclusio-ni diverse. Secondo questa impostazione, l’introduzionedi vincoli alla facoltà di licenziamento costituirebbe unacontropartita per una situazione non perfettamente con-correnziale, grazie alla quale il vantaggio competitivo chegli imprenditori hanno sui lavoratori viene parzialmentearginato. In pratica, l’adozione di regimi di protezionedell’impiego rigidi rappresenta un’assicurazione per iprocessi di selezione avversa nella risposta agli shock del-la produttività (Ichino, 1997).Il terzo modello tenta di razionalizzare la presenza deiregimi di protezione dell’impiego spiegandola attraversolo studio del funzionamento del processo politico(Nannicini, 2005). La presenza di insider (lavoratori giàoccupati) rappresenta la radice politica dei suddetti re g i-mi, la cui conseguenza è limitare il turnover tra chi stad e n t ro e chi sta fuori dal mercato del lavoro. La risul-tante di questo processo è l’aumento della disoccupazio-ne di lunga durata tra gli outsider, nonché quella cheNannicini definisce una «isteresi del tasso di disoccupa-zione», ovvero quel processo che porta il tasso di disoc-cupazione, una volta salito, a non essere in grado di scen-d e re più al livello iniziale.Da sempre più interpreti, oggigiorno, l’alta disoccupazio-ne viene imputata alla scarsa flessibilità presente nel mer-cato; quanto più un mercato è flessibile, si dice, tanto mi-nore sarà il suo tasso di disoccupazione. È curioso osserv a re che allo stesso meccanismo negli anniCinquanta e Sessanta veniva imputata la minore disoccu-pazione dell’Europa (meno flessibile) rispetto agli StatiUniti. Probabilmente, un confronto analogico di questotipo schiaccia tutte le diff e renze dei sistemi di pro d u z i o n eche certamente sono cambiati molto in cinquant’anni, tut-tavia alcuni risultati empirici (Oecd, 1999) portano a con-f e rm a re le conclusioni dei teorici dei modelli con costi diaggiustamento: non esistono legami chiari tra occupazio-

110

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 110

Page 101: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

ne media e rigidità dei regimi di protezione dell’impiego. Esistono però due correlazioni statisticamente significative:• a regimi di protezione dell’impiego rigidi si correla po-sitivamente la disoccupazione giovanile;• a regimi di protezione dell’impiego rigidi si correla nega-tivamente la disoccupazione degli individui in età adulta.

Queste correlazioni sono in linea con le conclusioni deimodelli insider e outsider, dove chi è già dentro proteggese stesso e allontana chi è fuori dall’accesso al mercato, ri-ducendo di fatto il turnover.U l t e r i o re risultato interessante (anche questo predetto daimodelli con costi di aggiustamento) è la correlazione ne-gativa e statisticamente significativa tra regimi di pro t e z i o-ne dell’impiego e flusso di entrata nella/uscita dalla disoc-cupazione: con regimi di protezione dell’impiego meno ri-gidi è sì più probabile uscire dalla di-soccupazione, ma èanche più probabile torn a rv i .Se la rigidità del lavoro non è capace di spiegare le perf o r-mance occupazionali del mercato del lavoro, cosa può far-lo? Nannicini riporta alcune ricerche (Blanchard, Wo l f e r s ,2000; Ljungqvist, Sargent, 2002) da cui emerge una possi-bile spiegazione del fenomeno: l’interazione tra istituzionie shock esogeni. Questi due fattori sono in grado di spie-g a re i diff e renti o u t c o m e occupazionali del mercato:

111

Gli shock negativi hanno un effetto positivo sul livello delladisoccupazione che è significativamente maggiore quando laprotezione dell’impiego è rigida, la durata dei sussidi per ladisoccupazione è lunga e la densità sindacale è alta(Nannicini, 2005: 77).

Quindi, la correlazione tra tasso di disoccupazione e rigi-dità dei regimi di protezione dell’impiego è spuria e di-pende dalla situazione in cui si trova il sistema economi-co: se quest’ultima è tranquilla, allora la rigidità istituzio-

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 111

Page 102: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

nale avrà effetti positivi sulla disoccupazione (a spese di unam i n o re efficacia allocativa), mentre in tempi turbolenti essainciderà negativamente sull’occupazione facendo esplodereil problema della disoccupazione di lunga durata.Sebbene tra aumento della flessibilità e diminuzione del-la disoccupazione non ci sia una correlazione se non spu-ria, la maggior parte dei governi, quello italiano incluso,ha scelto di ridurre la rigidità dei regimi di protezionedell’impiego inserendo nuove tipologie contrattuali peraumentare la cosiddetta flessibilità in entrata, soluzioneteorica sia al problema della disoccupazione giovanile siaa quello dell’efficienza allocativa per l’impresa.Il problema della prolificazione dei tipi contrattuali fles-sibili, antidoto che il legislatore ha pensato per stimolareil tasso di occupazione più basso d’Europa, è stato inter-pretato dai critici esperti di diritto del lavoro come untentativo di destrutturazione del paesaggio giuslavoristi-co. Si è trattato tuttavia di una destrutturazione più vir-tuale che reale, dato che molte delle nuove tipologie con-trattuali sono in realtà rimaste sulla carta, a dimostrazio-ne dello scarso interesse suscitato negli imprenditori,vuoi per la figura lavorativa proposta, vuoi per le com-plessità e difficoltà attuative che tali fattispecie presenta-no (Perulli, 2006).La riforma del mercato del lavoro italiano del 2003 hadunque prodotto uno scenario ben diverso da quello chemolti paventavano. Sebbene i dubbi e le perplessità suquella che è l’ispirazione teorica e concettuale restino peri più (ad esempio in relazione alla necessità di stimola-re non solo la competizione ma anche la collaborazionetra pubblico e privato), nella pratica ci sono stati alcu-ni risultati, come quello dei centri per l’impiego e dellep rovince, che hanno effettivamente avviato un pro c e s-so di ammodernamento e ottimizzazione delle stru t t u-re. Tuttavia, pur esistendo esiti positivi prodotti da que-sta legge, possiamo classificarli come assai marginali

112

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 112

Page 103: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

(Perulli, 2006). Lo stesso ministero del Lavoro è insoddi-sfatto dei risultati della riforma dato che poche delle va-riazioni rilevabili sul mercato del lavoro appaiono davve-ro significative (Accornero, 2006). Anna Rita Tinti (2006) ci ricorda che, all’indomani dellariforma del mercato del lavoro, le raccomandazioni ricor-renti erano due:• valutare la riforma, per quanto possibile, al di fuori diottiche ideologiche;• non giudicarla troppo in fretta, poiché si trattava ingran parte di un lavoro che necessitava di essere comple-tato da interventi di normazione successivi.

Queste sono sostanzialmente le due linee difensive princi-pali dietro le quali si pone Michele Tiraboschi (2006) nelf a re un bilancio dell’efficacia e dei risultati prodotti dallaLegge Biagi sul mercato del lavoro italiano. La posizionedi Tiraboschi è fortemente critica nei confronti dei detrat-tori della legge, poiché, egli asserisce, le motivazioni diquesti ultimi sono esclusivamente politiche: i dati, chespesso richiama a sostegno delle proprie tesi, per quantopositivi non fanno cambiare idea ai critici, dimostrando, adir suo, la natura prettamente ideologica del dibattito. Per quanto la proliferazione delle tipologie contrattualiprevista dalla riforma venga da lui interpretata non tantocome produttrice di precarietà, quanto come strumentoflessibile di aggressione di quella immensa area delm e rcato che opera al nero, Tiraboschi sembra comunqueconcordare con i suoi oppositori nel constatare uno scar-so impatto della riforma sulle correnti pratiche lavorative.Tuttavia, i commenti di Tiraboschi sono di segno oppostorispetto a quelli dei critici, ai quali replica laconicamenteche è troppo presto per poter formulare un vero e pro-prio bilancio. Non solo, rincara sostenendo che è di fattomancata una leale e convinta sperimentazione di largaparte dei provvedimenti in essa contenuti e che tutta la

113

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 113

Page 104: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

R i f o rma Biagi è stata sottoposta a un massiccio e sistema-tico intervento demolitorio e ostruzionistico che ha altera-to le fasi temporali che avre b b e ro dovuto scandire il mo-nitoraggio, la valutazione e la verifica. E, conclude, senzamonitoraggio non è possibile verificare l’effettivo impattoche la riforma ha avuto o meno sul mercato del lavoro .La riforma quindi ha da un lato incontrato, dall’altro at-tivato, una serie di ‘fattori di resistenza’ che hanno atte-nuato e ridimensionato gli effetti ‘riformatori’. Tra quelliattivati, sicuramente la pressione di alcune componentisindacali, che si sono opposte alla realizzazione di quegliistituti ritenuti maggiormente disarticolanti per la con-trattazione collettiva. Tra quelli incontrati, la situazionedi stagnazione economica (il che conferma i dubbi sopraesposti sulla capacità della flessibilità in sé di fungere darimedio alla disoccupazione). Infine, non dobbiamo di-menticare la macchinosità, l’imprecisione tecnica e siste-matica della disciplina, probabile spiegazione dello scar-so interesse degli imprenditori verso alcune delle tipolo-gie di contratto introdotte (Perulli, 2006).La necessità di un monitoraggio era data anche dal ca-r a t t e re sperimentale di molte disposizioni contenute neld.lgs. n. 276/2003. Secondo alcuni l’assenza di tale re s o-conto rappresenta la prova provata che, con quella leg-ge, «si è prodotto molto ru m o re per nulla» (Liso, 2006:301). I critici dunque rispondono che una forte dose diideologismo è presente non in loro, quanto all’interno dialcune disposizioni della legge stessa: la loro risposta(ideologica) è stata quindi chiamata da una pre c e d e n t ep rovocazione (ideologica).Una cosa è comunque certa: questa riforma apre in mo-do massiccio al mondo dei privati la gestione dell’incon-tro tra la domanda e l’offerta di lavoro, rendendo il mer-cato del lavoro più simile a un vero e proprio mercatoeconomico di quanto sia mai stato. Questo dato di fattoci espone a due possibili outcome indesiderati:

114

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 114

Page 105: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

• un eccessivo numero di soggetti ammessi a operare cheindebolisce le strutture di controllo, a scapito dei lavora-tori che potrebbero venir discriminati; • i servizi privati che diventano i gestori di quella parte dimercato e di lavoratori che offrono maggiori possibilità diprofitto, mentre i servizi pubblici, con scarse risorse, cherestano destinati a occuparsi dei soggetti marginali, svan-taggiati, o precari a vita (Scarpelli, 2004).

P o t remmo dire, un ulteriore tassello a conferma che una ri-f o rma pensata in questi termini fa ben poco per incentivarei cosiddetti good jobs di cui si parla nel L i b ro Bianco, s o s t e-nendo invece che quantità dei posti di lavoro sia sinonimo diqualità oltre che di modelli di competitività eff i c i e n t i .Secondo Onofri (2006), la difficoltà di crescita del sistemaItalia dipende prevalentemente dal persistere di vincoli di di-versa natura operanti dal lato dell’off e rta di lavoro. Il pro b l e-ma, secondo lui, è che la riforma non è stata capace di «far sìche lavorare paghi», ovvero non è stato fatto molto per re n-d e re conveniente fiscalmente dal lato del giovane lavoratore ,della lavoratrice post maternità, del lavoratore cinquantennee n t r a re, rientrare o rimanere nel mercato del lavoro .L’Italia ha seguito con ritardo l’evoluzione delle politichedel lavoro che si sono succedute dagli anni Cinquanta inmolti Paesi europei e non, e si è spesso trovata in contro-tendenza rispetto alle politiche adottate da questi ultimi.Cipolletta (2006) riporta ad esempio gli anni Settanta,che hanno corrisposto in Italia a un irrigidimento delleregole di gestione del mercato del lavoro, mentre all’este-ro gli altri Paesi cominciavano a domandarsi come intro-durre qualche tipo di flessibilità.In effetti, come previsto dai modelli teorici con costi diaggiustamento, in questo periodo si verificò un appiatti-mento verso il basso dei salari. In Italia si comincia a par-lare di flessibilità a partire dagli anni Ottanta, ma solo at-traverso un parziale allentamento della rigidità normati-

115

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 115

Page 106: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

va, operando per così dire ‘in deroga’ a quella. Una verasvolta si ha solo nel 1997 grazie al Pacchetto Treu e al-l’introduzione del lavoro interinale e dei co.co.co. Èquindi con la fine degli anni Novanta che in Italia si svi-luppa un mercato del lavoro (in entrata) realmente flessi-bile, dove finalmente sono state superate tutte le casisti-che specifiche a cui occorreva riferirsi per assumere unapersona a tempo determinato e dove le imprese possonofarvi ricorso senza i rischi di vederlo trasformato in unrapporto di lavoro a tempo indeterminato dopo contro-versie con il lavoratore (Cipolletta, 2006).La Riforma Biagi è allora, da questo punto di vista, in con-t rotendenza alla riforma di Treu e non ne rappresenta unacontinuazione, neppure nelle intenzioni, proprio perché ri-p ropone un concetto ‘rigido’ di flessibilità stile anni Ottanta,f a tto di tante nuove forme di lavoro rigidamente definite:la flessibilità ora permette sì di avere più casistiche possi-bili di incontro tra impresa e lavoratore, ma ognuna di es-sa è strettamente e rigidamente regolata, e non esiste piùla formula generica della collaborazione.Questa sclerotizzazione legislativa non è, tuttavia, da ad-d e b i t a re solo alla Legge 30: il mercato del lavoro italianoè sempre stato iperregolato, perché si presume che esistaun solo modo lecito di pre s t a re lavoro (quello a tempo in-d e t e rminato), e tanti modi eccezionali, da definire minu-ziosamente e svolgere per periodi limitati di tempo. Eccola causa fondante del ritardo italiano, la tendenza a codi-f i c a re le modalità di prestazione del lavoro in un merc a t oin continua evoluzione, anche tecnologica: non siamo ingrado di pre v e d e re quali modalità si svilupperanno doma-ni, e in questo modo dovremo fare i conti con esse usan-do strumenti contrattuali inadatti, che forzeranno un rap-p o rto dentro una fattispecie che non gli appartiene, in un(donchisciottesco) tentativo di adattare la realtà al dirittoe non viceversa e restando incapaci di inventare (pro p r i oin Italia!) la soluzione adatta al momento giusto.

116

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 116

Page 107: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

C o n c l u s i o n iLa conclusione (parziale e aperta) di questo lavoro nasce daqueste due evidenze empiriche: il pro g ressivo aumento de-gli ‘intrappolati’ e la perdita di competitività delle imprese. Se il legislatore ha introdotto la flessibilità come rimedioper un mercato del lavoro in crisi, avanziamo l’ipotesi cheil rimedio non stia ottenendo i risultati sperati, anzi, sep-pur involontariamente, stia generando effetti perversi.Scarpelli già dal 2004 asserisce che il Legislatore del 2003sia stato vittima di una visione «tecnocratica e ingegneri-stica» (Scarpelli, 2004: 40), una visione, per così dire, discarsa sensibilità sociologica. Così anche Accornero:

117

La riforma intendeva traghettare il mercato del lavoro italia-no dalla flessibilità normata a una flessibilità generalizzatasulla base di un assioma ingenuo e fallace: più modalità diimpiego e più canali di intermediazione ci sono, più posti sicreano; … Così ci troviamo con troppi profili occupaziona-li, soggetti intermediatori e canali per il matching, mentre iprimi risultati della riforma sembrano dirci che questa ri-dondanza non paga (Accornero, 2006: 85).

Ci sentiamo di sostenere che, quando si ipotizzano solu-zioni legislative a problemi complessi che coinvolgonoaspetti delicati del funzionamento della nostra società,per analizzarne le possibili conseguenze (intenzionali enon) sul tessuto sociale sia necessario far entrare ex-antela riflessione sociologica, al di là delle statistiche, a pienotitolo nel dibattito.Il problema principale resta quello di avviare un proces-so di delegificazione del mercato del lavoro (Cipolletta,2006), perché le imprese hanno bisogno di una flessibili-tà negoziata attraverso la contrattazione collettiva e unaflessibilità di contratto, cioè riferita alle tipologie contrat-tuali: niente di più, niente di meno (Perulli, 2006). I la-

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 117

Page 108: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

voratori invece necessitano di tutele a garanzia che la fles-sibilità di cui ha bisogno l’azienda non finisca per diven-tare una gabbia in cui rimanere intrappolati: l’esigenza èquella di realizzare una flexicurity in grado di proteggereil lavoratore nell’alternanza di occupazioni con cui dovràfare i conti, in modo da cancellare l’idea che la sicurezzasia possibile solo con il posto a tempo indeterminato.Dobbiamo quindi interro g a rci su quello che verrà, suquello che sarà il mercato del lavoro italiano d o p o la flessi-bilità: sarà ancora flessibile? È molto plausibile pensareche ormai la flessibilità sia diventata a buon diritto un da-to strutturale del nostro sistema economico e pro d u t t i v o ;tuttavia è altrettanto plausibile pensare che la flessibilità‘as we know it’, non essendosi rivelata la panacea di tutti imali del mercato, non venga più invocata a gran voce (co-me strumento ideologico), ma che si diffonda l’esigenza dir i d e f i n i rne i confini e soprattutto i contenuti e le modalità,al fine di mettere a punto uno strumento efficiente ed eff i-cace per aff ro n t a re le sfide della modernità avanzata. !

BibliografiaA A . V V., (a cura di) (2006), La “Legge Biagi”, Editori Riuniti, Roma.A c c o rn e ro A. (2006), L a v o ro, mercato, regole: quando il difetto sta nelm a n i c o, in Aa.Vv. (2006).A x e l rod R. (1984), The evolution of cooperation, Basic Books, New Yo r k .A x e l rod R. (1997), The complexity of cooperation: agent-based models ofcompetition and collaboration, Princeton University Press, New Jersey.Bauman Z. (2002), La società individualizzata, Il Mulino, Bologna.Beck U. (2005), La società del rischio, Carocci, Roma. Beck U., Grande E. (2006), L’ E u ropa cosmopolita, Carocci, Roma. B o rtone R., Damiano C., Gottardi D., (a cura di) (2004), Lavori ep recarietà. Il rovescio del lavoro, Editori Riuniti, Roma.Carlà D. (2006), Gli imprenditori, i lavori, la flessibilità, in AA.VV. (2006).Castel R. (2004), L’ i n s i c u rezza sociale. Che cosa significa essere pro t e t -t i, Einaudi, Torino.

118

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 118

Page 109: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

Castells M. (2002), La nascita della società in re t e, Università Bocconi,Milano. Cipolletta I. (2006), M e rcato o mercati del lavoro ?, in AA.VV. (2006).Damiano C., Treu T. (2004), Conversazione sul lavoro, Rosenberg &S e l l i e r, Torino. Della Rocca G., Fortunato V. (2006), L a v o ro e org a n i z z a z i o n e,L a t e rza, Roma-Bari. D o re R. (2005), Il lavoro nel mondo che cambia, Il Mulino, Bologna. Gaeta L. (2006), Tecniche utilizzate dalla riforma del mercato del la -v o ro nella qualificazione del rapporto di lavoro, in Mariucci (2006).G a rofalo M.G. (2006), Polisemia dell’espressione flessibilità del lavo -ro e modelli di sviluppo, in Mariucci (2006). G e roldi G., Principe G. (2004), La riforma del mercato del lavoro el ’ o c c u p a z i o n e, in Bortone, Damiano, Gottardi (2004).Giovani, F., (a cura di) (2005), Il lavoro flessibile: opportunità o vin -c o l o, Franco Angeli, Milano.Ichino A. (1997), La disciplina limitativa dei licenziamenti: effetti egiustificazioni nella letteratura economica re c e n t e, in «PoliticaEconomica», vol. XIII, n. 3.Liso F. (2006), Riflessioni sulla riforma del mercato del lavoro, inMariucci (2006).Lodovici M.S., Semenza R. (2004), Il lavoro part - t i m e, Franco Angeli,Milano. Magnani, M. (2006), I lavori flessibili, in Mariucci (2006).Mariucci L., a cura di (2006), Dopo la flessibilità, cosa?, Il Mulino, Bologna.Nannicini, T. (2005), L’analisi economica della flessibilità nel merc a t odel lavoro, in Giovani (2005).Oecd (1999), Employment protection and labour market perf o rm a n -c e, in Employment Outlook, Paris.Onofri, P. (2006), M e rcato del lavoro e declino, in AA.VV. (2006).Paci M. (2005), Nuovi lavori, nuovo welfare, Il Mulino, Bologna. P e rulli A. (2006), La riforma del mercato del lavoro: bilancio e pro -s p e t t i v e, in Mariucci (2006).Pinelli C. (2005), Diritti e politiche sociali nel progetto di trattato co -stituzionale euro p e o, in Borioni P. (a cura di), We l f a re scandinavo,w e l f a re italiano, Carocci, Roma.

119

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 119

Page 110: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

Principe G. (2006), Un quadro di sintesi degli effetti della legge 30, inA A . V V. (2006).Reyneri E. (2005a), Il mercato del lavoro tra famiglia e welfare, inIdem, Sociologia del mercato del lavoro, vol. I, Il Mulino, Bologna.Reyneri E. (2005b), Le forme dell’occupazione, in Idem, Sociologia delm e rcato del lavoro, vol. II, Il Mulino, Bologna. Roccella M. (2006), Lavori flessibili o lavori pre c a r i ?, in Mariucci (2006).Rosenthal E.C. (2006), L’età della scelta, Apogeo, Milano. Sacconi M., Biagi M., (a cura di) (2001), L i b ro Bianco sul Mercato delL a v o ro in Italia, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Scarpelli F. (2004), Le tecniche e le competenze regolative. Il merc a t odel lavoro, in Bortone, Damiano, Gottardi (2004).Sennett R. (2001), L’uomo flessibile, Feltrinelli, Milano. Solow R. (1990), The labor market as a social institution, BasilBlackwell, Oxford .Tinti A.R. (2006), Dopo questa flessibilità, quale contrattazione?, inMariucci (2006).Tiraboschi M. (2006), A due anni dalla riforma Biagi del mercato dell a v o ro: quale bilancio?, in Mariucci (2006).

120

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 120

Page 111: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

Dal concetto di educazione permanente lanciato negli an-ni Settanta dall’Unesco ai più recenti documenti dellaCommissione delle Comunità europee in materia di istru-zione e formazione, si è diffusa e stabilizzata una filosofiadell’educazione che rivolge la sua attenzione a tutto l’ar-co della vita e individua – proprio nell’educazione e nel-la formazione – gli strumenti per realizzare lo sviluppodell’individuo, della società e dell’economia. Si parla di Knowledge Society e, in tal modo, si rilanciauna necessità, si individua un progetto da realizzare pernon lasciarsi travolgere dai mutamenti sociali in atto. Il disegno appare chiaro nei Rapporti della Commissionedelle Comunità europee. Individuato nella disoccupazioneil problema centrale che perseguita i Paesi del Vecchio con-tinente, bisogna tro v a re risposte adeguate. Non è più suff i-ciente incre m e n t a re il prodotto interno lordo per far salirei livelli di occupazione: alla crescita economica occorre af-f i a n c a re le cosiddette ‘politiche attive del lavoro ’ .La strategia europea punta subito sulla formazione e sull’i-s t ruzione, in quanto azioni capaci di favorire l’adeguamen-to della preparazione professionale dei lavoratori e dei gio-

121

Gerardo Pastore Progettare il futuro tra formazione e flessibilità*

* Questo lavoro, e i risultati qui presentati in forma sintetica, sono partedi una ricerca più ampia condotta nell’ambito del Programma di ricercadi Rilevante Interesse Nazionale (PRIN) sul tema Flessibilità e prospetti -ve di vita. Definizioni concettuali ed esperienze storiche: individuo, istitu -zioni e processi di integrazione nella modernità avanzata, coordinata dalProf. Mario Aldo Toscano dell’Università degli Studi di Pisa.

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 121

Page 112: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

vani alle mutevoli esigenze del mercato. Il principio base diogni azione riguardante la formazione deve essere, secondoil rapporto Delors (Commissione delle Comunità euro p e e ,1993), la valorizzazione del capitale umano lungo tutto ilperiodo della vita attiva. L’obiettivo è quello «di imparare ai m p a r a re per tutto il corso della vita». Per agevolare il pas-saggio dei giovani dalla scuola alla vita professionale, van-no ampliate le forme di tirocinio e apprendistato presso lei m p rese e, a integrazione di queste esperienze, vi è bisognodi corsi di formazione professionale brevi e a carattere emi-nentemente pratico organizzati in centri specializzati.Sugli stessi temi insiste il Libro Bianco del novembre1995, I n s e g n a re e appre n d e re verso una società conoscitiva(Commissione delle Comunità europee, 1995), secondo ilquale per costru i re la società conoscitiva è necessario: in-c o r a g g i a re l’acquisizione di nuove conoscenze, riavvicinarescuola e impresa, lottare contro l’esclusione, imparare trelingue comunitarie, trattare sullo stesso piano l’investimen-to materiale e l’investimento nella form a z i o n e .Questi orientamenti trovano conferma nell’obiettivo stra-tegico rilanciato in occasione del Consiglio europeo diLisbona del 2000: fare dell’Europa l’economia basata sul-la conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, ingrado di re a l i z z a re una crescita economica sostenibile connuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesionesociale. Propositi che vengono ripetuti e raff o rzati sia nelMemorandum europeo sull’istruzione e l’educazione per-manente del 20001 sia nel recente Consiglio europeo diB ruxelles del 23 e 24 marzo 2006.

122

1 Diffuso dalla Commissione europea nel novembre 2000, mira all’iden-tificazione di strategie coerenti e misure pratiche atte a favorire un’age-vole formazione permanente per tutti. I messaggi lanciati dal memoran-dum sono sei: nuove competenze di base per tutti, maggiori investimen-ti nelle risorse umane, innovazione nelle tecniche di investimento e di ap-prendimento, valutazione dei risultati dell’apprendimento, ripensare l’o-rientamento, un apprendimento sempre più vicino a casa.

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 122

Page 113: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

Alle indicazioni e sollecitazioni contenute nei documentip rogrammatici dell’Unione europea corrisponde un au-mento delle off e rte di formazione a tutti i livelli. In Italia– secondo i dati diffusi dall’Isfol e dal Miur – i corsi di for-mazione professionale sono cresciuti di circa 42000 unitàin soli cinque anni e i master universitari sono aumentatidel 64% in soli due anni2. Di anno in anno si moltiplica-no quelli che con ironia Bajani (2006) definisce «corsi perbambini cresciuti», grazie ai quali dal nulla si re a l i z z a n onuove professioni e nuovi professionisti. Dopo il corso

123

... si riceve l’attestato rilasciato dall’ente si mettono in cassa-f o rte i crediti formativi, in qualche caso si effettua il periododi stage previsto dal corso e soprattutto si inserisce il corsonel proprio curriculum vitae. Poi lo si spedisce alle aziende,che così sapranno che hanno a che fare con dei pro f e s s i o n i s t ie non con gente qualunque. Se le aziende non rispondono èsolo perché i professionisti sono diventati migliaia, e tra tantip rofessionisti da scegliere chiunque sarebbe in difficoltà. Ils e g reto è diventare più professionisti degli altri pro f e s s i o n i s t i .Come? Iscrivendosi a un altro corso. È una gara di re s i s t e n-za. E se proprio si vuole alzare il tiro ancora di più, bastaiscriversi a un master ... (Bajani, 2006: 32-35).

2 Per i dati sulla formazione professionale si vedano i R a p p o rti Isfol d a l2000 al 2006. Per i master universitari invece si considerino: Miur, I n d a g i n enazionale sui master universitari, ottobre 2004; Almalaurea, Condizione oc -cupazionale dei laureati. Indagine 2005 ( w w w. a l m a l a u rea.it). 3 Fra i soggetti chiamati a rispondere il 22,3% ha dichiarato di fre q u e n t a-re, o di aver frequentato in passato, un ciclo di formazione extra-scolasti-co. Cfr. C. Buzzi, A. Cavalli, A. de Lillo (a cura di), Giovani del nuovo se -colo. Quinto rapporto Iard sulla condizione giovanile in Italia, Il Mulino,Bologna, 2002.

La rincorsa ai titoli e alle certificazioni supplementari ri-sulta chiara sia nel Quinto rapporto Iard sulla condizio-ne giovanile in Italia3 sia nell’ultima indagine realizzata da

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 123

Page 114: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

Almalaurea sugli sbocchi occupazionali dei laureati. A unanno dal conseguimento del titolo, infatti, aumenta laquota di laureati che prosegue la formazione: 68 laureatisu cento; 54 su cento tra gli occupati e ben 85 su cento trai non occupati, con una incidenza diversa a seconda delpercorso formativo compiuto4.Il declino del posto fisso e la necessità di adeguarsi ai con-tinui cambiamenti del lavoro sono evidenze sulle quali,da oltre un decennio, numerosi studiosi si confrontano5.Si parla di svolte epocali, di processi che segnano una rot-tura forte con il passato, tanto da cambiare anche il no-stro modo di interpretare la realtà6. In situazioni di que-sto tipo, la formazione si presenta come condizione indi-spensabile per trasformare la flessibilità in opportunità dioccupazione e di crescita professionale. A investire in for-mazione sono soprattutto i giovani che puntano su que-sta strategia per massimizzare le possibilità di trovare unlavoro: nuovi profili, qualifiche professionali e titoli varivengono utilizzati prevalentemente come un ‘bene’ dacollocare sul mercato laddove la domanda del sistemaproduttivo risulta in continuo cambiamento e dove si fastrada la necessità di soggetti versatili, buoni a tutto. Le nuove generazioni di lavoratori crescono nella convin-zione che la cosa più importante non sia la propria pre-parazione ma la capacità di vendersi. Si percepiscono co-

124

4 Cfr. Almalaurea, Condizione occupazionale dei laureati. Indagine 2005,in www.almalaurea.it.5 Si vedano ad esempio: A. Accorn e ro, Era il secolo del lavoro, Il Mulino,Bologna, 1997; L. Gallino, Se tre milioni vi sembran pochi. Sui modi perc o m b a t t e re la disoccupazione, Einaudi, Torino 1998; J. Rifkin, La fine dell a v o ro. Il declino della forza lavoro globale e l’avvento dell’era post-merc a -t o, Baldini&Castoldi, Milano 1995; R. Sennet, L’uomo flessibile. Le conse -guenze del nuovo capitalismo sulla vita personale, Feltrinelli, Milano, 1999.6 V. Foa, A. Ranieri, Il tempo del sapere. Domande e risposte sul lavoro checambia, Einaudi, Torino, 2000, p. 5.

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 124

Page 115: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

me merce7 prodotta nel XXI secolo che ha mercato solose ben pubblicizzata. L’etica weberiana del lavoro cede ilpasso all’affermazione di una logica consumistica in virtùdella quale lo scopo principale non è più lavorare ma far-si assumere, rendersi fruibili. In effetti, una volta assuntoil lavoratore viene ‘utilizzato’ per così pochi mesi che nonha il tempo di sviluppare la forma mentis adatta a quel-l’ambiente di lavoro; magari – interiorizzate le dinamichelavorative – problemi di budget non permettono il rinno-vo del contratto e tutto ricomincia: nuova formazione, al-tro lavoro. Invece di sentirsi più forti, più flessibili, in lineacon i veloci trend globali gli aspiranti lavoratori perd o n ofiducia nelle proprie capacità e nelle istituzioni. Viene me-no quella sicurezza ontologica di cui parla Giddens8, unasituazione che Bauman paragona «alla sensazione che po-trebbero provare i passeggeri di un aereo nello scoprireche la cabina di pilotaggio è vuota, che la voce rassicu-rante del capitano era soltanto la ripetizione di un mes-saggio registrato molto tempo prima»9. Nel tentativo disfuggire all’insicurezza e di superare l’angoscia esistenzia-le, uomini e donne si mobilitano «alla ricerca di qualcosache non troveranno mai, e mai certi che ciò che hannotrovato sia quello che stavano cercando, benché quasi si-curi che qualunque cosa abbiano trovato (che sia quelloche cercavano o no), il fatto stesso di averla trovata non lifarà smettere di cercare ancora»1 0.

125

7 Come esplicita chiaramente Marx: « ... La merce è in primo luogo unoggetto esterno, una cosa che mediante le sue qualità soddisfa i bisogniumani di qualsiasi tipo». Cfr. K. Marx, Il capitale, Editori Riuniti, Roma,1970, I vol. p.69.8 Giddens parla di sicurezza ontologica riferendosi a quell’atteggiamentodella maggior parte delle persone, che confidano nella continuità della pro-pria identità e nella costanza dell’ambiente sociale e materiale in cui agi-scono». Cfr. A. Giddens, Le conseguenze della modern i t à, Il Mulino,Bologna, 1994, p. 96.9 Z. Bauman, La solitudine del cittadino globale, Feltrinelli, Milano, 2000, p. 28.10 Ivi, p. 30.

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 125

Page 116: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

Le nuove conoscenze, quindi, se da un lato si configura-no come risorsa strategica, dall’altro sembrano rappre-sentare il fondamento di una incertezza e di una compe-tizione incessante. Certo – considerando il venir meno diimportanti garanzie quali la sicurezza economica, lavora-tiva, di appartenenza politica, religiosa, familiare ecc. – laformazione diventa una risposta a una situazione proble-matica; ma vi è una soglia oltre la quale si può mettere indiscussione il criterio di razionalità della scelta, oltre laquale si intravedono elementi patologici: quando si saltada un percorso di formazione a un altro, senza alcuna co-erenza, l’accumulo di specializzazione, l’accumulo di for-mazione, diventa formazione dilettantesca1 1 che cancelladal suo orizzonte ogni possibile realizzazione. Questo si-gnifica un livellamento verso il basso, denuncia che la so-cietà italiana farà fatica a crescere e a migliorare la pro-pria competitività: la formazione che non porta al lavoroè negazione delle possibilità, freno allo sviluppo e alla co-struzione della società. P u n t a re sul lifelong learn i n g è sicuramente necessario;r a p p resenta un fattore prioritario su cui agire per favorirelo sviluppo economico, la crescita della coesione sociale ela lotta alla disoccupazione. Ma la Knowledge Society sicolloca nell’orizzonte del possibile solo nella misura incui è capace di eleggere dei settori di riferimento, nellamisura in cui sa guardare alle vocazioni territoriali e cul-turali, nella misura in cui riesce a ritagliarsi un posto diprestigio nella divisione del lavoro1 2. Purtroppo le molte-plici offerte di formazione non sempre sono saldamenteagganciate alla domanda reale di competenze professio-nali specializzate e, spesso, i nuovi titoli e le brevi espe-rienze di stage vanno a collocarsi in un puzzle esistenzia-

126

11 Cfr. Intervista a L. Gallino, riportata in www.mediamente.rai.it.12 Cfr. M. A. Toscano, Letture. Il tempo del sapere, riportato in «Gli ar-gomenti umani», n. 4/5, 2001.

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 126

Page 117: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

le sempre più difficile da ricomporre tra nuove possibili-tà e una difficoltosa progettazione del futuro. Condizioneche si configura non come un semplice incidente nellestorie individuali, ma come riflesso di una crisi profondache interroga l’intera società. !

Riferimenti bibliograficiA c c o rn e ro A., Era il secolo del lavoro, Il Mulino, Bologna, 2000.Alberici A., I m p a r a re sempre nella società della conoscenza, Mondadori,Milano, 2002.Bajani A., Mi spezzo ma non mi piego, Einaudi, Torino, 2006.Bauman Z., La solitudine del cittadino globale, Feltrinelli, Milano, 2000.Beck U., Giddens A., Lash S., M o d e rnizzazione riflessiva. Politica,tradizione ed estetica nell’ordine sociale della modern i t à, Asterios,Trieste, 1999.Benadusi L., F o rmazione e occupazione: situazione attuale e pro s p e t t i -ve future, riportato in Bartocci E. (a cura di), Il welfare del disincan -to. Appunti per il terzo millennio, Donzelli, Roma, 1998.Bianchi F., F o rm a re al cambiamento: dal sapere alle nuove competen -z e, Carocci, Roma 2005.Foa V., Il tempo del sapere. Domande e risposte sul lavoro che cambia,Einaudi, Torino, 2000.Gallino L., Il costo umano della flessibilità, Laterza, Roma-Bari, 2001.Gelpi E., L a v o ro futuro. La formazione come progetto politico, Guerini,Milano, 2002.Giddens A., Le conseguenze della modern i t à, Il Mulino, Bologna, 1994.M a rx K., Il capitale, Editori Riuniti, Roma 1970.Reyneri E., Sociologia del mercato del lavoro, Il Mulino, Bologna, 1996.Rifkin J., La fine del lavoro, Baldini&Castoldi, Milano, 1995.Toscano M. A., L e t t u re. Il tempo del sapere, riportato in «Gli arg o-menti umani», n. 4/5, 2001.Toscano M. A., M a rx e We b e r. Strategie della possibilità, Guida, Napoli, 1988.Touraine A., Khosrokhavar F., La ricerca di sé. Dialogo sul soggetto,Il Saggiatore, Milano, 2003.Weber M., L’etica protestante e lo spirito del capitalismo, Rizzoli, Milano, 1991.

127

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 127

Page 118: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

Il metronotte Romoletto Proietti ripas-sando, come da ordine di servizio, per lapulizia terminale via dell’Umiltà in Romaha scorto nei pressi della sede di ForzaItalia un plico perfettamente sigillato re-cante la scritta: «Riservato». Dopo avereripetutamente e inutilmente suonato ilcampanello della sede e aver scaricato nelcassonetto i rimanenti residui variamenteabbandonati sul luogo, ha pensato benedi ispezionare il plico. A p e rtolo ha indivi-duato un dossier recante le parole: U m i l ip roposte di programma per il terzo govern oB e r l u s c o n i. Spostatosi sotto il cono di lucedel vicino lampione il detto metronotte hapotuto leggere quanto segue:

Riforme costituzionali• All’art. 42 della Costituzione sopprimereogni riferimento al carattere pubblico del-la proprietà, al vincolo per quella privatadi assicurare la propria «funzione sociale»,alla possibilità di esproprio con indennizzoe ai diritti dello Stato sulla ere d i t à .• All’art. 55 aggiungere alla paro l a«Senato» la frase: «la cui sede è postanella città di Milano».• All’Art. 94 il quarto comma è così ri-formulato: «Il voto contrario di una o dientrambe le Camere su una proposta delgoverno non comporta la decadenza del-la proposta stessa se non con il consensodel governo medesimo».• All’art. 104 il comma primo è così rifor-mato: «La magistratura costituisce un or-dine funzionale agli interessi dello Stato ea tal fine è subordinata alle direttive delp o t e re politico legalmente costituito».

Rintracciato il p rogramma del terz o

g o v e rno B.

128

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 128

Page 119: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

• Alla XII Disposizione transitoria la di-zione sul divieto in qualsiasi forma del di-sciolto partito fascista è sostituita dallaseguente: «È vietata la permanenza inqualsiasi forma del partito comunista»(Nota: questa norma recepisce l’egualedizione proposta dall’Udc Volonté).Politica estera• Ripristinare il corpo di spedizione mili-t a re in Iraq denominandolo Ve n d i c h i a m oNassiria e sua immediata partenza per laM e s o p o t a m i a .• Denunciare il Patto di stabilitàdell’Unione europea allo scopo di ripristi-n a re la sovranità nazionale in fatto di de-bito pubblico e di deficit di bilancio.• Contrattare un Patto di integrazione conla Russia di Putin allo scopo di re n d e rep e rmanente lo scambio tra prodotti italia-ni (spaghetti e moda) e russi (caviale delVolga, gas degli Urali, oro della Ciukotka).

Riforme fiscali• Completa abolizione dell’Ici su tuttele proprietà immobiliari, comprese ville,residenze di rappresentanza e ogni altraa condizione che il loro numero non ec-ceda quello dei familiari diretti e acqui-siti quali nonni, genitori, figli, nipoti,generi e nuore .• Condono generalizzato per evasionefiscale purché sia pagata la penale con leseguenti aliquote a dinamica re g re s s i v a :10% dell’evasione fino a 10.000 euro ,5% da 10 a 100 mila, 3% da 100 mila a1 milione, 2% da 1 milione a 5 milioni,1% da 5 milioni in poi.• Ridurre l’aliquota fiscale sulle rendite fi-

129

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:51 Pagina 129

Page 120: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

nanziarie dal 12 al 4% ed eliminare ogniimposta sulle rendite da titoli pubblici.• Ridurre l’Iva sui mezzi di trasporto adalta qualifica quali panfili e aerei perso-nali al 4% sempre che il valore del vetto-re sia superiore ai 50.000 euro.• Abolire gli scontrini di cassa per tuttigli esercizi commerciali ad eccezione del-le cooperative.• Abolire il canone della Rai riform a n d o n elo Statuto in senso di totale privatizzazione.• Ripristinare il carattere totalitario dell’a-bolizione delle tasse di successione e di do-nazione qualunque sia il valore conferito.

Previdenza• Conferm a re al primo gennaio 2008 l’intro-duzione dello scalone triennale di rinvio del-l’età pensionabile e stabilire l’età minima a65 anni sia per gli uomini che per le donne.• Abrogare l’integrazione al minimo percoloro che non abbiano finanziato alme-no uno dei Fondi Pensione volontari.

Opere Pubbliche• Ripristinare il piano per il ponte sulloStretto ponendo a carico dello Stato tut-te le spese delle ditte consorziate. Avviareil Concorso internazionale per i progettidei ponti tra Bari e Tirana, tra Olbia e laCorsica, tra Sciacca e Tunisi. Nota bene: sono solo alcune idee per cuisi propone di re n d e re pubblicamenteaperto il dossier a proposte provenientida qualsiasi cittadino e impresa ad esclu-sione delle Confederazioni sindacali e diambienti comunque riferibili alle societàsportive Juventus, Inter e Roma. !

130

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:51 Pagina 130

Page 121: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

T E R E S A B E L L A N O VA E D E L I S A M A R I A N O Riflessioni su welfare e flessibilità del lavoro

u

aO S S E R V A T O R I O S O C I A L E

u

L’Osservatorio sociale è lo spazio che «Argomenti umani» dedica all’analisi delle trasformazioni del lavoro, del sistemadi welfare, dell’impatto dell’economia pubblica e delle sceltedi politica industriale, in Italia e in Europa, con particolareattenzione ai riflessi sulla società del futuro.

Il coordinamento è a cura di Agostino Megale, Riccardo Sannae Riccardo Zelinotti.

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:51 Pagina 131

Page 122: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

Il sistema di welfare italiano costruito attorno alla figura delmale bre a d w i n n e r è un modello che mostra la corda solleci-tato da un lato dai mutamenti demografici relativi all’allun-gamento della vita, che ne minano la sostenibilità finanzia-ria, e dall’altro da quelli della struttura economico-pro d u t-tiva che, sempre più chiamata a rispondere alle sfide deim e rcati globali e alle mutevoli esigenze dei consumatori, èalla base della rapida crescita del lavoro flessibile.Questi mutamenti sono così rilevanti da segnare, fra glialtri, il passaggio dal fordismo al postfordismo.Il sistema fordista era pensato per una organizzazione del-la produzione in cui il rischio della perdita dell’occupa-zione era un evento raro nella vita professionale del lavo-r a t o re della grande industria e, in ogni caso, verso il qua-le lo Stato aveva il solo compito di forn i re un indennizzoper il danno subito. In questo senso era passivo, ovvero ,era perfettamente complementare a quello scambio tra si-c u rezza sociale e sottomissione all’organizzazione gerar-chica del lavoro che è stato alla base della società ford i s t ae del compromesso tra capitale e lavoro.

Oggi l’era del lavoro fisso a tempo indeterminato all’in-terno del quale il lavoratore transitava all’inizio della pro-pria carriera lavorativa e dal quale usciva con il pensiona-mento è finita, si sta sgretolando nelle convinzioni stessedi molto giovani che entrano nel mercato del lavoro. Una

133

Teresa Bellanova ed Elisa MarianoRiflessioni su welfare e

flessibilità del lavoro

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:51 Pagina 133

Page 123: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

certa dose di flessibilità, è considerata connaturata al fun-zionamento dell’economia postfordista, e la stessa flessi-bilità non è sempre subita dai lavoratori. Ci possono es-s e re casi in cui alcuni elementi di flessibilità possono esse-re ricercati dagli stessi lavoratori, per esempio nell’org a-nizzazione del proprio lavoro, nell’articolazione dei tem-pi, nella mansioni e nell’autonomia del proprio ruolo al-l ’ i n t e rno dell’organizzazione.

Quando, invece, si introduce l’elemento della flessibilitànella durata del rapporto di lavoro e quindi si ha a che fa-re con la flessibilità in entrata e in uscita dall’aziendatroppo spesso flessibilità diventa sinonimo di precarietàper ampie fasce di lavoratori.Tuttavia è bene chiarire, a questo punto, che i concetti diflessibilità e precarietà non sono assimilabili, poiché iden-tificano due condizioni non necessariamente conseguenti. Il termine flessibilità, relativamente alla dimensione del-l’instabilità del lavoro e cioè della sua durata, è solo unadelle possibili cause della precarietà. Alla base della pre-carietà vi è, invece, anche e soprattutto l’assenza o la scar-sità di tutele sociali pubbliche esigibili dai lavoratori flessi-bili in grado di assicurare loro un accesso pieno alle diver-se prestazioni sociali (come ricorda, tra gli altri, MassimoPaci in un suo recente intervento). In tal senso, è com-p rensibile lo slittamento concettuale se si pensa che oggi ilavoratori flessibili guadagnano a fatica alcuni diritti e pre-stazioni, ma sono ben lontani dall’essere tutelati dai rischidi pre c a r i z z a z i o n e .È il welfare, quindi, con la sua più o meno efficace capa-cità di copertura dei rischi di perdita del lavoro o di tute-la nei periodi di malattia o della maternità, con la sua ca-pacità di sostenere e pro m u o v e re l’individuo nei perc o r s idi reinserimento entro il mercato del lavoro, a costituirel’ago della bilancia, ad avere le potenzialità di ridistribuirediritti, opportunità e sicurezza. In buona sostanza a re n-

134

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:51 Pagina 134

Page 124: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

d e re la flessibilità sostenibile non solo per gli stessi lavora-tori, ma per l’intera società.

A fronte di questa situazione, il quadro della spesa socialedel nostro Paese non è incoraggiante e descrive in manie-ra paradigmatica la sostanziale resistenza al cambiamento,all’accompagnamento della transizione del sistema con ri-f o rme organiche e di senso nuovo. L’Italia, infatti, è ilPaese in Europa che spende di più in pensioni, il 15,4%sul Pil contro il 12,8 della Francia, il 12,4% dellaG e rmania, il 13,3 del Belgio, l’11,5% della Gran Bre t a g n a ,il 12,7% della Svezia. Dall’altra parte l’Italia è il Paese chespende meno in Europa alla voce famiglia (l’1,1%), disoc-cupazione (0,5%), politiche abitative (0%)1, esclusione so-ciale (0%). Per citare alcuni esempi la Gran Bre t a g n aspende l’1,7% del Pil per le politiche familiari, lo 0,7%per la disoccupazione, lo 0,2% nelle politiche contro l’e-sclusione sociale, l’1,5% nelle politiche abitative2. La Sveziainveste il 3% del Pil alla voce famiglia, il 2% per la disoc-cupazione, lo 0,7% per l’esclusione sociale, lo 0,6% nellepolitiche abitative. In termini globali la spesa sociale italia-na non è al di sopra della media europea, non siamo unPaese che spende troppo nella protezione sociale, siamoun Paese che ha una spesa sociale sbilanciata sul sistemapensionistico e piuttosto sguarnita sul versante degli inter-venti socioassistenziali, siano questi di cura, di assistenzaper i minori o per gli anziani non autosufficienti, di inclu-sione sociale e lavorativa e contro la povertà.

Questo è un po’ il punto di partenza se si vuole guardareal funzionamento del sistema di welfare italiano e alle suecriticità. Se nel passato, almeno per come si è evoluto sto-

135

1 Lo 0% individua un livello di spesa talmente basso da essere prossimoallo zero o la totale assenza di spesa in voce specifica.2 Per i dati (fonte Eurostat, anno 2006) e l’elaborazione si ringrazia ildott. Andrea Ciarini.

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:51 Pagina 135

Page 125: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

ricamente il nostro welfare, sembrava sufficiente risponde-re ai bisogni sociali attraverso il sistema pensionistico e itrasferimenti monetari ai capifamiglia maschi e per il lorotramite alla famiglia, i cambiamenti nella natura dei rischisociali connessi alla precarizzazione delle carr i e re lavorati-ve ci impongono di ripensare il bilanciamento tra servizi etrasferimenti monetari, perché la precarietà del lavoro ri-chiede sì indennità di disoccupazione, ma anche servizi diriqualificazione professionale di un certo livello. Non è piùs u fficiente un sistema di indennizzi passivi come i tradizio-nali ammortizzatori sociali italiani, che peraltro non hannomai avuto la capacità di raggiungere la totale platea dei la-voratori, ma solo quelli della grande impresa.

Se accettiamo l’idea di re n d e re più flessibile il rapporto dil a v o ro, quello che è cruciale è una seria riforma degli am-m o rtizzatori sociali, costosa sicuramente, ma impre s c i n d i-bile. Immaginando ad esempio, un regime organico di so-stegno al reddito per i disoccupati e i lavoratori pre c a r i .Accanto a questo, sarebbe importante dotarsi di un im-pianto moderno di politiche attive del lavoro che leghinol’erogazione di un sussidio all’attivazione del soggetto at-traverso la formazione e l’accompagnamento nel lavoro;che propongano piani individualizzati di reinserimentoche l’individuo può negoziare, modificare, sulla base del-le proprie esigenze o inclinazioni per essere più certi del-l’efficacia della misura.Parliamo, cioè, di un sistema di f l e x i c u r i t y in cui a una bas-sa protezione del rapporto di lavoro, e quindi a una cert aflessibilità in entrata e in uscita, corrisponde un ampio spet-t ro di possibilità di combinazioni tra trasferimenti moneta-ri, servizi sociali e servizi di ricollocazione pro f e s s i o n a l e3. Vale la pena, a questo punto, ricordare le misure varate

136

3 Non ci siamo soffermati in questa sede sul ruolo dei servizi sociali, mavale la pena puntualizzare che nel nostro approccio essi sono imprescin-dibili. In particolare i servizi per gli anziani e i minori che (segue)

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:51 Pagina 136

Page 126: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

dal governo in carica relativamente a questi temi che anostro parere segnano una vera rottura rispetto alla dire-zione intrapresa nella legislatura precedente. Il riferimen-to, non è solo all’ultimo protocollo sul welfare, ma anchea singole misure rivolte a lavoratori di alcuni settori par-ticolarmente soggetti a regimi di flessibilità.Circa ventiduemila lavoratori dei call center, ad esempio,sono passati da collaboratori a progetto a lavoratori concontratto di lavoro subordinato ed è stato istituito un os-servatorio con compiti di vigilanza per le collaborazioni aprogetto in queste strutture in grado limitare gli abusi. Circa novantaquattromila lavoratori sono stati regolariz-zati uscendo dal lavoro sommerso che rappresenta unasfera di precarietà assoluta e sono state inasprite le peneper tutte le violazioni in materia di lavoro, legislazione so-ciale, previdenza ecc. Sono stati predisposti interventi di Cigs anche per alcunilavoratori che hanno prestato lavoro temporaneo in set-tori come quello portuale.Rispetto all’allargamento delle tutele per i lavoratori aprogetto è stata introdotta l’indennità giornaliera di ma-lattia, i congedi parentali, ed è stato emanato il decretoattuativo che allarga le tutele previste per le donne conmaternità a rischio a tutte le lavoratrici facenti capo allagestione separata Inps.I n o l t re in termini strutturali, oggi il lavoro flessibile costadi più. Il protocollo sul welfare prevede, infatti, un au-mento dei contributi previdenziali per il lavoro parasubor-dinato ridistribuendo questo costo, così come per gli altrilavoratori, in 2/3 al datore di lavoro e 1/3 al lavoratore .Tra gli altri provvedimenti previsti dal protocollo ricor-

137

(segue) consentono maggiore autonomia di scelta alle donne tra lavoroproduttivo e lavoro di cura. Non solo, essi sono fondamentali nella rico-struzione di una rete, di un network sociale per quegli individui che ver-sano in situazioni croniche di esclusione sociale.

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:51 Pagina 137

Page 127: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

diamo l’eliminazione del lavoro a chiamata (job on call),la revisione dei percorsi formativi per il contratto di ap-prendistato che vede un maggiore ruolo delle parti socia-li, ma soprattutto il limite di 36 mesi per la possibilità dirinnovare il contratto di lavoro a termine, e la precisazio-ne che un ulteriore rinnovo per altri 36 mesi deve essereconcordato con i sindacati più rappresentativi e seguireuna procedura formalizzata e certificata.

Anche le prospettive pensionistiche sono migliorate se sipensa che oggi finalmente un lavoratore flessibile può to-talizzare i contributi versati senza essere costretto a rico-minciare la propria storia contributiva ogni volta dacca-po, oppure può riscattare con maggiori agevolazioni glianni di studio e disporre di contributi figurativi nei pe-riodi di non lavoro.

Certo, bisogna essere consapevoli che tutto questo nonbasta a eliminare la precarietà e soprattutto la percezionedi insicurezza dei lavoratori anche se la strada imboccataè quella giusta.A nostro pare re, sarebbe auspicabile immaginare una ri-f o rma organica, complessiva del mercato del lavoro e de-gli ammortizzatori sociali, del nostro welfare in senso atti-vo e promozionale, che sappia puntare sull’integrazionefra le diverse politiche (sociali, formative, pre v i d e n z i a l i … )e costru i re soluzioni certe e diritti esigibili per i flessibili.Si può fare tutto questo, senza soff i a re sul fuoco della con-trapposizione tra garantiti e non, tra padri e figli. !

138

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:51 Pagina 138

Page 128: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

I VA L D O R A S I M E L L I All’origine della questione nucleare

aL E T T E R E

u

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:51 Pagina 139

Page 129: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

Caro direttore,già dal 1973 quando si produsse la prima crisi petroliferaper effetto del conflitto medio-orientale sono stato sem-pre interessato dai problemi energetici per il significatoche davo al contributo dell’energia nello sviluppo delprogresso umano.Scrivevo quattro anni fa nel libricino Due o tre cose che sodel mondo… :

141

Ivaldo Rasimelli All’origine della questione nucleare

Superati di slancio i 40 dollari al barile non dovremo meravigliar-ci se, in tempi relativamente brevi, esso supererà i 100 dollari. Le conseguenze sono inimmaginabili per l’economia mondia-le a causa della selezione feroce innestata dalla competitivitàdel sistema globalizzato.L’Italia in particolare, con una dipendenza agli idrocarburipari ad oltre l’ottantacinque per cento come sopravviverà?

Il petrolio ha ormai raggiunto il valore di 100 dollari al barile!Grazie alla svalutazione del dollaro e alla rivalutazionedel valore di cambio con l’euro, l’Europa paga oggi l’e-quivalente di 68 euro al barile anzichè i 100 che avrebbepagato quando c’era parità di valore tra euro e dollaro.Ma, checchè se ne dica, la crisi del petrolio in atto non ècertamente reversibile ma è bensì destinata a ulteriori eben più significativi aggravamenti.Basta pensare al fatto della esasperazione dei consumi dalmomento che la sola Cina tra tre anni potrà superare ilconsumo attuale degli Stati Uniti.

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:51 Pagina 141

Page 130: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

Nessuno oggi può ragionevolmente escludere in futurouna crisi energetica senza pari che investirà l’intero glo-bo. Le conseguenze sono inimmaginabili!Fuori dalle chiacchiere di poco conto, la crisi avanza ra-pidamente e contribuisce all’aggravamento delle stessecrescenti contraddizioni internazionali.Non può escludersi che l’aggravarsi nel Medio Orientedelle esplosive contraddizioni in atto, non possa accelera-re – vedi crisi del 1973 – la crisi energetica.Di fronte a questo quadro drammatico sembra ancorache politici, mass media e operatori economici si gingilli-no in dispute del tutto inadeguate allo stato di necessità ecomunque, in genere, prive di scientificità.Se questa crisi è drammatica per l’intero globo, ben piùgrave essa si presenta per un Paese come l’Italia che co-pre il proprio fabbisogno energetico per oltre l’ottanta-cinque per cento da idrocarburi.Non credo che ci sia ormai tanto tempo per mettere incampo decisioni razionali e coraggiose, mettendo da unaparte il rumore di agitatori ignoranti o di modesti inte-ressi economici per riflettere seriamente sul futuro.Non può certamente essere risolutiva – anche se giusta –l’acquisizione in Slovenia o in Slovacchia di centrali nu-cleari da parte dell’Enel.Certamente non trascurabile è una coraggiosa politicaper la riduzione degli sprechi che costituiscono una quo-ta significativa dei consumi energetici. Basta pensare al si-stema dei trasporti che in Italia si sviluppa essenzialmen-te su gomma, consentito da una continua e accelerata de-cadenza del sistema dei trasporti ferroviari o della navi-gazione fluviale o marittima che rappresentano consumienergetici specifici enormemente inferiori. Per non diredegli altri sprechi nell’illuminazione pubblica e privata,negli usi domestici e industriali. Ma non è questa certa-mente una strada risolutiva.La ricerca di fonti alternative al petrolio dovrebbe segui-

142

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:51 Pagina 142

Page 131: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

re concetti di scelta più razionali, meno emotivi, menomistificatori e meno influenzati da piccoli interessi e nonin grado di pro v o c a re contraccolpi. Ad esempio l’utiliz-zazione delle coltivazioni agricole per pro d u rre altern a-tive al gasolio e alla benzina, oggi economicamente piùragionevoli, per l’aumento del costo del petrolio si riflet-tono nella lievitazione dei prezzi dei cereali che pro v o c a-no, poi, l’aumento del prezzo del pane e della pasta edella fame nel mondo.Non possiamo, poi, lamentarci del fatto che l’energiaelettrica in Italia costi il doppio che in Francia, ignoran-do le cause di questo squilibrio, le loro origini.Quando l’Italia, all’inizio degli anni Settanta era al terzoposto nella produzione di energia elettrica dal nucleare,per effetto dell’assassinio di Mattei e del processo a Ippolito,veniva lentamente mettendo in discussione un prestigio-so passato.Al contrario, la vicina Francia, partendo dal presuppostodi aumentare l’incidenza del consumo di energia elettricasul totale dei consumi – riconoscendo che l’energia elet-trica è certamente la più pulita e la più versatile – elabo-rava il piano energetico nazionale che, con la costruzionedi circa cinquanta centrali nucleari sparse per tutto il pae-se, consentiva alla quota di energia elettrica consumatasul totale dei consumi di passare dal venti per cento ad ol-tre il quarantadue per cento. La realizzazione di tale piano, consente oggi alla Franciadi vendere all’estero quote significative di energia elettri-ca dal nucleare – l’Italia ne importa 50-60 miliardi di chi-lovattore all’anno – riducendo così gli oneri per l’impor-tazione di idrocarburi.In Italia, al contrario, grazie allo sciagurato referendumantinuclearista provocato dall’enfatizzazione del disastrodi Cernobyl – rigorosamente accertato come conseguen-za di un clamoroso errore dei tecnici della centrale e conconseguenze scientificamente valutate assai inferiori a

143

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:51 Pagina 143

Page 132: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

quelle conclamate dai mass media – si è giunti alla chiu-sura della modernissima centrale di Caorso con una pro-ducibilità di circa 6 miliardi di chilovattore all’anno!Si sono enfatizzati i problemi delle scorie ignorando, tral ’ a l t ro, che sono in atto ricerche avanzate e piene di risulta-ti significativi per il riutilizzo energetico delle scorie stesse.Questa campagna antinuclearista, fa esplodere la sua im-motivazione scientifica, tant’è che, mentre nessun cittadinosi angoscia per la scarica radioattiva di una lastra al tora-ce o ancor più di una tac, è terrorizzato da oscillazioniradioattive ben al di sotto di quelle del fondo radioatti-vo naturale!Pare che sia tempo per una riflessione urgente su questaquestione fuori dalle superstizioni che ignorano scienza eragione per dare invece ad esse lo spazio che meritano. Scrivevo nello stesso libricino sopra citato:

144

Un guru dell’ambientalismo, James Lowelock (colui che perprimo analizzò il pericolo dell’effetto serra sul clima della ter-ra, elaborando la terra di «Gaia»), il quale, denunciando l’ag-gravamento (a suo pare re) dell’effetto serra, pone il pro b l e m adi far qualcosa per cambiare il tipo di impiego delle fonti ener-getiche. E, dopo aver aff e rmato realisticamente che le fonti al-t e rnative (vento, acqua, sole) non possono forn i re energia suf-ficiente in tempi ragionevoli per contenere l’impiego dei com-bustibili fossili (carbone, petrolio, metano), rilancia decisa-mente (era ora!) l’impiego dell’energia nucleare, contestandol’«opposizione irrazionale» dei Ve rdi. Egli aff e rma che il nu-c l e a re, dalla sua comparsa nel 1952, ha dimostrato di essere(nonostante Cernobyl) la fonte più sicura; e aggiunge che, «an-che se i suoi pericoli fossero reali, il suo uso come fonte prin-cipale di energia in tutto il modo sarebbe una minaccia insi-gnificante rispetto a quella del riscaldamento globale».

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:51 Pagina 144

Page 133: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

Molti ambientalisti dilettanti e spesso presuntuosi fareb-bero bene a utilizzare un po’ meglio le loro capacità dianalisi razionali ricordando tra l’altro che di fronte a unapopolazione mondiale che oggi supera i sei miliardi emezzo di abitanti c’è più che mai bisogno di energia persalvare l’abitabilità del globo.Ieri e oggi sono stato schierato politicamente a sinistra ecosì non dimentico il verso dell’Internazionale che recita:« ... e la macchina sia alleata e non nemica ai lavoratori».

Ivaldo Rasimelli

145

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:51 Pagina 145

Page 134: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

S I LVA N O A N D R I A N I , economista, presidente del CespiG I O R G I O R U F F O L O , economista, presidente del Cer

E N Z O R O G G I , g i o rnalista, dire t t o re del settimanale on line «Ponte di ferro»

E L I O M ATA S S I , docente di Filosofia della storia presso il Dipart i m e n t odi Filosofia dell'Università di Roma Tre,

insegna da dieci anni anche Estetica musicaleM A R I O C A R O N N A , saggista

G I A C O M O B E C AT T I N I , p ro f e s s o re emerito di Economia politicadell'Università di Firenze, socio dell’Accademia dei Lincei

G I U S E P P E C A N T I L L O , docente di Filosofia morale nella Facoltà diL e t t e re e Filosofia dell'Università di Napoli Federico II

S I LV I A C E RV I A , l a u reata in Scienze Politiche presso l'Università diPisa, ha poi conseguito un diploma di Master in ambito di p rogrammazione comunitaria e sviluppo locale sostenibile

S I M O N E G A B B R I E L L I N I , è al terzo anno del Corso di Dottorato in Storiae Sociologia della Modernità dell’Università di Pisa; si occupa in

p a rt i c o l a re di questioni metodologiche e di network analysisG E R A R D O PA S T O R E , f requenta il corso di Dottorato in Storia e

Sociologia della Modernità presso l’Università di Pisa; si occupa di temi relativi ai processi di form a z i o n e

T E R E S A B E L L A N O VA , p a r l a m e n t a re dell’UlivoE L I S A M A R I A N O , r i c e rcatrice Ire s - C g i l

I LVA N O R A S I M E L L I , già amministratore e parlamentare del Pci

« A rgomenti umani» ha ottenuto nel 2005 un sostegno dal Ministero dei Beni culturali come rivista di alta cultura

aH A N N O C O L L A B O R A T O

u11-2007

147

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:51 Pagina 147

Page 135: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

aC O L O P H O N

D i re t t o re : A n d rea Marg h e r iD i re t t o re re s p o n s a b i l e :G i o rgio FranchiD i rezione e amministrazione:Editoriale Il Ponte Srl - Via Manara, 5 - 20122Milano, Tel. 02-54 12 32 60 - Fax 02-45 47 38 61e-mail: re d a z i o n e @ g l i a rg o m e n t i u m a n i . c o mCodice Fiscale e Partita Iva: 12568620152S t a m p a :Abbiati, Via Padova 5, 20127 MilanoAbbonamenti 2007:A rgomenti umani + Le scienze dell’Uomo - I Quadern i :Italia euro 70,00 - Estero euro 140,00 -S o s t e n i t o re euro 350,00U t i l i z z a n d o :- il c.c. postale n. 42658203 intestato a:Editoriale Il Ponte Srl, Via Manara, 5 - 20122 Milano.- assegno non trasferibile intestato a:Editoriale Il Ponte Srl, Via Manara, 5 - 20122 Milano.L’ abbonamento prevede l’invio di 12 numeri degli Argomenti umani e 4 dei Quaderni a decorre re dal mese in cui si è effettuato il versamento.Per evitare disguidi e accelerare le spedizioni è necessario inviare gli estremi dei versamenti alla redazione della rivista via fax o per posta.

Una copia euro 7,00:A rretrati Italia euro 7,00 + euro 2,20 di spese postaliA rretrati Unione Europea e Paesi non Ue e u ro 7,00 + euro 3,50 di spese postaliRegistrazione del Tribunale di Milano n° 697 del 10/11/99Poste Italiane SpA - Spedizione in abb. postaleD.L. 353/2003 ( c o n v. In L. 27/02/2004 n:46) art.1, comma 1, DCB Milano - Taxe perçue e 7,00.Si prega di segnalare eventuali variazioni di recapito. I diritti di riproduzione e p roduzione sono riservati per tutti i Paesi. La redazione non si considera impegnata alla restituzione degli originali, anche se non pubblicati.Chiuso in redazione il 2 novembre 2007

u11-2007

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:51 Pagina 148

Page 136: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:51 Pagina 149

Page 137: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

Editoriale Il Ponte

A rg o m e n t i u m a n i +Le s c i e n z e d e l l ’ U o m o - I Q u a d e rniItalia ! 70,00 - Estero ! 140,00 - Sostenitore ! 350,00Da effettuare:Utilizzando il c.c. postale n. 42658203 intestato a: Editoriale Il Ponte Srl, Via Manara, 5 - 20122 Milano.

Utilizzando assegno non trasferibile intestato a:Editoriale Il Ponte Srl, Via Manara, 5 - 20122 Milano.

L’abbonamento prevede l’invio di 12 numeridegli Argomenti umani e 4 dei Quaderni a decorre re dal mese in cui si è effettuato il versamento

Abbonamenti 2008

IMPORTANTEPer evitare disguidi e accelerare le spedizioni è necessario inviaregli estremi dei versamenti, sia postali sia bancari, nonché indicare intestatario e indirizzo dell’abbonato. Le comunicazioni possono pervenire: -via e-mail a [email protected] -via posta, a Editoriale Il Ponte Srl, Via Manara, 5 - 20122 Milano-via fax allo 02 45473861

www.gliargomentiumani.com

aARGOMENTI UMANI

u

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:51 Pagina 150

Page 138: impaginato AU 11 07 q5 - gliargomentiumani.com€¦ · impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:50 Pagina 1. Direttore:Andrea Margheri Comitato di direzione: Luigi Agostini, Silvano

impaginato AU 11 07 q5.qxd 20-03-2008 13:51 Pagina 151