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TRIMESTRALE DI CULTURA E PEDAGOGIA MUSICALE - ORGANO DELLA SOCIETÀ ITALIANA PER L’EDUCAZIONE MUSICALE ANNO XXXVII - N. 142 - MARZ0 2007 - 5,00 - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - 45% - ART. 2 COMMA 20/B - L. 662 DEL 1996 - MILANO 1 42 _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ _______________ NUMERO Le emozioni del coro A scuola di musical Recitar suonando Improvvisando s’impara Armonizzare il curricolo musicale

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Page 1: Impag-142-2Annibale Rebaudengo (docente di pianoforte, Conservatorio di Milano) Modulo A: 9 / 11 luglio - ore 9.00 / 12.00 (9 ore) Modulo B: 9 / 14 luglio - ore 15.00 / 18.00 (18 ore)

TRIMESTRALE DI CULTURA E PEDAGOGIA MUSICALE - ORGANO DELLA SOCIETÀ ITALIANA PER L’EDUCAZIONE MUSICALEANNO XXXVII - N. 142 - MARZ0 2007 - † 5,00 - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - 45% - ART. 2 COMMA 20/B - L. 662 DEL 1996 - MILANO

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Le emozioni del coro

A scuola di musical

Recitar suonando

Improvvisando s’impara

Armonizzareil curricolo musicale

Page 2: Impag-142-2Annibale Rebaudengo (docente di pianoforte, Conservatorio di Milano) Modulo A: 9 / 11 luglio - ore 9.00 / 12.00 (9 ore) Modulo B: 9 / 14 luglio - ore 15.00 / 18.00 (18 ore)

SIEMCORSI INTERNAZIONALI DI FORMAZIONE E AGGIORNAMENTO DI DIDATTICA MUSICALE

ESTATE 2007Lerici (SP) 9 / 14 luglioXXXVIII STAGIONEMETODOLOGIA DELLE DIDATTICA STRUMENTALE: DALLA PRIMA VISTAALL’IMPROVVISAZIONE INDIVIDUALE E COLLETTIVAAnnibale Rebaudengo (docente di pianoforte, Conservatorio di Milano)Modulo A: 9 / 11 luglio - ore 9.00 / 12.00 (9 ore)Modulo B: 9 / 14 luglio - ore 15.00 / 18.00 (18 ore)per insegnanti di tutti gli strumenti e per chi è in procinto d’inse-gnarli, per gli studenti dei corsi di didattica della musica

12 MOTIVI “CIRCOLARI” PER SUONARE IL FLAUTO DOLCETullio Visioli (docente di flauto dolce, Scuola popolare di musicadi Testaccio, e formatore Università LUMSA di Roma)9 / 11 luglio - ore 9.00 / 12.00 (9 ore)per docenti di scuola secondaria di I grado e primaria, operatori musicali

DALL’ARS NOVA AD ARVO PÄRTTullio Visioli9 / 14 luglio - ore 15.00 / 18.00 (18 ore)per docenti di scuola secondaria di I grado e primaria, operatori musicali

ESPLORATORI DI SUONI: LA MUSICA DEI PICCOLIArianna Sedioli (ricercatrice di pedagogia musicale e autrice dimostre e installazioni d’arte sonora)9 / 11 luglio - ore 9.00 / 12.00 (9 ore)per educatori di nido e di scuola dell’infanzia, per operatori e atelieristimusicali

LA BIBLIOTECA SONORAArianna Sedioli9 / 11 luglio - ore 15.00 / 18.00 (9 ore)per educatori di nido e di scuola dell’infanzia, per operatori e atelieristimusicali

IL GIOCO PAZIENTE:LABORATORIO DI VOCALITÀ E DIDATTICA VOCALEMarco Farinella (formatore musicale settore Fisiologia applicataalla prestazione artistica)Modulo A: 9 / 11 luglio - ore 9.00 / 12.00 (9 ore)Modulo B: 12 / 14 luglio - ore 15.00 / 18.00 (9 ore)per insegnanti, direttori di coro, logopedisti, terapeuti, educatori ingenere che vogliano conoscere o approfondire il Modello Pedagogicoproposto dell’Istituto Mod.A.I.®

IL MIO, IL TUO E LO SPAZIO CONDIVISO: DANZE POPOLARIINTERNAZIONALI PER LA SCUOLA DELL’INFANZIAMarcella Sanna (operatore musicale, formatore esperto dimetodologia e pratica dell’Orff Schulwerk, Roma)9 / 11 luglio - ore 9.00 / 12.00 (9 ore)per educatori di nido e di scuola dell’infanzia, per operatori e atelieristimusicali

MULTICULTURA: CONOSCENZA E ACCETTAZIONEDELLE DIVERSITÀ SOCIO-CULTURALI.DANZE POPOLARI INTERNAZIONALI PER LA SCUOLA PRIMARIAMarcella Sanna12 / 14 luglio - ore 9.00 / 12.00 (9 ore)per docenti della scuola primaria, operatori musicali

EMPORIO MUSICALE. LA MUSICA CON GLI OGGETTICiro Paduano (operatore musicale, formatore esperto di metodologiae pratica dell’Orff-Schulwerk, Roma)9 / 11 luglio - ore 9.00 / 12.00 (9 ore)per docenti dei vari ordini di scuola, operatori musicali, educatori

BODY PERCUSSION.PROCESSI DIDATTICI CON LE PERCUSSIONI DEL CORPOCiro Paduano12 / 14 luglio - ore 9.00 / 12.00 (9 ore)per docenti dei vari ordini di scuola, operatori musicali, educatori

SONO QUEL CHE SUONO:LA STORIA DEL SUONO NEL TEMPOCiro Paduano e Marcella Sanna9 / 14 luglio - ore 15.00 / 18.00 (18 ore)per docenti dei vari ordini di scuola, operatori musicali, educatori

Info: tel. 0187.520336 – 349.3260739 – [email protected]

Villafranca Tirrena (ME) 16 / 22 luglioPERCORSO DI FORMAZIONEPER OPERATORE MUSICALEPER MOTO RETROGRADO: DALL’ACCADEMIA ALL’OFFICINAGianni Nuti (docente di chitarra presso l’Istituto Musicale Pareg-giato della Valle d’Aosta, esperto di formazione)16 luglio - ore 9.00 / 13.00 - 16.00 / 20.0017 luglio - ore 9.00 / 13.00Laboratorio di musica d’insieme rivolto a docenti di strumento eallievi degli ultimi corsi dei ConservatoriMOVIMENTI DI STRADAGilles Coullet (danzatore coreografo di fama internazionale; in-segna le tecniche da lui elaborate presso scuole di teatro e didanza internazionali)17 luglio - ore 16.00 / 20.0018 luglio - ore 9.00 / 13.00 - 16.00 / 20.00Seminario esperienziale rivolto a docenti, educatori, danzatori,attori, operatori sociali, animatoriDALLA CARMEN DI BIZET AL TEATRO CHE SCOPRE IL SÉMichel Hardy (noto esponente nell’ambito della FormazionePsicomotivazionale a livello europeo, fondatore dell’Istituto Eu-ropeo del Pensiero Positivo e del Corso di Laurea della ComunitàEuropea in Discipline psicologiche empiriche) e Roberto Caiafa(figlio d’arte, autore e regista di teatro, attore carismatico)20 / 22 luglio - ore 9.00 / 13.00 - 16.00 / 20.00Seminario esperienziale rivolto a docenti, musicisti, attori,educatori, operatori sociali, animatoriInfo: Liliana Minutoli: 090.344137; email: [email protected]– Stefania Petrone: 349.1937344 – Anna Maria Prinzivalli:091.524239; email: [email protected]

Città di Fermo 22 / 29 luglio 2007QUARTO CAMPO MUSICALE INTERNAZIONALE“MARE E MUSICA”Organizzato dalla Fondazione Gioventù Musicale d’Italiacon la collaborazione della SIEMCorsi di didattica e di pratica musicaleper insegnanti, educatori, animatori, studentiin un contesto di vacanza balneareQuesti i temi affrontati nei vari corsi, e i relativi conduttori:I sette peccati musicali (Francesco Bellomi, Conservatorio di Mu-sica G. Verdi, Milano)Parole in musica: come nasce una canzone (James Redwood, Glynde-bourne Opera - Hazel Gould, Opera Omnibus, Surrey, Inghilterra)Le magie del coro (Pilar Bravo, direttrice d’orchestra e di coro,Barcellona)L’alfabeto del teatro per fare musica (Marco Bricco, CompagniaTeatrale Stilema)Danze dai cinque continenti (Simonetta Del Nero, Scuola Secon-daria, Morbegno)Al di là del solfeggio: la formazione musicale di base (Carlo Delfrati)Info: programmi dettagliati sul sito www.jeunesse.itGioventù Musicale d’Italia. Sede centrale: tel 02.89400848.Fax: 02.58103697 – email: [email protected] di Fermo: tel./fax 0734.224848 – email: [email protected]

Regione Autonoma Valle d’AostaComune di Châtillon e di Saint-VincentChâtillon (AO) 25 agosto / 3 settembreCLUSTER 2007 - VACANZA STUDIOPer allievi di scuola media a indirizzo musicale, scuole popolari dimusica, corsi inferiori di Conservatori e Istituti musicali, amatorigiovani e adultiDocenti: Mariangela Arnaboldi, Enrico Bandito, Claudio Dina,Mauro Gino, Marco Giovinazzo, Alberto Mandarini, AlessandraMasoero, Luciano Meola, Gianni Nuti, Lucia Pizzutel, MariaPolidori, Marco Silletti, Luigina Stevenin, Luca Taccardi.

Info: Associazione culturale Tamtando: cell. 333.6261953segr. tel. 0165.239851 – www.clustervda.org – [email protected]

PROGRAMMI DEI CORSI: www.siem-online.it

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MusicaTrimestrale di cultura e pedagogia musicaleOrgano della SIEMSocietà Italiana per l’Educazione Musicalewww.siem-online.it

Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 411del 23.12.1974 - ISSN 0391-4380Anno XXXVII, numero 142 marzo 2007

Direzione responsabileMariateresa Lietti

RedazioneLuca Bertazzoni, Stefania Lucchetti,Luca Marconi

Impaginazione e grafica Fabio Cani / Nodo

Comitato di redazioneMaurizio Della Casa, Franca Ferrari,Walter Pecoraro

Segreteria di redazioneVia Dell’Unione, 4 - 40126 Bolognae-mail: [email protected]

StampaStampatre, Torino

EditoreEDT srl, 17 Via Pianezza, 10149 Torino

AmministrazioneTel. 011-5591816, Fax 011-2307034e-mail: [email protected], vendite e abbonamentiEDT: tel. 011-5591831, Fax 011-2307034e-mail: [email protected]à e quote associative SIEMTel. 051-2916500 Fax 051-228132cell. 339-1031354e-mail: [email protected]

Un fascicoloItalia euro 5,00 - Estero euro 6,50Fascicoli arretratiItalia euro 7,00 - Estero euro 8,50Abbonamenti annualieuro 18,00 - Estero euro 22,00, comprensivo diquattro fascicoli della rivista. Gli abbonamentipossono essere effettuati inviando assegno nontrasferibile intestato a EDT srl, versandol’importo sul c.c.p. 24809105 intestato a EDTsrl, tramite carta di credito CartaSì, Visa,Mastercard, con l’indicazione “Musica Domani”.La rivista è inviata gratuitamente aisoci SIEM in regola con l’iscrizione.Quote associative SIEM per l’anno 2006Soci ordinari e bilbioteche euro 43,00 - Studenti euro28,00 - Soci sostenitori da euro 86,00 - Triennaliordinari e biblioteche euro 108,00 - Triennalisostenitori da euro 216,00 - Soci giovani euro 8,00.Le quote associative si ricevono sul c.c.p. 19005404,intestato a Società Italiana per l’Educazione Musicale,Via Dell’Unione, 4 Bologna. Per comunicazioni erichieste: tel. 051-2916500 fax 051-228132 - cell.339-1031354 - e-mail [email protected] -recapito postale Siem - Casella Postale 94 -Succursale 22 - 40134 Bologna

Iscrizione all’ISME per l’anno 2006International Society for Music EducationSocio individuale per un anno, senza riviste, US$ 35;con le riviste US$ 59. Socio individuale per due anni,senza riviste US$ 65; con le riviste US$ 113. Le rivistesono: International Journal for Music Education, 2numeri l’anno; Music Education International, 1numero l’anno. Le quote possono essere versate concarte di credito Visa, American Express, Master Card ochèque bancario a: ISME International Office, PO Box909, Nedlands, 6909 Western, Australia - fax 00 61-8-9386 2658. Sarebbe opportuno che l’iscrizione e ilpagamento con carta di credito venisseroaccompagnati dal modulo d’iscrizione debitamentecompilato e reperibile presso il sito web dell’ISME:www.isme.org/application.

DOMANI

In copertinarielaborazione da una vignettadegli anni Trenta.

Editoriale5 Mariateresa Lietti

Segnali positivi

Pratiche educative6 Vittorio Liberti - Katia Prolinci

Il coro come luogo di emozioni12 Liliana Minutoli

A scuola di musical

Ricerche e problemi17 Oscar Odena

Recitar suonando

Strumenti e tecniche24 Sestino Macaro

Improvvisando s’impara

Confronti e dibattiti34 Alessandra Anceschi (a cura di)

Per un’armonizzazione del curricolo musicale35 Caterina Gammaldi

Autonomia e curricoli verticali. Attualità del “fare scuola”37 Mario Piatti

Il curricolo come tramite tra vissuti e disciplina40 Rosalba Deriu

Contro le opposizioni inutili

Libri e riviste46 Serena Facci, Dialoghi sonori tra adulti e bambini

(su Scioglilingua..., a cura di Seritti - Poli, Edizioni Polistampa)47 Luca Marconi, Educazione, estetica e divulgazione musicale in Italia oggi

(su Il giudizio estetico..., a cura di Addessi - Agostini, Lim;La divulgazione musicale..., a cura di Rigolli, EDT)

49 Roberto Agostini, Da non perdere50 Anna Maria Freschi, Percorsi didattici nella musica contemporanea

(su Vineis, Spartito perso, FrancoAngeli)52 Roberto Albarea, Rassegna pedagogica53 Maurizio Aliffi, Analizzare per capire il progressive rock

(su Alfano Verso un’altra realtà..., Aracne)54 Annibale Rebaudengo, Improvvisare con metodo

(su Norton, The easiest way to improvise, Boosey & Hawkes)55 Andrea Taroppi, Un approccio transdisciplinare al paesaggio sonoro

(su Minidio, I suoni del mondo, Guerini e Associati)56 Stefania Lucchetti, Emozioni corporee

(su Soccio - Bertolli, Il tempo delle storie, Edizioni Junior)

Rubriche9 Elita Maule - Massimiliano Viel, LA FABBRICA DEI SUONI: Sonagli dal mondo16 Arianna Sedioli, L’ATELIER DEI PICCOLI: Cuscini e tappeti in natura22 Susanna Pasticci (a cura di), PROVE DI ANALISI: Il duetto Violetta-Germont

di Mario Carrozzo29 Stefania Lucchetti (a cura di), SEGNALAZIONI

di Luca Bertazzoni - Mariateresa Lietti - Stefania Lucchetti -Johannella Tafuri

32 Antonio Giacometti, CANTIERI SONORI: Il gioco del caos44 Mariateresa Lietti, NOTE A MARGINE: Onde musicali58 Luca Bertazzoni (a cura di), GIORNALE SIEM: Vitalità delle sezioni

di Franca Ferrari

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4 Hanno collaborato a questo numero:

Roberto Agostini docente di Musica, Scuola secondaria, BolognaRoberto Albarea docente di Pedagogia, Università di UdineMaurizio Aliffi docente di Chitarra, ComoAlessandra Anceschi supervisore del tirocinio, SISS - Indirizzo Musica, Università di BolognaLuca Bertazzoni docente di Pedagogia musicale, Conservatorio di FermoMario Carrozzo docente di Storia della musica, Conservatorio di CampobassoRosalba Deriu docente di Pedagogia musicale, Conservatorio di FirenzeSerena Facci docente di Etnomusicologia, Università di Pavia-CremonaFranca Ferrari docente di Pedagogia musicale, Conservatorio di FrosinoneAnna Maria Freschi docente di Pedagogia musicale, Conservatorio di PerugiaCaterina Gammaldi segreteria nazionale CidiAntonio Giacometti docente di Composizione, ModenaVittorio Liberti direttore di coro, ComoMariateresa Lietti docente di Violino, Scuola media a indirizzo musicale, ComoStefania Lucchetti docente di Pedagogia musicale, Conservatorio di VeneziaSestino Macaro docente di Elementi di composizione per la didattica, Conservatorio di LatinaLuca Marconi docente di Pedagogia musicale, Conservatorio di ComoElita Maule docente di Didattica della Storia della Musica, Conservatorio di BolzanoLiliana Minutoli docente Didattica dell’Educazione musicale, Sissis di MessinaOscar Odena ricercatore, Queen’s Centre for Educational Research, Università di BelfastSusanna Pasticci ricercatrice, Università di CassinoMario Piatti docente di Pedagogia musicale, Conservatorio di La SpeziaKatia Prolinci educatrice professionale, Cantù (Co)Annibale Rebaudengo docente di Pianoforte, Conservatorio di MilanoArianna Sedioli operatrice musicale, RavennaJohannella Tafuri docente di Pedagogia musicale, Conservatorio di BolognaAndrea Taroppi docente di Chitarra, Scuola secondaria, MilanoMassimiliano Viel docente di Elementi di Composizione per Didattica, Conservatorio di Bolzano

SIEM - Società Italiana per l’Educazione Musicale(Associazione disciplinare qualificata per la formazione del personale della scuola - DM 177/2000 e direttiva n. 90/93)

via dell’Unione, 4 - 40126 Bologna telefono: 051.2916500 fax: 051.228132 cellulare: 339.1031354www.siem-online.it

e-mail: [email protected] - Casella Postale 94 Succursale 22 - 40134 BolognaConto Corrente Postale 19005404 ABI 07601 CAB 02400

L’iscrizione alla SIEM è un’occasione preziosa per:• partecipare e far progredire il dibattito pedagogico e didattico in ambito musicale• conoscere esperienze, tecniche e metodi nuovi per l’educazione musicale• intervenire nelle sedi istituzionali per ampliare e migliorare la formazione musicale in Italia

I soci, oltre a partecipare alle attività e alle iniziative della SIEM, ricevono:• la rivista Musica Domani• i Quaderni di ricerca e di didattica della SIEM

I soci SIEM hanno diritto a sconti:• del 15% sui libri EDT acquistati direttamente presso l’editore• per l’abbonamento 2007 al Giornale della Musica (offerto al costo speciale di 15 euro anziché 34)• per l’acquisto dei volumi della collana “Musica nel 900 italiano” editi a cura della Società Italiana di Musicologia.

Per le condizioni di acquisto, rivolgersi alla segreteria della SIdM ([email protected]); è necessario precisare, almomento dell’ordine, di essere soci SIEM

• per l’acquisto dei volumi della collana “Repertori musicali. Storia, analisi, interpretazione” editi dalla LIM (isingoli volumi vengono offerti a 15 euro anziché 20, comprese le spese di spedizione). Gli ordini vanno indirizzatidirettamente alla LIM Editrice di Lucca ([email protected]; www.lim.it); è necessario precisare, al momento dell’ordine,di essere soci SIEM

diventa socioQUOTE ASSOCIATIVE ANNUALI 2007soci ordinari ††††† 43,00studenti ††††† 28,00biblioteche ††††† 43,00soci sostenitori da ††††† 86,00

TRIENNALI 2007-2008-2009soci ordinari ††††† 108,00biblioteche ††††† 108,00soci sostenitori da ††††† 216,00

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Segnali positiviMariateresa Lietti

Tra i tanti segnali preoccupanti che giungono dal mondodella scuola, ogni tanto ve ne è qualcuno positivo che fasperare in una possibilità di cambiamento. Mi sembra chein quest’ottica si possa interpretare il documento elaboratodall’apposito comitato e approvato dal Ministro Fioroni.Il primo elemento positivo è la costituzione stessa del “Co-mitato Nazionale per l’apprendimento pratico della musi-ca” con il compito di «tracciare le nuove linee guida perl’apprendimento pratico della musica da parte di tutti glistudenti italiani, in sintonia con quanto previsto dai para-metri europei». La dicitura «apprendimento pratico» mi sem-bra particolarmente importante nell’indicare la necessità diconiugare esperienza pratica e concettualizzazione, mi pareinoltre positiva la scelta delle persone che del comitato fannoparte, tra le più significative nel campo della didattica inItalia. Anche i nomi appartenenti all’ambito dello spettaco-lo non sono, come in altri tempi è successo, di facciata, masono persone che a fianco del prestigio e della notorietàhanno anche una reale competenza nel campo della didat-tica e della comunicazione come, ad esempio, GiovannaMarini e Mario Brunello.Il documento, che è stato pubblicato sul “Giornale dellaMusica” del gennaio 2007 e che può essere consultato suvari siti (www.siem-online.it; www.musicheria.net), contie-ne una serie di considerazioni e proposte significative e,soprattutto, non si limita a enunciati di principio e critiche

dell’esistente, ma cerca di valorizzare le esperienze positiveche esistono e formula proposte per diffonderle e ampliarle.Anche alla luce di questo, mi sembra quanto mai attuale lariflessione sul curricolo musicale che proponiamo in “Con-fronti e Dibattiti” di questo numero e gli spunti di appro-fondimento che i diversi contributi suggeriscono per affron-tare tematiche quali verticalità, trasversalità e ricorsività.Uno degli aspetti sollevato dagli interventi è la necessità diconiugare, nei diversi ordini di scuola, l’esperienza con lariflessione teorica e proprio in questa direzione va la rubri-ca “Cantieri sonori”, curata da Antonio Giacometti, che pren-de il via da questo numero. Verranno qui proposti materialimusicali dello stesso curatore e di altri musicisti e musici-ste, pensati per la realizzazione di esperienze di musica d’in-sieme nella scuola. Esperienze che non si limitino però al-l’esecuzione di quanto proposto, ma che prevedano ilcoinvolgimento di allievi e allieve (e, perché no?, anche didocenti) nella creazione e esecuzione del brano.Con il numero scorso è invece terminata la rubrica “Danzea scuola”. Dopo tre anni ci sembra giusto alternare gli argo-menti, ma i materiali fin qui proposti restano a disposizio-ne sul sito (www.siem-online.it/pubb/mdo). Mi auguro, inol-tre, che Davide Zambelli e Manuela Perlini – che ringraziodi cuore per la professionalità e la generosità della lorocollaborazione – dopo una meritata pausa, tornino a pro-porci altri spunti di lavoro.

Programma

ZeroTreAnni

I SessioneMusica nei servizi educativi infantili

II SessioneMusica in famiglia e nell’extrascuola

III SessioneLa formazione degli educatori e operatori

Poster e video

È stata concessa dal Ministero della Pubblica Istruzionel’autorizzazione all’esonero dal servizio

per i docenti della scuola dell’infanzia partecipanti al convegno(Direzione Generale del personale della Scuola - Ufficio IV

- prot. n. 3339 del 29.12.2006)

Informazioni: www.siem-online.ittel: 051-2916500 / cell: 339-1031354 / fax: 051-228132

e-mail: [email protected]

mus ca 0-3esperienze musicali

nella primissima infanziaa confronto

SIEMSocietà Italiana per l’Educazione MusicaleIn collaborazione conComune di Modena - Assessorato all’Istruzione

CONVEGNO NAZIONALE 2007Sabato 10 marzo 2007 - ore 8.30/18.30ModenaBaluardo della CittadellaPiazza Giovani di Tien An Men, 5

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In un laboratorio di canto corale, operatori e pazienti deiservizi psichiatrici di Como sperimentano le straordinariepotenzialità aggreganti dell’esperienza musicale d’insieme.

In una sera d’inverno trenta persone, un coro intero, stu-diano con un impegno e una serietà per certi versi comica,una Villotta alla padoana di Filippo Azzaiolo. I compo-nenti delle quattro sezioni provano più volte la loro parte,tutt’altro che semplice, e per un’ora e mezza senza interru-zioni lavorano insieme, sembrerebbe divertendosi. Ci tro-

Il coro come luogodi emozioni

Vittorio Liberti - Katia Prolinci

viamo nei locali del Centro diurno di Cantù dell’Unità ope-rativa di Psichiatria n° 8 del Dipartimento di Salute men-tale di Como (Azienda ospedaliera S. Anna), il gruppo inazione è il coro “Schiacciavoci”, costituito da pazienti eoperatori dei servizi psichiatrici di questa zona.Nata un anno e mezzo fa, questa esperienza sta crescen-do non soltanto perché coinvolge sempre più persone emanifesta via via un incremento della qualità delle in-terpretazioni, ma anche perché sta diventando un ap-puntamento sempre più atteso, uno spazio significativo

Il coro “Schiacciavoci”del Dipartimento di Salute Mentale di Como in concerto.

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7di relazione, un luogo in cui la voce veicola emozionipositive.Ma facciamo un passo indietro e ripercorriamo brevemen-te il cammino che ci ha condotto fin qui.La realtà psichiatrica è complessa e i quesiti che quotidiana-mente presenta non hanno soluzioni semplici o standardiz-zate; la chiave che può permettere di aprire la porta al cam-biamento è spesso sepolta in profondità. Assistiamo a unappiattimento emotivo, in cui le persone non sembrano piùin grado di provare emozioni e manifestano indifferenzaverso tutto ciò che le circonda; gli eventi della vita, belli obrutti che siano, scivolano su di loro senza lasciare tracceevidenti. La staticità, anche nelle situazioni più difficili epesanti, viene vissuta come rassicurante mentre tutto ciòche altera questo status quo, le novità, gli eventi improvvisi,le attività che rompono una quotidianità sempre più uguale,vengono percepite come minacciose. L’abbandono di ciò cheera stato lungamente atteso o ricercato è così frequente daessere considerato normale; mantenere gli impegni, rispet-tare condizioni prestabilite, attenersi a orari più o meno ri-gidi, sono traguardi difficili da raggiungere. L’isolamentosociale che molti pazienti vivono e di cui sono, per buonaparte, artefici, rappresenta la condizione emblematica deldisagio psichico; le relazioni con gli altri, dalla semplicevicinanza al dialogo, sono spesso motivo di rinunce.La musica, in quanto esperienza primitiva con cui gli esse-ri umani vengono inevitabilmente in contatto durante laloro vita, può rappresentare uno strumento efficace per ilcambiamento: la “musica come terapia” nel momento incui l’elemento sonoro-musicale facilita la comunicazionee la relazione.Dal 1997 i servizi psichiatrici pubblici di Cantù, MarianoComense e Longone al Segrino hanno tra il proprio per-sonale, anche se come collaboratore esterno, la figura diun musicista. Questa scelta, non certo usuale o scontata,trova ragione nel riconoscimento della valenza relazionalee delle potenzialità aggreganti e terapeutiche della musi-ca. In questi anni, tanti sono stati i gruppi e le propostemusicali rivolti ai nostri pazienti; decine e decine di lorohanno partecipato ai laboratori, che spesso nascevano daloro richieste, da loro desideri o da spunti che ci offriva-no raccontando frammenti della loro vita.Nella nostra Unità operativa oggi sono attivi: due laboratoridi canto corale, all’interno dei quali vengono proposti branidi musica leggera, d’autore o popolare con accompagna-mento dal vivo affidato agli strumenti dei tirocinanti diMusicoterapia del Corso di laurea in “Scienze e Tecnologiedella Comunicazione musicale” dell’Università statale diMilano; un gruppo di ascolto guidato con incontri musicalia tema (spunto di partenza può essere un periodo storico, ungenere musicale, un autore, uno strumento o un avveni-mento spettacolare cittadino); un laboratorio di strumento(tastiera, chitarra, basso elettrico) organizzato attraverso le-zioni individuali; un laboratorio di armonia e composizio-ne; un laboratorio di percussioni che si avvale di strumenticreati con oggetti di uso comune o materiali di recupero.In questo cammino – durante il quale, attraverso la musicanelle sue diverse esperienze, abbiamo coinvolto pazienti

anche molto gravi – l’idea di dar vita a un coro sembravaquasi naturale. In precedenza infatti non erano mancateesperienze di canto corale: cori sporadici organizzati du-rante le feste natalizie lasciavano intravedere le potenzialitàdi quest’attività, ma mettevano anche in luce le difficoltà acui saremmo andati incontro nel momento in cui daestemporanea si fosse trasformata in stabile. Un coro ri-chiede lavoro di gruppo, affiatamento, attenzione, impe-gno, puntualità, costanza e magari una bella voce, requisi-ti che nel loro insieme, a parte l’ultimo, rappresentano peri nostri pazienti mete impervie e faticose da raggiungere(la guarigione... forse?).Le nostre perplessità ci avrebbero bloccato ancora a lungose, nella primavera del 2005, non fosse arrivato l’invitodegli amici del Servizio di Salute mentale di Volterra apartecipare a una rassegna di cori da loro organizzata peril mese di settembre. Titubanti, ma molto interessati e inun certo senso incuriositi dalla proposta, decidemmo diaccettare, ma per tutelarci dalla frustrazione di un possibi-le insuccesso ci convincemmo che sarebbe stato un esperi-mento a termine la cui conclusione avrebbe coinciso con ilgiorno della rappresentazione.Accettando dovemmo subito affrontare alcune questionispinose: a chi proporre questo progetto, quale repertoriointerpretare e come presentarci a un pubblico esterno. De-cidemmo di aprire il coro a tutti i pazienti che vi volevanopartecipare; solo alcuni vennero espressamente invitati econvinti a aderire. Non venne fatta alcuna selezione sullabase delle abilità canore. Decidemmo anche che i promo-tori del progetto (cinque educatori e due medici) avrebberopartecipato in prima persona, nella veste di coristi, a ognimomento dell’esperienza. La scelta di essere vicino ai pa-zienti, in una posizione di parità, ci avrebbe consentito dicogliere sul nascere le difficoltà, ma anche le emozionipositive, che avrebbero così trovato in noi risonanza.Nel canto corale non ci sono ruoli e livelli; la storia indivi-duale, le competenze professionali, l’estrazione sociale siannullano e ciò che rimane è la voce, un piacere vestito disuono che incontra l’emozione degli altri lungo un cam-mino comune. L’Io è il Tutti, e per una volta tanto sentirsinormali è condividere un’esperienza totale, riconoscersi neimembri di una pur piccola comunità.La scelta del repertorio ci costrinse a una serie di riflessionie di osservazioni che scaturirono in altrettante indicazioni:- i brani selezionati non avrebbero dovuto mettere in evi-

denza l’esiguità della nostra tecnica vocale, il che vole-va dire eliminare dalle eventuali proposte le composi-zioni polifoniche del repertorio corale classico;

- volevamo evitare l’esecuzione di canzoni più o menonote appartenenti al genere pop che, pur agevolando lafase di apprendimento e memorizzazione, avrebbero ine-vitabilmente innescato un confronto impietoso con ilmodello originale;

- volevamo mettere in luce la vivacità e l’entusiasmo,volevamo potenziare l’energia che coglievamo imbri-gliata nei nostri pazienti, trasformare l’impaccio, la paurae la rigidità in canto.

Su una cosa eravamo tutti d’accordo e sicuri: avremmo

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8 dovuto non solo cantare, ma strutturare una piccola per-formance ricca di eventi e sorprese sonore; avremmo fattodi tutto per emozionare noi e chi ci ascoltava e vedeva:non avremmo fornito un’immagine pietosa e manicomialedella psichiatria.Alla convocazione per la prima prova erano presenti 23pazienti e 7 operatori; erano le due del pomeriggio di unacalda giornata di fine maggio, le finestre erano aperte e leporte anche. Dopo i primi momenti di panico, in cui sem-brava che tutti stessero rivivendo una propria esperienzascolastica (alcuni l’hanno poi raccontata) in cui un profes-sore ci aveva buttato in faccia una nostra incapacità, co-minciammo a provare qualcosa che assomigliava molto alpiacere. Dopo un’ora che cantavamo, alcune persone se-dute in sala d’attesa e le infermiere che lavoravano nel-l’ambulatorio del Centro Psicosociale, fecero capolino nellocale che ci ospitava e si complimentarono con noi. Comerisposta, molti volti si distesero in un sorriso di soddisfa-zione e qualcuno azzardò ringraziamenti. Capimmo subitoche si poteva andare avanti.Gli operatori cominciarono a tessere una rete di contattidiretti e indiretti per informare sulle date delle prove, perricordare gli appuntamenti che ci eravamo dati, per rileva-re difficoltà e stimolare commenti e osservazioni. A ogniprova aumentava quella sensazione che ci faceva uscirecon più naturalezza la voce, che in alcuni momenti ci pro-curava un brivido sulla pelle e che alla fine di un brano cifaceva sorridere e commentare l’esecuzione. La voce, che atanti era parsa brutta e stonata, sembrava nel coro diversa,più potente, più bella, una voce nuova che si manifestavaquando eravamo insieme, ma che sembrava un tantino piùbella anche quando cantavamo da soli (tanti hanno poi“confessato” di provare la propria parte anche a casa). Dapiccolo embrione, il piacere stava crescendo e nutriva ildesiderio di ritrovarsi.Continuammo le prove per tutta l’estate con la quasi totalitàdei pazienti a ogni appuntamento. Decidemmo alla fine diinterpretare cinque brani praticamente sconosciuti, presi aprestito dalla cultura musicale africana; canti brevi e semplicinei testi, ma molto ritmati, energici, vivaci, coinvolgenti. Il

repertorio etnico sembrava dare una risposta adeguata allenostre riflessioni iniziali in merito al cosa cantare.Quindici giorni prima del festival, per dare movimento ecolore alla performance decidemmo di aggiungere ai cantiun accompagnamento ritmico, alla cui realizzazione avreb-bero direttamente contribuito gli stessi coristi. Pattern rit-mici semplici e sovrapponibili costituivano la base metricadel nostro sound, un ingranaggio pulsante forgiato da stru-menti a percussione di indubbio potenziale sonoro gentil-mente offerti dal magazzino dell’ospedale: bidoni, ruote dicarrozzine, il cestello di una lavatrice, galleggianti, tubimetallici, lavandini, contenitori per carta igienica…Non è stato facile organizzare il tutto e gli operatori, chenon erano certo i più dotati musicalmente, erano spesso iprimi a sbagliare, ma anche a mettersi in gioco con ironia,sdrammatizzando molto la paura di stonare e le immanca-bili figuracce. Le “stecche”, le dimenticanze, i ritmi persiscioglievano paradossalmente le paure, rendevano tutti unpo’ più sicuri, più intraprendenti, meno timorosi nell’esporsi.Dopo tre mesi di prove, in cui venne richiesta la presenzacostante di tutti e a tutti venne data la stessa importanza,il coro cominciò a sentirsi un gruppo.E giunse anche il giorno dello spettacolo. Arrivammo aVolterra e tutto, fin dall’inizio, ci sembrò bello: la squisitaaccoglienza e l’ospitalità degli organizzatori, la città, lagente. La rassegna si svolgeva all’interno di un vero teatro,il “Persio Flaco”, con loggette, sipario in velluto rosso epalco con fiori. Quando fu il nostro turno salì sul palcouna macchia di colore vivace e piena di energia: le donneindossavano gonne ampie e variopinte e gli uomini jeans emaglietta nera con una sciarpa multicolore legata in vita.Fu un successo: ricevemmo molti applausi e complimenti.Quando lasciammo il palco l’emozione era palpabile: c’erachi rideva, chi piangeva e tutti sentivamo un gran bisognodi abbracciarci.Il coro non finì quel giorno. Da allora si esibisce in diverseoccasioni (feste, inaugurazioni, manifestazioni locali) e ognivolta il desiderio di continuare è rafforzato dal calore edall’apprezzamento che il pubblico immancabilmente ciesprime.

Il coro “Schiacciavoci” durante un’esecuzione all’apertonel parco dell’ex Ospedale Psichiatrico di Como.

Foto di gruppo del coro “Schiacciavoci”del Dipartimento di Salute Mentale di Como.

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9Elita Maule - Massimiliano Viel

Sonaglidal mondoCostruire strumenti musicali a scuola può rappresentareun’occasione per conoscere e valorizzare le diversità sco-prendo, nel contempo, le «somiglianze che accomunano leesigenze proprie di ogni essere umano» 1, dei bambini lon-tani geograficamente e del loro modo di giocare con i suo-ni nel nostro caso.Tra i giochi sonori presenti nel mondo, una particolare fun-zionalità sembrano rivestire «gli strumenti dotati di poteriapotropaici e quelli usati per l’intrattenimento sonoro del-la prima infanzia (come i sonagli, ripresi ancor oggi dallaproduzione industriale e in uso nella puericultura moder-na per tranquillizzare il neonato o stimolarne il senso del-l’udito). Quanto i due tipi (quello magico-protettivo e quelloacustico-consolatorio) siano in gran parte direttamentediscendenti, per forma e struttura, da strumenti arcaici, èevidente sia per l’omologia funzionale, sia per la somi-glianza morfologica, come è testimoniato proprio dai so-nagli, eredi dei crepitacoli terapeutici di origine magica» 2.Riportiamo di seguito alcune schede di lavoro per costrui-re dunque alcuni sonagli e sonagliere utilizzate nei giochidei bambini (dai piccoli ai più grandi) “lontani nello spa-zio”. Le proposte didattiche finalizzate a una loro applica-zione didattica determineranno, in seguito, in base alladifficoltà, il target di riferimento.

Sonaglio di zuccaÈ uno strumentino che, come tutti i sonagli, viene predi-sposto, presso i popoli di natura, dagli adulti affinché ibambini, specie i neonati, siano impegnati in semplici eser-cizi motori, in piccole esperienze manipolative o in mi-nuscole drammatizzazioni dalle quali trarre un piacereuditivo. I nostri bambini più grandicelli possono costrui-re lo strumento da soli, guidati dall’adulto, e utilizzarloper attività pratiche più complesse del semplice trastulloche ne caratterizza la funzione primigenia utilizzata inpuericultura.Procuriamoci delle zucche essiccate (o, in mancanza diqueste, possono andar bene i fondi di due vasetti vuoti diyogurt, il contenitore di plastica delle sorprese degli ovettikinder o, ancora, qualsiasi piccolo recipiente di riciclo) eritagliamo due segmenti concavi di uguale dimensione (circa10 cm di diametro).Con una limetta pratichiamo due piccole scannellature sim-metriche in entrambe le coppette in modo da poterci posi-zionare un cordoncino (della lunghezza di 30 cm circa)che fungerà da maniglia per la presa.In una coppetta poniamo un manciatina di orzo o riso osemi essiccati misti.

Uniamo le due metà con la colla a caldo badando di fissarebene anche il cordoncino.Decoriamo a piacere il nostro sonaglio. Sulla zucca un buoneffetto in rilievo si ottiene utilizzando window colors ocera colata colorata.Questo sonaglio, se scosso leggermente, imita benissimo ilverso delle cicale.

Sonagli di zucca

Sonaglio di semiIl sonaglio peruviano, presente in forma analoga anche inAfrica, è costruito con i grandi semi essiccati di una piantache da noi non esiste. Cercheremo, pertanto, di avvicinarcial suo suono e alle sue fattezze utilizzando materiali facilida trovare da noi.

Materiali occorrenti- un bastoncino di legno- tre palline da ping pongoppure- tre custodie vuote delle

sorprese degli ovetti kinder- colla vinavil e in stick- sale grosso da cucina- punteruolo- lana colorata o rafia

Come trovarli- negozi di hobbistica- negozi di articoli sportivi

o di giocattoli- materiale di riciclo

- cartoleria- negozi di alimentari

- materiale di riciclo

1 Orientamenti dell’attività educativa nelle scuole materne statali,D.M. 3 giugno 1991.

2 FEBO GUIZZI, Guida alla musica popolare in Italia. Gli strumenti, LIM,Lucca 2002, pp. 356-357.

Modalità di costruzionePrendiamo un bastoncino di legno, lungo circa 25 cm e deldiametro di una matita, e lo appuntiamo da un lato con untemperino.

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10 Con il punteruolo foreremo le tre palline da ping pong (o lecustodie delle sorprese) da una parte all’altra. Ingrandiremopoi il foro stesso infilando a pressione le palline nel bastonci-no. Prima di infilzarle del tutto, porremo un po’ di grani disale grosso dentro alle palline fino a ottenere un suono che cipiaccia (proveremo a scuotere verificando il risultato sonoro).Fisseremo quindi il tutto ponendo un po’ di colla vinaviltra una pallina e l’altra. Asporteremo eventualmente lapunta sporgente del bastoncino con un seghetto.Possiamo decorare lo strumento come vogliamo (utilizzandola tecnica del découpage ma anche pennarelli o altro). Perrendere il nostro rusang simile all’originale peruviano pos-siamo rivestire le palline con un impasto di acqua, vinavile terra o sabbia scura (cfr. la foto in basso). Nell’impugna-tura possiamo inoltre applicare qualche fiocchetto di lanacolorata o di rafia. [E.M.]

Sonagli di semi autocostruiti (sinistra);provenienti dal Perù e dal Camerun (destra)

Proposte didattichee composizioniI sonagli con impugnatura rigida oppure con maniglia dicorda permettono di essere utilizzati con varie modalità aseconda della posizione del corpo. Normalmente il sona-glio è scosso “nell’aria” con movimenti impulsivi di unacerta precisione. Se si vuole però associare un maggiorcontrollo della dinamica insieme alla massima precisioneritmica, possiamo usare il sonaglio percuotendo le gambeoppure anche l’altra mano, se è libera, come fosse un tam-buro insomma, in modo da fornire al gesto un preciso puntodi arrivo coincidente con l’attacco che si vuole eseguire.La natura dello strumento non permette comunque di ave-re la chiarezza d’impulso di un tamburo: poiché i semi ealtri materiali sonori sono liberi di muoversi all’interno delcontenitore in cui sono stati chiusi, ogni colpo dello stru-mento causerà un “contraccolpo” sonoro più o meno evi-dente a seconda della dimensione del contenitore. Questoinevitabile elemento sonoro è ad esempio evidente nellemaracas o nei tamburelli baschi e vale in generale per tuttigli idiofoni a scuotimento.I nostri sonagli però sono piccoli ed esili, quindi si presta-no a realizzare performances discrete e quasi silenziose comeLa marcia degli insetti.

Questo brano è costituito da pattern più o meno lunghida ripetere a piacere, i quali cercano di suggerire cammi-nate diverse di vari insetti. Si potranno eseguire una allavolta oppure tutte insieme senza l’obbligo di una pulsa-zione comune oppure con una pulsazione comune. Oppu-re in tutti i modi uno dopo l’altro, così da creare unaperformance più lunga in cui l’insegnante può predispor-re o anche improvvisare le entrate e le uscite degli insetti.Per questo brano uso la notazione TUBS (Time Unit BoxSystem) estesa, come nell’articolo precedente, in modo daindicare il tremolo del sonaglio con una striscia tratteggia-ta. La velocità di riferimento è in questo brano quella delleformiche, in modo che i ribattuti possano richiamare deipassi, anche se non veloci. Le dinamiche sono ad libitum.Ecco quindi cinque insetti, ma l’insegnante può inventar-ne molti altri nello stesso stile.

La marcia degli insetti

Nei contenitori che stanno alla base dello strumento “so-naglio”, è possibile mettere materiali di vario genere: semie riso, ma anche piccolissime pietruzze, sabbia, perline oaltro, a seconda della grandezza del contenitore. Ogni ma-teriale avrà un suo suono, ora scuro, ora chiaro, ora omo-geneo, ora invece definito dalla quantità di materiale in-trodotto. Il sonaglio ci dà dunque la possibilità di provaree scegliere diverse soluzioni, che possono quindi andareanche al di là dello strumento tradizionale, per sfociarenello “sperimentalismo puro”.Può essere interessante per lo sviluppo della sensibilità altimbro cercare di disporre le diverse tipologie di sonagli inun ordine timbrico, per esempio dal più scuro al più chiarooppure dal più omogeneo al più… frastagliato.A questo punto è possibile creare una partitura grafica,seguendo la quale un direttore, quasi come un vigile, gui-da gli esecutori disposti in ordine timbrico. Un po’ comeabbiamo fatto con il Concertino ronzatore nel primo arti-colo di questa serie 3, che è possibile riutilizzare per questoorganico sostituendo la legenda “ronz. acuti - ronz. gravi”con “timbro più chiaro - timbro più scuro”. In questo casogli esecutori, indicati dal direttore, dovranno realizzare untremolo con il sonaglio il più continuo possibile con ladinamica richiesta.

la formica

la coccinella

la pulce

lo scarabeo

il lombrico

3 Cfr. “Musica Domani”, n. 139, pp. 8-10.

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11malmente viene attribuito alle maracas in brani di musicasalsa, dai più lenti boleri ai cha-cha-cha, fino ai più sfre-nati mambos.La scrittura tradizionale è arricchita in questo caso, dallanotazione del gesto con cui sono suonati i sonagli: la frec-cia verso il basso indica il gesto verso il basso o “in avan-ti”, mentre la freccia verso l’altro indica il gesto opposto.

Non lasciatevi ingannare dalla apparente “banalità” di que-sta struttura ritmica, spesso infatti i brani da accompagnarecon questo pattern sono molto complessi e articolati ritmi-camente, persino in un cha-cha-cha relativamente semplicecome il classico Oye como va di Tito Puente.

Concludo la parte dedicata ai sonagli con l’esempio di unpossibile arrangiamento di un brano classico, la Sonata inmi maggiore K380 di Domenico Scarlatti, per due parti disonagli da aggiungere al clavicembalo. Per motivi di spa-zio presenterò qui solo la prima parte della sonata e senzaindicazioni dinamiche, lasciando il completamento dellapartitura all’iniziativa dei lettori. [M.V.]

Ecco un altro esempio di partitura grafica, che a sua voltapotrà essere modificata per essere realizzata da ronzatoi.In questo caso i cinque gruppi di esecutori sono ordinatisecondo il timbro e la dinamica viene anch’essa espressagraficamente attraverso lo spessore del tratto. La linea trat-teggiata verticale indica eventi che avvengono tra più par-ti in sincronia.

Tre minuti in campagna (di notte)

Ascoltare e suonare

I sonagli di questo tipo più che a sonorità e suggestioni diprovenienza “classica” rimandano a mondi sonori etnici opopolari, come la musica latino-americana o le musichetradizionali del Centro Africa.Mi riferisco ad esempio a brani di musica salsa, la musicache unisce la tradizione afro-cubana con il jazz nordame-ricano, è comunque possibile individuare pattern caratte-ristici da eseguire con i sonagli su una vasta gamma dibrani.Ne è un tipico esempio questo semplice pattern che nor-

chiaro:

scuro:

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A scuoladi musical

Liliana Minutoli

Gli Aristogatti di Walt Disney come punto di partenzaper un’articolata proposta didattica rivolta alle scuole diMessina: un’occasione per giocare insieme attraverso ge-neri, linguaggi e codici espressivi diversi.

Diversità intesa come uguaglianza, contrasto come so-miglianza, differenza come pari opportunità. Ecco il pernoe la molla di un progetto sul musical da realizzare a scuo-la, da mettere in scena a teatro e da dedicare a bambinimamme nonni papà, insomma a tutti quelli che riescono acoltivare un po’ del fanciullo che è in ognuno di noi.Questi princìpi hanno portato il Centro Progetto Suono diMessina a scegliere, all’interno del percorso A scuola diMusical, di allestire GLI ARISTOcraticiGATTI, ovvero unlibero riadattamento della storia, semplice e sana, trattadal celebre cartone animato disneyano. Il lungo progetto,la cui ultima fase è stata la messa in scena, ha consentitodi mettere in luce e sottolineare l’enorme potenziale co-municativo della storia, l’originale integrazione tra i lin-guaggi artistici, l’umana caratterizzazione dei personag-gi, le differenze e al tempo stesso le somiglianze tra ge-neri musicali apparentemente lontani. Ed è diventato ungioco per tutti, produttori, musicisti, attori e allievi dellescuole, tutti insieme al lavoro su una costruzione comequelle dei bambini che montano e smontano, divertendo-si sia durante il gioco che a prodotto finito. Primo tratutti, il direttore artistico dell’Ente Teatro di Messina,Massimo Piparo, autore della trasmissione televisiva Bal-lando con le stelle; e poi il regista e coreografo AntonioGullo, attore e ballerino dell’Arena di Verona che, adat-tando il cartone a una messa in scena teatrale, ne haevidenziato l’indubbio valore educativo; il compositoreEmanuele Friello, direttore dell’orchestra Rai di Notti sulghiaccio, che ha reso più articolato il discorso sui generimusicali aggiungendo brani in stili diversi; e Cinzia Gizzi,direttore musicale e pianista assistente a Perugia perUmbria Jazz che ha riarrangiato i brani per un organicoorchestrale ridotto, ma in grado di rappresentare tutti igeneri.

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13L’AristogiocolibroLa fase più importante del progetto è stata quella dedicataalle scuole che avrebbero poi assistito allo spettacolo. Allescuole d’infanzia, primarie e alle prime classi di scuola se-condaria è stato proposto un percorso di animazione suilinguaggi artistici ed espressivi, attraverso la lettura gui-data del noto cartone animato e il successivo confrontocon lo spettacolo teatrale. Questo lavoro ha permesso diverificare come un film d’animazione, un materiale giàappartenente al vissuto dei bambini – e ciò che è cono-sciuto rassicura e motiva all’apprendimento – costituiscaun’enorme risorsa, sia ricco di spunti e permetta di rag-giungere con facilità obiettivi sia educativi sia didatticilegati a discipline scolastiche non solo artistiche. L’Aristo-giocolibro, il quaderno ideato insieme ad alcuni attori/ani-matori (di prossima pubblicazione) ha consentito di farimparare, giocando, facili tecniche teatrali, musicali ecoreutiche, senza trascurare il senso profondo della storia,anzi esaltandolo proprio attraverso l’integrazione tra i di-versi linguaggi. Ha permesso ai bambini di fare delle ri-flessioni personali sulla cooperazione e sulla solidarietà difronte alla collaborazione di tutti i partecipanti: ovveromaestre e bambini, insieme con i personaggi del musical,interpretati dagli attori/cantanti/ballerini del cast dello spet-tacolo che hanno condotto gli incontri di animazione congrande energia, generosità e capacità comunicativa, dan-do la possibilità di prendere parte allo spettacolo in modoattivo e consapevole.La presentazione del quaderno dà alcune indicazioni sul-l’uso:«A tutti i bambini e ragazzi!Ti regaliamo L’Aristogiocolibro. Chiedi alla tua maestra divedere in classe il celebre cartone di Walt Disney (siamocerti che a casa hai la videocassetta o il DVD)! Cerca poi dirispondere a voce o per iscritto alle domande, di colorare, diballare… di giocare insomma un po’ con questi gatti. Nonpreoccuparti però! È possibile che qualche domanda sia piùcomplessa. Puoi chiedere aiuto a Minù, Matisse, Duchessa,Guendalina, Scat Cat… insomma ai gatti e agli altri animaliche vedrai esibirsi in teatro come cantanti, attori e ballerinie che verranno a trovarti nella tua scuola per giocare con te.Ci sono poi delle domande a cui potrai rispondere solo dopoaver visto lo spettacolo. Ti lanciamo la sfida! Vedremo seavrai prestato la massima attenzione!».Il quaderno contiene domande ed esercizi musicali sui para-metri del suono, sui generi, gli strumenti, la struttura deibrani. Alcuni ascolti nel CD allegato sono da analizzare dalpunto di vista melodico, timbrico, formale, altri invece van-no abbinati ai personaggi, in relazione ad esempio all’anda-tura, al verso, al carattere. Una parte è poi dedicata al lin-guaggio teatrale con giochi sull’uso delle parole e sui modidi esprimere le emozioni attraverso gli elementi prosodici.E, ancora, esercizi di espressione corporea sui parametri delsuono, giochi linguistici e psicologici sui caratteri dei perso-naggi, indovinelli, canzoni da cantare sulla base musicale,disegni da fare o completare, parti da colorare. Il quadernoaiuta poi a fare riflessioni sui significati positivi e negatividella storia: leggerezza, amicizia, paura, coraggio, opportu-

nismo, avidità. Per rinforzare questi significati, alcune do-mande sono dedicate alle emozioni provate e al confrontodei personaggi con se stessi (per esempio: «A quale perso-naggio ti senti più vicino e perché?»). L’ultima parte del qua-derno riguarda lo spettacolo teatrale, e sollecita il confrontoe la riflessione («Che altre canzoni hai ascoltato in teatro?Con quali trovate sceniche avviene la richiesta d’aiuto deltopo Groviera?» e altro ancora).Il quaderno ha una struttura flessibile e può essere utiliz-zato dai 4 ai 12 anni. Un ruolo fondamentale è però affi-dato agli animatori, che devono essere non solo attorimotivati e motivanti, ma soprattutto, avendo a che farespesso e contemporaneamente con molti bambini di etàdiverse, essere in grado di rimodulare le domande a secon-da dell’ambiente e delle età, modificando gli approcci,espandendo o comprimendo alcune attività. In ogni scuolaovviamente il risultato è stato diverso, in relazione all’am-biente socio-culturale, all’interesse che le maestre sono riu-scite a suscitare con l’uso del quaderno, al fatto che peralcuni la musica e il teatro erano solo da sentire e vedere enon da… vivere. Per tutti i bambini è stata comunque unascoperta: hanno mostrato grandi capacità creative e alcu-ni, a distanza di tempo, hanno voluto che l’esperienza ve-nisse riproposta. Molte maestre, inoltre, stimolate dalla sem-plicità dell’approccio, hanno richiesto appositi corsi d’ag-giornamento sui linguaggi espressivi.

L’esperienza a scuolaMa ecco un breve resoconto di alcune delle esperienze rea-lizzate dagli animatori nelle varie scuole.La prima esperienza – musicale, motoria e grafica – è statacondotta sia nelle prime classi di scuola secondaria sia nellascuola primaria con bambini dai 6 agli 8 anni. Gli anima-tori hanno presentato un’attività tratta dall’Aristogiocolibroriguardante la canzone Scale e arpeggi.Divisi i bambini in due gruppi, gli animatori hanno fatto ri-produrre al primo gruppo, tramite saltelli da un posto all’al-tro, la figura dell’accompagnamento (simile a un bassoalbertino); al secondo gruppo accovacciato a terra è statochiesto di alzarsi in piedi seguendo le note della melodia,come se stessero salendo i gradini di una scala. Il tutto mentregli altri cantavano due frasi della melodia («Se buon musici-sta tu vuoi diventar, tante scale e tanti arpeggi devi far»). Si ècominciato lentamente, poi accelerando, fino ad arrivare allareale velocità del brano. Successivamente hanno risposto alledomande: «Cosa cambia nei suoni quando i gattini cantanola melodia e quando i compagni simulano la salita degliscalini?»; «Fai sul quaderno delle piccole linee che rappre-sentano l’altezza delle note della melodia e sotto di essa deitrattini sui saltelli del gruppo di accompagnamento».È stato poi mostrato lo spartito e i bambini hanno osserva-to che la scrittura non era poi troppo diversa dal loro mododi muoversi. Successivamente è stata portata l’attenzioneai gesti della mano dell’animatore, che faceva riprodurrel’arpeggio ascendente e discendente di do maggiore facen-do saltellare su e giù con la voce e cambiando l’ordinedelle note a sorpresa, con grande divertimento e risa ditutti. Nell’Aristogiocolibro si invitava a inventare un coro

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14 sulle note dell’arpeggio della canzone e a indire una garaper selezionare in classe l’invenzione migliore. E infatti inun’altra scuola alcuni bambini, più pronti sulle attivitàmusicali, hanno presentato agli animatori un piccolo coroa due voci da loro inventato. Un gruppo cantava un osti-nato melodico in forma di arpeggio e l’altro riproducevauna melodia sempre sulle note dell’arpeggio.In una fase successiva, è stato chiesto di ascoltare due bra-ni musicali (una Sonatina di Mozart e un Preludio di Chopin)e di indicare quindi quale dei due somigliava di più al bra-no dei gattini. Senza esitazione i bambini hanno rispostoche il primo era più simile e come verifica è stata ripropostala precedente attività motoria, questa volta sul brano diMozart. A questo punto sono state date delle informazionisull’autore, un compositore che scriveva «musiche classi-che di tanto tanto tempo fa», facendo notare come nel filmc’era anche un genere musicale diverso da Tutti quantivoglion fare jazz.Si è così passati all’analisi del testo di quest’ultima canzo-ne, presente nel quaderno, e i bambini sono stati invitati asottolineare le frasi che indicassero la differenza tra i duegeneri. Correttamente hanno risposto: «Perché resister nonsi può al ritmo del jazz; … la polka il rondò… roba rococò…lo stesso prurito nun te dà… cor jazz te senti giovane per-ché hai voglia di ballare bhè…».La verifica sui generi invece è stata fatta facendo cogliere ledifferenze tra i brani: «Ascolta le canzoni Scale e arpeggi,Habanera e Tutti quanti: sono dello stesso genere musicale?Collega ciascuna al proprio genere (jazz, classica, lirica)».Un’altra esperienza è stata condotta con bambini di scuolad’infanzia di 4 e 5 anni prendendo spunto da un’attivitàverbale e teatrale. Partendo dal presupposto che il ritmo èparte anche del linguaggio parlato, ai bambini è stato pro-posto di imitare i versi degli animali presenti nel cartoneattribuendo un ostinato ritmico a ogni verso e abbinando-vi dei movimenti: i gatti si leccano i baffi, le oche ondeg-giano, i topi saltellano e i cani alzano la zampetta. Ed èdiventato un vero coro parlato e… movimentato.Successivamente è stato chiesto di ripetere i versi interpre-tando diversi stati d’animo: rabbia, felicità, tristezza, inmodo rude o aristocratico. Inconsapevolmente i bambiniutilizzavano i parametri sonori in modo diverso e non sem-pre chiaro. È bastato rendere palese quest’uso giocando amodificare l’espressione di alcune frasi del film perché ibambini riuscissero a utilizzare meglio le proprie capacitàcomunicative ed espressive.I bambini di un’altra scuola primaria del centro cittadinohanno raccontato la storia agli animatori spiegando chegli aristocratici sono quelli «che si danno delle arie, chesono ricchi, che non sanno stare per strada come i gattirandagi, che sono eleganti, che sono colti». È stato propo-sto, a riprova di quanto detto, di imitare gli animali delfilm con movimenti e versi eleganti, rudi, sofisticati o ari-stocratici. Per far questo i bambini hanno ascoltato e in-terpretato il dialogo del Duetto dei gatti di Rossini, inseritonello spettacolo, che li ha aiutati a sperimentare i contrastie le differenze per diventare a richiesta tristi, eleganti, roz-zi, innamorati, aristocratici.

Per esplicitare i reali caratteri dei personaggi, è stato poichiesto di ipotizzare sviluppi diversi della storia, cambian-do i ruoli o personalizzando le conclusioni. E così nellaloro fantasia il maggiordomo è diventato cibo per gatti, icani guardie del corpo di Duchessa, le oche due streghette.Ognuno, attraverso la recitazione, la gestualità, l’uso di-versificato della voce, si era calato nei diversi ruoli. Lascommessa era far indovinare ai compagni quale emozio-ne o situazione si stesse mettendo in scena, ma si è decisoche il finale migliore, acclamato da tutti, era quello origi-nale del cartone!In un’altra scuola d’infanzia l’esperienza è stata condotta at-traverso il teatro delle marionette. Divisi in piccoli gruppi,ognuno ha colorato su cartoncini preparati dagli animatori lesagome dei vari personaggi e le ha colorate. Successivamentequeste sono state incollate su dei bastoncini, tramite i quali èstato possibile muoverle dietro la cattedra usata come piccolopalcoscenico. L’attività ha funzionato con i più timidi che,coperti dalla cattedra, hanno potuto esprimere comunque lediverse emozioni. L’attività è consistita nella simulazione diun dialogo, su precedente indicazione degli animatori, fattosolo di versi di animali, variando il più possibile i parametrisonori. Anche in questo caso i compagni dovevano indovina-re quale situazione ci fosse dietro al finto dialogo e qualiemozioni i compagni stavano comunicando.Tutto ciò ha permesso ai bambini di comprendere che at-traverso gli animali erano riusciti a giocare a fare teatro,che avevano cioè interpretato un ruolo: si erano messi d’ac-cordo su cosa fare e per pochi minuti tutti avevano credu-to veramente di essere cani arrabbiati, oche snob, gatti rozzi.

Una miscela di elementiIl lungo lavoro ha dimostrato che ogni linguaggio artisticoaiuta a esprimersi meglio. Attraverso l’arte possiamo ac-cettare la parte prosaica delle nostre vite, ma soprattuttoprendere spunti per viverne la parte poetica. E far vivere abambini e giovani la musica, la danza, il teatro, l’arte visi-va in modo attivo e costruttivo, aiuta sicuramente a comu-nicare e a conoscersi.Ne GLI ARISTOcraticiGATTI gli elementi espressivi più di-sparati sono stati miscelati aggiungendo nuovi elementimusicali e teatrali che hanno rinforzato alcuni dei signifi-cati già presenti nel cartone animato: in particolar modo ilconvergere armonioso del contrasto e della diversità.Ed ecco dunque in musica l’uguaglianza travestita da diffe-renza: la danza classica accanto al jazz e a quella moderna;l’aria lirica, il pop, lo swing accanto al dixieland e alle ballad;il gioco onomatopeico del Duetto dei gatti di Rossini – chenello spettacolo sottolinea lo sconforto dei gatti per non esse-re più a casa con Madame – accanto al gioco onomatopeicomoderno e swingato di Le Miss Bla Bla (le due famose ochedel cartone che aiutano Duchessa e i gattini); l’Habanera diBizet cantata da Madame con un passato di cantante lirica –nello spettacolo eseguita per intero e non solo accennata come

1 EDGAR MORIN, La testa ben fatta, Raffaello Cortina Editore, Milano2000, p. 5.

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15nel film – contrapposta al ritmo sincopato di Tutti quantiscandito dalla batteria; e, ancora, la semplice melodia di Sca-le e arpeggi con accompagnamento dai toni mozartiani e ilbridge della protagonista tipico del musical (diversi ma en-trambi veicoli delle forti emozioni e degli stati d’animo chenel cartone accomunano umani e animali).Il linguaggio verbale è poi un altro esempio di uguaglianza/differenza tra carattere emotivo dei personaggi e uguali in-tenti. Lo scanzonato romanesco del protagonista Romeo,rozzo ma sensibile, vicino all’italiano very British delle dueoche, formali e un po’ retrò ma altrettanto generose; il fran-cese patinato del cattivo maggiordomo contrastato dalla forzaaggregativa degli “animali parlanti” che non badano a dif-ferenze quando sono chiamati a sostenere chi è in difficoltà.E proprio questi ultimi, come e molto più dell’uomo, mani-festano sentimenti veri di cooperazione e di amicizia, fuoridagli stereotipi, senza finzioni o formalismi, ma con sempli-cità, in un atteggiamento di rispetto che agli umani nonsempre è dato di mostrare. Il gioco è fatto! Un gioco nelsenso inglese o francese del termine, dove non a caso i ter-mini play e jouer racchiudono significati diversi come lavo-ro teatrale, suonare, avvio, scambio, relazione, interazione.

L’esperienza in teatroE proprio questo è il teatro. Durante gli incontri gli anima-tori hanno scoperto che molti bambini non erano mai statiin un teatro e questa è stata l’occasione per spiegare comequesto sia diverso dalla televisione. Le conclusioni trattedai bambini sono state che tutti possiamo recitare, che fareteatro è un gioco, è divertente e che gli attori creano unmondo magico perché vogliono rimanere bambini.L’esperienza teatrale poi ha consentito di conoscere gli stru-menti dal vivo e di ascoltare generi musicali diversi, cosa rarain uno stesso spettacolo. A esibirsi era l’orchestra jazz delConservatorio di Messina che con arrangiamenti da jazz band(dallo swing al dixieland) e con l’esecuzione di brani di generidiversi, ha reso lo spettacolo ancor più vivace e gradevole,sottolineando il valore e la forza che dà la musica dal vivo inqualsiasi genere di teatro musicale. Il giovane pubblico, per ilquale erano stati concepiti appositi spettacoli, ha cantato sul-l’esecuzione dell’orchestra intervenendo anche in taluni mo-

menti dell’azione scenica (come quando ha partecipato allafuga in platea del topo Groviera indicandogli la strada e aiu-tandolo a non aver paura dei gatti randagi che poi invece, adispetto dell’inimicizia tra gatti e topi, lo avrebbero aiutato asalvare Duchessa e i gattini). I bambini, dopo l’esperienza tea-trale, hanno rilevato le differenze col cartone giudicando lospettacolo più interessante e divertente del film «perché tuttosi poteva toccare». Ci è stato raccontato che alcuni bambinitornati a scuola cercavano nel cartone, e con dispiacere nontrovavano, la simpatica canzone di Le Miss Bla Bla, compo-sta apposta per lo spettacolo per le due oche Guendalina eAdelina e presente nel CD allegato al quaderno.

Le articolazioni del percorsoSulla scia di proposte didattiche che guardano a una scuolaeuropea, multiculturale e multietnica, cooperativa e creativa,il Centro Progetto Suono di Messina opera attraverso la scuoladi musica, la scuola di teatro per ragazzi e appunto con ilprogetto A Scuola di Musical: un lavoro di divulgazione edi animazione rivolto a bambini, ragazzi e docenti attraver-so proposte che spaziano dalla relazione affettiva ai lin-guaggi espressivi e artistici, dando pari peso e dignità a ogniforma e genere. Il percorso didattico contribuisce dunque aformare, sin dalla più tenera età, le varie identità musicali epersonali. Soltanto con i ragazzi più grandi, quando le scel-te diventano più consapevoli e motivate, si passa alla fasespecialistica e a indirizzi professionalizzanti. Il lavoro di ri-cerca teatrale e musicale effettuato all’interno di questo per-corso, si rivolge quindi a quanti si avvicinano al musical siacome progetto educativo sia come impegno professionale,assecondando i gusti musicali di bambini e ragazzi, ma per-mettendo anche la conoscenza dei generi musicali colti epiù complessi, mettendo per esempio a confronto il musicalcon l’opera lirica o facendo lavorare bambini accanto a pro-fessionisti con progetti studiati ad hoc.Secondo Edgar Morin «in un’era sempre più multimediale ènecessario prendere atto che in Italia esiste una proporzionetroppo grande di specialisti di discipline predeterminate espesso artificialmente circoscritte, mentre una gran parte delleattività sociali richiede uomini capaci di un angolo visualemolto più largo e nello stesso tempo di una messa a fuoco inprofondità dei problemi» 1. Sempre più oggi in campo arti-stico sono richieste competenze globali e variegate, ma l’Italiapresta poca attenzione a ciò che invece potrebbe fornireopportunità di lavoro, oltre che essere un’occasione per fargestire a bambini e ragazzi disagi personali e sociali. L’arteche va promossa deve credere in quei valori di convivenzacivile (tanto auspicati dalle riforme scolastiche, ma non sem-pre valorizzati all’interno dei programmi) basati sull’educa-zione alla fiducia, all’accettazione di sé e degli altri, allarelazione costruttiva. Questo modo di fare arte stimola aleggere la realtà da diversi punti di vista e aiuta in modopragmatico i bambini e i giovani a formarsi non solo artisti-camente. E per noi educatori e docenti? Come per il foltopubblico messinese accorso allo spettacolo, potremmo, at-traverso la leggerezza e la forza di questo modo di fare arte,riflettere e giocare coi grandi messaggi che, come tutti i grandimessaggi, non hanno bisogno di grandi parole!

Alcune intepreti del musical GLI ARISTOcraticiGATTI.

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Un prato si offre ai bambini come un’in-stallazione sonora della natura: mantidi foglie secche, distese di erba morbi-da, zone di terra battuta e sassi cantanoa ogni pressione provocata dai piedi.Passi leggeri, affrettati, lenti e trasci-nati, decisi e quasi impetuosi disegna-no tracce sonore che, se combinate,possono dare vita a interessanti textu-res. Si possono organizzare passeggia-te ed “escursioni” in cui si invitano ibambini ad ascoltare le proprie orme,che cambiano a contatto con le diversesuperfici. Dai giochi in cui prevalgonole scoperte casuali, i bambini possonoessere accompagnati a portare l’atten-zione sulle diverse pennellate di suonofatte di fruscii, scricchiolii, crepitii, pic-coli tonfi. Per facilitare questa delicatamessa a fuoco, il gioco può essere rior-ganizzato in sezione, dove si allestiràun prato “per finta”. Sarà bello ricrearele sonorità con il corpo che si muovesollecitato dalle sensazioni tattili e udi-tive, e abbassando le luci l’ascolto sifarà ancora più intenso e pieno. Ancheutilizzando un microfono, strisciatodirettamente sui diversi materiali, ousato per amplificare, si possono “por-tare all’esterno” i suoni, che sarannoritrovati con nuove caratteristiche esottolineature.Foglie, sassi, piccoli rametti, paglia,terra possono essere utilizzati per riem-pire alcuni cuscini, che diventerannomorbide superfici sulle quali cammi-nare a piedi scalzi o gattonare, ma suiquali si potrà anche appoggiare como-damente la testa, per lasciarsi solleti-care dalle coccole sonore accompagnateda gustose note olfattive. E se i cuscinisaranno tutti dello stesso colore e dellastessa grandezza, la loro qualità uditi-va sarà ancora più evidente. Non trop-pi anni fa, i materassi venivano realiz-zati utilizzando per l’imbottitura le fo-glie delle pannocchie di mais. Potrem-mo recuperare questa tradizione e cu-cire per i bambini un grande piumonenel quale tuffarsi, rotolarsi e sdraiarsisentendosi magicamente avvolti da unanuvola odorosa e frusciante.

Cuscini e tappeti in naturaArianna Sedioli

Le voci della natura possono essere na-scoste anche in un pachtwork “a tasche”,che potremmo attaccare alla parete: sa-ranno le manine a cercare le diversesorprese, ottenute schiacciando e per-cuotendo le diverse forme di stoffa.Ancora, piccoli cuscini riempiti consemi, bacche, gusci di noci e nocciolepossono essere proposti attraverso ilCestino dei tesori 1, oppure essere appe-si come invito a cercare gesti sonanti.Utilizzando stoffe e materiali naturalisi possono realizzare, inoltre, cuscini etappeti fonosimbolici: le diverse forme(a foglia, a sasso, a ramo) potranno es-sere utilizzate per arredare un angolodella sezione. In questa ambientazionespeciale potranno fare capolino diver-si personaggi: dagli orsacchiotti dipeluche ai topolini-burattino alle bam-bole di pezza che, animati dai bambi-ni, si avventureranno, con salti e ca-priole, alla scoperta delle voci dei pae-saggi naturali.A questi percorsi, che mettono in gio-co le sonorità acustiche attraverso unapproccio sensoriale, possiamo affian-carne altri dove i suoni vengono regi-strati e lavorati successivamente attra-verso tecniche computerizzate. Alcunetimbriche particolari possono anche es-sere scaricate da siti specializzati.Gli artisti che realizzano installazioniutilizzando i suoni elettronici in fun-zione simbolica ci possono suggerirenon poche idee per creare per i bambi-ni situazioni di gioco interattivo. Nellesuggestive opere di Laurie Anderson edi Alberto Gilardi 2, ad esempio, i pae-saggi sonori si animano veicolati daoggetti e da sculture organiche che“parlano” allo spettatore. Laurie Ander-son ci regala un morbido cuscino dal

quale, appoggiando l’orecchio, echeg-gia un racconto onirico, e l’oggetto di-venta ricordo tangibile; Gilardi ci sor-prende e ci diverte con alcuni grossiciottoli dai quali si può “sorseggiare”il mormorio di un torrente e il rotolaredei sassi.E allora, ispirandosi a questi straordi-nari lavori, perché non creare per i bam-bini mucchi di legna che sprigionano ilcrepitio del fuoco, cuscini che raccon-tano le favole e che cantano ninne-nanne, pentole con creme e minestroniche borbottano? Per ottenere questi ef-fetti possiamo avvalerci di semplici tec-nologie, che vanno dall’uso di piccolialtoparlanti collegati a un lettore CDportatile ai micro-registratori a nastro,opportunamente nascosti e protetti. Lesonorità artificiali, attraverso queste pro-poste, rimangono ancorate alla concre-tezza visiva e plastica degli allestimenti:il rapporto diretto fra suono e fonte fa-cilita l’ascolto dei bambini, in partico-lare dei più piccoli.Queste esperienze, dove si intreccianol’apprendimento attraverso i sensi allarielaborazione immaginifica, amplifica-no l’attenzione e la sensibilità dei bam-bini per le sonorità ambientali e permet-tono loro di interiorizzarle, fino a fer-marle nella loro memoria uditiva. Suc-cessivamente saranno riprese dai bam-bini nelle loro produzioni spontaneesotto forma di onomatopee verbali, oelaborate nelle invenzioni di canzoni-racconto, musiche, segni, movimenti.Ma, soprattutto, questi giochi aprono iloro sensi e la loro fantasia alla poesiasonora della natura, in una prima for-ma di educazione estetica ed ecologica.

1 Il gioco del Cestino dei tesori viene solita-mente proposto ai bambini del nido. Al-l’interno di un cestino vengono messi pic-coli oggetti quotidiani (scatoline, carillon,collane) e giocattolini inventati utilizzan-do materiali semplici e di recupero.

2 Per Laurie Anderson: www.laurieanderson.com;per Alberto Gilardi si veda in particolare ilcatalogo curato da Claudio Spadoni, editoda Mazzotta, Milano 1999.

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Oscar Odena

Partendo dalla relazione tra la teoria delle intelligenzemultiple di Gardner e l’educazione musicale, un progettodi ricerca-azione con studenti dei corsi superiori di conser-vatorio utilizza la drammatizzazione per migliorare l’ap-prendimento e l’interpretazione di una partitura.*

IntroduzioneLo psicologo statunitense Howard Gardner sostiene l’esi-stenza di sette tipi di intelligenze (1983, 1993). Queste sonoa loro volta correlate con distinte abilità o capacità che sipossono sviluppare mediante la pratica educativa. Riportoqui una breve descrizione delle sette intelligenze da meusata con studenti adulti che si preparavano a diventareinsegnanti di strumento 1.- L’intelligenza linguistica: è la capacità di comprendere

il linguaggio e di saperlo utilizzare per costruire un di-scorso coerente. È una capacità molto usata da scritto-ri, giornalisti e insegnanti.

- L’intelligenza musicale: è la capacità di percepire e com-prendere i differenti elementi del suono (per esempioaltezza, durata, timbro, intensità) e le loro relazioni, ela capacità di creare a partire da questi. È una capacitàesercitata da musicisti, ballerini e melomani, non esclu-siva degli strumentisti.

- L’intelligenza logico-matematica: è la capacità di risol-vere problemi astratti rapidamente e senza sforzo. Permolto tempo è stato l’unico parametro per misurare l’in-telligenza. Fisici, matematici, chimici e scienziati ingenerale usano frequentemente questa capacità.

- L’intelligenza corporeo-cinestetica: è la capacità di ri-solvere problemi o elaborare prodotti impiegando il pro-prio corpo. La utilizzano, tra gli altri, sportivi, artigianie chirurghi.

- L’intelligenza spaziale: è la capacità di formarsi unmodello mentale dello spazio a tre dimensioni e di met-tere in relazione correttamente spazio e tempo. Mari-nai, chirurghi, scultori, ingegneri, architetti o decora-tori usano questa capacità per immaginare e collocareoggetti.

* Questo articolo si basa sul seminario che ho tenuto come profes-sore invitato presso il Conservatorio “Giovanni Battista Martini”di Bologna nel gennaio del 2006. Il soggiorno è stato finanziatodal programma di mobilità docenti all’interno del progetto Socrates /Erasmus dell’Unione Europea. Desidero esprimere i miei ringra-ziamenti a Johannella Tafuri per avermi invitato e a tutti gli stu-denti e professori che hanno partecipato al progetto, presentatodurante la primavera del 2005 a Barcellona.

1 Al fine di rendere più agile la lettura userò il genere maschile,sebbene l’intenzione sia riferirmi a individui di ambo i sessi.

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18 - L’intelligenza interpersonale: è la capacità di percepirele intenzioni e gli stati d’animo di coloro che ci circon-dano, e il modo in cui gli altri gestiscono i propri sen-timenti (conosciuta anche come intelligenza emozio-nale). È un’abilità evidente nei buoni terapeuti, inse-gnanti, politici e commercianti.

- L’intelligenza intrapersonale: è la capacità di formarsiun modello corretto e realistico di se stessi e di esserecapaci di usare questo modello per cavarsela efficace-mente nella vita (Gardner 1995). In altre parole, capirechi siamo, che posto occupiamo nella società e qual èla nostra scala di valori. Non si associa a nessuna pro-fessione in particolare.

Gardner afferma che nella nostra società le intelligenzelinguistica e logico-matematica sono in qualche modosopravvalutate, specialmente in ambito scolastico. Se qual-cuno va bene in matematica e nella propria lingua puòottenere buoni risultati nelle prove d’ingresso a universitàdi prestigio, ma l’avere successo, una volta terminati glistudi, dipenderà dalla misura in cui dispone delle altre in-telligenze.

Educare le diverse intelligenzeSeguendo una visione costruttivista dell’educazione, unodegli obiettivi dell’insegnante è quello di trovare la rela-zione ideale tra lo studente e i materiali che gli offre, perottimizzare l’apprendimento di ciascuno; in altri termini sitratta di trovare le attività e i mezzi migliori affinché ogniindividuo dia il massimo di sé. Se adottiamo la teoria delleintelligenze multiple, le possibilità di trovare questa rela-zione ideale aumentano. Così le diverse intelligenze pos-sono agire nell’educazione contemporaneamente in duemodi differenti:- come capacità da sviluppare specificamente;- come mezzo per facilitare l’apprendimento e lo svilup-

po di altre capacità.

Esempi di capacità relative a un tipo di intelligenza usatecome mezzo per facilitare lo sviluppo di un’altraConsideriamo l’esempio di una lezione di informatica:per imparare a programmare un computer saranno coin-volte varie intelligenze. La principale sarà quella logi-co-matematica, dato che la programmazione si basa sul-l’uso di procedimenti per risolvere un problema o rag-giungere un obiettivo con un numero limitato di pas-saggi. Ma le differenti abilità, motivazioni o gusti chegli individui hanno in ambiti diversi – legati alle intelli-genze – possono aiutare nel momento di imparare a pro-grammare. Uno studente con una forte motivazione perla musica può addentrarsi meglio nel mondo della pro-grammazione informatica se prova a programmare unsemplice brano musicale. Uno studente con notevoliabilità spaziali può affrontare la programmazione conl’uso di diagrammi e schemi (mappe concettuali). L’in-telligenza interpersonale è di vitale importanza per la-vorare in équipe, se si devono coordinare compiti conaltri studenti o se si deve imparare dai compagni di la-voro. E anche l’intelligenza intrapersonale riveste una

funzione importante nel momento di pianificare indivi-dualmente il lavoro.Questo è ciò che Gardner chiama apprendimento per «lineedi ragionamento parallele». Per esempio, con individui chepresentano difficoltà iniziali nel leggere e scrivere, si puòprovare a introdurre altri sistemi di simboli come le map-pe, i segni matematici o la notazione musicale. Alcuni stu-denti con necessità educative particolari per la lettoscritturaapprendono l’alfabeto attraverso l’esplorazione tattile. Nelloro caso l’intelligenza corporeo-cinestetica aiuta lo svi-luppo dell’intelligenza linguistica.In educazione musicale, gli esercizi di iniziazione propostida diverse metodologie didattico-musicali storiche sono unesempio di approccio alle difficoltà attraverso «linee di ra-gionamento parallele». Le percussioni corporee di Orff, imovimenti di Jaques-Dalcroze e molte canzoni con movi-menti per bambini (Tafuri 2006) utilizzano l’intelligenzacorporeo-cinestetica contemporaneamente al lavoro suiconcetti musicali. La chironomia di Kodály utilizza l’intel-ligenza spaziale contemporaneamente al lavoro sull’into-nazione delle altezze 2.Nello sviluppo delle capacità musicali la domanda che sipone è: suonare implica un uso consistente di altre intelli-genze oltre a quella musicale? La risposta è complessa. Seconsideriamo i diversi sistemi inventati per arrivare all’in-terpretazione, come per esempio l’imitazione nel metodoSuzuki, la decodifica di partiture grafiche, o i nuovi siste-mi che utilizzano la composizione con il computer, sembrache la facilità di suonare vada più in questa direzione chenon verso la capacità musicale di ciascun individuo.Alcuni programmi informatici utilizzano l’intelligenzaspaziale per comporre: una partitura per batteria si puòcostruire a partire da rettangoli e quadrettature dello scher-mo del computer, che equivalgono visivamente alla duratadelle figure ritmiche, dando accesso alla composizione eall’interpretazione a studenti che non conoscono la nota-zione convenzionale. Un melomane appassionato di jazzpuò arrivare a improvvisare con la sua voce nonostantenon abbia mai allenato la muscolatura delle sue dita a suo-nare uno strumento e, viceversa, uno strumentista dallatecnica brillante può “leggere” trascrizioni di altri musici-sti e non riuscire a improvvisare.Di fatto la domanda completa sarebbe: quali intelligenze ein quale grado intervengono nell’apprendimento dellamusica? L’intelligenza musicale gioca un ruolo fondamen-tale, ma abbiamo già visto che intervengono anche quella

2 Per gli interessati alle metodologie storiche didattico-musicali,Regner e Ronnefeld (2004) spiegano dettagliatamente come moltidegli esercizi ritmici attribuiti a Orff furono sviluppati da GunildKeetman in stretta collaborazione con Carl Orff. Pascual (2002)spiega anche come la chironomia (o rappresentazione dell’into-nazione relativa delle note con la posizione della mano) è stataadattata dai metodi che John Curwen usava già nel secolo XIX nelRegno Unito.

3 Un’argomentazione sull’utilità del video in progetti di ricercaeducativa si trova nelle relazioni di Odena (2001a, 2001b e 2002)e Leitch (2006, 2007).

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19spaziale e quella corporeo-cinestetica. Inoltre, nel periododell’adolescenza, i frequenti abbandoni degli insegnamen-ti musicali tradizionali potrebbero essere legati alle intelli-genze interpersonali e intrapersonali: lo sforzo individualenecessario per migliorare tecnicamente può portare all’ab-bandono degli studi se uno studente, quando suona, nonriesce a ottenere l’ammirazione e il rispetto dei suoi amici.A questa età i fattori intrapersonali pesano più di quellimusicali.

Le professioni musicali e le diverse intelligenzeGardner (1995) afferma che, sebbene i musicisti professio-nisti adulti abbiano bisogno di una quantità non irrilevan-te di intelligenza musicale, si apprezzano in essi altre in-telligenze a seconda delle loro specialità: per esempio l’in-telligenza corporeo-cinestetica in un violinista, l’intelligenzainterpersonale in un direttore d’orchestra, o le intelligenzespaziale, personale e linguistica in un regista. Tutte lespecializzazioni richiedono un’interazione tra differenti ca-pacità.Così in uno strumentista le intelligenze musicale, corpo-reo-cinestetica, interpersonale e intrapersonale giocanoun ruolo molto importante per poter suonare in gruppo,per cui è importante promuovere le abilità correlate conqueste intelligenze per migliorare l’esecuzione d’insieme.D’altro canto un’informazione viene appresa meglio quan-do si presenta in un contesto complesso, ossia con attivi-tà che richiedano l’uso di abilità relative a varie intelli-genze. In questo modo le capacità più sviluppate di cia-scun individuo possono aiutare a migliorare quelle menosviluppate. Queste idee sono state concretizzate in unaricerca di Leticia Cabrera, Joan Enric Lluna e Oscar Odena(2006) sulla drammatizzazione di partiture musicali comeattività per migliorarne l’apprendimento. Nella ricerca siafferma che qualunque brano verrà appreso meglio se“drammatizzato”, cioè se si inventa una storia con perso-naggi e li si assegna alle diverse melodie o parti del bra-no, avendo prima interpretato una piccola scena teatralecon questi personaggi, per calarsi nella loro pelle. Si trat-ta di un’attività in cui gli studenti devono interagire traloro, percependo le intenzioni e gli stati d’animo dei per-sonaggi dei compagni, e devono rispondere conseguen-temente utilizzando l’intelligenza interpersonale che nonverrebbe attivata se studiassero il brano da soli.

Un esempio di lavoro con strumentistiGli studenti a volte sono legati alla partitura e questa di-pendenza non aiuta a sviluppare la parte immaginativadell’interpretazione. Quando un bambino comincia a suo-nare uno strumento spesso parte dalla notazione, prestan-do più attenzione al segno che al suono. Ma all’apprendi-mento di un pezzo possono contribuire altri mezzi oltre alfoglio scritto: per esempio l’associazione di idee che si creanel drammatizzare il brano con personaggi, o l’animazio-ne – con movimento e percussioni corporee – di ritmo,melodie, accompagnamenti e altri elementi rappresentatiin partitura in modo astratto.Un esempio di quanto detto lo si può trovare nello studio

citato (Cabrera - Lluna - Odena 2006; Odena - Cabrera 2006)che ha utilizzato diverse tecniche di ricerca, tutte compre-se in ciò che Bell (1999, p. 22) descrive come modello dellaricerca-azione, ossia la ricerca fatta dagli educatori che hacome obiettivo «comprendere meglio la pratica e miglio-rarla entro un determinato tempo». Le tecniche di ricercahanno incluso colloqui con formatori (Cohen - Manion -Morrison 2000), pianificazione delle sezioni di lavoro, ana-lisi in forma di diario di osservazione, interviste iniziali efinali ai partecipanti e registrazione video di tutte le ses-sioni di lavoro 3.La ricerca è stata realizzata in quattro sessioni con cin-que studenti di clarinetto dei corsi superiori di conserva-torio, che stavano preparando il primo movimento delConcerto per clarinetto K 622 di Mozart. La difficoltà tec-nica e l’abitudine a eseguirlo come brano obbligatorionelle audizioni rendono spesso difficile lo studio e l’in-terpretazione del pezzo senza ansia e senza ridurlo a eser-cizio tecnico. Dopo aver analizzato a fondo il problema,abbiamo pensato a un metodo che aiutasse gli alunni araggiungere i requisiti tecnici necessari per suonare il con-certo, per liberarsi da una visione rigida delle idee musi-cali e disinibirsi nel momento dell’esecuzione pubblica.Questo percorso si basava sulla contestualizzazione del-l’opera, dato che è difficile per uno studente averne unavisione globale solo tramite l’informazione visiva dellapartitura. Per arricchire l’informazione scritta con più puntidi vista si è pensato di associare il concerto a un’immagi-ne e a una storia, come in un pezzo di teatro musicale,dove si potessero immaginare un’azione con dei perso-naggi con distinti caratteri, a loro volta associati alle partio idee musicali del concerto. Con questa proposta lo stu-dente avrebbe potuto conseguire una visione più globaledella struttura, comprendendo come ogni motivo stia inrelazione con il successivo. Avrebbe inoltre imparato asviluppare le risorse tecniche necessarie in relazione al-l’immaginazione interpretativa, dando una funzionalitàalla tecnica strumentale.È stata quindi proposta l’associazione del concerto conl’opera Il Flauto Magico di Mozart, convertendo il concer-to nell’opera Clarinetto magico. Sono stati scelti i perso-naggi: Tamino, Pamina, la Regina della Notte, Papageno eSarastro, e ciascuno è stato affidato a uno studente.

Esecuzione collettiva del primo movimento del Concerto perclarinetto di Mozart, precedentemente “drammatizzato”.

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20 Nella prima sessione, di valutazione iniziale e di caratte-re informativo, sono stati spiegati ai partecipanti gli obiet-tivi del progetto e la metodologia scelta. Nella secondasessione è stata spiegata la trama del Flauto Magico de-scrivendo le caratteristiche dei diversi personaggi, che sonostati successivamente interpretati dagli studenti nellaquarta e ultima sessione; è stata analizzata la partituradel concerto; sono stati visionati frammenti selezionatidall’opera in DVD 4; sono stati illustrati il contesto stori-co, le condizioni di vita di Mozart nel momento in cuiscrisse il concerto, i simboli massonici del Flauto Magicoe la Massoneria come punto di incontro tra Mozart, il suolibrettista Schikaneder e il clarinettista Stadler (RobbinsLandon 1988). In questa sessione ci si è avvalsi della col-laborazione di un insegnante di clarinetto e di un inse-gnante di clarinetto antico, strumento per cui fu origina-riamente scritto il concerto. Essi hanno spiegato la diffe-renza tra i due strumenti e hanno illustrato il corno dibassetto agli studenti che non lo conoscevano. La terzasessione è stata realizzata individualmente con ciascunpartecipante con l’obiettivo di analizzare la struttura del-l’opera, il fraseggio, l’articolazione e il suono, anche inrelazione alla parte orchestrale. Nella quarta sessione, percalarsi nella parte dei personaggi, gli studenti hanno do-vuto interpretare una piccola scena teatrale con travesti-menti e un dialogo con la partecipazione di tutti. Succes-sivamente si è tornati ad analizzare il primo tempo delconcerto, ma in modo diverso dalla seconda sessione. Poi-ché ciascun alunno aveva chiari i personaggi, la partituraè stata suddivisa in idee musicali in base al loro caratteree tali idee sono state assegnate al personaggio che sem-brava più adeguato al motivo. In questo modo sono stateattribuite “immagini” alle idee musicali dell’opera. Unavolta che tutti i motivi hanno trovato il loro personaggio,si è tornati a interpretare la piccola scena precedente,questa volta con i clarinetti, ciascuno dei quali eseguivaun frammento assegnato al proprio personaggio al postodi recitare le parole del dialogo. Finalmente il gruppo èarrivato a eseguire l’intero primo movimento, con i co-stumi e con l’accompagnamento di un pianista. Ogni par-tecipante doveva interpretare i motivi del concerto ten-tando di rispecchiare la propria personalità, lasciando suo-nare un solo clarinetto per volta, ad eccezione dell’ultimafrase affidata a tutti. Tutte le sessioni, tranne la terza, cheè stata condotta individualmente, sono state aperte al pub-blico.

Valutazione del progettoTenendo conto della valutazione iniziale, intermedia e fi-nale basata sui colloqui e sulle annotazioni dettagliate ri-portate nel diario di osservazione, si è visto che gli studen-ti hanno migliorato la propria interpretazione e hanno spe-rimentato un cambiamento positivo nella loro relazionecon l’opera. Ciò è dovuto anche al cambiamento di atteg-giamento nei confronti della partitura. Molte volte non sipensa che i musicisti sono anche attori e che questa consa-pevolezza determina un cambiamento nell’interpretazionedel pezzo. Inoltre possedere informazioni sulla vita e sul-

l’opera di Mozart ha favorito l’assunzione dei caratteri deipersonaggi nel loro contesto.Il progetto ha risposto alle aspettative e potrebbe essereapplicato ad altri pezzi di uguale o minore importanza, alivello di studi elementare, medio e superiore. Si può im-postare con alunni principianti, come modo per considera-re da un’altra prospettiva ciò che stanno suonando. Sareb-be un percorso di grande utilità per gli adolescenti, maanche per gli adulti e gli strumentisti professionisti.

ConclusioniSerafine (in Lacárcel 2001, p. 129) osserva che nel fare unaconnessione tra i motivi di un’opera si astrae la proprietàche essi hanno in comune. Dall’altro lato, l’astrazione chesi fa assegnando uno stesso personaggio a differenti pas-saggi del concerto trasforma in qualche modo le idee mu-sicali. Per questa trasformazione, oltre all’intelligenza mu-sicale, si utilizzano l’intelligenza spaziale (il movimentodei personaggi), quella linguistica (quello che dicono e illoro modo di parlare), quella intrapersonale (come si senteciascun personaggio, il suo ruolo, il suo stato d’animo) equella interpersonale (la sua interazione con gli altri per-sonaggi). Lo schema di seguito riportato, che può essereapplicato a qualsiasi partitura, sintetizza questo processo.

L’intenzione di questo percorso è coinvolgere emozional-mente l’alunno nel dare un’impostazione drammatica allapartitura. Se lo studente si limita a pensare a una storia pervisualizzare le idee musicali, l’efficacia è minore. Coinvol-gendo emozionalmente gli studenti l’apprendimento ha unsignificato speciale e duraturo per l’individuo, si guadagnain motivazione e interesse (intelligenza intrapersonale), eciò influisce sullo sviluppo musicale. L’interpretazione incostume e la seguente teatralizzazione della partitura sonoservite da ponte tra il mondo musicale che lo studente do-veva apprendere (il concerto per clarinetto) e il mondomusicale personale e questo ha consentito il miglioramen-to dell’apprendimento.

[Traduzione di Adriana Mascoli]

4 Wolfang Amadeus Mozart, Il Flauto Magico, Metropolitan Opera,direttore James Levine, DVD Deutsche Grammophon 1991.

Partitura

Idea musicaleA Idea musicale

B

Idea musicaleC

Astrazionee trasformazione

delle idee

DRAMMATIZZAZIONEDELLA PARTITURA

Capacità necessarie perl’astrazione: spaziale,linguistica, intrapersonale,interpersonale

- Gerarchizzazionedella struttura

- Migliore comprensionee coinvolgimentodello studente

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L’analisi di questo numero affronta un tema di cruciale im-portanza per l’ascolto del repertorio operistico: la funzionedella musica nel melodramma. Il concetto di “drammaturgiamusicale” si fonda sull’idea che la musica sia il fattore pri-mario che costituisce l’opera d’arte in quanto dramma: è lamusica che caratterizza i personaggi penetrando nella lorovita interiore, che determina l’azione e che costruisce l’im-magine di un “mondo”. L’analisi di Mario Carrozzo ci invitaa riflettere su questi complessi meccanismi evidenziando lavalidità ermeneutica di una struttura standard, «la solitaforma» che fu codificata nell’Ottocento dall’autore della pri-ma monografia verdiana, Abramo Basevi, e che rappresentaancor oggi un agile strumento interpretativo per avvicinarsiallo studio dei repertori operistici. La partitura del pezzo inesame è visionabile al sito internet http://www.granieri.us/H T M L 2 0 0 6 I D T U H W V E P T X G D R X Y T B /VOCALSCOREONLINEIDTUHWVEPTXGDRXYTB/123_Giuseppe_Verdi/index.htm (S. P.).

Quella che Abramo Basevi denominava «la solita forma» sipuò considerare come la configurazione standard dei duettioperistici (ma anche, con poche varianti, delle arie e deifinali d’atto) dell’Ottocento italiano. In tale struttura sezio-ni drammaturgicamente statiche, in cui l’azione si arresta,si alternano a sezioni cinetiche, in cui l’azione procede.Questo schema, utile riferimento per i compositori e ilibrettisti dell’epoca, può essere di grande aiuto anche aquegli ascoltatori che oggi vogliano individuare i nessi trala situazione drammatica e la morfologia del libretto e del-la partitura musicale.In un duetto «la solita forma» prevede di norma cinquefasi, elencate sulla sinistra della Tavola 1. Dopo una breveScena introduttiva in recitativo, nel Tempo d’attacco soli-tamente i due personaggi illustrano le rispettive posizioni,stabilendo i termini del confronto o del conflitto che licoinvolge. Tale presentazione sfocia nel Cantabile, una so-sta dell’azione in cui i personaggi possono esprimere il pro-prio stato d’animo. Nel Tempo di mezzo ha luogo di solitoun colpo di scena allorché, ad esempio, giunge in scenauna visita o una notizia inattesa, o un personaggio prenderepentinamente una risoluzione. La tensione si scioglie nellaCabaletta, spesso in andamento vivace, eseguita da entrambii personaggi. Qui il tempo dell’azione si arresta ancora persancire la nuova situazione raggiunta, l’esito drammaturgicodel duetto. All’epoca di Verdi il Tempo d’attacco potevaessere notevolmente dilatato: la Tavola 1 ne riporta un mo-dello articolato in due Stanze, destinate a esporre la condi-zione iniziale dei due personaggi, più un Dialogo, in cuiessi giungono a un primo confronto. «La solita forma» puòdunque non solo scandire i momenti di una vicenda, maanche seguire l’evoluzione psicologica dei personaggi. Evo-luzione che è particolarmente drammatica nel brano in

Mario Carrozzo

Il duetto Violetta-Germontdall’atto II della Traviata [Giuseppe Verdi]

esame, il duetto Violetta (soprano) - Germont (baritono)nel secondo atto della Traviata, che Verdi musicò su libret-to di Francesco Maria Piave (1853).La colonna di destra della Tavola 1 sintetizza la vicendaagita nel duetto. Nella parte centrale della tavola sono ri-portati anche i versi iniziali di ciascuna porzione del li-bretto nonché la battuta della musica corrispondente, in-dicata con l’ausilio del numero di riferimento della parti-tura (ad esempio, 7 + 4 sta a indicare la quarta battutadopo il numero 7 della partitura).La musica verdiana rispetta l’alternanza tra zone statiche ecinetiche della «solita forma»: «Dite alla giovine» e «Mor-rò!... la mia memoria», interpretabili rispettivamente comeCantabile e Cabaletta, sono melodie spiegate, facilmentememorizzabili, composte per lo più di frasi di quattro bat-tute. Lo stesso dicasi delle due Stanze incluse nel Tempod’attacco, «Pura siccome un angelo» e «Non sapete qualeaffetto». Durante queste fasi del duetto l’azione segna ilpasso, determinando un effetto che può ricordare quellodel ralenti o del fermo-immagine al cinema: l’uso dellamelodia e della fraseologia regolare fanno sì che il tempoper i personaggi quasi si arresti. Nel resto del duetto, inve-ce, gli eventi in scena si succedono a una velocità prossi-ma a quella della vita reale.Tenteremo ora di addentrarci in questa meravigliosa “mac-china drammaturgica” analizzando alcuni punti di artico-lazione intermedia tra una sezione e l’altra, in cui all’ascoltoavvertiamo che “sta per avvenire qualcosa”: questi mo-menti sono stati evidenziati nella Tavola 1 con dei segni dicrescendo.1. Il primo snodo è costituito dal passaggio dalla primaalla seconda Stanza (da 6 + 24 a 7 + 3). Le due Stanze diGermont e Violetta sono nettamente contrastanti: «Purasiccome un angelo» è una melodia spiegata, in tempo Alle-gro moderato, dinamica piano, modo maggiore, accompa-gnata dagli archi in modo semplice e discreto. «Non sapetequale affetto», invece, è in tempo Vivacissimo e tonalitàminore; le frasi rotte in brevi frammenti esprimono l’af-fanno di chi, già ammalato di tisi, sta soffocando una forteemozione; l’orchestra, anziché sostenere il canto, sembrain conflitto con esso, troncandolo talvolta all’improvvisocon violenti accordi.Che cosa è successo fra l’una e l’altra Stanza? Durante po-che battute di dialogo quasi senza melodia (stile “parlan-te”), grazie al crescendo e all’accelerando delle parti orche-strali («Ah! comprendo», da 6 + 24 fino al tutti orchestraledel n. 7) Verdi orienta la nostra attenzione verso la psico-logia della protagonista. All’inizio del duetto Violetta èfelice: si sta aggrappando all’amore di Alfredo come aun’estrema possibilità di riscatto dal suo turbinoso passa-to. Ella vive però una forte contraddizione tra illusione erealtà: pur sapendo che questa relazione è inaccettabile

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23per la morale borghese, ha celato anche a se stessa questaverità. Durante la transizione che segue alla Stanza di Ger-mont, Violetta paventa per la prima volta la separazionedefinitiva dall’amato. Il primo crescendo esprime l’emerge-re della consapevolezza dell’insanabile conflitto tra le con-venzioni sociali e le ragioni del cuore.2. Germont tenta nuovamente di persuadere Violetta («Undì, quando le veneri») usando un tono dapprima doloroso esommesso, poi sempre più pressante, spingendo il propriocanto ripetutamente verso gli estremi acuti della tessitura(tra 8 + 36 e 8 + 51). Il secondo momento di transizione sucui ci soffermiamo («Così alla misera») è quello che portadal Dialogo al Cantabile («Dite alla giovine»). Stavolta iltrapasso è meno eloquente: non c’è traccia di accelerandoné, a parte la misura 8 + 65 in dinamica forte, di crescen-do; anzi, la sezione si chiude in piano e diminuendo. Eppu-re, all’ascolto si avverte ugualmente un forte aumento del-la tensione (ecco perché nella Tavola 1 il simbolo del cre-scendo è riportato con la linea tratteggiata). Tale incre-mento è ottenuto complicando progressivamente l’accom-pagnamento orchestrale, trasformando una semplice for-mula basso + accordo (fino alla mis. 8 + 51) in un assettoquasi polifonico durante l’a parte di Violetta (sono chiara-mente udibili i frammenti di scala al basso); il tessuto so-noro si increspa ulteriormente con un sincopato nelle ulti-me misure (da 8 + 69 a 8 + 73). Questo secondo crescendo“sotterraneo” trasmette un pungente senso di inquietudine eaccompagna il doloroso e definitivo ritorno alla realtà dellaprotagonista. I versi, amarissimi, che ella canta tra sé («Cosìalla misera, ch’è un dì caduta, / di più risorgere speranza èmuta!... / se pur benefico le indulga Iddio / l’uomo implaca-bile per lei sarà!...») ritraggono lo svanire del miraggio dellasua redenzione. E sono accompagnati dal simbolo musicaledella sua sottomissione al volere di Germont: con un ampiogesto, nel silenzio dell’orchestra, la voce del soprano preci-pita per quasi due ottave sulle parole finali («l’uomo impla-cabile per lei sarà»), e la sua ultima nota viene subito ripresaall’unisono dal baritono (8 + 69). È l’unico unisono tra ledue voci nel duetto, ed è il segno che le volontà dei duepersonaggi, diametralmente antitetiche all’inizio, ora final-mente convergono.

3. Nel breve Tempo di mezzo Violetta decide di renderedefinitiva la separazione da Alfredo lasciandogli una mis-siva in cui dà a intendere di voler tornare con il vecchioprotettore, il barone Douphol. Una breve frase di intensolirismo («Qual figlia m’abbracciate») lascia appena traspa-rire il suo sconforto. Subito dopo, il nuovo ricorso allostile parlante su un Allegro improvviso (10) e l’avvio di unnuovo forte crescendo che in una ventina di battute richie-de l’entrata progressiva di quasi tutti i gruppi orchestralifino al forte (11), nonché una lunghissima sospensione (da10 + 10 a 11 + 3) sulla dominante di sol minore suggerisco-no il sorgere di una nuova angoscia nell’animo di Violetta.Turbamento di cui però il libretto non dà conto: è solo allaluce della Cabaletta seguente che si può ipotizzare ciò cheè accaduto nella mente della giovane. Ella sembra realiz-zare che la lettera non solo reciderà del tutto il legame conAlfredo, ma la esporrà al suo disprezzo. È a questa nuovaconsapevolezza (e non al dramma della separazione) cherisponde la Cabaletta, in cui la donna chiede a Germont disvelare all’amato la verità almeno dopo la propria fine,affinché egli non maledica la sua memoria.Per concludere, i tre pezzi statici di Violetta (Stanza, Can-tabile, Cabaletta) conseguono ad altrettante fasi del decor-so psicologico che conduce la protagonista dall’illusionealla realtà. Tali accelerazioni sono rese musicalmente at-traverso i tre crescendo. Proprio il secondo e più crucialefra i tre, quello in cui Violetta accetta di separarsi dal-l’amato, è reso da Verdi con la sonorità più sommessa: lefrasi che ella pronuncia a parte, abbiamo quasi l’impres-sione di leggerle nei suoi pensieri, mentre quelle cantateda Germont rimangono come sullo sfondo. Infine, il sensodi «Morrò!... la mia memoria» si illumina solo se messo inrapporto con la transizione che precede il brano. LaCabaletta risponde al corso dei pensieri di Violetta, sugge-rito dall’agitazione che pervade la musica e non dalle pa-role pronunciate dai personaggi. Ciò esemplifica al megliola funzione della musica nel melodramma: quella di esserenon un semplice ornamento per il testo, ma un agentedrammaturgico essenziale; senza di essa l’opera non solosarebbe assai meno emozionante, ma perderebbe gran par-te della sua logica e del suo significato.

0.Scena (recitativo)

1. cineticaTempo d’attacco

2. staticaCantabile

3. cineticaTempo di mezzo

4. staticaCabaletta

Stanza 1«Pura siccome un angelo» [6]

«Ah! Comprendo » [6 + 24]Stanza 2

«Non sapete quale affetto» [7 + 4]Dialogo

«È grave il sagrifizio»; [8 + 2]«Un dì quando le veneri» [8 + 23]«Così alla misera», [8 + 52]

«Dite alla giovine» [9]

«Imponete!» [9 + 56]«Tra breve » [10]

«Morrò!...la mia memoria» [11 + 4]

Violetta confida a Germont di aver disposto la rinunciaa ogni suo avere pur di rimanere con Alfredo.

Apprende però che a causa della condotta del giovaneil promesso sposo della figlia si nega alle nozze.Germont chiede a Violetta di lasciare per sempre l’amato.

La donna rifiuta. Al mondo non ha altri che Alfredo.

Germont tenta di persuaderla sollecitando la sua generositàe adombrando la volubilità maschile.Violetta cede

e invita Germont a dare la buona nuova alla figlia.

Stabilisce poi come indurre Alfredo a separarsi da lei,invitando Germont a confortarlo

nonché a svelare al giovane, dopo la propria fine,il sacrificio da lei compiuto.

Tavola 1

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Un intervento didattico in una Scuola media a indirizzomusicale di Fondi coinvolge il gruppo di studenti in unpercorso di improvvisazione al pianoforte utilizzando scalepentafoniche.*

L’esigenza di approfondire l’argomento nasce dalla con-statazione che le attività d’improvvisazione, vocale e stru-mentale, sono pressoché assenti all’interno del curricolo sco-lastico. Questa lacuna è dovuta a vari fattori: la mancanza diun corso specifico di improvvisazione nell’offerta formativadel conservatorio (escludendo il corso di Jazz, naturalmente),la difficoltà di pensare l’improvvisazione in ambito educativoe non solamente artistico, l’incapacità di concepirla come un’at-tività autonoma affiancabile alla normale pratica strumenta-le. Eppure l’improvvisazione rientra tra le pratiche musicaliche sviluppano maggiormente la creatività dell’alunno. At-traverso le attività d’improvvisazione si raggiungono almenotre importanti obiettivi formativi: «migliorare la capacità diascolto, sviluppare le abilità strumentali-vocali, acquisire lacapacità di utilizzo e analisi delle strutture del linguaggio mu-sicale» (Villa 1995). Anche François Delalande (1993) si è in-teressato all’argomento. Egli sostiene che anche il processoimprovvisativo si sviluppa attraverso le condotte senso-motoria, simbolica e di regole. Lo studioso francese affermache l’elemento principale nell’improvvisazione è rappresen-tato dallo stupore, una trovata che, a seguito dell’attività esplo-rativa condotta sullo strumento, ci colpisce profondamente esu cui, instaurando condotte affettive-simboliche, si inizia aorganizzare e progettare il materiale sonoro.Molti altri studiosi e musicisti si sono dedicati allo studiodei meccanismi psicologici e neurofisiologici dell’improv-visazione. Tra i tanti si ricordano Sudnow (1978), Bash (1983),Sloboda (1988), Clarke (1991), Johnson-Laird (1991), Pressing(1988), Kenny e Gellrich (2002).

nell’improvvisazioneL’improvvisazione si distingue dalle altre pratiche musicalisoprattutto perché il momento della creazione coincide con

Improvvisandos’impara

Sestino Macaro

* Questo scritto è una sintesi della tesi Avvio all’improvvisazionepianistica in campo pentafonico e modale, elaborata dall’autoreper l’esame finale del diploma di II livello in Didattica strumenta-le presso il Conservatorio di Frosinone (relatrice Franca Ferrari).

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25quello dell’esecuzione. Questa specificità porta alla neces-sità di acquisire alcuni meccanismi psicologici che per-mettano di facilitare l’improvvisazione stessa. Kenny eGellrich (2002) hanno collocato questi meccanismi in duegrandi gruppi:- interni, il più importante dei quali è il knowledge base,

vale a dire il deposito del materiale musicale preceden-temente studiato, interiorizzato e utilizzato poi nelleimprovvisazioni;

- esterni, ovvero i modelli formali (referents) su cui il mu-sicista costruisce le improvvisazioni; i referents per iljazz sono, ad esempio, la struttura della canzone AABAin 32 battute, gli accordi e i modelli ritmici caratteristici.

Il knowledge base e i referents lavorano congiuntamentedurante l’improvvisazione. Questi ultimi, a differenza delknowledge base, non sono automatizzati e rappresentanogli elementi che conferiscono a ogni improvvisazione lasua unicità. I referents hanno anche l’importante funzionedi limitare le scelte improvvisative del musicista e aiutanogli ascoltatori a capire e apprezzare meglio le improvvi-sazioni. Quando le strutture (referents) sono note all’ascol-tatore, egli è in «grado di apprezzare la funzione degli eventiche gli vengono presentati e, anticipando i vincoli futuri,potrà valutare a pieno l’arte di chi produce sequenze nuo-ve» (Sloboda, 1988).Capita spesso che durante l’improvvisazione si suoni qual-che nota sbagliata. Un bravo musicista dovrebbe camuffa-re questi errori e utilizzarli come punto di partenza persviluppare una nuova idea musicale. Una nota sbagliatadiventa così catalizzatrice della creatività se è utilizzatacome punto di partenza per nuove idee e frasi musicali.Questa abilità, chiamata risk taking, rappresenta la chiaveper ottenere improvvisazioni in cui sia presente un ottimolivello di comunicazione musicale e fornisce un indizioper capire come mai alcuni musicisti siano capaci di acce-dere al loro knowledge base in maniera molto più creativarispetto ad altri.L’approccio tradizionale per imparare a improvvisare è ba-sato essenzialmente sulla pratica. Questa include lo studiodello strumento, il lavoro con l’insegnante, l’ascolto, lo stu-dio della teoria e dell’analisi e il lavoro con il gruppo. Lapratica ha la funzione di interiorizzare e rendere automaticol’accesso al materiale del knowledge base. La differenza traimprovvisatori esperti e non sta infatti proprio nel diversomodo in cui gli elementi del knowledge base sono utilizzati.Mentre l’improvvisatore novizio tende a ripetere solo for-mule precedentemente assimilate, quello esperto, oltre adavere un accesso più rapido al knowledge base, attua con-nessioni più elaborate tra il materiale già assimilato.

L’intervento didatticoL’intervento didattico Avvio all’improvvisazione al piano-forte in campo pentafonico e modale è stato sviluppato nelcorso del mio tirocinio partecipativo con alunni di classimiste della SMIM “Giuseppe Garibaldi” di Fondi (LT). L’in-tervento è stato articolato in due fasi ben distinte:1. Esplorazione dell’area dorica. Attività di ascolto, gio-

chi, danze, canto, composizione, body percussion, ar-

monizzazione estemporanea al pianoforte ecc. utiliz-zando brani dorici appartenenti a epoche, stili e culturediverse.

2. Improvvisazione. Attività di improvvisazione al piano-forte in campo dorico, attraverso l’uso di patterns rit-mici, scale pentatoniche e basi preregistrate.

Gran parte delle attività proposte ha fatto uso di basipreregistrate. L’utilità e valenza didattica del loro utilizzonelle attività musicali scolastiche sono state ampiamentedescritte da Titimio Amicone (1992). Egli trova che l’im-piego delle basi preregistrate sia di grande utilità per man-tenere sia la pulsazione di base che l’intonazione vocale.Le basi, inoltre, forniscono all’alunno quel «senso di grati-ficazione derivante dal fatto di sentirsi subito protagonistaattivo nel confezionare un prodotto musicale completo equindi appagante» (Amicone 1992).

1. Esplorazione dell’area dorica.Tutte le attività proposte hanno avuto lo scopo di “immer-gere” l’allievo nell’area musicale dorica e sviluppare la for-mazione delle sue immagini uditive. Sono qui elencati ibrani scelti con le relative attività.- Dies Irae gregoriano: ascoltare più volte la sequenza

gregoriana.- The Return from Fingal (marcia irlandese caratterizzata

da un ritmo molto marcato): ascoltare più volte il brano;memorizzare e cantare successivamente la melodia conil nome delle note; suonare e cantare la melodia al pia-noforte senza la base musicale; suonare la melodia alpianoforte utilizzando anche la base musicale; armoniz-zare estemporaneamente, “a orecchio”, la melodia utiliz-zando le quinte vuote Re-La e Do-Sol alla mano sinistrain sovrapposizione alla base musicale.

- Komaromi (canone ungherese, si presta ad essere dan-zato): cantare il canone a coppia con un compagno;suonare la melodia al pianoforte; eseguire al pianofor-te il canone a coppia con un compagno; inventare unasemplice danza per la melodia ripetuta quattro volte;due alunni al pianoforte suonano la melodia, gli altricantano e danzano; danzare pensando la melodia.

- Shalom (canone israeliano): utilizzare le semifrasi delcanone come domanda musicale a cui gli alunni de-vono inventare una risposta; memorizzare la melodiacon le parole e cantarla; cantare il canone a coppiacon un compagno poi anche divisi in due, tre e quat-tro gruppi; suonare la melodia al pianoforte; tre allie-vi eseguono al pianoforte il canone utilizzando le di-verse ottave della tastiera.

- The river she is flowing (melodia molto suggestiva de-gli Indiani d’America): memorizzare la melodia con leparole e cantarla; cantare il brano a canone dividendo-si in due gruppi; eseguire il brano al pianoforte; creareun semplice accompagnamento ritmico con djembè oaltra percussione a pelle ed eseguirlo in ostinato con lamelodia cantata; pensare la melodia accompagnandosicon djembè o altra percussione

- Hiljaa, Hiljaa (semplice melodia popolare finlandese):memorizzare la melodia con le parole e cantarla; suo-

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26 nare la melodia al pianoforte; creare una semplice se-quenza ritmica di body percussion con cui accompa-gnare il canto; suonare la melodia al pianoforte men-tre un gruppo di alunni canta accompagnandosi conla body percussion; comporre nuove melodie prendendoframmenti di due battute dai brani Hiljaa, Hiljaa, Theriver she is flowing, Shalom.

- The desert of love (successo dance dei “Molella”): ascol-tare il brano; ricercare a orecchio sul pianoforte il temaprincipale.

- Il buono, il brutto e il cattivo (colonna sonora di EnnioMorricone per il famoso film di Sergio Leone): ascolta-re il brano; suonare al pianoforte l’intero tema; a cop-pia con un compagno utilizzando la base musicale: unflauto a coulisse suona la parte del tema fischiato, ilpianoforte suona la risposta. Nelle restanti parti del bra-no imitare con i wood-blocks il galoppo del cavallo.

2. Improvvisazione.In tutte le attività d’improvvisazione al pianoforte è statautilizzata la scala pentatonica. La mancanza di semitoni equindi di attrazioni tonali in questa scala garantisce unrisultato musicale sempre gradevole e non pone all’esecu-tore problemi di scelta tra nota e nota. Viene offerta cosìall’alunno la possibilità di partecipare facilmente a unagratificante attività d’improvvisazione che non richiedeapprofondite cognizioni tecniche e musicali. La scalapentatonica di Do (Do, Re, Mi, Sol, La) può essere traspor-tata su qualsiasi grado della scala. Per l’improvvisazionesul modo dorico di Re è stata impiegata la scala pentatonicadi Fa: Fa, Sol, La Do, Re.Nella fase iniziale dell’improvvisazione gli alunni hannoavuto una certa difficoltà a ricordare le note della scalapentatonica. Per risolvere il problema ho ideato ilpentografo, un’asticella metallica in cui sono infilati alcu-ni cartoncini che vanno a posarsi sui tasti non apparte-nenti alla scala pentatonica. Il pentografo indica all’alun-no i tasti che non devono essere suonati quando si im-provvisa. L’asticella metallica va appoggiata tra i tasti nerie il blocco di legno posto davanti alla tastiera, facendo inmodo che il primo cartoncino vada a coprire il primo suo-no non appartenente alla scala pentatonica. Se si improv-visa con la scala pentatonica di Fa, il primo cartoncino vacollocato sul tasto Si, i restanti sul Mi, Si, Mi.

Il pentografo può essere realizzato con materiali poveri.Nel mio modello ho utilizzato delle strisce di cartone daimballaggio (quello che presenta delle incanalature al suointerno) infilate in un sottile ferro per la calza. La mobilitàdei cartoncini permette l’utilizzo dello stesso pentografocon le tre scale pentatoniche di Fa, Do e Sol.

L’avvio all’improvvisazione pianistica in area dorica, conl’utilizzo di basi musicali e scale pentatoniche, è stato svi-luppato attraverso queste tre fasi:A. Improvvisazioni con tre, quattro e cinque suoni della

scala pentatonica (diteggiatura 1, 2, 3, 4, 5 al pianofor-te) a quattro mani con il maestro e imitazione di patternsritmici proposti dall’insegnante.

B. Improvvisazioni con l’intera scala pentatonica su dueottave, utilizzando il pentografo e le basi musicali neidiversi stili musicali.

C. Utilizzo di ostinati, improvvisazioni pentatoniche e pen-tografo con il brano Gipsy.

Fase A. Gli alunni hanno iniziato a improvvisare singo-larmente utilizzando i primi tre suoni della scala pentatonica di Fa: Fa, Sol, La (diteggiatura 1, 2, 3). La manodestra dell’allievo è stata collocata sulla tastiera a partiredal Fa 4 (quinto rigo in chiave di violino). Seduto allasinistra dell’alunno suonavo ripetutamente un accompa-gnamento di otto battute in stile moderno che sarebbeservito da “base” per l’improvvisazione. Gli accordi uti-lizzati sono stati: Rem 7 | Sol 7 | Rem 7 | Sol 7 | Rem 7 |Sol 7 | Lam 7 | Rem 7.Nel corso del tirocinio ho avuto modo di sperimentarecon successo l’uso di pattern ritmici con cui “pilotare”ritmicamente le improvvisazioni degli allievi. Durante leprime due battute dell’accompagnamento, proponevo, uti-lizzando la sillaba “ta”, un ritmo che l’alunno avrebbedovuto imitare nelle due battute seguenti utilizzando itre suoni della scala pentatonica. I risultati sono stati moltobuoni e, quando lasciati liberi di improvvisare senzapattern, gli allievi hanno mostrato una migliorata sicu-rezza ritmica. Con l’impiego aggiuntivo del quarto e quintosuono della scala pentatonica, non ci sono state sostan-ziali variazioni metodologiche rispetto al lavoro già de-scritto.

Fase B. Utilizzo del pentografo e delle basi preregistrate.L’improvvisazione è stata affidata inizialmente a un al-lievo alla volta, si è poi passati all’uso di due/trepentografi sistemati nelle diverse estensioni della tastierae a due/tre alunni che si alternavano nelle improv-visazioni. Le basi sono state elaborate negli stessi stili earmonie dei brani con cui si è “giocato” nell’“Esplorazio-ne dell’area dorica”; è stato molto stimolante per gli allie-vi riconoscere nelle basi preregistrate i brani già fami-liari. Inoltre, pensare la melodia dei brani originali hafacilitato di molto il riconoscimento delle frasi di ottobattute che servivano da guida nell’alternanza delle im-provvisazioni.

Fase C. Gipsy è un brano in stile pop spagnolo che fa partedi PentaJazz, un fascicolo della collana didattica Orff-Mkt(Macaro - Piazza 2005). Questo brano, pensato inizialmen-te per strumentario Orff, si presta ad essere utilizzato an-che al pianoforte a quattro mani, con o senza base preregistrata.Questi gli elementi musicali che lo costituiscono:

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27Due allievi al pianoforte eseguono gli ostinati A e B. Ilpentografo, che servirà per le loro successive improv-visazioni, è disposto sulla pentatonica di Fa nell’ottavacentrale del pianoforte. Il tema può essere cantato o suo-nato con il flauto (o altro strumento) dagli alunni che nonsuonano il pianoforte.

L’esecuzione di Gipsy nella base preregistrata presenta laseguente struttura:

A ogni casella corrispondono otto battute. Il primo INTROè preceduto dal count-in (battute a vuoto) della batteria,l’ultimo è seguito da una piccola coda di due battute in cuii due pianisti eseguiranno, in ottave diverse, la melodiadella CODA. Gli ostinati A e B iniziano a suonare imme-diatamente e verranno ripetuti per tutto il brano, improv-visazioni escluse (IMPRO1 e 2). Durante INTRO l’ostinatoA rimane fisso sulla posizione di Rem7, sul TEMA invecesegue gli accordi del tema stesso. L’entrata del TEMA dopoINTRO e IMPRO2 è evidenziata con quattro colpi di trian-golo, la prima entrata di IMPRO1 con quattro colpi dilegnetti. IMPRO1 e IMPRO2 sono gli stessi alunni X e Yche si alternano nelle improvvisazioni utilizzando il pen-tografo.

Considerazioni sull’esperienzaLe scale pentatoniche, pur nella loro semplicità, riesconoa conferire alle improvvisazioni il particolare sound deglistili musicali che gli alunni ascoltano quotidianamente. Èquesto il motivo per cui le proposte di improvvisazionicon scale pentatoniche su basi in stile, hanno general-mente un certo successo con gli adolescenti e i risultatidel tirocinio partecipativo non hanno potuto che confer-marlo. L’interesse degli alunni alle attività proposte è sem-pre stato costante e la loro capacità improvvisativa è mi-gliorata sensibilmente nel corso degli incontri. C’è sem-pre un forte imbarazzo iniziale per chi, non avendo maisuonato una nota al di fuori di quelle scritte sulpentagramma, si sente dire a un certo punto «Dai im-provvisa, tocca a te!». L’applicazione di questo piccoloprogetto sull’improvvisazione ha, in un certo modo, eli-minato l’impasse iniziale, introducendo l’allievo in ma-niera molto graduale e rassicurante alla praticadell’improvvisazione.

L’esperienza del tirocinio ha evidenziato come l’interazionecon l’altro sia un elemento fondamentale da tenere in giu-sta considerazione nella pianificazione di qualsiasi inter-vento educativo. Il miglior clima di lavoro si è sempre in-staurato quando al pianoforte erano in due o tre allievi

Il tema è composto con le note della scala pentatonica diFa e la stessa scala può essere utilizzata per le improvvisa-zioni. L’ostinato A introduce un Sib che fa collocare Gipsynell’area modale eolia (minore naturale).Il lavoro di memorizzazione e sovrapposizione degli ostinatipianistici può essere organizzato come indicato nella Ta-bella 1.

Tabella 1

L’insegnante

1. Fa ascoltare per interola base di Gipsy,canta il tema.

2. Suona più volteal pianoforte con la manosinistra l’ostinato A,canta il tema col nomedelle note.3. Suona il temacon la mano destra.

4. Suona l’ostinato B,fa notare come le note altee basse dell’ostinatopossano essere ripartitetra le due mani.5. Suona il tema.

6. Osserva, ascoltae canta il tema.

7. Fa ascoltare nuovamentela base di Gipsy indicandoi momenti in cui intervengonogli ostinati A e B. La strutturadel brano è visibile sul leggiodel pianoforte.8. Ascolta, suona il temaall’ottava acuta nei puntiindicati nella struttura

9. Suona il tema e improvvisanei punti indicati nellastruttura

Gli alunni

1. Ascoltano, entranonel sound pop spagnolodel brano, memorizzanola facile melodia del tema.2. Osservano, memorizzanovisivamente i cambidelle tre posizioni delle maniper l’ostinato A.

3. L’alunno X suona più voltel’ostinato A, esplora i diversicambi di posizione.4. Osservano, memorizzanol’ostinato B.

5. L’alunno Y suonal’ostinato B.6. Gli alunni X e Ysuonano più volte gli ostinatia quattro mani.7. Ascoltano la basee le indicazionidell’insegnante.

8. Gli alunni X e Y suonanogli ostinati a quattro manicon la base nei punti indicatinella struttura.9. Gli alunni X e Y suonanogli ostinati a quattro manicon la base nei punti indicatinella struttura.

Tema

Ostinato A

Ostinato B

Coda

Gipsy

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28 supportati dalla base. La ricaduta sulla qualità e scioltezzadelle improvvisazioni è stata sempre molto determinante eha superato di gran lunga le situazioni in cui io e l’allievoci siamo trovati a quattro mani al pianoforte.Ulteriori sviluppi del progetto potrebbero portare all’uti-lizzo, anche con gli stessi brani e basi, delle scale pen-tatoniche di Sol e Do oppure all’ideazione di analoghi per-corsi in altri campi modali. Sono molti i brani di diversaepoca, collocazione geografica e cultura scritti nei modifrigio, lidio, misolidio ed eolio e, alla stessa maniera, èpossibile improvvisare in questi campi modali utilizzandoappropriate scale pentatoniche. Nuovi progetti in tal dire-zione avrebbero un’enorme ricaduta sugli allievi in termi-ni di ampliamento della loro sensibilità musicale e cultu-rale.Infine, è da prendere in considerazione l’attività d’improv-visazione a quattro mani o con basi preregistrate che partada spunti tematici di brani pianistici di area modale trattidal repertorio colto. Gli allievi imparerebbero più facil-mente i brani con cui hanno già “giocato” e gli insegnantisarebbero sicuramente più contenti di poter far confluirela pratica dell’improvvisazione nello studio dei brani direpertorio.

BibliografiaTITIMIO AMICONE, Basi per comporre in Progettare la melodia, a cura diMaddalena Novati, Ricordi, Milano 1992, pp. 34-53.LEE BASH, The effectiveness of three instructional methods on theacquisition of jazz improvisation skills, Ph.D. Diss., University of NewYork at Buffalo 1983.ERIC CLARKE, Generative Principles in Music Performance, in GenerativeProcesses in Music, a cura di John A. Sloboda, Oxford University Press,Oxford 1991, pp. 1-26.FRANÇOIS DELALANDE, Le condotte musicali, Clueb, Bologna 1993.PHILIP N. JOHNSON-LAIRD, Jazz improvisation: A theory at the computationallevel, in PETER HOWELL - ROBERT WEST - IAN CROSS, Representing musicalstructure, Academic Press, New York 1991, pp. 291-325.BARRY J. KENNY - MARTIN GELLRICH, Improvisation in The science andPsychology of Music Performance. Creative Strategies for Teaching andLearning, a cura di Richard Parncutt - Gary E. McPherson, OxfordUniversity Press, Oxford 2002.SESTINO MACARO - GIOVANNI PIAZZA, Pentajazz, Osi-Mkt, Roma 2005.JEFF PRESSING, Improvisation: Methods and Models, in GenerativeProcesses in Music, a cura di John A. Sloboda, Oxford University Press,Oxford 1988, pp. 130-177.JOHN A. SLOBODA, La mente musicale, Il Mulino, Bologna 1988.DAVID SUDNOW, Ways of the Hand: The Organization of ImprovisedConduct, Harvard University Press, Cambridge 1978.FRANCESCO VILLA, L’improvvisazione nella pratica educativa, in Suoni edidee per improvvisare, a cura di Giovanna Guardabasso - MariateresaLietti, Ricordi, Milano 1995.

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Un invito per relazioni, laboratori e concerti al Convegno ISMECome è stato annunciato nel numeroscorso, il prossimo convegno interna-zionale dell’ISME si terrà a Bologna, or-ganizzato dalla SIEM insieme all’ISME, dal20 al 25 luglio 2008. È una grande oc-casione di incontro e confronto conmusicisti e insegnanti di paesi e cultu-re musicali diversi.Un elemento caratterizzante dei conve-gni dell’ISME è che tutti i partecipanti pos-sono essere relatori ed esecutori. Pertan-to, la SIEM e l’ISME invitano gli educatorie i gruppi musicali di studenti a presen-tare proposte di relazioni e di concerti.Il tema del Convegno è Musica a tuttele età, con i suoi sottotemi:- Musica e bimbi piccoli- Musica e bambini- Musica e giovani- Musica e adulti- Musica e terza età.Ognuno di questi sottotemi potrà esse-re affrontato da punti di vista diversi(pedagogico, didattico, psicologico,sociologico ecc.).Per la presentazione di studi teorici,resoconti ed esperienze didattiche siprevedono quattro modalità:1. Relazioni2. Symposia3. Posters4. Dimostrazioni/Laboratori.Le norme dettagliate da seguire per in-serirsi in uno di questi settori e le areetematiche nei quali verrranno articolatisono pubblicate sul sito www.isme.org.Tutte le proposte devono essere inviateonline entro l’1 novembre 2007.Il Comitato di selezione internazionalele esaminerà, e comunicherà l’accetta-zione entro il 15 gennaio 2008.Ogni proposta deve contenere, oltre allascheda d’iscrizione, una sintesi del la-voro piuttosto ampia (tra 400 e 500parole).La lingua inglese è obbligatoria pertutte le sintesi (gli Abstracts), ma nonlo è per la presentazione durante il con-vegno, che può essere fatta in italiano;è un’opportunità concessa dall’ISME aipartecipanti del paese ospitante.Viene tuttavia suggerito di preparareuna versione in inglese da proiettare conPower Point o da distribuire su carta.Tutti gli Abstracts accettati verrannopubblicati su un volumetto che saràdistribuito a ogni convegnista insiemeagli Atti (in formato elettronico su CD).Riguardo ai Symposia, organizzabili conmodalità diverse (più relazioni su unostesso tema; una relazione chiave sullaquale intervengono altri relatori, una ta-vola rotonda che affronti un tema e sol-leciti la discussione dei colleghi parteci-

panti e del pubblico), il progetto dovràessere organizzato e presentato da una opiù persone che decidono di ricorrere aquesta formula per lavorare insieme in-torno a uno stesso argomento.Se si desidera dimostrare il funziona-mento di strumenti, metodi o altro,oppure si preferisce condurre un labo-ratorio di tipo sperimentale-didattico,si tratta di mandare un Abstract cheillustri questa proposta.

Navigando:www.orffitaliano.it

Le anime di Orff in Italia sono addiritturatre: l’OSI Orff-Schulwerk Italiano di Gio-vanni Piazza, la SIMEOS di Verona direttada Raffaele Menini, e il CDM di AndreaSangiorgio e Giovanni Iadeluca. Tre ani-me che si sono intrecciate anche recen-temente in occasione del Symposium In-ternazionale dell’Orff Schulwerk tenutosiil 4, 5 e 6 luglio a Salisburgo. Ricordere-mo la sferzante vitalità dei ragazzini ro-mani al seguito di Andrea Sangiorgio che,con la loro grinta, hanno colorato con unanota personale lo stile un po’ impettito ecompassato degli ineffabili pargoli sa-lisburghesi. In questa sede però la nostraattenzione si rivolge all’esplorazione di sitiInternet e per ora ci limiteremo ad ap-puntare l’attenzione sul sito col qualel’OSI si presenta al pubblico italiano, ri-servandoci di continuare la perlustrazio-ne degli altri siti nelle prossime puntate.Il sito dell’Orff-Schulwerk Italiano ha unagrafica accattivante ed è progettato concura.Nella presentazione troviamo alcuni ma-teriali che delineano l’azione didattica ela metodologia proposta da Orff: citazio-ni, note biografiche, appunti di metodopersonalizzati da Piazza e adattati al mu-tato contesto didattico contemporaneo.Una particolarità del sito è costituita daiSouvenir didattici, ossia da tracce uditivedi corsi di aggiornamento. Altri regaliniper i visitatori sono costituiti dalla possi-bilità di scaricare alcuni materiali didat-tici. Possibilità sfruttabile in modo più

estensivo da parte dei soci OSI, che con laquota d’iscrizione acquisiscono lapassword che permette loro di accedere avari sussidi didattici. Numerosi sono i linksche, tra l’altro, permettono di mettersi incontatto con le variegate realtà Orff nelmondo creando un luogo di informazionee collegamento tra l’area italiana e inter-nazionale.Il sito si propone di informare sulle nume-rose attività del Progetto Orff-Schulwerkproposte nelle diverse regioni italiane, co-stituendo una rete informativa (Espertooffresi/cercasi) che dia maggiore visibilitàsia alle iniziative formative decentrate, siaa quelle proposte dalla sede centrale (Scuo-la popolare di Musica “Donna Olimpia” diRoma), che coordinate tra loro permetto-no di conseguire il Level Course interna-zionale attraverso la frequenza di un corsobiennale di 210 ore complessive.Un altro obiettivo è quello di costituire unafonte di informazione bibliografica supubblicazioni didattiche specifiche, non-ché di costituire un fondo in progress dimateriali didattici acquisibili tramite rete,in parte prodotti autonomamente dallacollana editoriale curata dallo stesso OSI.Il carisma di Giovanni Piazza legittima au-torevolmente una molteplice vivacità diproposte e un pool di docenti particolar-mente attivi che testimoniano la validitàe l’attualità della proposta orffiana. Il sitoevidenzia tutto ciò, stimolando il navigatorecon proposte intriganti e non scontate.

Stefania Lucchetti

Per partecipare ai concerti del con-vegno come esecutori, i gruppi gio-vanili che vogliono suonare devonopreparare una registrazione originalerecente (su CD o DVD) e inviarlaonline, oppure per posta entro il 30agosto 2007.Il Comitato internazionale di selezionedei concerti comunicherà la rispostaentro il 15 ottobre.

Johannella Tafuri

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Dialogo nel buioNell’anno scolastico 2002-2003 ho ac-compagnato una classe del corso mu-sicale della mia scuola all’iniziativaDialogo nel buio che si teneva presso ilPalazzo Reale di Milano. L’esperienza èstata emozionante e ha lasciato un se-gno profondo in me, nei ragazzi e nel-le ragazze. Mi sembra perciò importantesegnalare che tale iniziativa è stata suc-cessivamente riproposta e, dal dicem-bre 2005, si svolge ininterrottamentepresso l’Istituto dei Ciechi di Milano,in via Vivaio 7.L’idea di creare una situazione che po-tesse favorire l’incontro e la comuni-cazione tra vedenti e non vedenti sideve a Andreas Heinecke, impegnatonello sviluppo di progetti che hannocome obiettivo il dialogo tra realtà so-ciali abitualmente distanti tra loro. Dia-logo nel buio è parte integrante del suoprocesso di riflessione sulle radici deipregiudizi sociali e sulla possibilità ditrasformarli in una forza sociale posi-tiva. L’installazione fu realizzata per laprima volta a Francoforte nel 1988 eda allora a oggi se ne sono realizzateoltre cento edizioni in numerose cittàdel mondo.Il percorso proposto prevede che pic-coli gruppi di persone compiano uncammino di circa un’ora in ambienticompletamenti bui, guidati da un nonvedente. Tutte le piccole azioni assu-mono così un diverso significato e pesoe, soprattutto, si prova a leggere la real-tà circostante utilizzando sensi che nonsempre si è soliti mettere in gioco. L’im-pressione iniziale suscitata dal buioprofondo è sicuramente inquietante esconcertante, non ci sono punti di ri-ferimento certi, si perde il senso del-l’orientamento. L’abilità delle guide nonvedenti riesce però a tranquillizzaretutti e porta a imparare a cogliere i se-gnali che possono permettere di orien-tarsi. Si riesce quindi a distinguere l’am-biente in cui ci si trova attraverso gliodori, la temperatura e umidità dell’ariae soprattutto i suoni. Nel percorso sipassa da uno stagno, a una via di traf-fico, all’interno di una casa; si attra-versa un ponte che oscilla, si sale suuna barca per una breve gita e si attra-versa la strada aspettando il segnale del“verde”; si impara a sentire a che di-stanza sono le automobili e a ricono-scere gli oggetti sul tavolo o i quadrialle pareti. Il percorso termina con lasosta a un bar dove si ordina, si paga esi consuma (ovviamente tutto al buio).Il “viaggio” assume, a tratti, il caratte-re di avventura ed è un invito a scopri-re una dimensione multisensoriale che

presenta aspetti che ci appaiono sor-prendenti. Devo riconoscere che, pri-ma di entrare col mio gruppo di stu-denti, ero molto preoccupata per me eanche per la responsabilità che avevosu allievi e allieve. Come avrei potutoaiutarli, soprattutto quelli che sapevopresentare problemi particolari e di cuinon si poteva prevedere la reazione, seanch’io ero in difficoltà? In realtà, unavolta immersi nel buio, si sono messiin atto tra noi (del tutto alla pari) mec-canismi di collaborazione, aiuto reci-proco e ricerca dell’altro che ci hannopermesso di superare la difficoltà delmomento iniziale. La guida è stata bra-vissima nell’infondere sicurezza, neldare suggerimenti e nel trovarsi sem-pre a fianco di chi aveva bisogno diessere indirizzato o rassicurato, coglien-do i primi segnali di inquietudine sen-za che si dovesse chiedere aiuto.Nel mio gruppo classe c’era una ragaz-zina non vedente: per una volta com-

pagni e compagne l’hanno sentita su-periore a loro; si sono accorti della suasicurezza nel muoversi, nell’orientarsi,nel distinguere gli oggetti. Per una voltatanto era lei a aiutarli e la loro ammi-razione nei suoi confronti era reale enon solo dovuta al desiderio di com-portarsi correttamente.Al termine del percorso, dopo aver be-vuto e chiacchierato al bar ci siamosalutati. Alcune guide accompagnava-no i gruppi all’esterno, alla luce. Lanostra non ha voluto, ci ha detto chepreferiva che fossimo “uguali”: ci era-vamo conosciuti attraverso le voci, icontatti, il calore, gli odori ed era beneche restasse così, senza l’interferenzadella vista che lui non avrebbe potutomettere in gioco.Chi fosse interessato può consultare ilsito www.dialogonelbuio.org o telefo-nare al numero 02.76394478 per pre-notare una visita.

Mariateresa Lietti

In-Audita Musica

Nel numero 138 di “Musica Domani”Antonietta Berretta ha raccontato l’espe-rienza svolta al Conservatorio “GuidoCantelli” di Novara per quanto riguardala riscoperta e riproposizione di suoni, sto-rie, volti di donne compositrici del passa-to e del presente.L’attività prosegue anche quest’anno conuna serie di incontri presso l’Auditorium“Fratelli Olivieri” che coinvolgono artistee studiose a fianco delle classi del con-servatorio.Ecco gli appuntamenti previsti- 3 marzo ore 14,30 - La scrittura dellacompositrice svizzera Ulla Birner con lacollaborazione pianistica della stessa au-trice e di Esther Flückiger.- 8 marzo, ore 14,30 - La classe di piano-forte di Patrizia Bernelich eseguirà musi-che di autrici di tutti i tempi.- 17 marzo, ore 14,30 - Da Venezia a Pari-

gi: l’itinerario musicale di Antonia Bembo.Lezione-concerto tenuta da AnelideNascimbene con la collaborazione di stu-denti delle classi di canto.- 24 marzo, ore 14,30 - Adriana Mascolie Marcella Papeschi presenteranno il lororomanzo Fanny Mendelssohn. Note amargine con la collaborazione musicaledi studenti delle classi di canto e di pia-noforte.- 31 marzo, ore 10,30 - Eleonora Duse,Sarah Bernhardt, Nadia Boulanger e il so-gno de La ville morte di Gabriele d’Annun-zio. Lezione-concerto tenuta da AlfonsoCipolla con la collaborazione di studentidelle classi di canto che eseguiranno unaselezione de La ville morte di NadiaBoulanger e Raoul Pugno.Per informazioni si può consultare il sitodel conservatorio all’indirizzo: www.conser-vatorionovara.it.

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Parlare di musicaI discorsi sulla musica. Il riflesso dei suoninegli specchi testuali: è il titolo del conve-gno che si terrà il 17 e 18 aprile 2007 pressol’Università degli Studi di Cassino. Durantele due giornate, scrittori, musicologi, critici,giornalisti, sceneggiatori e programmistiradiotelevisivi si sono dati appuntamento perparlare di musica, o meglio per dibatteresulla natura dei discorsi che affrontiamoparlando di musica. Argomento principale èquindi la riflessione sulle modalità e il sensoche assumono le parole quando – nell’atti-vità letteraria, didattica, divulgativa e di ri-cerca – esprimiamo con il linguaggio ver-bale la complessità dell’esperienza musica-le. Nella consapevolezza, spesso sottaciutao non troppo evidente, che ogni discorsonon possa oggettivamente descrivere lamusica quanto invece ne determini di fat-to il significato, rivelando il modo con cuila concettualizziamo e ne facciamo espe-rienza.La molteplicità di protagonisti e contestidei discorsi sulla musica ha spinto il comi-tato scientifico del convegno (composto daGianmario Borio, Giampiero Moretti, TaliaPecker Berio, Susanna Pasticci, AntonioRostagno) ad articolare l’appuntamento incinque sessioni successive. Nella prima,Raccontare la musica, si dibatteranno le

strategie espressive e narrative con cui lascrittura letteraria riesce a verbalizzarel’esperienza musicale, cercando di restituirea parole l’ineffabilità della sensorialità so-nora. Con la seconda sessione, Spiegare lamusica, saranno analizzati i discorsi rivolti

in ambito divulgativo al pubblico dei nonaddetti ai lavori, mentre nella terza sessio-ne, Trasmettere i saperi musicali, si affron-terà il problema dell’insegnamento musi-cale universitario, con una speciale atten-zione rivolta alle nuove opportunità, offertedai mezzi telematici, di integrare il linguag-gio verbale con risorse multimediali eipertestuali. Le due ultime sessioni, Vederela musica in TV e Parlare di musica alla ra-dio, sposteranno l’attenzione sui due con-testi mediatici della televisione e della ra-dio, offrendo un’analisi dei rispettivi, spe-cifici modelli comunicativi e proponendouna panoramica sulle modalità (anche spe-rimentali) con cui divulgare la musica.Il convegno è stato organizzato nell’am-bito del progetto di ricerca Storia dei con-cetti musicali, che coinvolge studiosi diquattro Università italiane (Pavia, Siena,Cassino e Napoli); il progetto, è cofinan-ziato dal Ministero dell’Università e dellaRicerca e inserito nel novero dei Program-mi di Ricerca Scientifica di Rilevante In-teresse Nazionale (PRIN).Per ulteriori informazioni, rivolgersi a:[email protected], o consultare il sito:http://www.dllc.unicas.it/sez_spettacolo/convegno.htm

Luca Bertazzoni

Sgt. Pepper’s e dintorniDalla collaborazione tra diverse isti-tuzioni della città di Parma (Conser-vatorio Statale di Musica “ArrigoBoito”, Università degli Studi di Par-ma - Sezione di Musicologia, Istitu-zione Casa della Musica, FondazioneTeatro Due), nasce l’iniziativa 1967 -Sgt. Pepper’s e dintorni progettata ecurata da Giordano Montecchi, con ilpatrocinio della International As-sociation for the Study of PopularMusic. Si tratta di un seminario di stu-di con alcune attività connesse, che sisvolgerà tra il 30 marzo e il 4 aprile eche si ripromette di fornire «a qua-rant’anni di distanza una rilettura dellevicende e delle sonorità che hannocambiato la musica del XX secolo»,come recita il sottotitolo.L’iniziativa è dedicata a uno dei mo-menti cruciali della storia musicale delNovecento: nel 1967, oltre alla pubbli-cazione del più celebre album deiBeatles, nel giro di pochi mesi, si ebbel’affermazione di artisti o di gruppiquali Jimi Hendrix, Doors, GratefulDead, Pink Floyd, Janis Joplin, VelvetUnderground. In un ristretto arco di

tempo, fra il 1966 e il 1968, questi ealtri artisti, fra i quali Frank Zappa,impressero alla musica giovanile unaradicale svolta innovativa.Il seminario, che si svolgerà il 30 marzopresso il Conservatorio e il 31 marzopresso la Casa della Musica, prevede losvolgimento di cinque lezioni giorna-liere distribuite in due sessioni di lavo-ro (mattutina e pomeridiana). Ciascunalezione avrà una durata di un’ora, perun totale di dieci ore di lezione mirate afornire di quel particolare momento sto-

rico un quadro esauriente e articolatosotto il profilo musicale e culturale.I docenti coinvolti sono Roberto Ago-stini (Università di Pisa), Lelio Camil-leri (Conservatorio di Bologna), Mar-co Capra (Università di Parma), Fran-co Fabbri (Università di Torino), Lau-ra Leante (Open University), Luca Mar-coni (Conservatorio di Como), Gior-dano Montecchi (Conservatorio di Par-ma), Allan Moore (University of Surrey)e Alessandro Rigolli (Università di Par-ma).Il 2 e 3 aprile, presso il Conservatorio,si terrà invece un workshop per stru-mentisti e compositori condotto da Gior-gio Casadei, incentrato sulla tecnica esulla poetica del remake e della cover,con riferimento alle musiche dei Beatlese di Zappa.Il 4 aprile, infine, presso il Teatro Duesi terrà un concerto dell’OrchestraSpaziale diretta da Giorgio Casadei conmusiche dei Beatles e di Frank Zappa.Per maggiori informazioni si può con-sultare il sito del Conservatorio di Parma(www.conservatorio.pr.it) o rivolgersi [email protected].

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Il gioco del caos[ovvero esplorazione informale della forma rondò]

Una breve premessaNegli ultimi decenni l’affermarsi di un modello di pedago-gia musicale attiva ha profondamente modificato l’approc-cio didattico all’ascolto. In luogo del tradizionale atteggia-mento romantico, tutto silenzio, concentrazione e immo-bilità motoria, s’è iniziato a sperimentare (e, successiva-mente, a perfezionare e a sviluppare) un rapporto con ibrani sottoposti all’ascolto in grado di rendere partecipi igiovani allievi della loro forma/struttura, sia tramite laperformance motoria, sia organizzando semplici composi-zioni vocali o strumentali che ne riproducano, in altro con-testo linguistico, le articolazioni più evidenti e l’assettoarchitettonico globale 1. Da contemplazione passiva del-l’oggetto in divenire, l’ascolto si fa così momento disperimentazione e di ricerca creativa, favorendo la com-prensione del processo che porta la forma musicale ad es-sere quella che è, piuttosto che la semplice schedaturastereotipa e ripetitiva di parti e sezioni con lettere dell’al-fabeto 2.

Che cosa c’entra la musica d’insieme?Se si vuole che la pratica d’insieme destinata ai bambini eai ragazzi ai primi approcci con lo studio strumentale nonsia mero intrattenimento o, all’opposto, duro carcere di ri-petizioni ossessive e di noiose ramanzine ai recidivi dellastonatura e della nota sbagliata, allora il riferimento allacomprensione della forma musicale diventa imprescindi-bile, perché implica partecipazione collettiva e riflessioneindividuale sui tratti compositivi del repertorio di volta involta affrontato 3.

Che cos’è e come funziona ilIl brano di musica d’insieme riportato nella pagina seguenterappresenta un’esperienza di manipolazione della classicaforma-rondò, quella, per intendersi, che «consta di una se-zione principale che funge da refrain (ritornello) (A), alter-nata con una serie di sezioni secondarie che fungono dacouplets (strofe) (B, C, D, E, …), per cui la successione dellesezioni assume la forma A, B, A, C, A, D, A, E, A …, ossiauna successione “aperta”» 4.L’esecuzione prevede dunque che alla ripetizione delle pri-me quattro battute, che costituiscono la sezione A del bra-no, si alternino le battute 5, 6, 7 e 8, che ne rappresentanole sezioni B, C, D, E. Fin qui, tutto abbastanza normale: ladifferenziazione tra il refrain e i couplets (tutti fondati sul-la scala di La eolio, o minore naturale) consiste nel diversoarticolarsi del materiale, rigorosamente omoritmico per ilprimo e liberamente contrappuntistico per i secondi, dal

momento che ogni battuta ritornellata esibisce per ognistrumento un diverso profilo ritmico-melodico e prevedeentrate in successione stratificata regolate dall’interventodel direttore di turno (l’insegnante, ma anche e, meglio, glistessi ragazzi). Importante è che la pulsazione di riferi-mento sia costante, con velocità metronomica più o menocompresa tra 66 e 92 alla semiminima.E allora perché Gioco del caos? Qui viene l’aspetto chesolitamente più entusiasma i giovanissimi strumentisti. Adifferenza infatti di un tradizionale Rondò, che alternaRefrain e Couplets senza soluzione di continuità, questoprevede che la stratificazione regolata dall’esterno deglistrumenti in B, C, D, E, venga interrotta da un esecutoredalla voce squillante che, gridando a squarciagola «CAOS!»,trascini la massa dei compagni in una libera improvvi-sazione… “caciarona”, sempre fortissimo e con articolazioniil più possibile rapide e senza alcuna limitazione di riservasonora. Ce n’è per tutti i gusti, dai glissandi degli archi, aiCluster delle tastiere, agli strilli sovracuti dei fiati e chi piùne ha, più ne metta! L’ordine viene ristabilito da un segna-le del direttore, che blocca il caos e, dopo un brevissimorespiro, fa partire la ripresa del refrain. In verità, a rinforzodel suo aspetto un po’ teatralmente clowneristico, la per-formance prevede che il direttore volga con un balzo lespalle all’orchestra al richiamo del «CAOS!» e che, con al-trettanto felino balzo nel verso opposto, zittisca i chiassonie dia il segno d’attacco al refrain. Si butti chi se la sente. Ilrisultato è assicurato.

1 Segnalo, tra i numerosi altri, due testi che, per la loro distanza intermini temporali, danno l’idea dello sviluppo che, almeno in Ita-lia, ha conosciuto la didattica dell’ascolto negli ultimi quindicianni: Esperienze d’ascolto nella scuola dell’obbligo, a cura di Car-lo Delfrati, Ricordi, Milano 1987 e FRANCA FERRARI, Giochi d’ascolto.L’ascolto musicale come tecnica di animazione, FrancoAngeli, Mi-lano 2002.

2 Utile, in questa prospettiva, la lettura dei contributi al testo cura-to da Rosalba Deriu, Capire la forma (idee per una didattica deldiscorso musicale), EDT, Torino 2004.

3 A tal proposito, cfr. ANTONIO GIACOMETTI, Questa domenica giochia-mo all’orchestra, in “Musica Domani”, n. 139, giugno 2006.

4 LORIS AZZARONI, Canone infinito. Lineamenti di teoria della musica.,CLUEB, Bologna 1997, p. 473. Un’altra, interessante, presentazio-ne del Rondò si può trovare alle pp. 242-248 di CLEMENS KÜHN, Illinguaggio delle forme nella musica occidentale, Unicopli, Milano1987.

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33Riassumendo, la successione temporale degli eventi si pre-senta così:

A (batt. 1-4) – B (batt. 5 ad lib.) CAOS|| A (batt. 1-4) – C(batt. 6 ad lib.) CAOS ||

A (batt. 1-4) – D (batt. 7 ad lib.) CAOS|| A (batt. 1-4) – E(batt. 8 ad lib.) CAOS || A

Chi può suonareNella sua versione originale, qui riportata, la composizio-ne è eseguibile da allievi ai primi anni di corso strumenta-le. Inoltre, come si può vedere, le singole linee risultanofacilmente adattabili a diversi strumenti e alcune sono giàpensate per strumenti traspositori come il clarinetto, la trom-ba e il corno.Il gioco del caos è tuttavia anche un’opera “aperta”, per cuisi prevede la possibilità di manipolare, rivedere, ampliare etrascrivere le parti, secondo esigenze locali, senza che ilsignificato del lavoro ne risulti compromesso. Importanteè mantenere inalterati sia l’assetto linguistico che il diffu-

so riferimento alla figura ritmica del contrattempo, in quantocostituiscono entrambi importanti obiettivi cognitivi dellavoro.

Ascolto, esecuzione, analisi, produzioneSebbene sia auspicabile che ogni insegnante individui ilpercorso d’apprendimento del Rondò più adatto alle carat-teristiche del proprio gruppo, un’efficace sequenza meto-dologica consiste nel proporre preliminarmente l’ascoltodi uno o due Rondò appartenenti al repertorio classico, incui l’alternanza delle sezioni risulti facilmente identificabile(ve ne sono tanti, pianistici e orchestrali, nella produzionedi Haydn, Mozart e Beethoven). Alla seconda fase di rea-lizzazione del Gioco del caos potrebbe seguire l’analisi com-parata con i brani ascoltati, che faccia emergere, ancheattraverso schematizzazioni grafiche, le analogie e le dif-ferenze strutturali. Un lavoro assistito di composizionecollettiva costituirebbe infine la migliore verifica dell’av-venuta acquisizione dei concetti esperiti nel corso dell’at-tività di ascolto e di esecuzione.

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34 a cura di Alessandra Anceschi

Per un’armonizzazionedel curricolo musicaleUn’indagine a più voci intorno all’effettiva rispondenzadelle pratiche didattiche quotidiane rispetto ai dettami mi-nisteriali sull’educazione musicale in Italia, alla ricercadegli elementi di verticalità, ricorsività e trasversalità neicurricoli vigenti.

La storia dell’evoluzione dei curricoli della disciplina mu-sicale negli ultimi trent’anni si è mossa seguendo itineraricomplessi. I passi progressivi verso una definizione del-l’esperienza musicale nella scuola che potesse accoglierein modo pieno e condiviso il valore formativo della musicasi sono articolati – nei diversi ordini scolastici – in modoassai scomposto. La tendenza, tutta italiana, ad attuare ri-forme che sono sempre intervenute su frammenti o por-zioni dell’intero ordinamento scolastico ha portato a tra-sformazioni caratterizzate da disomogeneità, impedendodi realizzare una visione progressiva, ricorsiva e verticaledel percorso formativo. Anche l’ultimo disegno di riforma,seppur abbia avuto in animo di affrontare un riordino com-plessivo del sistema, non è riuscito a saldare le giunture.Certo, non si può dire che i progressi verso una sempre piùdefinita collocazione della musica all’interno dello statutodisciplinare non siano stati visibili. Soprattutto dal 1979in avanti, dall’elaborazione cioè dei programmi della scuolamedia, ciò a cui si è assistito è stata una sorta di interventoa fisarmonica che ha visto nel 1985 la definizione dei pro-grammi di Educazione al suono e alla musica per la scuolaprimaria, nel 1988 la proposta di un curricolo musicale peralcuni indirizzi di scuola superiore attraverso la costitu-zione dei programmi Brocca, nel 1991 l’articolazione deicampi di esperienza della scuola materna comprendenti leattività sonore e musicali, nel 1999 i programmi di inse-gnamento per lo strumento musicale inseriti all’interno deldecreto di riconduzione a ordinamento delle scuole a indi-rizzo musicale, sino ad arrivare – ai giorni nostri – agli OSA

dei Piani di studio personalizzati per la scuola primaria esecondaria di primo grado, e agli annunciati livelli essen-ziali delle prestazioni del secondo ciclo.Ma quale visione di progressione formativa attraverso lamusica si coglie dai curricoli operanti nei differenti ordiniscolastici? Quali elementi di continuità sono presenti? Qualicontraddizioni si percepiscono?La pratica didattica, che talvolta si muove un poco al difuori dei dettami programmatici, o per lo meno li assumealternando pragmatico buon senso a colpevole indifferen-za, ha disegnato una linea di sviluppo articolata in attivitàche possiamo sintetizzare in questo modo: la scuola d’in-fanzia e tutta la scuola primaria si preoccupano di porre al

1 Il riferimento è alle competenze percettive, interpretative, esecu-tive e inventive. Prima Maurizio Della Casa e successivamenteRosalba Deriu hanno messo a fuoco, in vari contributi apparsi suquesta rivista e altrove, la definizione dei nuclei fondanti delladisciplina.

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35centro una visione che antepone la dimensione del farerispetto a quella dell’ascoltare. Il canto, la corporeità, l’esplo-razione e la manipolazione di oggetti e strumenti hannoun ruolo di primo piano negli spazi didattici. La ex scuolamedia, quale luogo – appunto – di passaggio, è solita af-fiancare (che non è la stessa cosa di integrare) il momentooperativo, la teoria e l’ascolto. Regna in questo segmentouna prassi piuttosto diffusa e ormai così consolidata darisultare tacitamente ufficiosa, che di consueto divide ledue ore settimanali in una di “teoria” e una di “pratica”, o,se si vuole, in una di “storia della musica” e una di “stru-mento”. Pur non sottacendo che esistano situazioni nellequali si è provato a integrare con più organicità le duedimensioni del musicale, rimane il fatto che è nella scuolasecondaria di primo grado che in qualche modo coesisto-no, con pesi abbastanza ambivalenti i diversi ambiti di espe-rienza della musica. La scuola superiore, laddove l’inse-gnamento residuo della musica ancora persiste, è inveceil luogo della concettualizzazione, dell’ascolto e della suacontestualizzazione. Il parlare di musica, qui, deve con-frontarsi con una dimensione globale del sapere che as-sume contorni sempre più verbalizzati e con questa, dun-que, deve misurarsi per poter rimanere alla pari. Poche, espesso ritagliate in spazi extracurricolari, sono le espe-rienze produttive. Per finire, arriviamo all’insegnamentostrumentale, quello condotto all’interno della scuola del-l’obbligo, dove il modello maggiormente diffuso punta adelineare proposte di lavoro volte allo sviluppo delle abi-lità tecnico/esecutive: qui, sì, ritroviamo la dimensionedel fare, ma in una veste che talvolta fatica a individuareun’armonica coabitazione con le altre esperienze musi-cali del curricolo.Una distribuzione così delineata delle attività, seppur quise ne dia conto in modo sommario tanto da poterneprefigurare generalizzazioni improprie, restituisce senzadubbio un orientamento di tipo progressivo che, per quan-to genericamente abbozzato, fa intuire come siano le tap-pe dell’apprendimento in relazione allo sviluppo cognitivoe psicologico a suggerire la linearità scelta.Questa idea di progressione del curricolo è anche quellache contengono gli ordinamenti ministeriali in vigore neivari segmenti? Ha qualche fondamento di coerenza e diarmonica successione la pratica didattica diffusa di cui si èdato conto? Le aree della competenza musicale che in que-sti anni hanno delimitato il perno del raggio d’azione dellaprogrammazione didattica sono, sul piano dell’orientamentopedagogico e della sua traduzione operativa, ben rappre-sentate 1 ? Vi sono altre prospettive di sviluppo integratoche sarebbe utile indagare e fare emergere?Uno sguardo ai programmi vigenti fa scorgere, anche aun’analisi superficiale, quanto la prassi operante si disco-sti dagli orientamenti in essi contenuti. Non sappiamo quan-to per errata e negligente interpretazione, quanto per inca-pacità di aderirvi e individuare le forme operative corri-spondenti o, ancora, quanto per cosciente presa di distan-za, anche se – di certo – il complesso delle problematichenon si può disgiungere dalla sempiterna questione dellaformazione del corpo docente che, volente o nolente, de-

termina attraverso le mancate o acquisite competenze ciòche si fa e ciò che non si fa a scuola.Tra le tante, quelle appena espresse sono alcune delle pos-sibili sollecitazioni a partire dalle quali sono stati svilup-pati gli approfondimenti degli autori chiamati a raccoltain questo Confronti e dibatti.

Autonomiae curricoli verticali.Attualità del “fare scuola”di Caterina Gammaldi

Nel momento in cui scriviamo siamo al giro di boa di unanno-ponte, annunciato dal ministro Fioroni il 31 agosto2006, nel segno dell’autonomia e del curricolo. Una sceltache, oggi ancor più che allora, ci appare opportuna per losviluppo dell’innovazione dopo anni di spot e di messaggicontrastanti, che hanno minato profondamente la culturae l’identità della scuola di base, rallentando il processo disviluppo avviato con il conferimento dell’autonomia.Giova, a tal proposito, ricordare l’impegno, testimoniatodalla documentazione disponibile negli archivi telematicie nelle pubblicazioni, delle istituzioni scolastiche autono-me, degli insegnanti più avvertiti nella costruzione deicurricoli di scuola, fra autonomia didattica, organizzativa,ricerca, sperimentazione e sviluppo (art. 4, 5 e 6 DPR275/99). Si vedano in particolare le esperienze di flessibilità,ovvero i laboratori didattici e, sul piano professionale,l’esperienza avviata in alcune realtà dei dipartimenti disci-plinari, occasione di formazione in servizio e di ricerca-azione, finalizzate alla costruzione di percorsi curricolari.Il fugace richiamo agli ultimi cinque anni, vicenda cheancora disorienta tanti colleghi, ci consente di riaprire ildibattito sul “fare scuola”, un tema di grande attualità peruna scuola che voglia investire in più istruzione per tutti,un ideale di scuola democratica coerente con i princìpicostituzionali. Va da sé che oggi gli insegnanti non di-spongono di un documento culturale aggiornato cui acce-dere se non dei vecchi, cari programmi; è ferma la stagio-ne, pure annunciata, della revisione delle Indicazioni na-zionali volute dal precedente ministro, in attesa del fatidico2007-2008, che dovrebbe essere l’anno in cui si ritiene didare seguito alla riforma della scuola.Questa situazione, benché problematica per la scuola e isuoi insegnanti, non ci impedisce di proporre alcuni ragio-namenti e di sollevare alcune questioni culturali, pedago-giche e metodologiche interne alla ricerca curricolare, ra-gionamenti e questioni che ci sembra possano costituireun’occasione per nuovi spazi (e tempi riconosciuti) per laricerca didattica a scuola, in una fase di transizione che ciauguriamo non sia lunga, in modo da evitare fughe in avantiche talora possono essere di segno conservatore.Consideriamo in prima istanza la questione docente, con-dividendo quanto altri hanno sostenuto riguardo agli inse-

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36 gnanti, definendoli intellettuali «capaci di utilizzare il sa-pere disciplinare per la formazione culturale ai diversi li-velli di scolarizzazione» 1. Una competenza che interroga ilnostro sapere (disciplinare), che ci chiede di coglierne gliaspetti formativi, di piegarlo alle ragioni di un apprendi-mento scolastico adulto e consapevole.“Cosa e come si insegna alle diverse età?”: è la domandachiave che stimola la nostra curiosità di insegnanti e perquesto ci sembra ingeneroso riproporre, come purtroppoancora molti fanno, il vecchio concetto di cultura generale(di tutto un po’), o, in alternativa, e per moda, l’introduzio-ne di nuove discipline e educazioni.Un sapere è irrinunciabile se si fa esperienza, conoscenzaattiva. Un sapere è significativo per uno studente se chi lopropone sa muoversi, nel farsi carico del percorso formativo,fra rigore scientifico, capacità di progetto, di ricerca e disperimentazione, coerenza di impianto nelle scelte cultu-rali, attenzione e cura per la relazione educativa, condivi-sione nel team del lavoro progettuale.A riguardo, non sembri inutile il richiamo al vecchio caroprincipio dell’intenzionalità formativa: per questo espri-miamo netta contrarietà per un dibattito sterile, che in questianni ha attaccato la cultura della scuola e i suoi princìpi,fino a proporre il superamento delle discipline, dissolte inconfuse e indeterminate aree del sapere, o, per contrasto, ildisciplinarismo fine a se stesso, che altri non è se non unpuro e semplice nozionismo, o, in ultima analisi, un saperefortemente orientato da scelte etico-valoriali.Ci sembra utile qui riproporre, invece, anche in vista diuna eventuale riscrittura delle Indicazioni nazionali, l’obiet-tivo che corrisponde alla deaccademizzazione del saperescolastico, coerentemente con il principio educativo dellacentralità del soggetto che apprende. Non pensiamo, infat-ti, che si debba proporre a scuola il sapere accademico inpillole e purtroppo molto di questo ancora si ritrova neimanuali scolastici. Difendiamo dagli attacchi conservatoriuna scelta a vantaggio di indirizzi nazionali certi e dellaresponsabilità delle scuole, in ordine all’allestimento delleproposte culturali, didattiche e organizzative.In questo senso, certo, molto hanno ancora da dirci gliinterventi legislativi degli ultimi trent’anni, i documentiprogrammatici, le migliori pratiche didattiche, che lo stes-so ministro Fioroni ha richiamato nell’atto di indirizzo del31 agosto scorso, sostenendo come essi siano ancora «unpunto di riferimento importante per dare coerenza aicurricoli della scuola dell’infanzia, primaria e secondariadi primo grado». Testi legislativi e documenti programma-tici ancora pienamente vigenti, costruiti nel nostro paesecoerentemente con la grande tradizione pedagogica del No-vecento (Dewey, Bruner, Gardner, Vigotskji…), alimentatada importanti studiosi italiani (Pontecorvo, Boscolo…), incui ritroviamo stimoli culturali per proseguire nella ricercadidattica fondata sull’idea di curricolo verticale.Un’idea di apprendimento scolastico e di soggetto in situa-zione di apprendimento che giustifica pienamente l’atten-zione ai processi cognitivi, che consolida l’idea di inse-gnante “facilitatore” o “regista” nell’impegno profuso nel-la costruzione della conoscenza, che sollecita a ritenere,

con Boscolo 2, l’apprendimento un processo attivo di co-struzione di conoscenze, di abilità, di atteggiamenti, in uncontesto di interazione dell’allievo con gli insegnanti, icompagni, i media didattici.Un’idea di ambiente di apprendimento, che sappia esserespazio-tempo della partecipazione cognitiva e moti-vazionale, occasione per sperimentare i modi di rappre-sentare la realtà, ma che non rinunci a porsi domande sul-la crisi che attraversa la scuola, luogo naturalmente dedi-cato alla trasmissione culturale. «Una crisi – scrive MarioAmbel – di relazioni, di atteggiamenti e di atmosfere piùche di modalità cognitive e culturali, ma che esige di esse-re affrontata globalmente e non solo in termini affettivi erelazionali» 3.Torna prepotentemente in primo piano l’esigenza di unnuovo progetto culturale, rigoroso, scientificamente fon-dato, la ricerca di un patto fra la comunità scientifica, lapolitica e la scuola per elevare la cultura dei cittadini delnostro paese, un progetto che sappia essere per gli inse-gnanti luogo in cui poter attingere idee e proposte per ga-rantire forme di conoscenza alle diverse età. Un obiettivoambizioso che si sostanzia della difficoltà che leggiamoquotidianamente nei visi e nelle parole dei nostri colleghiimpegnati nel fare scuola, preoccupati che possano diffon-dersi proposte culturali realizzate secondo la vulgata del-l’esperto di turno, poco rispondenti alle esigenze di un in-segnamento-apprendimento adulto.C’è una domanda diffusa di cultura, di istruzione, di scuo-la per tutti nel nostro tempo. Una domanda a cui ci piacerispondere riproponendo un’annosa questione ancora at-tuale, ovvero quale formazione linguistica, storica, scien-tifica, matematica, artistica, musicale, tecnologica la scuo-la debba garantire per la cittadinanza. Gradualità, essen-zialità, trasversalità tornano a essere ingredienti per unsapere calvinianamente “leggero” e non per questo banale.Per stare nel campo dell’educazione linguistica, che è quelloin cui per più tempo abbiamo investito, pensiamo che siaancora oggi rivoluzionaria, ovvero capace di cambiamen-to e di trasformazione, la pedagogia dell’inclusione e dellacittadinanza disegnata nelle Dieci Tesi per un’educazionelinguistica democratica, straordinaria convergenza negliultimi trent’anni di studi, pensieri e pratiche didattiche didocenti dell’università e di scuola.Una tradizione di lavoro e di ricerca che riteniamo dovreb-be, più di quanto già avviene, contaminare altri campi delsapere. Si pensi, ad esempio, al campo dell’educazione al-l’arte e alla musica, oggi più che mai necessaria per la

1 DOMENICO CHIESA, Il mestiere dell’insegnante: profilo culturale e pro-fessionale, in La scuola e l’Europa verso il 2010, a cura di CaterinaGammaldi, CIID, Roma 2005.

2 PIETRO BOSCOLO, Psicologia dell’apprendimento scolastico. Aspetticognitivi e motivazionali, UTET, Torino 1997.

3 MARIO AMBEL, Atti del seminario nazionale del CIDI sul curricolo ver-ticale, in “Insegnare”, n. 10, 2005.

4 EUROPEAN COMMISSION DIRECTORATE GENERAL FOR EDUCATION AND CULTURE,GRUPPO DI LAVORO SULLE ABILITÀ DI BASE, L’insegnamento della lingua stra-niera e dell’imprenditorialità, novembre 2003.

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37formazione culturale di generazioni che costruiscono nelladimensione del viaggio il loro rapporto con le altre culturee con il mondo in cui vivono.Pesa in questo campo l’assenza di un curricolo verticale dieducazione all’arte e alla musica, al patrimonio artistico ealla comunicazione visiva e sonoro-musicale, comune atutte le aree degli indirizzi nella scuola superiore; pesanole discontinuità e le disomogeneità purtroppo presenti neiprogrammi di studio vigenti nella scuola primaria e secon-daria di primo grado, nati in stagioni e con approcci cultu-rali diversi, scaricate, con una formazione inadeguata, su-gli insegnanti chiamati a farsi carico delle educazioni cor-rispondenti.E per questo pensiamo di poter suggerire un lavoro di ri-cerca e di scavo che tenga conto di quanto, a suo tempo,proposto per la formazione di base nel documento di sin-tesi del lavoro della Commissione dei Saggi voluta dal mi-nistro Berlinguer, poi ripreso e descritto sapientemente neidocumenti della Commissione De Mauro. Ci piacerebbe ri-partire di lì, con tutti i cambiamenti che dovesse esserenecessario proporre, da quell’idea di curricolo verticale cheinterrompe la ripetizione ciclica; un curricolo che sappiaessere trasversale, graduale e progressivo, sistemico, soste-nibile didatticamente, significativo e quindi non enciclo-pedico, capace di veicolare innovazione e apprendimento.Per un nuovo dialogo fra le discipline ci sembra un obiet-tivo impegnativo e, al tempo stesso, concreto per una scuolache vuole cambiare, una scuola che sappia essere attentanella scelta dei saperi significativi, una scuola che sappiapraticare le metodologie giuste e le modalità relazionalicoerenti con un approccio progettuale alimentato dallacollegialità e dalla riflessività.Un’idea di curricolo che garantisca ai sedicenni europeil’acquisizione di competenze chiave, apprendimenti di basenel segno della narrazione e dell’argomentazione, dellosviluppo integrato delle abilità linguistiche, del rapportodiscipline e linguaggio, della fruizione dei messaggi este-tici 4.Un’idea di sapere, di curricolo e di cittadinanza che si fac-cia carico dei ragazzi che perde.

Il curricolo come tramitetra vissuti e disciplinadi Mario Piatti

Affrontare il tema del curricolo di musica nella scuola dibase appare un’operazione temeraria anche per chi, comeil sottoscritto, segue fin dai primi anni ’70 le vicende dellascuola e della didattica della musica, e ben ha fatto Ales-sandra Anceschi ad aprire questo Confronti e dibattitievidenziando gli itinerari complessi che queste vicendehanno percorso.Consapevole dei rischi di semplificazione che si corronoquando si deve discutere di un argomento complesso inpoche righe, inizierò facendo una specie di viaggio a ritro-

so, rivisitando fatti e documenti che, a mio avviso, ci pos-sono permettere di focalizzare meglio alcuni nodi di carat-tere strutturale e di contenuto in merito al tema del dibat-tito.Nel luglio 2006 il Ministro della Pubblica Istruzione ha atti-vato un “Comitato nazionale per l’apprendimento pratico dellamusica” con il compito di formulare proposte in particolarmodo per la formazione musicale di base. Il documento conle proposte del Comitato è stato reso noto in dicembre (cfr.http://www.siem-online.it/docu/cnapm_2006.htm ewww.musicheria.net, “Il giornale della musica” n. 233,gennaio 2007). Sul documento e sulle iniziative del Comi-tato sarà comunque opportuno tornare in altra sede.Cito questo fatto unicamente per mettere in evidenza come,a livello istituzionale, c’è e c’è stata una certa attenzione acome rendere sempre più presente la musica nella scuola:basti ricordare il “Progetto speciale musica” che, a partiredalla fine degli anni ’90, ha promosso la costituzione deiLaboratori musicali in diverse centinaia di scuole; poi il“Progetto Muse”, che, sempre negli anni ’90, utilizzandostrumenti multimediali, ha permesso a qualche migliaio dimaestri elementari di aggiornare e migliorare la propriacompetenza musicale e didattica, mettendo a frutto anchequanto appreso nell’ambito del corso di 200 ore che il Mi-nistero aveva attivato nel 1995 in collaborazione con lescuole di Didattica della Musica dei Conservatori.Non vanno dimenticate poi le numerose iniziative che ne-gli anni ’80 sono state messe in atto da parte degli IRRSAE

sempre per l’aggiornamento dei maestri elementari in vi-sta dell’attuazione di quanto previsto nei programmi del1985. Ci si potrebbe chiedere come mai la stessa cosa nonè stata fatta quando sono stati rinnovati i programmi dellascuola media nel 1979, lasciando unicamente alla buonavolontà di pochi e singoli docenti la scelta di aggiornarsiattraverso corsi estivi e simili, attivati da varie associazio-ni ed enti privati. Se i programmi del ’79 hanno segnatouna forte svolta culturale, c’è da dire che tale svolta è ri-masta per lo più sulla carta, considerato che la maggiorparte dei docenti di musica delle scuole medie assunti ne-gli anni precedenti (soprattutto dopo il passaggio da una adue ore alla settimana di insegnamento) non aveva nessu-na preparazione didattica specifica, e in molti casi era de-bole anche la preparazione musicale. Ma anche dopo il ’79le cose non sono andate meglio, se si considera, tanto percitare un fatto emblematico, che, ad esempio, in molti cor-si di preparazione ai concorsi veniva adottato un testo dielementi di pedagogia e didattica dell’educazione musica-le, pubblicato nel 1983, che però non faceva nessun cennodei programmi del ’79!Questa situazione non affatto felice ha reso difficile prati-care quella «verticalità, ricorsività, trasversalità» a cui siriferisce Anceschi nella presentazione di questo dibattito.Sarebbe interessante sapere quanti insegnanti di scuolamedia conoscono approfonditamente i programmi dell’85della scuola elementare, e quanti si sono preoccupati dicapire come far interagire, per non dire integrare, la pro-pria programmazione di prima media con quanto i ragazzihanno fatto nei cinque (anzi dieci) anni precedenti. Ripeto,

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38 buone pratiche ed eccezioni ci sono, ma credo che ciascu-no potrebbe fare facilmente una verifica e ricavarne datinon certo entusiasmanti. E questo nonostante che, da par-te del Ministero, sia stata spesso richiamata la necessitàdei «progetti continuità» (a partire ad esempio dal DM del16.11.1992 e relativa Circolare 339, nel quale si ribadiscela necessità di un «raccordo pedagogico, curricolare eorganizzativo tra le diverse scuole», per cui «la continuitàdel processo educativo tra scuola materna, elementare emedia viene garantita come percorso formativo unitario alquale contribuisce con pari dignità educativa l’azione diciascuna scuola»).Negli ultimi trent’anni, il punto debole per la realizzazionedei curricoli di musica è stata proprio la cecità del Ministe-ro nel non rendersi conto che occorreva una forte iniziati-va soprattutto per la formazione iniziale dei docenti e poiper l’aggiornamento in servizio in merito alla musica, conla consapevolezza che nessuno può insegnare bene se nonsa (conoscenze), se non sa fare (abilità) e se non sa far fare(metodi), e la musica non fa certo eccezione. Le iniziativeintraprese sono state dei palliativi, proprio perché non si èintervenuti sulla formazione iniziale dei docenti, anche coninterventi normativi specifici: basti ricordare che solo nel2002 è stato riconosciuto al Diploma di didattica dellamusica valore abilitante.Quando alcuni (molti?) dicono che nelle scuole italiane nonc’è educazione musicale, sbagliano in parte: gli ordina-menti scolastici prevedono la musica sia nella scuola del-l’infanzia (Orientamenti del 1991), sia nella scuola elemen-tare (Programmi del 1985 e ora le Indicazioni nazionali),sia nella scuola media (Programmi del 1979 e ora le Indi-cazioni nazionali). L’unico spazio veramente carente (a li-vello di testi programmatici) è la scuola secondaria supe-riore, e i timidi tentativi della Commissione Brocca sononaufragati in programmi storicistici di dubbia utilità. Quellache manca è una classe di docenti “esperti” (in particolarenella scuola dell’infanzia e nella scuola elementare) e didocenti “aggiornati” (in particolare nella scuola media).Questa affermazione ovviamente non vuole generalizzarein assoluto: realtà positive ci sono, e non sono poche. Mala “sensazione” generale è quella che ho detto, e una con-ferma mi viene dal fatto che sono pochissimi i docenti dimusica che sentono il bisogno di aggiornarsi, di documen-tarsi sulle nuove prospettive pedagogiche, di incontrarsi(anche solo virtualmente) per confrontare metodi e tecni-che. Come faccio a dire questo? Ad esempio, basterebbeconfrontare il numero degli insegnanti di musica di scuolamedia e di scuola elementare con il numero degli abbonatia questa stessa rivista! Purtroppo non esistono ricerche ditipo statistico che ci possano dire con sufficiente approssi-mazione qual è la realtà vera dell’insegnamento e dell’ap-prendimento della musica nei vari ordini di scuola, e cia-scuno di fatto esprime il proprio punto di vista e la propriaopinione basandosi su impressioni ricavate da ciò che co-nosce per diretta esperienza, anche se questo, ovviamente,non può avere valore di campione rappresentativo dellatotalità.Tra l’altro una ricerca approfondita dovrebbe analizzare

anche il rapporto tra le linee curricolari espresse dai pro-grammi ministeriali e le “traduzioni/interpretazioni” diqueste linee fatte nei vari libri di testo e sussidi didattici.In molti casi si nota una traduzione traditrice, semplificativa,parziale, unidirezionale, banalizzante: basti pensare a comealcune indicazioni dei programmi del 1985 relative al “pae-saggio sonoro” sono state svilite entro miseri schemi con-cettuali di contrapposizione tra suono e rumore, tra città ecampagna, accompagnati da nozioni di acustica ben lon-tane dai sensi e dai significati che al “Paesaggio sonoro”sono stati dati dalle ricerche di Murray Schafer. La cosatragica è che spesso gli stessi contenuti vengono riproposti,anche se con un linguaggio appena un po’ più tecnico,nelle prime pagine di molti libri di testo della scuola me-dia. Oppure basta vedere come l’indicazione dei Program-mi del ’79 per la scuola media in merito al «riferimento delfatto musicale all’autore, alla più ampia condizione uma-na e sociale» sia di fatto stata tradotta, nella quasi totalitàdei libri di testo e, conseguentemente, nella prassi didatti-ca, in un bignami della storia della musica di puro stamponozionistico.Le morattiane “Indicazioni nazionali” dovrebbero in uncerto qual modo rivoluzionare i contenuti dei libri di testo,in quanto non si presentano semplicemente come una listadi contenuti, ma insistono prioritariamente sulle capacità,che dovrebbero poi essere esplicitate autonomamente dal-le singole scuole negli OSA (obiettivi specifici di apprendi-mento). Ma non so quanto sia utile addentrarsi nell’analisidettagliata delle “Indicazioni nazionali”, visto che l’attualeMinistro della Pubblica Istruzione sembra intenzionato arivederle.Convincente mi sembra il principio che da parte del Mini-stero ci si dovrebbe limitare, appunto, a semplici indica-zioni di carattere generale, mentre obiettivi specifici, con-tenuti e metodi dovrebbero essere individuati, formulati escelti in piena autonomia dai docenti, in relazione comun-que a quel “Profilo” che viene indicato come traguardo daraggiungere per tutti gli studenti, ma nel quale non com-paiono competenze specificamente disciplinari.Volendo ora entrare, anche se brevemente dato lo spaziodisponibile, nello specifico dei nodi delle accennate verti-calità, ricorsività e trasversalità, è ovvio che risulta parti-colarmente arduo individuare tali elementi in testi che sononati non solo in tempi diversi, ma che riflettono chiara-mente anche impostazioni pedagogiche differenti, oltre chevisioni didattico-musicali che emergono da vissuti, espe-rienze, competenze diversificate proprie degli estensori diquei testi stessi. Se da un lato, infatti, nei programmi del’79 si è posto a fondamento il concetto di «musica intesacome forma di linguaggio», individuando quindi gli ele-menti di questo linguaggio che devono essere oggetto del-le attività didattiche, nei programmi dell’85 si pone l’ac-cento primariamente sul soggetto che apprende e sulle suecapacità di percezione, comprensione e produzione, men-tre negli orientamenti del ’91 le attività musicali vengonoricondotte nell’aleveo di esperienze integrate in «messag-gi, forme, media». Appare evidente, dalla lettura compara-ta dei testi, la mancanza di una linea progressiva omoge-

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nea in merito sia alle finalità educative e agli obiettivi di-dattici, sia all’impianto metodologico che sembra rispon-dere a un astratto criterio di un’ipotetica progressione dicapacità cognitive (dal semplice fare al sempre più astrattocapire: i bambini giocano, i giovani analizzano e ragiona-no). Ma ormai tali testi hanno più interesse storico, dalmomento che sono state emanate le già citate “Indicazioninazionali per i Piani Personalizzati delle Attività Educative”(scuola dell’infanzia) e le “Indicazioni Nazionali per i Pianidi Studio Personalizzati” (Scuola primaria e scuola secon-daria di I grado) 1. Tali “Indicazioni” hanno un taglio nuo-vo, in quanto non solo esplicitano «l’ordinamento degliobiettivi specifici di apprendimento», con lo scopo di «in-dicare i livelli essenziali di prestazione (intesi qui nel sensodi standard di prestazione del servizio) che le scuole dellaRepubblica sono tenute in generale ad assicurare», ma an-che perché per la prima volta si tenta di costruire uncurricolo unitario per la scuola dell’obbligo. Non è che nelfrattempo non ci siano stati tentativi in tal senso, anzi;alcune proposte sono state fatte anche a livello istituzio-nale, come ad esempio il progetto dell’IPRASE Trentino 2. Maè indubbio che va apprezzato il tentativo di portare a unità(pedagogica, metodologica e, non da ultimo, terminologicae concettuale) i testi di riferimento per la programmazionedidattica.Il punto critico, a mio avviso, rimane il fatto che le Indica-zioni nazionali rischiano di essere interpretate come nuovi“programmi”, con contenuti disciplinari predefiniti, dimen-ticando che invece gli OSA dovrebbero servire unicamenteper progettare le “Unità di apprendimento”. Anche se sonoordinati per discipline, gli OSA «trovano la loro sintesi nel-l’unitaria educazione alla Convivenza civile»; a questo pro-posito, il testo ministeriale mette in guardia dal non tra-scurare tre consapevolezze: «la prima ci avverte che l’ordi-ne epistemologico di presentazione delle conoscenze e delle

abilità che costituiscono gli OSA non va confuso con il loroordine di svolgimento psicologico e didattico degli allie-vi»; la seconda ricorda che gli OSA, «se pure presentati inmaniera analitica, obbediscono in realtà, ciascuno, al prin-cipio della sintesi e dell’ologramma»; la terza riguarda ilsignificato e la funzione delle tabelle degli OSA: «È compitoesclusivo di ogni scuola autonoma e dei docenti, nel con-creto della propria storia e del proprio territorio, assumersila libertà di mediare, interpretare, ordinare, distribuire eorganizzare gli obiettivi specifici di apprendimento negliobiettivi formativi, nei contenuti, nei metodi e nelle verifi-che della Unità di Apprendimento».Sarebbe quindi un grave errore (di interpretazione del te-sto ministeriale, ma soprattutto di impianto pedagogico)se si piegassero le indicazioni curricolari unicamente sul-l’apprendere la disciplina, invece di considerare l’appren-dimento della disciplina come mezzo per lo sviluppo inte-grale del cittadino. Non a caso uso il termine cittadino, enon, ad esempio, sviluppo integrale della persona, perchéritengo che l’educazione musicale, nelle sue varie ar-ticolazioni e sfaccettature, deve e può contribuire alla cre-scita dei ragazzi e delle ragazze non solo come soggettidotati di una propria identità cognitiva e affettiva, ma an-che, e direi soprattutto, come soggetti che devono (e nonsolo dovranno) interagire in modo attivo, responsabile,consapevole con il proprio contesto sociale e culturale.L’acquisizione di conoscenze e abilità musicali non è fine ase stessa, ma dovrebbe interagire con la capacità di usaretali conoscenze e capacità in funzione di una comunica-zione interpersonale e sociale, di un’espressività che con-tribuisca a inserire elementi di provocazione, di disturbo,di rumore, di eccitazione, di spaesamento (perché questa èanche la funzione dell’arte musicale) nell’omogeneizzato equalunquistico establishment della consumistica culturadominante. In realtà, fuori della scuola, le culture del con-flitto, tipiche dei mondi giovanili, trovano modo di diffon-dersi, anche se spesso soltanto nell’underground, e segna-no, con i loro graffiti e i loro sound, i territori dell’altrove,gli spazi di una ricerca e di una voglia di futuro a cuispesso (quasi sempre?) la scuola (insegnanti, dirigenti,amministratori locali, famiglie) non è in grado non solo didare risposte, ma nemmeno di porre attenzione.L’educazione musicale non serve se si limita a far acquisire

1 Da non sottovalutare la differenza tra “Attività educative” e “Stu-dio”, D.Lgs. n. 59 del 19.2.2004.

2 Musica nella scuola. Un percorso possibile dalla Scuola dell’infan-zia alla Scuola secondaria di secondo grado, a cura di Gruppo diricerca Curricoli per la musica, Provincia Autonoma di Trento -IPRASE, Trento 2004.

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40 qualche superficiale o approfondita nozione di grammati-ca e di sintassi del linguaggio musicale, e nemmeno se silimita a addestrare perfetti esecutori e virtuosi strumentaliche rendono felici amici e parenti nel saggio natalizio o difine anno. L’educazione musicale raggiunge il suo scopose favorisce lo sviluppo della creatività, della capacità diguardare e ascoltare il mondo con occhi e orecchi nuovi,se sostiene e stimola la voglia di portare un contributoautonomo nella costruzione di una comunità sociale di-versa, più giusta, più democratica, più sincera, più solida-le, più pacifica. Per questo dovrebbero avere maggiore spa-zio le attività esplorative, inventive, creative, compositive(una nota a margine: perché gli scarabocchi grafico-pitto-rici hanno dignità d’arte, tanto che vengono allestite mo-stre che suscitano gli oh! anche dei critici d’arte, mentreinvece gli scarabocchi sonori vengono velocemente cesti-nati?). E su questo la strada da fare è ancora molta.Nel concludere l’esposizione di questo mio parziale puntodi vista, riprendo un elemento ricordato da Alessandra An-ceschi nella sua conclusione: «l’effettiva rispondenza dellepratiche del quotidiano rispetto ai dettami ministeriali» èsicuramente una questione da tener presente, ma a mioavviso va proiettata sulla rispondenza tra pratiche didatti-che messe in atto dagli insegnanti e le pratiche vissute dairagazzi e dalle ragazze nel loro quotidiano, pena unoscollamento che porta i ragazzi e le ragazze a dimenticare(se non a deprecare), perché insignificante, ciò che di mu-sica hanno fatto a scuola, dichiarando in tal modo il falli-mento non tanto dell’educazione musicale, ma semplice-mente dell’educazione e della scuola.

Contro le opposizioni inutilidi Rosalba Deriu

Sperimentare/concettualizzare, fare/ascoltare: ho una cer-ta antipatia per queste due opposizioni che pure, assai spes-so, vengono messe a fondamento della progressionecurricolare in musica: sperimentare e fare alla scuola del-l’infanzia, concettualizzare e ascoltare alle superiori. Nonvoglio certo negare che gli estremi delle due opposizionifacciano riferimento ad attività diverse che possono essereenfatizzate in particolari contesti educativi, ma sono trop-po affezionata all’ipotesi che nella scuola le due facce diciascuna opposizione debbano essere tenute costantemen-te insieme, a ogni livello scolare e in ogni disciplina – e inparticolare nell’educazione musicale –, per apprezzare laloro opposizione, se non a fini di chiarificazione termino-logica e teorica.Prendiamo la prima. Fin dall’inizio del Novecento Dewey ela scuola attiva, ma anche Freinet e il movimento educativoda lui fondato, hanno posto l’accento sull’importanzadell’esperienza nell’apprendimento: gli individui – questaera la tesi – imparano facendo esperienze, esperienze, s’in-tende, adeguate ai loro interessi e al particolare momentodello sviluppo cognitivo in cui si trovano. Il nuovo modo

di concepire l’apprendimento rivoluzionò le pratiche diinsegnamento tradizionali e propose un nuovo modo diorganizzare la lezione in cui acquisiva un peso maggiore ilfare: la manualità, la corporeità, l’esperimento, l’osserva-zione e la formulazione di ipotesi diventarono il nucleoportante del nuovo modo di fare scuola.Fu una rivoluzione copernicana. Al ruolo preminente del-l’insegnamento inteso come trasmissione verbale delle co-noscenze veniva sostituendosi quello dell’apprendimentoe l’insegnamento stesso veniva riformulato in termini dipredisposizione delle occasioni di apprendimento, vale adire situazioni appositamente concepite perché gli studen-ti possano fare esperienze e, dunque, imparare. L’esperien-za diventava dunque condizione necessaria e ineludibiledell’apprendimento. Condizione necessaria, ma non suffi-ciente. Sarebbe infatti ingenuo pensare che l’esperienza diper sé garantisca l’acquisizione di nuove conoscenze: sen-za un’adeguata riflessione su ciò che si è esperito, la prati-ca potrebbe restare “cieca”, cioè priva di quella consape-volezza cognitiva capace di trasformarla in bagagliocognitivo, in grado di ri-orientare la nostra visione delmondo e di fornire nuovi strumenti di interpretazione del-la realtà.La lezione che, a distanza di svariati decenni, possiamodunque ricavare dall’accento posto allora sull’importanzadell’esperienza nell’apprendimento è che nell’insegnamentole due facce dell’opposizione iniziale (sperimentare/con-cettualizzare) devono necessariamente essere ricompostese si vuole ottenere un apprendimento significativo e du-raturo nel tempo. Certamente le modalità con cui possonoessere concepite l’esperienza e la successiva riflessione sonodiverse a seconda dell’età degli studenti. E questo meritaulteriori riflessioni. Piaget sostiene che fino all’afferma-zione del pensiero astratto (non prima degli 11-12 anni) ilbambino è essenzialmente un soggetto concreto, capace dioperare su ciò di cui ha conoscenza sperimentale e per ilquale il corpo resta il primo e fondamentale veicolo di co-noscenza. È evidente dunque che in questa fase l’esperien-za con la musica non può che passare attraverso il corpo,un corpo inteso nella duplice accezione di corpo che simuove in risposta allo stimolo sonoro e di corpo che pro-duce suoni. Ma l’esperienza corporea, così caratteristicadegli anni della scuola dell’infanzia e di quelli della scuolaelementare, si trasforma in conoscenza solo dopo che si è

1 I bambini, grazie alla capacità di fare tesoro delle esperienze vis-sute rielaborandole internamente, sono spesso in grado di impa-rare autonomamente. Ma l’insegnante dovrebbe avere a cuore tuttii bambini – non solo quelli più introspettivi e più capaci di impa-rare da sé – offrendo a tutti le occasioni per imparare dall’espe-rienza riflettendo su di essa.

2 MONIQUE FRAPAT, L’invenzione musicale nella scuola dell’infanzia,Junior, Bergamo 1994

3 JERE BROPHY, Motivare gli studenti ad apprendere, LAS, Roma 2003,p. 218

4 L’esperienza è stata realizzata da Silvia Arigò, durante il tirocinioprevisto dalla Scuola di Didattica di Firenze nell’anno accademico2005-2006.

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41realizzata una riflessione sulla stessa. Lasciata a se stessa,direbbe Della Casa, costituisce un esempio interessante diattivismo spontaneo, cioè un’attività capace di coinvolge-re il bambino e gratificarlo, ma senza necessariamente pro-durre delle acquisizioni 1. Con gli affascinanti resoconti dellesue attività con i bambini della scuola dell’infanzia,Monique Frapat 2 ha fornito esempi straordinari di comesia possibile far crescere la musicalità dei più piccoli a par-tire da un concreto sperimentare la musica con il propriocorpo, cui si affianca una continua attività di rielaborazioneche porta i bambini ad acquisire una progressiva consape-volezza dei meccanismi del linguaggio musicale.A partire dagli anni della scuola media e dall’affermarsidel pensiero astratto viene meno la necessità dell’esperien-za concreta per il verificarsi di un apprendimento. Il lin-guaggio verbale acquista un ruolo predominante nell’ac-quisizione delle informazioni e nella loro integrazione nellarete cognitiva. Ma ciò non significa affatto che l’insegna-mento possa esaurirsi nella trasmissione verbale di infor-mazioni, ignorando il bisogno degli studenti di impadro-nirsi delle nuove conoscenze attraverso procedimenti dielaborazione dell’informazione che, a ben vedere, altro nonsono che esperienze compiute sui dati della conoscenza.Discutendo i problemi legati alla motivazione, Brophy so-stiene che «gli studenti hanno bisogno di sviluppare e uti-lizzare strategie generative di apprendimento. […] Cioè han-no bisogno di elaborare attivamente l’informazione, di con-netterla alla conoscenza precedente, di tradurla con paroleproprie, di assicurarsi di averla compresa e così via. Diconseguenza, motivare gli studenti ad apprendere signifi-ca non solo stimolarli ad avere interesse per ciò che stannoapprendendo e a cogliere il suo valore, ma anche offrireloro una guida su come riuscire ad apprenderlo» 3. L’accen-

to viene dunque posto sulla fase di elaborazione dell’in-formazione, sulle strategie utilizzate per appropriarsi di uncontenuto nuovo e sugli aiuti che l’insegnante può fornireper questo scopo. Di nuovo torna in primo piano la possi-bilità di fare esperienza, anche se l’esperienza in questioneè di tipo prevalentemente cognitivo e non più manuale ecorporea.Faccio un esempio: in una scuola superiore (un liceopsicopedagogico a indirizzo musicale) si sta lavorando sullaMusica per i reali fuochi d’artificio di Handel 4. Con l’ausiliodi una scheda i ragazzi compiono un’analisi dei tratti so-nori del brano ascoltato. Ma l’insegnante vorrebbe che glistudenti cogliessero il rapporto fra quella musica e il con-testo storico-culturale nel quale essa è stata prodotta. Conl’aiuto di immagini dell’epoca e una cronaca del tempoinvita i ragazzi a riflettere sulle funzioni della musica e sulrapporto che essa intrattiene con il potere. Invece che limi-tarsi a spiegare, invita i ragazzi ad analizzare i dipinti, atrarne indicazioni, a formulare ipotesi ecc. Fornisce loroquindi l’occasione per ricavare da sé le informazioni ne-cessarie e, perlomeno, porsi problemi e tentare delle possi-bili risposte. In altri termini consente loro di fare un’espe-rienza. Approfittando di un dipinto nel quale si vedonoalcuni passanti fermi sulla riva del Tamigi ad ammirare ifuochi d’artificio, chiede ai ragazzi di calarsi nel contesto edi fingersi proprio quei lontani spettatori e di immaginar-ne i dialoghi, le impressioni, i gesti. Stupiti, i ragazzi fannodapprima fatica a rispondere alla richiesta dell’insegnante(una tirocinante che conoscono da poco), ma poi si lancia-no nel lavoro. A gruppi elaborano dei testi; qualcuno ri-sulterà davvero interessante e, insieme alle nuove capacitàdi analisi della musica acquisite durante le attività, questomomento rimarrà uno dei ricordi più coinvolgenti e signi-

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42 ficativi del percorso. Si tratta infatti di prodotti dell’imma-ginazione creativa degli studenti, costruzioni fantastiche –basate comunque su dati di realtà tratti dai documenti –che consentono loro di entrare dentro a una realtà lontana.In questo caso l’attività creativa diventa il mezzo per ap-propriarsi di un contenuto, sperimentandolo in prima per-sona e facendolo così diventare parte integrante del pro-prio bagaglio conoscitivo.Analoghe riflessioni si possono avanzare per l’opposizionetutta musicale fra fare e ascoltare. È ormai generalmentericonosciuto (anche dagli ultimi programmi ministeriali)che la competenza musicale si costruisce intorno alle atti-vità del fare musica – suonare e cantare sia eseguendomusiche composte da altri sia inventando la propria musi-ca – e dell’ascoltare. È meno pacificamente accettato chele due facce della competenza siano fra loro strettamentecollegate e che, così come la comprensione diventa piùricca e profonda attraverso le attività di esecuzione e in-venzione – perché queste ultime aiutano a entrare nel cuo-re dei procedimenti compositivi e dei meccanismi dellacomunicazione musicale –, così anche il fare musica ac-quisisce consapevolezza e profondità proprio grazie alleattività di interpretazione e analisi che si effettuano al-l’ascolto.Solo una pratica scolastica assai semplificata (e, credo,abbastanza diffusa) continua a pensare i due momenti comeseparati, ritenendo che quando si ascolta, ci si debba con-centrare sulle informazioni a corredo del brano o sullo svi-luppo delle capacità di analisi percettiva, senza preoccu-parsi di creare un ponte fra le informazioni trovate dal-l’orecchio e l’attività esecutiva e inventiva; quando si suo-na invece si ritiene che ci si debba concentrare esclusiva-mente sui problemi tecnici della produzione sonora e sullalettura ritmica e melodica, magari lamentandosi poi delfatto che i ragazzi non sanno fraseggiare o non sono capa-ci di dare senso a ciò che suonano.Si dimentica così che l’ascolto è un’occasione preziosa percapire il linguaggio musicale dall’interno a patto di sapercollegare questo momento a quello dell’invenzione: qualisono le idee interessanti di questo brano che potremmoprendere per utilizzarle nelle nostre invenzioni? un certomodo di costruire il profilo melodico, di collocare una pausa,di organizzare la dinamica, di ripetere gli elementi modifi-cando alcuni tratti? E così via.

Analogamente si dimentica che il fare musica fornisce l’op-portunità di interrogarsi sulle caratteristiche espressive eformali del brano, sviluppando quelle stesse capacità ana-litiche che saranno utili anche durante le attività di ascol-to: qual è la sua atmosfera espressiva? quali tratti sonorivanno messi in evidenza per enfatizzare tale atmosfera oper modificarla? quali caratteristiche ha il profilo melodi-co? ci sono cellule ritmiche ricorrenti? quale struttura for-male ha il brano? ecc.Non credo sia la mancanza di tempo a portare a trascurarequesti aspetti ma piuttosto una mancata riflessione su quan-to ciò aiuterebbe l’esecuzione stessa e quanto riverbere-rebbe positivamente sull’intera attività musicale. In un bel-l’articolo pubblicato proprio su “Musica Domani” una de-cina d’anni fa, Annibale Rebaudengo 5 raccontava un’espe-rienza durante la quale due giovani allieve di pianoforteavevano sviluppato le loro abilità esecutive a partire dal-l’analisi tecnica ed espressiva dei brani che stavano stu-diando. In un caso l’analisi era stata guidata dalla narra-zione che la piccola allieva aveva inventato lasciandosiispirare dalla musica; quella stessa narrazione aveva poiguidato le scelte esecutive. Rebaudengo concludeva il re-soconto dell’esperienza sottolineando che, se durante l’ese-cuzione e lo studio di un brano l’allievo è autorizzato estimolato a vivere ed esplicitare gli aspetti affettivi del suosuonare, l’analisi degli aspetti logico-formali ed espressividel brano diventa più semplice e coinvolgente e l’esecu-zione migliora considerevolmente, In questo modo si pos-sono dunque sviluppare capacità musicali diverse e com-plesse, oltre a rendere lo studente più consapevole del pro-prio operato e del proprio apprendimento.In modo analogo, ma a partire dal versante inventivo piut-tosto che da quello esecutivo, Paynter 6 ha mostrato in modoassai efficace come si possano affrontare quasi tutti gliaspetti della musica partendo dall’esperienza creativa: al-tezze, scale, modi, accordi, dimensione espressiva dellamusica, metrica, rapporto musica-testo, cellule ritmiche,ritmo libero e ritmo misurato, forma, ecc. possono essereconosciuti e approfonditi attraverso attività di improvvisa-zione e composizione; successivamente, il confronto conbrani creati da altri compositori dà vita a nuove capacitàdi ascolto, mirate non solo al riconoscimento di tratti so-nori, ma anche all’osservazione di come altri hanno af-frontato e risolto problemi analoghi a quelli incontrati

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43durante la fase inventiva, approfondendo le proprie capa-cità di analisi, ma anche allargando il proprio repertorio ditecniche e soluzioni compositive.Credo dunque che un curricolo musicale non debba co-struirsi intorno all’ipotesi per cui lo sperimentare e ilconcettualizzare da una parte e il fare e l’ascoltare dall’al-tra rappresentino i punti estremi di un percorso, così che losperimentare e il fare diventino le caratteristiche predomi-nanti della scuola dell’infanzia e di quella elementare,mentre le attività connesse all’ascolto e alla concet-tualizzazione costituiscano la prerogativa della scuola me-dia inferiore e superiore. Credo piuttosto che si tratti di:- riflettere sul concetto di esperienza nelle diverse fasce

scolari, cercando di capire quali sono i modi più oppor-tuni per far fare esperienza agli studenti, in modo chesi impadroniscano realmente dei contenuti proposti e liintegrino stabilmente nella loro rete cognitiva;

- ragionare sui modi più utili per condurre in classe lariflessione sulle esperienze compiute, in modo che que-ste ultime non siano vissute come una divertente masterile “ricetta di laboratorio”, secondo l’affermazioneormai famosa di Ausubel, ma come un’occasione realedi apprendimento;

- considerare le diverse attività dell’educazione musicale– l’ascolto, l’invenzione e l’esecuzione – non come mo-menti separati della progettazione didattica, ma comeattività-perno dell’intera esperienza musicale, cioè comeattività da cui partire per affrontare l’intero ambito dellacompetenza musicale. In altri termini si tratta di pro-gettare attività nelle quali l’ascolto si colleghi all’ese-cuzione e all’invenzione e viceversa;

- identificare alcuni nuclei fondanti dell’esperienza musi-cale (il ritmo, la melodia, la forma, i contesti culturali, ladimensione espressiva, le funzioni, i rapporti con gli al-tri linguaggi, ecc.) intorno ai quali, a ogni fascia d’età,costruire percorsi nei quali lo sperimentare e il con-cettualizzare, il fare musica e l’ascoltare abbiano il loroposto. Diversi saranno i livelli di approfondimento cui èpossibile giungere nei diversi livelli scolari, ma senzarinunce preconcette. Anche i temi più complessi (quelliche richiedono lo sviluppo di alcune funzioni cognitiveproprie del pensiero reversibile, come la forma ad esem-pio) possono essere affrontati, almeno in alcuni loro aspet-ti, con i più piccoli, preparando così il terreno a espe-rienze e acquisizioni via via più complesse.

Certo, diverse saranno le modalità con cui si fa musica alleelementari e quelle con cui si fa musica alle superiori, so-prattutto laddove esistano competenze strumentali. Mal’ipotesi che ai livelli più alti della scolarizzazione si debbarinunciare all’esperienza del fare e dello sperimentare perprivilegiare la dimensione dell’ascolto e della trasmissioneverbale di conoscenze mi pare una ben triste e contropro-ducente prospettiva.

5 ANNIBALE REBAUDENGO, Un rapporto possibile fra analisi ed esecuzio-ne, in “Musica Domani”, 1996, n. 96, pp. 23-26.

6 JOHN ASTON - PETER PAYNTER, Suono e silenzio, ERI, Torino 1980 e JOHN

PAYNTER, Suono e struttura, EDT, Torino1996.

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Paul Klee è stato uno straordinario pittore, ma si è occupa-to anche di arti plastiche, di musica, di scrittura, di peda-gogia, oltre ad avere interessi in campo storico e scientifi-co. La consapevolezza che per rendere la sua complessità epoliedricità non sia perciò sufficiente un tradizionale mu-seo d’arte è sicuramente alla base del Zentrum Paul Klee diBerna. L’idea di un centro interamente dedicato alla vita eall’opera di Klee nasce negli anni 1997-1998 quando LiviaKlee e Alexander Klee donano al cantone di Berna circa1.500 opere del padre e numerosi documenti, a condizioneche gli venga dedicato un museo. A questo scopo MauriceMüller e Martha Lüthi Müller mettono a disposizione unaprima cifra e un terreno e chiedono un progetto all’archi-tetto Renzo Piano. Viene quindi istituita una fondazioneapposita per dare inizio ai lavori e il 20 giugno 2005 vieneinaugurato e aperto al pubblico il centro culturale.L’interesse dell’iniziativa è evidente già a partire dallo spa-zio fisico. Renzo Piano, richiamandosi alla convinzione diKlee che la natura sia una conditio sine qua non per ogniartista, ha progettato una struttura che, partendo dall’ana-lisi del luogo fisico, dà vita a una “architettura-paesaggio”.Si tratta di una grande onda che, con un movimento con-tinuo e variato, origina tre padiglioni aperti con grandivetrate sull’esterno, ricoperti da una struttura metallicabianca e collegati da una “strada” interna che ospita spazidi incontro: bar, “mercato”, luoghi di sosta. Nel padiglionecentrale ha sede la sala delle collezioni e quella delle mo-stre temporanee, in quello di sinistra c’è l’auditorium e lospazio per i laboratori e in quello di destra gli uffici, glispazi di consultazione e i servizi istituzionali.La diversificazione degli spazi è funzionale alla molteplicitàdi iniziative che si svolgono nel centro e segue i principi

topografici di Klee creando una relazione costante tra cam-mini principali e secondari, tra centro e spazi laterali, dina-mica e riposo. Anche la relazione con l’esterno è di grandeimportanza: l’edificio è circondato da un parco (sempre pro-gettato da Renzo Piano) dove sono ospitate le sculture con-temporanee della collezione di Martha Lüthi Müller e le grandivetrate permettono a chi sta all’interno di sentirsi immersinello spazio circostante. La dimensione cromatica assumequindi una grande importanza: i colori delle opere esposte,il verde esterno e l’azzurro del cielo (se si è fortunati coltempo) sono messi in risalto dal bianco dell’edificio.

Il centro possiede più di 4.000 opere pittoriche (oltre a unaserie di oggetti quali marionette, pitture su vetro, strumen-ti di lavoro ecc.) tra le quali ne vengono selezionate e mes-se in mostra circa 200, con un criterio di rotazionesemestrale. Nello spazio del sottosuolo del padiglione cen-trale vengono inoltre allestite mostre temporanee trimestraliriferite all’arte di Klee in relazione al contesto storico, cul-turale, artistico e alla sua influenza sull’arte successiva.Nel padiglione di sinistra ha sede il Kindermuseum Creaviva,indirizzato a bambini e bambine a partire dai quattro anni,strutturato in tre spazi che ospitano laboratori creativi, at-tività di riflessione e approfondimento, stages, corsi estivi,manifestazioni letterarie, musicali e teatrali per bambini.L’aspetto musicale ha una grande importanza all’interno delcentro per molteplici aspetti immediatamente percepibili eper altri più profondi. Prima di tutto il centro ha una propriaorchestra, l’“Ensemble Paul Klee”, che anima la vita musica-le dell’auditorium con un ciclo di sei produzioni all’anno,piccoli concerti di breve durata e concerti per ragazzi.

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Nell’auditorium vengono inoltre ospitati spettacoli teatrali econcerti di altri gruppi nazionali e internazionali. In parti-colare è significativa la collaborazione con la “CamerataBern” che ha dato vita alla pubblicazione di un CD musicaleHommage à Paul Klee, nel quale sono contenute tre compo-sizioni di autori contemporanei (Sándor Veress, Eric Gaudi-bert, Jean-Luc Darbellay) ispirate a opere di Paul Klee.Esiste poi l’aspetto legato alla musica che sta all’internodelle opere, non sempre esplicita, ma evidente a uno sguardoo, meglio, a un ascolto attento.Cresciuto in una famiglia in cui la musica era presente inmodo significativo (la madre era una cantante e il padre uninsegnante di musica), Klee suonava il violino presso l’or-chestra comunale di Berna e restò a lungo combattuto sededicarsi interamente alla musica o alla pittura. Anche quan-do scelse quest’ultima strada continuò a fare concerti e man-tenne l’abitudine di trovarsi, una volta a settimana, conmusicisti professionisti per suonare in quartetto. Era moltointeressato, oltre che al repertorio classico, anche alla musi-ca contemporanea e a tutto ciò che di nuovo veniva propo-sto; era un assiduo frequentatore di concerti e scrisse comecritico d’arte per la città di Berna. La musica è quindi unagrande passione che lo accompagna nella sua esistenza etrova un ampio spazio all’interno dei suoi quadri. Spessosono i soggetti, altre volte i titoli stessi ad essere espliciti;basti pensare, nel primo caso a opere quali Violino con ar-chetto, Strumento per la musica contemporanea o a titoli

quali Polifonia, Bianco polifonicamente incastonato, Fugain rosso, Architettura polifonica, Gruppo dinamicamentepolifonico ecc. Ma, nelle sue opere, il riferimento alla musi-ca – anche quando chiaramente percepibile – non riguardatanto le somiglianze esteriori, quanto le strutture profonde,i principi essenziali. Una interessante e approfondita analisidi questo aspetto è contenuta nel testo di Pierre Boulez, Ilpaese fertile. Paul Klee e la musica (Leonardo, Milano 1989),mentre una fonte essenziale per indagare il pensiero artisti-co e musicale di Klee, particolarmente utile per chi si dedicaanche all’insegnamento, è la raccolta delle sue lezioni (PAUL

KLEE, Teoria della forma e della figurazione, I e II volume,Feltrinelli, Milano 1976). Nell’opera didattica, affascinanteda leggere e mai pedante anche se rigorosissima, sono infat-ti continui i riferimenti alla sfera musicale dalla quale ven-gono fatti originare o alla quale è possibile ricondurre moltiprincipi di fondo. Pur occupandosi di problemi specifici, illinguaggio chiarissimo, che non indulge in specialismi, per-mette di ricavare insegnamenti utili a qualsiasi tecnica, tan-to da giustificare la convinzione di Stockhausen che potesseessere un ottimo testo di composizione.Soprattutto per chi si occupa di musica l’esperienza dellavisita al Zentrum Paul Klee è veramente molto intensa,coinvolge su diversi piani e lascia sensazioni ed emozioniprofonde. Perché non pensare di portarvi anche i nostriallievi e le nostre allieve? Sicuramente il loro e il nostromodo di far musica ne sarebbe influenzato.

Quintetto nell’atelier della scuola di pittura e di disegno “HeinrichKnirr”, Monaco 1900; Paul Klee è l’ultimo a destra, con il violino.© Zentrum Paul Klee, Bern. Schenkung Familie Klee.

Paul Klee, Insula dulcamara, 1938, 88 x 176 cm.© Zentrum Paul Klee, Bern.

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46 Dialoghi sonoritra adulti e bambinidi Serena Facci

Scioglilingua, Indovinelli-Passerotti, Giuochi, Canzonette,Filastrocche e Stornelli popolari, a cura di GiovanniGiannini, nuova edizione con aggiunta delle trascrizionimusicali a cura di Ester Seritti e Daniele Poli, EdizioniPolistampa, Firenze 2006, pp. XVI + 128, con CD allegato,† 16,00.

Questo libro-disco, da raccomandare a genitori e insegnanti,è il risultato di una felice sinergia. Si tratta della riedizioneintegrale di un testo pubblicato nel 1907 (in prima edizio-ne) da Giovanni Giannini, curata e integrata da Ester Serittie corredata da un CD elaborato da Daniele Poli. Trattando-si, inoltre, di una raccolta di documenti della tradizionepopolare la collaborazione va ovviamente allargata a quei/quelle testimoni della cultura contadina che cantarono, rac-contarono e recitarono per l’uno e successivamente per l’al-tra i loro repertori.Raccontiamo quindi la storia e i contenuti di Scioglilingua,Indovinelli-Passerotti, Giuochi, Canzonette, Filastrocche eStornelli popolari, un libro con un titolo lunghissimo (comeusava nei secoli passati) che suona già di per sé come unafesta.

La storia del libroGiovanni Giannini (1867-1940) è stato uno di quegli appas-sionati folkloristi che, nel periodo a cavallo tra i secoli XIXe XX, si adoperarono per rendere note le differenti culturelocali del nostro paese. Il suo ambito di ricerca etnograficafu essenzialmente la Toscana. Docente di Lettere, aveva nel-la didattica della lingua italiana (questione nevralgica nelperiodo post-unitario) un ulteriore campo di riflessione. Inaltre parole i suoi interessi coniugavano l’apprezzamentoper le culture locali con la sensibilità verso la diffusionenelle scuole della lingua nazionale. Come afferma CesareMusatti, zio del famoso psicanalista, nella sua Introduzionealla prima edizione: «C’è caro ripeterlo, il prof. Giannini s’èdimostrato con queste pagine non soltanto nuovamente unfolklorista assai esperto, ma benanco un perfetto educato-re». Non è quindi un caso che si sia dedicato alla realizza-zione di una raccolta di repertori infantili.La rilevanza pedagogica dei repertori popolari di e per l’in-fanzia è stata anche uno dei punti centrali dell’approccio

pedagogico di Ester Seritti. Docente di Educazione musicalee poi di Propedeutica musicale presso l’Istituto “Peri” di Reg-gio Emilia, Ester è sicuramente una delle figure di maggiorrilievo per la ricerca pedagogico-didattica sulla musica inItalia. L’etnomusicologia applicata alla didattica è stata unodei suoi tanti campi di interesse (personalmente l’ho cono-sciuta alla fine degli anni Settanta quando seguivamo insie-me i seminari di Etnomusicologia organizzati da DiegoCarpitella presso l’Accademia Chigiana). Ha usato regolar-mente, tra le prime in Italia, i riferimenti alle culture musi-cali del mondo durante il suo lavoro e ha dedicato all’usoscolastico dei repertori popolari infantili dell’Italia centraleun libro uscito nel 1980 per l’editrice Suvini-Zerboni e cu-rato insieme a Roberto Goitre Canti per Giocare.Fu proprio durante il lavoro di ricerca che poi sfociò inCanti per Giocare che Ester Seritti “incontrò” il testo diGiannini. Nella sua Presentazione al volume racconta delledifficoltà per procurarsene una copia. Il corpus di filastroc-che, giochi e canti, però, mancava di qualunque riferimen-to musicale. Giannini si preoccupò di raccogliere e assicu-rare alla storia i testi dei canti, ma non le loro melodie. Inquel periodo era frequente che gli studiosi di folklore mo-strassero disinteresse nei confronti dei caratteri musi-cali di quella che veniva definita “poesia” popolare. Nelcaso di Giannini, però, ho qualche dubbio che si trattassedi semplice indifferenza. Nell’Avvertenza egli afferma chia-ramente che il suo lavoro è «fatto non con intento demo-psicologico, ma con lo scopo pratico di giovare all’educa-zione intellettuale dei bambini nella loro tenera età». Illibro è pensato per essere usato e Giannini inserisce diver-se note con suggerimenti per l’esecuzione in cui compareil verbo “cantare”. Probabilmente quindi se non ritennenecessaria la scrittura delle musiche fu perché, ancora ainizio Novecento, la prassi di cantare nelle famiglie eravitale e un certo numero di melodie utili all’intonazione dicanti-gioco erano conosciute dai più.Quando Ester Seritti ha recuperato il lavoro di Giannini,alla fine degli anni Settanta, le cose non erano più così e lamancanza di qualunque riferimento melodico avrebbe resopressoché inutilizzabili una buona parte dei documenti.Ester Seritti allora, ripercorrendo le strade del vecchiofolklorista, ha incontrato uomini e donne che ricordavanoi canti contemplati nella raccolta. Tra questi c’era ancheuna nonnetta centenaria che era stata intervistata daGiannini.Le melodie quindi completano ora il libro. Le troviamo indue forme: trascritte ad opera della stessa Seritti e cantatein un delizioso e intelligente arrangiamento fatto da Da-niele Poli che è possibile ascoltare nel CD allegato.

I contenuti del libroLa raccolta è articolata in: Scioglilingua, Filastrocche estorielle per imparare a distinguere una cosa dall’altra edEsercizi di nomenclatura, Esercizi di memoria, Indovinelli,Passerotti (ovvero indovinelli burleschi), Giuochi fanciul-leschi, e, a conclusione, una descrizione dell’alfabeto mutotratta da una raccolta di Giuseppe Pitré (perché il Gianniniintegrò il testo con documenti presi anche da altri autori).Tutti in un toscano all’occorrenza ulteriormente italia-nizzato, o tradotti in italiano: non dimentichiamo che Gian-nini era italianista. Alcuni dei documenti sono abbastanzanoti, ma la maggioranza di essi sarà una novità per i letto-ri di oggi.

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47L’idea di Giannini di proporre repertori tradizionali da ac-cogliere nei processi educativi è pienamente sposata daEster Seritti e da Daniele Poli. Le motivazioni pedagogicheillustrate da entrambi nelle rispettive Presentazioni sonovarie e convincenti.Ester Seritti fa appello alla dimensione affettiva dei reper-tori per i bambini. Essi sono in grado di stimolare quel«rapporto dialogico e giocoso tra adulto e bambino» chesovente si perde nelle nostre famiglie. Dei repertori popo-lari per l’infanzia Ester Seritti ricorda inoltre le potenzialitàeducative sul piano ritmico-motorio e vocale. Ma insistesulla necessità di accostarsi ad essi in modo creativo: «Illinguaggio arcaico non si può riproporre oggi a largo rag-gio e i numerosi riferimenti a un mondo contadino, piutto-sto lontano da noi, vanno indubbiamente selezionati edosati». I punti di riferimento sono due grandi della nostrastoria letteraria, Pierpaolo Pasolini e Italo Calvino, che sep-pero amare e valorizzare la cultura contadina vedendone ivalori e i significati rilevanti anche per l’attualità.Nel segno di una delle possibili riletture dei canti vannoconsiderati, quindi, gli arrangiamenti proposti nel CD daPoli, che si è valso della collaborazione di altri musicisti,molti dei quali del suo gruppo “Tuscae Gentes”, e di voci dibambini. L’idea chiave dell’interpretazione del musicistatoscano è l’utilizzo di uno strumentario vario e inconsuetousato con delicatezza e creatività: oggetti sonori, strumen-ti antichi e della tradizione popolare, ma anche strumentididattici. Poli è partito dall’opinione che il bambino è «piùstimolato all’ascolto, grazie alla curiosità per certi stru-menti particolari, varietà timbriche e accostamenti inusuali».Innamoratosi, così come Ester Seritti, del repertorio pro-posto da Giannini, Poli, che pure ha avuto esperienze di-dattiche, si è impegnato perché esso potesse avere «unaseconda giovinezza» in realtà come le scuole, i nidi, leludoteche ecc.Operazione intelligente che coniuga musica, etnografia,storia e didattica, questo testo è dunque un invito, comedice Ester Seritti, a «coniugare il presente con il passato».Lei ci suggerisce di usare «con intelligenza e fantasia imolteplici mezzi che possiamo avere a disposizione, come,ad esempio, i burattini, la grafica e persino il computer».Per chi conosce Ester, è evidente che dietro queste pocheparole si nascondono mille idee, tutte mirate all’unico sco-po di valorizzare i documenti in un abbraccio creativo conla sensibilità dei bambini.

Educazione, esteticae divulgazione musicalein Italia oggidi Luca Marconi

Il giudizio estetico nell’epoca dei mass media, a cura di An-na Rita Addessi - Roberto Agostini, Lim, Lucca 2003, pp.156, † 15.La divulgazione musicale in Italia oggi, a cura di Alessan-dro Rigolli, EDT, Torino 2005, pp. 174, † 20.

Esprimere giudizi di valore estetico e divulgare qualcheforma di sapere sono attività con le quali l’educazione

musicale deve fare i conti quotidianamente; qualsiasi in-segnante di musica dovrebbe allora tenersi aggiornato sul-le riflessioni che le riguardano, specie quando queste af-frontano la loro relazione con la didattica. A tal fine risul-ta particolarmente adatta la lettura di questi due volumi,che presentano gli atti di due convegni: Il giudizio esteticonell’epoca dei mass media, organizzato nel 2001 dal Cen-tro di Musica e Spettacolo (CIMES) dell’Università di Bolo-gna con la collaborazione della sezione di Bologna dellaSIEM e della International Association for the Study ofPopular Music (IASPM), e La divulgazione musicale in Italiaoggi, organizzato nel 2004 dal “Laboratorio per la Divul-gazione Musicale” (LADIMUS) di Parma.Anche se molti sono i punti d’intersezione tra i due volumi,il primo affronta tematiche più generali, e verrà allora quiconsiderato anche come un’introduzione ad alcune dellequestioni specifiche sollevate dal secondo; dopo una brevepresentazione dei suoi curatori, Anna Rita Addessi e Rober-to Agostini, che lo inquadrano nell’ambito delle attività delCIMES, la problematica sottesa al titolo scelto viene presenta-ta da Mario Baroni, direttore scientifico del convegno: comesono cambiate le dinamiche dei giudizi di valore estetico apartire dall’avvento dei mass media? Si sono avverate leprofezie apocalittiche che prevedevano che le nuove gene-razioni avrebbero avuto un gusto massificato e avrebberorifiutato qualsiasi giudizio di valore estetico ad esso alter-nativo, oppure i gusti e i giudizi di valore estetico corri-spondenti si sono diversificati ancora più che in passato? Equale atteggiamento vale la pena di assumere nei confrontidegli esiti più recenti di tali processi?Dopo la prefazione di Baroni, che considera alcuni aspettisociologici da lui approfonditi in altri saggi (soprattuttoLinguaggio musicale e valori sociali, in Memoria musicalee valori sociali, Quaderni della SIEM, 4/1, 1993, pp. 33-71,Gruppi sociali e gusti musicali, in Enciclopedia della mu-sica, vol. 1, Einaudi, Torino 2001, pp. 966-986, e Valori elegittimazioni, in L’orecchio intelligente, Lim, Lucca 2004,pp. 70-75), il tema del volume viene affrontato nella suageneralità da Piero Bertolini e Marco Dallari con una pro-spettiva pedagogica e da Jean Molino con uno sguardosemiotico.Bertolini e Dallari, in linea con l’articolo di quest’ultimo Learti e l’educazione estetica (in La comprensione degli stilimusicali, Quaderni della SIEM 10/1, 1996, pp. 11-22), in-nanzi tutto promuovono, a scapito di un’idea dell’esteticae del bello che li fa coincidere con determinate caratteristi-che presenti solo in certi oggetti e non in altri, una conce-zione fenomenologica e relazionale dell’“esperienza esteti-ca” e dell’esperienza del “bello” connessa, secondo la qua-le esse dipendono non solo da certe caratteristiche di unoggetto percepito, ma anche dalla loro relazione con ilpercettore. Di tale relazione vengono sottolineati in parti-colare tre aspetti: la presenza cruciale di un momento trau-matico e di uno stato di stupore corrispondente, la parteci-pazione attiva dei soggetti umani coinvolti e la necessitàche il percettore avverta una distanza tra sé e ciò che vienepercepito. Passando poi a considerare il ruolo dei massmedia in tale scenario, il principale suggerimento fornitoagli educatori è di capire, caso per caso, in quali circostan-ze essi favoriscono lo sviluppo di esperienze estetiche e inquali invece lo ostacolano; si tratterà allora di sfruttare leopportunità positive da questi fornite e di aiutare a nonsubirne gli effetti negativi.

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48 Anche nel caso di Molino il saggio pubblicato in questovolume integra altri suoi scritti, tra i quali particolarmentepertinenti sono Tecnologia, globalizzazione, tribalizzazione(Enciclopedia della musica, vol. I, Einaudi, Torino 2001,pp. 767-782) e Dal piacere all’estetica (Enciclopedia dellamusica, vol. V, Einaudi, Torino 2005, pp. 1158-1197); inprimo luogo, egli sostiene che le concezioni dell’esperien-za estetica e del giudizio estetico sviluppate in epoca mo-derna ponendo come prototipo le teorie di Kant vadanoriviste recuperando aspetti a lungo dimenticati, approfon-diti nella Grecia antica e in alcune culture distanti dallanostra, come quella indiana: mentre nell’estetica kantianae post-kantiana vengono valorizzate le operazioni intel-lettuali e la distanza disinteressata, negli approcci alterna-tivi si valorizzano l’emozione, la partecipazione e il desi-derio; come nota nello stesso volume Marco De Marinis, èin quest’ultimo ambito, spesso considerato lontano dalmondo dell’estetica dall’approccio post-kantiano, che sicollocano molti spettacoli di teatro contemporaneo e dipopular music. Pur partendo da altri presupposti, anche ilsaggio precedente nella stessa raccolta, di Ugo Volli, puòaiutare a capire la presenza nella società contemporaneadi estetiche assai diverse e incompatibili tra loro, da unaparte (quelle meno legate ai fenomeni mass-mediatici) cen-trate sul concetto di “opera” e sulla figura dell’autore edall’altra (quelle più strettamente connesse alla comunica-zione mass-mediatica) fondate invece sul concetto di “pro-dotto” e sulle figure del “performer” e del “conduttore”.Da parte sua, Molino, dopo aver affrontato tali questioni,si concentra sulle attuali società pluralistiche, sostenendoche al loro interno «non possiamo più credere che esista, inmusica, in letteratura o nel cinema, una gerarchia unicaper le diverse opere» (p. 140); si tratta piuttosto di auspicareun «pluralismo ben temperato» la cui ricaduta in ambitopedagogico consiste nell’invito a fornire agli studenti unquadro teorico generale che consenta «a ciascuno di cono-scere gli altri repertori e di costituire così un proprio itine-rario esplorativo e orientativo per giungere alla costituzio-ne di una “personalità musicale” che, senza essere nédogmatica né caotica, accetti la complessità, la commistionee il piacere della scoperta, pur restando attaccata a dellescelte poco a poco divenute fondamentali» (p. 142).Al saggio di Molino fanno seguito due brevi commenti,uno di Mario Baroni e l’altro di Paolo Gozza: il primo chia-ma in causa il «relativismo estetico», formula spesso intro-dotta nelle più recenti discussioni su questi temi, non sem-pre con lo stesso significato. Baroni tende a distinguernedue accezioni: da una parte può essere inteso come

corollario degli ideali di una società democratica e pluralista,sostanzialmente corrispondente al principio del rispettoaltrui, da lui condiviso e così riformulato in ambito esteti-co: «non è accettabile che abbiano spazio e peso solo leopere d’arte che piacciono alle persone come me e nonquelle che piacciono alle persone diverse da me» (p, 147);per altri invece equivale all’idea, da lui criticata, che unapersona vive un’esperienza estetica in certe e non altreoccasioni solo a seconda dei mutamenti della propria sog-gettività e non anche a causa del fatto di aver avuto a chefare con un certo oggetto dotato di certe e non altre carat-teristiche.Un terzo uso di tale formula può essere rilevato conside-rando il saggio di Lorenzo Bianconi La musica al plurale(in C’è musica e musica. Scuole e cultura musicale, acura di Lavinia Zoffoli, Tecnodid, Napoli 2006, pp. 71-76): «Il docente relativista s’illude che partendo da unpunto x qualsiasi dell’universo musica si può sempre rag-giungere qualsiasi altro punto y: se poi il percorso didat-tico che da Piero Pelù dovrebbe condurre al Tristano o alDon Giovanni si interrompe più vicino alla partenza chealla meta, pazienza. Un relativista ancor più scaltrito nonsi mette neppure in cammino, tanto l’uno vale l’altro:purché i ragazzi vivano la musica e vi proiettino le pro-prie emozioni, qualsiasi musica andrà bene. Il relativistaconcepisce la musica – la pluralità della musica – comese fosse un vasto emporio, un supermercato stracolmo dimerci e diviso in tante corsie, dove entro cerco trovo pren-do compro e consumo quel che voglio, indifferentemen-te» (pp. 75-76). A questo approccio Bianconi oppone il“pluralismo”, che «incentiva la conoscenza delle specifi-cità, delle diversità, delle varietà, e così facendo instilla ilrispetto per differenze di struttura, funzione, storia, por-tata» (p. 74). Esso allora «insegna che in un contesto di-dattico ogni musica va usata a seconda degli obiettiviche s’intende perseguire» (ibidem) e quindi, pur renden-dosi conto che «le definizioni “musica d’arte” e “musicadi consumo” sono grossolane, indicano una prevalenzarelativa e tendenziale, non assoluta né stabile» (p. 72),utilizza tale distinzione come strumento didattico per in-segnare, ad esempio, che l’approccio più pertinente amusiche d’arte come quelle di Mozart, Monteverdi oStravinskij sia quello al contempo estetico (con la consi-derazione analitica delle forme e delle tecniche) e storico(con la ricostruzione del contesto culturale d’origine edei significati corrispondenti), mentre «la musica di con-sumo va interrogata primariamente circa la sua efficaciafunzionale» (p. 75), tenendo comunque presente «l’impat-

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49to che essa determina sull’orizzonte estetico complessivodel singolo e dei gruppi» (ibidem).In linea con le posizioni di Bianconi, nel primo dei volumirecensiti Paolo Gozza sottolinea l’importanza di distingue-re l’esperienza estetica dal giudizio estetico, aggiungendoche «l’impegno dell’uomo di cultura nell’età dei mass-me-dia è quello di argomentare e rilanciare il valore autonomodella cultura del pensiero, e quindi del giudizio esteticocome giudizio critico che porta su valori buoni, condivi-sibili» (p. 156). È evidente la profonda differenza tra il si-gnificato assunto in tali affermazioni dal termine “cultura”e quello corrispondente al rilevamento di Molino e Baronidella coesistenza di “diverse culture” nelle società contem-poranee: nel primo caso si tratta di una qualità di cui risul-terebbero dotati solo alcuni soggetti umani e che vienepresentata come autonoma da altre sfere, quali gli interes-si politici e sociali o i desideri, più o meno corporei; dal-l’altra invece viene intesa come un fenomeno al quale ogniessere umano in qualche modo partecipa e che ha a chefare con diversi domini, tanto quello della ragione, quantoquello dei valori politici e delle pratiche, anche corporee.Compito degli studiosi e degli educatori è anche quello di

tener conto della differenza tra tali diversi usi di questotermine.Nel resto del volume le questioni generali in esso discussevengono confrontate con le riflessioni sul cinema (daFrançois Jost, Antonio Costa e Alberto Boschi), sulla dan-za (da Eugenia Casini Ropa), sull’antropologia (da TulliaMagrini) e sulla sociologia della musica (da Simon Frith).Viene così affrontato il ruolo giocato nelle esperienze este-tiche musicali e nei giudizi di valore ad esse legate daisound groups, cioè dalle comunità «unificate dalla scelta diun particolare repertorio per la loro vita musicale» (p. 28).Frith invece si concentra su tematiche assai vicine a quelledell’altro volume qui recensito, analizzando la condizionedei giudizi di valore estetico nel panorama attuale dell’edi-toria britannica e statunitense. Al lettore interessato alleproblematiche finora affrontate in questa recensione, rifa-cendosi al suo precedente saggio L’industrializzazione del-la musica e il problema dei valori (Enciclopedia della mu-sica, vol. I, Einaudi, Torino 2001, pp. 953-965), egli conse-gna un ulteriore spunto sul quale riflettere e discutere: «nel-l’epoca dei mass media, non è possibile scindere questionidi natura estetica da valutazioni commerciali; non esiste

DA NON PERDEREdi Roberto Agostini

PAMELA BURNARD, Research methodologies and methods in the fieldof music education, “Music Education Research”, vol. 8, n. 2,July 2006, pp. 310.

“Music Education Research” è una rivista transdisciplinare in-glese che pubblica ricerche sull’educazione musicale intesa inmodo assai ampio. Il secondo numero del 2006, di caratteremonografico, è dedicato a un’ampia riflessione sull’importanzadella ricerca nel campo dell’educazione musicale, dunque su untema che, se non inedito, è comunque sempre di grande rilevan-za e attualità. Il tomo si propone di mostrare a ricercatori, inse-gnanti e operatori quanto sia importante sviluppare una profon-da consapevolezza sui metodi con i quali, nella loro attività, rac-colgono le informazioni, sulle metodologie con le quali interpre-tano tali informazioni, nonché, più in generale, sulle ricadutedelle prospettive teoriche e dei valori implicitamente assunti suimetodi e sulle metodologie stesse. Tali elementi, infatti, non de-vono essere dati per scontati, poiché incidono profondamentesulle attività educative e di ricerca. Gli studi presentati, cheruotano tutti intorno al ruolo delle esperienze, delle conoscenzee dei valori degli insegnanti e degli operatori, sono dunque im-portanti non solo per le questioni che affrontano, ma anche peril modo in cui le affrontano, che viene dettagliatamente discussonell’introduzione della curatrice Pamela Burnard. All’introduzioneseguono otto articoli: il primo (Roulston) discute il concetto di“ricerca qualitativa”, cinque saggi (Stamou - Humphreys -Schmidt, Daniel, Georgii-Hemming, Ferm, Dillon) analizzano l’at-tività degli insegnanti in vari contesti educativi (scuola primariae secondaria, università, conservatorio, progetti di carattere so-ciale), uno (Mills) analizza i percorsi professionali degli studenti,e l’ultimo (Regelsky) approfondisce con approccio estetico-filo-sofico il problema della distanza tra una concezione della musi-ca fondata sulla tradizione estetica consolidata, che tipicamente

è diffusa tra gli insegnanti, e la modalità con la quale la musicaè vissuta nella quotidianità, che, fondata sull’idea di “prassi”, èdiffusa tra gli studenti.

KATHLEEN RILEY - EDGARD E. COONS, Improving pianists’ rhythmicperformances in score reading through imitation and feedback,“Journal of Technology in Music Learning”, vol. 3, Spring/Fall2005, pp. 2-14.LAURA FERRARI - SIMONA CARLOTTI - ANNA RITA ADDESSI - FRANÇOIS

PACHET, Suonare con il Continuator è un’esperienza ottimale?,intervento all’International Symposium on Psychology and MusicEducation, 2004, http://www.csl.sony.fr/downloads/papers/2004/ferrari-04a.pdf

Questi due saggi trattano l’uso delle nuove tecnologie in educa-zione musicale. Entrambi affrontano il problema delle interfacce epresentano sperimentazioni di sistemi dove l’allievo è vincolato arispondere a feedback automatizzati. Riley e Coons si occupanodell’insegnamento della lettura ai pianisti, focalizzando però l’at-tenzione sul problema di come migliorare l’apprendimento delleconvenzioni interpretative di uno spartito dato. La loro proposta,che sfrutta un sistema informatico collegato a un pianoforte, sibasa sull’imitazione di una “esecuzione modello” di uno spartito acui l’allievo deve avvicinarsi reagendo a feedback automatizzatisia sonori che scritti (con una notazione specifica). Il saggio diFerrari - Carlotti - Addessi - Pachet mostra invece alcuni dei risul-tati raggiunti da una ricerca sull’interazione tra bambini e sistemiinformatici sviluppata dall’Università di Bologna in collaborazio-ne con il Computer Science Laboratory della Sony (Parigi). La ri-cerca è centrata sull’utilizzo del Continuator, un software basatosull’idea di “interattività riflessiva”. Il saggio mostra come questoparticolare tipo di interattività favorisca nei bambini lo sviluppodella creatività musicale e di uno stile personale di improvvisazione.

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50 alcuno spazio privilegiato extra-sociale o esteticamentetrascendente» (p. 3).Tenendo conto di questo panorama, il volume La divulga-zione musicale in Italia oggi nella sua prima parte conside-ra la relazione tra la propria tematica e le attività didatti-che. A tale proposito, Giordano Montecchi riflette su comela scuola italiana affronti le esperienze musicali degli stu-denti attuali, di solito in gran parte concentrate sulla“popular culture”. Si tratta di una questione più volte trat-tata nelle pagine di questa rivista e riaperta recentemente,tra gli altri, da Lorenzo Bianconi (nel saggio sopra citato),Marcello Sorce Keller (Declassicizziamo la musica classi-ca, “Musica/Realtà”, n. 97, 2006, pp. 23-34, segnalato nel-la rubrica Da non perdere, “Musica domani”, n. 141, 2006,p. 54), Maurizio Spaccazocchi ed Enrico Strobino (Piaceremusica, Progetti sonori, 2006, recensito in questa rubricanel numero scorso), e dallo stesso Montecchi (Si può viverefelici studiando o insegnando musica?, “Musica domani”,n. 132, 2004, pp. 12-15). Rifacendosi a tale precedente pub-blicazione, in questo più recente contributo viene presen-tato come educativo ogni approccio che cerchi di «costrui-re la consapevolezza dell’identità individuale e di gruppo,sviluppando la capacità di collocarla nei diversi contestiambientali e di metterla in relazione proficua con identitàaltre» (p. 4), mentre viene considerata diseducativa la «rap-presentazione di un mondo musicale diviso semplicisti-camente in musica d’arte e musica di consumo, dove tuttoil valore starebbe da una parte e tutto il disvalore dall’al-tra; dove l’una sarebbe la venerabile eredità del passato el’altra la devastante piaga del tempo presente» (ibidem).Tale rappresentazione viene individuata soprattutto nel-l’impostazione di molti libri di testo di educazione musica-le per le scuole secondarie italiane. L’altro saggio sulla re-lazione tra divulgazione e didattica, di Benedetta Toni, pre-senta un laboratorio interdisciplinare sul Falstaff di Verdida lei condotto presso la Casa della Musica di Parma coninsegnanti e studenti della scuola primaria e con materialididattici recentemente pubblicati nel libro Falstaff. Labo-ratorio espressivo, Nicola Milano, Bologna 2006.Nella seconda parte del volume si trovano i contributi diesperti di tre tipi di storie della musica piuttosto diversi.Paolo Russo, rielaborando alcune osservazioni sulla rela-zione tra la didattica e la storia della musica colta da luiesposte nel saggio L’ascolto: problemi e strategie di unatecnica didattica (“beQuadro”, n. 62-63, 1996, pp. 15-22),considera come le guide all’ascolto disponibili in Italia rea-lizzino attività di divulgazione musicale e presenta propo-ste su come tali attività potrebbero essere migliorate, sug-gerendo soprattutto di sollevare diversi tipi di domande edi fornire risposte motivate e adatte ai lettori. Franco Fab-bri prospetta come possa essere realizzata una storia dellapopular music di stampo musicologico, opponendosi aidubbi sulla fattibilità di tale operazione sollevati, tra glialtri, da Paolo Somigli (Musicologia storica e musica diconsumo: punti critici di un rapporto necessario, “Il Saggia-tore musicale”, 2003, n. 2, pp. 317-323), e mostra comeconseguentemente si possa sviluppare una divulgazione sutale ambito migliore di quella attuale, tema da lui già trat-tato nell’articolo Divulgare la popular music: un paradigmacapovolto (“Musica domani”, n. 135, 2005, pp. 36-37). In-fine Stefano Zenni, in rappresentanza della storia dellamusica afroamericana, sottolinea la necessità di tener contodell’incidenza dei repertori africani e di quelli da essi deri-

vati su altri filoni, fornendo come esempio il caso dellasarabanda.La terza e ultima parte del volume affronta la condizioneattuale della critica musicale italiana, introducendola conuna carrellata, realizzata da Marco Capra, sui cambiamentiavvenuti negli ultimi duecento anni nei periodici musicaliitaliani. Un certo pessimismo emerge soprattutto dagli scrittidi Angelo Foletto e di Sergio Sablich, scomparso nel 2005,alla memoria del quale il volume è dedicato. Pierluigi Bas-so, Claudio Chianura, Andrea Estero e Daniele Martino,pur rilevando il recente dominio di fattori che possonoaggravare ulteriormente le sorti della divulgazione musi-cale italiana, cercano comunque di segnalare alcuni atteg-giamenti da loro considerati come meritevoli di essere va-lorizzati, in quanto capaci di realizzare qualche forma diresistenza e di inversione di tendenza.

Percorsi didatticinella musica contemporaneadi Anna Maria Freschi

DANIELE VINEIS, Spartito perso. Giochi di animazione con lemusiche del novecento, Franco Angeli, Milano 2006, pp.192, con CD allegato, † 18,00.

Quando un insegnante sceglie un repertorio musicale per ilsuo lavoro didattico lo fa sulla base di suggestioni e criterilegati alla situazione concreta in cui opera, ma anche alsuo rapporto personale con la musica. Fra questi criteripossiamo annoverare quello della maggiore “facilità” o“difficoltà” – soprattutto se i destinatari sono bambini oprincipianti – e possiamo senza troppo sforzo immaginareche molti insegnanti collocherebbero la musica colta delXX secolo fra le musiche “difficili”. Ma è realmente piùdifficile sviluppare un progetto didattico con Stimmung diStockhausen piuttosto che con un Intermezzo di Brahms ouna Sinfonia di Haydn? Non sarà che nel giudizio di cuisopra entri “a gamba tesa” la minore consuetudine dell’in-segnante con questi repertori e spesso anche un giudizionegativo sul piano estetico, un pre-giudizio, insomma?Il libro di Daniele Vineis contribuisce alla de-costruzionedi questo pregiudizio, mostrando come repertori rappre-sentativi delle correnti artistiche del Novecento offranospunti duttili e variegati per attività di animazione musi-cale. Il suono è al centro dei percorsi proposti ed è attra-verso l’affinamento di una sensibilità percettiva e anali-tica che l’insegnante/animatore e gli allievi dovrebberoinstaurare un contatto con questi repertori, in una di-mensione orale in cui l’individuazione di elementi e diprocedimenti costruttivi produce idee e motivazioni peruna rielaborazione personale. Proprio dalla centralità delladimensione orale ha origine il gioco di parole del titolo,che rimanda a Spartito preso, una mostra di partiture delXX secolo realizzata a Torino nel 1981. Non che tale cen-tralità valga solo per i generi contemporanei: anche l’ap-proccio a un brano classico o romantico in molti contestinon può che prescindere dalla notazione, o comunqueusarla in modo limitato. Né d’altro canto l’approcciometodologico ludico e creativo che caratterizza il testo èincompatibile con la notazione: un’attività improvvisativa,

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51ad esempio, può originarsi dalla lettura di uno spartito. Èvero però che la musica colta del secolo appena termina-to rappresenta per così dire l’apoteosi del rapporto fracreazione musicale e scrittura, fino a una loro pressochétotale identificazione e talvolta fino al distacco fra la lo-gica compositiva espressa dalla partitura e la sua fruibilitàsul piano percettivo-sonoro. È dunque significativo chein questo testo le attività proposte siano autonome dallospartito, oppure se ne servano occasionalmente come stru-mento di supporto.Nelle diverse parti del libro, le scelte espressive e le tec-niche costruttive che articolano il panorama musicalenovecentesco diventano altrettanti nuclei tematici in-torno a cui si snodano percorsi di ascolto e di riela-borazione creativa. La nuova dialettica suono/rumoreinaugurata dai Futuristi apre la strada a sperimentazionicon oggetti di uso comune e a progetti di “Teatro delritmo” ispirati al lavoro degli Stomp. L’écoute reduiteteorizzato da Pierre Schaeffer – un tipo di ascolto che siconcentra sulla natura sonora degli eventi acustici piut-tosto che sulla fonte che li ha prodotti (l’automobile, lefoglie, lo strumento musicale) o sul loro senso in quantosegnali o simboli – suggerisce attività con i suoni am-bientali che focalizzano l’attenzione verso i dettagli at-traverso la ricerca sonora, l’esplorazione, l’analisi, l’ela-borazione dei suoni stessi, la loro riproduzione attra-verso la voce e gli strumenti.La centralità del timbro, che nel XX secolo diventa ele-mento costruttivo e non semplice rivestimento coloristicodelle strutture, rappresenta l’occasione per un viaggio alcentro della materia sonora, attraverso l’esplorazione dellerisonanze vocali e del materiale fonetico della parola: i“modelli vocali” di Stimmung vengono analizzati e inter-pretati, riprodotti e riorganizzati in nuove forme secondole regole del gioco proposte da Stockhausen (Concordan-za - Continuazione - Fluttuazione - Inserimento di nomimagici). E sono di nuovo regole del gioco a guidare leproposte didattiche ispirate alle tecniche seriali di elabo-razione del materiale sonoro: sequenze melodiche e rit-miche vengono sperimentate in varie possibilità combi-natorie e assemblate in base a semplici schemi formali. Aquesto proposito non possiamo tuttavia non segnalare unacontraddizione intrinseca: essendo la tecnica compositivaseriale fondata sulla scrittura e non avendo la serie persua natura un impatto sul piano percettivo (a differenzadel tema), l’uso di queste tecniche sul piano orale ha moltilimiti, soprattutto quando si tenta di estrapolare sequen-ze o gruppi attraverso l’ascolto. Il gioco combinatorio degli

elementi sonori può essere utile sul piano didattico, macreare una relazione diretta con i repertori presenta fortirischi di superficialità, in quanto spesso i raggruppamen-ti scritti non coincidono con quelli percepiti e inoltre questirepertori si basano su procedimenti di elaborazione pecu-liari della scrittura e che di questa necessitano per esseredecifrati.Molto più diretto e fertile è invece il rapporto con ilminimalismo, probabilmente per il fatto che le sue radiciaffondano in parte nelle tradizioni orali extra-europee eche le sue logiche compositive giocano dialetticamentecon i meccanismi percettivi di tipo gestaltico: basti pen-sare ai procedimenti di sfasamento progressivo ideati daSteve Reich. Non è un caso che l’impiego e la strati-ficazione di ostinati facciano parte da tempo della tradi-zione didattica e che brani come Clapping music sianoormai un must delle pubblicazioni del nostro settore. L’au-tore propone, oltre allo sfasamento, giochi basati suassemblaggi orizzontali e verticali di patterns ritmici emelodici, sulle strutture ritmiche additive usate da PhilipGlass (l’aggiunta o la sottrazione di piccole cellule a unpattern di base) e sulla tecnica dei ritmi con valori ag-giunti sperimentata da Messiaen, la quale però, per le ra-gioni espresse in precedenza, è strettamente legata allascrittura e difficilmente utilizzabile in ambito didattico.Non altrettanto si può dire dei procedimenti aleatori, iquali invece offrono spunti interessanti sia sul pianocompositivo che su quello esecutivo: analogamente aquanto fanno molti compositori, in classe si possono ideareed eseguire partiture con percorsi di lettura multipli op-pure basate su stimoli visivi, letterari e cinestetici, oppu-re ancora costruite sull’alternanza di parti interamentecomposte e di parti improvvisate o basate su giochi diimitazione e contrasto. Lo spartito viene dunque “ri-preso”come traccia strutturale o spunto per l’improvvisazione.Il testo si conclude con la riproposizione di alcune attività«al margine del caos» presenti in un precedente volume acura di Rosalba Deriu (Capire la forma, EDT, Torino 2004),che suggeriscono diverse modalità di relazione fra ordinee disordine, facendo riferimento, fra l’altro, al percorso crea-tivo di Charles Ives, a lungo misconosciuto dalla musico-logia europea. Esso è infine corredato di spunti per l’ascol-to, elencati in una discografia, e di un CD che raccoglierielaborazioni didattiche delle musiche citate, come sup-porto alle attività proposte. Una nota a margine di tipotecnico, che potrebbe essere utile al futuro lettore: la nu-merazione delle tracce sul libro non corrisponde a quellasul CD (il riferimento n. 1 a p. 45 corrisponde alla traccian. 35 del CD, il n. 2 alla traccia n. 36, e così di seguito,ricominciando con la traccia n. 1 dopo la n. 40) e questa,purtroppo, non è la sola imprecisione di tipo redazionale.Al di là di questi piccoli disagi, il libro di Vineis disegnauna panoramica ampia – seppure non esaustiva o sistema-tica – della musica colta contemporanea e la sua letturapuò essere occasione per l’insegnante/animatore di com-piere un percorso personale di visitazione dei repertori inesso citati e utilizzati per le attività. Una opportunità diavvicinamento/ri-avvicinamento, generatrice di maggiorefamiliarità o di vera e propria attrazione, fino a scoprireche la nostra domanda iniziale non aveva granché senso eche tutti i repertori sono facili se si è in grado di “muove-re” intorno ad essi relazioni di senso, de-costruzioni e ri-costruzioni.

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- di conseguenza chi è privo del senso dell’umorismo èincapace di ristrutturare il proprio punto di vista, vistoche l’umorismo è un modo non pericoloso (e giocoso) dicambiare identificazione (p. 36);

- l’umorismo porta all’empatia in quanto si tratta di con-sapevolezza reciproca della percezione (p. 40);

- l’umorismo è importante perché fornisce alle persone unindizio indiretto del tipo di visione della vita che essehanno o potrebbero avere in comune: infatti buona par-te della comunicazione non avviene direttamente, macommettendo un errore e poi correggendolo; il riso san-cisce un accordo, è “un gioco”, si dà una giustapposizionedi polarità contrastanti e questa può essere paragonataal commettere e correggere un errore (pp. 48-49);

- l’umorismo, e l’ironia che soggiace ad esso, implica lacapacità di assumere una distanza, apre una parentesinel discorso (p. 84), si gioca con l’azione reciproca deilivelli di astrazione: è la destrezza nel giocare con leparentesi che permette di comprendere il witz, o unabattuta o una incisione nel discorso, senza rimanernevittima;

- l’umorismo comporta un improvviso capovolgimento disenso, che ridefinisce la realtà combinando comunica-zione e metacomunicazione (p. 85);

- l’oscillazione tra reale e irreale e il suo loop autoreferen-ziale sono perfettamente umoristici poiché evocano ungioco transcontestuale di frames: le cornici definisconoinfatti il rapporto figura-sfondo, ma nell’umorismo, nelriso e nel gioco c’è un movimento, un tempo, unascansione che serve a trasportare lo sfondo in primo pia-no, una cosa dà un senso a un’altra; ed è per questo chela relazione figura-sfondo può funzionare umoristica-mente; lo sfondo continua ad essere sfondo anche quan-do diventa figura e viceversa (p. 149);

- l’attività di framing (cioè la collocazione di una cosa al-l’interno di un quadro di riferimento, in un orizzonte disenso) implica un salto logico, un cambiamento di livelloche reintegra tuttavia il livello precedente, giacché lo esclu-de e lo include nel contempo (il paradosso, insomma).

Si tratta dello spostamento da un modello statico a uno di-namico. Dice Bateson: «Quando la logica si scontra con lateoria dei tipi e ne nasce un paradosso, la sua costruzioneva in pezzi – “puff”. Forse è una sorta di terrore che i pro-cessi mentali possano fare “puff” che spinge molti pazientie molte persone in generale ad aggrapparsi alla logica. Mai sistemi causali non fanno “puff” in questo modo. Comein un campanello elettrico, c’è una sequenza contradditto-ria e il sistema si limita a oscillare» (p. 148).Nella relazione educativa così come nell’attività musicaleesiste un’attitudine a oscillare, paradossale, ironica, gioco-sa, e umoristica: come se si mantenesse un certo equilibriotra consapevolezza e abbandono, come se si ammettesse ladisciplina e l’ordine della costruzione ma si lasciasse spa-zio all’improvvisazione (sul tipo di quella jazzistica) chenon è mera improvvisazione ma obbedisce paradossalmentea regole interne di rigore: una sorta di tensione senza (quasi)intenzione.Il testo è corredato da alcuni saggi di Rocco de Biasi (Iframes dell’umorismo), Davide Zoletto (Livelli di realtà del-l’umorismo. Bergson, Bateson e Fry), Marina Mizzau (Risofacile, riso difficile), Fabio Polidori (Ipotesi sull’umorismo),Paolo Bertrando (Cornici che collassano. Umorismo, psico-terapia) i quali approfondiscono, commentano e amplianoil tema.

GREGORY BATESON, L’umorismo nella comunicazione umana,Raffaello Cortina, Milano 2006, pp. 182, † 13,00.

Perché la proposta di un testo di riflessione sull’umorismoin una Rassegna pedagogica di una rivista che si occupaprevalentemente di educazione musicale? Non risponderòsubito. Sarà il lettore a rispondersi alla fine della recensione.In questo libro si trova un work di Gregory Bateson (appar-so originariamente nel 1953, in cui sono presenti elementiche poi saranno ripresi nel più noto Verso una ecologia dellamente, del 1972), risultato di un seminario condotto dallostesso alla Macy Foundation di New York, insieme ad altristudiosi di differenti discipline (c’è anche l’antropologaMargareth Mead, che fu sua moglie) onde a testimoniarel’interesse e la ricerca sui modi della comunicazione umanaattraverso l’umorismo da parte di esperti provenienti da dif-ferenti campi del sapere. Si tratta di un dibattito non acca-demico, che procede con estrema libertà e invenzione e chegetta luce, per noi educatori, su una componente importan-te della relazione educativa, fornendo approfondimenti einput significativi per la sua costruzione.Ciò che costituisce il centro teorico dell’analisi di Batesonè la parola “paradossi” (si noti, al plurale), legati indissolu-bilmente all’umorismo, il quale funziona proprio perchéimmette in una paradossalità, in uno sdoppiamento, in unamoltiplicazione di livelli, in un pensiero antinomico e inun atteggiamento pluriprospettico che sta alla base del-l’ascolto, dell’attenzione, dell’intuizione nella costruzionedella relazione educativa. Un’arte sottile e difficile, che nonsi “impara” con l’addestramento (training) ma che sgorgadalla complessità stessa della formazione (Bildung) dell’in-dividuo, in riflessione su di sé e sulla propria esperienza.Un’arte che si presta poco a venir utilizzata dai media econseguentemente massificata, per un qualsivoglia tipo dimanipolazione. È un’arte però che non è istintiva (comeavverte Pier Aldo Rovatti nella Premessa) e che richiedeun attento esercizio su di sé e «un’apertura agli altri, in-somma una preparazione che investe l’intera soggettività»(come d’altra parte le scansioni, le aperture, i ritorni, gliappoggi, le intuizioni e le tensioni che si rifanno all’educa-zione musicale).Bateson racconta degli aneddoti (lascio al lettore la sor-presa di gustarli) ma alla fine ciò che si può dedurre è:- l’umorismo gioca un ruolo fondamentale nell’equilibra-

re le relazioni umane;- il rapporto testo/contesto, figura/sfondo, o meglio, il loro

ribaltamento (lo sfondo che predomina sul focus, lo sfon-do da scoprire e che fa parte dell’implicito) sta alla basedi un atteggiamento di attenzione e di scoperta (p. 5);

- i paradossi del pensare sono legati alla libertà di cam-biare il proprio sistema di pensiero, nel renderlo menosclerotico (p. 10);

- nella comunicazione l’individuo non solo comunica conqualcun altro, ma nello stesso tempo cerca di stabilire eriaffermare la propria visione idiomatica del mondo (p. 13);

- ogni linguaggio dispone di uno schema riconoscibile diintonazioni; esso traduce un messaggio che ha la formadi una informazione ma che non diventa mai del tuttocomprensibile; il linguaggio comprende le posture, i ge-sti, le intonazioni (pp. 22-23);

- nel linguaggio ordinario l’osservatore o il soggetto devescoprire che cosa l’altra persona dia per scontato, nel-l’osservatore è dunque presente una serie di incogniteche sono esse stesse oggetto di indagine (p. 25);

RASSEGNA PEDAGOGICAdi Roberto Albarea

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53Analizzare per capireildi Maurizio Aliffi

INNOCENZO ALFANO, Verso un’altra realtà. Cenni di strategiacompositiva e organizzazione dei brani nella musica rock,da Jimi Hendrix al rock progressivo, Aracne, Roma 2006,pp. 332, † 11,00.

La musica rock è ormai storia. Si sono sedimentati gli ele-menti che hanno fatto di questa musica il linguaggio so-noro contemporaneo più diffuso in tutto il mondo dei gio-vani dagli anni ’60 in poi.Diventare storia implica anche il fiorire di studi su questamateria, siano essi sociologici, nell’ambito della didatticao musicologici, come è il caso del volume qui recensito: sitratta di una raccolta di saggi sui principali rappresentantidella scena del rock progressivo, il prodotto più ricco edelaborato musicalmente di quella stagione, che rifluirà poiattorno al 1978 con l’arrivo, o meglio il ritorno, di un rockpiù sanguigno, grezzo, meno intellettuale, ma spesso an-che più orientato al business. Nei saggi troviamo gli italia-ni New Trolls, Banco del Mutuo Soccorso, Premiata ForneriaMarconi, insieme ai britannici Pink Floyd, Genesis, EmersonLake & Palmer, King Crimson, Caravan, accanto all’Hendrixdi Hey Joe inteso come manifesto di una estetica rocknell’appropriazione di un brano preesistente.I testi, trattando alcune opere importanti di queste forma-zioni, sono ricchissimi di rimandi storici, puntigliose in-formazioni sulle edizioni, confronti tra le versioni e reci-proche influenze. Il tutto animato da sicuro amore e dedi-zione da cultore di un genere vissuto con affetto. Ma nonsta in questo l’interesse della pubblicazione: se a questo siriducesse, sarebbe una proposta che al di fuori di una cer-chia di appassionati risulterebbe priva di interesse. Il volu-me ha invece l’ambizione, oltre i confini del progressive edello stesso rock, di contribuire ad abbattere innanzituttoalcuni preconcetti nel campo dell’analisi musicale, per iquali fenomeni come la pop music e le musiche non coltein genere non abbiano pari dignità di trattamento nell’ana-lisi musicologica, in particolare in campo armonico, for-male, o sul rapporto tra musica e testo. Proprio nell’analisiin questi ambiti specifici sta l’originalità e l’interesse deisaggi di Alfano. Si vuole così scalfire un consolidato “prin-cipio di autorità” parlando, per esempio, di teoria degliaffetti non per un madrigale cinquecentesco, ma per unbrano dei King Crimson; come si scomoda una doppia ca-denza plagale per inquadrare armonicamente passaggi deiRolling Stones. Più in generale, l’autore utilizza termini emetodi propri dell’analisi della musica colta trasportandoliin un altro ambito. Capire la musica che ci piace (e anchequella che non ci piace) è l’invito che ci viene rivolto. Perfarlo, i mezzi sono quelli della tradizione analitica colta(altrimenti colta non sarebbe!), auspicando che questa ana-lisi venga supportata dalla stessa attenzione che essa poneagli aspetti formali, tonali, armonici.Tra gli sforzi più convincenti, appare quello di definire“cadenza rock” il collegamento, statisticamente rilevantein centinaia di casi, dell’accordo sul settimo grado, ma ab-bassato e consistente in una triade maggiore, col primogrado: per esempio, sib – do, entrambe triadi maggiori con

il do con funzione di tonica. In questo collegamento, inte-so come cadenza sia intermedia che conclusiva, l’autorevede giustamente una deviazione dalla cadenza tradizio-nale dalla dominante alla tonica, quindi un’elusione delrapporto sensibile-tonica. Questo, insieme ad altre devia-zioni dal linguaggio tonale, appartengono a una ricerca diun’uscita dai canoni della canzone di consumo in cui illinguaggio della tradizione colta si è trovato banalizzato.Questa ricerca è stata, secondo l’autore, la cifra del rockpiù innovatore, in particolare di quello più colto e inventi-vo, come il progressive.Questa riflessione sulla “cadenza rock” appare interessanteperché propone un elemento per la definizione di un’ar-monia tipica di uno “stile rock”, mentre in molti casi l’ana-lisi può segnalare solo deviazioni da una norma scolastica,ma non riconducibili a loro volta a nuove regole stilistiche.Ma forse, e qui il tema è davvero vasto e aperto, gli stru-menti analitici non sono neutrali, ma forgiati per una mu-sica storicamente nata e cresciuta dialetticamente con essi.La loro importazione in ambito non colto coglie difformi-tà, sprazzi di regolarità, ma forse manca di cogliere ele-menti cruciali come il timbro e il sound, per esempio, per iquali forse un’analisi ispirata dalla musica elettronica po-trebbe essere fertile nella sua considerazione dei fenomeniaperta a tutti gli oggetti sonori e non solo a quelli conse-gnatici dalla tradizione. Altri dati significativi potrebberogiungerci dalla considerazione degli elementi iterativi deiriff o dallo studio dell’eclettismo nell’accostamento di ge-neri e contesti più vari, tipico anche della cultura pop nellearti figurative. L’analisi in questi, e molti altri campi, èancora giovane, gli strumenti della tradizione colta appaio-no un po’ spuntati.L’esperienza personale mi insegna (e ogni insegnante diarmonia lo può verificare) come con i mezzi scolastici del-l’armonia sia più difficile far comprendere collegamentiarmonici in brani pop-rock piuttosto che in brani classici.Questo perché entrano in gioco scale estranee alla tradi-zione occidentale come la scala blues, interscambi modalitra maggiore e minore, accordi privi della terza, e così pro-seguendo. Proprio questi accordi privi di terza, denominatipower chord, possono essere presi a testimoni delle tensio-ni tra la teoria tradizionale e la pratica di qualsiasi ragaz-zo/a che strimpelli qualche brano rock. Non è tanto il fattoche i trattati di armonia ci dicano che gli accordi debbanoavere la terza, ma il punto debole è che dal punto di vistadella triade si pensi il bicordo formato dalla prima e quintanota della scala come privo di qualcosa, mentre chi suonao ascolta in questo ambito musicale non sente mancare

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54 niente e lo pensa come completo e autosufficiente. L’uso diquesti bicordi viene non tanto da un desiderio di sovverti-re l’armonia tradizionale (estraneo al mondo non colto)quanto nel valore funzionale alla incisività, alla pene-trazione sonora in particolare ad alti volumi, nell’agilitàdel sostegno ritmico aggressivo. Si è così creata una corri-spondenza tra forma accordale e funzione musicale. Si puòamare o meno questa musica, ma non si può negarne l’in-teresse per le sfaccettature musicali in essa presente.Questo esempio che ho portato, a fianco di altri, quali l’usodi scale pentatoniche che nessun rockettaro vive comemancanti di due suoni o la percezione della dissonanza econsonanza, ci dicono che dal punto di vista musicologicoe didattico siamo ancora ai primi passi di una riflessionesu questi temi, rispetto alla quale il volume di Alfano è uncontributo per sviluppare questo percorso.

Improvvisarecon metododi Annibale Rebaudengo

CHRISTOPHER NORTON, The Easiest way to improvise, Boosey& Hawkes, London 2005, pp. 136, con CD allegato, † 26,00.

Chi proviene da una formazione strumentale tradizionale evuole avvicinarsi al jazz, o alla musica che ne ha il sapore,ha da alcuni anni nella collana Microjazz di C. Norton editada Boosey & Hawkes una buona guida. Finora in questacollana era a disposizione dei volenterosi una collezionemolto ricca di repertori didattici per una miriade di stru-menti, una decina di testi in ordine di difficoltà per i piani-sti, oltre a tre testi per pianoforte a quattro mani, un paioper ogni strumento ad arco e pianoforte, uno per ciascunostrumento a fiato e pianoforte, una serie per Flexensembles(partitura e parti staccate with permission to photocopy). Aquesti testi, volendo, è possibile affiancare un disco SMF

interattivo per gli accompagnamenti. I due punti di maggiorrilievo didattico di questi libri sono in primo luogo rappre-sentati dalla musica non banale e non stereotipata, in con-trasto con il modesto livello estetico che affligge la maggiorparte delle proposte di musica non “classica” e, in secondabattuta, dai Microstudi che precedono l’esecuzione: una sortadi body percussion che, meglio di ogni solfeggio parlato,evita le trappole ritmiche delle sincopi e dei contrattempiche costellano questa musica.

E fin qui siamo nella didattica che pone nella gradualeimmersione l’appropriarsi del sound e della “pronuncia” diquesto genere di musica. Parallelamente grandi e piccinihanno a disposizione la serie Improvise Microjazz dove sipongono le basi, appunto, per l’improvvisazione: conse-gne chiare, accordi e relative scale. È una caratteristicadella didattica jazzistica far derivare le scale dagli accordi;le prime sono infatti fatte derivare dai secondi congiun-gendo gli intervalli con le note di passaggio. Le scale sonoquindi una sorta di “riserva” di suoni su cui improvvisaremelodicamente con le armonie sottostanti.A questi testi si aggiunge adesso, sempre di ChristopherNorton, l’eccellente The Easiest way to improvise. Il CD èallegato e non è più solo un eventuale arricchimento dellatrama sonora e una sicura guida ritmica, ma un indispen-sabile supporto didattico con cui e su cui improvvisare.Il testo in inglese è di facile comprensione anche per chiconosca la lingua a livello di sopravvivenza.Le 14 unità didattiche hanno la seguente struttura:1. Ascolto del brano, senza guida scritta, suonando una o

due note indicate (oppure uno o due accordi), sempre lestesse. Perché suonare un’unica nota scritta mentre siascolta? – mi sono chiesto. Per abituare l’esecutore anon perdersi e verificarne la capacità (bisogna finireinsieme), per iniziare a mettere insieme l’ascolto di ter-zi con il proprio – mi sono risposto.

2. Riflessione sull’armonia del pezzo (mai più di due ac-cordi, ma con none e tredicesime, con voicing appro-priati). Gli accordi sono sempre anche siglati e si dà perscontato che ci sia una conoscenza di base di questocodice, che i bassi armonici non siano mai suonati daipianisti perché li suona il contrabbasso e che, per esem-pio, la sequenza Gm9 - Eb13 possa essere suonata così

cosa che sconvolge chi ha frequentato con regolarità icorsi di armonia complementare e non del conservato-rio.

3. Esecuzione della melodia scritta sull’accompagnamen-to ritmico armonico del CD.

4. Riflessione sulla scala utilizzata dal compositore (scalepentatoniche, esatoniche, blues, rare scale maggiori/mi-nori).

5. Inizia una serie d’improvvisazioni melodiche con con-segne ritmiche che vanno dal molto semplice (minimee semiminime) al complesso, passando per l’inventareuna nuova melodia con le figurazioni ritmiche del tema.Ho trovato molto utile la consegna di far ripetere informa di eco due a due le misure, perché costringe aconcentrarsi su quel che si suona e a memorizzarlo im-mediatamente. Altrettanto importanti sono le indica-zioni dinamiche che costringono l’esecutore a pensareal valore comunicativo dei livelli sonori e dei crescen-di/diminuendi.

6. Infine c’è la proposta di una vera e propria esecuzionecon il tema scritto, le variazioni improvvisate che met-tono insieme le precedenti proposte e la ripresa del tema.

A chi è destinato un libro del genere? Agli adulti profes-sionisti “classici” che vogliono avere una esperienza diautoapprendimento di jazz lontano da orecchie indiscre-

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55te, agli amatori che pur pasticciando allegramente sento-no la necessità di formalizzare un percorso d’apprendi-mento, a tutti i docenti di strumento che dovrebbero ave-re una pur minima esperienza improvvisativa per poi far-la rivivere ai propri allievi adolescenti con un discretolivello strumentale (quarto/quinto corso di conservato-rio). Anche se destinato ai pianisti, il libro può essereutilizzato con profitto da tutti gli strumentisti, con mini-mi accorgimenti. Dimenticavo, forse è inappropriato direche tutti i brani proposti sono di jazz, è una maniera unpo’ approssimativa di indicare un insieme di generi checomprendono anche quelle musiche “modal-ambient-pia-no bar”. Poco male, anzi, abbiamo quasi smesso noi mu-sicisti classici di far distinzione di valore nei generi, pen-so che non si offenderanno i jazzisti.

Un approccio transdisciplinareal paesaggio sonorodi Andrea Taroppi

ANDREA MINIDIO, I suoni del mondo – Studi geografici sulpaesaggio sonoro, Guerini e Associati, Milano 2005, pp.271, con CD allegato, † 28,00.

Può sembrare strano che tra le pubblicazioni che si occu-pano di studi sul paesaggio sonoro, in aumento negli ulti-mi anni, si proponga qui un libro scritto da un geografo.

Eppure, proprio perché nato in un diverso ambito discipli-nare, ci sembra che la lettura de I suoni del mondo di An-drea Minidio (Istituto di Geografia umana - Università de-gli studi di Milano), nonché l’ascolto del CD audio allega-to, possa fornirci interessanti spunti di riflessione.Centrale è la dimensione ecologica, cioè la relazione dina-mica e bi-direzionale, che si crea tra uomo e ambiente so-noro, tra ascoltatore e ambiente, relazione che, ad esem-pio, si manifesta influenzando o ispirando il processo crea-tivo musicale.I molti esempi che Minidio offre nella prima sezione delsuo volume non riguardano solo il caso delle onomatopee,cioè semplici imitazioni musicali dei suoni della natura. Larappresentazione dei paesaggi in musica avviene, in modopiù profondo, attraverso la raffigurazione di un’esperienza

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56 emozionale comune. Pensiamo alla Pastorale di Beethoven,innanzi tutto, come rappresentazione di “paesaggio agreste”,oppure, per il “paesaggio urbano”, ai lavori di compositoricome Ives o Gershwin.Molti altri casi di stretto rapporto tra estetica musicale eambiente si possono trovare nei repertori di tradizione orale,dove abbondano esempi di stili vocali derivati dall’imita-zione degli uccelli, o intrecci corali che si ispirano ai suonidella foresta, come lo stormire delle foglie.Passando alla popular music, un esempio dei legami dina-mici che connettono aspetti sociali e culturali di uno stes-so luogo è rappresentato per Minidio dal caso di Seattle: lacittà che ha visto la nascita e la rapida diffusione del feno-meno grunge, reso celebre da gruppi quali i Nirvana o iPearl Jam, è stata pressoché negli stessi anni anche la culladi un movimento di contestazione, poi esploso nel 1999(cinque anni dopo il suicidio di Kurt Cobain, il cantantedei Nirvana) in occasione della World Trade Organization,e diffusosi in tutto il mondo.La tematica della diffusione della musica è ripresa ancoranella seconda parte, Luoghi della musica, musica dei luo-ghi. Interessante in particolare è l’analisi che l’autore fadella diffusione in Italia e in Europa della pratica dellamusica gospel. Secondo Minidio, il recente sviluppo di que-sto genere, estraneo alla tradizione europea, mostra come imeccanismi della globalizzazione comportino una sorta diegemonia culturale, di cui godrebbe la musica nata in areegeografiche di particolare influenza sul mondo. Unacartografia della diffusione dei generi musicali potrebbeallora essere letta come una cartografia dei territori delpotere.Seguono a questo punto alcuni esempi di intervento uma-no sul paesaggio sonoro: dalla muzak ai suoni di fontane egiochi d’acqua creati dall’arte idraulica nei giardini baroc-chi, alle moderne installazioni e agli interventi di “marketingterritoriale”.Comunque, fa notare l’autore de I suoni del mondo, ilsoundscape design andrebbe inteso come una «scienza del-la comunicazione», nella misura in cui, sforzandosi di noninserire elementi tali da snaturare l’identità del luogo incui si opera, mirerebbe a «comprendere le componenti cul-turali dell’esperienza acustica degli individui e delle socie-tà» (p. 119).Nello studio del paesaggio sonoro è dunque necessaria nonun’analisi meramente quantitativa degli elementi acustici,bensì qualitativa; pertanto diviene fondamentale una soli-da educazione all’ascolto (si ricordino gli esercizi di “puli-zia dell’orecchio” di Murray Schafer). Un utile esercizio inquesto senso, oltre che un’esperienza interessante, è la pas-seggiata di ascolto (soundwalking). Minidio ce ne offre unesempio in due tracce del CD e descrivendo in un capitolouna passeggiata di ascolto attraverso le strade di Brema.Inoltre, al fine di analizzare le peculiarità sonore di un am-biente, l’autore suggerisce di realizzare una scheda valutativa,in cui indicare le caratteristiche fisiche, referenziali ed este-tiche di ogni elemento sonoro percepito.Sebbene non vi sia da parte di Minidio uno specifico rife-rimento alla didattica, sarebbe interessante proporre unsoundwalking, con tanto di scheda valutativa degli ele-menti raccolti, a degli studenti, magari compiuto per lestrade adiacenti l’edificio scolastico.Si potrebbe infine realizzare una piantina sonora dellanostra passeggiata. A questo proposito, qualche suggeri-

mento possiamo trovarlo nella quarta parte di I suoni delmondo, dove Minidio ci fa notare la necessità di mantene-re la relazione con la dimensione temporale. Infatti, nelrealizzare una carta sonografica del paesaggio, non bastaindicare la sola presenza dei suoni, ma anche la loro evo-luzione temporale.Infine, Ascolti, la quinta e ultima sezione, presenta l’elen-co e una breve descrizione delle tracce del CD.Il senso di questa raccolta sonora è quello di essere ilcorrispettivo audio delle fotografie, delle carte geografi-che, di tutto il materiale visivo, cioè, che normalmente ac-compagna e integra un libro di geografia. A fianco di regi-strazioni di suoni segnale (ad esempio, la sirena di unafabbrica), troviamo: l’interno di un pub irlandese, la vocedi un mugnaio che racconta il suo passato, la registrazionedi un celebre spiritual cantato da un coro del varesotto.Indubbiamente il filo conduttore è il rapporto uomo - pae-saggio sonoro. Ciò nonostante, si avverte il rischio di unacerta disorganicità, certamente giustificabile dalla neces-sità di condensare in pochi ascolti la vastità della materia.Le stesse considerazioni possono essere fatte per il testo:271 pagine sono ovviamente insufficienti per una tratta-zione esauriente del tema del paesaggio sonoro. E in effet-ti, nemmeno era questo lo scopo dell’opera di Minidio, cheresta comunque forse la più completa panoramica sull’ar-gomento in Italia, certamente la più aggiornata; oltre cheun esempio di quella transdisciplinarità che caratterizzaciò che Roberto Barbanti e altri studiosi hanno chiamato«nuovo paradigma acustico».Sembrerebbe quasi che Minidio abbia voluto cogliere ilsuggerimento che Albert Mayr propose riguardo alla rela-zione tra il paesaggio sonoro e l’interdisciplinarità (contanto di esempi di possibili collegamenti a varie discipline,tra le quali appunto la geografia) in un altro stimolantevolume, Musica e suoni dell’ambiente (Clueb, Bologna 2001)da lui curato. L’esempio sarà seguito anche da esperti dialtre discipline? Restiamo in… ascolto.

Emozioni corporeedi Stefania Lucchetti

PAOLA SOCCIO - FRANCESCA BERTOLLI, Il tempo delle storie, “Qua-derni di Documentazione dell’Istituto Pedagogico di Bol-zano”, 16, Edizioni Junior, Romano di Lombardia (Bg) 2006,pp. 119, † 12,80.

Il volume Il tempo delle storie di Paola Soccio e FrancescaBertolli compare nella collana dei Quaderni di Documen-tazione dell’Istituto Pedagogico di Bolzano, grazie anchealla collaborazione con la locale Sovrintendenza scolasti-ca. Il testo, curato da Paola Soccio, Eugen Galasso e Bar-bara Ritter, illustra un progetto biennale di educazione almovimento espressivo del corpo, del suono e della parolaproposto nella scuola primaria all’interno del Piano pro-vinciale di Aggiornamento delle scuole in lingua italiana,comprendente attività di formazione con i docenti e mo-menti di intervento attivo con i bambini. Un percorso ric-co di sviluppi, in quanto da esso ha preso avvio l’attualeprogetto LEA (Linguaggi Espressivi Artistici), promosso dal-l’Istituto Pedagogico e coordinato da Barbara Ritter, refe-rente per l’Area Linguaggi Artistico-Espressivi.

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Materiali ricevutiDAVID BAKER, How to play bebop, volumi 1, 2, 3, Edizioni Curci, Milano2006.PAOLA BERTASSI, Uno per tutto. Teoria e solfeggio per ragazzi, con CD,Edizioni Curci, Milano 2006.ANTONIO BUONOMO, Sapere per suonare. Teoria - Pratica della musica perstrumentisti e cantanti, Edizioni Curci, Milano 2006.BEPI DE MARZI, Nona raccolta di canti corali per voci pari, Edizioni Curci,Milano 2006.DICK GROVE, Concetti fondamentali di armonia moderna, parti 1 e 2,Edizioni Curci, Milano 2006.DICK GROVE, Relazioni armoniche moderne, parti 1 e 2, Edizioni Curci,Milano 2006.Il flauto magico, Gioco musicale, Music Games International,www.vivaldistudio.com, 2006.MARK LEVINE, The Jazz Theory Book, traduzione italiana di Fabio Jegher,Edizioni Curci, Milano 2006.Non solo Jazz. Tema de L’Estate di A. Vivaldi, versione jazz di Alessan-dro Cerino, Music Kit con CD, Edizioni Curci, Milano 2005.FRANCESCO RIZZOLI, Il suono e la musica. Introduzione ai fondamenti diacustica, Edizioni Curci, Milano 2006.TROY STETINA, Metal Lead Guitar, traduzione italiana di Manuel Consigli,volume 1, Edizioni Curci, Milano 2006.

Sulla scorta delle suggestioni mutuate dalla teoria delle in-telligenze multiple di Gardner e dell’intelligenza emotivaproposta da Goleman, le autrici propongono un percorsobasato sulle emozioni sollecitate dal linguaggio artistico, conparticolare riferimento al teatro e alla danza contempora-nea, rivalutando il corpo come luogo di rimodellamento dellapercezione del sé. Le autrici partono dal loro vissuto artisti-co (Francesca Bertolli è stata danzatrice e coreografa,fondatrice del gruppo Sosta Palmizi), richiamandosi alladanza creativa proposta da Carolyn Carlson, con la valoriz-zazione dell’improvvisazione e del senso poetico.Il testo vuole essere una memoria dell’esperienza e com-prende molti dei materiali prodotti con i bambini: testicollettivi, disegni, poesie, storie, riflessioni. Da una perfor-mance-stimolo proposta dalle esperte (Atto unico) prendeavvio un itinerario laboratoriale con bambini e insegnantinel quale sono individuabili tracce di lavoro sul corpo ri-conducibili al pensiero di Laban modulato in prospettivadidattica (non casuale è il rimando bibliografico alla dan-za educativa proposta da Zagatti), tecniche teatrali, tecni-che corporee mutuate dal Tai Chi, lavori sull’uso espressi-vo della lingua (poesie, narrazioni: cfr. il riadattamento deL’Alchimista di Paulo Coelho).

Perché segnalare questo testo? Essenzialmente perché trac-cia tangibile di un interesse teso a valorizzare quelle buo-ne pratiche che da sempre permeano la vita scolastica ita-liana e che generalmente non vengono adeguatamentepubblicizzate. L’attenzione rivolta dall’Istituto Pedagogicodi Bolzano alla formazione e all’aggiornamento dei do-centi ha dato luogo a pubblicazioni che fondono prassididattica e innovazione, appoggiandosi a una casa distri-butrice (Edizioni Junior) che ne assicura la circolazione sulterritorio nazionale: auspicabile sarebbe un analogo inte-resse anche da parte di altre istituzioni quali ad esempiol’IRRE, che generalmente non garantiscono un’adeguata cir-colazione sul territorio delle proprie produzioni.

PUBBLICAZIONI SIEM - OFFERTE 2007

Quaderni della SIEMÈ data l’opportunità ai soci triennali iscritti alla SIEM dall’anno 2005 e a coloro che si iscriveran-no entro marzo per il triennio 2007/2009 di richiedere le copie arretrate dei Quaderni della SIEMdisponibili in archivio, al costo di † 8,00 († 6,50 + † 1,50 spese postali).I soci che si sono già iscritti presso una sezione territoriale possono richiedere le pubblicazioni edeffettuare un versamento integrativo alla sede centrale.

Musica Domani e Quaderni della SIEMA tutti i soci sono offerte le annate arretrate della rivista Musica Domani e dei Quaderni dellaSIEM disponibili in archivio:fino al 1999: † 16,00 (n. 4 numeri di Musica Domani a † 2,00 ciascuno

+ † 6,50 Quaderno della SIEM + † 1,50 spese postali)dal 2000: † 21,00 (n. 4 numeri di Musica Domani a † 3,00 ciascuno

+ † 7,50 Quaderno della SIEM + † 1,50 spese postali)

Per informazioni: telefono 051.2916500 - fax 051.228132 - cellulare 339.1031354

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Vitalitàdelle sezioniLa sezione SIEM di Roma affronta da più di vent’anni, consoluzioni diverse e creative, anche se non sempre facili, lasfida dell’operare in una città grande, in cui le distanze e iltraffico rendono ardui i contatti e le collaborazioni effetti-ve. Per questo motivo, i direttivi che in questi anni si sonosucceduti hanno sempre scelto di concentrarsi su alcuniobiettivi determinati.

Ai fini della formazione e dell’aggiornamento, la SIEM diRoma – che negli anni ’90 aveva contribuito in modo si-gnificativo alla diffusione della ritmica Jaques Dalcroze –nell’ultimo decennio si è concentrata sul settore ancoratroppo trascurato della vocalità e coralità infantile, curan-do la formazione di insegnanti e direttori di cori scolasticiattraverso la collaborazione con l’associazione “Aureliano”.Bruna Liguori Valenti, fondatrice dell’associazione, è stataa lungo presidente della sezione. Il corso sulla vocalità ecoralità infantile, che si svolge ormai da alcuni anni dallafine di agosto in poi, si caratterizza per una struttura cheintegra:a) un campus residenziale di tre giorni, in cui il corsista

ha la possibilità prima di seguire e poi di interveniredirettamente nel lavoro con i cori di voci bianche;

b) uno o più seminari di formazione nel mese di settem-bre, condotti da docenti esperti dei temi della vocalità edella coralità nella scuola;

c) una serie di verifiche periodiche, garantite da BrunaValenti e dalle sue collaboratrici, in cui ogni corsistasottopone all’osservazione e discussione collettiva le re-gistrazioni audio e video effettuate progressivamentecon il proprio coro, ricevendone correzioni e suggeri-menti ulteriori.

Ai fini dell’incentivo alla divulgazione e alla ricerca suitemi dell’educazione musicale, oltre che per ovviare alledifficoltà logistiche e di comunicazione, la sezione si èdotata di un sito web (www.siemdiroma.it) che offre ai socianche uno spazio per pubblicare, raccogliere e scaricaremateriali didattici, traduzioni e schede bibliografiche.Nello spazio relativo ai materiali didattici risultano attual-mente inseriti alcuni progetti elaborati da soci studentinell’ambito dei corsi di didattica di conservatori del Lazio,del Molise e della Basilicata, regioni i cui soci afferiscono,a tutt’oggi, alla sezione di RomaNelle pagine dedicate alla didattica strumentale, abbiamoiniziato a raccogliere schede e schemi sintetici relativi atesti significativi sull’argomento, partendo dal bel libro di

psicologia dell’apprendimento strumentale, RICHARD PARNCUTT

- GARY E. MCPHERSON, The Science and Psychology of MusicPerformance, Oxford University Press, 2002. Nel medesi-mo spazio sono stati inseriti gli abstract delle tesi di bien-nio di secondo livello in Didattica strumentale discusse alConservatorio di Frosinone.Le iniziative relative alla formazione degli insegnanti sonopresentate in uno spazio appositamente dedicato. La pagi-na sulla formazione, infatti, fornisce tutte le informazionisul corso di vocalità infantile per gli insegnanti promossodall’associazione “Aureliano” in collaborazione con la SIEM

di Roma e le attività correlate, tra cui il recente concorsoPrimesecuzioni.Nello spazio riservato alle news, il visitatore del sito tro-va indicazioni sulle più recenti iniziative intraprese dal-l’associazione. Alcune di esse si collegano a progetti einiziative ministeriali, rispetto ai quali la sezione è stataoccasionalmente chiamata a fornire un proprio contribu-to. Di fatto, gruppi costituitisi all’interno dell’associazio-ne hanno collaborato alla redazione dei programmi dimusica per i licei riformati e, nell’autunno 2006, hannoritenuto di appoggiare le attività del Comitato nazionaleper la diffusione dell’apprendimento pratico della musi-ca, istituito dal ministro Fioroni e presieduto da LuigiBerlinguer, organizzando e portando a termine una rico-gnizione sulla presenza della pratica musicale nelle scuo-le di venti paesi europei, attraverso il confronto su varia-bili come l’esistenza, nelle scuole primarie e secondariedei vari paesi, di spazi specificamente attrezzati per lamusica, di insegnanti specializzati assunti come referentiper le attività musicali svolte nella scuola, di cori e or-chestre scolastiche, di spazi orari nei curricula, di inizia-tive governative di sostegno alla musica, anche in formadi premi, rassegne, selezioni nazionali ecc. Il questiona-rio e i risultati in base ad esso raccolti sono riportati nelsito, alla pagina delle news, insieme al documento ema-nato dal comitato Fioroni-Berlinguer all’inizio del mesedi dicembre.Infine, la collaborazione con realtà musicali significativedella capitale fa sì che, nella rosa di appuntamenti impor-tanti che accompagneranno il convegno ISME 2008, bendue dei seminari delle commissioni siano previsti proprioa Roma. Si tratta dei seminari delle commissioni dedicatealla Musica nella prima infanzia (ECME) e alla Musica nellascuola e formazione degli insegnanti di musica (MISTEC),entrambi accolti e supportati dalla scuola popolare di mu-sica “Donna Olimpia”.

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