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Anno LXXXIX - numero 1 - gennaio 2015 ilduomo Periodico della Parrocchia di San Giovanni Battista in Monza Poste Italiane Spa - Spedizioni in A.P. - D.L. 353/2003 (conv in L. 27/02/2004 n.46) art 1 comma 2, DCB Milano Duomo diMonza

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Anno LXXXIX - nnuummeerroo 11 - gennaio 2015

iilldduuoommooPeriodico della Parrocchia di San Giovanni Battista in MonzaPoste Italiane Spa - Spedizioni in A.P. - D.L. 353/2003 (conv in L. 27/02/2004 n.46) art 1 comma 2, DCB Milano

DuomodiMonza

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Hanno collaborato

Lo sguardo 3ducioso su un anno di vita e di storia [don Silvano Provasi]Cronaca di dicembre [a cura di Sonia Orsi]La cooperativa il villaggio globale e il commercio equo e solidale [Fabrizio Annaro]La famiglia a Monza [don Enrico Rossi]Comunità educante [Gioia Sorteni]Concluso il restauro “Zavattari”. Parlano le protagoniste [a cura di Massimo Accarisi]Il Beato Paolo VI e Monza [Giovanni Confalonieri]Studiare i segni dei tempi [don Carlo Crotti]

Don Silvano Provasi, Sonia Orsi, Sarah Valtolina, Marina Seregni, Federico Pirola, don Carlo Crotti,don Enrico Rossi, Giovanni Confalonieri, Carlina Mariani, Fabrizio Annaro, Fabio Cavaglià, NandaMenconi.

Un grazie particolare a chi distribuisce “Il duomo”: Carla Baccanti, Giorgio Brenna, Gloria Bruletti, Enrica Calzoni, Andreina D’Ambrosio, Rita Fogar, Josetta Grosso, Paola Mariani, Anna Maria Montrasio, Luigi Motta, Teresina Motta, Carla Pini, Annina Putzu, Livio Stucchi, Silvia Stucchi, Chicca Tagliabue, Marisa Tagliabue, Mariuccia Villa, Bruna Vimercati.

Copertina a cura di Benedetta Caprara

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il duomo lettera dell’arciprete

Lo sguardo &ducioso su un anno di vita e di storia“Il rapporto Censis, che puntualmente a dicembre fotografa lo stato di salute del nostro Paese, descrive l’Italia del 2014come il ppaaeessee ddeell ““ccaappiittaallee iinnaaggiittoo”. E non si riferisce solo alle risorse economiche, ma anche a quelle umane. Nel bilan-cio della vita della nostra società prevale il segno meno: meno figli, meno iscritti all’università, meno imprese, meno in-vestimenti, meno consumi, meno cibo… Sembriamo a prima vista diventati un poco come l’uomo della parabolaevangelica che, ritrovandosi un solo talento, rinuncia a trafficarlo. E, per l’angoscia di perderlo, lo seppellisce.” Così scri-veva sul quotidiano “Il Sole 24 Ore” (27 XII 2014) il nostro Arcivescovo Angelo Scola.Ma la sapienza della Chiesa ci fa concludere ogni anno con il canto del Te Deum e ci invita a leggere e custodire i mo-tivi di gratitudine e speranza dalle quali si alimenta la nostra fiduciosa progettualità nei confronti del bene comune neltempo. La vita e la storia della nostra città ci invita ancora a riconoscere e valorizzare sempre di più e meglio le tante espres-sioni di ssoolliiddaarriieettàà ee ppaarrtteecciippaazziioonnee della nostra gente nelle diverse forme di volontariato: per la carità e la cultura, l’edu-cazione cristiana e sociale, l’attenzione ai poveri e agli stranieri, per la cura degli anziani e dei malati. E’ bello festeggiare,tra l’altro, i 50 anni di attività dell’Istituto “Mamma Rita”, esempio e segno della presenza di diversi Istituti educativi incittà, fondati ed animati da persone consacrate, soprattutto in questo anno dedicato alla vita consacrata. Sosteniamo edaiutiamo con stima e generosità gli iinnvveessttiimmeennttii ppoossiittiivvii, economici e culturali per lo svviilluuppppoo,, ll’’iinnnnoovvaazziioonnee ee llaa ccuussttooddiiaadei tesori che i nostri padri ci hanno lasciato: il Nuovo Centro per le SLA, la riapertura della Villa Reale e dei Musei Ci-vici, il restauro della Cappella Zavattari. Sono segni di amore e fiducia nella vita della nostra città, sostenuti da compe-tenze professionali ed imprenditoriali qualificate.

RRiinnnnoovviiaammoo llaa ddiissppoonniibbiilliittàà ee iill ccoorraaggggiioo ddii aapprriiccii aall nnuuoovvoo ee aall ffuuttuurroo. Il prossimo evento dell’EXPO sia accolto anchecome occasione per coinvolgere tutti nell’aprici a quella virtù dell’accoglienza, capace di ridare vita e speranza ad una cittàche anche le statistiche descrivono come inesorabilmente proiettata verso un invecchiamento anagrafico che mortificail ricambio generazionale e può soffocare o appesantire il bisogno di rinnovamento che tutti percepiamo come urgentee fecondo. Con realismo e volontà di rinnovamento spirituale e sociale avvertiamo anche l’urgenza di affrontare e curare con mag-gior vigore e collaborazione le piaghe che anche quest’anno hanno segnato il volto ed il cuore della nostra città. I ffeennoo--mmeennii ddii ccoorrrruuzziioonnee che cercano perfino di inquinare la positiva costruzione di nuove strutture sociali. Sono segni diinsoddisfazione e arroganza culturale, civile e politica, mali che possono colpire soprattutto i giovani, che rischiano dinon comprendere il valore del servizio sociale e politico e perdere il gusto - dovere nello svolgere onestamente il propriolavoro. A tutti è chiesto di vigilare perché tali fenomeni non si diffondano e vengano percepiti quasi come normalità daaccettare passivamente e dai quali difendersi solo con l’arma della furbizia e dell’indifferenza. Anche la nostra città sta sperimentando l’aauummeennttoo ddeellllee ddiippeennddeennzzee nelle loro varie forme, che colpiscono spesso i più gio-vani e le persone più fragili, aggravando situazioni già compromesse dalla perdita del lavoro e dalla crisi economica: ilgioco d’azzardo, la tossicodipendenza, l’uso della violenza come espressione dell’incapacità di tollerare frustrazioni emancanze di beni materiali. La cura per tali fragilità richiede la perseveranza e la solidarietà nel coltivare diverse virtùche devono armonizzarsi tra loro: pazienza e determinazione, responsabilità personale e solidarietà, interventi urgenti elavoro su tempi non brevi, umiltà e coraggio, ma anche concreti investimenti di risorse umane ed economiche per la pre-venzione.La ffaattiiccaa ddeellllaa rriipprreessaa non deve portarci a seppellire i pochi talenti che abbiamo, ma a condividerli di più e con maggiordisponibilità collaborativa, a fidarci di più reciprocamente, stimandoci e spronandoci a vicenda, superando individua-lismi e primogeniture puramente rivendicative. E’ necessario aaffffrroonnttaarree ggllii ssccaannddaallii con la maturità di chi comprende chesi può sbagliare, che la zizzania è componente sempre presente, ma non deve metterci alle corde, rifugiandoci nel pri-vato, nel piccolo gruppo, abbandonando la gestione del bene comune solo ad esperti o a chi offre soluzioni solo puni-tive e poco riabilitative. La sensazione della perdita di alcuni valori umani e religiosi, personali e sociali, nella famiglia enei gruppi deve interrogarci più frequentemente sul nostro reale e concreto modo di educare. Ci accompagni in questonuovo anno l’intercessione del beato Luigi Talamoni, nel 10° anniversario della sua beatificazione, celebrato anche conla collocazione della sua statua marmorea nel duomo di Milano.

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Cronaca di dicembrea cura di Sonia Orsi

DICEMBRE

1 Lunedì – Conclusione restauri della Cap-pella Zavattari. Già da venerdì gli operaidella ditta Edil Milanova hanno iniziato asmontare una parte dei ponteggi che sonoserviti per il restauro della Cappella degliZavattari. L’importante intervento di con-servazione, eseguito dalla società AnnaLucchini Restauri srl, è iniziato nel giugno del

2009 e terminerà prima di Natale. Questorestauro all’avanguardia, che si è avvalsodelle metodologie di intervento più avan-zate ha restituito al Duomo di Monza e al-l’intero patrimonio Italiano un capolavoroinestimabile dell’arte tardo gotica, in cui viè raffigurata la storia della ReginaTeodolinda fondatrice del Duomo diMonza. L’intervento è stato finanziato dallaRegione Lombardia, Fondazione Cariplo,World Monuments Fund e coordinato egestito dalla Fondazione Gaiani. La So-printendenza per i Beni Artistici Storici edEtnoantropologici nella figura della Dott.Daffra ha svolto le funzioni di alta sorveg-lianza, l’Opificio delle Pietre Dure diFirenze ha coordinato le analisi diagnos-tiche a cui hanno collaborato i centri diricerca più importanti di Italia, l’architettoPippo Caprotti ha assunto il ruolo di diret-tore dei lavori. Da gennaio la Cappella saràresa disponibile per visite guidate sulle impal-

cature dando l’opportunità a studiosi e tur-isti di apprezzare da distanza ravvicinata lepitture e il restauro.[Anna Lucchini]

3 Mercoledì – Consiglio Pastorale Deca-nale. E’ stata esaminata la nota pastoraledell’Arcivescovo, card. Scola, per questoanno pastorale: “La Comunità educante”.Seguendo le indicazione del vescovo e deisuoi collaboratori, le parrocchie di Monza

desiderano in particolare curare ilvolto accogliente e formativo(non solo aggregante) delle lorocomunità, coinvolgendo tutti iloro membri, con responsabilità eperseveranza nell’educazione allafede delle nuove generazioni.Creare “Comunità Educanti” si-gnifica impegnarsi perché tutti ibambini, adolescenti e giovaniche vivono nelle nostre parroc-

chie possano trovare una trama di relazioneche li aiuti a crescere in tutti gli aspetti dellaloro vita. Sono quindi chiamati a collabo-rare in questa fondamentale opera educa-tiva genitori, nonni, parenti, padrini emadrine… Le parrocchie monzesi inoltre,in questo anno pastorale, si impegnerannoa rileggere e valutare le varie strutture edu-cative (catechesi, società sportive, compa-gnie teatrali, gruppi di impegno caritativo)perché possano sempre di più integrarsi,così che l’attività educativa non si limiti edesaurisca nella breve ora di catechesi. Daquesto punto di vista, alcuni consiglieri ri-tengono importante pensare a nuovi modiper accogliere ed accompagnare i genitoridei nostri ragazzi nel cammino di catechesidei figli; spesso sono proprio i genitori achiedere alle nostre comunità di aiutarli adare un nuovo “respiro religioso” alla loroquotidianità. La formazione di “ComunitàEducanti” sarà un’impegnativa sfida per lenostre parrocchie e inevitabilmente porterà

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a cercare e creare alleanze con le altre strut-ture educative del territorio, in primis conle scuole. Al termine della seduta del consi-glio si è infine ricordato che, in occasionedell’evento Expo 2015, diversi parrocchianimonzesi e non stanno collaborando per lapreparazione di un musical inedito, cheverrà presentato al pubblico nella prossimaprimavera.[Fabrizio Levati]

4 Giovedì – Visita al Duomo del ConsoleGenerale degli Stati Uniti a Milano, am-basciatore Philip Reeker. E’ stato un in-contro ufficiale per conoscere le realtàeconomiche di Monza e Brianza ed instau-rare possibili rapporti commerciali in vista

di Expo2015. Puntualmente, alle ore 15, ilconsole ha fatto il suo ingresso nel duomo e,dopo aver ammirato il paliotto del Borginonella nuova mensa eucaristica e l’Alberodella Vita dell’Arcimboldi, si è recato nellacappella di Teodolinda per la visita alla Co-rona Ferrea e al cantiere di restauro, ormaialla sua conclusione, dell’opera degli Za-vattari. S.E. Philip Reeker, accompagnatodall’Arciprete, mons. Provasi, e dal Presi-dente della Fondazione Gaiani, è rimastoestasiato davanti alla maestosità delDuomo, alle pitture della Cappella di Teo-dolinda e alla Corona Ferrea. Erano anchepresenti il sindaco Roberto Scanagatti e il

presidente della Camera di Commercio diMonza e Brianza, dott. Carlo Valli. Diversesono le relazioni che legano il Duomo, laFondazione Gaiani e gli Stati Uniti; signifi-cativa è stata la presenza dal 2008 dellaWorld Monuments Fund (organizzazioneprivata senza scopo di lucro dedita alla con-servazione di siti e monumenti nel mondo),primo sostenitore e partner economico delrestauro della cappella di Teodolinda.[Fondazione Gaiani]

14 Domenica – Prima Confessione per iComunicandi. Alle ore 14.45 tutti i Comu-nicandi, in oratorio, erano pronti e chiara-mente emozionati per la primaConfessione. Molti erano un po’ agitati, masono stati subito rassicurati dalle catechiste.Insieme ai genitori si sono recati in Duomo,dove ad attenderli c’era don Silvano. Dopouna breve liturgia iniziale, con qualchecanto e riflessione, sono iniziate le Ss. Con-fessioni. Mentre i fanciulli attendevano illoro turno, alcuni genitori hanno letto deipassi della Bibbia. Al termine di ogni con-fessione i ragazzi si sono recati all’altare delbeato Talamoni, grande confessore, per re-citare una preghiera di richiesta d’aiuto permantenere i propositi espressi al confessore.Successivamente i fanciulli hanno riposto,in un braciere posto ai piedi dell’altare, i fo-glietti, firmati dai genitori, nei quali ave-vano scritto i loro propositi di bene. Altermine della liturgia penitenziale questi fo-glietti sono stati bruciati e, col profumo del-l’incenso, hanno espresso visivamente ildesiderio che tali propositi salissero a Dio.Per concludere, don Silvano ha invitato ifanciulli a scambiarsi un segno di pace coni genitori, le catechiste e i compagni, comesegno che la riconciliazione con Dio deveesprimersi con la rinnovata amicizia con ifratelli. Il pomeriggio si è concluso con unagioiosa e fraterna merenda in oratorio. [Diego Pessina]

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19 Venerdì – Concerto natalizio della Cap-pella Musicale. “Transeamus usque Bethle-hem” è il titolo della storica omelia tenutadall’allora card. Joseph Ratzinger, poi Be-nedetto XVI, a Colonia, per la notte di Na-tale del 1980. Non solo il titolo, ma l’intero testo è ciò cheha fatto da filo conduttore per il Concertodi Natale di quest’anno della Cappella Mu-sicale del Duomo, con l’ormai tradizionalepartecipazione del Coro San Biagio.

Dopo il saluto del teologo del Duomo, donCarlo Crotti, a nome dell’Arciprete, assenteper impegni pastorali, dalle ore 21, inDuomo, si sono ascoltati canti e letture peril Tempo d’Avvento e per il S. Natale. Per laCappella del Duomo hanno eseguito, oltreai Cantori, Matteo Riboldi, organista e Gio-vanni Barzaghi, direttore. I coristi del CoroSan Biagio sono stati diretti da Fausto Fe-deli. Vico Piazza ha letto i frammenti dellacitata omelia, che si intercalavano ai canti,su suggestive improvvisazioni organistiche. I cori hanno così inanellato un programmacon brani di varie epoche e stili, tutti trattidal repertorio sacro. Secondo i sottotitoli:L’attesa della salvezza, L’iniziativa di Dio, L’in-carnazione, L’inizio del nuovo mondo e L’ado-razione, il concerto ha ripercorso la storiadella salvezza; la storia di un “Dio [che] si fauomo affinché l’uomo arrivi a condividere la vitadi Dio”.[M° Giuseppe Barzaghi]

21 Domenica – Spettacolo natalizio in ora-torio: “Verso Betlemme”. Nel pomeriggioalcuni ragazzi delle scuole elementari emedie hanno portato sul “palco” del salonedell’oratorio un simpatico spettacolo nata-lizio dal titolo “Verso Betlemme”. E’ statopreparato con la guida ed il supporto diLuigi Scarlino e Chiara La Franceschina.Uno spettacolo davvero carino, divertente,leggero e a misura di ragazzi. Nessunaansia da prestazione per raccontare la na-

scita di Gesù in modo semplicee gioviale, accompagnati ancheda una spettacolare neve artifi-ciale. Ogni personaggio sem-brava quasi costruito e cucitosu misura del personaggi delracconto.Anche questa volta l’oratorio siè fatto portavoce dell’allegria edella trasparenza dei più pic-coli. Al termine abbiamo parte-cipato ai Vespri in Duomo e

festeggiato con una abbondante e gioiosamerenda in Oratorio. [Laura Sciré]

23 Martedì – Conclusione Novena di Na-tale dei Ragazzi. La parrocchia ha vissutoquesto cammino di preparazione al Natalein due momenti: uno al mattino per adulti estudenti delle superiori e uno nel pomerig-gio alle ore 17 per ragazzi e famiglie. L’ul-timo appuntamento, con la presenza ditanti fanciulli, accompagnati da diversinonni, si è concluso con una piccola pro-cessione con la statua di Gesù bambino:.dalDuomo verso la chiesa di Santa Maria inStrada, percorrendo via Italia con la cornicedi tanti ragazzi che gioiosamente recavanocon sé dei lumini. Ll’attenzione dei pas-santi e degli stessi ragazzi è stata catturatada due zampognari che, vestiti da pastorimedievali, hanno allietato questo momentocon musiche natalizie.[Luigi Scarlino]

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Prosegue l’inchiesta in preparazione all’eventoExpo 2015. In questo numero proponiamo l’in-tervista a Margherita Motta, coordinatrice delnegozio di via Zucchi che offre i prodotti delCommercio equo e solidale. La Cooperativa ILVILLAGGIO GLOBALE ha una storia ormaipiù che decennale ed è uno dei gruppi più attivia Monza nella promozione delcommercio equo e solidale.Nasce nel 1992 come espres-sione del gruppo missionariodella parrocchia di S. Biagio inMonza. Già dalla fine deglianni ’80 alcuni gruppi missio-nari monzesi avevano iniziatovendite saltuarie di prodotti delcommercio equo. L’interessesuscitato stimola un gruppo divolontari ad attivarsi sulla du-plice direttrice delle vendite diprodotti e della sensibilizza-zione missionaria. Nella pri-mavera del 1995 si tengonoincontri per la fondazione diun’associazione del commercioequo e solidale, espressione dei gruppi missio-nari monzesi. Frutto di tali incontri è un’asso-ciazione, fondata il 21 giugno 1995, con lo stessonome di “Il Villaggio Globale”, costituita daesponenti di otto gruppi missionari. Nel 1999comincia ad affacciarsi l’idea di fondare una coo-perativa, che consenta di ampliare gli orizzontie che renda anche più professionale la gestionefinanziaria e contabile. La decisione viene presain primavera e il 10 aprile 1999 viene costituitala cooperativa “Il Villaggio Globale”. La coope-rativa si ispira agli stessi valori che hanno im-prontato l’associazione; citando dallo statuto(art. 2): “…. è composta da persone che adottanouno stile di vita dove l’attenzione ai più poveri -ovunque siano - sarà motivo per proporre, perragioni di giustizia, un’essenzialità e sobrietà delvivere che contribuisca a ridimensionare la mi-seria e ad ampliare la solidarietà .La cooperativasi ispira ai principi della solidarietà sociale ed

umana ed è aperta a chiunque, senza discrimi-nazione di appartenenza politica o religiosa”.Nell’estate del 1999 vengono iniziati i lavori disistemazione di un locale di via Zucchi e la ven-dita inizia a settembre di quell’ anno nella bot-tega tuttora in funzione. Le attività dellacooperativa sono gestite da Margherita Motta e

dai soci volontari. I soci attuali sono più di 200,di cui una trentina sono volontari attivi che sialternano nei turni in bottega, negli eventi pro-mozionali ed espositivi e nelle attività di divul-gazione del messaggio equo e solidale.

Margherita perché hai scelto di lavorare nelCommercio Equo e solidale?Mi ritengo fortunata perché lavoro in unarealtà che è espressione dei valori e dei prin-cipi in cui credo. Abbiamo affrontato e af-frontiamo, come tutto il commercio, i nostrimomenti di difficoltà, ma con il Consigliodi Amministrazione e tutti i soci abbiamosempre condiviso ogni decisione. E’ impor-tante che i requisiti che devono rispettare iproduttori del Sud del Mondo siano rispet-tati anche da noi Botteghe, altrimenti nonsaremmo coerenti con il nostro messaggio.Abbiamo anche tanti clienti che sono anche

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La cooperativa il villaggio globalee il commercio equo e solidalea cura di Fabrizio Annaro

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soci ed amici e con cui abbiamo instauratoun rapporto di fiducia importante che va aldi là del rapporto commerciale in sensostretto. L’acquisto diventa occasione di in-contro e di scambio, un momento di appro-fondimento e conoscenza.

In sostanza cosa sono i prodotti del Com-mercio equo solidaleCome Bottega l’impegno sarà quello dipuntare i riflettori sui prodotti alimentari dipunta del Commercio Equo e Solidale, i

prodotti coloniali in primis, ma anche pro-dotti provenienti dalle cooperative socialiitaliane. Tutti prodotti di qualità prove-nienti da filiere certificate e sicure, nel ri-spetto delle condizioni dei lavoratori edell’ambiente. Nel tempo è cresciuta l’at-tenzione dei consumatori nei confronti deiprodotti alimentari, ma è ancora difficile farcapire loro le dinamiche che si nascono die-tro le filiere agro-alimentari. Il nostro com-pito è principalmente quello di informare edi rendere l’acquisto più consapevole. Spe-riamo quest’anno di coinvolgere maggior-mente anche bar e ristoranti perché stianopiù attenti ai loro acquisti.

Quali prodotti si trovano nel negozio di viaZucchi?

In Bottega sono disponibili prodotti ali-mentari (caffè, miele, zucchero, spezie, mar-mellate, banane, cereali, cacao, tè e tisane,cioccolato, riso, pasta, frutta secca, prodottidi Libera Terra e di agricoltura biologica),di artigianato (cesteria, bigiotteria, acces-sori, ceramiche, giocattoli, tessili casa, abbi-gliamento, cartoleria, strumenti musicali),libri e cd, detersivi biologici, cosmesi natu-rale. Si confezionano inoltre bomboniere ecesti natalizi. Siamo disponili per informa-zioni sui G.a.s., (Gruppi Acquisto Solidali)

la finanza etica, la te-lefonia solidale.

Quali saranno i pros-simi appuntamentidel commercio equo esolidale in vista diExpo?Il commercio equo esolidale ha una par-tnership economicabasata sul dialogo, latrasparenza e il ri-spetto, che mira aduna maggiore equità

tra Nord e Sud del mondo attraverso ilcommercio internazionale. Il commercioequo contribuisce ad uno sviluppo sosteni-bile complessivo attraverso l’offerta di mi-gliori condizioni economiche e assicurandoi diritti dei produttori marginalizzati dalmercato e dei lavoratori, specialmente nelSud del mondo. Il 2015 è un anno impor-tante per tutto il movimento, perché èl’anno non solo di Expo, ma anche dellaWorld Fair Trade Week, ospitata anch’essanella città di Milano. In occasione di Expo2015, infatti, la città meneghina ha accettatodi ospitare la Conferenza generale di WorldFair Trade Organization (W.F.T.O). LaConferenza Generale di WFTO si svolgeogni due anni e rappresenta un importantemomento di confronto e di festa, per l’intero

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movimento internazionale. Centinaia di de-legati da più di 70 stati s’incontrano conl’obiettivo di coordinarsi e promuovere almeglio le proprie attività. La Conferenza sisvolge nella cornice della World Fair TradeWeek prevista dal 23 al 31 maggio2015: in questa occasione importantieventi animeranno Milano – nomi-nata Capitale mondiale del Commer-cio Equo e Solidale – per un’interasettimana. Sarà il più importanteevento del Fair Trade in assoluto, cheavrà come focus il senso più profondoe innovativo del Commercio Equo eSolidale e il suo rapporto con i citta-dini.

Su Expo avete sollevato qualche cri-tica?Rispetto a Expo, il Commercio Equonon resterà a guardare. Il movimento criticafortemente la partecipazione di tante multi-nazionali, molte delle quali esplicitamentepro OGM (Organismi Geneticamente Mo-dificati) e dai comportamenti poco traspa-renti , ma Expo ci fornisce un’occasione inpiù per parlare di cibo e diritti e non pos-siamo restare a guardare, anzi è un’occa-sione per dire la nostra.

Allora avete pensato adun’iniziativa parallela,Expo dei popoli.Expo dei Popoli è un coor-dinamento di Ong, associa-zioni, reti della società civileitaliana e internazionale chelavorano insieme per la rea-lizzazione de Primo Forumdei Popoli in programmaper il 2015 a Milano, in con-comitanza con gli eventidell’esposizione universale– Expo 2015.

Qual è l’obiettivo?Expo dei Popoli, attraverso eventi, elabora-zione di documenti e momenti informativi,si propone di rappresentare la complessitàdella società civile impegnata sui temi dellasovranità alimentare, del diritto al cibo, al-

l’acqua, alla terra e alle altre risorse, nel per-corso che porterà verso Expo 2015 a Milanoe in occasione della revisione degli obiettividel primo millennio; proporre visioni al-ternative ai problemi globali di accesso alcibo e alle risorse; influenzare i diversi at-tori presenti ad Expo 2015, rispetto alle po-litiche di sviluppo e riduzione dellapovertà.

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La famiglia a MonzaDon Enrico Rossi

Nel novembre 2014 è stato pubblicato dalcompetente Ufficio Statistico del Comune diMonza, un dossier di venti pagine su “LaFamiglia a Monza 2014”. Il documento con-sidera le varie tipologie di famigliaesistenti affermando: “La famigliariveste un ruolo importante ed in-sostituibile come unità fondamen-tale della società, il dossierstatistico che qui presentiamo è unsintetico studio su di essa. In parti-colare si descrivono le caratteristi-che fondamentali e letrasformazioni della famiglia aMonza negli ultimi anni. A tal finesi illustrano le tematiche relative anuzialità, fecondità, con riferimento anchea nascite e matrimoni della popolazione im-migrata, instabilità coniugale, cambiamentinelle strutture familiari, le famiglie di an-ziani, con l’ausilio di indicatori statistici etabelle”. Ringraziamo di questo lavoro cheper un cristiano è motivo di riflessione, pen-sando all’origine della Famiglia, al mai in-terrotto magistero della Chiesa in propositoed ai fenomeni cui assistiamo.

Per una Comunità credente mi sembra giu-sto soffermarci su almeno tre dati del dos-sier.Il primo è al titolo: “Meno matrimoni ed inetà più avanzata” (pag. 1). Siamo passati,con un continuato decrescendo: da 561 ma-trimoni (religiosi o civili) celebrati a Monzanel 1999, a 276 nel 2013; in quindici anni ilnumero delle coppie che si sposano è di-mezzato. E’ evidente che le convivenze difatto siano cresciute. Senza analizzare le causeche hanno generato questo fenomeno, devefarci riflettere il dato che si vada perdendola rilevanza comunitaria e sociale del-l’unione della coppia e della vita familiare.Per sua natura la famiglia non basta a sestessa perché vive in ambito pubblico: perl’educazione, per la previdenza medica ed

assistenziale, per l’esercizio delle proprie ca-pacità professionali e lavorative; la famigliaè soggetto di doveri e di diritti e quindi lasua costituzione con atto pubblico è impor-

tante perché la qualifica come tale e deli-mita precisi diritti e doveri reciproci.Questa rilevanza è così vera che si sente ilbisogno di istituire un “registro” delle cop-pie di fatto. Al di là della questione dellecoppie omosessuali (una esigua minoranzaperché si calcolano settemila a fronte dellecoppie eterosessauli sposate che sono tre-dici milioni in Italia) dietro il “registro”delle unioni di fatto sta un’esigenza di ren-dere pubblico ciò che è per natura pubblico.Nella storia delle varie culture sempre sievidenzia che una coppia sia nota cometale, abbia cioè un suo “territorio” che altrinon possono invadere; nella legge biblica c’èil comando: “Non commettere adulterio”ed anche l’esigenza del “libello di ripudio”in caso di divorzio, ossia di un documentoattestante la libertà dei due che prima eranocoppia. Ridurre l’unione tra l’uomo e ladonna a semplice fatto privato, e la even-tuale loro separazione da sbrigarsi privata-mente (per ridurre gli ingorghi giudiziariche i troppi casi di separazione e di divorziocreano) andrebbe contro il diritto di sempre.Lo “stato” delle persone (sposato o libero)va definito con atto pubblico.

Una seconda riflessione va fatta sulla “Bassa

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fecondità delle donne” (pag. 9). Il numeromedio di figli per donna nel 2013 è stato di1,4; mentre il numero di figli che assicura ilricambio generazionale sarebbe almeno di2,1 per donna fertile. L’età media, per ledonne alla nascita del primo figlio, ha rag-giunto i 33,3 anni. La statistica rileva che ledonne immigrate sono più giovani e piùprolifere. Monza e Brianza sono nella mediadelle nascite in Italia, che -è noto- tiene ilprimato della denatalità in Europa. Anchesu questo prescindiamo dalle cause (tra lequali io annovero una politica demograficamiope) e vediamo le conseguenze. Si rilevache la parcentuale delle nascite è di menodi un figlio e mezzo per coppia… Mi torna

alla mente un articolo scritto per un istitutoscolastico da un amico insegnante qualchedecennio fa, intitolato “Una e mezzo”: erail soprannome che il collega professoreaveva dato ad una vicina di condominio laquale diceva: “Uno è poco, due sonotroppi”; l’amico rispose: “Ne faccia uno emezzo!”. E’ passato qualche decennio, masiamo ancora più sotto, così la popolazioneinvecchia e non c’è ricambio; per attuare unricambio è necessario raggiungere almenoil traguardo di 2,1 figli per donna. Così lastatistica non manca di segnalare che cisono molte più famiglie con vecchi di quellecon bambini. La domanda da farci è se oggiuna coppia di genitori può esercitare quel

discernimento nella procreazione, e dunquequella libertà responsabile che il ConcilioVaticano II loro attribuisce (Gaudium et Spes,50) o se la coppia è costretta dall’esterno alimitare le nascite. E’ mia opinione che ladenatalità sia un fatto indotto, culturale edambientale, prima ancora di libera scelta;siamo certo alla crisi economica, ma anchealla propaganda di uno sfacciato consumi-smo ed alla paura delle responsabilità.

Da ultimo consideriamo insieme una stati-stica che può impressionare: “Famigliesempre più piccole” (pag. 18), tanto piccoleda essere, composte da una persona sin-gola; questo in quantità rilevante: dal 36 al40% delle famiglie, secondo le zone dellacittà. Nella parrocchia del Duomo le fami-glie mononucleari sono il 40%. Rientrano inquesto quadro: le persone rimaste vedove(più donne che uomini), i divorziati e sepa-rati, le donne straniere (badanti), uominidell’area Islam, i giovani dai 18 ai 35 anni.Questa realtà deve farci pensare perché ilsingolo ha da fare tutto per poter vivere de-corosamente: dall’estrarre la chiave peraprire l’uscio di casa, al cibo, alla pulizia, allavoro, alle relazioni con i vari enti ecc. Perpoi trovarsi solo, di giorno e di notte. Siamoalla società frantumata di oggi, quasi unvaso spezzato andato in cocci. Papa France-sco non ha mancato di prendere a cuorequesto fatto di tanti (uomini e donne) soli,con quello che tale condizione può com-portare per la serenità del vivere e dell’ope-rare. La parrocchia dovrà essere vicina aqueste solitudini, come già faceva la primi-tiva Comunità cristiana: “Erano assidui nel-l’ascoltare l’insegnamento degli Apostoli, nellafrazione del pane e nella preghiera” (Atti, 2,42).La parrocchia (come ho costatato alla peri-feria di Milano) diventa luogo di socializ-zazione quando compie significativi gestiper recuperare la fraterna relazione e vin-cere l’imperante odierno individualismo.

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Comunità educante: invito a rinnovarel’alleanza famiglia-comunità cristianaGioia Sorteni

“Per educare un figlio serve un villaggio”,le parole pronunciate dal Papa in occasionedell’incontro con le scuole risuonanoquanto mai veritiere in un’epoca in cui i vil-laggi, sempre più spesso, sono sostituiti datante case sparse qua e là, sempre più pic-cole, sempre più sole, sempre più buie.Manca, oggi, una visione morale collettiva,una comunione di intenti e di valori chesappiano guidare i giovani nelle loro scelte.Troppe volte, tra educatorici siamo ripetuti le stessefrasi, ovvero che il mondo ela società remano contro ilnostro impegno educativoe che la nostra buona vo-lontà rischia di naufragaresotto i colpi di altre propo-ste apparentemente più al-lettanti e sicuramente, perusare il linguaggio giova-nile, più “popolari”. Perquesto, sebbene l’alleanzatra genitori, educatori e co-munità parrocchiale sia sempre stata im-portante, oggi diventa assolutamentenecessaria perché i ragazzi non respiranopiù l’aria fresca di sani valori umani e cri-stiani condivisi e poche sono le occasioniper disintossicarsi dai tanti fumi inquinantiche li soffocano. Gli psicologi ci dicono che vi-viamo in una società fram-mentata di cui fanno chiara, espesso drammatica, espe-rienza i nostri giovani; essipassano attraverso ambiti di-versi come la scuola, lo sport,la parrocchia, il gruppo diamici, senza che si possa in-dividuare un elemento unifi-catore che racchiuda il sensodi questo agire. Allora una comunità cri-stiana che intenda porsi come “educante”ha il compito di raccogliere questa sfida:

aiutare i ragazzi a riconoscere un criteriodi senso illuminante e che possa concreta-mente essere seguito. Il cardinal Scola sot-tolinea come questo criterio possa e debbaessere Gesù: non un Gesù personaggio sto-rico e lontano dalla quotidianità, non unateoria filosofica, magari affascinante maastratta, bensì un uomo reale che sia possi-bile scegliere come compagno di vita. Eccochi può accompagnare un ragazzo attra-

verso le numerose e spesso frenetiche atti-vità della sua giornata. La Chiesa, non solonel momento dell’iniziazione cristiana, èchiamata a far conoscere ai giovani la figuradi Gesù attraverso il metodo che Gesùstesso ha lasciato: andare nel mondo ad an-nunciare ovunque la sua parola testimo-

niandone il valore attraversola vita stessa. La Chiesa oggipuò e deve offrire il criteriounificatore della nostra realtà,senza paura di entrare nelmondo e indicando a cia-scuno mezzi adatti ad inter-pretare la sua vita dovunquesia. In questo senso tutta lacomunità cristiana è e deveessere “comunità educante”

soprattutto testimoniando ai giovani nellaquotidianità del vivere che vale la penasempre seguire Gesù.

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C’è una grande attesa in città per lo svelamentodelle restaurate pareti della Cappella di Teodo-linda dopo lavori durati anni. Un’opera pode-rosa, che conta più di 800 figure su 500 metriquadrati di pittura. Ci può dare qualche datoche ci faccia comprendere la dimensione del la-voro di restauro e delle risorse impiegate?

L’opera era in serio pericolo, presentavaspessi depositi incorrenti che ne impedi-vano la corretta lettura, gran parte del filmpittorico era decoeso dal supporto, erano vi-sibili importanti cristallizzazioni saline, ifondi oro in pastiglia di gesso a rilievoerano in più parti distaccati, le lamine me-talliche in più zone erano sollevate, cosìpure i pochi ma significativi frammenti di

lacche rosse, resinati di rame, lapislazzuli emalachite che un tempo impreziosivanol’opera. Gli intonaci presentavano impor-tanti distacchi dalla muratura con il rischiodi cadute e crolli. I danni attivi erano cosìgravi da rendere indispensabile un inter-vento conservativo. Nella prima fase sonostate condotte alcune operazioni prelimi-nari al restauro, fondamentali per lo studiodella tecnica pittorica utilizzata dagli arti-sti, per il riconoscimento delle diverse per-sonalità dei pittori, per individuazionedello stato di conservazione e dei restauripregressi. Questo studio è stato eseguito at-traverso la comparazione delle osservazionidirette dei restauratori e delle varie analisidiagnostiche effettuate dall’équipe scienti-fica. La fotogrammetria dell’intero ciclo edella volta, è stata tradotta anche in disegnivettoriali, che sono stati fondamentali per illavoro dei restauratori: in cantiere questigrafici sono lo strumento per la compila-zione delle mappe tematiche inerenti la tec-nica pittorica con la partizione e lasuccessione delle giornate, i sistemi opera-tivi per riportare il disegno preparatorio, lapresenza di lamine metalliche, la localizza-zione delle analisi diagnostiche eseguite, lostato di degrado con presenza di esfolia-zione dei colori, inquinamento salino, di-stacchi tra gli strati di intonaco e muratura,la presenza di consolidanti quali gesso ca-seinato di calce e cemento e la loro localiz-zazione, esfoliazione delle laminemetalliche, la presenza di resine sulla su-perficie (Paraloid e Mastice) e infine la mo-dalità di intervento con i materiali e dautilizzare tra cui: il consolidamento del filmpittorico, il consolidamento degli intonaci,le stuccature delle lacune e la reintegra-zione pittorica. Ad oggi le restauratricihanno prodotto 800 mappe dove sono stateevidenziate tutte le osservazioni descrittecon l’uso di retini specifici. Tutte le attivitàquotidianamente svolte in cantiere sono do-

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Concluso il restauro “Zavattari”.Parlano le restauratrici protagonistea cura di Massimo Accarisi

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cumentate con riprese fotografiche e filmati:in questi 5 anni di attività nella banca dati,sono stati archiviati circa 20.000 scatti cheriguardano il lavoro nelle varie fasi. L’inse-rimento nella banca dati di tutte le osserva-zioni comporta un lavoro impegnativo chesi va ad aggiunge a quello delicato del re-stauro manuale. Questo immenso lavoro èun patrimonio fondamentale per gli stu-diosi e per i restauratori. In questi anni ab-biamo messo a punto nuove tecnologie diintervento che negli anni abbiamo divul-gato attraverso convegni e articoli su rivistedel settore. Quindi il nostro lavoro suppor-tato da una eccezionale equipe scientificacapitanata dall’Opifico delle Pietre dure, èstato un momento di crescita e di ricerca. Lacomplessità dell’intervento, determinatadalla tecnica pittorica utilizzata dagli Za-vattari, che assomigliava di più a quella uti-lizzata per una pittura su tavola che per lapittura murale, ha richiesto lo studio dinuovi supportanti, solventi e consolidanti ,per garantire un intervento delicato capacedi restituire nuovo vigore a quest’opera.

Come a volte accade, il lavoro di restauro è stata

occasione per studi approfonditi e verifiche og-gettive che hanno fatto conoscere meglio e a unpubblico più ampio la vera importanza del-l’opera. Qual è l’originalità del ciclo degliZavattari e il suo posto nella storia dell’arte eu-ropea? Dall’interpretazione delle varie analisi sap-piamo che Le Storie della regina Teodelindasono quasi interamente eseguite con coloristemperati in medium organici uovo e olio,su una base in latte di calce e solo in rari casisi individuano zone preparate con la tecnicadel “buon fresco”. Questa scelta ha consen-tito una particolare esuberanza cromatica edi effetti, di cui purtroppo rimangono sololabili tracce: osservando questi frammenti,che sono veramente pochissimi si ha peròl’idea di come dovesse essere in originequesto dipinto e cioè le vesti dovevano sem-brare dei veri broccati lucidi e cangianticome la seta, le pellicce usate per le borduredegli abiti erano soffici, i manti dei tanti ca-valli erano dipinti pelo per pelo tutto do-veva sembrare reale e splendido come lo erala corte dei Visconti e degli Sforza. Ad am-plificare il tutto, concorrono gli fondi in oroa rilievo: quello decorato come se fosse una

rete a maglia larga e tonda conal centro delle decorazioni flo-reali, quelli con motivi geome-trici delle tappezzerie deipalazzi, abbelliti da laccherosse e verdi, nonché le barda-ture dei cavalli, le armature, lecinture delle vesti ecc… Con-temporaneamente però lascelta di utilizzare una tecnicacosì preziosa è stata essa stessamotivo di estrema fragilità, lelacche si sono frammentate, lepennellate troppo corpose sisolo sfogliate e, all’invecchia-mento naturale, si sono som-mati i danni da umidità perinfiltrazioni d’acqua piovana, il

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nero fumo delle candele e dei bracieri usatinei secoli per illuminare e riscaldare, nonche i tanti restauri subiti nell’intento di con-servare quest’opera unica salvatasi dalla ri-strutturazione del Duomo in stilesettecentesco. L’opera come è noto, graziealle cronache locali e ai documenti conser-vati negli archivi del Duomo, risulta re-staurata più volte nei secoli passati: il primodanno documentato dal cronista GiuseppeMaurizio Campini risale al 1714 ed è do-vuto a un pessimo restauro eseguito da un“Giovanni Valentino napoletano che tolsetutto il bello e il prezioso”. Poi si sussegui-rono altri interventi ad opera del pittoreGiovan Angelo Borroni pittore attivo inDuomo alla fine del diciottesimo secolo.Nell’Ottocento viene promossa un’altracampagna di restauri, vengono eseguite al-cune prove di restauro dal Brisson e dal do-ratore Casoretto; solo nel 1877 verrà iniziatoil penultimo restauro ad opera di AntonioZanchi. Infine subisce altri due interventinegli anni sessanta del nove-cento. Le pareti vengono re-staurate da Della Rotta, la voltada Ettore Chiodo Grandi che in-tervengono in modo diversocon materiali differenti e di con-seguenza anche il nostro re-stauro segue metodologiespecifiche e studiate per elimi-nare i materiali incoerenti uti-lizzati e che stavanoprovocando un irreversibiledanno. Ad esempio sulla voltafurono eseguiti i consolida-menti degli intonaci con ce-mento liquido, furono ridipintegrossolanamente le scene e peril consolidamento del film pittorico utiliz-zarono del Paraloid in altissime concentra-zioni che in parte non penetrando favorì ildistacco del film pittorico piuttosto che ilsuo consolidamento. Un capitolo a parte,

ma molto importante è lo studio sulla tec-nica pittorica utilizzata dai vari artisti, dallatrasposizione del disegno definitivo, all’usodei patroni. Questa ampia e lunga ricercafarà chiarezza su alcune pratiche dimenti-cate che gli artisti delle grandi botteghe uti-lizzavano in corso d’opera.

Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani,ha voluto fissare in una sintetica frase l’impor-tanza di questa riscoperta: “La Cappella di Teo-dolinda è la Cappella Sistina dellaLombardia“. Ci commenta questo giudizio?Fatte le debite differenze certamente la Cap-pella di Teodolinda è uno dei cicli dell’artetardo gotica lombarda più completo. Nono-stante i danni irreversibili subiti, per cui iospesso per far capire la portata delle man-canze dico che i nostri personaggi sono insottoveste, perché nei secoli i restauratori,in special modo quello settecentesco, hannoeliminati i broccati, le sete, i damaschi, le

pellicce di cavall. Eppure quest’opera è cosìricca di dettagli che riesce ad emozionare estupire. Inoltre fu un capolavoro molto ap-prezzato che venne visto e ammirato. Gra-zie al restauro è stato possibile osservarlo a

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distanza ravvicinata e notare le evidenti dif-ferenze tra le mani degli artisti e non solo,ma anche la crescita stilistica personale deipittori che nei 6 /8 anni di tempo che impie-garono per completare questo capolavoro siaggiornarono riportando citazioni di Pisa-nello, Stefano, Masolino, Masaccio e allon-tanandosi dai primi volti stereotipati delleprime scene più legati a Michelino.

Nella Cappella di Teodolinda, però, non c’è solola tecnica classica dell’affresco, ma vi sono anchetipologie diverse di pittura e decorazione qualil’uso di tempere, gessi in rilievo, lamine doratee così via. Materiali diversi che durante la loroconvivenza, lunga quasi sei secoli, hanno subìtodifformi reazioni agli agenti atmosferici e all’in-tervento umano. Quali sono stati i problemipiù grandi che avete affrontato in questo am-bito?La Cappella fu dipinta quasi completa-mente con l’uso di tempere con medium or-ganici, come uovo, olio e più raramentelatte di calce, mentre il disegno preparatorioin ocra giallo o marrone fu riportato quandol’intonaco era ancora umido quindi è daconsiderarsi in affresco. I danni sono ingen-tissimi come dicevo. I problemi più grandisono stati i distacchi del film pittorico de-terminati da umidità e sali. I verdi dei prati erano illeggibili, talmentedanneggiati che non potevano essere toc-cati, quindi sono stati puliti con l’uso dellatecnologia laser. Il consolidamento del filmpittorico è stato eseguito con nanomolecoledi idrato di calce e, per i prati, con unnuovo metodo di nostra invenzione: nano-molecole di idrato di calce addizionate a ca-seinato di ammonio per evitare l’uso disostanze sintetiche sulle pitture. Le diffi-coltà sono state tantissime: dall’eliminare lestuccature in cemento che non avevamoprevisto, a consolidare l’amplia crepa sul-l’arcone trionfale, alla pulitura che è stata

calibrata e differenziata nei materiali a se-conda dei colori da pulire, a comprendereche, a volte, quello che a un occhio ine-sperto poteva sembrare una macchia, in-vece era una traccia dei leganti dellefiniture, le quali purtroppo non ci sono più,ma lavorando sulla traccia conservandolaed esaltandola si possono ritrovare le im-pronte dei damaschi, dei marmi, delle ar-chitetture, delle pezzature dei cavalli checon un sapiente e molto raffinato restaurosiamo state in grado di valorizzare.

L’analisi approfondita dell’opera ha permesso diconoscere anche gli interventi umani che il ciclodegli Zavattari ha subìto nella sua storia pluri-secolare. E’ vero che i restauri dei secoliscorsi, segnatamente quello dei primi del Sette-cento, abbiano spesso manomesso l’impianto pit-torico e cromatico? Ed è confermato che “nelSettecento si ritenesse che i 45 quadri della sto-ria di Teodolinda peccassero di eccessi di colorisquillanti e di ori rutilanti e pertanto si decisedi togliere intensità ai colori, facendo così per-dere per sempre l’originale impianto degli Za-vattari che prevedeva una grande ricchezza dicolori, luminosità, riflessi e giochi di luci indottedal chiarore del giorno e dai lumi di candela”?Se scorriamo le cronache dal Settecento inpoi si rendono evidenti i vari restauri spessoinfelici che hanno danneggiato questo ca-polavoro. Ricordiamo quello del 1714 de-scritto dal Campini come eseguito daValentino Napoletano “fraudolento restau-ratore” che tolse tutto il bello e il prezioso.Oppure quello del 1752 di GiovanangeloBorroni, a cui si deve la veste in stile ba-rocco di Teodolinda sull’arcone trionfale eancora quelli ottocenteschi dove si speri-mentarono Brisson, Luigi Malvezzi, Gio-vanni Magni, il doratore Casoretto ed infinedopo lunghi litigiosi tentativi, nel 1877, il re-stauro fu affidato ad Antonio Zanchi e di-retto dal Colla e dal più filologico CamilloBoito. Nel 1884 viene affidato ai fratelli

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Mora il rifacimento integrale delle decora-zioni a rilievo della Volta. Infine nel 1956 lavolta e l’arcone trionfale furono restauratida Ettore Chiodo Grandi, mentre le più im-portanti pitture degli Zavattari furono affi-date a Ottemi Della Rotta. Non so se volutamente hanno eliminato lefiniture, ma certamente è stato a causa diimperizia degli operatori, cosa che sarebbepotuta avvenire ancora, se non ci fosse statoda parte nostra un’attenzione che è andataal di là del normale.

Abbiamo fatto le detectiv della superficie,abbiamo ricercato le minime tracce rimastedelle finiture, riscoperto frammentini d’orosotto lamine di stagno, che abbiamo evi-denziato con l’uso di ultrasuoni e micro-scopi e bisturi. Abbiamo eseguito un ritocco esemplare conpennelli di martora del n. 1, cercando direintegrare in modo leggero un’opera sfre-giata e gravemente compromessa e con fortidisparità di conservazione tra i primi tre re-

gistri e gli ultimi due danneggiati, ma concampiture più potenti, restituendo dallacollettività un’opera uniforme leggibile intutte le sue differenze di stile. Sembraun‘opera ben conservata, non restaurata.Per capire l’enormità del nostro lavoro bi-sogna accedere alla banca dati che saràmessa a disposizione del pubblico.

Lei ha vissuto tanto tempo a tu per tu con le sto-rie di Teodolinda. Ha l’impressione che si trattipiù di un racconto profano, fatto di testimo-nianza di quattrocentesca eleganza negli abiti,nei gesti, nelle stoviglie o sia presente anche unafflato di arte sacra?Si certo è un racconto profano, raffigura lavita di corte di Bianca Maria Visconti e disuo marito Francesco Sforza, in alcunescene sono raffigurate invasioni, guerre,morti, matrimoni, intrighi diplomatici, lavita il potere politico si intreccia con il po-tere della chiesa e nell’ultima scena è lo spi-rito santo che protegge i Longobardi. Inbreve è la storia di una grande figura fem-minile che ha avuto un’immensa impor-tanza politica e che ha convertito il suopopolo al cristianesimo.

Il 16 gennaio Lei ci ha raccontato in Basilica leopere che ha restaurato in Duomo negli ultimitrent’anni. Dallo splendido traguardo del re-stauro degli Zavattari e guardando indietrocome sente il suo rapporto così privilegiatocon il “nostro” Duomo?Il mio rapporto con il Duomo di Monza èunico, posso dire di conoscerlo millimetroper millimetro, di amare le sue pitture. Ognirestauro è come un parto: alla fine distac-carsi da un proprio figlio è doloroso, masono orgogliosa quando vedo che a di-stanza di tanti anni le opere che ho restau-rato godono ancora di ottima salute. Nellavita ognuno ha i suoi principi: per me è fon-damentale non vergognarmi mai dei lavoriche ho fatto, anzi di esserne orgogliosa.

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Con la solenne cerimonia a Roma, il 19 ottobrescorso, Papa Paolo VI, al secolo Giovanni Batti-sta Montini, è stato proclamato beato ed affi-dato alla venerazione della Chiesa perl’esemplarità di vita. Il suo zelo pastorale lo portòin ogni angolo della diocesi,cercando vie nuove di evange-lizzazione. Da papa, in annitravagliati dalle guerre, dallerivoluzioni, dal terrorismo intutto il mondo, continuò aesortare alla pace istituendo laGiornata della pace, divenutaormai patrimonio dell’uma-nità. Tra le molte sue enciclicheemergono, giustamente famose,l’Ecclesiam suam, un intensoinvito al dialogo con tutti, laPopulorum Progressio, con laquale impegnò la Chiesa«esperta in umanità» al servi-zio privilegiato dei poveri edegli oppressi. Cantore della«civiltà dell’amore», che trovapienezza in Cristo, esortò a far-sene testimoni i sacerdoti con l’enciclica Sacer-dotalis caelibatus e gli sposi con la Humanaevitae. Invitò a scoprire la bellezza dell’annunciodel Vangelo e alla testimonianza personale, poi-ché gli uomini «ascoltano i maestri solo se sonotestimoni». I mezzi di comunicazione hannoampiamente riferito sulla sua vita ed i suoi in-terventi. In particolare “il Cittadino” ha ri-chiamato i principali incontri dell’ArcivescovoMontini con la comunità monzese.

Montini e Monza. Giovanni Battista Mon-tini ebbe un particolare legame con la no-stra città, se non altro per l’omonimia colSanto patrono (da Arcivescovo festeggerà aMonza l’onomastico del 1956 nel nostro

Duomo). Aveva grande con-siderazione per la storia, lareligiosità e la tradizione digenerosa solidarietà diMonza. Ed i monzesi cono-scevano e stimavano il neoArcivescovo, e lo accolserocon entusiasmo. Montini ènominato Arcivescovo diMilano il 1° novembre 1954,diventa Vescovo il 12 dicem-bre ed il 6 gennaio 1955 fal’ingresso solenne nell’arci-diocesi milanese; è a Monzail 13 febbraio per celebrare laS. Messa vespertina.Nell’occasione salutò il po-polo monzese con due fortirichiami: la millenaria storiae tradizione cristiana di

Monza (“Io ti saluto, o popolo di Monza, cittàdella storia, che porti a noi l’eco e le vestigia disecoli lontani e rechi a noi il ricordo di date me-morabili e di momenti decisivi per la nostra ci-viltà...”) e la perenne novità del Vangelo(“...mi potreste dire che la parola di Dio è unseme antico, che viene dai secoli e avrà esauritola sua virtù vegetativa…. Io vi dico, invece, èancora nuovo e giovane e i secoli, lungi dall’averesaurito la sua carica generatrice, l’hanno au-mentata ed esso è pronto a dare esperimentodella sua giovinezza e della sua inesauribile fe-condità.“)

La gioia della militanza cristiana. Un altromomento speciale tra Montini e Monza fula cerimonia della S. Cresima del 14 maggio1955 nel nostro Duomo: l’Arcivescovo, coa-diuvato da mons. Mori del PIME, cresimòben 500 fanciulli. Nel commento alle foto ilgiornalista così si esprimeva: “…ad un trattola città fu costellata di fiori candidi per cui nelgran traffico ciascuno si soffermava attonito esorpreso. E’ la stagione in Duomo della grazio-sità per un rito che fa di piccoli bimbi e bimbemiliti forti di un crisma apostolico…”. Un lin-guaggio d’altri tempi, naturalmente, ma per

Il Beato Paolo VI e Monza

Giovanni Confalonieri

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disegnare una gioiosità che difficilmentepuò sperimentarsi oggi.

Piano Montini per le nuove chiese. Ilprimo impegno di Montini per Milano ful’indizione della Missione cittadina, attra-verso la quale vitalizzare la fede ed acqui-sire informazioni sulla situazione reale.Messi a fuoco i problemi, partivano le pro-poste dell’Arcivescovo, applicate a Milanoper irradiarsi poi nella Diocesi. Così la ne-cessità di luoghi di culto distribuiti sul ter-ritorio urbano in espansione, fece nascere il“Piano Montini per le nuove chiese”. PerMonza ricordiamo ad esempio la Parroc-chia di S. Giuseppe, la cui origine monti-niana è stata raccontata da don GiuseppeArosio, suo primo Parroco, su ”il Cittadino”del 16 ottobre 2014. Don Peppino ricorda ilpassaggio da sezione distaccata da S. Rocco,i cui “fedeli si ritrovavano in una improvvisatacappella in un condominio del rione, fino a chenel 1956 si diede inizio alla realizzazione dellaprima chiesa dedicata a s. Giuseppe….”, pocopiù di un semplice capannone. Nel 1961,durante la visita alla comunità monzese,l’Arcivescovo Montini annunciò la costitu-zione della comunità di San Giuseppe inParrocchia autonoma.Un’altro percorso interessante è quellodella Chiesa di Regina Pacis, legata ad unvoto fatto dai monzesi nel 1943, di costruireuna chiesa dedicata a Maria se la città fossestata risparmiata dai bombardamenti, comeavvenne. Infatti su Monza caddero pochebombe (una dopo il cavalcavia ferroviario,ed una all’Istituto ”Buon Pastore” in viaCavallotti, con danni limitati e poche vit-

time, tra cui due suore) rispetto, ad esem-pio, al pesante bombardamento subito aMilano. Nel 1943 la città era stata posta dalneo eletto Arciprete G. Rigamonti sotto laprotezione della Madonna delle Grazie, lacui immagine era stata esposta in Duomo,per la devozione dei fedeli, dal 7 al 21marzo ‘43, con grande concorso di popolo.La prima pietra della chiesa di Regina Pacisfu posata dal Card. Shuster il 22 settembre1945, ma solo nel 1961 (9 aprile) mons. Gio-vanni Rigamonti benedisse la nuova chiesa.

Vicinanza nel dolore. La nostra città futeatro di un grave incidente ferroviario incui persero la vita 17 persone (15 subito e 2in seguito) e circa 124 subirono ferite. Lamattina del 5 gennaio 1960, poco primadelle 8, il treno 341, proveniente da Sondrio

e diretto a Milano, deragliava dai binari al-l’altezza del sottopasso di viale Libertà, al-lora in costruzione. A causa della fittanebbia, il macchinista non si era reso contodi essere in prossimità del cantiere, doveuna struttura provvisoria consentiva il tran-sito solo a passo d’uomo, e non ridusse lavelocità. Il disastro fu inevitabile.

“…L’Arcivescovo Montini intervenneprontamente sul luogo del disastro, perportare conforto alle persone colpite dalladisgrazia e promuovere azioni in loro aiuto.Intervistato dalla TV , il suo pensiero si fo-calizzò in particolare su una delle vittime,il sacerdote don Giuseppe Gaffulli, parrocodi Dervio, morto sul colpo, trapassato da untroncone di rotaia, di cui Montini tracciò uncommosso ricordo. Le solenni esequie fu-rono celebrate da Montini nel nostro

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Duomo due giorni dopo la tragedia. Tral’unanime commozione, l’Arcivescovo ha pro-nunciato una elevata orazione i cui profondiconcetti di morte, di spiritualità, di confortodella fede e di solidarietà cristiana, sono scesicome un balsamo sugli afflitti presenti. (Co-mune di Monza. 1960: disastro ferroviario aMonza. 5 Gennaio 1960)Dopo oltre 50 anni di oblìo, una lapide a ri-cordo del disastro è stata collocata dallapubblica amministrazione il 5 gennaio 2011su un pilone del sottopasso; fu benedettadall’arciprete don Silvano Provasi. Questo èil testo della lapide: “Per non dimenticare levittime e i feriti del disastro ferroviario avvenutoil 5 gennaio 1960. A perenne ricordo. La città diMonza 5.1.2011”.

La visita pastoraleufficiale alla no-stra Parrocchia (8– 24 aprile 1961)Questo il testo deldecreto conclusivo:” DECRETO dellavisita pastoralecompiuta nella par-rocchia dell’insigneBasilica ArcipretaleCollegiata diMonza, il giorno 8aprile 1961 - Do-menica in albis.

“Commozione e ve-nerazione ha susci-tato in me la visitaPastorale a questa ve-tusta e storicaChiesa, che tantosplendore ha irradiato nella Chiesa milanese,lombarda e italiana; ad essa abbiamo di cuore tri-butato il nostro omaggio, ad essa augurato dipoter risplendere in edificazione ed esempio neltempo presente ed avvenire, non meno che nellungo e glorioso passato. E siamo stati lieti diriscontrare tutt’ora ricca e varia fioritura di vitareligiosa e di opere cattoliche nell’ambito dellaParrocchia matrice e, rendendone grazie al Si-gnore, ne abbiamo dato riconoscimento alRev.mo Mons. Arciprete, al suo venerabile clero,al suo valoroso laicato. Se non che la ricchezza

stessa di così prezioso patrimonio spirituale,comporta la grave responsabilità non solo dellaconservazione, ma della sempre nuova vitalità,quali i tempi nuovi e minacciosi reclamano.Esortiamo pertanto la venerata Parrocchia a per-severante fervore ed a rinnovata attività. I biso-gni non mancano: occorrerà favorire miglioreunità di spirito e di programmi nelle moltepliciassociazioni ed istituzioni esistenti nella Par-rocchia del Duomo e dell’intera città, occorreràstudiare un rinnovamento dell’Oratorio ma-schile; e occorrerà predisporre un restauro or-ganico degli edifici adiacenti alla Basilica; comepure si dovrà provvedere, con piani precedente-mente studiati, a dare una sistemazione migliorealle associazioni ed opere parrocchiali, e una sedecentrale e unitaria alle attività cattoliche citta-dine.

Consapevoli del dovere che a noi stessi incombedi appoggiare l’incremento della vita religiosa ecattolica della città, facciamo voti che a tantamissione voglia il Signore sostenere non perl’azione sempre vigile e zelante del degno Pa-store, ma la sua forza altresì e quella dei suoibuoni collaboratori.

F.to GB Card. MontiniArcivescovo diMilano,

dal PALAZZO Arcivescovile, 3 Maggio 1961

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Il secondo capitolo della Evangelii gaudium, chestiamo leggendo quest’anno, si intitola “Nellacrisi dell’impegno comunitario” e si dividechiaramente in due parti: le sfide che il mondoattuale lancia all’impegno di annuncio del

Vangelo e, di conseguenza, le tentazioni cuisono sottoposti gli operatori pastorali. E’ ilPapa stesso che, introducendo il capitolo, neprecisa il senso e l’importanza: “prima di par-lare di alcune questioni fondamentali relativeall’azione evangelizzatrice, conviene ricordarebrevemente qual è il contesto nelquale ci tocca vivere e operare…Non è compito del Papa offrire unaanalisi dettagliata e completa sullarealtà contemporanea, ma esortotutte le comunità ad avere una sem-pre vigile capacità di studiare isegni dei tempi. Si tratta di una re-sponsabilità grave, giacché alcunerealtà del presente, se non trovanobuone soluzioni, possono innescareprocessi di disumanizzazione dacui è poi difficile tornare indietro”.Sullo sfondo del tentativo di leggerela società in cui viviamo, il Papa il-lustra alcune sfide che il mondo pone al-l’azione della comunità cristiana, chiamataoggi come sempre, dal comando del SignoreGesù, ad annunciare il Vangelo ad ogni crea-

tura. Raccoglieremo questo insegnamentodella Evangelii gaudium attorno ad alcuni poli,lasciando parlare direttamente il Papa, il cuilinguaggio risulta più chiaro e più immediatodi qualsiasi commento.

No a una economia di esclusione.“Non è possibile che non faccia no-tizia il fatto che muoia assiderato unanziano ridotto a vivere per strada,mentre lo sia il ribasso di due puntiin borsa. Questo è esclusione. Nonsi può tollerare che si getti il cibo,quando c’è gente che soffre la fame.Questo è in equità. Oggi tutto entranel gioco della competitività e dellalegge del più forte, dove il potentemangia il più debole. Come conse-guenza di questa situazione, grandimasse di popolazione si vedono

escluse ed emarginate: senza lavoro, senzaprospettive, senza vie di uscita. Si consideral’essere umano in se stesso come un bene diconsumo, che si può usare e poi gettare. Ab-biamo dato inizio alla cultura dello “scarto”che viene addirittura promossa. Non si tratta

più semplicemente del fenomeno dell’oppres-sione e dello sfruttamento, ma di qualcosa dinuovo: con l’esclusione resta colpita, nella suastessa radice, l’appartenenza alla società in cui

Studiare i segni dei tempi

Don Carlo Crotti

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si vive, dal momento che in essa non si sta neibassifondi, nella periferia, o senza potere,bensì si sta fuori. Gli esclusi non sono sfruttati,ma rifiuti e avanzi”.

No alla nuova idolatria del denaro.“Una delle cause di questa situazione si trovanella relazione che abbiamo stabilito con il de-naro, poiché accettiamo pa-cificamente il suopredominio su di noi e sullenostre società. La crisi finan-ziaria che attraversiamo ci fadimenticare che alla sua ori-gine vi è una profonda crisiantropologica: la negazionedel primato dell’essereumano. Abbiamo creatonuovi idoli. L’adorazionedell’antico vitello d’oro hatrovato una nuova e spietataversione nella dittatura diuna economia senza volto enel feticismo del denaro… Dietro questo at-teggiamento si nasconde il rifiuto di Dio. Al-l’etica si guarda di solito con una certodisprezzo beffardo. La si considera contropro-ducente, perché relativizza il denaro e il po-tere. La si avverte come una minaccia, perchécondanna la manipola-zione e la degradazionedella persona. In defini-tiva, l’etica rimanda a unDio che attende una rispo-sta impegnativa, che sipone al di sopra delle cate-gorie del mercato”.

Alcune sfide culturali.Infine, in questa partedella Evangelii gaudium, ilPapa analizza alcune sfideche la cultura contemporanea pone all’operaevangelizzatrice. Brevemente e usando le pa-role stesse del Papa, accenniamo alle sfide

maggiori.“In molti luoghi si tratta di una diffusa indif-ferenza relativista… che non danneggia solola Chiesa, ma la vita sociale in genere. Ricono-sciamo che una cultura in cui ciascuno vuoleessere portatore di una propria verità sogget-tiva, rende difficile che i cittadini desiderinopartecipare ad un progetto comune che vada

oltre gli interessi e i desideripersonali”.“Nella cultura dominante, ilprimo posto è occupato daciò che è esteriore, imme-diato, visibile, veloce, super-ficiale, provvisorio. Il realecede il posto all’apparenza.In molti paesi la globalizza-zione ha comportato un ac-celerato deterioramentodelle radici culturali con l’in-vasione di tendenze appar-tenenti ad altre cultura,economicamente sviluppate,

ma eticamente indebolite”.“Il processo di secolarizzazione tende a ridurrela fede e la Chiesa all’ambito privato e intimo.Inoltre, con la negazione di ogni trascendenza,ha prodotto una crescente deformazione etica,un indebolimento del senso del peccato perso-

nale e sociale e un pro-gressivo aumento delrelativismo, che dannoluogo a un disorienta-mento generalizzato, spe-cialmente nella fasedell’adolescenza e dellagiovinezza, tanto vulnera-bile dai cambiamenti”.Il Papa ci dice che questaè l’aria che respiriamotutti. Questo è il contestoculturale in cui la nostra

comunità cristiana, tutte le comunità cristiane,sono chiamate ad annunciare all’uomo di oggila bellezza del Vangelo di Gesù.

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L’albero della vitaRRIITTOORRNNAATTIIRRIITTOORRNNAATTIIAALLLLAA CCAASSAA DDEELL PPAADDRREEAALLLLAA CCAASSAA DDEELL PPAADDRREEGGiiuussssaannii AAnnnnaammaarriiaaGGiiuussssaannii AAnnnnaammaarriiaaFFoorrggiiaa GGiiuusseeppppeeFFoorrggiiaa GGiiuusseeppppeeCCoolleettttii LLiicciiaaCCoolleettttii LLiicciiaaEErrbbaa BBiiaannccaarrllaaEErrbbaa BBiiaannccaarrllaaSSppeerraa AArrnnaallddoo RReennzzooSSppeerraa AArrnnaallddoo RReennzzooCCaassaaggrraannddee IIvvaannooCCaassaaggrraannddee IIvvaannooCCoonnttii FFrraanncceessccoo MMaarriiaaCCoonnttii FFrraanncceessccoo MMaarriiaaCCaattttaanneeoo AAnnttoonniiooCCaattttaanneeoo AAnnttoonniiooBBoonnaalluummii EEddooaarrddooBBoonnaalluummii EEddooaarrddoo

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VVeenneerrddìì 1133 mmaarrzzoo 22001155Gli arcivescovi di Milano e l’ “anomalia” di Monzaraccontati e illustrati da Valeriana Masperocon una riflessione di don Carlo Crotti

VVeenneerrddìì 1122 ggiiuuggnnoo 22001155Sotto le volte del Duomo: secoli di voci, note e compositoriraccontati e illustrati dal maestro Biovanni Barzaghi

con la Cappella Musicale del Duomo

GGllii iinnccoonnttrrii ssii ssvvoollggeerraannnnoo aallllee oorree 2211ccoonn iinnggrreessssoo llaatteerraallee ddaallllaa CCaannoonniiccaa

SSOOSSTTIIEENNII ““IIll dduuoommoo””E’ tempo di rinnovare gli abbonamenti: ma “Il duomo” domanda soprattutto di essere accoltoe sostenuto. Per il tuo sostegno puoi usare l’unito modulo di c/c postale oppure consegnare

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ma importante di comunicazione e di dialogo. Sarebbe opportuno avere gli indirizzi di tutte le famiglie

e la comunicazione di cambio di indirizzo, da farsi in segreteria parrocchiale.

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