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Spedizione in A.P. - 45% art. 2 Comma 20/b legge 662/96 - Filiale di Firenze - Settimanale - 1,50 Fondato il 15 dicembre 1969 Nuova serie - Anno XXXVI - N. 5 - 9 febbraio 2012 Scuderi : anticapitalisti confrontatevi col PMLI e uniamo le forze PAG. 16 A Bologna blindatissima, prima denuncia di massa dell’inaffidabilità democratica del presidente della Repubblica CONTESTATO NAPOLITANO MENTRE RICEVE LA LAUREA AD HONOREM Il capo dello Stato blinda Monti, invoca la “riforma” della Costituzione, attacca il “ribellismo” e la violenza delle masse e sbeffeggia i contestatori. Solidarietà del PMLI agli studenti LA POLIZIA DI MONTI E CANCELLIERI MANGANELLA I MANIFESTANTI PAG. 6 NO ALLA “RIFORMA” DEL “MERCATO DEL LAVORO” DEL GOVERNO MONTI NEOLIBERISTA E FILOPADRONALE Contratto d’inserimento per i giovani con diritti ridotti per 3 anni. Demolizione degli ammortizzatori sociali. Licenziamenti più facili VA FERMATA CON LO SCIOPERO GENERALE E LA LOTTA DI PIAZZA Voto quasi unanime del parlamento nero LA DESTRA E LA “SINISTRA” BORGHESE APPROVANO LA LINEA DI MONTI PER SALVARE L’UE IMPERIALISTA E L’EURO PDL, Lega e UDC votano assieme un emendamento sulle radici cristiane dell’Unione europea BUONA PARTECIPAZIONE ALLO SCIOPERO GENERALE INDETTO DA USB, SLAI, COBAS, CIB-UNICOBAS, SNATER,USI E SINCOBAS In 40 mila a Roma per cacciare il governo Monti “Via il governo dei banchieri e della BCE”. “Basta attacchi ai diritti dei lavoratori e dei pensionati”. “La crisi non la paghiamo noi” LIBERTA’ PER I NO-TAV ARRESTATI Con in testa i lavoratori dell’Alcoa a rischio chiusura LAVORATORI, STUDENTI, SINDACATI E SINDACI IN PIAZZA A CAGLIARI PER LO SVILUPPO DEL SULCIS I pastori sardi occupano i municipi INDAGINE DI BANKITALIA IL 10% DEGLI ITALIANI DETIENE IL 46% DELLA RICCHEZZA L’OCSE CONFERMA IL CRESCENTE DIVARIO TRA I REDDITI DEI PIÙ RICCHI IN RAPPORTO A QUELLI DEI PIÙ POVERI. IN ITALIA NEL 2008 ERA DI 10 A 1 PAG. 10 Pugno fascista di Monti contro pescatori e camionisti CARICATI I PESCATORI DAVANTI ALLA CAMERA: CINQUE FERITI Testimonianza di un ex partigiano I GIOVANI DEVONO SAPERE E FARE COME I MAESTRI IL PMLI E “IL BOLSCEVICO” SONO L’AVVENIRE DELLA ROSSA PRIMAVERA COMUNICATO DELL’UFFICIO STAMPA DEL PMLI Uniamoci per la libertà dei No Tav arrestati, contro la retata fascista di Monti, Cancellieri e Caselli Torino, 28 gennaio 2012. Manifestazione contro la Tav e in solidarietà con gli arrestati. Il PMLI ha partecipato con una delegazione di militanti e simpatizzanti provenienti dalla Lombardia (foto Il Bolscevico) Bologna, 30 gennaio 2012. La violenta carica delle “forze dell’ordine” contro il corteo degli studenti che contestava Napolitano 10MILA AGRICOLTORI, COMMERCIANTI, DISOCCUPATI E STUDENTI IN PIAZZA A PALERMO Allontanati i fascisti di Forza nuova. I dirigenti nazionali del PMLI elogiano i marxisti-leninisti palermitani NEL MIRINO MONTI E LOMBARDO PAG. 2 PAG. 10 PAG. 7 PAGG. 4-5 PAG. 2 PAG. 14 PAG. 8 PAG. 3

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CONTESTATO NAPOLITANO mentre riceve la laurea ad honorem - 11 febbraio 2012 TUTTI A ROMA CON LA FIOM-CGIL

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Spedizione in A.P. - 45% art. 2 Comma 20/b legge 662/96 - Filiale di Firenze - Settimanale - € 1,50 Fondato il 15 dicembre 1969 Nuova serie - Anno XXXVI - N. 5 - 9 febbraio 2012

Scuderi:anticapitalisti confrontatevi col PMLI e uniamo le forze

PAG. 16

A Bologna blindatissima, prima denuncia di massa dell’inaffi dabilità democratica del presidente della Repubblica

CONTESTATO NAPOLITANOMENTRE RICEVE LA LAUREA AD HONOREMIl capo dello Stato blinda Monti, invoca la “riforma” della Costituzione, attacca il “ribellismo”

e la violenza delle masse e sbeffeggia i contestatori. Solidarietà del PMLI agli studenti

LA POLIZIA DI MONTI E CANCELLIERI MANGANELLA I MANIFESTANTI

PAG. 6

NO ALLA “RIFORMA” DEL “MERCATO DEL LAVORO” DEL GOVERNO MONTI NEOLIBERISTA E FILOPADRONALE

Contratto d’inserimento per i giovani con diritti ridotti per 3 anni. Demolizione degli ammortizzatori sociali. Licenziamenti più facili

VA FERMATA CON LO SCIOPERO GENERALEE LA LOTTA DI PIAZZA

Voto quasi unanime del parlamento nero

LA DESTRA E LA “SINISTRA” BORGHESE APPROVANO LA LINEA DI MONTI PER SALVARE L’UE IMPERIALISTA E L’EUROPDL, Lega e UDC votano assieme un emendamento sulle radici cristiane dell’Unione europea

BUONA PARTECIPAZIONE ALLO SCIOPERO GENERALEINDETTO DA USB, SLAI, COBAS, CIB-UNICOBAS, SNATER,USI E SINCOBAS

In 40 mila a Roma per cacciare il governo Monti

“Via il governo dei banchieri e della BCE”. “Basta attacchi ai diritti dei lavoratori e dei pensionati”. “La crisi non la paghiamo noi”

LIBERTA’ PER I NO-TAV ARRESTATI

Con in testa i lavoratori dell’Alcoa a rischio chiusura

LAVORATORI, STUDENTI, SINDACATI E SINDACI

IN PIAZZA A CAGLIARI PER LO SVILUPPO DEL SULCIS

I pastori sardi occupano i municipi INDAGINE DI BANKITALIA

IL 10% DEGLI ITALIANIDETIENE IL 46%DELLA RICCHEZZA

L’OCSE CONFERMA IL CRESCENTE DIVARIO TRA I REDDITI DEI PIÙ RICCHI IN RAPPORTO A QUELLI DEI PIÙ POVERI. IN ITALIA NEL 2008 ERA DI 10 A 1 PAG. 10

Pugno fascista di Monti contro pescatori e

camionistiCARICATI I PESCATORI DAVANTI ALLA CAMERA: CINQUE FERITI

Testimonianza di un ex partigiano

I GIOVANI DEVONO SAPERE E FARE COME I MAESTRI

IL PMLI E “IL BOLSCEVICO” SONO L’AVVENIRE DELLA ROSSA PRIMAVERA

COMUNICATO DELL’UFFICIO STAMPA DEL PMLI

Uniamoci per la libertà dei No Tav arrestati, contro la retata fascista di Monti, Cancellierie Caselli

Torino, 28 gennaio 2012. Manifestazione contro la Tav e in solidarietà con gli arrestati. Il PMLI ha partecipato con una delegazione di militanti e simpatizzanti provenienti dalla Lombardia (foto Il Bolscevico)

Bologna, 30 gennaio 2012. La violenta carica delle “forze dell’ordine” contro il corteo degli studenti che contestava Napolitano

10MILA AGRICOLTORI, COMMERCIANTI, DISOCCUPATI E

STUDENTI IN PIAZZA A PALERMO

Allontanati i fascisti di Forza nuova.I dirigenti nazionali del PMLI elogiano i

marxisti-leninisti palermitaniNEL MIRINO

MONTI E LOMBARDO

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PAG. 7 PAGG. 4-5

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2 il bolscevico / governo monti N. 5 - 9 febbraio 2012

BUONA PARTECIPAZIONE ALLO SCIOPERO GENERALE INDETTO DA USB, SLAI, COBAS, CIB-UNICOBAS, SNATER,USI E SINCOBAS

In 40 mila a Roma per cacciareil governo Monti“Via il governo dei banchieri e della BCE”. “Basta attacchi ai diritti dei lavoratori e dei pensionati”. “La crisi non la paghiamo noi”

LIBERTA’ PER I NO-TAV ARRESTATIIndetto per il 27 gennaio da

USB, SLAI, CIB-UNICOBAS, SNATER, USI E SINCOBAS, lo sciopero generale di tutte le cate-gorie pubbliche e private per l’in-tera giornata ha avuto una buona se non ottima adesione con punte del 70% in alcune categorie, quel-la dei trasporti in primis, e in alcu-ne parti del Paese. Buona anche la partecipazione alla manifestazione nazionale che ha visto sfilare per le vie di Roma 40 mila tra lavora-trici, lavoratori, studenti, migranti. Un successo secondo gli organiz-zatori. Tenuto conto che questa è stata la prima mobilitazione gene-rale dei lavoratori indetta contro il governo della grande finanza, del-la UE e del massacro sociale da quando è salito al potere. Tenuto conto che esso gode dell’appoggio sperticato del presidente della Re-pubblica, Giorgio Napolitano, del 90% del parlamento e dell’insie-me del mass-media sia della car-

ta stampata che delle televisioni, Tenuto conto dei rapporti di forza sfavorevoli nei confronti dei sin-dacati confederali attardati in una trattativa sul “mercato del lavoro” che non promette nulla di buono.

Si è trattato di uno sciopero con forti contenuti politici, oltre che sindacali, come si evince dal do-cumento di indizione della mobi-litazione. Con al centro la conte-stazione del governo Monti “che conferma le precedenti manovre, colpisce l’intero sistema pensioni-stico e i livello di vivibilità econo-mica dei pensionati, riduce il po-tere d’acquisto dei salari attraverso l’aumento dell’Iva, dell’Irpef loca-le, dei ticket sanitari, delle accise sulla benzina e l’addizionale del-l’ICI sulla prima casa”. A segui-re le politiche ispirate dall’Unione europea che scarica “la crisi capi-talistica sui lavoratori e sulle fa-sce più disagiate”. Il modello Mar-chionne, l’estensione dell’accordo

di Pomigliano a tutto il gruppo Fiat che cancella il contratto nazionale di lavoro e instaura relazioni sinda-cali corporative e autoritarie. L’ac-cordo del 28 giugno 2011 firmato da CGIL, CISL, UIL e Confindu-stria che ha aperto la porta all’art.8 della manovra estiva dell’ex gover-no Berlusconi e, di conseguenza, al sistema delle deroghe dai Ccnl e dalle leggi sul lavoro.

Il corteo romano, a cui hanno partecipato operai, disoccupati, maestre, migranti, lavoratori del commercio, gli addetti alle teleco-municazioni, come pure tanti stu-denti medi e universitari e rappre-sentanti dei movimenti per la casa e i No-Tav, è partito da piazza del-la Repubblica dietro lo striscio-ne: “Via il governo Monti. Non paghiamo il debito” per attraver-sare le vie centrali e raggiungere piazza San Giovanni dove si sono tenuti i comizi finali. Un corteo lungo e combattivo, con tante ban-

diere rosse, in prevalenza quelle dell’USB, e con parole d’ordine palesemente antigovernative. Ec-cone alcune: “Via il governo dei bancheri. No al diktat dell’Unione europea. No all’attacco al lavoro e alla pensione”. “La crisi è vostra, la lotta è nostra“. “Riprendiamo i nostri diritti”. “Tutti insieme rial-ziamo la testa contro i licenzia-menti, la precarietà e la disoccu-pazione”.

Nel corso della manifestazio-ne, alcune banche, come Banca Intesa e Monte dei Paschi di Sie-na, sono state prese di mira con il lancio di uova e fumogeni. La stessa sorte è toccata all’assesso-rato alle politiche sociali del co-

mune di Roma. Non sono mancati travestimenti ironici di denuncia. Come quei manifestanti che han-no indossato delle buste di plastica nere con la scritta: “Siamo lavora-tori. Non siamo da gettare via”. Oppure i precari del comune di Fi-renze che impersonavano la Ban-da Bassotti, con appuntati sul pet-to le foto di Monti, Draghi, Merkel e Sarkozy e una enorme cassaforte (di cartone) in mano trascinata per strada. Altro episodio significati-vo della rabbia contro la UE e la BCE, la bandiera dell’Unione eu-ropea data al fuoco da alcuni ma-nifestanti. “No alla triade Monti, Merkel, Sarkozy – hanno gridato - non fanno altro che peggiorare la

nostra vita. Devono andarsene tut-ti a casa”.

In piazza San Giovanni sia da parte dei manifestanti sia dal pal-co sono partiti slogan in solidarietà ai No-Tav recentemente e ingiusta-mente arrestati. “Libertà per i com-pagni No-Tav”. “Libertà per tutti loro. Le lotte non si arrestano”.

La manifestazione si è chiu-sa con l’annuncio di due prossimi appuntamenti di lotta: 23 febbraio, giornata europea dei lavorato-ri pubblici e il 28 marzo, manife-stazione europea dei lavoratori dei trasporti a Bruxelles.

Vergognoso e vigliacco il silen-zio della grande stampa di regime su questa iniziativa di lotta.

Roma, 27 gennaio 2012. Manifestazione a carattere nazionale indetta dai sindacati non confederali

PUGNO FASCISTA DI MONTI CONTRO PESCATORI E CAMIONISTI

CARICATI I PESCATORI DAVANTI ALLA CAMERA: CINQUE FERITINon solo lacrime e sangue;

ma anche manette e manganello a chi osa protestare.

Questa è l’odiosa politica neo-fascista con cui il governo della grande finanza, della UE e della macelleria sociale guidato da Monti sta letteralmente massa-crando le masse lavoratrici e po-polari per salvare l’Italia dalla crisi economica capitalistica.

Tra i primi a farne le spese i camionisti e i pescatori che nei giorni scorsi sono scesi in piazza per protestare contro le misure adottate dal governo e in partico-lare contro il forte rincaro di tas-se, pedaggi e carburanti.

Manganellateai pescatori

Il 25 gennaio il pugno fascista di Monti e Cancellieri si è abbat-tuto sulle centinaia di pescatori che manifestavano sotto le fine-stre di Montecitorio.

Per diverse ore i pescatori provenienti da tutta Italia (in par-ticolare da Napoli, Genova e dai porti siciliani) hanno urlato tutta la loro rabbia contro il governo con striscioni e cartelli in cui fra l’altro si legge: “La Comunità Eu-ropea ci affonda”, “Vi state man-giando anche le nostre barche”, “Le regole del Nord Europa non valgono per il Mediterraneo”, ”La tua manovra la fa Schettino”, “Pescatori senza futuro”, “Il ga-solio aumenta le paghe calano”. Significativo anche il fatto che molti di loro indossano giubbotti arancioni di salvataggio.

La protesta è scandita anche dal continuo lancio di slogan da parte dei manifestanti contro il

governo e i ministri.“Siamo qui per dire no alla li-

cenza punti – ha chiarito un mani-festante – che ci vuole imporre la Comunità Europea così come an-che il giornale di bordo. Per non parlare poi del caro carburante: così non riusciamo ad andare avanti e c’è il rischio di un blocco totale”.

Il manifestante non fa quasi in tempo a finire il suo discorso che all’improvviso parte una pri-ma carica della polizia. Gli agenti in assetto antisommossa si ac-caniscono a suon manganellate, calci e pugni contro i pescatori. Cinque manifestanti sono feriti, due in modo serio; uno è diste-so in terra, ha bisogno di essere trasportato subito al pronto soc-corso ma trascorre quasi un’ora prima che l’ambulanza arrivi in piazza Montecitorio.

Ciononostante le “forze del-l’ordine” del regime neofascista non si fermano e non appena i manifestanti accennano a ripren-dere la protesta urlando “ver-

gogna, vergogna” partono altre violente cariche per allontanare i “disturbatori” dalla Camera dei deputati.

Al termine della giornata di protesta i pescatori durante il tra-gitto per raggiungere i treni e gli autobus per fare ritorno a casa, danno vita a un corteo improv-visato attraverso Via del Corso e piazza Venezia.

Intanto altre decine di pesca-tori, impossibilitati a raggiungere Roma, manifestavano sulla dar-sena del porto di Gioia Tauro dove sono attraccati i loro pescherecci. Insieme a loro, in segno di solida-rietà e di unità nella lotta, anche due rappresentanti dei traspor-tatori che presidiano l’autostrada Salerno-Reggio Calabria. I ma-nifestanti che provengono dalle marinerie di Bagnara Calabra, Gioia Tauro, Nicotera, Catanzaro Lido, Soverato e Roccella Jonica lamentano le difficoltà legate al caro gasolio e gli interventi sulla carta licenza a punti. Una delega-zione di pescatori ha incontrato il

comandante della Capitaneria di porto di Gioia Tauro Diego Tomat al quale hanno illustrato i proble-mi che vive la categoria. “Aspet-tiamo gli esiti dell’incontro in corso a Roma – afferma uno dei manifestanti – per poi decidere eventuali altre azioni di lotta”.

Manetteai camionisti

Al quarto giorno di blocchi il governo Monti è intervenuto pe-santemente anche contro i ca-mionisti mobilitando le prefetture e ordinando una vera e propria retata contro chi osa bloccare le strade.

L’input è partito dalla ministra dell’Interno Annamaria Cancel-lieri, la quale durante il suo inter-vento al Senato per fare il punto sulla situazione ha detto che: “Sono state impiegate dalle for-ze di polizia, su tutto il territorio nazionale, 1.160 unità di rinforzo” e ha dato mandato ai prefetti di intervenire: “se dovessero veri-ficarsi strascichi della protesta che compromettano la sicurezza della circolazione e l’incolumità delle persone – ha minacciato la ministra - i prefetti potranno far ricorso all’adozione di apposi-te, mirate ordinanze contingibili e urgenti”. Inoltre, Cancellieri ha annunciato “indagini anche su eventuali infiltrazioni mafiose tra i camionisti siciliani”.

Il primo a muoversi è stato il prefetto di Roma Giuseppe Peco-raro seguito a ruota dai prefetti di Ravenna e Bari che hanno emes-so ordinanze di chiaro stampo mussoliniano per vietare gli as-sembramenti di camion.

Sulla base di tutto ciò, a partire dal 25 gennaio due persone sono state arrestate al presidio degli autotrasportatori davanti al ca-sello dell’A14 di Termoli; altri tre manifestanti che nei giorni scorsi avevano dato vita a blocchi sono stati arrestati nel ragusano. A Caserta manette a cinque camio-nisti protagonisti della protesta. Altri due autotrasportatori sono stati arrestati nel tarantino. Nel napoletano il bilancio è di un ma-nifestante arrestato per violenza e minaccia a pubblico ufficiale e al-tri 11 autotrasportatori denunciati e a rischio sanzioni fino a 10mila

euro per “arbitrari blocchi stradali l’accusa”. C’è scappato anche il morto: ad Asti un manifestante è morto investito da un auto-artico-lato tedesco.

Insomma il manganello e le manette tanto care a Mussolini e a Berlusconi, evidentemente non dispiacciono nemmeno a Mon-ti. A conferma che dal neoduce Berlusconi al tecnocrate liberista borghese nulla è cambiato nel comportamento del governo della classe dominante borghese verso le masse popolari. Stessa politica interna, stessa politica estera e stesso manganello fascista.

L’USB critica la proposta Fornero del “contratto unico”“Un abnorme allungamento del periodo di prova

senza diritti e sotto ricatto di licenziamento”

Roma, 25 gennaio 2012. La polizia carica i pescatori che protestavano contro il governo Monti sotto Montecitorio

L’ipotesi avanzata dal mini-stro Elsa Fornero, nell’ambito della “riforma” del “mercato del lavoro”, è quella “di un contrat-to di entrata di 3 anni - si legge in una nota dell’Unione sinda-cale di base - durante i quali i diritti, compreso l’art. 18, ven-gono soppressi e/o drastica-mente limitati e, più in generale, la libertà dell’azienda di licen-ziare è condizionata soltanto al pagamento di alcune mensilità. In pratica si tratta di un abnor-me allungamento del periodo di prova nel quale - prosegue - il lavoratore si trova appeso a un filo, sempre più sotto ricatto e nell’assoluta impossibilità di

far valere i propri diritti e riven-dicare migliori condizioni. Chi avrà il coraggio di scioperare se il padrone può licenziare in qualsiasi momento?”.

“Ma il paradosso dei para-dossi è che questo contratto di entrata, cioè questo ap-prendistato/prova di tre anni, si sommerà alle altre forme di precarietà, che non verranno eliminate, se non qualche ti-pologia che non è mai sta real-mente applicata, creando così - è la conclusione dell’USB - un esercito di lavoratori senza di-ritti e con il ricatto costante del licenziamento e della disoccu-pazione”.

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N. 5 - 9 febbraio 2012 controriforma “mercato del lavoro” / il bolscevico 3In vista del secondo incontro tra il ministro Fornero, sindacati e Confi ndustria

NO ALLA “RIFORMA” DEL “MERCATO DEL LAVORO” DEL GOVERNO MONTI NEOLIBERISTA E FILOPADRONALE

Contratto d’inserimento per i giovani con diritti ridotti per 3 anni. Demolizione degli ammortizzatori sociali. Licenziamenti più facili

VA FERMATA CON LO SCIOPERO GENERALE E LA LOTTA DI PIAZZATira a diritto, eccome se tira a

diritto il governo della grande fi-nanza, della UE e della macelleria sociale guidato dal tecnocrate bor-ghese Mario Monti, che si va af-fermando come il nuovo “cavallo di razza” del grande capitale ita-liano ed europeo. In tempi incre-dibilmente brevi, grazie all’ap-poggio dei principali partiti della destra e della “sinistra” borghesi e con la sostanziale sterilizzazione del parlamento sono stati appro-vati il decreto contenete la mano-vra economica di 30 miliardi e il decreto sulle liberalizzazioni de-nominati impropriamente e con una buona dose di ipocrisia “Salva Italia” e “Cresci Italia”. A compi-mento di questo disegno neoliberi-sta che affama le masse popolari e distrugge i diritti dei lavoratori ora è la volta della “riforma” del “mer-cato del lavoro” da realizzare, an-ch’essa in fretta, al massimo entro febbraio-marzo con provvedimen-ti strutturali e senza tabù, come ha rimarcato di recente il presidente del consiglio non attraverso, pare, un decreto ma con una legge dele-ga, ma non è detto che sarà così; da definire (se possibile) con il consenso delle “parti sociali”, ma senza una vera e propria trattativa e relativo accordo formale.

A proposito di quest’ultimo aspetto non propriamente secon-dario, che le intenzioni del go-verno siano queste emerge dalle modalità messe in campo per or-ganizzare gli incontri tra il mini-stro del Welfare, Elsa Fornero, i segretari di CGIL, CISL e UIL Su-sanna Camusso, Raffaele Bonan-ni e Luigi Angeletti, il presidente di Confindustria Emma Marcega-glia, e il rappresentante di Rete-Imprese: prima incontri informali divisi organizzazione per organiz-zazione; poi un incontro plenario il 23 gennaio scorso dove il mi-nistro ha presentato le (sue) linee guida per articolare la “riforma” con cinque tavoli di confronto su cinque temi individuati, dando per scontata l’approvazione, seduta stante, delle suddette linee guida. Alla fine di questa settimana è pre-vista una seconda riunione plena-ria da dove, in teoria, dovrebbero partire i 4 tavoli di confronto, uno in meno di quelli che aveva propo-sto il ministro, sui seguenti temi: ti-pologie contrattuali; apprendistato, formazione e aggiornamento pro-fessionale; flessibilità, produttività e sviluppo; ammortizzatori sociali e servizi all’impiego. Ma sia Monti, sia la Fornero a più riprese hanno chiarito che una volta ascoltate le proposte delle “parti sociali” sarà il governo autonomamente a fare

la sintesi da portare in parlamen-to per cogliere gli obiettivi che già la Banca centrale europea (BCE) aveva dettato in questo campo al-l’ex governo Berlusconi. E pace se il risultato finale sarà differente, in parte o in tutto, di quanto discus-so con i sindacati e se scontenterà qualcuno, ad esempio la CGIL.

Linee essenziali e principali obiettiviVedremo se la Fornero modi-

ficherà qualcosa nella riunione in programma rispetto a quanto espresso sin qui: nella sostanza c’è da dubitarne. Tuttavia il progetto di “riforma” di stampo neoliberi-sta e filopadronale perseguito dal governo è già emerso nelle sulle linee essenziali che poggiano su tre obiettivi principali: un contrat-to di inserimento per i giovani con caratteristiche di supersfruttamen-to; modifiche radicali peggiorative al sistema vigente degli ammor-tizzatori sociali; sterilizzazione in tutto dell’art.18 dello Statuto dei lavoratori e comunque provvedi-menti che facilitino le modalità di licenziamento.

Sul primo punto la Fornero ha fatto riferimento al “contratto uni-co” modello Ichino, poi al modello Boeri-Garibaldi, successivamente ha parlato di “contratto prevalen-te” infine ha discettato sul contrat-to legato ai cicli della vita. Al di là delle varie denominazioni que-ste proposte sono essenzialmen-te simili: un contratto di tre anni con un sistema di diritti ridotti e crescenti nell’arco del contratto, ma senza la copertura dell’art.18 e quindi licenziabilità in ogni mo-mento con un piccolo rimborso economico. In altre parole un al-lungamento spropositato e del tut-to ingiustificato da un punto di vista professionale dei tempi di prova nel corso del quale il giova-ne lavoratore e perennemente sot-to ricatto occupazionale e quindi obbligato ad accettare il totale co-mando padronale e impossibilitato a partecipare ai vari momenti della vita sindacale, assemblee, scioperi ecc. Al termine, solo pochi super selezionatissimi giovani potranno sperare di essere assunti a tempo indeterminato.

Sul secondo punto, Monti e Fornero vorrebbero, con un solo colpo, ridurre gli ammortizzatori sociali alla sola cassa integrazio-ne ordinaria per un periodo non superiore ai 12 mesi, poi il licen-ziamento e il passaggio nelle liste della disoccupazione. Con la con-seguente eliminazione della cassa integrazione straordinaria, com-

presa quella in deroga e del perio-do di mobilità che segue in parti-colari casi di crisi e ristrutturazioni aziendali. Una proposta partico-larmente sciagurata, dal momen-to che è stata avanzata in una si-tuazione di grave crisi economica e recessione lungi da essere risolta che, secondo stime sindacali met-terebbe a rischio 300 mila posti di lavoro. Togliere la cassa integra-zione straordinaria (che insieme a quella ordinaria è coperta, tra l’altro, dai contributi dei lavorato-ri e delle imprese) significa spez-zare il rapporto dei lavoratori con l’azienda in crisi dove sono occu-pati, e impedire il rientro una volta che questa crisi è stata superata.

Il terzo punto, quello di au-mentare la flessibilità in uscita, ta-sto su cui batte forte anche Con-findustria, il governo non intende demordere e vuole ottenerla in ogni modo. L’art.18 non è un tabù e va dunque abbattuto, è il ritor-nello quasi quotidiano cantato da Monti e Fornero. In ogni caso si devono facilitare i licenziamen-ti. Come? Con il contratto d’in-serimento, nei primi tre anni di attuazione, riducendo gli ammor-tizzatori sociali alla solo Cig ordi-naria per 12 mesi, con l’aumento del tetto dei dipendenti da 15 a 50 per applicare lo Statuto dei lavora-tori, una proposta questa, presente

nella bozza delle liberalizzazioni e momentaneamente accantonata. Altre proposte usciranno dal cap-pello della Fornero su questo ver-sante per esempio, per liberalizza-re il licenziamento individuale per motivi economici.

È pure vero che il ministro ha accennato a una eventuale istitu-zione del “reddito minimo garan-tito” senza specificare la cifra e i beneficiari. Aggiungendo subito però che non ci sono i soldi e dun-que è un provvedimento da rinvia-re a un futuro indefinito.

Le reazioni al progetto governativo

In questa prima fase sia i sin-dacati che le associazioni padro-nali hanno accolto con freddezza le proposte del governo: “non c’è stata nessuna condivisione – ha detto la CGIL – delle proposte che il ministro ci ha illustrato”. E han-no criticato il metodo imbastito dalla Fornero la quale aveva persi-no chiesto di proseguire il confron-to per via internet (sic). Camusso, Bonanni e Angeletti chiedono che sui temi posti sul tavolo si svolga non un confronto delle idee, una sorta di dibattito, ma una trattati-va vera da concludersi con solu-zioni diverse da quelle avanzate dal ministro, condivise e fissate su

un accordo. Ma è un risultato otte-nibile questo senza una contesta-zione frontale e diretta del disegno del governo e senza accompagna-re la trattativa con la mobilitazio-ne dei lavoratori? Basti dire che il documento unitario messo a punto il 17 gennaio scorso dalle segrete-rie nazionali di CGIL, CISL e UIL per il confronto con il governo e la Confindustria non è stato mini-mamente preso in considerazione anche solo per la parte dedicata al “mercato del lavoro”, e relative ri-chieste fondate su: il contratto in-determinato come forma comune d’impiego; il contratto di appren-distato professionalizzante come forma d’impiego principale per i giovani; il contratto d’inserimen-to di reimpiego per i lavoratori disoccupati specie se over 50; il part-time per favorire la concilia-zione tra lavoro e famiglia e anche per governare situazioni di cri-si; percorsi che incentivino la tra-sformazione di contratti di lavoro impropriamente utilizzati, come il lavoro a progetto e false parti-te Iva, per ottenere la stabilizza-zione del posto di lavoro. Circa le varie tipologie di lavoro flessibile non ne viene chiesto espressamen-te l’abolizione o quanto meno lo sfoltimento ma maggiori costi per il datore di lavoro che ne voglia fare uso. Circa gli ammortizzatori

sociali è richiesto un riordino fon-dato su due strumenti: la cassa in-tegrazione sia ordinaria che straor-dinaria e il sostegno al reddito in caso di perdita del posto del lavoro a causa di crisi aziendali con l’in-dennità di mobilità o di disoccu-pazione da rivedere nella durata e nella quantità del reddito. Più i contratti di solidarietà da utilizza-re in alternativa alla messa in mo-bilità e ai licenziamenti.

Ci vuolela mobilitazionedei lavoratori

Senza la mobilitazione dei la-voratori, senza il loro pieno coin-volgimento finora esclusi da tutte le fasi di questa trattativa, nessuna consultazione è stata fatta o mes-sa in programma sulle posizio-ne del sindacato e sulle proposte del governo, è bene ripeterlo, non c’è alcuna possibilità di strappare un risultato positivo e nemmeno un compromesso accettabile. C’è chi, come Giorgio Cremaschi del-la FIOM, giudica la trattativa già totalmente compromessa. Perciò chiede che “almeno la Cgil trovi il coraggio di rompere con il gover-no. In ogni caso ci si dovrà mobili-tare comunque per fermare la trat-tativa che preannuncia disastri”.

“C’è la necessità di uno sciopero generale contro le scelte di questo governo”

di Giorgio CremaschiIl 27 gennaio sciopera una

parte rilevante del sindacalismo di base. È uno sciopero difficile, perché con questa crisi la perdita di una giornata di lavoro è sem-pre un costo pesantissimo per chi lavora. Ma è uno sciopero giusto perché il mondo del lavoro non può continuare ad accettare o a subire l’aggressione ai suoi diritti. Le ragioni immediate dello sciopero, a mio parere, sono al-meno tre.

La prima è il massacro sulle pensioni che, in nome dei giova-ni, ha portato l’età pensionabile, prima di tutto proprio per i giova-ni, alla soglia dei settanta anni.

In secondo luogo tutte le mi-sure della manovra economica del governo stanno colpendo le condizioni sociali e di vita di chi lavora, che vede ridotti i propri redditi, mentre il futuro è ancor più minacciato dalla recessione in arrivo, causata anche dalle ma-novre restrittive dei governi Monti e Berlusconi.

In terzo luogo, con l’ultimo de-creto sulle liberalizzazioni, il go-verno Monti si è schierato armi e bagagli con Marchionne e la sua linea di distruzione del contratto nazionale. Lo ha fatto proprio per

la materia di sua competenza, in-fatti ha stabilito per decreto che il trasporto pubblico non sarà più soggetto ai contratti nazionali, e quindi ha dato il via libera ai con-tratti low cost, sia nelle ferrovie, sia nel trasporto locale. Cosa questa che neppure il governo Berlusconi, autore dell’articolo 8 sulle deroghe contrattuali, si era sognato di fare. Ora si apre il ta-volo in cui, secondo Monti, il sin-dacato dovrebbe affrontare “sen-za tabù” la questione dell’articolo 18, cioè cominciare a rinunciarvi. Ci sono quindi molte ragioni im-mediatamente sindacali che por-tano alla necessità di uno scio-pero generale contro le scelte di questo governo. Ma ce n’è anche una di significato più vasto, che è bene non trascurare. Il gover-no Monti, si dice, ha un grande consenso di opinione pubblica. Questa è una parziale verità e una sostanziale mistificazione. (…)

Infatti, chi afferma questo, dimentica di dire che il governo Monti ha il consenso di oltre il 90% del Parlamento, del Presi-dente della Repubblica, del 98% della carta stampata e del 100% delle grandi televisioni. Di fron-te a questo consenso di regime enorme, il consenso reale nel-

l’opinione pubblica del governo non raggiunge il 60%. C’è quindi una parte enorme del paese che non condivide le scelte del gover-no, nonostante il sostegno istitu-zionale e mediatico enorme che esso raccoglie.

Di fronte a tutto questo è com-pito di chiunque creda nei diritti, nella democrazia, nell’uguaglian-za sociale, scendere in lotta per non lasciare campo libero a una protesta populista, reazionaria, xenofoba. Non parliamo affatto dei tassisti o degli autotraspor-tatori. La loro protesta ha sicura-mente degli elementi di ambigui-tà, ma parte da un’indignazione comprensibile. Non si può soste-nere realmente che la crisi eco-nomica si risolve aumentando le licenze per i taxi o per le farma-cie. Questo è un vero e proprio depistaggio propagandistico, che fa parte di quella campagna ideo-logica che cancella le ragioni reali della crisi, il debito, l’usura della finanza internazionale, le politi-che restrittive invece che quelle espansive di bilancio, la distru-zione del pubblico. Invece si dà la colpa ai tassisti, come nel film Johnny Stecchino si spiegava al protagonista che il problema di Palermo era il traffico.

Ecco, contro questo depistag-gio occorre che scenda in campo il movimento sindacale e demo-cratico e lo sciopero del 27 è un primo segnale di una mobilitazio-ne necessaria.

Poi seguirà la manifestazione della Fiom dell’11 febbraio e le iniziative proposte a tutti i movi-menti di lotta per marzo dal mo-vimento No Debito. Si tratta di scendere in piazza per affermare un’idea di uscita dalla crisi oppo-sta, sia a quella del capitalismo delle multinazionali, di cui il go-verno è interprete, sia a quella del populismo reazionario, agitata in particolare dalla Lega Nord. Si tratta, cioè, di difendere il lavoro e la democrazia. Dovrebbero farlo anche Cgil, Cisl e Uil, invece che farsi imprigionare in una trattativa in perdita sul mercato del lavoro. Se però i grandi sindacati confe-derali non lo fanno non è per que-sto giusto rimanere a casa. Bene quindi lo sciopero del 27 e tutte le lotte che portano e porteranno i diritti del lavoro e la democrazia in piazza.

(dichiarazione pubblica a fa-vore dello sciopero generale del sindacalismo non confederale del 27 gennaio scorso)

VISITATE IL NOSTRO SITO

www.pmli.it

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4 il bolscevico / no tav N. 5 - 9 febbraio 2012

COMUNICATO DELL’UFFICIO STAMPA DEL PMLI

Uniamoci per la libertà dei No Tav arrestati,contro la retata fascista di Monti, Cancellieri e Caselli

L’ORGANIZZAZIONE DI BIELLA DEL PMLI SOLIDALE CON GLI ARRESTATI NO TAV

L’Organizzazione biellese del PMLI esprime solidarietà ai mili-tanti del movimento popolare NO TAV che questa mattina all’alba sono stati arrestati dalla polizia in base alle ordinanze emesse dal GIP di Torino, Federica Bompie-ri, su richiesta del Procuratore ag-giunto Andrea Beconi, nell’ambi-to di un’inchiesta condotta dalla Questura di Torino. I sottoposti di Caselli si sono dimostrati pronti a colpire le donne e gli uomini del movimento popolare NO TAV che con determinazione da oltre 20 anni si battono nella giusta difesa dei propri territori e dell’ambiente contro le speculazioni dei signori del cemento disposti a deturpare la Val di Susa pur di spartirsi gli oltre 8,2 miliardi di euro in dieci anni

(almeno 2,7 a carico dell’Italia), ma c’è chi parla di 20, addirittura 40 miliardi di euro.

Ciò a fronte degli ingenti tagli al trasporto pubblico locale che renderanno nei prossimi mesi, per esempio, la città di Biella sempre più isolata da Milano e Torino con un trasporto su rotaia, ricordiamo-celo, che procede ancora con treni a nafta non essendo la linea ferro-viaria Novara-Biella-Santhià elet-trificata!

Solidarietà agli attivisti NO TAV arrestati!

Viva il movimento popolare NO TAV!

Per il PMLI.Biella -Gabriele Urban

Biella, 26 gennaio 2012

SOLIDARIETÀ AI NO TAV DAL C.S.O.A. “ANGELINA CARTELLA”

DI REGGIO CALABRIARiceviamo e pubblichiamo in estratti.

Ancora una volta, con le peg-giori accuse, si vuole colpire chi lotta in difesa dei territori e dei beni comuni, per i diritti di tut-ti e non di pochi, per costruire un mondo migliore rifiutando net-tamente il modello che banche e multinazionali ci vorrebbero im-porre. Si cerca di colpire non chi è “violento”, ma chi non è dispo-sto ad accettare compromessi, chi non si vende per un tozzo di pane: un’incompatibilità, un’opposizio-ne netta alle lobbies e ai loro piani di sfruttamento del territorio di cui il popolo No Tav è esempio quoti-diano e riconosciuto.

Un esempio che non piace cer-tamente ai vari governi che si sono

succeduti negli anni, e soprattut-to all’attuale, quello delle ban-che. Quello stesso governo che da una parte dice di definanziare il progetto Ponte, dall’altra lancia nel decreto legge sulle liberalizza-zioni i “project bonds”, rinviando così solo nel tempo l’utilizzo di denaro pubblico per questa gran-de truffa. Sì, perché per le banche - quelle che realmente dettano la linea politica - il Ponte, la Tav, le grandi opere sono fondamentali per i loro progetti e per il loro be-nessere, non certo per il benessere della popolazione. E chi si oppone deve scomparire!

C.S.O.A. “Angelina Cartella” - Collettivo UniRC - Comitato

Acqua Pubblica di Villa San Giovanni (Reggio Calabria)

Le liberalizzazionidi Monti scardinano

l’art. 41 della Costituzionedi Stefano Rodotà

Qui di seguito pubblichiamo la seconda parte dell’articolo, titola-to “Semplificare senza sacrifici”, apparso su “la Repubblica” del 23/01/2012.

Tutt’altra aria si respira quando si considera l’articolo 1 del decre-to. Qui non si trova uno dei soliti inutili e fumosi prologhi in cielo che caratterizzano molte leggi. Si fanno, invece, tre inquietanti ope-razioni: si prevede l’abrogazione di una serie indeterminata di nor-me, affidandosi a indicazioni as-sai generiche, che attribuiscono al governo una ampiezza di po-teri tale da poter sconfinare quasi nell’arbitrio; si impongono crite-ri interpretativi altrettanto inde-terminati e arbitrari; soprattutto si reinterpreta l’articolo 41 della Costituzione in modo da negare gli equilibri costituzionali lì niti-damente definiti. L’obiettivo di-chiarato è quello di liberalizzare le attività economiche e ridurre gli oneri amministrativi sulle impre-se. Ma la via imboccata è quella di una strisciante revisione costi-tuzionale, secondo una logica as-sai vicina a quella di tremontiana memoria, poi affidata a uno scia-gurato disegno di legge costitu-zionale sulla modifica dell’artico-lo 41, ora fortunatamente fermo in Parlamento.

Indico sinteticamente le ra-gioni del mio giudizio critico. Le norme da abrogare vengono indi-viduate parlando di limiti all’atti-vità economica “non giustificati da un interesse generale, costitu-zionalmente rilevante e compati-bile con l’ordinamento comuni-tario nel rispetto del principio di proporzionalità”; e di divieti che, tra l’altro, “pongono limiti, pro-grammi e controlli non ragione-voli ovvero non adeguati ovvero non proporzionati rispetto alle fi-nalità pubbliche dichiarate”. Tut-te le altre norme devono essere “interpretate e applicate in sen-so tassativo, restrittivo e ragione-volmente proporzionato rispetto alle perseguite finalità di interesse pubblico generale”. Non v’è biso-gno d’essere giurista per render-si conto di quanti siano i problemi legati a questo modo di scrivere le norme. Non è ammissibile che l’“interesse pubblico generale” sia identificato con il solo princi-

pio di concorrenza, in palese con-trasto con quanto è scritto nell’ar-ticolo 41. Il sovrapporsi di diversi soggetti nella definizione com-plessiva delle nuove regole può creare situazioni di incertezza e di conflitto. Il bisogno di semplifica-zione e di cancellazione di inuti-li appesantimenti burocratici non può giustificare il riduzionismo economico, che rischia di sacrifi-care diritti fondamentali conside-rati dalla Costituzione irriducibili alla logica di mercato. Si preten-de di imporre i criteri da segui-re nell’interpretazione di tutte le norme in materia: ma le leggi si interpretano per quello che sono, per il modo in cui si collocano in un complessivo sistema giuridico, che non può essere destabilizzato da mosse autoritarie, dall’inam-missibile pretesa di un governo di obbligare gli interpreti a confor-marsi alle sue valutazioni o prefe-renze. In anni recenti, si è dovuta respingere più d’una volta questa pretesa, che altera gli equilibri tra i poteri dello Stato.

L’operazione, di chiara im-pronta ideologica, è dunque tecni-camente mal costruita dal governo dei tecnici. Ma, soprattutto, deve essere rifiutata perché vuole im-porre una modifica dell’articolo 41 della Costituzione, attribuendo valore assolutamente preminente all’iniziativa economica privata e degradando a meri criteri inter-pretativi i riferimenti costituzio-nali alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana. Questo capo-volgimento della scala dei valori è inammissibile. Un mutamento così radicale non è nella dispo-nibilità del legislatore ordinario, e dubito che possa essere oggetto della stessa revisione costituzio-nale. Quando sono implicate li-bertà e dignità, siamo di fronte a quei “principi supremi” dell’ordi-namento che, fin dal 1988, la Cor-te costituzionale ha detto che non possono “essere sovvertiti o mo-dificati nel loro contenuto essen-ziale neppure da leggi di revisione costituzionale”. Certo, invocan-do una qualsiasi emergenza, que-sto può concretamente avvenire. Allora, però, si è di fronte ad un mutamento di regime. Se ancora sopravvive un po’ di spirito costi-tuzionale, su questo inizio del de-creto, e non nella difesa di questa o quella corporazione, dovrebbe esercitarsi il potere emendativo del Parlamento.

Esplode metanodotto in Lunigiana 3 OPERAI GRAVISSIMI, 10 I FERITI

L’ennesimo gravissimo inci-dente sul lavoro poteva assume-re dimensioni catastrofiche. È il 18 gennaio e siamo nel comune di Tresana in Lunigiana, a 9 chi-lometri da Aulla, piccola fetta di terra in provincia di Massa Car-rara già martoriata dall’alluvione dell’ottobre scorso. Erano passate da poco le 14 quando è scoppia-ta una conduttura del metanodotto La Spezia-Parma, una sorta di au-tostrada del gas.

A provocare l’esplosione sa-rebbe stata l’accidentale manovra

di un escavatore che nelle opera-zioni di manutenzione di routine avrebbe sganciato accidentalmen-te una delle tubature.

Quello che ne è seguito è stato l’inferno. Il boato dell’esplosione, che ha aperto un cratere di 25 me-tri di diametro e 7 metri di profon-dità, si è sentito a parecchi chilo-metri di distanza. Poi nel giro di pochi secondi un incendio colos-sale con fiamme fino a 200 metri di altezza ha lambito la corsia del-l’autostrada A15 e distrutto case e cose che ha trovato sul proprio

cammino. Tre operai, che erano al lavoro

sul luogo, padre e figlio di nazio-nalità rumena e l’addetto all’esca-vatore, sono stati investiti in pieno dalle fiamme e, ricoverati in gra-vissime condizioni nei centri per grandi ustionati, stanno ancora lottando tra la vita e la morte. Tutti e tre erano alle dipendenze di una ditta che aveva in sub appalto il la-voro per conto della Snam. I feriti accertati in totale sono dieci. Oltre agli operai sono rimasti coinvolti in modo più o meno grave diversi

abitanti della zona. Infatti l’esplo-sione ha abbattuto almeno tre abi-tazioni di Tresana, distrutto cam-pi, fienili e auto.

Del tutto da chiarire, inve-ce è la dinamica che ha provoca-to l’esplosione. Infatti Snam Rete Gas – la società controllata dal-l’Eni che gestisce la distribuzione ai consumatori finali – si è limita-ta a confermare che su quel trat-to di metanodotto erano in corso lavori di ripristino, e che due dei cinque tecnici al lavoro non hanno riportato danni. In assenza di det-tagli-chiave sul grave incidente al-cuni tecnici hanno osservato che effettivamente si può lavorare sen-za chiudere le tubature a monte e a valle del tratto di conduttura da ri-pristinare, e comunque per tali in-terventi Snam Rete Gas si serve in esclusiva di numerose “ditte” che utilizzano soltanto personale al-tamente qualificato, che non ag-gredirebbe mai un metanodotto – ossia qualcosa di immensamente superiore a una semplice “condut-tura” - con un escavatore. Ma “se hanno strappato quello che hanno trovato sotto”, spiegano, è possibi-le che non sapessero su quale pro-blema stessero operando. E allora la domanda chiave diventa: la ditta che aveva in appalto il lavoro era titolata a farlo o era un sub appal-to? E i lavoratori avevano le com-petenze adeguate per affrontarlo o sono stati mandati al macello?

Queste sono le domande a cui occorre dare al più presto rispo-ste.

Non pensavamo che il pro-curatore Giancarlo Caselli (area PD) si prestasse a fare da brac-cio armato del governo Monti nel tentativo di bloccare la rabbia e le lotte crescenti delle masse mas-sacrate dalle misure governative di lacrime e sangue. Questo è il vero senso politico dei 26 arresti e dei 15 obblighi di dimora dei NO TAV rei di lesioni, violenza e resistenza a pubblico ufficia-

le, danneggiamento aggravato in concorso.

In realtà essi sono unicamente colpevoli di aver lottato con ab-negazione esemplare per evita-re la devastazione ambientale di Val di Susa. Chiediamo perciò che gli arrestati siano immedia-tamente liberati e non rinviati a giudizio.

Rileviamo con rammarico, ma non con sorpresa, che dal neodu-

ce Berlusconi al tecnocrate li-berista borghese Monti nulla è cambiato nel comportamento del governo della classe dominante borghese verso le masse popola-ri. Stessa politica interna e stes-sa politica estera. In altre parole: neofascismo all’interno e inter-ventismo imperialista all’ester-no. Con la copertura e la conni-venza della “sinistra” borghese, con in testa il nuovo Vittorio

Emanuele III, Giorgio Napolita-no, che ha abbandonato le masse in lotta lasciando campo libero ai vecchi e nuovi imbroglioni poli-tici di destra che le strumentaliz-zano ai fini dei loro sporchi gio-chi elettorali. È necessario invece appoggiare e stare dentro i mo-vimenti di massa in lotta proprio per impedire a costoro di egemo-nizzarli e di deviarli dai loro giu-sti obiettivi.

Per questo dobbiamo soste-nere e unificare le lotte in atto, a cominciare da quelle dei piccoli agricoltori, dei pescatori, dei di-soccupati, dei pastori, dei lavo-ratori dell’Alcoa e del Sulcis, dei camionisti, dei tassisti, dei ben-zinai, utilizzando tutte le forme di lotta ritenute utili, in primo luogo lo sciopero generale come hanno fatto oggi i “sindacati di base”. L’esperienza del movi-

mento NO TAV è un importan-te esempio per tutti i movimen-ti di lotta. Un motivo in più per difendere i suoi militanti ai qua-li va la piena e attiva solidarie-tà dei marxisti-leninisti italiani. Domani tutti alla manifestazione di Torino.

L’Ufficio stampa del PMLI

Firenze, 27 gennaio 2012, ore 15,50

Richiedete

Le richieste vanno indirizzate a:[email protected]

indirizzo postale:IL BOLSCEVICOC.P. 47750100 FIRENZE

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N. 5 - 9 febbraio 2012 no tav / il bolscevico 5

10 MILA SFILANO A TORINO CONTRO LA TAV E LA RETATA FASCISTA

Ferma e determinata risposta al blitz fascista contro il movimento No Tav che ha portato all’arresto di 26 attivisti, 15 obblighi di dimora, perquisizioni in 15 province. Qualifi cata e combattiva partecipazione di una delegazione del PMLI

“LA VALLE NON SI ARRESTA. LIBERTA’ PER I NO TAV”“Una retata non fermerà la pro-

testa della Val di Susa”. E così è stato. Nonostante il freddo e la neve, sabato 28 gennaio in 10 mila hanno invaso Torino. Il popolo No Tav è sceso in piazza compatto e più unito che mai per protestare contro il blitz fascista, scattato al-l’alba di giovedì 26 gennaio e che su ordine del procuratore Giancar-lo Caselli, ha portato all’arresto di 26 manifestanti, 15 obblighi di di-mora, denunce e perquisizioni in tutta Italia per gli scontri attorno al cantiere di Chiomonte del 27 giu-gno e del 3 luglio 2011. Ma il po-polo No Tav si è ritrovato in piazza anche, ed era il motivo per cui era stata indetta già da tempo questa manifestazione, per portare in cit-tà le cariole cariche di “macerie”, ossia filo spinato, cartucce di gas lacrimogeno, alberi tagliati, rac-colti dal presidio della Maddale-na di Chiomonte, espugnata con la forza e con le ruspe da poliziotti, carabinieri e alpini, al movimen-to No Tav e militarizzata per pro-teggere il famigerato cantiere geo-gnostico.

Un corteo combattivo e deter-minato ha percorso con slogan e

striscioni le vie del centro da Porta Nuova a piazza Vittorio, passando per piazza Castello, dove, davan-ti alla sede della Regione Piemon-te presidiata da un fitto cordone di poliziotti in assetto antisommos-sa, sono stati scaricati i detriti del-la Maddalena. Il grande striscione d’apertura con Asterix e Obelix “La Valle non si arresta, libertà per i No Tav”, rappresentava la forte risposta del movimento alla retata fascista. E poi cartelli sparsi, come “Nicola Cosentino in parlamento, i No Tav in galera”, o come “Tra i nostri Monti la Tav non Passe-ra”, ironizzando sul doppio senso dei nomi del presidente del consi-glio e del ministro per lo sviluppo. “Mancano i soldi per la scuola e la ricerca ma li si spreca per l’alta velocità che non serve!”, recitava un altro. Il coro “Giù le mani dalla Valsusa” è stata la colonna sonora che ha accompagnato il corteo per tutto il tragitto.

A sfilare, prima di tutto una nu-trita rappresentanza dei valligiani, assieme giovani dei centri sociali, pezzi del sindacato, tra cui la Fiom con il segretario torinese Federico Bellono che ha dichiarato: “è im-portante ribadire il carattere popo-lare e democratico del movimento e le ragioni mai tanto forti contro quest’opera”. Presenti anche molti amministratori valsusini e i parti-

ti come Sel, Sinistra Critica, Mo-vimento cinque stelle, Comunisti italiani e Rifondazione Comuni-sta. Con una rossa e combattiva delegazione composta da militanti e simpatizzanti della Lombardia, il PMLI ha sfilato sotto le bandie-re del Partito di cui una abbinata a quella dei No Tav. Fin dal concen-tramento i compagni, hanno diffu-so centinaia di volantini riportan-ti il comunicato stampa del Partito dal titolo “Uniamoci per la libertà dei No Tav arrestati, contro la reta-ta fascista di Monti, Cancellieri e Caselli” suscitando l’interesse dei manifestanti tra i quali c’è chi ne ha chiesto più di una copia. Dif-fuse anche copie abbinate dei nn. 1 e 2 de “Il Bolscevico”. Al gri-do di “Liberi tutti, liberi subito” e di “No Tav No Tav” e intonando “Bella Ciao”, “Fischia il Vento” e i “Ribelli della montagna”, i nostri compagni hanno qualificato poli-ticamente la propria presenza nel corteo riuscendo a coinvolgere le decine di manifestanti circostanti.

Alla delegazione dei marxisti-leninisti lombardi sono giunti i ringraziamenti della Commissio-ne per il lavoro di organizzazione

del CC del PMLI in cui tra l’altro si sottolinea: “Sotto la direzione del compagno Angelo Urgo, voi avete rappresentato al meglio tut-to il Partito e diffondendo centi-naia e centinaia di volantini, sotto la pioggia e il nevischio, voi avete fatto capire concretamente che il PMLI si considera parte integran-te dell’esemplare movimento No Tav e fa quanto gli è possibile per sostenerlo e per difendere i suoi militanti dalla repressione fascista del governo Monti. Tra l’altro ab-biamo saputo che diversi Comita-ti No Tav hanno rilanciato il Co-municato dell’Ufficio stampa del PMLI”.

Chi non si aspettava la grande partecipazione al corteo di Torino – ha detto a caldo Alberto Perino, uno dei leader storici del Movi-mento No Tav – vuol dire che non ha capito niente. Il popolo No Tav non si spaventa, sono vent’anni che abbiamo messo in conto di po-ter venire arrestati. Giovedì hanno messo in galera qualcuno che gli serviva per affermare che il movi-mento No Tav non fosse pacifico e popolare ma fatto di infiltrati”. Del resto, aveva comunque dichia-rato, sempre Perino all’indomani del blitz, “la nostra azione di di-sobbedienza civile comporta an-che la possibilità di infrangere le leggi ingiuste. E per noi quel can-

tiere e quelle recinzioni sono ille-gittime”. Come illegittimi lo sono stati gli arresti, per i quali i No Tav parlano di due pesi e due misure nel comportamento della procura. “Si tratta di un’operazione di mar-chio fascista – denuncia sempre Perino – anche se porta la firma di Caselli. Ed è stata fatta in tutta l’Italia, per tutti quelli che alzano la testa: camionisti, tassisti, pesca-tori, pastori”. Per i No Tav la reta-ta è stata fatta per dare un esem-pio a “tutti quelli che pensano di dire di no a Monti e ai banchieri”. Duro sul blitz poliziesco anche il leader della Fiom Cremaschi, pre-sente alla manifestazione di To-rino, che sostiene che il governo Monti “in un momento di tensio-ni sociali crescenti fa di tutto per fermarle. Invece che ascoltarle, le reprime. Si vuole dare un segna-le di repressione a tutte le proteste sociali che crescono e cresceranno nel Paese ed è questa la cosa più grave e inaccettabile di tutte”.

In solidarietà con la manifesta-zione di Torino e contro gli arre-sti altre clamorose proteste si sono svolte, sempre il 28 gennaio, nel resto del Paese, come a Napoli dove una trentina di attivisti hanno occupato un binario della stazio-ne centrale e ritardato di mezz’ora la partenza di un Freccia rossa per Milano. A Mestre un altro grup-po di No Tav ha occupato alcuni uffici di Trenitalia nella stazione ferroviaria esponendo striscioni con la scritta “No Tav né in Val di Susa né in Veneto”. E poi a Pado-va giovani del centro sociale Pe-dro hanno occupato la saletta Vip Freccia Rossa, e a Cosenza dove si è svolto un presidio in piazza XI settembre per protestare contro la perquisizione nei confronti del se-gretario della Filctem Cgil Giu-seppe Tiano.

Mentre, la sera stessa di giove-dì 26 gennaio in ben 8 mila ave-vano partecipato alla fiaccolata a Bussoleno (comune della Val di Susa), per testimoniare la solida-rietà agli arrestati e denunciare l’attacco strumentale e mediatico al movimento. Mentre a Torino un corteo di alcune centinaia di mani-festanti aveva bloccato il centro al grido “Liberi e libere subito”. In-numerevoli sono invece gli attesta-ti di solidarietà giunti agli arrestati e al movimento No Tav da tutto il paese, a partire dal Comitato 3,32

Parte della delegazione del PMLI al corteo dei No Tav (foto il Bolscevico)

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dell’Aquila, al Comitato No F35, agli AteneinRivolta, alla Sapienza in Mobilitazione, ai Centri sociali, e tanti tanti altri.

I reali obiettividel blitz fascista

Insomma il movimento No Tav non solo non ci sta a farsi crimina-lizzare ma ha ben chiaro che è di fronte ad un teorema politico volu-to da Monti e dal ministro dell’In-terno Cancellieri a cui si prestato a fare da braccio armato il procura-tore Giancarlo Caselli per stronca-re definitivamente il braccio di fer-ro col movimento No Tav.

Sono i fatti che parlano da soli. A partire dalla sproporzione tra le dimensioni dell’operazione poli-ziesca e i reati contestati. Partia-mo dalla retata, che è partita da un’inchiesta della Digos e della Procura di Torino sugli scontri del 27 giugno, lo sgombero del presi-dio permanente della Maddalena e del 3 luglio quando in 70 mila

No Tav assediarono il cantiere di Chiomonte. È l’alba quando par-te il blitz contro decine di attivi-sti del movimento. I reati conte-stati sono: resistenza a pubblico ufficiale, lesioni e danneggiamen-to in concorso. La maxi-operazio-ne vede coinvolte massicciamen-te le “forze dell’ordine” e scatta in quindici province: Torino, Asti, Milano, Trento, Palermo, Roma, Padova, Genova, Pistoia, Cremo-na, Macerata, Biella, Bergamo, Parma e Modena. Vengono per-quisiti tre centri sociali, El Paso, il Metzcal e il Barocchio. Tra gli ar-restati o agli obblighi di dimora ci sono pensionati, studenti (tre mi-norenni) un consigliere comunale storico militante del movimento, un barbiere di paese, una donna al 7 mese di gravidanza, un sin-dacalista della CGIL, un dirigen-te del PRC, un militante dell’Ar-ci che, paradossalmente tre anni fa aveva regalato una t-shirt a Casel-li in segno di riconoscenza per la difesa della Costituzione. Eppu-

re tutti i titoli dei quotidiani e dei telegiornali centrano l’attenzione solo sull’arresto di un ex brigatista (oggi 67enne), di un ex Prima Li-nea (60 anni), e sugli arrestati che gravitano attorno ai centri sociali e anarchici. Lo scopo palese è di far passare la tesi, tra l’opinione pub-blica ma anche all’interno del mo-vimento, che la lotta contro la Tav è inquinata dalle “frange violente” e addirittura potrebbe prestare il fianco al terrorismo.

Il teorema di Caselli contro il movimento

Per il magistrato Livio Pepi-no, che è stato membro del Con-siglio superiore della magistratura e presidente di Magistratura de-mocratica, il blitz contro i No Tav “è qualcosa di assai più grave” di una “forzatura soggettiva”. È “una tappa della trasformazione dell’in-tervento giudiziario da mezzo di accertamento e di perseguimen-to delle responsabilità individua-li (per definizione diversificate) a strumento per garantire l’ordi-ne pubblico”. Infatti il magistrato sottolinea non solo che gli arresti, nei tempi e modi come sono avve-nuti (a 7 mesi dai fatti), non era-no obbligatori, ma fa notare che nella stessa ordinanza di custodia cautelare si ammette con candore che è il movimento No Tav il ber-saglio della misura: “I lavori per la costruzione della linea ferro-viaria Torino-Lione proseguiran-no almeno altri due anni: pertanto, non avrà fine, a breve termine, il contesto in cui gli episodi violen-ti sono maturati; peraltro, il movi-mento No Tav ha pubblicamente preannunciato ulteriori iniziative per contrastare i lavori”. Inoltre l’inchiesta, spiega ancora Pepino, decontestualizza totalmente gli avvenimenti, ossia la grande mo-bilitazione popolare “il cui fine non era aggredire le ‘forze del-l’ordine’” ma ostacolare l’apertu-ra del cantiere ritenuto illegittimo. Invece nell’ordinanza tutto è ridot-to “ad una aggressione collettiva e preordinata” nei confronti delle forze dell’ordine. Come sparisco-no il fittissimo lancio di lacrimo-geni ad altezza d’uomo e di con-seguenza si decontestualizza la reazione dei manifestanti che si sono difesi come hanno potuto.

Quindi conclude Pepino “tan-to basta per segnalare che la que-stione riguarda direttamente il rap-porto tra conflitto e giurisdizione e non solo – come si cerca di accre-ditare – alcune frange isolate ed estremiste”.

Torino, 28 gennaio 2012. La combattiva manifestazione contro la Tav e contro il blitz fascista contro gli attivisti No Tav

Torino, 28 gennaio 2012

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6 il bolscevico / interni N. 5 - 9 febbraio 2012

A Bologna blindatissima, prima denuncia di massa dell’inaffi dabilità democratica del presidente della Repubblica

CONTESTATO NAPOLITANOMENTRE RICEVE LA LAUREA AD HONOREM

L’inquilino del Quirinale blinda Monti, invoca la “riforma” della Costituzione, attacca il “ribellismo”e la violenza delle masse e sbeffeggia i contestatori. Solidarietà del PMLI agli studenti

LA POLIZIA DI MONTI E CANCELLIERI MANGANELLA I MANIFESTANTIÈ stato un discorso del tutto in-

centrato sulla difesa a spada trat-ta del governo Monti quello tenu-to dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano lunedì 30 gen-naio all’aula magna dell’Univer-sità di Bologna in occasione del conferimento della laurea honoris causa in relazioni internazionali. Una laurea, si legge nelle motiva-zioni, che riconosce il suo “contri-buto fondamentale allo sviluppo della cultura europea e al supera-mento degli steccati ideologici” e il suo ruolo di “convinto sostenito-re del processo di trasformazione del PCI”. In altre parole, il nuovo Vittorio Emanuele III è stato “pre-miato” in quanto rinnegato del co-munismo e paladino dell’Europa imperialista e affamatrice dei po-poli.

Nel suo discorso, dicevamo, Napolitano ha lodato il governo Monti perché ha saputo evitare, con le sue misure di lacrime e san-gue, “il rischio di un vero e pro-prio collasso finanziario pubblico” (leggi crollo disastroso del capita-lismo) ed ha auspicato un “corretto

confronto con le forze sociali” in un “clima costruttivo”. Ha lanciato un chiaro monito a non mettere in campo “reazioni a qualsiasi prov-vedimento legislativo che vadano bene al di là di richieste di ascol-to e confronto, e anche di proteste nel rispetto della legalità, per sfo-ciare nel ribellismo e in violenze inammissibili”. Insomma, secon-do il santo protettore del governo della grande finanza e dell’Ue, le lotte attualmente in corso devono smorzare immediatamente il tiro e i toni e piegarsi ad un fallimenta-re “patto sociale” tutto a vantaggio della borghesia, del governo e del padronato. In caso contrario è giu-stificata la repressione, come nel caso del movimento No Tav, “nel tentativo”, come ha denunciato il PMLI, “di bloccare la rabbia e le lotte crescenti delle masse massa-crate dalle misure governative di lacrime e sangue”.

Blindato il governo Monti, Na-politano ha quindi dettato i compi-ti ai partiti e all’intero parlamento esortandoli ad affrontare insieme i temi di “riforma delle istituzio-

ni e delle regole parlamentari ed elettorali”. Per di più il capo dello Stato ha invocato l’ulteriore scem-pio della Costituzione del ’48 o al-meno di ciò che ormai ne resta, da realizzarsi per via parlamentare e con il concorso trasversale di tut-te le forze politiche parlamentari. “Si dovrà verificare in Parlamento – ha sostenuto – anche la possibili-tà – o di prospettare credibilmente – revisioni di norme della secon-da parte della Costituzione, come si riuscì a fare anni fa solo con la riforma del Titolo V”.

Infine Napolitano ha rivolto un richiamo di stampo elettoralistico ai giovani: “tra il rifiutare i partiti e il rifiutare la politica, l’estraniarsi, con disgusto dalla politica, il pas-so non è lungo, ed è fatale, perché conduce alla fine della democrazia e quindi della libertà”. Guai che i giovani e non solo prendano co-scienza che la politica borghese è un inganno e lottino al di fuori di essa, nelle piazze, nei luoghi di la-voro, studio e vita!

Gli studenti, i precari e gli “in-dignati” di “Occupy Unibo” non ci sono stati ad accogliere l’appel-lo del rettore Ivano Dionigi alla città a inginocchiarsi compiacen-te al cospetto di “Re Giorgio”. Per l’occasione Bologna è stata blin-datissima. Telecamere posiziona-te sul teatro comunale, elicotte-ri a sorvolare la piazza, polizia e carabinieri ovunque fin dall’alba. A chi attraversava, anche solo per lavoro o altro, quella fetta di cen-tro storico dove si svolgeva la ce-rimonia, sono stati richiesti a più riprese i documenti. Nonostante la soffocante militarizzazione due cortei di protesta, uno organizza-to dagli studenti e dai precari dei collettivi Tpo, Sadir e Panenka e l’altro dagli “indignati” di “Oc-cupy Unibo”, hanno attraversa-to la città, denunciando come “in quell’aula (l’aula magna dove si

teneva la cerimonia, ndr) c’è solo l’1% della popolazione che si au-toincensa e si autocelebra”. Fra i combattivi striscioni contro il capo dello Stato e il ministro del-l’Istruzione Profumo, si leggeva: “Profumo d’austerity. Napolitano la laurea te la diamo noi”. Nel cor-so della manifestazione sono sta-ti portati sacchi della spazzatura, a simboleggiare la cancellazione del valore legale dei titoli di studio, ed è stata espressa solidarietà al mo-vimento No Tav.

Vano il tentativo di avvicinar-si al luogo dove si svolgeva la ce-rimonia e che paradossalmente ha visto l’assenza totale dei veri pro-tagonisti dell’Università che sono gli studenti. Ogni volta gli stu-denti sono stati respinti dai cor-doni della polizia. Fino a quan-do, prendendo a pretesto il lancio

di uova e accendini, la polizia di Monti, Cancellieri e Merola ha perfino caricato e manganellato i manifestanti di “Occupy Unibo” nei pressi dell’aula magna, in via de’ Poeti, onde evitare che le urla della protesta disturbassero la lec-tio magistralis di Napolitano. Due manifestanti e un cronista di Re-pubblica sono rimasti feriti.

Sprezzante il commento di Na-politano sulla protesta: le contesta-zioni, ha affermato, “se sono mo-tivate” e “corrette” possono essere “prese in considerazione”, altri-menti non valgono a nulla. “Fran-camente un commento su uova e accendini non ne faccio”, ha liqui-dato la questione facendosi beffa delle denunce e delle proteste dei contestatori.

Il PMLI, con un comunicato del Responsabile del lavoro gio-

vanile del CC, Federico Picerni, ha appoggiato la protesta e con-dannato le cariche. “Il manganello tanto caro a Mussolini e a Berlu-sconi”, ha affermato, “evidente-mente non dispiace nemmeno a Monti”. La contestazione è stata giusta perché ha contribuito ad in-frangere l’aurea di “baluardo della democrazia” creata attorno a Na-politano dalla “sinistra” borghese (non a caso al PD la protesta non è proprio andata giù), accusandolo di essere “il primo responsabile di un futuro segnato dalla precarie-tà” e “uno degli artefici del nuovo governo delle banche, il governo Monti-austerità”.

In sostanza, si tratta oggetti-vamente della prima denuncia di massa dell’inaffidabilità democra-tica del presidente della Repubbli-ca.

Bologna, 30 gennaio 2012. Un aspetto del corteo degli studenti contro il capo dello Stato Giorgio Napolitano

COMUNICATO DEL RESPONSABILEDEL LAVORO GIOVANILE DEL CC DEL PMLI

I manganellidi Monti

contro gli studenti che contestano

NapolitanoIl PMLI appoggia con en-

tusiasmo la protesta degli stu-denti e degli “indignati” di Bologna in occasione del con-ferimento della laurea honoris causa al presidente della Re-pubblica Napolitano e con-danna fermamente le brutali cariche poliziesche effettuate per zittirli. Il manganello tanto caro a Mussolini e a Berlusco-ni, evidentemente non dispia-ce nemmeno a Monti.

La protesta è stata giusta perché ha individuato in Na-politano, avendo egli prima continuamente coperto il go-verno del neoduce Berlusco-ni, poi imposto e sostenuto il governo della grande finanza e dell’Ue presieduto dal tec-nocrate borghese Monti, un at-tivo corresponsabile della ma-celleria sociale ai danni delle masse lavoratrici e popola-ri, specialmente giovanili, per scaricare su di esse i costi del-la crisi economica e finanzia-ria del capitalismo. Non a caso

proprio in tale sede Napolita-no ha difeso il governo e attac-cato il “ribellismo”.

Per fermare il massacro so-ciale in atto dobbiamo portare fino in fondo la lotta contro il governo Monti, fino ad abbat-terlo, e sostenere e unificare tutte le lotte in corso, da quelle dei lavoratori e disoccupati a quelle degli studenti, da quel-le dei piccoli agricoltori, dei pescatori e dei pastori a quel-le dei camionisti, da quella dei movimenti per la ripubbliciz-zazione dell’acqua a quella dei No Tav, ecc.

L’11 febbraio scendiamo tutti in piazza a Roma al fian-co dei metalmeccanici e della FIOM.

Federico PicerniResponsabile per il lavoro

giovaniledel Comitato centrale

del Partitomarxista-leninista italiano

30 gennaio 2012

Negando il diritto di cittadinanza ai fi gli degli immigrati nati in Italia

GRILLO SVELA LA SUA POLITICA RAZZISTA“La cittadinanza a chi nasce

in Italia, anche se i genitori non ne dispongono, è senza senso. Serve solo a distrarre gli italiani dai problemi reali”: è quanto af-fermato sul suo blog da Beppe Grillo il quale si pone così in dia-metrale contrasto con tutte le forze progressiste e democrati-che che da tempo hanno solle-vato questo problema, compre-so il suo Movimento 5 stelle.

Infatti, gli stessi sostenito-ri del comico genovese hanno letteralmente inondato il blog di commenti critici, mentre in po-che ore il dibattito esplodeva in rete, con la reazione scandaliz-zata di numerosissimi iscritti di sensibilità progressista e anti-razzista che militano nel Movi-mento 5 stelle, e c’è chi gli chie-de apertamente di fare un passo indietro. “Quindi, Beppe, per te è giusto che un bimbo nato in

Italia da genitori extracomunita-ri, che frequenti la scuola e ma-gari arrivi a finire il liceo, dopo i 18 anni sia costretto a vivere con dei permessi di soggiorno, pena l’espulsione verso il pae-se di provenienza dei genitori?”, chiede Marco mentre un altro ex grillino, Alessandro Cavallot-ti, dice sarcastico “bravissimo: Borghezio non saprebbe fare di meglio”. Ma è Ilaria che giunge alla conclusione più corretta e profonda: “è vero che in fondo in fondo siete tutti uguali. Po-vera Italia, poveri noi”, e questa frase lapidaria è lo smacco de-finitivo a colui che si presentava in alternativa a tutti i partiti.

Pesantissima la condanna della Rete G2, l’associazione degli stranieri di seconda gene-razione in Italia.

Stavolta è dunque Grillo a es-sere pesantemente sbeffeggiato

per avere teso una mano alla Lega Nord e ai settori più rea-zionari del PDL con i quali evi-dentemente pensa di poter fare accordi dopo le prossime am-ministrative, e questo alla faccia delle novità tanto sbandierate dal suo movimento e della criti-ca alla politica dei partiti parla-mentari e ai suoi valori, sposan-do tesi xenofobe e razziste!

Grillo si rivela un imbroglione politico addirittura peggiore dei politicanti borghesi che tanto critica, smascherandosi pie-namente come uno di loro nei metodi ed anche e soprattutto nella sostanza.

Sappiamo bene che, ben lungi dall’essere un argomento di “distrazione”, il tema della cittadinanza ai figli di immigra-ti nati in Italia riguarda oltre un milione di bambini e di ragazzi che sono italiani di fatto ma non

lo sono di diritto e che, qualora per qualsiasi motivo non venga rinnovato il permesso di sog-giorno, rischiano di finire pri-ma imprigionati in un Centro di identificazione e di espulsione per molti mesi per poi essere di fatto deportati nel Paese della loro cittadinanza nominale: che è esattamente quello che ha ri-schiato Nadia, nata in Italia da genitori marocchini che, per un mancato rinnovo del permesso di soggiorno, è stata rinchiusa al Cie di Ponte Galeria a Roma da cui è uscita solo il 12 gen-naio scorso dopo oltre un mese di detenzione, rischiando ap-punto la deportazione in Ma-rocco, Paese che lei non ha mai neanche visto e del quale non parla e non comprende la lingua essendo nata in Italia e avendo qui trascorso tutta la sua vita e compiuto i suoi studi.

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Dal nostro corrispondente della Sicilia

Lo aveva detto il PMLI nel co-municato del 20 gennaio: “Come dimostra la storia e questa stessa rivolta popolare non esistono go-vernanti in Sicilia e in tutta Italia che hanno a cuore i problemi dei lavoratori, dei pensionati e del-le masse popolari, disoccupate, giovanili e femminili”. L’ennesima dimostrazione s’è avuta nell’in-contro romano del 25 gennaio tra il presidente del consiglio Monti e il governatore della Sicilia Lom-bardo. Quasi a sancire che la questione è per il governo princi-palmente, se non unicamente, di ordine pubblico, il comunicato di Palazzo Chigi inizia sottolineando la presenza del ministro dell’in-terno Anna Maria Cancellieri, per la linea durissima contro i movi-menti.

Riunione senzarisultati concreti

Nonostante la presenza delle “teste d’uovo” del capitalismo italiano da Catania, ministro del-l’Agricoltura, a Ciaccia, vice mi-nistro allo Sviluppo con delega alle Infrastrutture, al segretario del Consiglio dei ministri, Antonio Catricalà, al sottosegretario al-l’economia e finanze, Gianfranco Polillo, niente di concreto è usci-to dalla riunione. Assente il mini-stro alla coesione Fabrizio Barca, uno dei principali responsabili dell’affossamento del Sud negli ultimi anni, uno di coloro che più avrebbero dovuto dare risposte ai siciliani. Per la Regione Siciliana, oltre a Lombardo, c’erano il pre-

sidente dell’Assemblea Regiona-le Siciliana Francesco Cascio, gli Assessori all’economia, Gaetano Armao, alle infrastrutture e mo-bilità, Pietro Carmelo Russo, alla Sanità Massimo Russo, e alle ri-sorse agricole e alimentari, Elio D’Antrassi.

Monti non si è affatto pronun-ciato in merito alle richieste inol-trate dal movimento. Tra queste: la dichiarazione dello stato di crisi di tutto il comparto produttivo; ri-duzione del prezzo del carburan-te; sospensione dei pignoramenti e rifinanziamento delle aziende per due anni con prestiti agevola-ti; eliminazione dell’ICI e dell’IMU sui fabbricati rurali e terreni; bloc-co delle cartelle esattoriali e del fermo amministrativo dei mezzi di lavoro; riduzione dei pedaggi sui traghetti per le merci siciliane da esportare al Nord; utilizzo dei fon-di comunitari ancora non spesi per finanziare le aziende; riforma della politica comunitaria, blocco delle importazioni di grano, olio, ortofrutta, ecc… di cui la Sicilia è eccedentaria nella produzione; rispetto del contratto collettivo di lavoro dei braccianti agricoli e riconferma delle giornate lavo-rative per i braccianti agricoli. Si tratta di un tema questo molto sentito in Sicilia dove il braccian-tato agricolo raggiunge le decine di migliaia di operai per lo più pre-cari. Infatti con la legge 247 del 2007 è stata soppressa la norma che prevedeva la riconferma au-tomatica delle giornate lavorative dell’anno precedente in caso di calamità per i braccianti agricoli e come se non bastasse, non è sta-to previsto solo per tale categoria l’utilizzo delle risorse contenute

negli ammortizzatori sociali in de-roga ed infine è stata imposta an-che la chiusura delle cooperative agricole senza terra.

Monti si è limitato a ribadire i presunti “provvedimenti” del go-verno per venire incontro ai pro-blemi del Mezzogiorno e della Sicilia in particolar modo. In par-ticolare ha sostenuto che gli au-totrasportatori “godono già di mi-sure di riduzione compensata dei pedaggi autostradali” e ha snoc-ciolato i 130 milioni di euro mes-si a disposizione per tali sconti nel 2011 e i circa 70 previsti per il 2012 (60 milioni in meno in un anno!). Si tratta di un ben magro impegno di fronte alle condizioni di prossimità al fallimento in cui si trovano migliaia di piccoli tra-sportatori siciliani. La promessa fatta da Monti in sede di discus-sione di assegnare altri 100milion per venire incontro ai problemi esposti è ben poca cosa.

Sul gap infrastrutturale uno delle cause delle difficoltà eco-nomiche della Sicilia, Monti se ne esce pubblicizzando il misero la-voro fin qui svolto: le delibere del CIPE del 6 dicembre e 20 gen-naio per un finanziamento di tre miliardi di euro. Ben poco di fron-te all’enorme carenza in Sicilia, di fronte alla chiusura di linee ferro-viarie, all’aumento dei pedaggi, alla scarsa manutenzione ordina-ria e straordinaria del settore via-rio in Sicilia, alla soppressione di treni a lunga percorrenza. Di fron-te a questo disastro è ben misera la promessa di Monti di ripristina-re uno, ma uno solo, dei tanti treni notturni a lunga percorrenza da e per la Sicilia soppressi a dicem-bre del 2011: a scelta della regio-

ne o il Milano o il Torino. Sul tema delle infrastrutture e dei trasporti sembra addirittura che nella riu-nione, con sommo disprezzo dei movimenti contro il Ponte che in questi anni hanno fatto sentire bene il loro No al progetto, non ci sia stato “alcun definanziamento dei fondi per il ponte sullo Stretto di Messina e che si attende l’ok della Valutazione di impatto am-bientale per reperire le risorse”, afferma l’imbroglione e falso me-ridionalista Lombardo.

Sul problema del trasporto delle merci secondo Monti sareb-be risolutiva addirittura la libera-lizzazione del sistema di distribu-zione dei prodotti agro-alimentari, un provvedimento che invece ri-schia di dare la definitiva mazzata ai piccoli trasportatori. Insomma una politica dei trasporti e delle infrastrutture che finirà per affos-sare definitivamente l’economia siciliana.

Lombardoapprezza Monti

Soddisfatto Lombardo che dice di aver trovato in Monti “una disponibilità e una competenza tecnica senza precedenti (!). D’al-tro canto Lombardo ha utilizzato l’incontro romano per tentare di risolvere i ben noti problemi di un bilancio che non si riesce a chiu-dere, elemosinando dall’esecuti-vo nazionale i soldi per riempire il buco finanziario del carrozzone clientelare della sanità siciliana. Non si sa se abbia avuto risulta-ti concreti nemmeno su questo tema, ma sarà bastata qualche misera promessa a fargli senten-ziare che la protesta “deve finire”.

Come se i movimenti rispondes-sero a lui, come se a Roma si fossero risolti i problemi di decine di migliaia di agricoltori, pescato-ri, disoccupati, precari, studenti siciliani che in queste settimane hanno duramente protestato. Scontenti i “Forconi” che sulla promessa di tavoli tecnici affer-mano: “ sappiamo come funzio-na. È solo un modo per prendere tempo, per dire che si stanno im-pegnando, mentre noi continuia-mo a morire”.

Nella stessa giornata del ver-tice romano, una grande mani-festazione regionale ha invaso le strade di Palermo con decine di migliaia di manifestanti, persino con le rappresentanze sindaca-li, Cgil, Cisl e Uil dei pescatori. Dal corteo sono stati allontanati i militanti di Forza nuova. Un folto combattivo gruppo di agricolto-ri di Grammichele, il paese della provincia di Catania di cui è ori-ginario il governatore Lombardo ha detto chiaro: “Lombardo ci ha traditi. In questi anni non ha fatto nulla per il paese, ci ha ridotti alla fame. Siamo qui anche per colpa sua”, mentre la Regione ha con-segnato un contributo di ben 250 mila euro all’agriturismo intestato alla moglie del governatore.

Gli sviluppidella lottadi massa

Intanto cresce la carica anti-stituzionale di questo movimento che sembra essersi reso conto del fatto che le istituzioni borghe-si non hanno alcuna intenzione di risolvere i problemi delle masse

popolari e lavoratrici siciliane. Si sta discutendo di nuove e incisive forme di lotta. È venuta fuori da più parti la proposta dell’occupa-zione di tutti i comuni siciliani. La condivisione della proposta da parte di tutte le anime del movi-mento verrà vagliata nei prossimi giorni. Intanto la protesta si allar-ga. Gli studenti, i centri sociali, i disoccupati, i precari sempre più numerosi forniscono appoggio ai “Forconi”.

Brilla per la sua assenza dalla lotta la “sinistra” borghese regio-nale, che in Sicilia appoggia l’im-broglione Lombardo, e a livello nazionale il tecnocrate Monti, i due principali massacratori delle masse popolari siciliane. I vertici della “sinistra” borghese hanno fatto una netta scelta di campo contro il movimento dei “Forconi” siciliano, scelta basata su pre-testi e analisi scorrette, e che ha l’obbiettivo di soffocare la dura protesta. Noi chiediamo alla base dei partiti della “sinistra” borghe-se e a tutti i siciliani di partecipare alla mobilitazione, impegnando-si perché l’attuale rivolta delle masse siciliane conquisti la vit-toria, con l’obbiettivo soprattut-to di conquistare il lavoro per i disoccupati, in particolare per le giovani e i giovani. ”Questi gover-nanti, da Mario Monti a Raffaele Lombardo, che lavorano esclusi-vamente per le esigenze del capi-talismo e della classe dominante borghese vanno spazzati via”, ha giustamente detto il 20 gennaio il PMLI che appoggia questa lotta con tutte le proprie forze, nella consapevolezza che “solo il so-cialismo può salvare l’Italia” e il suo Mezzogiorno.

N. 5 - 9 febbraio 2012 rivolta di massa in sicilia / il bolscevico 7

Monti dice noalle proposte del movimento Bisogna estendere e indurire la lotta per impedire al governo dei banchieri

e dei mafi osi di affossare le masse popolari siciliane

Manifestazione regionale

10 MILA AGRICOLTORI, COMMERCIANTI, DISOCCUPATI E STUDENTI IN PIAZZA A PALERMO

Allontanati i fascisti di Forza nuova. I dirigenti nazionali del PMLI elogiano i marxisti-leninisti palermitaniNEL MIRINO MONTI E LOMBARDODal corrispondentedella Cellula “1° Maggio-Portella 1947” di Palermo

Un enorme corteo ha invaso Palermo il 25 gennaio scorso: ol-tre diecimila tra agricoltori, com-mercianti, disoccupati e studenti, accorsi da tutta la Sicilia su nu-merosi pullman, si sono dati ap-puntamento a piazza Croci per una manifestazione che, paraliz-zando l’asse viario principale (via Libertà-via Ruggero Settimo-via Maqueda), ha raggiunto Palazzo dei Normanni, sede della regio-ne, dove un presidio di massa si è protratto per tutto il pomeriggio, in attesa di notizie dall’incontro tra Lombardo e Monti previsto a Roma intorno alle ore dicianno-ve.

Più che mai infuriati per la col-pevole assenza delle istituzioni, invocate sin dall’inizio della pro-testa, i manifestanti hanno scan-dito slogan e mostrato striscio-ni contro le politiche di lacrime e

sangue del governo Monti e con-tro lo stesso presidente della re-gione: “Lombardo ci ha traditi” gridavano le masse a piazza Indi-pendenza.

Presenti al corteo compa-gni della Cellula palermitana “1° Maggio-Portella 1947” del PMLI che hanno diffuso un centinaio di copie dei volantini contro il go-verno Monti e sulla rivolta in Si-cilia facendo circolare la posizio-ne del Partito. Presente anche una rappresentanza di studenti medi e ragazzi vicini al centro sociale Anomalia ed Excarcere.

La “sinistra” borghese e i par-titi trotzkisti e falsi comunisti, to-talmente assenti nella battaglia, apprezzano le affermazioni del ministro Cancellieri che negli scorsi giorni ha dichiarato, in un intervento al programma televisi-vo dello zerbino del governo Fa-bio Fazio, che “l’allarme di Ivan Lo Bello (presidente di Confin-dustria Sicilia, ndr) è sicuramen-te fondato su dati e su questo sono

in corso indagini della magistra-tura. In questi fenomeni possono verificarsi infiltrazioni”. È facile e soprattutto funzionale alla sal-vaguardia degli interessi capita-listici rappresentati dal tecnocrate borghese Monti cercare di annien-tare una così vasta manifestazio-ne di condanna del sistema capi-talistico, delle sue crisi e dei suoi servi, partiti e sindacati borghesi in primis. Intanto i presunti lega-mi con Forza nuova vengono de-finitivamente sciolti: già al corteo i fascisti in anonimato si erano ri-fugiati nella coda e all’arrivo alla Regione sono stati ufficialmen-te allontanati da Mariano Ferro, uno dei leader del “Movimento dei forconi”: “Non li vogliamo tra noi”.

È questo un grande passo da parte delle masse in lotta che si sono liberate dal tentativo di ege-monizzare la piazza operato dai fascisti, come sempre in agguato alla ricerca di anfratti in cui insi-nuarsi per poter sondare il terre-

no, uscire allo scoperto e attrar-re voti elettorali. Ciò conferma la correttezza dell’analisi del PMLI che prontamente ha espresso il suo appoggio alla rivolta di mas-sa siciliana.

I compagni palermitani si sono particolarmente impegnati nel portare avanti la linea rivoluzio-

naria del PMLI tra le masse in lot-ta e, in virtù di questo impegno, i dirigenti nazionali del Partito con alla testa il compagno Segretario generale Giovanni Scuderi han-no inviato loro gli elogi per il la-voro e per l’esperienza di questo tipo che non ha precedenti e che, in nome e per conto del Partito i

compagni stanno portando avan-ti. Nella lettera si legge fra l’altro che “dobbiamo fare quanto ci è possibile per farci conoscere, col-legarci e stringere alleanza con gli elementi democratici, antifascisti e antimafiosi che sinceramente si battono per risolvere i problemi delle masse in lotta”.

Palermo, 25 gennaio 2012. La grande manifestazione contro il governo Monti e il governo regionale guidato da Lombardo (foto Il Bolscevico)

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8 il bolscevico / interni N. 5 - 9 febbraio 2012

Voto quasi unanime del parlamento nero

LA DESTRA E LA “SINISTRA” BORGHESE APPROVANO LA LINEA DI MONTI PER SALVARE L’UE IMPERIALISTA E L’EUROPDL, Lega e UDC votano assieme un emendamento sulle radici cristiane dell’Unione europeaAlla vigilia del vertice europeo di

Bruxelles del 30 gennaio sul “fiscal com-pact”, che ha approvato le nuove rego-le di bilancio e di rientro dal debito per i paesi membri e l’agenda per il rilancio della “crescita” e dell’occupazione nel-l’eurozona, il governo Monti ha ottenu-to dal parlamento nero e quasi all’unani-mità un mandato pieno per far valere nel Consiglio europeo gli interessi nazionali dell’Italia e la sua linea per salvare la Ue imperialista e la moneta unica europea. Il 25 gennaio, infatti, prima al Senato e su-bito dopo alla Camera, è stata approva-ta a stragrande maggioranza, praticamen-te con il solo voto contrario della Lega, una mozione in tal senso firmata dai ca-pigruppo di tutti i partiti che sostengono il governo, PDL, PD e Terzo polo (UDC, FLI e API). Da parte sua l’IDV, pur vo-tando contro, ha presentato una mozione che ricalca quella approvata a stragrande maggioranza limitandosi a sottolinearne alcuni punti come i poteri attribuiti alla Banca centrale europea (BCE) e la neces-sità di promuovere la crescita e la com-petitività.

In tale mozione comune, che alla Ca-mera ha ottenuto una maggioranza plebi-scitaria di 468 voti su 510 votanti, si fan-no propri e si ribadiscono tutti i capisaldi della strategia che Monti ha già delinea-to nei precedenti vertici e incontri con i principali leader europei: come per esem-pio la necessità di rafforzare il ruolo delle istituzioni europee (Commissione euro-pea, Parlamento, Corte di giustizia e Ban-ca centrale) rispetto al direttorio di fatto Merkel-Sarkozy. O come la necessità di una “governance realmente comunita-ria dell’economia”, in grado di sostenere l’euro oltre i “limiti della funzione finora assegnata alla Banca centrale europea”. A cui si aggiungono la richiesta di inseri-re nel trattato in discussione al vertice di Bruxelles il principio che “gli obiettivi di pareggio del bilancio e di riduzione del debito pubblico si integrino con una poli-tica fiscale funzionale alla crescita”; e che sul negoziato in corso “vi sia piena e tra-sparente informazione e valutazione del-le nuove regole nel parlamento, affinché il governo abbia un ampio sostegno per

far valere soluzioni ambiziose, corrispon-denti all’interesse dell’Italia ed al raffor-zamento dell’integrazione europea”.

Sulla base di tali premesse la mozio-ne comune dei partiti della destra e del-la “sinistra” borghese che sostengono Monti impegna tra l’altro il suo gover-no a far adottare nel nuovo trattato, insie-me alle misure per il rigore, anche riferi-menti “alla crescita e alla competitività, alla coesione sociale ed alla flessibilità del mercato del lavoro, al completamen-to e al rafforzamento del mercato inter-no consolidando i diritti dei consumatori in un quadro di piena concorrenza”: vale a dire ad applicare su scala europea la stessa ricetta liberista e mercatista basa-ta sulle liberalizzazioni e la “flessibilità” del lavoro che il tecnocrate borghese sta imponendo con le buone o con le cattive in Italia, ma spacciata con le etichette de-magogiche dell’“equità” e della “cresci-ta”, per farla digerire meglio ai lavoratori e alle masse popolari.

Una cambialein bianco

alla linea di MontiCon la strada spianata da una simile

mozione gli interventi di Monti al Senato e alla Camera sono stati una vera passeg-giata, con cui non ha dovuto far altro che raccogliere la cambiale in bianco firma-tagli quasi all’unanimità dal parlamen-to nero. Citando infatti l’esempio della Gran Bretagna e di altri paesi nordici, ha esordito esaltando “l’elemento di orien-tamento strategico e di forza aggiuntiva per l’azione del governo” che il soste-gno parlamentare è in grado di assicura-re, tanto più importante “in un momento in cui l’azione che deve essere condot-ta all’interno del contesto nazionale con politiche di risanamento finanziario e di stimolo alla crescita, che richiedono an-che sacrifici pesanti ai cittadini, è stret-tamente collegata alle scelte istituzionali e di politiche pubbliche che si afferma-no a livello europeo”. Un avvertimento ai partiti della maggioranza che con questo voto avallano in toto e senza riserve la po-

litica dei sacrifici che il suo governo sta dispiegando in Italia e le ulteriori misu-re che saranno imposte dalle politiche di bilancio e di sostegno all’euro decise in sede europea.

Non a caso ha poi voluto sottolinea-re che nell’accingersi a rappresentare al vertice di Bruxelles le linee guida sugge-rite dalla mozione, il suo governo si muo-ve “in un quadro di continuità con le po-sizioni assunte dall’Italia in precedenza”, con particolare riferimento all’impegno sottoscritto dal governo Berlusconi, che poi è stato sancito nel vertice di Bruxel-les, per il rientro dal debito italiano, oggi arrivato al 120% del Prodotto interno lor-do, fino a scendere al 60% al ritmo di un ventesimo della differenza ogni anno, il che comporta nuove manovre da 40-45 miliardi l’anno. E in particolare ha rimar-cato che “l’azione dell’Italia, sia pure con accenti diversi, con efficacia diver-sa, con stili diversi – questo fa parte delle cose umane – è, però, in linea di continui-tà, potrei dire, rispetto a tutti i precedenti governi, e comunque rispetto ai governi che ricordo da molti anni, beninteso in-cluso l’ultimo precedente governo”.

L’omaggio di Montial neoduce

È stato questo un evidente “inchino” al neoduce Berlusconi, come lo ha effi-cacemente definito il quotidiano neofa-scista “Il Tempo”, e tuttavia non del tut-to gratuito: è vero che da una parte era diretto ad ammansire il suo predecesso-re, sempre più infuriato per l’andamento del processo Mills e per la sospensione dell’asta gratuita sulle frequenze tv, fa-cendogli capire che il governo, per la sua stessa sopravvivenza, ha tutto l’interes-se affinché non si arrivi a una sentenza di condanna e che non intende veramente pestare i piedi a Mediaset, ma solo tergi-versare aspettando un momento più op-portuno per regalargli le frequenze. Ma dall’altra voleva essere anche un avverti-mento al suo turbolento partito, il PDL, a non tirare troppo la corda con la sua fron-da elettoralistica contro le liberalizzazio-

SONO FUNZIONALI AGLI INTERESSI DEGLI SPECULATORI FINANZIARI

Controllate da fondi e banche Usa le grandi società di ratingNella grande crisi internazio-

nale che sta travolgendo le eco-nomie capitaliste, stanno giocan-do un ruolo fondamentale, se non addirittura decisivo, le cosiddette “agenzie di rating”, ossia quegli organi che “valutano” (dall’ingle-se rating: valutazione) il rischio delle imprese in base agli obbli-ghi economici che esse assumono e che vengono riversati nei “titoli obbligazionari”. In linea di mas-sima queste società dovrebbero conformarsi a stilemi di imparzia-lità e dirigersi solo verso un meto-do valutativo di merito creditizio. In realtà la loro funzione è assolu-tamente funzionale al capitalismo finanziario USA, al punto che ad-dirittura il vicepresidente della Commissione Ue, il finlandese Olli Rehn, ha dovuto esprimere parole di preoccupazione ferme e

dure sul loro utilizzo: “le agenzie di rating non sono istituti di ricer-ca imparziali ma hanno i loro in-teressi molto in linea con il capi-talismo finanziario americano”. Il commento, espresso in una inter-vista alla Tv, ha riguardato lo stra-no ed incredibile abbassamento di valutazione sulla capacità di rien-trare nel debito pubblico da par-te dell’agenzia di rating Standard & Poor’s (tra le nazioni implicate vi è anche l’Italia), controllata per lo più da privati espressione degli interessi speculativi targati USA. La sbandierata “indipendenza” e “autonomia” di queste agenzie è assolutamente falsa: l’america-na Standard & Poor’s è control-lata dal colosso di servizi finan-ziari MacGraw-Hill e partecipato dal gestore di fondi Capital Wor-ld Investors, dalle società di ge-

stione e investimento State Street e BlackRock, dalla finanziaria Fidelity Investments e da Van-guard Group, società che gesti-sce circa 1.600 miliardi di dollari. L’agenzia Moody’s, invece, ha il suo primo azionista nel finanzie-re americano Warren Buffet con il suo fondo Berkshire Hathaway. Compaiono poi Capital World Investors, ValueAct Capital, T. Rowe, Vanguard, State Street e BlackRock, tutte società di inve-stimento e gestione del risparmio. Un’altra agenzia di rating, la Fi-tch, invece, è per metà europea e per metà americana: il 60% è con-trollato dalla società di servizi fi-nanziari francese Fimalac, il 40% dal gruppo Usa Hearst.

Il ruolo delle agenzie di rating è assolutamente funzionale al ca-pitalismo, soprattutto nell’ambito

economico, finanziario e politico, gestito dai privati e assolutamen-te allergico a ogni tipo di regola-mentazione. Secondo l’economi-sta bocconiano Stefano Caselli colpisce che, con il contesto inter-nazionale cambiato, vi è un parti-colare “tempismo con cui le agen-

zie stanno intervenendo”. Quali sono i reali obiettivi delle agen-zie di rating? Esse non sono af-fatto funzionali agli interessi del-le nazioni e dei popoli, ma sono supine e ossequiose agli interessi degli speculatori finanziari USA e internazionali. In realtà queste

agenzie andrebbero decisamente abolite o, quanto meno, regola-mentate con un organo di vigilan-za che effettivamente controlli la loro azione sul mercato, che possa disporre delle ispezioni e che sia-no sottoposte ad una regolamenta-zione certa.

ni, perché in definitiva questo governo non fa altro che proseguire, solo con più autorevolezza e determinazione, la stessa politica liberistica e di massacro sociale del governo Berlusconi.

Monti infatti è ben consapevole del travaglio interno che agita il partito del neoduce, diviso tra chi vorrebbe un ap-poggio più convinto al governo (gli ex democristiani, soprattutto), e chi invece vorrebbe ritornare all’alleanza di ferro con la Lega e andare subito alle elezio-ni, tra cui certi ex ministri e gli ex AN. Tant’è che diversi di questi non si sono presentati in aula, e perfino il neoduce, che ha accampato il motivo dell’udienza al processo Mills. Inoltre diverse decine di deputati del PDL hanno contravvenuto alle indicazioni di Alfano votando la mo-zione della Lega.

In ogni caso la sviolinata di Monti ha raggiunto il segno e gli è valsa l’uni-co applauso a scena aperta concessogli dal PDL durante tutto il suo intervento, e successivamente il ringraziamento del suo stesso segretario, Angelino Alfano, che così ha raccolto lo sfacciato omaggio del premier: “Cosa fa l’Europa contro la crisi? Fino a un po’ di tempo fa si dice-va a noi, che eravamo una parte impor-tante di questa crisi, che dovevamo fare i nostri compiti. Dopo le manovre del go-

verno Berlusconi è difficile continuare a dirlo. Grazie, signor presidente, per l’at-testato di continuità alle politiche del no-stro governo”.

Il completo appiattimentodi Bersani

sul governo Monti Addirittura entusiastico e senza riser-

ve è stato l’intervento del segretario del PD liberale, Bersani, che ha esordito col sottolineare che “come si sa noi sostenia-mo lealmente e con le nostre idee il go-verno Monti, che per noi è un governo di emergenza e di impegno nazionale”, chiedendogli di “rimettere in carreggia-ta il nostro ruolo europeo e di ridarci il nostro profilo europeo”. E che ha voluto concludere il suo intervento dichiarando solennemente di sottoscrivere “con gran-de convinzione l’impegno che stiamo prendendo e mi piace molto il fatto che lo prendiamo larghissimamente in que-sto parlamento”.

Un appiattimento tanto più gratui-to e servile, quello di Bersani sul gover-no Monti della grande finanza, della Ue e della macelleria sociale, nonché sul-la forzata unità della destra e della “si-nistra” parlamentare voluta dal nuovo Vittorio Emanuele III, Napolitano, in quanto nel suo intervento il leader del-la “sinistra” borghese ha sorvolato com-pletamente sullo sgambetto giocatogli al Senato da PDL e Lega, a cui si è aggre-gata anche l’UDC, che hanno fatto ap-provare un emendamento del Carroccio alla mozione unitaria in cui è stato ag-giunto al preambolo un riferimento alle “radici giudaico-cristiane” dell’Europa. Come ha sorvolato anche sulla copertu-ra sostanziale che Monti - esprimendo la sua personale “preferenza” per l’inseri-mento delle “radici giudaico-cristiane” nella mozione, pur giudicandolo “non at-tinente” ai temi del vertice europeo – ha fornito a questa operazione congiunta di parlamentari razzisti, clericali e neofa-scisti, tesa a dare una più marcata colo-ritura di destra alla mozione unitaria del parlamento nero.

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N. 5 - 9 febbraio 2012 giovani / il bolscevico 9

No all’abolizionedel valore legale della laurea

Chi si aspettava che la sosti-tuzione dell’“autorevole” prof. Francesco Profumo (autorevo-le, certo, nei salotti borghesi per la sua direzione manageriale e aziendalista del Politecnico di To-rino) a Mariastella Gelmini al dica-stero di viale Trastevere avrebbe prodotto un cambiamento posi-tivo nelle politiche governative in materia di istruzione, resterà deluso. Nella scorsa settimana si sono diffuse parecchie indi-screzioni sulle nuove mosse del governo: abolire il valore lega-le dei titoli di studio, che quindi diventerebbe poco più che carta straccia e non sarebbe più impie-gato come criterio di valutazione nei concorsi pubblici, “renden-do ancora più arbitrari e oscuri i meccanismi concorsuali”, come scrive la Rete della Conoscenza. Norma, questa dell’abolizione del valore legale della laurea, soste-nuta fortemente dal “Piano di ri-nascita democratica” della P2 di Gelli e ora esaltata, fra gli altri, dal piddino ultra-destro Pietro Ichino che ha firmato sul Riformista un appello in tal senso.

Oltre a ciò il governo ha in mente un nuovo metro di valu-tazione delle università volto ad un’inaccettabile divisione con-correnziale fra atenei di serie A e atenei di serie B, figlia della fami-gerata “autonomia universitaria”. Sarebbero quindi maggiormente valorizzate le “credenziali” degli studenti provenienti da univer-sità più “eccellenti”, “meritorie” e “facoltose”, cioè quelle più influenti e costose che sono riu-scite ad accaparrarsi più fondi privati (ad esempio la Bocconi di Milano, noto tempio della finanza capitalista, di cui peraltro è presi-dente lo stesso Mario Monti). Gli studenti più poveri, che a questi atenei non potrebbero nemme-no avvicinarsi senza indebitarsi enormemente, sarebbero relegati in atenei di “serie B” e succes-sivamente penalizzati rispetto ai laureati usciti da quelli di “serie A”. Ecco la meritocrazia di cui si riempono la bocca i politicanti borghesi nostrani!

L’obiettivo dichiarato è quello di completare l’aziendalizzazione e privatizzazione delle università

nonché la divisione classista de-gli studenti, mettendo una pietra tombale sulle conquiste del Ses-santotto e del Settantasette.

Contro questa norma si sono schierate le organizzazioni stu-dentesche, con il coordinamento universitario “Link” che la giudi-cava la “più spaventosa delle li-beralizzazioni”. La Rete 29 aprile ricordava invece che a questo progetto erano legati anche l’in-troduzione (già caldeggiata da Gelmini) dei prestiti d’onore e l’aumento delle tasse e prevede-va un crollo delle immatricolazio-ni in stile Regno Unito.

Anche il rettore dell’Univer-sità di Bari, Corrado Petrocelli, ha preso posizione contro il go-verno, affermando che “negare il valore legale della laurea significa compromettere definitivamente la mobilità sociale. Dietro queste proposte, c’è l’idea di concentra-re le eccellenze in poche realtà, lasciando che tutti gli altri atenei svolgano attività derubricate a rango inferiore”. Molti degli “ate-nei di serie B”, infatti, sarebbe-ro proprio nel nostro martoriato

Mezzogiorno.Alla conferenza stampa se-

guita al Consiglio dei ministri del 27 gennaio, Profumo (contestato dagli studenti a Roma appena il giorno prima) ha assicurato che queste norme non sono state inserite nel decreto legge sulle semplificazioni.

Bisogna però tenere alta la guardia. Monti non ha certo ri-nunciato a questa aspirazione e lo dimostra il fatto che ha già avviato una “consultazione” via internet sul tema. Dovrebbe far riflettere anche l’affermazione dell’ex ministro berlusconiano Gelmini: “Quel che conta è che il processo sia stato avviato”.

Questo passo indietro del go-verno, sia pure parziale, dimostra che il movimento studentesco può farcela se si mobilita con forza e combattività. Adesso non deve farsi ingabbiare dalle false e fuorvianti aperture di Monti e proseguire la lotta per cacciare il governo della grande finanza, dell’UE e della macelleria sociale prima che faccia altri danni alla già disastrata istruzione pubblica.

LE PREMUREDI LENIN

VERSO STALINMi sorprende che strappiate Stalin dal suo riposo (Stalin si

trovava allora in cura nella città di Nalcik, nota in calce al volu-me). Egli avrebbe dovuto riposare ancora non meno di quattro o sei settimane. Chiedete un referto scritto di buoni medici.

Informatemi su quello che state facendo per Bakù e per lo sviluppo del commercio estero. Il vostro silenzio a tal riguardo insospettisce. Lenin(Telegramma a Orgionikidze, 4 luglio 1921, pubblicato per la prima volta nel 1942, Opere complete, vol. 35, pag. 354, Editori Riuniti)

Primo: desidero sapere come va la salute di Stalin e qual è il parere dei medici al riguardo; secondo: per noi sarebbe oltre-modo importante ottenere in concessione le miniere di rame a sud di Batum che i turchi ci hanno preso. Comunicate se si sono fatti dei passi e quali. Terzo: Krasin è a Mosca; bisogna appro-fittarne per mettere perfettamente in chiaro la situazione del commercio estero della Transcaucasia. Lenin(Telegramma a Orgionikidze, 17 luglio 1921, pubblicato per la pri-ma volta nel 1932, Opere complete, vol. 35, pag. 356, Editori Riu-niti)

Ho ricevuto il vostro dispaccio n. 2064. Comunicatemi il nome e l’indirizzo del medico che cura Stalin e per quanti gior-ni è stato interrotto il riposo di Stalin. Attendo risposta cifrata. Interverrete alla riunione plenaria del 7 agosto? Lenin(Telegramma a Orgionikidze, 25 luglio 1921, pubblicato per la pri-ma volta nel 1932, Opere complete, vol. 35, pag. 356, Editori Riu-niti)

Compagno Bielenki!Stalin, al Cremlino, ha un alloggio che non gli permette di

dormire (fin dalle prime ore del mattino si sentono i rumori del-la cucina).

Mi dicono che vi state adoperando per trasferirlo in un allog-gio tranquillo. Vi prego di provvedere al più presto e di scriver-mi se potete farlo e quando. Lenin(Lettera a Bielenki, 15 novembre 1921, pubblicata per la prima vol-ta nel 1933, Opere complete, vol. 35, pag. 370, Editori Riuniti)

Non si può affrettare lo sgombero dell’alloggio assegnato a Stalin?

Vi prego vivamente di farlo e di telefonarmi (il telefono fun-ziona bene; attraverso il commutatore superiore) se la cosa va a buon fine o se c’è qualche impedimento. Vostro Lenin(Lettera al Segretario del Presidium del Comitato esecutivo cen-trale pan russo, novembre 1921, pubblicata per la prima volta nel 1942, Opere complete, vol. 35, pag. 370, Editori Riuniti)

Lenin e Stalin all’VIII Congresso del PCbR nel marzo 1919

Il viceministro Martone colpevolizza gli studenti per assolvere le politichegovernative che hanno inferto colpi mortali all’istruzione pubblica

DIETRO IL FALLIMENTO DELL’UNIVERSITA’ ITALIANANon è una novità che i politi-

canti borghesi di destra come di “sinistra” scarichino sulle masse lavoratrici e popolari, in partico-lare sui giovani, le responsabili-tà degli scempi da loro causati. Rimarcando la continuità con il precedente governo del neodu-ce Berlusconi non solo in termini di macelleria sociale ma anche di disprezzo verso le masse op-presse, il 24 gennaio Michel Mar-tone, viceministro del Lavoro, ad un convegno sull’apprendistato se ne è uscito con la sparata: “Se a 28 anni non sei ancora laureato sei uno sfigato”.

Contro Martone hanno preso posizione le organizzazioni stu-dentesche fra cui ReDS, UdU e Rete della Conoscenza (che ne ha chiesto le dimissioni), la CGIL (“la sfiga non c’entra, servono politiche per i giovani in un paese che negli ultimi anni ha disinvesti-to nello studio”), persino la CRUI (conferenza dei rettori) non ha potuto far finta di non sentire e, seppur morbidamente, ha punta-to il dito contro le “strutture che generano questi risultati”. Con-nivente no comment, invece, da Elsa Fornero, della quale Martone è vice, e appoggio totale da parte di Daniela Santanchè (PDL).

Il PMLI ha tempestivamente denunciato questa “sparata de-gna del peggior Brunetta” con un comunicato del Responsabi-le nazionale del lavoro giovanile, compagno Federico Picerni.

Colpevolizzare gli studenti, come ha fatto Martone, serve in realtà ad assolvere le politiche governative che, da Berlinguer in poi, hanno costruito un’università sempre più classista, aziendalista e meritocratica, nella quale gli studenti figli del popolo, quando non ne sono del tutto esclusi, sono lasciati a se stessi e costret-ti ad arrangiarsi come possono.

È infatti colpa di queste dis-sennate politiche governative se sempre più studentesse e stu-denti provenienti da famiglie po-vere, alle prese con tasse esorbi-tanti e insopportabili, un sistema

ingiusto di “sostegno allo studio” e di erogazione delle borse di studio che le nega anche a chi ne avrebbe il diritto per condizioni economiche disagiate e che va sempre più nella direzione della sostituzione con i prestiti ban-cari (che graveranno ancor più sulle famiglie e sugli studenti), una mole di materiale didattico costoso e che spesso cambia a discrezione del docente, trasporti locali e alloggi dai costi esosi se non inavvicinabili, tutte condi-zioni a cui si aggiungono i costi della crisi del capitalismo e della macelleria sociale scaricati sulle masse, sono costretti, per potersi pagare gli studi, a trovare lavoro, spesso in nero o precario, senza diritti né tutele, sacrificando tem-po ed energie allo studio.

Queste le problematiche più gravi, alle quali se ne affiancano infinite altre: dall’assenza di una guida nella scelta delle facoltà alla mancanza di tutor che se-guano gli studenti, agli atenei so-vraffollati ed all’insufficiente rap-porto docenti-studenti (1 a 100), come ricordano Massimo Maria

Augello, rettore dell’Università di Pisa, ed il prof. Paolo Ferri della Bicocca di Milano. Non è nem-meno da sottovalutare il fatto che molti giovani studenti intravedo-no la disoccupazione ad atten-derli alla fine del proprio percorso universitario, che è tutt’altro che un incentivo.

Peraltro Martone, nonostante la laurea cum laude a 23 anni, è ben lontano dall’immagine di ir-reprensibilità che vorrebbe darsi: come dimenticare la consulenza da 40mila euro offerta a Brunetta mentre il padre Antonio (sospet-to P3) era nominato, dallo stesso Brunetta, presidente della Com-missione per l’integrità, la valuta-zione e la trasparenza delle am-ministrazioni pubbliche?

Sulla questione è intervenuto anche l’ex ministro Luigi Berlin-guer (PD), fautore del 3+2, esal-tando questo sistema perché, permettendo di conseguire la laurea dopo tre anni, a suo dire avrebbe aumentato il numero dei laureati in Italia (affermazione molto discutibile, anche perché i laureati restano comunque il 20%

dei giovani fra i 25 e i 34 anni), fingendo beatamente di ignorare come la “laurea di base” valga assai meno, nella ricerca di un lavoro, della laurea specialistica o del master, e come il “3+2” non abbia affatto arginato il problema degli abbandoni e degli studenti-lavoratori.

I veri responsabili della di-struzione dell’università pubblica sono la borghesia, a caccia di sempre maggiori profitti, e i go-verni che le reggono il sacco.

Contro questo sfacelo, accen-tuato dalle politiche in materia di istruzione annunciate dal gover-no, è urgente mettere in campo una grande, forte, combattiva e continuata mobilitazione per la scuola e l’università pubbliche, gratuite e governate dalle stu-dentesse e dagli studenti. Il mo-vimento studentesco, prendendo esempio dagli studenti siciliani, deve tornare in piazza, già a par-tire dalla manifestazione naziona-le della FIOM l’11 febbraio, e dare il proprio grande contributo alla lotta per liberarci dal governo del tecnocrate borghese Monti.

Partigiani della Costituzione o partigiani del socialismo?Si è aperta la campagna di tes-

seramento 2012 della Federazio-ne giovanile comunisti italiani, or-ganizzazione giovanile del PdCI, all’insegna della parola d’ordine impressa sulla nuova tessera, chiaramente ripresa dall’inter-vento del giudice Antonio Ingroia allo scorso congresso del partito: “Partigiani della Costituzione”.

Secondo la FGCI allora, oggi i giovani comunisti devono re-stare imbrigliati alla Costituzione del ’48 che di fatto non c’è più, ridotta a carta straccia dai go-verni di destra e “centro-sinistra” (con l’attivo contributo del nuovo Vittorio Emanuele III Napolitano, specie di recente con l’imposi-zione del governo del tecnocrate borghese Monti) in senso neo-

fascista, presidenzialista, fede-ralista e interventista in base al “piano di rinascita democratica” della P2. Il 18 gennaio il respon-sabile organizzazione Gian Piero Cesario scrive che “Iscriversi alla FGCI, nel 2012, significherà (...) osare più democrazia”. Ma di che democrazia stiamo parlando? Di quella sancita dalla Costituzio-ne borghese! Quindi, seguendo questa tesi controrivoluzionaria, i giovani comunisti dovrebbero appiattirsi sul capitalismo e non andare oltre.

Non naviga certo in acque più rosse l’organizzazione giovanile di Rifondazione, la cui tessera 2012, sulla quale campeggiano due studenti cileni che si abbrac-ciano e baciano e una citazione

del defunto trotzkista Lucio Ma-gri (cofondatore de il manifesto), ha generato un’ondata di pole-miche da parte della base per lo scarso ed errato contenuto ideo-logico. Senza entrare nel merito di queste critiche, è illuminante la replica dei portavoce nazionali Anna Belligero e Simone Oggion-ni del 18 gennaio, i quali parlano della necessità di stare “dentro le lotte e non fuori”, giustamente, ma la precondizione essenziale per stare dentro le lotte sareb-be rinunciare a giudicarle “con in mano letture dogmatiche e di terza mano dei Testi Sacri. Chiu-si nell’esaltazione metafisica dell’ideologia o nel godimento anacronistico di sistemi sconfit-ti”. Cioè non bisognerebbe im-

pegnarsi per elevarne il tiro delle lotte e la coscienza politica. Che efficace sintesi di movimentismo e spontaneismo sfrenati da una parte e ripudio totale del marxi-smo-leninismo e dell’esperienza del movimento comunista del secolo scorso dall’altra!

Ai giovani sinceramente co-munisti noi proponiamo di essere partigiani dell’Italia unita, rossa e socialista, quindi di rompere una volta per tutte con il riformismo, il revisionismo, il costituziona-lismo, il legalitarismo e il pacifi-smo, perché solo il socialismo può salvare l’Italia.

“Alle ragazze e ai ragazzi che vogliono cambiare il mondo, qualunque sia la loro colloca-zione organizzativa attuale, noi

chiediamo di valutare la propo-sta marxista-leninista e di unirsi al PMLI come militanti o sim-patizzanti, dando così il proprio apporto concreto alla lotta per il socialismo. Non gli chiediamo di essere semplici iscritti ma prota-gonisti attivi della costruzione di un grande, forte e radicato PMLI; non di essere spettatori passivi ma di scendere attivamente in campo nella lotta rivoluzionaria. Gli proponiamo di impugnare la grande bandiera rossa di Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao e battersi contro il regime neofa-scista, il capitalismo e l’imperia-lismo.” (da “I giovani e il lavoro del PMLI sul fronte giovanile e studentesco”, Documento del CC del PMLI, 3 aprile 2011)

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10 il bolscevico / interni N. 5 - 9 febbraio 2012

Salari, pensioni e redditi da la-voro dipendente continuano a per-dere potere d’acquisto; di con-seguenza, la quota di individui poveri, convenzionalmente identi-ficati da un reddito equivalente in-feriore alla metà della mediana, è risultata pari al 14,4 per cento, in aumento di un punto percentuale rispetto al 2008 (tale quota supera il 40 per cento tra i cittadini stra-nieri); Per contro crescono le di-seguglianze sociali e il divario fra ricchi e poveri.

A certificarlo è lo studio sui bi-lanci delle famiglie italiane con-dotto da Bankitalia e pubblicato il 25 gennaio sul supplemento al bollettino statistico numero 6.

L’indagine, è bene sottolinear-lo, si basa sui dati raccolti nel-

l’anno 2010, quindi prima delle tremende manovre di lacrime e sangue varate in estate da Berlu-sconi e a dicembre scorso da Mon-ti che sicuramente daranno il col-po di grazia a una situazione a dir poco già drammatica.

I dati di via Nazionale eviden-ziano che nel 2010 il reddito fami-liare medio annuo, al netto delle imposte sul reddito e dei contribu-ti sociali, era pari a 32.714 euro, 2.726 euro al mese.

Il reddito “equivalente” una misura che tiene conto della di-mensione e della composizione del nucleo familiare, si è attestato a 18.914 euro a persona, un valo-re inferiore, in termini reali, dello 0,6% a quello del 2008. Di più: in termini reali il reddito medio nel 2010 risulta inferiore del 2,4% ri-spetto a quello del 1991, mentre il reddito equivalente in termini rea-li, nello stesso periodo, è aumen-tato del 3,3%. La contrazione del reddito (e la sua ineguale distri-buzione) ha prodotto un aumen-to della quota di persone povere, cioè di chi ha un reddito equiva-lente inferiore alla metà della me-diana. I poveri in Italia sono il 14,4% della popolazione totale, un punto percentuale in più rispet-to al 2008. Mentre tra i lavoratori immigrati la quota dei poveri su-pera il 40%. Il reddito medio da la-voro dipendente nel 2010 è stato pari a 16.559 euro, con una fles-sione dello 0,3% sul 2008. Il red-dito da lavoro indipendente è sta-to, invece, di 20.202 euro con una diminuzione del 2,3% rispetto a due anni prima. Bankitalia sotto-linea, tuttavia, che “fra il 2008 e il 2010 lavoratori indipendenti han-no registrato un incremento in ter-mini reali del 3,1%, recuperando parte del calo osservato tra il 2006 e il 2008 (-7%)”. Nel complesso del periodo 1991-2010 i lavorato-ri indipendenti hanno visto cresce-re i propri redditi reali del 15,7%, quasi 5 volte di più dei lavoratori dipendenti.

Il reddito familiare medio risul-ta più elevato per le famiglie con capofamiglia laureato, lavorato-re indipendente o dirigente, di età compresa tra i 45 e i 64 anni, men-tre risulta inferiore per le famiglie residenti al Sud e nelle Isole. Inol-tre, il reddito delle famiglie in cui il capofamiglia ha la cittadinanza straniera risulta in media inferiore di circa il 45% a quello delle fami-glie italiane.

L’indagine di Bankitalia rile-va anche come il 29,8% delle fa-miglie nel 2010 reputava le pro-prie entrate insufficienti a coprire le spese; il 10,5% le reputava più che sufficienti, “mentre il restan-te 59,7% segnalava una situazione intermedia”. Ossia riteneva appe-na sufficienti le entrate di cui di-sponeva per poter condurre una vita dignitosa. In sostanza, sotto-lineano a Bankitalia emerge una tendenza all’aumento dei giudizi di difficoltà.

L’indagine mette in risalto an-che la crescente sperequazione nella distribuzione della ricchez-za e la sua concentrazione nella mani di pochi. La ricchezza netta delle famiglie italiane, data dalla somma delle attività reali (immo-bili, aziende e oggetti di valore) e delle attività finanziarie (depositi, titoli, ecc.) al netto delle passivi-tà finanziarie (mutui e altri debiti), ha un valore mediano nel 2010 di 163.875 euro. Il 10% delle fami-glie più ricche possiede il 45,9% della ricchezza netta familiare to-tale contro il 44,3% del 2008.

La percentuale delle famiglie indebitate è pari al 27,7%. L’inde-

bitamento (poco meno di 44 mila euro in media) come in passato, risulta più diffuso tra le famiglie a reddito medio alto (che hanno più facilità nell’accesso al credito) con capofamiglia di età inferiore ai 55 anni, lavoratore indipenden-te o con elevato titolo di studio. Le passività sono costituite in larga parte da mutui per l’acquisto e la ristrutturazione di immobili.

Insomma siamo di fronte a una situazione di povertà e disugua-glianza sociale fra ricchi e pove-ri in continua crescita confermata anche dal rapporto Ocse “Divided we stand”, inerente appunto la cre-scita delle ineguaglianze sociali e presentata il 24 gennaio all’Istat.

Le cifre indicano che nel 2008, anno degli ultimi dati disponibili (quindi riferiti a un periodo ante-cedente alla fase più pesante della crisi e delle recenti manovre eco-nomiche varate dai governi Ber-lusconi e Monti), il reddito medio del 10 per cento di popolazione più ricco del Paese era di oltre die-ci volte superiore a quello del 10 per cento più povero (49.300 euro contro 4.887). A metà degli anni Ottanta il rapporto era di 8 a 1. Il

divario è quindi in costante crescita e non riguarda solo l’Italia, sotto-linea l’Ocse, ma sta aumentano in quasi tutti i paesi europei. Francia a parte dove - come in Giappone - il quadro è rimasto più o meno sta-bile, il differenziale è salito anche nella ricca Germania e nell’evolu-ta penisola Scandinava (passando dall’1 a 5 degli anni Ottanta all’at-tuale 1 a 6). Eloquente l’1 a 17 de-gli Stati Uniti, drammatico il dato

del Brasile dove i più ricchi hanno redditi cinquanta volte superiori a quelli dei più poveri.

Non solo. Dallo studio emer-ge anche che in Italia, a differen-za di molti paesi Ocse, la disegua-glianza sociale va di pari passo con l’aumento dei redditi dei lavo-ratori autonomi. La loro quota sul totale della ricchezza è aumentata, negli ultimi trenta anni, del 10 per cento.

Con in testa i lavoratori dell’Alcoa a rischio chiusura

LAVORATORI, STUDENTI, SINDACATI E SINDACI IN PIAZZA A CAGLIARI

PER LO SVILUPPO DEL SULCISI pastori sardi occupano i municipi

Tutti a Cagliari alla marcia per lo sviluppo del Sulcis. Il 26 gen-naio circa trecento operai dell’Al-coa assieme a studenti, sindacati e ai sindaci del territorio hanno dato vita alla protesta contro la chiu-sura dello stabilimento di Porto-vesme, l’unico sito produttivo di alluminio primario in Italia, deci-sa dalla multinazionale america-na. Hanno sfilato nel lungo corteo gli operai dell’ex Ila Eurallumina e quelli dell’ex Rockwool, uniti nella lotta contro la chiusura del-le fabbriche sarde che metterebbe in ginocchio l’intero territorio del Sulcis e destinerebbe migliaia di lavoratori alla perdita del lavoro e del salario.

Durante il loro percorso verso il capoluogo sono stati accompa-gnati dai blocchi stradali lungo la Ss 130 dei movimenti dei com-mercianti liberi, del “popolo delle partite iva” e del movimento anti-Equitalia, con i quali hanno soli-darizzato “per le proteste che ri-guardano tutti i cittadini’’.

La manifestazione si è anima-ta a Cagliari all’arrivo dei pull-man e delle tante auto degli operai e degli studenti che si sono diretti sotto il palazzo del Consiglio re-gionale per protestare in concomi-tanza con la riunione della Com-missione bilancio che si appresta a licenziare il testo della finanziaria 2012-14. Il traffico è stato blocca-

to nelle vie adiacenti mentre una rappresentanza degli operai e dei sindaci è stata ricevuta dal pre-sidente del Consiglio regionale Claudia Lombardo.

Per l’Alcoa l’interessamen-to della multinazionale svizzera Glencore (che in Sardegna con-trolla già lo stabilimento della Portovesme) non è ancora cosa certa, dice Angelo Deidda, sin-daco di Domusnovas: “perché esso è condizionato alla verifi-ca del contesto che significa va-lutare le questioni dell’approvvi-gionamento della materia prima, l’infrastrutturazione della zona industriale e del porto e il costo dell’energia”. “Non servono so-luzioni tampone o un pastrocchio - dice Franco Baldi, FIOM CGIL - ma misure strutturali come quel-la che riguarda l’energia”. Quindi deve intervenire il governo. Quel-lo del tecnocrate borghese Mon-ti che, come i precedenti, ha ri-sposto solo con la repressione e i manganelli ai lavoratori in lotta.Gli impegni del governo non sono arrivati nemmeno nell’incontro dopo la manifestazione della scor-sa settimana al ministero dello sviluppo economico, quello ret-to da Passera, presenti vertici Al-coa, della Glencore e della regione Sardegna. A febbraio ci sarà un al-tro incontro con i sindacati e i la-voratori del Sulcis si preparano a

tornare in piazza a Roma per far sentire la loro voce.

Alla lotta dei lavoratori del-l’Alcoa si sono uniti artigiani, commercianti, autotrasportatori e il Movimento pastori sardi che ha occupato una dozzina di municipi e bloccato parzialmente strade e porti, nel mirino gli scali di Olbia e di Oristano. La protesta è andata avanti fino a venerdì 27 gennaio.Incontro infuocato quello a Vil-lamassargia, nell’edificio dell’ex Casa Fenu, sabato 28 per discute-re della vertenza Sulcis-Iglesien-te: sono arrivati operai, artigiani, commercianti, studenti, pescato-ri e disoccupati, protagonisti dei blocchi degli ultimi giorni e poi i sindaci dei 23 Comuni del territo-

rio, il presidente della Provincia e numerosi consiglieri comunali e provinciali. La decisione è stata quella di rimanere tutti uniti nella battaglia contro la crisi. I sindaci del Sulcis hanno marciato la mat-tina di domenica 29 sul capoluogo e in segno di protesta contro la cri-si che imperversa nei loro territo-ri hanno minacciato di consegnare al prefetto di Cagliari le loro fasce tricolori.

Intanto prosegue nel territorio la mobilitazione contro la crisi, le tasse, e la manovra del governo. Dai sit-in e presidi davanti ai por-ti e sulle strade, conclusi nel fine settimana, ora si è spostata nei co-muni: oltre 20 i municipi occupati nell’Isola.

Cagliari, 25 gennaio 2012. I lavoratori Alcoa, ex Ila, Rockwool ed Eurallumi-na, presidiano il Consiglio regionale al termine della manifestazione contro lo smantellamento delle loro aziende

Sono sempre più numerose le persone in diffi coltà economica che sono costrette a “fare la spesa” tra gli avanzi delle cassette dei mercati

Il 10% degli italiani detiene il 46% della ricchezzaL’OCSE CONFERMA IL CRESCENTE DIVARIO TRA I REDDITI DEI PIÙ RICCHI IN RAPPORTO A QUELLI DEI PIÙ POVERI. IN ITALIA NEL 2008 ERA DI 10 A 1

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* Il coefficiente di Gini è un in-dice per misurare la disuguaglian-za nella distribuzione del reddito o anche della ricchezza. È un numero compreso tra 0 ed 1. Va-lori bassi del coefficiente indica-no una distribuzione abbastanza omogenea, il valore 0 corrispon-de alla pura equidistribuzione, si-tuazione in cui tutti percepiscono lo stesso reddito; il valore 1 corri-sponde alla massima concentra-zione, ovvero la situazione dove una persona percepisce tutto il reddito del Paese mentre tutti gli altri hanno un reddito nullo. L’Ita-lia, pur essendo vicina alla media Ocse, è tra i Paesi peggiori.

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N. 5 - 9 febbraio 2012 corruzione / il bolscevico 11A FINE MANDATO I CONSIGLIERI REGIONALI NON RIELETTI RICEVONO ANCHE UN BONUS CHE ARRIVA A 170 MILA EURO IN CALABRIA

I governatori e gli assessori regionali italiani i più pagati d’Europa

Mentre il governo della ma-celleria sociale sta facendo tabula rasa anche dei diritti sindacali dei lavoratori, per le cosche parlamen-tari che sostengono Monti e la sua pletora di tecnocrati in camicia nera il tempo delle vacche magre non arriva mai.

Nelle settimane scorse l’in-dagine condotta dalla famigerata commissione Giovannini ha rile-vato che i parlamentari italiani go-dono di stipendi e privilegi di gran lunga più alti e vantaggiosi rispet-to a tutti gli altri colleghi europei. Adesso si scopre che anche tutti gli altri rappresentanti delle isti-tuzioni parlamentari borghesi, os-sia gli oltre 160 mila governatori, assessori e consiglieri di regioni, province, comuni ed enti locali godono di stipendi e privilegi da nababbo e risultano, anche loro, tra i più pagati d’Europa.

I più ricchi d’EuropaIl governatore della Sicilia Raf-

faele Lombardo, ad esempio, con i suoi 14.200 euro (netti) al mese, guadagna più di quello della Ca-talogna o della comunità autono-ma di Madrid. Renata Polverini, presidente del Lazio, raddoppia i compensi della collega dell’Île de France. Mentre il governatore del Molise Michele Iorio ha una busta paga di 11.124 euro mensili; men-tre i consiglieri regionali, con la loro indennità base che raramen-te scende sotto i novemila euro mensili risultano anch’essi più ric-chi dei colleghi francesi (che al massimo guadagnano 2.700 euro al mese) come di quelli spagno-li (5.800 euro) o ancora di alcu-ni Lander tedeschi: ai deputati di Amburgo bastano 2.300 euro, più 300 a titolo di rimborso spese.

In base a una recente classifi-ca stilata dal quotidiano in lingua tedesca Tageszeitung di Bolza-no i consiglieri regionali più ric-chi in assoluto sono quelli della Sardegna che ogni mese incassa-no 11.417 euro. La somma com-prende anche le diarie, ovvero una sorta di rimborso spese per i giorni delle sedute di consiglio che varia-no però da regione a regione.

Seguono a ruota i consiglie-ri regionali calabresi con 11.316 euro mensili. Al terzo posto i cam-pani con 11.126; poi i siciliani con 10.946. Oltre i diecimila euro an-

che i pugliesi, 10.432, e i molisa-ni, 10.255. Si scende a 9.975 nel Lazio; 9.964 in Lombardia; 9.025 in Piemonte. A quota 8.362 trovia-mo il Friuli-Venezia Giulia; 8.166 in Liguria; 8.054 Abruzzo; 8.004 Veneto. E poi ancora i consiglie-ri regionali dell’Emilia-Romagna con 7.613 euro al mese; quelli del-la Val d’Aosta con 6.603 euro; Ba-silicata 6.529; Trentino-Alto Adi-ge, 6.300; Marche, 6.119; Umbria, 6.101 e infine i “poveri” toscani, si fa per dire, con 5.288 euro al mese.

I più privilegiatiMa non è tutto perché ogni

eletto oltre allo stipendio ha “di-ritto” anche a una serie di privilegi e prebende che a seconda dell’am-ministrazione di cui fa parte può far lievitare il gruzzolo a cifre an-cora più alte.

Ogni consigliere regionale ad esempio incassa a fine mandato un’indennità per il “reinserimen-to al lavoro” o “nella vita civile”. Una vera e propria liquidazione che varia per ogni regione preve-dendo conteggi e tetti diversi per il numero di mandati. I più fortuna-ti sono gli “onorevolini” calabre-si con 56.850 euro a disposizione del consigliere uscente, dopo una sola legislatura. Cifra che arriva a 170.550 euro per il tetto massimo di tre mandati. Li seguono i cam-pani con 54.860 euro e la Puglia con 54.025 euro, sempre per una legislatura di 5 anni. Al quarto po-sto il Friuli-Venezia Giulia con 53.223 euro a mandato.

In ogni caso il bonus per il “po-vero” consigliere “trombato” o non ricandidato viene solitamente cal-colato in base all’ultima mensili-tà dell’indennità di presenza lorda moltiplicata per ogni anno di man-dato. Prendendo come esempio il Friuli-Venezia Giulia si tratta di 53.223,65 euro per una legislatura, 106.447,3 per due, 159.670,95 per tre. L’eletto nel Consiglio di piaz-za Oberdan a Trieste subisce ogni mese la trattenuta di 532, 24 euro, ma a fine corsa incassa molto di più del versato.

Più o meno la stessa cosa suc-cede in Piemonte dove l’indenni-tà di reinserimento di fine manda-

I consiglieri regionali sardi i più ricchi in assoluto

Stipendi e vitalizi d’oro ai suoi

SOTTOGOVERNO E CORRUZIONE DELLA GOVERNATRICE DEL LAZIO POLVERINIAveva promesso “una mano-

vra con meno tasse ai cittadini e più tagli ai politici”; ma alla fine la governatrice del Lazio in cami-cia nera, Renata Polverini, ha fatto esattamente il contrario aumentan-do le tasse e i tagli a carico delle masse popolari e mantenendo in-vece gli stipendi, i privilegi e i vita-lizi d’oro a favore dei 71 capicosca parlamentari eletti nel consiglio regionale. Non solo. L’ex segreta-ria del sindacato fascista UGL, ha pensato bene di risarcire con una “degna” sistemazione anche i sei berlusconiani esclusi dalla compe-tizione elettorale perché presenta-rono in ritardo la lista.

“Trombati” in carrozzaSi tratta dell’imprenditore Lui-

gi Celori, 54 anni, con alle spal-le tre legislature, è stato nominato presidente di Autostrade del La-zio; Tommaso Luzzi, 61 anni, per 15 anni in Regione, è stato piazza-to a capo di Astral, una società che pulisce e asfalta le tangenziali e i raccordi; il socialista Donato Ro-bilotta, 56 anni, è stato nominato commissario straordinario di Ipab Sant’Alessio, un centro per ciechi che gestiva un imponente patrimo-nio immobiliare; Bruno Prestagio-vanni, 54 anni, nominato commis-

sario straordinario di Ater Roma, un carrozzone che assegna le case pubbliche; Massimiliano Maselli, 44 anni, è ora presidente di Svi-luppo Lazio, dove transitano ban-di di gara e studi scientifici e in-fine Erder Mazzocchi, 43 anni, commissario straordinario di Ar-sial, l’agenzia regionale per l’agri-coltura.

Tutti e sei “trombati” alla par-tenza dal Tar del Lazio e tutti e sei rimessi in carrozza dalla Polverini.

Soldi rubati al popoloIl bilancio 2012 approvato il

21 dicembre scorso prevede in ag-giunta al precedente bilancio 1,4 miliardi di tagli e 0, 3 di nuove tasse. Nel mirino ci sono odiosi tagli alla cultura, servizi, traspor-ti, blocco dei pagamenti alle im-prese, i ticket e l’aumento di tarif-fe e addizionali regionali fra cui spicca l’aumento Irpef (+0,33%) la benzina con un’accisa inedi-ta (20 centesimi al litro), il bollo per l’automobile (+10%). Mentre calano i fondi per il sociale e le opere pubbliche (-100 milioni di euro).

Insomma una pioggia di mi-lioni rubati al popolo e utilizza-ti per pagare stipendi, privilegi e pensioni d’oro ai 71 consiglieri

laziali che vengono pagati per il mandato in Regione (indennità), per essere presenti in aula (dia-ria), per raggiungere il palazzo (rimborso), per presiedere o par-tecipare in commissione (e sono venti). consiglieri laziali vengo-no pagati per il mandato in Regio-ne (indennità), per essere presenti in aula (diaria), per raggiungere il palazzo (rimborso), per presiede-re o partecipare in commissione (e sono venti). E hanno il vitalizio garantito a partire da 50 anni con una riduzione del 5 per cento, o a 55 al 100 per cento dell’ultimo stipendio.

Basta pensare che il costo del solo parlamentino di via Pisana nel 2012 arriverà a costare oltre 102 milioni di euro (+5 milioni rispetto al 2011), oltre 17 euro e mezzo per abitante.

Stipendi e privilegi da nababbo

Ogni eletto del Lazio si mette in tasca 12 mila euro netti al mese. In realtà tra indennità base e dia-ria si arriverebbe a 7.800, solo che poi si aggiungono un pacco di be-nefit tra cui va citato almeno quel-lo più odioso: il rimborso da 35 cent a chilometro per chi deve far-

ne oltre 15 km per arrivare alla Pi-sana, sede del Consiglio. A gon-fiare ulteriormente gli stipendi dei boss politici laziali, provvede l’in-dennità di carica. Infatti nessuno è consigliere semplice, tutti e 71 gli eletti fanno parte di una o più delle 20 commissioni regionali e si spartiscono le oltre ottanta cari-che col loro corredo di stipendio accessorio e lo stuolo di collabora-tori, portaborse, addetti di segrete-ria, autisti, ecc. Non bastasse, i 71 eletti sono riusciti a dividersi nel-la bellezza di 17 gruppi consiliari di cui 9 formati da un solo consi-gliere che poi diventa anche capo-gruppo di se stesso.

Il personale assunto a tempo determinato dai politici costerà 1,2 milioni in più (7,2 in tutto), le indennità di segreteria 700 mila (10,7 il totale), le consulenze 222 mila (710 mila euro). Poi ci sono i lavori di ristrutturazione, che pas-sano dagli 8 milioni del 2011 a dieci, “le spese di rappresentan-za” della Polverini da 750 mila euro a 1,25 milioni e pure i gruppi si intascano due milioni e mezzo in più. Finito? Macché. Nel 2012 quasi raddoppierà il costo per la stampa e la pubblicazione di ma-teriale cartaceo: da 2,6 a 4,6 mi-lioni di euro.

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chiuso il 1/2/2012ore 16,00

to sfiora i 50.000 euro per un sola legislatura. I laziali ed i veneti in-vece si devono “accontentare” di 46.814 euro, mentre un toscano ne incassa oltre 38.000 e un valdosta-no “soli” 33.500 euro.

In 8 Regioni non sono fissa-ti limiti temporali su cui calco-lare l’indennità di fine mandato. L’Emilia-Romagna ha stabilito un massimo di due legislature, come per le Marche, Molise, Umbria, Valle d’Aosta e Veneto. La Cam-pania prevede 16 anni per il calco-lo del bonus, la Calabria tre legi-slature, come la Liguria, che però decurta del 50% il bonus fra il de-cimo e quindicesimo anno.

In Trentino-Alto Adige la trat-tenuta obbligatoria è del 10%, ma l’indennità viene calcolata solo in base ai versamenti effettuati ad un apposito Fondo di solidarietà e ai risultati che ottiene, senza pesare ulteriormente sulle casse regiona-li. In Sardegna e Sicilia le trattenu-te sono del 6,7%, in Basilicata del 5,5%, in Campania, Marche, Pie-monte, Toscana e Umbria del 5%.

Un’altra autentica vergogna in-somma specie se si pensa che un lavoratore paga sulla liquidazione dal 23 al 27% di imposte.

I furbettidi via Capruzzi

Ma la cosa più vergognosa è che, non appena il governo Monti appena insediato ipotizzò la ridu-zione degli stipendi dei boss politi-ci nazionali, molte amministrazioni

che avevano come base di calcolo proprio lo stipendio dei parlamen-tari, corsero subito ai ripari. Fra queste il consiglio regionale del-la Puglia del rinnegato, neolibera-le e presidenzialista Vendola che, approfittando della manovra per il 2012, ha inserito tra le disposizio-ni per la formazione del bilancio di previsione, una norma che iberna le indennità dei suoi componenti. La leggina salva stipendi è stata vota-ta alla chetichella nella seduta tra il 28 e il 29 dicembre 2011 da tutte le cosce parlamentari sia della destra che della “sinistra” del regime che siedono in via Capruzzi e prescrive infatti che: “Tutte le indennità di cui alla legge regionale 8 del 2003 riconosciute ai consiglieri regiona-li sono fissate nella misura in godi-mento al 30 novembre 2011”. Una furbata che permette a Vendola e ai suoi 70 consiglieri di fissare tutte le loro indennità, quella di manda-to, la diaria, il trattamento accesso-rio come i rimborsi per i traspor-ti, le missioni e il rapporto con gli elettori, al 30 novembre 2011, cioé pochi giorni prima della proposta di Monti di agganciare le indennità dei parlamentari italiani alla media europea poi vergognosamente ri-mandato alle calende greche.

Ora anche se a Palazzo Ma-dama dovessero essere costret-ti a ripensarci e procedere con la riduzione delle loro indennità, in Puglia i consiglieri regionali con-tinueranno a percepire tutte le in-dennità come quella del novembre 2011. Ossia: 10.805 euro al mese

come indennità di mandato, cui si aggiungono 4.028 euro di diaria e rimborsi spese per il rapporto con gli elettori che variano dai 2.802 euro del presidente della giunta regionale agli 886 euro del consi-gliere regionale. Il risultato è che dal 2012 il consigliere regionale della Puglia potrebbe guadagnare addirittura più di un senatore. Non solo. La leggina permetterà ad ogni consigliere di riscuotere an-che un ricco assegno di fine man-dato che oggi consente di avere 12 mensilità per cinque anni di legi-slatura, mentre a conclusione del-la prossima, la liquidazione sarà calcolata su cinque mensilità, una per ogni anno di mandato. I neo eletti in carica hanno anche otte-nuto, al compimento dei 30 mesi di legislatura, il diritto di ricevere comunque il vitalizio appena rag-giunta la soglia dei 60 anni.

Insomma, fino al 28 dicembre le indennità erano legate a quel-le di Palazzo Madama: se i sena-tori se l’ aumentavano, aumenta-va automaticamente anche quella pugliese. Ma ora che il Senato po-trebbe decidere di ridurla, i puglie-si hanno deciso di congelarla così da neutralizzare eventuali tagli. Già una volta è accaduto: qual-che anno fa, governo Prodi II, l’in-dennità era legata agli stipendi dei deputati ma quando a Montecito-rio decisero di tagliare l’indennità del 10 per cento, in Puglia fecero lo stesso taglio ma un attimo dopo spostarono sulla più ricca indenni-tà del Senato la base di calcolo per

la propria. La riduzione ci fu ma quella vera fu di pochi euro.

Si tratta insomma dell’ennesi-ma rapina ai danni dei lavoratori! Altro che blocco degli “aumenti Istat nelle nostre retribuzioni” al-tro che “sobrietà a cui dobbiamo tutti quanti educarci” come dice il rinnegato Vendola!

La cricca del Nord-EstCaso analogo anche in Friu-

li-Venezia Giulia dove la giun-ta di “centro-destra” capeggiata da Renzo Tondo ha stabilito che i tanto criticati vitalizi verranno aboliti “forse” solo a partire dal 2013, quando si tornerà alle urne e verrà introdotto il sistema con-tributivo. Invece rimarranno blin-date le pensioni di chi siede nel-l’attuale Consiglio regionale e degli ex consiglieri, in tutto 142 “trombati” le cui pensioni am-montano complessivamente a ben 7,7 milioni di euro l’anno. Non solo: con un emendamento del-l’ultima ora l’assemblea del Friu-li-Venezia Giulia ha sganciato gli stipendi dei consiglieri da quello dei parlamentari. E anche in que-sto caso, coma in Puglia, tutte le cosche parlamentari: PDL, Lega, UDC e PD hanno votato insieme l’emendamento.

Per il bonus dei “trombati” i consiglieri regionali (gli ex sono 3.385) hanno semplicemente re-plicato l’andazzo del parlamento nazionale. L’“assegno per il rein-serimento nella vita lavorativa” varia da 46.814 euro per una sola legislatura ad oltre 140.000 per 15 anni in parlamento.

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12 il bolscevico / cronache locali N. 5 - 9 febbraio 2012

A MILANO LA DISOCCUPAZIONE GIOVANILE HA RAGGIUNTO

IL PICCO DEL 22%Redazione di Milano

Il tasso di disoccupazione in città, storicamente mai al di so-pra del 4%, ha raggiunto il picco più alto di sempre, il 5,9%. Tra il 2008 e il 2011 hanno perso il la-voro 30mila persone, portando la cifra complessiva al record nega-tivo di 110mila unità. Preoccupan-te il dato della disoccupazione gio-vanile: a Milano è senza lavoro il 22% degli under 30, contro il 20%

del resto della regione.È la fotografia desolante di una

città che per il quinto anno di fila non è in grado di uscire dalla sec-che della crisi capitalistica, illu-strata il 19 gennaio dalla Camera del Lavoro della CGIL. Gli oc-cupati a Milano e provincia sono un milione e 720mila, ma la cifra comprende anche 45mila cassinte-grati, dei quali 25mila dipendenti di aziende defunte o che cesseran-no di esistere e non hanno prospet-

tive occupazionali. E sfugge ai dati anche la moltitudine dei cosiddet-ti scoraggiati: soprattutto giovani e donne con elevata scolarità che a cercare un lavoro neppure ci pro-vano più.

Non è certo con le ulteriori li-beralizzazioni del “mercato del lavoro”, prospettate dal governo delle banche e della Ue di Mario Monti, che si combatte l’inesora-bile dilagare della disoccupazione giovanile e femminile ma vicever-

sa abrogando le leggi 30 e Treu e strappando alla borghesia, tramite la lotta di classe, nuove leggi che garantiscano universalmente il la-voro stabile a salario intero, a tem-po pieno e sindacalmente tutelato; questo nella consapevolezza che la piena occupazione nel capitali-smo è un’utopistica illusione rea-zionaria, riformista e keynesiana, e che essa può realizzarsi solo con la conquista dell’Italia unita, rossa e socialista.

SESTO S. GIOVANNI (MILANO)

Smantellata definitivamentel’Unità operativa malattie

sessualmente trasmissibili (UOMST)Dal corrispondente dell’Organizzazione di Sesto S. Giovanni del PMLI

Dopo che lo scorso anno le proteste di numerosi comitati e associazioni che operano nel territorio del nord di Milano ave-vano costretto l’Asl a fare marcia indietro sul progetto di chiusu-ra dell’UOMST (Unità Operativa Malattie Sessualmente Trasmis-sibili) di Sesto S. Giovanni, il cen-tro di Via Matteotti che si occupa gratuitamente di diagnosi e cura in anonimato di malattie come HIV, sifilide, gonorrea ed epatite e

che è arrivato ad accogliere fino a ottocento pazienti, improvvisa-mente, a metà gennaio, le quat-tro lavoratrici che erano occupate nella struttura, sono state trasfe-rite da un giorno all’altro ad un nuovo distretto, provocando di fatto il blocco dell’operatività del centro.

Gravi le ripercussioni per i pa-zienti, che si ritroveranno abban-donati in strutture ospedaliere di-sperse sul territorio e privi di quei trattamenti richiesti dalla specifi-cità delle malattie: supporto psi-cologico, test gratuiti, assisten-za sociale e visite specialistiche

(dermatologo, ginecologo).Dietro la chiusura vi sono forti

interessi economici da parte della Regione Lombardia e dei direttori delle Asl di Milano e di Monza-Brianza che ritenevano inaccet-tabile, tra l’altro, il servizio, offerto dall’UOMST, di fornitura gratuita dei farmaci antiretrovirali per la cura dell’infezione da HIV e che provocava un danno economico ai budget degli ospedali, soprat-tutto quelli privati, che gestiscono i fondi per i farmaci.

Gravi le responsabilità del neopodestà Giorgio Oldrini (PD) e della giunta di “centro-sinistra”

Per volere della giunta arancione di Limbiate del neopodestà De Luca

LA COMUNITA’ NOMADE SINTI GHETTIZZATA E COSTRETTA A PAGARE L’AFFITTO

Redazione di MilanoA Limbiate (Monza-Brianza) il

contratto imposto dalla giunta di “centro-sinistra” del neopodestà Raffaele De Luca che stanno sot-toscrivendo una trentina di fami-glie sinti che si stanno trasferen-do con casette mobili e camper in via Lombra, prevede un affitto da 150 euro mensili in su, più i con-

sumi di energia elettrica e acqua. “Sono troppi soldi - hanno com-mentato in tanti - non riusciamo a pagarli, noi viviamo vendendo piantine e il ferro, tanti hanno anche una famiglia numerosa e i soldi servono per mangiare”.

Della cifra elevata si lamenta anche Maria Maddalena Renati, la matriarca della comunità sinti,

Smascherata la farsa delle “assemblee

locali” di Castelvetro di Modena

Dal corrispondente dell’Organizzazionedi Castelvetro di Modena del PMLI

Assemblee locali nelle qua-li i cittadini potranno presentare le proprie istanze che saranno poi vagliate e, a seconda del caso, ap-provate o respinte dal Consiglio comunale e dall’amministrazione: ecco la nuova trovata della giunta comunale di Castelvetro di Mode-na guidata dall’anticomunista in-callito Giorgio Montanari (PD). Un’operazione, come si evince bene, del tutto illusoria tesa a dare alle masse lavoratrici e popolari una parvenza fittizia di partecipa-zione, privandole al contempo di ogni potere vincolante.

A questo scopo nelle frazioni di Castelvetro sono state promosse le assemblee il 26 gennaio, sotto la presidenza di assessori comunali e con l’inutilmente costoso contri-buto di “consulenti” esterni.

All’assemblea del capoluogo, alla presenza dell’assessore alla cultura Domenico Barani e del consigliere comunale con delega al decentramento Giordano Gio-vini, il compagno simpatizzante del PMLI Roberto è intervenuto denunciando e smascherando con forza il carattere puramente con-sultivo e quindi fraudolento del-le assemblee locali, evidenzian-do la loro sostanziale inutilità, ai fini delle masse popolari, in quan-to sarà la giunta ad avere l’ultima parola.

Era presente anche il compagno Federico Picerni il quale ha parlato a nome del Comitato No Impianto Biomasse Inalca, di cui è membro, portando la questione dell’incene-ritore a conoscenza dei presenti e contribuendo così a rompere la cor-tina del silenzio imposta dall’am-

ministrazione piddina.I due compagni hanno incon-

trato l’interesse e l’appoggio del-la popolazione presente, quanto l’astio dei consiglieri comunali del gruppo PDL-Lega Nord pre-senti: Bruno Rinaldi (già noto per la sua campagna anti-astensionista nel 2009) e Cristiana Nocetti. In-capaci di argomentare una repli-ca ai compagni, i due si sono li-mitati a stigmatizzare la protesta e a squallide provocazioni del tipo: “sono passati dal proletariato agli inceneritori”; “andate in Russia, anche Stalin ne ha fatti di morti”. Sappiamo bene che il solo nome di Stalin fa tremare da capo a pie-di questi politicanti borghesi in ca-micia nera e che tutto fa brodo pur di denigrarlo, ma ricorrere a que-ste “accuse” del tutto campate in aria è indice del massimo squallo-re neofascista.

Ad ogni modo, si è riscontra-ta una grande voglia di parteci-pazione dal basso. Essa però non può essere appagata dall’inganno della “democrazia partecipativa”, ma soltanto dalla democrazia di-retta. Ecco perché ribadiamo alle masse castelvetresi la nostra pro-posta delle istituzioni rappresen-tative delle masse fautrici del so-cialismo, le Assemblee popolari e i Comitati popolari, come con-traltare delle istituzioni borghesi e per strappare loro opere, misu-re e provvedimenti che migliorino le condizioni di vita e che diano al popolo l’autogestione dei servizi sanitari e sociali e dei centri socia-li, ricreativi e sportivi di carattere pubblico.

Non diamo nessun credito alle false e illusorie “assemblee loca-li”!

Lottiamo per realizzare le isti-tuzioni rappresentative delle mas-se!

DOPO AVER ASSUNTO LA CUGINA IN UN ASSESSORATO A NAPOLI

De Magistris fa assumere suo

fratello nello staffL’incarico sarà davvero “gratuito” e “disinteressato”?

Redazione di Napoli Con il decreto sindacale nu-

mero 3022, firmato il 15 novem-bre dal falso comunista Tom-maso Sodano e protocollato a fine gennaio dopo la riunione di giunta, il neopodestà di Napoli De Magistris ha ratificato l’in-gresso nel suo staff del fratello Claudio con questa motiva-zione: “collaborazione a titolo gratuito da presentarsi dal sig. Claudio De Magistris all’interno dell’ufficio di diretta collabora-zione dell’organo politico”.

Dopo l’ingresso della cugina Lucia Russo nello staff dell’as-sessorato allo Sport, ora è il tur-no del fratello Claudio, uomo-ombra dell’ex pm, fin dalla sua elezione. Dapprima la “collabo-razione” con la giunta era giusti-ficata come “professionista della comunicazione assunto dal par-tito dell’Idv con un cocopro per occuparmi dell’organizzazione del reparto comunicazione na-zionale”. Ora, invece, secondo il nuovo podestà si tratterebbe della formalizzazione di un im-

pegno di collaborazione che già si manifestava in virtù della con-solidata esperienza del fratello nel campo della comunicazione e degli eventi culturali: “La colla-borazione del signor Claudio de Magistris - si legge in delibera - è improntata ad un alto profilo di liberalità e disinteressata col-laborazione, è determinata dal desiderio di poter contribuire al programma di rilancio di Napoli e di promozione della sua im-magine nel panorama nazionale e internazionale”. In sostanza, se non c’è traccia dell’eventuale compenso che dovrà ricevere suo fratello, l’ex pm ha conso-lidato politicamente la figura di Claudio conferendogli una cen-trale vetrina politica come quella dell’organizzazione e la promo-zione di grandi eventi.

Risulta palese il conflitto d’interessi di De Magistris che utilizza i suoi poteri di sindaco per sistemare nel palazzo pa-renti e amici, anche in barba alle false promesse fatte in campa-gna elettorale.

Trasferite senza preavviso le quattro lavoratrici. Gravi responsabilità da parte della giunta di “centro-sinistra”

che lo sostiene. Se da un lato l’amministrazione sestese si è pronunciata contro la chiusura del centro e ha addirittura annun-ciato una commissione d’inchie-sta, nei fatti risulta evidente come queste finte barricate hanno uni-camente finalità elettoralistiche. In questi anni in cui l’UOMST veniva prima depotenziato e poi minacciato di chiusura, nessuna iniziativa concreta è stata real-mente presa per difenderlo: a quanto pare, l’amministrazione sestese ha preferito dedicare il proprio tempo a progetti spe-culativi ed economicamente più redditizi, come dimostra lo tsu-nami giudiziario che l’ha travolta la scorsa estate.

Accade nullaattorno a te?

RACCONTALO A ‘IL BOLSCEVICO’Chissà quante cose accadono attorno a te, che riguardano la

lotta di classe e le condizioni di vita e di lavoro delle masse. Nella fabbrica dove lavori, nella scuola o università dove studi, nel quar-tiere e nella città dove vivi. Chissà quante ingiustizie, soprusi, ma-lefatte, problemi politici e sociali ti fanno ribollire il sangue e vorresti fossero conosciuti da tutti.

Raccontalo a “Il Bolscevico’’. Come sai, ci sono a tua disposi-zione le seguenti rubriche: Lettere, Dialogo con i lettori, Contributi, Corrispondenza delle masse e Sbatti i signori del palazzo in 1ª pagi-na. Invia i tuoi ``pezzi’’ a:

IL BOLSCEVICO - C.P. 477 - 50100 FIRENZEFax: 055 2347272 - e-mail: [email protected]

Il PMLI rivendica la deghettizzazione e la costruzione di una vera area di soggiorno per le comunità nomadi

che nelle scorse settimane si è trasferita con la sua casetta dal-le finestre rosse: “Sono malata, devo spendere molti soldi per le medicine e con la mia pensione aiuto anche i miei figli che non lavorano, come faccio a pagare così tanto? Se fossero stati 50 euro penso che ce l’avrei fatta, ma qui si parla anche di 300-400 euro al mese. Io il contratto l’ho firmato ma non sapevo cosa c’era scritto, poi mi hanno spie-gato”. La figlia invece, anche se c’è una piazzola ad aspettarla, da via Cisnara non si è ancora mossa. “Anch’io ho capito dopo di che cifra si trattava - ha detto - sapevo che dovevamo pagare delle utenze, ma l’affitto proprio no. Mi sono andata a lamentare subito, ho detto che a quelle ci-fre era meglio se mi davano una casa popolare, sicuramente era più calda e confortevole delle no-stre. Io non mi voglio trasferire, quei soldi non ce li ho: cosa devo fare, andare a rubare per poter pagare?”.

Nel campo di via Lombra si sono già trasferite una quindici-na di famiglie, l’area è un vero e proprio ghetto delimitato da un cancello e sorvegliata da teleca-

mere, alle due estremità ci sono i due blocchi in muratura dei servi-zi igienici. “Abbiamo già visto che nei bagni piove dentro, fa freddo e nelle piazzole restano le poz-zanghere, non vorremmo che tra un mese qualcuno debba ancora venire qui a mettere a posto”.

Noi marxisti-leninisti, espri-mendo la nostra solidarietà in-ternazionalista ed antirazzista alla comunità dei sinti limbiatesi, rivendichiamo che siano rimosse telecamere e cancellate di ghet-tizzazione poliziesca, razziale e neofascista, l’abolizione dell’af-fitto comunale facendo pagare ai nomadi solo le utenze per la fornitura idrica ed energetica e le spese manutentive del servizio erogato, e quindi rivendichiamo la costruzione da parte del Co-mune di strutture di soggiorno in muratura, attrezzate di servizi (luce, acqua, gas, gabinetti, doc-ce), e per l’assistenza sanitaria, la raccolta di rifiuti e collegate con mezzi di trasporto pubblici. Per gli stanziali occorrono, inol-tre, da parte del Comune, piani di inserimento nella vita sociale, lavorativa e scolastica nel territo-rio di competenza. Inoltre il PMLI rivendica che siano riservati posti nei mercati per permettere a sinti e rom di vendere i loro prodotti artigianali e di svolgere i loro me-stieri ambulanti.

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N. 5 - 9 febbraio 2012 cronache locali / il bolscevico 13In occasione della “giornata della memoria”

RIUSCITA INIZIATIVADELL’ANPI A CATANIA

Dal corrispondentedella Cellula “Stalin”della provincia di CataniaIl 27 gennaio a Catania, presso

l’Aula Conferenze della CGIL, per “la giornata della memoria” Arci-gay, ANPI, La Città Felice, Codi-pec Pegaso, UDU e CGIL, hanno presentato “Etty Hillesum, Una vita spezzata, diario 1941-1943, di Jaap Walvis e Alkmar Tjpkenne. Documentario, Mostra Antologica e Reading”.

Dopo la lettura di brani scelti tratti dal Diario di Etty Hillesum, sono intervenuti alcuni esponenti delle associazioni che hanno ade-rito e contribuito alla riuscita del-l’iniziativa. Da sottolineare l’in-tervento di un giovane studente facente parte del collettivo del li-ceo scientifico “Principe Umber-to”. Al termine degli interventi è stato proiettato un documentario improntato sulla vita della giovane scrittrice olandese di origine ebrai-

ca, vittima, insieme ad altri milioni di ebrei, slavi, zingari, sinti, omo-sessuali, minorati, oppositori poli-tici, resistenti e soldati prigionieri, delle barbarie nazifasciste.

Terminato il documentario è stata data la possibilità ai parteci-panti di intervenire per dire la pro-pria. Era presente un compagno della Cellula “Stalin” della pro-vincia di Catania del PMLI, che ha preso la parola in qualità di tesse-rato ANPI e nel suo intervento ha detto tra l’altro: Voglio essere ba-nale e ringraziare l’ANPI, la CGIL e tutte le associazioni che hanno dato vita a questo evento, nono-stante “la giornata della memoria” sia ormai stata istituita per legge, non fa mai male ricordare cosa è successo in quegli anni. Purtrop-po poi, mi trovo costretto a fare un appunto, devo sottolineare che dopo 67 anni, alcuni lager restano ancora aperti: esistono posti come Guantanamo. E come dimenticare Abu-Grahib? E il muro eretto da-gli israeliani nei confronti dei pa-lestinesi? E le “residenze” nelle quali vengono rinchiusi i migranti a Mineo? Chiamate, appunto, non impropriamente, lager.

Viene spesso in mente Beni-gni. Perché? Beh, Benigni ha fatto revisionismo storico nel suo film pluripremiato dalla borghesia, fa-cendo entrare ad Auschwitz gli

americani e non l’Armata Rossa sovietica, come in realtà è stato. Il revisionismo storico, come il ne-gazionismo non fanno altro che contribuire ad atti come la strage del neonazista di qualche tempo fa in Norvegia o l’uccisione da parte del militante di Casa Pound a Fi-renze di due migranti. Dire che il fascismo e il nazismo sono morti, non parlare di quello che è stato, è un errore. È facile fare demago-gia, dire che Hitler era cattivo, che l’uomo nasce individualista, che le atrocità del nazismo derivavano solo dalla “natura malata dell’es-sere umano”. Il nazismo era una conseguenza di certe mire espan-sionistiche imperialiste. Una vol-ta un grande personaggio (Lenin) disse: “l’imperialismo è la fase su-prema del capitalismo”.

Nonostante siano passati 67 anni dalla Liberazione, il nazismo e il fascismo non sono ancora mor-ti. Ricordiamo quindi sempre, par-liamone, organizziamo eventi, non dimentichiamo ciò che è successo, solo così potremo evitare che ac-cada di nuovo.

Al termine dell’intervento del compagno marxista-leninista ca-tanese e dopo alcune parole di ri-flessione e di apprezzamento da parte di un membro dell’ANPI per gli interventi ascoltati, l’iniziativa si è conclusa.

Il PMLI produce un grosso sforzo per far giungere alle masse la sua voce anticapitalista, antiregime neofascista e per l’Italia unita, rossa e socialista. I militanti e i simpatizzanti attivi del Par-tito stanno dando il massimo sul piano economico. Di più non possono dare.

Il PMLI fa quindi appello ai since-ri fautori del socialismo per aiutarlo economicamente, anche con piccoli contributi finanziari. Nel supremo inte-resse del proletariato e della causa del socialismo.

Più euro riceveremo più volantini potremo diffondere contro il governo della grande finanza, della UE e della macelleria sociale guidato da Monti.

Aiutateci anche economicamente per combattere le illusioni elettorali, parlamentari, riformiste e governative e per creare una coscienza, una men-talità, una mobilitazione e una lotta rivoluzionarie di massa capaci di ab-battere il capitalismo e il potere della borghesia e di istituire il socialismo e il potere del proletariato. Grazie di cuore per tutto quello che potrete fare.

Consegnate i contributi nelle nostre Sedi o ai nostri militanti oppure inviate i contributi al conto corrente postale n. 85842383, specificando la causale, intestato a:

PMLI - via Gioberti, 101 - 50121 FIRENZE

LA “GRANDE OPERA” TRA BOLOGNA E FIRENZE

La Variante di Valico continua a fare danniInfortuni in serie tra i lavoratori e smottamenti del terreno

Dal nostro corrispondente dell’Emilia-Romagna

Sabato 28 gennaio è toccato ad un operaio cinquantenne del-la provincia di Viterbo che stava lavorando all’interno della galle-ria Sparvo, quando “Martina”, la fresa più grande del mondo, secondo la ricostruzione dei ca-rabinieri di Bologna, ha subito “uno scivolamento fuori dal-la ordinaria sede di servizio” e ha colpito “alla gamba destra il malcapitato provocandogli una frattura e una ferita con am-pia perdita di sangue”, l’ope-raio è stato ricoverato all’ospe-dale Maggiore di Bologna in gravi condizioni.

Ma questo è solo l’ultimo di una lunga serie di infortuni, diver-se centinaia dall’inizio dei lavori, e in particolare 3 mortali, che si succedono nel cantiere della Va-

riante di valico, il tratto di circa 60 chilometri della nuova A1 tra Bo-logna e Firenze, in concessione alla Società Autostrade che poi appalta i lavori alle diverse ditte di costruzione, che fanno a gara per risparmiare sui costi, com-presi quelli per la sicurezza de-gli operai.

Ma non è questo l’unico impatto della Variante di vali-co: essa provoca frane e smot-tamenti come quello a Ripo-li-Santa Maria Maddalena, frazione di San Benedetto in Val di Sambro, dove nel paese di 400 abitanti sono comparse numerose crepe nelle abitazioni causate dagli smottamenti del terreno per i lavori della dop-pia galleria, e che ha portato al-l’apertura di un fascicolo cono-scitivo da parte della Procura di Bologna e alle indagini per “di-sastro colposo contro ignoti”.

Intervento del PMLI

Catania, 27 gennaio 2012. L’intervento di un compagno della Cellula “Stalin” della provincia di Catania del PMLI all’iniziativa organizzata per la “Giornata della memoria”

Ticket sanitarialle masse, costosi i-pad per i gerarchi della regione PugliaOscene regalie dell’imbroglione neoliberale Vendola mentre annienta la sanità pubblicaDal corrispondentedella Cellula “Rivoluzione d’Ottobre” di Bari

La ricetta, o per meglio dire la mefitica e venefica pozione, che ha il governatore Nichi Vendo-la per “risolvere” il ciclopico am-manco di cassa della Regione Pu-glia nel settore sanitario è schietta e tagliente come la lama di un ra-soio: tasse, ticket, tagli e ancora tasse per le masse. Ciò che preve-de, a seguito della sua oramai lon-tana approvazione, il disegno di legge di abrogazione dei commi 1 e 2 dell’art. 13 della legge regio-nale di bilancio (prevista nel pas-sato 2011) è chiaro: cancellazione di ogni tipo di esenzione dal paga-mento del ticket sanitario, perciò pagheranno questo odioso e oppri-mente balzello anche i bambini di età inferiore ai 6 anni, gli anziani (dai 65 anni in poi) e persino le persone con reddito basso o nullo.

Una vera “leccornia” servita dal falso-comunista Vendola!

Ma le sorprese non finisco-no qui; infatti, tempo fa ha deci-

so, per coadiuvare al meglio la sua giunta di massacratori e servitori del capitalismo, in barba ai discor-si melliflui e vaporosi di strenua e presunta opposizione ai cartel-li dell’informatica e ai colossi in-ternazionali dell’elettronica e del-la cibernetica e dopo l’esaltazione degli innegabilmente utili softwa-re liberi, di far compiere ai propri manutengoli e lacchè la scelta del proprio PC personale (va ricorda-to che tali “servitori dello Stato” percepiscono già mensilmente lo stipendio annuo di un operaio). Perciò con fare ducesco si è prov-veduto, persino senza gara pubbli-ca, con richiesta diretta e preventi-vo, all’acquisto di 44 Ipad Apple wi-fi più 3 da 64 Gb e 24 PC por-tatili HP Probook 4310s con siste-ma operativo Windows completo di MS Office 2007 Professional e memoria RAM da 2.048 Mb ag-giuntivi, per un costo complessivo di circa 59.051,71 euro a totale ca-rico dei contribuenti pugliesi.

Ecco come il neoliberale Nichi Vendola si prende a cuore i proble-mi dei pugliesi e della Puglia!

RENZI VUOL PRIVATIZZARE

ANCHE IL PARCO DELLE CASCINE

“Masterplan” legato al turismo e allo spettacoloRedazione di FirenzeCon una lunga relazione al

Consiglio comunale del 23 gen-naio scorso il neopodestà Matteo Renzi (PD) ha disegnato nei detta-gli il masterplan per il parco del-le Cascine.

Nei piani del sindaco di Firen-ze lo storico parco mediceo e prin-cipale polmone verde della cit-tà dovrebbe essere affidato a una società composta da soci pubbli-ci e privati, con una completa ri-strutturazione dell’area volta a in-crementare strutture per concerti e spettacoli, ristoranti, parcheggi, in parte dedicati al vicino nuovo tea-tro dell’Opera, da affidare in ge-stione alla stessa società. Il tutto da realizzare entro il 2014. La me-galomania di Renzi prevede anche la realizzazione di un arco monu-mentale all’ingresso del parco lato Piazza Vittorio Veneto.

Secondo Renzi questo proget-to faraonico da 20 milioni di euro (per la parte pubblica) è una delle principali problematiche della cit-tà; il suo masterplan prevede: un parcheggio interrato in piazza Vit-torio Veneto e altri tre parcheggi in località La Trave, Indiano e via dell’Isolotto, un centro visite al piazzale del Re e 3 porte telemati-che, una nuova passerella sull’Ar-no all’altezza dell’Argingrosso e una più piccola sul Mugnone, por-tare a 18 buche il campo da golf all’Argingrosso, aumentare la “vi-gilanza”, un centro informazioni a Piazzale del Re. Al posto delle di-

scoteche vicino piazza V. Veneto installare un ristorante “che privi-legi le eccellenze toscane” e anche pannelli pubblicitari nel parco.

È previsto lo smantellamento dell’ippodromo delle Mulina, nel-le cui strutture dovrebbero esse-re ospitati concerti rock e grandi eventi, un’area fitness e welness, probabilmente una palestra o una spa e un “centro” dedicato al ca-vallo.

Da polmone verde le Casci-ne verrebbero trasformate in una sorta di mega luna park, al servi-zio del profitto capitalistico. Con la scusa di combattere l’innegabi-le degrado si vuole privatizzare e limitare a livello di massa la frui-zione di questa che oggi è l’unica grande area dove a costo zero si ri-trovano anziani, bambini e sporti-vi, nonché intere comunità di im-migrati.

Da notare che nel masterplan non c’è una parola specifica sulle piante, la salvaguardia degli albe-ri, la cura dei grandi prati.

Rendere più fruibili le Cascine, ma non certo privatizzarle, è certa-mente un’esigenza sentita, ma non è la prima emergenza cittadina. I 20 milioni del masterplan vanno spe-si per il sociale, anzitutto per non chiudere, come sta invece facen-do Renzi, le strutture per disabili e anziani, per non tagliare, come an-nunciato, i contributi per affitti e badanti, per sostenere le famiglie di disoccupati e cassintegrati, per dare un tetto ai senza casa.

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14 il bolscevico N. 5 - 9 febbraio 2012

Da operaio sono interessato a far parte

del PMLISalve,sarei interessato ad entrare a

far parte del PMLI. Vivo nella città di Rieti: la sede più vicina a me sarebbe Roma?

Ho avuto modo di leggere il vostro Statuto e pertanto se in qualche modo potrò essere di aiuto lo potrò fare telematica-mente o come propaganda po-polare nella mia città nel caso vi potesse essere utile.

La mia professione è operaio chimico e sono ateo. Spero di potervi essere di aiuto.

A presto compagni.Eros - Rieti

Riflessioni sul discorso di Scuderi all’ultima commemorazione

di MaoIl discorso del Segretario ge-

nerale del PMLI all’ultima com-memorazione di Mao è stato per me illuminante, dato che ha chiarito quali sono i compiti di un comunista, e come deve com-portarsi.

Scuderi, aggiungendo al suo discorso citazioni del Grande ti-moniere Mao Zedong, è riuscito a far capire ancora meglio come ci dobbiamo comportare nei con-fronti del Partito.

È stato molto importante inol-tre la parte riguardante l’autocriti-ca e la critica, che dev’essere uno dei punti di forza del Partito e dei suoi militanti insieme al centrali-smo democratico.

Credo che se il Partito conti-nuerà ad applicare gli insegna-menti di Mao, ci vogliano anche

cent’anni, riuscirà insieme alle masse popolari a fare la rivolu-zione!

Infine volevo ricordare al Parti-to di non chiudersi nelle sue stan-ze ma di rimanere con i ragazzi di strada come suggerisce la cita-zione di Mao con cui il compagno Scuderi chiude il suo discorso.

Niccolò, 14 anni - Firenze

Il PMLI ha le cartein regola per fare ciò

che si prefiggeSiete presenti a Roma? Spero

proprio di sì perché ve lo merite-reste essendo il PMLI un Partito con tutte le carte in regola per fare quello che si prefigge.

Siete presenti su un libro e cioè: “Guida ai piaceri e ai miste-ri della politica”, di Finaldi-Tosti, Sugarco e Co. editore.

Massimiliano - provincia de L’Aquila

Esprimo sostegno al PMLICiao.Voglio esprimere il mio soste-

gno al vostro Partito.Per favore inviatemi vostri ma-

teriali.Daria - Russia

È un dovere lottare contro il proliferare dell’ideologia

nazi-fascistaSono sempre più allibito e

schifato nell’apprendere un certo tipo di notizie. Oggi 27 gennaio (giornata della memoria della Shoah), arriva la notizia dal sa-pore amaro e sgradevole che mi lascia perplesso e arrabbiato allo stesso tempo. In Germania, pa-tria del nazionalsocialismo, esce in edicola a puntate l’orrendo li-

bro di Adolf Hitler, “Mein Kampf” (la mia battaglia), bibbia dei nazi-sti di ieri e di oggi. L’idea arriva da un editore inglese, Peter McGee, ideatore della rivista Zeitungszeu-gen, un settimanale specializzato nella letteratura nazista.

In ricordo di tutti quanti sono morti nei campi di sterminio nazi-fascisti (uomini, donne, ma soprattutto bambini) è un do-vere morale di ogni sincero an-tifascista nel mondo boicottare e distruggere questa assurda decisione. È un dovere di ogni sincero comunista appoggiare la lotta contro il proliferare di una ideologia distruttrice, cancero-sa e orrenda qual è il nazismo e il fascismo, boicottando in ogni modo i vari centri nazi-fascisti su suolo nazionale ed internazionale camuffati da centri culturali (vedi ad esempio Casapound).

Certo, chi ci governa, è ben contento del nascere e riaffermar-si di una ideologia nazi-fascista, in quanto premessa del più bece-ro imperialismo, contro i diritti dei popoli e a favore del capitalismo più sfrenato. Ieri come oggi, tutti insieme e tutti uniti contro il mo-stro nazi-fascista!

Pier - Milano

Solidarietà ai giovani contestatori di Napolitano

Colgo l’occasione di espri-mere la mia piena solidarietà agli eroici giovani che hanno conte-stato Napolitano a Bologna. Per un’Italia unita, rossa e socialista.

Vincenzo Di Maria - Caltanissetta

La natura imperialistadel governo Monti

Siamo nella fase storica in cui

una parte sempre più crescen-te delle popolazioni occidentali prende atto che il modello capi-talistico è in fallimento e che co-mincia a non garantire nemmeno le condizioni minime di sopravvi-venza delle proprie popolazioni. Non basteranno le profezie Maya per nascondere il fallimento del capitalismo. È più probabile che in questo contesto si faccia stra-da il progetto disperato del capi-talismo occidentale di far saltare il “tavolo da gioco”, generare il caos, far precipitare la situazione economica e politica internazio-nale, contando sulla propria su-premazia politico-militare.

Che questi scenari potenziali di guerra vadano presi altamen-te in considerazione anche per l’Italia mi sembra privo di dubbio: la Nato non si può permettere le iniziali titubanze di Berlusconi/Eni nella partecipazione alla guerra libica. A questo ci ha già pensato Obama che, due ore dopo l’in-carico a Monti, gli ha telefonato per pretendere, e ottenere, che il nuovo ministro della Difesa italia-no fosse l’Ammiraglio Di Paola, comandante Nato del Mediterra-neo, e che il nuovo ministro degli Esteri fosse Terzi, l’ex ambascia-tore italiano negli USA. La presen-za per la prima volta nella storia della Repubblica di un ministro in uniforme non lascia presagire nulla di buono e conferma l’alta probabilità di nuovi scenari di guerra in cui l’Italia resterà coin-volta. Conferma altresì la natura non tecnica ma ferocemente im-perialista e antipopolare di questo governo. In questo contesto, solo il timore di montanti rivolte popo-lari può impedire che la tempesta diventi diluvio apocalittico.

Luigi Ambrosi - Milano

Avanzata Cgil alle elezioni Rsu della Barilla di Parma

Nei giorni 10 e 11 gennaio si sono tenute le elezioni delle RSU negli stabilimenti Barilla di Parma. Mi sono candidato con la CGIL e sono stato eletto negli stabili-menti di via Mantova.

Queste elezioni hanno segna-to una buona avanzata della lista FLAI CGIL, su 848 voti validi, 423 alla CGIL, 301 CISL e 124 alla UIL. La CGIL aumenta di 75 voti e conquista 10 delegati, uno in più rispetto alle ultime elezioni.

Questa vittoria è solo in parte legata al ruolo che la CGIL nazio-nale ha svolto nelle lotte contro il governo Berlusconi, in particolare con gli ultimi scioperi. Infatti, c’è una componente interna: i dele-gati CGIL hanno avuto un rappor-to continuo con i lavoratori, sup-portandone i bisogni e i problemi che si sono manifestati nell’arco degli anni.

Ho partecipato attivamente all’attività sindacale in fabbrica e negli organismi dirigenti della FLAI CGIL di Parma cercando di spo-

stare sempre a sinistra le contrad-dizioni che si sono manifestate ai vari livelli, soprattutto nell’ambito del direttivo, sostenendo la ne-cessità della lotta e dello sciopero generale politico contro il governo Berlusconi prima ed oggi contro il governo Monti.

Le prese di posizione del PMLI influenzano la mia azione e cer-cherò di far conoscere la sua linea politica e sindacale alle lavoratrici e ai lavoratori in primo luogo tra-mite Il Bolscevico che settima-nalmente diffondo sul luogo di lavoro. Continuerò a smasche-rare la posizione della direzione CGIL che tende ad appoggiare il governo Monti, aprendo gli occhi ai lavoratori, in quanto il governo attuale rappresenta il prosieguo della ristrutturazione del capitali-smo degli ultimi anni, che tende a cancellare tutti i diritti acquisiti dai lavoratori con le lotte del do-poguerra.

Alberto Signifredi -provincia di Parma

Testimonianza di un ex partigiano simpatizzante del PMLI e abbonato a “Il Bolscevico”

I GIOVANI DEVONO SAPEREE FARE COME I MAESTRI

IL PMLI E “IL BOLSCEVICO” SONO L’AVVENIRE DELLA ROSSA PRIMAVERAdi Franco Iozzelli -Lerici (La Spezia)

Sono un ex partigiano com-battente che, liberata Firenze, non esitò, come il PCI consigliava, a continuare la guerra coi reparti al-leati, fino alla completa liberazio-ne dell’Italia. Per necessità sono vissuto per tre anni nella Jugosla-via di Tito. Dalla quale rimpatriai. approvando la condanna di Stalin al titoismo.

Essere comunista non è mai stato facile. Sono un convinto stalinista e maoista, mi ritengo marxista-leninista e ci tengo a precisare, come Stalin ci ha inse-gnato, che il marxismo-leninismo non è un dogma.

Una buona conoscenza del le-ninismo ci permette di compren-dere il grande potenziale rivolu-zionario della nostra epoca.

La Jugoslavia di Tito, l’Albania e tanti altri popoli, sono stati facil-mente “divorati” perché isolati e divisi dai predoni imperialisti.

Lenin e Stalin unirono i popoli sovietici colla rivoluzione, e uniti vinsero i nazifascisti, salvando la patria comune e l’intera umanità.

Mao ha unito il Tibet alla Cina. Formosa ritornerà alla Cina, que-sto è stato netto.

Se i popoli della Russia o della Cina vogliono liberarsi dai bor-ghesi o falsi comunisti, mai devo-no accettare di dividere ciò che la guerra e la rivoluzione ha unito. Mao e Stalin non lo permette-rebbero. Essi perfino con Hitler e Chiang Kai-shek trattarono la tre-gua, garantendo anche per poco la pace che permise la vittoria.

Questa la storia che non si può smentire, che i giovani de-vono sapere. I sacrifici dei com-pagni non sono stati vani, è per i nostri martiri ed eroi che oggi non siamo soli ad alzare la bandiera dell’antimperialismo.

Molte sono le “strade” per co-struire il socialismo. La tattica non è la strategia, le foglie si rinnova-no ad ogni stagione, ma l’albero rimane sempre quello. Non credo che in Cina e in tutti gli altri paesi che hanno vinto l’aggressione dei feroci imperialisti e fatto la rivolu-zione, non credo proprio che tutti i comunisti siano diventati dei vili traditori revisionisti.

Guai a fare di Lenin, Stalin, Mao dei miseri feticci. Il presiden-te Mao, senza timore di sminuire Stalin, disse che Stalin creò un Malenkov, ma non andava bene. Egli prima della sua morte era fal-lito. I nostri Maestri hanno com-battuto e vinto insieme a milioni di uomini semplici che senza esi-tare hanno affrontato la morte per la vittoria. A loro grandi onori, ma non l’abbietta servile idolatria.

Infatti si dovrà spiegare come Krusciov, l’astuto revisionista e traditore, alla morte di Stalin ap-profittò del debole Malenkov per ingannare il popolo sovietico, fe-dele al comunismo, colla promes-sa di un comunismo migliore che Stalin non avrebbe mai attuato. In piena guerra fredda Krusciov disarmava la Russia. I revisionisti sono dei camaleonti che inesora-bilmente divorano la loro preda. Al potere essi agognano a servire coll’inganno ogni padrone. Quan-

MAIL DI RUFINA DEL PMLIL’Organizzazione di Rufina (Firenze) del PMLI ha modificato il

proprio indirizzo di posta elettronica. Eccolo:[email protected]

Un gruppo di partigiani durante la lotta di Liberazione

do Stalin era vivo Krusciov ne era il più fedele adulatore. Bisogna dare fiducia ai popoli, ai nostri combat-tenti. Le menzogne non ci devono ingannare. Chi accetta la disfatta è un traditore, i comunisti dalla sconfitta preparano la vittoria.

La rivoluzione non si può fer-mare, come la vita sempre si rinnova. Lenin disse che l’impe-rialismo è la fase finale del ca-pitalismo. Oggi la grande crisi è esplosa. Il mondo non sarà più quello di prima. Due mondi si scontrano: l’Occidente avanza-to e l’Oriente “arretrato”. Lenin già sapeva. Miliardi di uomini, oppressi e disprezzati, il nemico comune, hanno affrontato. Sta a noi comunisti scoprire la con-traddizione, quella principale, come Mao insegnava, qual è il problema?

Il capitalismo è nato in Occi-dente e con l’imperialismo ha ap-pestato il mondo e là com’è nato, là deve morire.

L’Occidente è l’ultimo bastio-ne (fortezza). I vari ceti o classi subalterne che tutti i giorni “si al-zano” per andare a lavorare sono i nostri probabili alleati. Sta a noi saperli indirizzare. Il parlamen-tarismo è malato e moribondo. I Soviet presto sorgeranno, nei vari sindacati alla lotta marceranno, l’egemonia deve essere del Par-tito, la guida sta al marxismo-le-ninismo.

A voi cari compagni comunisti e a tutta la Redazione de “Il Bol-scevico” auguro ogni bene e non c’è dubbio: voi siete l’avvenire della rossa primavera.

Coi nostri Maestri vinceremo ogni menzogna.

Scozia

GLI IMPIEGATI PUBBLICI DI ABERDEEN RISCHIANO DI PERDERE UN QUINTO DEL PROPRIO SALARIO

Nuove misure di austerity colpiscono ancora una volta le fasce più deboli

Dal corrispondente dell’Organizzazionedi Aberdeen del PMLIAnno nuovo, “nuovi” tagli. In

effetti, i tagli alla busta paga e al personale del settore pubbli-co preannunciati dal comune di Aberdeen proprio questa set-timana, non sono una gradita novità per i lavoratori scozzesi che lo scorso anno hanno subito un 10% di riduzione della busta paga e si sono dovuti divincolare tra contratti a tempo determinato, lavoro precario, il dramma della ricollocazione lavorativa e licen-ziamenti per far fronte alle misure di austerity e anti-crisi decise dai governanti.

L’ultima settimana di gennaio ha visto protagonista il comune di Aberdeen che ha preannunciato che, causa riduzione finanziamen-ti da parte del governo centrale previsti per il settore pubblico, “deve” ridurre le dimensioni del-la forza lavoro. In breve, tutto ciò si tradurrà in nuovi licenziamenti e tagli salariali che graveranno ancora una volta sulle spalle dei lavoratori.

Al fine di ridurre i costi e ri-sparmiare 5 milioni di sterline dal bilancio annuale del comune di Aberdeen, circa 900 impiega-ti pubblici rischiano di perdere il 20% della propria busta paga mentre si prevede che altrettanti saranno costretti a cercare un se-condo impiego per arrivare a fine mese. Le più penalizzate saran-no ancora una volte le fasce più deboli. Infatti, la proposta avan-zata dal comune scozzese farà sì che quei lavoratori che fino ad oggi riuscivano ad arrivare a fine mese lavorando in orari extra e/o weekend, non percepiranno più una maggiore retribuzione per i

turni extra che verranno invece considerati e retribuiti come orari lavorativi “ordinari”.

L’amministratore delegato del comune, Colin Mackenzie, ha parlato di “modernizzazione”, “flessibilità” e “competitività” nel modo di gestire il personale. Tutti sinonimi di massacro socia-le. Mackenzie ha affermato che i lavoratori avranno la possibilità di portare avanti le proprie proposte ma si è affrettata ad aggiunge-re che il comune è determinato a portare avanti il progetto e ad assicurarsi che tutti i servizi siano forniti ad un costo competitivo. Dopotutto, ha aggiunto, le con-dizioni di impiego degli impiegati pubblici ad Aberdeen sono distin-te se comparate a quelle di mol-te altre organizzazioni. Sembra che, in fin dei conti, i lavoratori non abbiano davvero una voce in capitolo circa la “proposta” del comune, come l’amministratore delegato ha voluto far credere nella sua dichiarazione.

I sindacati Unison, GMB e Uni-te ammoniscono che nuovi tagli avranno senza dubbio un impat-to negativo sul potere d’acquisto delle famiglie e hanno definito “ingiusta, inutile e ingiustificata” la “proposta”.

Il Partito Nazionale Scozzese in carica e i liberal-democrati-ci, i quali sottolineano l’utilità e la mancanza di alternativa a tali misure antipopolari, hanno già accettato la proposta dei tagli salariali in linea con il comune di Aberdeen. Nel frattempo, cen-tinaia di lavoratori prenderanno parte all’incontro organizzato dai maggiori sindacati scozzesi, giovedì 2 febbraio, per dire no a quella che definiscono una deci-sione “sconvolgente”.

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N. 5 - 9 febbraio 2012 esteri / il bolscevico 15Per fronteggiare la crisi economica e fi nanziaria dell’imperialismo europeo

IL VERTICE UE SOLLECITATO DALLA GERMANIA IMPONE LA DISCIPLINA DI FERRO SUI BILANCINiente per la crescita e per il lavoro ai giovani. La Merkel fa marcia indietro sul commissariamento della GreciaCONTESTATO DAI LAVORATORI BELGI IN SCIOPERO DOPO 19 ANNIIl vertice informale dell’Unio-

ne europea (Ue) del 30 gennaio a Bruxelles aveva sul tavolo varie questioni a partire dal decidere misure a sostegno della crescita economica alla creazione di posti di lavoro soprattutto per i giovani, dalla definizione delle nuove nor-me sul controllo dei bilanci statali alla creazione di un nuovo fondo cosiddetto “salva stati” per soc-correre i paesi in difficoltà finan-ziarie. La parte del leone l’hanno fatta le misure per fronteggiare la crisi economica e finanziaria del-l’imperialismo europeo, con 25 dei 27 paesi membri che hanno accettato l’imposizione da parte della Germania di una disciplina di ferro sui bilanci e di norme pu-nitive per chi sgarra; la Gran Bre-tagna si era già chiamata fuori nel precedente vertice di dicembre e ad essa si è aggiunta la Repub-blica Ceca.

La Polonia ha puntato i piedi fino alla fine non per disaccordo sul testo ma perché, pur non fa-cendo parte dell’euro, chiedeva di partecipare agli incontri dei paesi dell’eurozona dove si de-cidono gli impegni a difesa della moneta comune. Il compromes-so è stato raggiunto con l’intesa che la Polonia sarà invitata alle

riunioni quando verranno discus-si temi specifici. Recuperato il governo di Varsavia, l’asse Me-rkel-Sarkozy, cui si è agganciato Mario Monti, ha tirato dritto scon-tando la perdita di un altro paese dal gruppo, l’Europa a più velo-cità è un dato di fatto. Ma anche restare nel gruppo non vuol dire rose e fiori, si possono pagare prezzi salatissimi, vedi la Grecia che la Merkel voleva addirittura commissariare.

Il “Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell’Unione economica e mo-netaria” definisce nuove regole che prevedono che i paesi Ue s’impegnino ad avere il deficit sostanzialmente in equilibrio, con uno scostamento massimo dello 0,5% rispetto al Pil; una “regola d’oro” che dovrà essere inserita nelle costituzioni dei paesi mem-bri o assumere forme di legge equivalenti. Alla Corte di giusti-zia Ue il compito di verificare la corretta trasposizione di questa norma nelle legislazioni naziona-li. La Corte ha anche il compito di infliggere multe pari allo 0,1% del Pil in caso di mancato rispetto dello scostamento massimo pre-visto. Nel caso in cui il deficit di un paese superi la soglia del 3%,

scatteranno ulteriori sanzioni. Una politica di rigoroso controllo dei bilanci come voleva la Merkel. Che ha dato il segno di come vor-rebbe fossero applicati i conte-nuti del trattato nella proposta di commissariamento della Grecia discussa a margine del vertice.

Berlino ordinava: “la Grecia deve accettare una cessione di sovranità a livello europeo per un certo periodo di tempo. Deve essere nominato dall’Eurogruppo un commissario al bilancio con l’obiettivo di assicurare il con-trollo di bilancio e con il potere di porre il veto sulle decisioni non i linea con gli obiettivi di bilancio” definiti in sede Ue. La proposta era respinta non solo dal governo greco ma anche da altri paesi eu-ropei e perfino dal presidente del-l’eurogruppo, Jean-Claude Jun-cker, che la definiva “inaccetta-bile”. E la Merkel doveva fare un passo indietro.

La ratifica del patto di bilan-cio è condizione indispensabile per i singoli paesi per poter ac-cedere agli aiuti del nuovo fondo salva-stati, il fondo permanente per la stabilità (Esm) che entrerà in funzione a luglio. L’Esm dovrà sostituire il precedente fondo provvisorio messo in piedi per

contenere la crisi finanziaria nel-la zona euro aperta dalla Grecia e alimentata dalle difficoltà di Irlanda, Portogallo, Spagna e Italia. Non convince molti econo-misti il limite di 500 miliardi della dotazione, ritenuto non del tutto sufficiente a tamponare crisi di liquidità anche solo temporanee se colpiscono paesi di una certa dimensione come Spagna e Italia. Il suo intervento è inoltre previsto solo in caso di richiesta ufficia-le di aiuto da parte del paese in difficoltà che non solo deve ren-dere pubblico il suo problema ma anche sottoscrivere un accordo accettando nuovi impegni, con-dizioni, monitoraggi. Cedendo un pezzo di sovranità.

Nella parte che riguarda le misure a sostegno della crescita economica e la creazione di posti di lavoro il documento finale dei 27, questa volta uniti, afferma che “occorre fare di più affinché l’Eu-ropa superi la crisi”. Cosa fare? Lo deciderà il Consiglio europeo convocato a marzo che definirà le “linee guida” sulle politiche eco-nomiche e per l’occupazione dei singoli Paesi membri. Cose con-crete non se ne vedono. O me-glio ci sono ma di segno inverso quando si afferma che occorre

accelerare le riforme strutturali per migliorare la “competitività” e questo creerebbe nuovi posti di lavoro. Altro non è che la ri-proposizione della medicina libe-rista che non funziona in periodi normali, nondimeno in piena crisi economica e a recessione avvia-ta.

Quando poi il documento fi-nale afferma che per tentare di risolvere gli squilibri del mercato del lavoro in Europa, “segnato da carenze di figure professionali in alcuni paesi, compensate da un eccesso in altri Stati membri, il consiglio europeo promette di fare progressi nell’acquisizione e nella preservazione dei diritti pen-sionistici dei lavoratori migranti”. Una beffa evidenziata dalla falci-dia dei diritti pensionistici dettata dalla Ue e eseguita puntualmente da tanti governi, quello di Monti in testa.

Il nuovo Trattato dovrebbe es-sere firmato al vertice dell’1 e 2 marzo e entrare in vigore il primo gennaio del 2013, previa ratifica da parte di 12 paesi dell’Eurozo-na.

Lo hanno già bocciato i lavo-ratori belgi che in concomitanza col vertice europeo davano vita al primo sciopero generale di 24 ore

da 19 anni, indetto dai tre princi-pali sindacati contro le misure di austerità varate dal governo del premier socialista Di Rupo, una manovra da 11 miliardi di euro che ha un peso notevole se si considerano le piccole dimen-sioni del paese. Tra gli interventi più contestati l’aumento dell’età pensionabile per alcune catego-rie di lavoratori e la riduzione dei sussidi ai disoccupati.

I lavoratori delle ferrovie inizia-vano il blocco della circolazione dei treni già il 29 gennaio e si fer-mavano i convogli all’interno del paese e i collegamenti interna-zionali. Chiuse molte fabbriche, in particolare quelle delle grandi multinazionali presenti nel nord del Belgio, fra le quali gli stabi-limenti di Audi e Volvo. Bloccati i porti e gli aeroporti, compresi gli scali internazionali presso la capitale che ha costretto diversi partecipanti al vertice Ue a pas-sare da altre parti.

Davanti a molte fabbriche e ministeri i lavoratori hanno orga-nizzato dei picchetti per bloccare l’ingresso anche a funzionari e dirigenti. Blocchi stradali ferma-vano la circolazione sulle princi-pali vie di accesso a Bruxelles e a molte altre città.

Gli Usa preparano la superbomba contro l’IranOBAMA: “NON ESCLUDIAMO NESSUNA OPZIONE”Secondo quanto rivelato dal

Wall Street Journal gli Usa stan-no preparando una superbomba per colpire l’Iran. Il Pentagono ha chiesto al Congresso di stanziare altri 82 milioni di dollari per finan-ziare il potenziamento dell’ordi-gno prodotto dalla Boeing.

La Difesa americana ha speso finora oltre 300 milioni di dollari per sviluppare una superbomba da 13 tonnellate destinata a di-struggere bersagli sotterranei. La richiesta di un potenziamento del già micidiale ordigno da parte del Pentagono sarebbe dovuta al fat-to che da una serie di test i mili-tari americani si sono accorti che il potentissimo Mop, la sigla della superbomba che rappresenta l’acronimo di Massive Ordnan-ce Penetrator, non era in grado di colpire gli impianti iraniani na-scosti nelle montagne di Fordow, intorno alla città di Qom, i siti nei quali l’Iran starebbe sviluppan-do un proprio arenale atomico

secondo i rapporti compiacen-ti dei servizi segreti imperialisti e sionisti. Già impegnati nella guerra contro l’Iran condotta con l’assassinio di scienziati nucleari iraniani.

“Sì, ci stiamo lavorando e cre-do siamo vicini a ottenere il risul-tato che vogliamo”, confermava al Wall Street Journal il segreta-rio alla Difesa Leon Panetta, l’ex capo della Cia, che precisava: “le bombe non sono destinate soltanto all’Iran. Vogliamo essere pronti a colpire qualsiasi nemico che nasconda le sue armi”. In-tanto all’Iran, contro la quale non è esclusa “nessuna opzione”, ripeteva il presidente americano Barack Obama durante il recente discorso sullo Stato dell’Unione.

Fra le questioni citate in merito alla politica internazionale Oba-ma ha dato largo spazio alla que-stione dello sviluppo della ricerca

nucleare iraniana che secondo il governo di Teheran è destinata a un uso civile e che avviene negli ambiti previsti dal Trattato di non proliferazione nucleare, ispezioni dell’Agenzia internazionale del-l’energia atomica (Aiea) compre-se.

Non è certo solo per l’avvio di fatto della campagna elettorale per le presidenziali del prossimo novembre e la conseguente ne-cessità di rafforzare i legami con le potenti lobby sioniste che han-no portato Obama a spingere sul-l’acceleratore della controversia con Teheran e a trascinarsi dietro gli altri paesi imperialisti europei che hanno varato provocatorie e inaccettabili sanzioni all’Iran dal prossimo luglio.

“Risolta” la questione dell’oc-cupazione dell’Iraq, dove riman-gono comunque a Baghdad un forte contingente militare e deci-

ne di migliaia di mercenari a guar-dia degli interessi imperialisti, e in via di apparente risoluzione la questione afghana con l’obiettivo del ritiro del contingente di oc-cupazione entro il 2014, Obama mette nel mirino delle minacce di intervento militare l’Iran e la Siria, due ostacoli all’egemonia impe-rialista e sionista nella regione. Il siriano Assad massacra il suo po-polo in rivolta e offre su un piatto d’argento il pretesto ai paesi im-perialisti di giustificare un nuovo intervento umanitario “a difesa della popolazione”, sul modello sperimentato in Libia. Con l’Iran è necessaria l’arma della falsifica-zione e delle provocazione.

L’Iran ha progetti per dotarsi di armi atomiche, è il ritornello che viaggia dagli Usa, all’Europa a Tel Aviv e Obama di rincalzo affer-ma che “non c’è nessun dubbio: l’America è determinata a im-

pedire all’Iran di ottenere l’arma nucleare, e non leverò nessuna opzione dal tavolo per raggiun-gere questo obiettivo”. L’opzione militare non viene esclusa a priori e viene coperta dal richiamo che il presidente americano ha fatto sulla strategia delle sanzioni in-ternazionali per spingere Teheran ad abbandonare il suo program-ma nucleare, che giudica effica-ci dato che “il regime è sempre più isolato, i suoi leader devono affrontare dure sanzioni e fino a quando si sottrarranno alle loro responsabilità la pressione non verrà allentata”.

Certo le sanzioni provocano contraccolpi sull’esportazione del greggio e sull’economia irania-ni ma il governo di Teheran non sembra in ginocchio, o peggio ancora isolato, tanto più che Cina, India e Giappone sono disponibili a aumentare le loro importazioni

di greggio. Paga pegno casomai l’Europa, e in particolare Italia e Spagna, che dipendono da una quota consistente di importazio-ne di greggio iraniano.

Obama, il Nobel per la pace, carica a testa bassa e minaccia interventi militari, anche se per coprirsi ha annullato le manovre congiunte con Israele, le più gran-di mai svolte finora, che doveva-no simulare appunto un attacco all’Iran. Il suo ministro alla Dife-sa Leon Panetta rilancia. In una recente intervista televisiva ha sostenuto che “se decidessero di farlo, gli iraniani impieghereb-bero circa un anno per essere in grado di produrre una bomba ed altri uno o due anni per montarla su un vettore”. Meglio prevenire, ha sostenuto Panetta, “gli Stati Uniti, ed il presidente Obama è stato chiaro su questo, non vo-gliono che l’Iran sviluppi un’arma atomica”, Per impedirlo “tutte le opzioni sono sul tavolo”.

ACCORDO DI PARTENARIATO TRA ITALIA E AFGHANISTANFiume di milioni per addestrare le truppe di Karzai e per affari economici

Roma è stata la prima tappa del viaggio europeo, che l’ha por-tato anche a Parigi e Londra, del presidente afghano Hamid Karzai che col presidente del Consiglio italiano Mario Monti ha firmato il 26 gennaio un accordo di parte-nariato tra i due paesi. Accordo che definisce la tipologia degli aiuti che l’Italia fornirà all’Afgha-nistan nei prossimi anni.

Nella conferenza internazio-nale dello scorso 5 dicembre a Berlino vari paesi avevano ribadito l’impegno a sostene-re l’Afghanistan nel cosiddetto processo di transizione nella fase di passaggio dei compiti di sicurezza dall’esercito occu-pante ai soldati governativi, in vista dell’annunciato ritiro delle

truppe Nato nel 2014, e per un periodo di circa un decennio per aiutare lo sviluppo dell’econo-mia nazionale. E in particolare a questi due capitoli rispondono gli “aiuti” dell’imperialismo ita-liano all’Afghanistan, un fiume di denaro per addestrare le truppe di Karzai e sviluppare gli affari economici a vantaggio delle so-cietà italiane.

Nella conferenza stampa dopo la firma dell’accordo di partenariato, Monti ha assicura-to che “l’Italia non abbandonerà l’Afghanistan” e ha voluto sot-tolineare che è “il primo paese occidentale a firmare un accordo simile”. Dettagli sull’accordo li ha rivelati la delegazione afghana ricordando tra gli altri l’amplia-

mento dell’aeroporto di Herat e della circostante rete viaria, un progetto finanziato dall’Italia con un prestito a lungo termine di 137 milioni di euro; il completamento della strada dalla capitale Kabul a Bamiyan, anch’esso finanziato dall’Italia con oltre 100 milioni di euro per un cantiere aperto sei anni fa; la riforma del sistema giudiziario e penitenziario afgha-no, un progetto nel quale sono stati sperperati finora 81 milioni di euro.

Il presidente Karzai ha invitato Monti in visita a Kabul e ha lancia-to un appello anche alle imprese italiane a “venire a trarre benefici e portare benefici in Afghanistan, soprattutto con lo sfruttamento delle nostre risorse minerarie”.

Un appello in parte inutile dato che già imprese italiane hanno tratto molti “benefici” dall’attività per la costruzione della strada Kabul-Bamiyan mangiandosi il contributo e realizzandone finora solo un terzo. Mentre sono già in coda per accaparrarsi i lucrosi appalti per la costruzione dell’ae-roporto di Herat.

La parte che riguarda la coo-perazione allo sviluppo rimane comunque minoritaria nel bilancio del governo italiano dove Monti si muove in perfetta continuità col precedente governo Berlusconi, anzi lo supera sul piano milita-re. Nel decreto legge del 29 di-cembre 2011 sulla proroga delle missioni internazionali, il governo Monti ha previsto per il 2012 più

di 747 milioni di euro per le ope-razioni militari e meno di 35 per la Cooperazione allo sviluppo.

Lo stanziamento per le ope-razioni militari potrebbe com-prendere anche la dotazione di missili agli aerei italiani dislocati in Afghanistan a supporto del contingente di occupazione. Lo ha affermato il 26 gennaio, nel corso di un’audizione di fronte alla commissione Difesa in sedu-ta congiunta di Camera e Senato, il ministro della Difesa, Giampao-lo Di Paola quando ha dichiarato che in Afghanistan intende “usare ogni possibilità degli assetti pre-senti in teatro, senza limitazione”, consentendo anche ai nostri ae-rei di condurre bombardamenti “se sarà necessario”.

Nella base italiana di Herat sono schierati quattro aerei Amx

che finora avrebbero svolto sol-tanto missioni di ricognizione, senza bombe sotto le ali. In caso di necessità di ”supporto aereo” in soccorso a truppe a terra in dif-ficoltà intervenivano gli elicotteri Mangusta A-129 con i loro missili Tow. Un limite che il generale Di Paola, un “tecnico” ministro della guerra perfetto, vorrebbe rimuo-vere completamente superando persino il suo predecessore guer-rafondaio, il fascista Ignazio La Russa.

Di Paola ha affermato che “in parlamento c’è stato un forte sostegno alla necessità di pro-teggere i nostri militari. Quindi questa decisione è solo una con-seguenza logica di questo so-stegno”. Come dire, non importa nemmeno passare per l’approva-zione dal parlamento.

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Roma, Circo Massimo, 23 marzo 2002. Il PMLI partecipa con una delegazione nazionale diretta dal Segretario generale del Partito, compagno Giovanni Scuderi, alla grandiosa e storica manifestazione nazionale di oltre 3 milioni di partecipanti in difesa dell’articolo 18 attaccato dal padronato e dal governo Berlusconi (foto Il Bolscevico)

ANTICAPITALISTIANTICAPITALISTICONFRONTATEVI COL PMLICONFRONTATEVI COL PMLIE UNIAMO LE FORZEE UNIAMO LE FORZE

Noi attualmente non abbiamo le forze e i mezzi per farci sen-tire dalle masse, risvegliarle, orientarle, organizzarle, dirigerle e mobilitarle nella lotta di classe e nella lotta antimperialista.

Circostanze come queste, non solo per la situazione inter-nazionale ma anche per quella interna, dimostrano quanto sia necessario e decisivo avere un grande, forte e radicato Partito marxista-leninista. Su questo noi abbiamo rifl ettuto e discusso a fondo al 4° Congresso nazionale del Partito che si è svolto il 26-28 dicembre scorso.

Noi da lungo tempo, proprio oggi ricorre il 22° Anniversario della fondazione del PMLI, per il quale da qui rivolgo un caloroso e riconoscente saluto e augurio a tutti i militanti e i simpatizzanti attivi di ambo i sessi del Partito, stiamo facendo l’impossibile per costruire un tale Partito, che non ha precedenti nella storia del movimento operaio nazionale. Ma organizzativamente e nu-mericamente siamo ancora troppo indietro, non certo per colpa nostra, rispetto alle necessità.

Abbiamo bisogno urgentemente di un numero molto più gran-de di militanti e ancor di più di simpatizzanti attivi che ci mettano in condizione di arrivare dappertutto, in ogni fabbrica, azienda, scuola, quartiere, città e regione, per rimuovere le acque sta-gnanti, risanare lo sconquasso ideologico e politico causato dai revisionisti di destra e di “sinistra’’ nella coscienza delle masse, armare le masse, con particolare attenzione verso le ragazze e i ragazzi, del marxismo-leninismo-pensiero di Mao e rilanciare la lotta di classe contro il capitalismo e per il socialismo. Facendo soprattutto comprendere che la madre di tutte le questioni è la conquista del potere politico da parte del proletariato.

È come se fossimo in una situazione pre marxista, avendo lo stesso compito che ebbero Marx ed Engels, per la prima volta nella storia, quello di trasformare il proletariato da classe in sé a

classe per sé, ossia di classe consapevole della sua natura, dei suoi compiti, del suo ruolo di classe generale destinata a suc-cedere alla borghesia al potere e a por fi ne una volta per tutte a ogni forma di sfruttamento dell’uomo sull’uomo, e ad emancipa-re l’intera umanità.

Ci appelliamo perciò agli autentici anticapitalisti diversamen-te organizzati che abbiano questa consapevolezza ad aprire da subito un confronto e un dialogo col PMLI per verifi care se esi-stono le condizioni per unire le forze dentro il nostro Partito o al suo fi anco per lavorare assieme per aprire una nuova e più avanzata situazione politica, organizzativa e pratica in Italia.

Non capiremmo un silenzio a questo appello. La storia lo con-dannerebbe. Non ci possono essere più Partiti comunisti. O ba-rano tutti o solo uno di essi lo è. Ma qual è? Per noi ovviamente è il PMLI. Lo abbiamo dimostrato fi n dal ’67 quando denunciammo il PCI e le altre organizzazioni che lo coprivano a “sinistra’’ come dei partiti revisionisti. E i fatti hanno confermato che avevamo visto giusto.

Tuttavia se c’è qualche anticapitalista che può dimostrare che anche il PMLI è un partito revisionista mentre il proprio partito è il vero partito comunista, si faccia tranquillamente avanti e noi lo ascolteremo con molta attenzione. Se ci convincerà noi non abbiamo diffi coltà a sciogliere il nostro Partito ed entrare nel suo Partito. Ma sarà egli disposto a fare altrettanto?

In ogni caso per il bene del proletariato e della causa del socialismo è assolutamente necessario e urgente che i rivolu-zionari stiano con i rivoluzionari e i riformisti di tutte le risme con i riformisti.(Dal discorso di Giovanni Scuderi, Segretario generale del PMLI, tenuto a Napoli il 9 Aprile 1999 al dibattito referendario organizzato dalla Cellula “Vesuvio Rosso” di Napoli del PMLI, pubblicato su “Il Bolscevico” n. 16 del 1999 e su www.pmli.it/norossoantifascista.html)

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