Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

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Organo ufficiale della FISAR - Tariffa R.O.C.: “Poste Italiane S.p.A. - Sped. Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004) v46, art. 1 comma 1, DCB Po” 5, 30 www.ilsommelier.com Rivista di enologia, gastronomia e turismo Anno XXVIII - Numero 5 - Settembre-Ottobre 2010 ® speciale Veneto Dott. Gianni Zonin

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La rivista bimestrale della F.I.S.A.R. Federazione Italiana Sommelier Albergatori Ristoratori

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Rivista di enologia, gastronomia e turismo Anno XXVIII - Numero 3 - Maggio-Giugno 2010

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Rivista di enologia, gastronomia e turismo Anno XXVIII - Numero 5 - Settembre-Ottobre 2010

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speciale VenetoDott. Gianni Zonin

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Il Raboso del Piave: un’interpretazione al femminile Luisella Rubin 8

Calabria enogastronomica: tipicità mediterranea Saverio Scarpino 12

I terroir del Barbera - Lorenzo Tablino 16

Il Moscato di Scanzo DOCG - Roberto Vitali 20

Una bevanda che ama la compagnia - Enza Bettelli 24

La terra del vino dei re - Giancarlo Roversi 28

Diario di un viaggio: il mito della Borgogna - Davide Zanette 33

Le notizie di enogastronomia e turismoa cura della redazione di Quality ADV 36

Cantine Nicosia: dall’Etna a Vittoria la Sicilia del vino che guarda al futuro a cura della redazione di Quality ADVa cura della redazione di Quality ADV 40

Cibo e territori protagonisti al Salone Internazionale del Gusto - Luca Bernardini 42

44

19° Merano International WineFestival - a cura della redazione di Quality ADV 122

Stelle del Piemonte - Una squadra di grandi Chef - a cura della redazione di Quality ADV 124

Anteprima dei vini di Bolgheri - Virgilio Pronzati 126

Il grande dei vini Toscani: il Vin Santo Luca Iacopini e Massimo Bracci 130

L’opinione del Presidente Pag. 2

Peccato che il vino non si possa fisicamente accarezzare - Roberto Rabachino 4

L'opinione di Marcello Masi 6

In famiglia 134

La Segreteria Comunica 144

ComuniCazione istituzionale

ENOGASTRONOMIA • TURISMO • CURIOSITà

SCIENZA • TECNICA • APPROFONDIMENTI

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Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 52

Un fatto che dovrebbe destare una certa preoccupazione collettiva, avvenuto in questi giorni, mentre scrivo, ma per voi che leggete è datato luglio,

non ha avuto la diffusione che merita attraverso i mezzi di comunicazione/informazione, mi riferisco alla vicenda della semina illegale di mais transgenico in Provincia di Pordenone; in pratica uno o forse più agricoltori, sembra, che abbiano seminato del mais transgenico, compiendo una grave violazione della legge in quanto un Decreto Legislativo (il 212 del 24 aprile 2001) prevede, tra l’altro, che la semina di piante geneticamente modificate debba essere appositamente autorizzata e in mancanza di tale necessaria quanto preventiva autorizzazione s’incorre a pesanti sanzioni quali la pena dell’arresto da sei mesi a tre anni o a un’ammenda fino a 51.700 euro. Tali disposizioni di legge mirano a garantire i prodotti dell’agricoltura così detta convenzionale dalla contaminazione con quelli transgenici onde evitare danni all’ambiente, oltre che all’Uomo, perché è bene ricordare che ancora oggi non abbiamo prove sufficientemente convincenti che gli alimenti provenienti da prodotti geneticamente modificati non abbiano “controindicazioni” sulla salute, così come non si conoscono le conseguenze sulla nostra agricoltura che potrebbero in futuro rivelarsi molto gravi. E pensare che l’Italia è anche il maggiore produttore di alimenti provenienti da agricoltura biologica; anche se sarebbe proprio il caso di fare una precisazione: è troppo generico e fuorviante il termine “biologico”, come quando cerchiamo di distinguere l’acqua “naturale” da quella frizzante, come se la seconda fosse “innaturale”. Forse un termine più appropriato potrebbe essere quello adottato in alcuni Paesi, tipo “agricoltura organica” oppure “agricoltura ecologica”, in quanto mettono in evidenza i principali aspetti distintivi dell’agricoltura biologica, ovvero la conservazione della sostanza organica del terreno, l’intenzione originaria di trovare una forma di agricoltura a basso impatto ambientale. Infatti la filosofia che sta dietro a questo modo di coltivare le piante e allevare gli animali non è unicamente legata all’intenzione di offrire prodotti senza residui di composti chimici di sintesi, pesticidi e diserbanti, garantendo così alimenti privi di qualsiasi residuo tossico, ricchi di qualità nutrizionali e gusto, ma anche alla fondata volontà di non determinare impatti negativi sull’ambiente a livello d’inquinamento di acque, terreni e aria. Se tutto questo è vero allora dobbiamo pretendere il diritto alla verità in quanto consumatori a cui vengono venduti i prodotti alimentari, così come gli agricoltori che li forniscono devono anche garantire la “qualità edibile” su cui è fondata anche la

qualità della vita di tutti e pertanto è un nostro diritto, così come un dovere di chi è preposto al controllo, comprendere se la qualità delle sementi così come la qualità delle tecniche alle quali gli agricoltori dovrebbero essere abituati ad applicare sulla base di una sorta di senso comune che deriva dalla tradizione erudita del passato, siano produttrici di vita vera, di autenticità: se il grano è ancora oggi tale e quale a quello consumato dai nostri padri e se le nostre mucche siano ancora tali e via discorrendo. Non vorrei che si pensasse a quesiti gravidi di retorica: vogliamo la certezza che tutto ciò che viene messo a dimora, che germoglia o che viene allevato sia realmente espressione dell’esemplare originale che è stato al centro dello sviluppo e della cultura da parte degli agricoltori per secoli. Oppure qualcuno ci deve dire se qualcosa è cambiato. E se sì, cosa è mutato? È importante poi ricordare che l’agricoltura biologica è quella che l’uomo ha utilizzato ancor prima che l’industria chimica inventasse i fertilizzanti, le sostanze azotate e i fitofarmaci. In ogni caso, da un punto di vista energetico, l’agricoltura biologica è comunque meno dipendente da idrocarburi, contribuisce alla fertilizzazione continua dei terreni anziché favorire processi di desertificazione come nel convenzionale (i quantitativi di fertilizzanti sono in costante aumento a parità di resa) e sopratutto cosa più importante “il biologico” tutela la biodiversità dell’ecosistema ambientale. Come ho avuto modo già di dissertare in un altro mio precedente scritto, non va però dimenticato il problema della fame nel mondo che non dipende da un’insufficiente produzione agricola bensì da un’iniqua distribuzione di essa. Anzi nei paesi occidentali ogni giorno vengono buttate quantità inimmaginabili di derrate alimentari. In realtà è l’attuale sistema di produzione agricolo intensivo che nel lungo ciclo, a causa anche degli ingenti consumi d’idrocarburi per la coltivazione e per il trasporto dei beni da una parte all’altra del globo, a non essere sostenibile. L’agricoltura biologica nasce da un differente schema culturale, critico verso il classico sistema produttivo, e come tale deve essere analizzato presupponendo un cambiamento che va ben oltre l’utilizzo o meno di fertilizzanti di sintesi. L’agricoltura biologica su scala industriale, che si limita a seguire il disciplinare di produzione per ottenere la certificazione e l’etichetta senza rispettare il principio dell’auto pianificazione, appare un controsenso a chi lo vede come inscindibile dal concetto di biologico. Mi congedo augurando la consueta serenità e che il vostro calice sia sempre colmo.

Presidente Vittorio Cardaci Ama

per comunicare con il Presidente:[email protected]

Il senso della verità e dell’informazione

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Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5 3

Rivista di Enologia, Gastronomia e Turismo

Organo Ufficiale della F.I.S.A.R.Federazione Italiana Sommelier

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Distribuzione della rivistaLa rivista viene inviata a tutti i soci Fisar, a tutti gli organi di informazione, atutti i giornalisti dei gruppi di specializzazione di settore, a tutte le Istituzioni,a tutte le Associazioni di settore e a tutti gli IPSSAR che ne facciano richiesta

tramite spedizione gratuita in abbonamento postale.

La rivista è associata al USPIUnione Stampa Periodica Italiana

Hanno collaborato a questo numeroMarcello Masi, Giancarlo Roversi,

Enza Bettelli, Gudrun Dalla Via, Virgilio Pronzati,Luca Iacopini, Massimo Bracci, Silvana Delfuoco,

Saverio Scarpino

Per la fotografiaOliviero Toscani, Saverio Scarpino,

Roberto Rabachino, Enza Bettelli, Alberto Doriae immagini di Redazione.

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Responsabile Piemonte e Valle d'AostaAlessandro MACCHI

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Responsabile TrivenetoMarilena ANDREATTA

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Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5

Oggi la rappresentazione d’uso del

vino può dar stimolo in particolare a

due letture speculari: una che sfrutta

l’immagine tradizional-culturale del bere,

mirando ad associare tale pratica a momenti

di relax, ai piaceri della tavola, della tradizione;

l’altra si presta come stimolatrice di nuovi piaceri

sovversivi, ribelli, disinibiti facendosi carico

dell’istanza di divertimento, trasgressione,

libertà. Quest’ultima lettura naturalmente errata

ed estrema.

Terreno comune a queste interpretazioni è la

nostra cultura, una cultura del bere dalle radici

antiche, intessuta di elementi mitici e misteriosi,

e per questo luogo privilegiato di costruzione

di mondi ideali nei quali riordinare l’esperienza,

definire gli eventi attraverso anche la ricerca di

una estetica del vino e della possibilità della sua

misurazione estetica.

Riprendendo un’analisi sviluppata da Luigi A.

de Caro si può affermare che la prospettiva

dell’estetica entra in scena non appena il vino

viene considerato non già una mera cosa (un

puro oggetto di natura, un prodotto chimico),

né meramente un alimento, o un farmaco, o una

merce, ma un oggetto estetico, cioè un oggetto

dotato di valore estetico.

L’atto che mira a cogliere e misurare il valore

estetico del vino è la degustazione, consistente

nel valutare le qualità estetiche dell’oggetto,

mediante un esame delle sensazioni visive,

olfattive, gustative, tattili, che esso può offrire.

Della degustazione, intesa come ricerca e

fruizione del valore estetico, vengono distinte

due forme: una forma emotiva, mirante al

godimento emozionale, e una forma giudicativa,

mirante al giudizio, alla conoscenza del valore.

Naturalmente, non è necessario fare il giudice

per assumere il vino come oggetto estetico.

Un oggetto estetico deve lasciarsi apprezzare

per le proprie qualità di limpidezza, trasparenza,

struttura, equilibrio, calore, armonia, eleganza e

possibilità di condivisione.

Poiché il vino mostra, esibisce, questi valori è un

oggetto estetico che spiritualmente ognuno ha

la possibilità di “accarezzare”.

Peccato che il vino non si possa fisicamente

accarezzare

Il vino è tra i prodotti di consumo il demarcatore di contesto per eccellenza, associato - più degli altri -

ad insiemi ricorrenti di elementi sociali, situazionali e culturali “

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per comunicare con il Direttore:[email protected]

di Roberto Rabachino

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Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 56

Il simbolo della nostra identità nazionale è

il cibo. La notizia arriva da un sondaggio

commissionato dalla Coldiretti in occasione

dei festeggiamenti per i 150 anni dall’unità

d’Italia. Per il 50 per cento degli intervistati le

prelibatezze enogastronomiche dello stivale

rappresentano il simbolo di maggior successo

del made in Italy. Seguono l’arte e la cultura

con il 24 per cento delle preferenze, la moda

11 per cento, fino ad un 2 per cento riservato al

calcio. Al di là delle suggestioni positive legate

alla buona tavola che rallegrano la vita di tutti il

comparto enogastronomico anno dopo anno,

indubbiamente, sta guadagnando importanza

e coscienza di se. L’agroalimentare è infatti un

settore in continua crescita che rappresenta il

15 per cento del Pil nazionale, con un valore

di 250 miliardi di euro. Le imprese agricole

sono quasi 900 mila e rappresentano il 17 per

cento delle imprese attive nel Paese. Siamo i

primi produttori europei di riso, frutta e ortaggi

freschi; il secondo produttore di vino, mosti,

uova e pollame; il terzo produttore di carne

bovina e frumento, solo per fare qualche

esempio. Inoltre l’agricoltura italiana vanta il

primato dei prodotti tipici con 206 prodotti a

denominazione o indicazione di origine protetta

riconosciuti dall’Unione Europea. Le nostre

Regioni, inoltre, hanno censito ben 4471

specialità tradizionali. Tutto questo ben di Dio,

come è facile immaginare, attira ogni anno un

gran numero di appassionati. L’Unioncamere

attraverso il suo istituto di ricerca sul turismo,

Is.Na.R.T, ha valutato un flusso di 11 milioni

di turisti enogastronomici presenti in Italia ogni

anno. Una cifra destinata a crescere, ma che già

ci permette di essere leader in Europa. L’offerta

enogastronomica italiana attira da sola il 7 per

cento degli stranieri che scelgono l’Italia per le

proprie vacanze, con un impatto economico

stimato in 1,5 miliardi di euro spesi nel 2009.

E a tale proposito sono sempre più frequenti le

richieste di itinerari personalizzati per visitare e

cantine e aziende di produzione agricola, anche

di breve soggiorno. In poche parole non solo

gli stranieri ci apprezzano a tavola, ma vogliono

anche approfondire la conoscenza dei nostri

prodotti attraverso un rapporto diretto con

l’uomo o la donna che c’è dietro un etichetta

amata. Infine a conclusione di questo lungo

snocciolare di numeri e cifre un breve paragrafo

dedicato alla pirateria agroalimentare. La

L’Italia è nel piatto

e nel bicchiere di Marcello MasiVice Direttore TG2 RAI

e responsabile rubrica Eat Parade

Nel mondo 3 prodotti di tipo italiano su quattro sono falsi, con un danno di decine di miliardi di euro ogni anno

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Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5 7

contraffazione dei nostri prodotti

cresce di pari passo con

l’affermazione del made in Italy.

Nel mondo 3 prodotti di tipo

italiano su quattro sono falsi, con

un danno di decine di miliardi di

euro ogni anno.

Ebbene, con i numeri sopracitati,

i successi incontestabili delle

nostre eccellenze, le prospettive

economiche che possono attivare

in più settori, ci aspetteremmo

più attenzione dalla politica e dai

suoi palazzi per questa grande

risorsa del Paese e di tutti noi.

Registriamo, invece, dibattiti

infiniti, per carità importanti

e legittimi, su stabilimenti

automobilistici. Discussioni

appassionanti, ma sterili, su leggi

elettorali, costituzionali e degli enti

locali. Legittimi impedimenti, leggi

bavaglio, riforme e controriforme.

Una politica vivace e polemica

che continua ad autoalimentarsi,

ma che non sembra accorgersi

di una parte sana del Paese,

una parte grande, che lavora e produce a testa

bassa con fatica e creatività. Non si accorge

che buona parte del nostro prestigio nel mondo

è dovuta proprio a questi uomini e donne. Non

vuole capire che per rilanciarsi dalla crisi si deve

agire, sui nostri punti forza, e tra questi i più

forti di tutti sono l’enogastronomia e il turismo.

Per farlo dobbiamo aiutare tutte quelle persone

che da troppi anni soffrono dell’indifferenza dei

legislatori e dei governi. Un’indifferenza troppo

spesso diventata solitudine. Rubare braccia

all’agricoltura oggi non è più una battuta di

spirito, è una bestemmia. I produttori agricoli

moderni sono gente preparata, colta, capace di

cogliere molto spesso, più e prima degli altri,

tendenze ed esigenze. Oggi questo mondo

poliedrico e pieno di risorse chiede per il bene

di tutti maggiore attenzione e considerazione

e soprattutto interventi in grado di metterlo

in condizione di dare il meglio. Chiede tutela

riguardo alla pirateria e leggi internazionali in

grado di sconfiggerla. Chiede meno burocrazia

e più efficienza amministrativa. Chiede

trasparenza e nuove normative in grado di

aiutarlo a poter competere nel mondo. Non

ascoltarlo sarebbe un errore imperdonabile,

davvero imperdonabile.

Giuseppe Arcimboldo - Vertumnus

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Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 58

Vitigno autoctono, a bacca nera, di origini antichissime, il Raboso Piave ha trovato la sua culla naturale nel Veneto Orientale da

circa 3000 anni. Protagonista incontrastato della pianura trevigiana sino alla metà degli anni sessanta del secolo scorso, ora viene coltivato solo in un centinaio di ettari da pochi appassionati produttori delle Grave del Piave, che hanno investito molto in questa varietà. Intorno agli anni novanta, proprio grazie alla loro passione, all’interessamento di Enti promotori e alla costituzione della” Confraternita del Raboso Piave”, ha preso avvio un’azione intensa di recupero, valorizzazione e rilancio del Raboso Piave, la cui coltivazione, tra gli anni cinquanta Piave, la cui coltivazione, tra gli anni cinquanta e sessanta, subì una significativa contrazione a

favore dell’introduzione di vitigni internazionali, allora più rispondenti alle esigenze di mercato.Attualmente la sua coltivazione si estende nell’intera provincia di Treviso, dai Colli del Montello e di Conegliano, fino a tutta la vallata del fiume Piave, la cui zona di elezione viene individuata da sempre nell’ area ghiaiosa-sabbiosa della sua sponda sinistra e in quella argillosa di San Donà e Noventa di Piave e nella provincia di Padova dove è conosciuto con il nome di Friularo.Il Raboso Piave storicamente legato alla gente delle terre attraversate dall’omonimo fiume, è il vino della memoria nella tradizione contadina e della cultura locale, espressione autentica di un specifica territorialità.specifica territorialità.L’origine del suo nome, secondo le documentazioni

Ha un profumo che ricorda le violette di campo, la marasca e la mora selvatica. Da giovane si presenta di

corpo robusto, tannico e aspro, ma con l’invecchiamento e la maturazione in legno acquista armonia e nobiltà

“”

Il Raboso del Piave: un’interpretazione

al femminiledi Luisella Rubin

Consigliere Nazionale

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storiche, può essere riconducibile alla forma dialettale”rabioso”, ossia arrabbiato, aggettivo utilizzato per descriverne il carattere un po’ rustico, acido e selvatico. C’è poi chi sostiene che il nome derivi da un piccolo affluente del fiume Piave.Era considerato dai mercanti veneziani “vin da viajo”(vino da viaggio), un vino robusto e resistente, che grazie alla sua capacità di conservarsi a lungo, per una presenza ricca di tannini ed un’alta percentuale di acidità, era adatto al trasporto sulle navi della Serenissima Repubblica di Venezia. Nasce da un’uva forte, che germoglia presto e matura tardi, la si vendemmia infatti a fine ottobre o inizio di novembre.Il vino che ne deriva, è di color rosso rubino con riflessi granati che diventano sempre più intensi con il trascorrere del tempo. In passato per il suo colore carico veniva utilizzato come vino da taglio.Ha un profumo che ricorda le violette di campo, la marasca e la mora selvatica. Da giovane si presenta di corpo robusto, tannico e aspro, ma con l’invecchiamento e la maturazione in legno acquista armonia e nobiltà. Resta il vino più rappresentativo dell’intera area DOC Piave, il cui disciplinare ne prevede un invecchiamento obbligatorio di tre anni, di cui uno in botte.È un rosso scorbutico, difficile da domare, che a causa del suo carattere forte, vede i suoi produttori impegnati in una sfida continua, per produrlo, comunicarlo e commercializzarlo.Il suo ricordo indelebile, ha indotto una imprenditrice vinicola ad interpretarlo con passione ed amore, secondo una visione moderna, mantenendo saldo, però, un legame con il passato.Un’impresa impegnativa e non priva di ostacoli

quella che la brava produttrice Emanuela Bincoletto, ha intrapreso dal 1995, quando entrata nell’azienda agricola “Tessere”, fondata dal padre nel 1979, nel cuore della DOC Piave, ha dovuto lavorare sodo, con competenza, determinazione e sensibilità femminile, per ottenere un vino Raboso di ottima qualità. Il suo spirito innovativo ha trasformato i vigneti da tradizionali ad alta intensità, su sistema di allevamento a guyot, coltivati sulle argille di San Donà di Piave, Grassaga e Noventa di Piave (Ve). Si estendono su una superficie di circa 15 ettari, una piccola realtà, dove, nel rispetto della natura, viene praticata una coltivazione biologica. Già da alcuni anni, l’introduzione dell’antica tecnica agronomica del sovescio, metodo naturale ed efficace per fertilizzare il terreno, contribuisce a salvaguardare il territorio e i suoi prodotti dall’uso di concimi chimici.Il suo obiettivo principale è quello di ottenere una produzione ricercata di un vino di qualità superiore, che le consenta di entrare in un mercato di nicchia, nel quale il Raboso Piave possa essere rilanciato ed apprezzato.La ridotta produzione per ceppo, volta a migliorare la qualità dell’uva e del vino, l’utilizzo di tecniche moderne in vigna ed in cantina, con un occhio sempre attento alla tradizione e l’attuazione di una comunicazione efficace del prodotto, costituiscono le linee guida della sua filosofia aziendale.Ma l’eccellenza del Raboso Piave Doc sarà rappresentata dal “Malanotte”, un Raboso Superiore Piave Doc, il cui nome deriva da una nobile famiglia di Tezze di Piave, che per due secoli ha attuato grandi innovazioni nella viticoltura delle terre del Piave, producendo vini di ottima qualità.

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 510

Emanuela Bincoletto

Page 13: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Vendemmiato per la prima volta nel 2008, sarà in commercio alla fine del 2011. Il disciplinare che ne regola la produzione prevede che una parte dell’uva tra il 15% e il 30% sia sottoposta ad un particolare appassimento, per smussare le caratteristiche spigolose del Raboso Piave. L’invecchiamento minimo è di 3 anni, di cui uno interamente in botte. Sarà un grande vino, destinato nei prossimi anni a fregiarsi della DOCG.La produzione dell’azienda Tessere, circa il 65% è riservata al Raboso Piave e la rimanente è rappresentata da Pinot bianco, Chardonnay, Merlot e Cabernet.Conta complessivamente 50.000 bottiglie, che vengono esportate per la maggior parte negli Stati Uniti, Canada, Olanda, Germania e Svizzera.Il suo Barbarigo 2005, prodotto da uve Raboso, affinato in tonneau di rovere francese per 18 mesi, è un’espressione armoniosa delle caratteristiche tipiche dell’uva: acidità, tannini e profumi selvatici.La struttura importante sostenuta da tannini vivaci e da una giusta acidità, lo rende un vino di grande personalità, paragonabile ai grandi rossi italiani. Si abbina con carni rosse, selvaggina, anguilla e formaggi stagionati.Il fiore all’occhiello, frutto della passione e della ricerca dell’azienda Tessere, interpretato in modo perfetto, affinato per quasi due anni in botte, è il Raboso Passito “Rebecca”, il cui nome di donna, è stato scelto dalla produttrice proprio perché ricorda caratteristiche, espresse dal vino, che sono tipicamente femminili: giusta dose di dolcezza e chiara forza di carattere.L’annata 2004 rivela al naso delicati, ma intensi profumi di marasca, uva passa e note balsamiche.Un ottimo equilibrio di sensazioni tanniche e acidule, di misurata dolcezza, lo rendono un vino di rara specialità, che in numerose degustazioni alla cieca, ha sostenuto il confronto con importanti Recioto della Valpolicella, riscuotendo grande successo.Si accompagna bene alla pasticceria secca, al cioccolato, ai formaggi stagionati. È pure un eccellente vino da meditazione.Il percorso innovativo, di ricerca e di sperimentazione che Emanuela ha intrapreso, coadiuvata dal suo bravo enologo Federico Giotto, continua. A Natale uscirà uno spumante metodo classico, prodotto da uve Raboso Piave della vendemmia 2007. Una grande novità!L’attiva imprenditrice fa parte dell’associazione “Donne del Vino”,del “Movimento del Turismo del Vino”, della “Confraternita del Raboso Piave” e di “Fattorie Didattiche”, la cui appartenenza rappresenta per l’azienda Tessere, un impegno importante, fondamentale per un progetto di crescita e di miglioramento della produzione e della comunicazione di un vino, che asseconda le esigenze di un mercato sempre più attento alla qualità, alla tipicità e al giusto rapporto qualità-prezzo.

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5

Consorzio per la Promozione del MARCHIO STORICO DEI VINI REGGIANI

REGGIANO DOCCOLLI DI SCANDIANO e di CANOSSA DOC

EMILIA IGT

Via Gualerzi, 8 • 42124 Reggio EmiliaT. 0522 508903•F. 0522 508919

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La Provvidenzadi Meglioraldi Stefanodi Meglioraldi Stefano

Morodi Rinaldini Paoladi Rinaldini Paola

Reggiana S.S.di Ferrari e Colorettidi Ferrari e Coloretti

Azienda Prati Vini

Ca’ De Medici

Cantina Sociale di Rolo

Cantina Sociale Centro di Massenzatico

Cantina Sociale di Arceto

Cantina Sociale di Carpi

Cantina Sociale di Gualtieri

Cantina Sociale Prato di Correggio

Cantina Sociale di Puianello e Coviolo

Cantina Sociale Masone - Campogalliano

Cantina Sociale S. Martino in Rio

Cantine Due Torri nella Val D’Enza

Cantine Lombardini

Cantine Riunite & CIV

Casali Viticultori

Donelli Vini

Ferrarini

Medici Ermete e Figli

Nuova Cantina Sociale di Correggio

Venturini Baldini

sico

mun

ica.

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Page 14: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5

Tra i paesi che si affacciano sul bacino

del mediterraneo, la Calabria è quello

che oggi esprime il suo meglio in

quasi tutte le variabili costituenti il settore

enogastronomico.

L’amore per le tradizioni è ormai diventato un

punto di forza e gli operatori calabresi lo sanno.

È proprio questa consapevolezza con l’ausilio di

una visione innovatrice che consente al settore

enogastronomico di stare al passo con i tempi

e di proporre, sempre più, prelibatezze sia sotto

il profilo del gusto, sia sotto quello della qualità

dei prodotti.

Negli ultimi decenni questo settore ha raggiunto

importanti risultati. Il fattore che più d’ogni altro

ha permesso di conseguire tali successi è

sicuramente la valorizzazione dei prodotti della

tradizione, per un’offerta enogastronomica che

gli amanti della buona tavola apprezzano e

ricercano oggi sempre di più. Più specificamente,

nell’ambito enologico, questo fenomeno

diventa tangibile degustando i vini oggi presenti

sul mercato. Si può constatare che le aziende

vitivinicole già da tempo capiscono come

raggiungere i livelli di eccellenza e come dare

respiro ai conti economici aziendali, un po’

asfittici in questi ultimi anni di crisi internazionale.

Calabria enogastronomica:

tipicità mediterranea

Ormai dappertutto in questi territori, i menù proposti dai ristoratori, sono rappresentativi

della cultura culinaria tradizionale calabrese“”

di Saverio Scarpino

12

I funghi della Sila

Page 15: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Nulla poteva essere lasciato al caso, e neanche

l’importante storia di questi territori che hanno

lasciato un segno distintivo nel DNA di queste

genti appartenute all’antica Magna Grecia,

terra vocata all’agricoltura e alla coltivazione

della vite, tanto da esserne così caratterizzata

da assumerne, da tempi immemorabili, una

precisa connotazione come terra del vino,

ovvero “Enotria”. È chiaro che parlando di

vino in Calabria ci riferiamo ai vitigni autoctoni

Gaglioppo e Magliocco per i vini rossi e Greco

per i bianchi. Questi vitigni sono alla base di quasi

tutte le 12 DOC (Bivongi, Cirò, Donnici, Greco

di Bianco, Lamezia, Melissa, Pollino, Sant’Anna

di Isola Capo Rizzuto, San Vito di Luzzi, Savuto,

Scavigna, Verbicaro) e delle 13 Igt (Condoleo,

Esaro, Valle del Crati, Valdamato, Lipuda, Val

di Neto, Arghillà, Costa Viola, Locride, Palizzi,

Pellaro, Scilla, Calabria). Ma non è tutto,

esistono altre straordinarie realtà, che sebbene

di nicchia, vanno assolutamente evidenziate. È

il caso del Moscato di Saracena, straordinario

passito prodotto soltanto nell’omonimo paese

situato nell’area del Pollino a due passi da

Castrovillari. Il colore è ambrato e al naso offre

straordinari sentori di miele, fichi secchi e frutta

esotica. È ottimo da abbinare alla pasticceria

secca, ai formaggi stagionati ed è altrettanto

azzeccato come vino da meditazione. La

particolarità di questo moscato è quella di

essere prodotto secondo una metodologia che

Vigneti di Moscato di Saracena

Page 16: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

si tramanda ormai da centinaia di anni. Le uve

dei tre vitigni autoctoni che lo compongono

(Malvasia, Guarnaccia e Moscatello) sono

accuratamente raccolte a mano e selezionate,

e la loro vinificazione avviene separatamente.

Al mosto della Malvasia e della Guarnaccia,

che viene concentrato mediante cottura, viene

successivamente aggiunto quello del moscatello

ottenuto mediante appassimento. Le uve di

quest’ultimo vitigno, infatti, vengono raccolte

ed poste ad appassire su appositi graticci

per diverse settimane. Quando poi gli acini

raggiungono il giusto grado di disidratazione

vengono schiacciati, operazione che per alcuni

produttori viene tassativamente fatta a mano,

e quindi, aggiunti al mosto concentrato. Unica

precauzione per questo vino e quella di non

farlo invecchiare: le sue qualità si apprezzano al

meglio se viene bevuto nei primi due anni.

Ci riferiamo ad una Calabria dai gusti mediterranei,

e non potrebbe essere diversamente, con 11

strade del vino e dei sapori che costantemente lo

testimoniano con le loro attività promozionali.

Ormai dappertutto in questi territori, i menù

proposti dai ristoratori, sono rappresentativi

della cultura culinaria tradizionale calabrese.

Nella grande o piccola Sila, per esempio,

la cucina annovera svariate ricette a base

di profumatissimi funghi porcini, così

comunemente denominati ma appartenenti

alla famiglia dei Boletus Edulis che da queste

parti gli antichi romani chiamavano Suillus” e

che gli attuali calabresi continuano a chiamare

“Silli”. Nelle Serre e nell’Aspromonte troviamo i

famosi salumi tra i quali ricordiamo la famosa

“Soppressata” e la N’duja, entrambi caratterizzati

da quel peperoncino piccante che in Calabria

ha trovato la sua patria naturale. Cosi come i

formaggi, dai pecorini ai caprini, tutti da gustare

in tavolozza, con un magnifico e selezionato

Gaglioppo. E per finire, uno sguardo particolare

va alle località di mare, dove oltre alle bellezze

paesaggistiche del territorio si può trovare il

classico pescato mediterraneo, che abbinato

ad un fresco Greco bianco dà soddisfazione ai

palati più esigenti e contribuisce a mantenere

un’alimentazione corretta.

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 514

I formaggi della Calabria

Moscato di Saracena

Tipo di Vino: Moscato passito

Zona di produzione: Parco Nazionale del Pollino,

Comune di Saracena

Sistema di allevamento: Controspalliera

Varietà delle uve: Malvasia, Guarnaccia, Moscato

Vendemmia: Manuale tra fine settembre e inizio

ottobre (per il passito raccolta anticipata ed

appassimento su graticci

Vinificazione: Pressatura soffice (Vinificazione

separata tra Malvasia e Guarnaccia e Moscato)

Caratteristiche organolettiche: Alla vista si presenta

con un colore ambrato e brillante. Ha profumo

caratteristico del moscato, intenso. Sentori di miele,

fichi secchi e frutta esotica. Sapore dolce, aromatico,

morbido e molto fine.

Gradazione alcolica: 16% vol

Temperatura di servizio: 18 °C

Abbinamento: Pasticceria secca, cioccolato e

formaggi stagionati.

Durata: Vino da bersi preferibilmente giovane

(entro due anni)

Page 17: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

15

Fondata nel 1950 da Giustino Bisol, la cui famiglia vanta una secolare tradizione nonchè profonde radici nella

cultura vitivinicola nel territorio di Valdobbiadene, la cantina Ruggeri è nata per valorizzare, con la spumantizzazione, i vini Prosecco e Cartizze. La cantina oggi possiede oggi 12 ettari vitati a Prosecco, Pinot Grigio e Chardonnay, e un piccolo vigneto di Cartizze, e si avvale della collaborazione di un centinaio di agricoltori del comune di Valdobbiadene. Fra questi, 25 dispongono anche di uve di Cartizze, e infatti Ruggeri è la cantina che opera la maggior pigiatura di quest’uva particolarmente pregiata, ricercata ed unica proveniente da vigneti di alto pregio ricadenti nelle storiche frazioni di San Pietro di Barbozza, Santo Stefano e Saccol, da sempre riconosciute come l’apice qualitativo dell’intera Docg. All’eccellenza dei vigneti di Valdobbiadene contribuisce la presenza di

numerose viti vecchie e, talvolta, vecchissime che possono essere definite “la memoria del territorio” e che, grazie al loro importante apparato radicale, riescono a bilanciare i più diversi andamenti climatici tipici di quelle colline, assicurando anno dopo anno una elevata costanza qualitativa. L’eccellenza della produzione e i principi tecnici e qualitativi che hanno sempre guidato il modo di operare della famiglia Bisol sono anche serviti come indirizzo per alcuni valenti enologi che si sono formati operando sotto la loro guida e anche per questo motivo, e non solo perché è stata una delle prime a produrre spumante in autoclave, si può veramente affermare che la cantina Ruggeri ha contribuito a “fare” la storia del Prosecco di Valdobbiadene. Un ulteriore motivo di vanto è dato dal fatto che il loro Prosecco Superiore Docg Extra Dry Giustino B. (nome del fondatore della cantina) è stato selezionato per essere servito al G8 dello scorso anno a L’Aquila.

La Cantina Ruggericompiesessant’anni

Da una vigna storica, 4.950 bottiglie numerateper celebrare lo storico compleanno

di una delle più antiche cantine di Valdobbiadene

a cura della redazione di Quality ADV

“”

SSSSessant’anni ricchi di impegni e di soddisfazioni, come afferma essant’anni ricchi di impegni e di soddisfazioni, come afferma essant’anni ricchi di impegni e di soddisfazioni, come afferma essant’anni ricchi di impegni e di soddisfazioni, come afferma essant’anni ricchi di impegni e di soddisfazioni, come afferma essant’anni ricchi di impegni e di soddisfazioni, come afferma essant’anni ricchi di impegni e di soddisfazioni, come afferma Paolo Bisol Paolo Bisol Paolo Bisol titolare della cantina: cantina: cantina: “Sono orgoglioso e felice di aver raggiunto questo traguardo di eccellenza, frutto “Sono orgoglioso e felice di aver raggiunto questo traguardo di eccellenza, frutto “Sono orgoglioso e felice di aver raggiunto questo traguardo di eccellenza, frutto “Sono orgoglioso e felice di aver raggiunto questo traguardo di eccellenza, frutto “Sono orgoglioso e felice di aver raggiunto questo traguardo di eccellenza, frutto “Sono orgoglioso e felice di aver raggiunto questo traguardo di eccellenza, frutto “Sono orgoglioso e felice di aver raggiunto questo traguardo di eccellenza, frutto “Sono orgoglioso e felice di aver raggiunto questo traguardo di eccellenza, frutto “Sono orgoglioso e felice di aver raggiunto questo traguardo di eccellenza, frutto

di un costante e preciso impegno volto sempre alla qualità del prodotto. Siamo riusciti ad di un costante e preciso impegno volto sempre alla qualità del prodotto. Siamo riusciti ad di un costante e preciso impegno volto sempre alla qualità del prodotto. Siamo riusciti ad di un costante e preciso impegno volto sempre alla qualità del prodotto. Siamo riusciti ad di un costante e preciso impegno volto sempre alla qualità del prodotto. Siamo riusciti ad di un costante e preciso impegno volto sempre alla qualità del prodotto. Siamo riusciti ad di un costante e preciso impegno volto sempre alla qualità del prodotto. Siamo riusciti ad di un costante e preciso impegno volto sempre alla qualità del prodotto. Siamo riusciti ad di un costante e preciso impegno volto sempre alla qualità del prodotto. Siamo riusciti ad ottenere tutto questo anche grazie al reciproco rapporto di stima, collaborazione e fiducia ottenere tutto questo anche grazie al reciproco rapporto di stima, collaborazione e fiducia ottenere tutto questo anche grazie al reciproco rapporto di stima, collaborazione e fiducia ottenere tutto questo anche grazie al reciproco rapporto di stima, collaborazione e fiducia ottenere tutto questo anche grazie al reciproco rapporto di stima, collaborazione e fiducia ottenere tutto questo anche grazie al reciproco rapporto di stima, collaborazione e fiducia ottenere tutto questo anche grazie al reciproco rapporto di stima, collaborazione e fiducia ottenere tutto questo anche grazie al reciproco rapporto di stima, collaborazione e fiducia che si è creato coi nostri agricoltori conferenti del comune di Valdobbiadene (più di un che si è creato coi nostri agricoltori conferenti del comune di Valdobbiadene (più di un che si è creato coi nostri agricoltori conferenti del comune di Valdobbiadene (più di un che si è creato coi nostri agricoltori conferenti del comune di Valdobbiadene (più di un che si è creato coi nostri agricoltori conferenti del comune di Valdobbiadene (più di un che si è creato coi nostri agricoltori conferenti del comune di Valdobbiadene (più di un che si è creato coi nostri agricoltori conferenti del comune di Valdobbiadene (più di un che si è creato coi nostri agricoltori conferenti del comune di Valdobbiadene (più di un che si è creato coi nostri agricoltori conferenti del comune di Valdobbiadene (più di un centinaio), rapporti iniziati da mio padre Giustino negli anni ’50 che ora sto portando centinaio), rapporti iniziati da mio padre Giustino negli anni ’50 che ora sto portando centinaio), rapporti iniziati da mio padre Giustino negli anni ’50 che ora sto portando centinaio), rapporti iniziati da mio padre Giustino negli anni ’50 che ora sto portando centinaio), rapporti iniziati da mio padre Giustino negli anni ’50 che ora sto portando centinaio), rapporti iniziati da mio padre Giustino negli anni ’50 che ora sto portando centinaio), rapporti iniziati da mio padre Giustino negli anni ’50 che ora sto portando centinaio), rapporti iniziati da mio padre Giustino negli anni ’50 che ora sto portando centinaio), rapporti iniziati da mio padre Giustino negli anni ’50 che ora sto portando avanti con i miei figli Giustino ed Isabella”.avanti con i miei figli Giustino ed Isabella”.avanti con i miei figli Giustino ed Isabella”.avanti con i miei figli Giustino ed Isabella”.avanti con i miei figli Giustino ed Isabella”.

Page 18: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5

I terroir del Barbera

In questo ultimi anni è cresciutomolto l’interesse verso questo vino,

in particolare verso i terroir maggiormente vocati“”

di Lorenzo Tablino

16

Vigneti di Barbera nel Monferrato

Barbera: uno dei principali vitigni a bacca

nera del Piemonte, il piu’ coltivato

nelle province di Asti e Alessandria.

Ma e’anche il nome di vino che assume

denominazioni diverse a secondo delle doc-

docg originate.

Barbera: maschile o femminile che sia, è Barbera: maschile o femminile che sia, è

sempre, popolare, tradizionale, quotidiana,

rustica e vigorosa. Oggi assume ad un nuovo

risorgimento grazie ad un netto miglioramento

qualitativo ed ad una nuova immagine correlata

anche all’intelligente attività promozionale di

numerosi enti pubblici e privati.

In Piemonte è l’uva maggiormente a dimora: In Piemonte è l’uva maggiormente a dimora:

Page 19: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

C M Y CM MY CY CMY K

Page 20: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

origina 9 d.o.c. e 2 docg su oltre 12800 ettari

di superficie per una produzione globale di oltre

500.000 hl di prodotto.

Barbera d’Asti e Barbera del Monferrato

superiore sono le sono le ultime docg.

In questo ultimi anni è cresciuto molto l’interesse

verso questo vino, in particolare verso i terroir

maggiormente vocati.

D’altronde, dal 2000, sono state legalmente

definite tre sottozone storiche, riguardo alla

Barbera d’Asti docg.

Sono “Nizza”, “Tinella” e “Colli Astiani o Astiano”.

È possibile menzionarle in etichetta.

Vediamo quali sono, allora, le sottozone migliori

per la Barbera limitandoci alle tre denominazioni

piu’note Alba, Asti e Monferrato.

Intendiamo i luoghi ove hanno acquistato, da

sempre, le uve mediatori e produttori. Dove la

domanda supera l’offerta, quindi si spuntano i

prezzi più elevati.

Considerando le vigne con esposizione migliore

(i classico sorì a sud-ovest), con le massime

somme termiche, con terreni vocatissimi,

(calcare, argilla e microelementi in primis), con

altre condizioni microclimatiche favorevoli.

Dove i gradi zuccherini del mosto sempre al

massimo e il colore della buccia nelle annate

buone è solo un meraviglioso velluto bleu.

Null’altro.

Tutto racchiuso in termini francesi intraducibili,

ma stupendi: terroir se riferito a macrozone,

cru se a microzone, (quasi sempre un gruppo

di vigne). Barbera Alba: Quella proveniente da

Monforte - Serralunga d’Alba ha molto colore,

come in genere la Barbera dei paesi vicini,

(siamo nella zona del Barolo). Mentre quella

di Govone, Guarene e Castellinaldo d’Alba

ha molta eleganza e finezza. Nel comune di

Monforte, Pian Romualdo, da tempo, è un cru

famoso. Mitica la Barbera ottenuta. Per decenni,

queste pregiate uve sono state acquistate

dall’enol. Beppe Colla della ditta Prunotto

di Alba. Stesso discorso per la sottozona

Baudana di Serralunga d’Alba. Tra Castellinaldo

e Guarene, nel Roero, pertanto sulla riva sinistra

del fiume Tanaro, troviamo la sottozona “Baraco

de Baranco”, valorizzata, su alcune etichette.

Mentre alla frazione” Madonna di Cavalli”, non

lontano da Canale, le uve barbera danno un

vino dalla incredibile eleganza. Una curiosità:

In queste sottozone particolari e in genere in

tutto l’albese, nelle annate buone e dopo un

invecchiamento, la Barbera può assumere

profumi e sapori particolari che fanno pensare

al Barolo, perciò si dice che “ nebbioleggia.”.

Barbera d’Asti: Spostiamoci di dieci-quindici

chilometri e troviamo il terrior per eccellenza

per detto vino. È quello compreso tra i comuni

di Montegrosso d’Asti, Vinchio, Vaglio,

Castelnuovo Calcea, Agliano, Nizza Monferrato,

Monbercelli. Qui si producono Barbere ricche

di potenza, estratto, acidità fissa, colore. Atte,

anche a lunghi invecchiamenti, in specie nei

grandi millesimi. È il triangolo magico tra i fiumi

Tanaro e Tiglione conosciuto da molti decenni

dai vecchi mediatori di uve e commercianti di

vini.

Barbera Monferrato: sono note, da tempo, le

barbere di Rosignano e San Giorgio Monferrato,

di Vignale e Moncalvo d Asti. Vini di grande

struttura, estratto, perfetti nel loro equilibrato,

con profumi fruttati di grande profilo.

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 518

Vigneti in Montegrosso d'Asti

Page 21: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010
Page 22: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5

Ha un solo difetto il Moscato di Scanzo

Docg. Che è poco. Si produce sulle prime

colline a nord della città di Bergamo, su

una superficie vitata che per ora è ferma a 30 ettari,

tutti esclusivamente nel territorio del Comune di

Scanzorosciate. Il risultato è che i 22 soci imbottigliatori

del Consorzio che li riunisce arrivano a malapena a

produrre e mettere in commercio 60 mila bottiglie da

mezzo litro di questo eccezionale vino rosso passito,

ottenuto esclusivamente dalla vinificazione delle uve

provenienti dall’omonimo vitigno

autoctono.

Se la sua produzione è poca (ma

piano piano crescerà, assicurano

i responsabili del Consorzio

di tutela), lunga è la storia di

questa che è tra le più piccole

denominazioni vitivinicole a livello

nazionale. Nel suo testamento

che risale al marzo 1350, il noto

giureconsulto bergamasco Alberico

da Rosciate (1290-1354) scrisse

testualmente: “Lascio al figlio

Tacino la Bersalenda, ove si coltiva

il moscato rosso”. In un carteggio

del 1372 il vescovo feudatario

della Tribulina di Scanzo fa cenno

alla quantità di “moscadello”

che i coloni dovevano fornire

al feudatario. Nel Settecento l’architetto Giacomo

Quarenghi, che ideò i più grandiosi monumenti di

San Pietroburgo, ne fece dono alla zarina Caterina di

Russia che lo gradì moltissimo. Nel 1850 il Moscato

di Scanzo era l’unico vino italiano quotato alla Borsa

di Londra.

Il Moscato di Scanzo ha ottenuto la Doc nel 2002 e

da quell’anno possono produrre e commercializzare

vino con questa denominazione solo produttori che

operano all’interno del Comune di Scanzorosciate.

Nel 2009 è stata concessa la Docg,

diventando così la quinta Docg

della Lombardia, dopo le bollicine

di Franciacorta e Oltrepò Pavese, i

grandi rossi di Valtellina con le Docg

Sforzato e Valtellina Superiore.

Classico vino passito da meditazione,

nasce da un vitigno autoctono

selezionato negli Anni Settanta

del secolo scorso. La produzione

massima consentita di uva è di 70

quintali per ettaro. I grappoli raccolti

sono stesi su graticci sia in ambienti

naturali sia in ambienti condizionati

a temperatura inferiore ai 15 gradi e

umidità controllata. Dopo almeno 21

giorni di appassimento, si procede

alla sgranatura e pigiatura. Non

tollerando il legno, viene invecchiato

Il Moscato di Scanzo DOCG

I grappoli raccolti sono stesi su graticci sia in ambienti naturali sia in ambienti condizionati a temperatura

inferiore ai 15 gradi e umidità controllata“di Roberto Vitali

20

Page 23: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Valcalepio Rosso D.o.c. | Valcalepio Rosso Riserva D.o.c.Valcalepio Bianco D.o.c. | Moscato di Scanzo D.o.c.

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siamo aperti per la visita alla cantina e degustazioni

Page 24: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

in contenitori di acciaio. Può essere

commercializzato dopo due anni

dalla vendemmia, a partire dal 1.o

novembre. Ha colore rosso rubino

carico con riflessi porpora. Aromi

preponderanti di frutti di bosco,

marasche, salvia sclarea, rosa

canina e leggeri accenni di spezie

e frutta secca. Ottimo centellinato

da solo, si sposa bene con la

pasticceria, soprattutto secca.

Cosa cambia adesso con

l’assegnazione della Docg?

«Sul piano pratico poco -

risponde il presidente del

Consorzio, Giacomo De Toma - nel senso che

per noi l’obiettivo della Denominazione garantita

era soprattutto una questione di prestigio. I

produttori continuano a fare il loro lavoro come

prima. Il disciplinare è stato migliorato con alcune

puntualizzazioni e quindi vi saranno più controlli

sulla produzione e sulla filiera, con maggiori

garanzie per il consumatore. Certo, la Docg

contribuirà a far apprezzare questa minuscola ma

bellissima zona collinare, ancora, per certi versi,

sconosciuta».

«Nell’ultimo decennio anche in Italia si è sviluppato

l’enoturismo - aggiunge Paolo Bendinelli, uno

dei produttori più noti e per anni

presidente del Consorzio - e quindi

potrebbe avere una certa attrattiva

anche la nostra zona dove, nel

raggio di qualche chilometro, sono

concentrati tutti i produttori. A

Scanzo sono nati negli ultimi mesi

un albergo, alcuni ristoranti e sei

aziende di agriturismo, e tutto per

merito del Moscato».

In piena sintonia con il Consorzio

ma con l’interessamento e la

partecipazione diretta del Comune

e di altri operatori privati è nata nel

2004 la “Strada del vino e dei sapori

scanzesi” (tel. 035.654712, fax 035.656228,

www.stradadelvinoscanzo.it). Ha lo scopo di

promuovere e sviluppare le potenzialità turistiche

di Scanzorosciate, in particolar modo legate

al turismo enogastronomico. L’associazione si

propone come punto di riferimento per turisti

individuali, gruppi e operatori, garantendo un

supporto tecnico-organizzativo per ricevere

informazioni e servizi, costruire itinerari e scoprire

più da vicino le svariate opportunità che può offrire

quest’area - situata all’inizio della Val Cavallina -

da sempre vocata sì alla viticoltura ma non solo.

Merito dell’opera dell’uomo, che su queste famose

colline di Scanzo ha prodotto magnifici

muretti a secco, una fitta trama di strade

minori, chiesette e tribuline che si trovano

un po’ in tutto il territorio. Un paesaggio

agreste, bucolico, che i proprietari terrieri

hanno reso ancor più affascinante,

costruendovi fabbricati agricoli e

residenziali, ville e palazzi di campagna,

di elevato gusto architettonico, di

raffinata eleganza, ammirati dai cultori

dell’arte. Negli ultimi anni, proprio sulla

collina, sono sorte numerose aziende

agrituristiche, che puntano a richiamare

gli enoturisti all’assaggio dei prodotti

tipici bergamaschi.

Non manca, però, una preoccupazione:

che la Docg faccia lievitare il prezzo del

Il Presidente del Consorzio Giacomo De Toma

Page 25: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5 23

nettare di Scanzo. In effetti, una bottiglia (da

mezzo litro) costa mediamente 30 euro.

Angelica Cuni, imprenditrice agguerrita e

innamorata di questa terra, componente del

direttivo del Consorzio, afferma: «Escluderei

aumenti di prezzo, soprattutto in questo momento

di congiuntura generale. Vale comunque sempre

il fatto che un prodotto al massimo delle sue

caratteristiche deve avere un certo costo. Di fronte

alla qualità il consumatore attento e buongustaio

non si ferma al prezzo».

«Il costo del nostro vino – aggiunge Stefano

Locatelli, azienda Fejoia – è determinato anche

dalle difficoltà che incontriamo nel coltivare e

raccogliere su queste balze collinari spesso

in forte pendenza, tipo Valtellina. Crediamo

comunque nel nostro prodotto di qualità e

vogliamo tutti insieme fare squadra per farlo

conoscere all’estero, dove possiamo avere nuovi

sbocchi, come ho avuto personalmente modo di

verificare negli Stati Uniti. Da sfatare è inoltre la

convinzione purtroppo diffusa che questo sia un

vino da regalare solo per Natale. Un vino così può

dare gioia ogni giorno e in ogni circostanza».

Info:Consorzio di tutela Moscato di Scanzo

DOCG - www.consorziomoscatodiscanzo.it

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Page 26: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Il Principato delle Asturie è situato al nord

della Spagna ed è una regione molto verde,

ricca di fiumi e ruscelli e con alcune sorgenti

minerali. Gli Asturiani bevono quindi volentieri

la loro buona acqua e l’eccellente latte delle

mucche allevate al pascolo, ma preferiscono

il sidro, preparato in casa probabilmente già

in epoca pre-romana, di sicuro durante l’Alto

Medioevo. Inizialmente la produzione era

casalinga, piccoli quantitativi per il consumo

della famiglia che sono via

via aumentati, passando

dalle tradizionali botti

fino alle bottiglie durante

la metà del XIX secolo,

quando il sidro veniva

sì imbottigliato ma

non etichettato e con

il nome del produttore

inciso sul tappo, fino alla

Denominazione di Origine

“Sidra de Asturias” del

2003.

Il sidro si ricava dalla

polpa di mele lasciata

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5

Una bevanda che ama la compagnia

Antico, probabilmente antichissimo, il sidro è la bevanda tipicadelle Asturie e viene prodotto in varie tipologie che consentono

abbinamenti a tutto menu, ma per rispettare la tradizionebisogna berlo fuori casa e mai da soli

“ Antico, probabilmente antichissimo, il sidro è la bevanda tipica“ Antico, probabilmente antichissimo, il sidro è la bevanda tipica

di Enza Bettelli

24

Sidreria ad Oviedo

Page 27: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

fermentare per 48-60 ore, quindi pressata per

estrarne il succo che si lascia riposare pià o meno

per 24 mesi a circa 12°C. Si utilizzano fino a 20

tipi diversi di mele, mescolando le varietà più

dolci coltivate lungo la costa con quelle più acide

o amare dell’interno. Dopo la fermentazione, il

sidro raggiunge una gradazione di circa 5-6 gradi

e mantiene l’aroma delicato della mela, fresco e

fruttato. Può essere Naturale, cioè la tipologia

tradizionale, secco e leggermente acidulo,

versato nel tipico e ampio bicchiere cilindrico

di vetro sottilissimo e molto leggero tenendo il

braccio il più in alto possibile. È un modo antico

e spettacolare di servire il sidro sul quale però

i moderni produttori non sono tutti d’accordo.

Il sidro da Tavola ha colore giallo dorato ed è

www.faravetrerie.it

UNA PERSONALITÀCHE TRASPARE

IN OGNI OCCASIONE

vino e olio birra e liquori

acqua e bibite caffè e gelato

Page 28: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 526

fermo, filtrato, meno acidulo e viene servito nei

normali bicchieri a calice. Quello Spumeggiante è

trasparente, con delicate bollicine e gusto meno

acidulo, da servire nella flûte, mentre quello Brut

si ottiene facendo fermentare il sidro Spumante

con metodo champenois. Distillando il succo

fermentato si ottiene l’Aguardiente de Manzana,

un profumatissimo distillato di circa 40 gradi che

viene lasciato invecchiare da un minimo di un

anno fino a circa 9 anni, prima in botti di legno e

poi in bottiglia.

Nelle Asturie sono presenti circa un centinaio

di produttori, alcuni dei quali dislocati lungo le

diverse Strade del Sidro. Tuttavia, questa bevanda

asturiana è più diffusa al centro della regione e non

si beve a casa ma fuori e in compagnia e viene

considerata l’unico prodotto “sociale” al mondo.

Le sidrerie sono numerose nelle città, addirittura

a Oviedo nella Calle Gascona vi si trovano solo

questi locali. I più tradizionali sono quelle dove

il sidro viene attinto dai clienti direttamente dal

beccuccio (espicha) delle enormi botti collocate

bene in vista. Nelle sidrerie più moderne viene

invece spillato dai commensali dal cannello di cui

ciascun tavolo è dotato.

Le mele tipiche per ottenere il Sidro nel Principato delle Asturie

Page 29: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5

Matrimonio di gustoNelle Asturie è presente una piccola

produzione vinicola nella zona di Cangas, un

vino che risale al Medioevo e introdotto dai

monaci, bianco e rosso, oggi IGP. Tuttavia il

consumo di vino in Asturie è inferiore rispetto

quello di sidro che nel 2008 è stato in totale

9,5 milioni di litri e pro capite 8,7 litri. I frutti

di mare e i primitivi percebes pescati lungo

le coste asturiane sono l’accompagnamento

più tipico del sidro Naturale che accompagna

perfettamente anche i molti formaggi locali,

come il Cabrales DOP e i salumi più tradizionali

come El Chosco IGP ottenuto con carne di

maiale aromatizzata con paprica e aglio e poi

affumicata. Ancora sidro Naturale con le ricche

zuppe e i succulenti stufati a base di carne,

fagioli e insaccati mentre con la cacciagione

da penna, ugualmente tipica e molto diffusa, si

serve preferibilmente il sidro da Tavola. Il sidro

va bevuto alla temperatura di 10-11 gradi ed è

tenuto in fresco non in frigorifero ma nell’acqua

che, nelle sidrerie più attrezzate, scorre in

continuazione lungo la parete a vespaio che

accoglie le bottiglie.

Page 30: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Dopo essere sbarcati all’aeroporto

Charles De Gaulle a Parigi con uno dei

tanti voli di Air France collegati con le

maggiori città italiane, un comodo e rapido TGV

in partenza dall’aerostazione porta, in neppure

un’ora, nella regione dello Champagne, una terra

particolarmente amata dai sovrani di Francia.

Una terra che offre al visitatore tante attrattive

naturali, artistiche, storiche, gastronomiche.

Ma soprattutto lo Champagne, il “vino dei re”,

che deve la sua fortuna e la sua fragranza alla

particolare composizione gessosa del suolo,

capace di trattenere acqua garantendo così

alla vite una buona vegetabilità nonostante la

latitudine proibitiva.

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5

La terra del vino dei re

Aube en Champagne:la culla del Rosé des Riceys “ ”

di Giancarlo Roversi

28

Page 31: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010
Page 32: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5

I primi vigneti furono impiantati in Champagne in

epoca romana, fra il I e il IV secolo d. C., ma è nel

Medio-Evo sotto l’impulso dei monaci viticoltori

della regione, che lo champagne diventa famoso.

L’invenzione della tecnica di spumantizzazione

viene attribuita al leggendario Dom Pérignon,

monaco benedettino dell’abbazia d’Hautvillers.

Le uve utilizzate nella sua produzione sono lo

Chardonnay, che dona finezza ed eleganza, il

Pinot Nero, che apporta la struttura e gli aromi,

e il Pinot Meunier, cui va il merito di accrescere

la ricchezza e la complessità aromatica con

particolare riguardo al retrogusto fruttato. Le

aree di coltivazione sono cinque: la Montagne

dei Reims, la Côte des Blancs, la Vallée de la

Marne, la Côte de Sézanne e Aube. Con una

attenta zoomata focalizziamo il nostro sguardo

proprio sull’Aube, il dipartimento più a sud della

Champagne dove si coltiva quasi esclusivamente

Pinot Nero da cui si ottiene un vino di carattere,

rotondo e dagli aromi complessi.

Troyes e le case a graticcio L’Aube non significa solo Champagne ma anche

arte e storia a ogni passo. Nel suo territorio

si annoverano infatti 142 monumenti storici

ufficialmente riconosciuti e altri 226 censiti, 5 siti

riconosciuti e 18 censiti e un centro storico di

grande suggestione, quello di Troyes la capitale

del dipartimento. Importante anche il patrimonio

di archeologia industriale, legato allo sviluppo

dell’industria della maglieria nel XIX secolo.

Troyes conquista il visitatore fin dal primo

approccio con la sua sorprendente e rilassante

bellezza, fatta di edifici antichi incredibilmente

sbilenchi, dalle facciate color pastello

segmentate da un sapiente reticolo di travature

di quercia. Sono le case à colombage, ossia a

graticcio ligneo, che rappresentano l’orgoglio

della città, interessate da oltre un trentennio

di un’attenta e imponente opera di restauro,

che sta restituendo al centro storico l’impianto

e il volto architettonico dei secoli XV e XVI. Di

grande interesse anche le grandi chiese gotiche

impreziosite da splendide vetrate istoriate come

la cattedrale dei Ss. Pietro e Paolo, quelle di St.

Nizier, St. Urbain, St. Remy e St. Nicolas.

Senza dimenticare il Museo d’arte Moderna,

situato nell’antico palazzo dei vescovi, dove

sono esposte 2000 opere che rappresentano

le grandi correnti pittoriche dell’inizio del

secolo, da Courbet (1850) a de Stael (1950)

con una predilezione per i movimenti fauve e

espressionista.

Alcuni nomi evocatori: Vlaminck, Derain,

Matisse, Dufy, Modigliani, Rouault, Van Dongen,

Delacroix, Daumier, Maillol, Picasso, Cézanne,

Seurat. Da non perdere la rara collezione di vetri

flaconi, coppe, vasi trasparenti con decorazioni

smaltate, incisioni o in vetro soffiato, screpolato

con decorazioni intercalari) messa assieme da

Maurice Marinot, un vetraio di Troyes.

La culla dei cistercensiL’escursione nel territorio dell’Aube non può

non prevedere una tappa alla celebre Abbazia

di Clairvaux (Chiaravalle), culla dell’ordine

monastico dei Cistercensi, fondata nel 1115 da

Bernardo di Borgogna assieme a 11 compagni

per vivere in totale isolamento e autarchia

nel cuore di un’antica foresta sacra gallica. I

monaci fecero venire dall’Ungheria i ceppi dei

vitigni che fornirono le uve utilizzate in seguito

per produrre lo Champagne. Dell’abbazia

fondata da San Bernardo, trasformata in

prigione nel XIX secolo da Napoleone, rimane

il maestoso edificio dei fratelli conversi con la

sua dispensa e il suo dormitorio. È una delle più

30

Page 33: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5 31

Storiche cantine di Champagne

belle testimonianze dell’architettura cistercense

francese di epoca medievale e rinascimentale

(www.abbayedeclairvaux.com).

La Maison de Champagne DrappierA Urville, nel cuore di un ameno territorio

ondulato e soleggiato, coltivato a vigneti e

punteggiato di belle boscaglie, si trova una delle

più note case vinicole della regione, la Maison de

Champagne Drappier. Ha sede in un bell’edificio

ottocentesco in mattoni con rivestimenti di

legno e grandi vetrate che creano una piacevole

trasparenza. Nel salone di accoglienza degli

ospiti, impreziosito da un grande camino e da

splendide boiserie, troneggia una Melchisedec,

la più grande bottiglia di Champagne del

mondo, con una capacità di ben 30 litri. Nei

sotterranei di quello che era l’antico presbiterio

di Urville, si sviluppano le cantine costruite nel

secolo XII dai monaci cistercensi di Clairvaux.

Page 34: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 532

Fra le sue pareti invecchiano dolcemente

le cuvée speciali e le grandi bottiglie, vanto

della casa, i cui nomi evocano grandi re

biblici Balthazar, Nabuchodonosor, Salomon,

Melchisedec…). La famiglia Drappier coltiva i

suoi vigneti nel territorio di Urville da due secoli.

Michel, l’attuale appassionato responsabile

della maison, sovrintende con sapienza fin dal

1979 alle delicate fasi di vinificazione. Mentre

André, il venerabile patriarca, forte delle sue

60 vendemmie, tiene d’occhio l’azienda col

suo carisma e un grande senso dell’humor.

Conosciuti in tutto il mondo, i magnifici

Champagne Drappier hanno conquistato

personalità prestigiose come il Gen. De Gaulle,

Luciano Pavarotti, Jean-Paul Belmondo e tanti

altri vip (www.champagne-drappier.com).

La Maison de Champagne VézienA Celles sur Ource una tappa d’obbligo è quella

alla Maison de Champagne Vézien, una famiglia

di produttori attivi da oltre 100 anni e arrivati

alla quarta generazione con Jean-Pierre, che è

anche il Gran Maestro della “Commanderie du

Saulte Bouchon Champenois”.

Con passione intatta e grande rispetto per il

suo lavoro, Jean-Pierre continua a proporre

lo «stile della casa», fiero in particolare della

cuvée dedicata al bisnonno, che conquista

gli amanti dei vecchi Champagne con i suoi

aromi di mandorle tostate e di miele. Molto

attivo nell’organizzazione di feste e di attività

promozionali, Jean-Pierre ricorda agli ospiti

delle sue cantine che produrre Champagne

è un’arte molto impegnativa e raffinata. Paul

Verlaine gli ha suggerito una bella citazione sullo

Champagne: «Il vino d’oro che vive nel prezioso

cristallo».

Adora condividere i segreti del suo mestiere,

far sognare i clienti attorno a una coppa di

Champagne e confessa una passione per fiori

e giardini. La moglie Marie-José aggiunge un

tocco di gentilezza e di charme nella visita degli

ospiti alle cantine

(www.champagne-vezien.com).

Il Rosé des Riceys preferito dal Re Sole Nell’ambito dell’Aube il territorio dei Riceys con i

suoi 866 ettari forma il maggior distretto di tutta

la Champagne viticola e si fregia anche del vanto,

quasi unico in Francia, di possedere tre grandi

Champagne D.O.C.: Champagne, Coteaux

Champenois e soprattutto il Rosé des Riceys.

Secondo la tradizione durante la costruzione

della reggia di Versailles, Luigi XIV il Re Sole,

notò un folto gruppo di muratori originari dei

Riceys che stavano bevendo il vino del loro

paese, il Rosé des Riceys, divenuto bel presto

il preferito del re. Oggi è il vino più controllato di

Francia, tanto che non viene vinificato tutti gli

anni, ma solo nella annate di massima qualità.

Frutto di un unico vitigno di Pinot nero raccolto

sulle colline più erte e soleggiate, viene prodotto

in poche decine di migliaia di bottiglie.

InfoComite Departemental du turisme Aube ec

Champagne: www.aube-champagne.com

Ente nazionale francese del turismo

www.franceguide.com

Page 35: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

33

Borgogna uguale mito.

È una equazione di una semplicità quasi

banale ma senz’altro efficace.

Non sono necessarie troppe parole o spiegazioni

condite per parlare di una area vitivinicola tra le

più prestigiose in tutto il mondo.

Borgogna che si canta con poche note anzi

solo con due; due i territori che compongono

la mitica Cote d’Or, ovvero la Cote de Beaune

per i vini bianchi e la Cote de Nuits per i vini

rossi, due i vitigni utilizzati, loChardonnay ed il

Pinot Nero; due i colori che dipingono infiniti

panorami del gusto e della eccellenza: il bianco

ed il rosso.

Borgogna che è il riferimento obbligato per tutti

coloro che in ogni angolo del mondo desiderano

vinificare i due nobili vitigni, l’istrionico

Chardonnay ed il burbero Pinot Nero.

La culla del vino è qui, tra i clos, i vigneti

disegnati,nell’aria stessa che si respira in quanto

trasuda storia ed emozioni ed ormai da qualche

secolo ci racconta favole deliziose.

Borgogna di cui se ne parla, Borgogna che

qualche volta si degusta ma Borgogna che

spesso si conosce poco ed è da qui che è

nata l’iniziativa della delegazione di Treviso per

proporre una gita di 4 giorni nel mese di Giugno

nel meraviglioso territorio d’oltralpe.

Una visita che andasse nel cuore pulsante ed

in quei luoghi che si vedono solamente negli

atlanti del vino, spesso osservandoli come mete

irraggiungibili.

Il gruppo composto da circa 20 persone, non

solo della delegazione di Treviso ma anche

dalle vicine ed amiche delegazioni di Venezia e

Pordenone, è partito il 25 Giugno da Conegliano,

ha sostato per il pranzo nei pressi di Mulhouse

in Alsazia, per poi arrivare a destinazione in un

grazioso albergo a pochi passi dal centro di

Digione.

Diario di un viaggio: il mito della Borgogna

Borgogna che è il riferimento obbligato per tutti coloro che in ogni angolo del mondo desiderano vinificare i due nobili vitigni,

l’istrionico Chardonnay ed il burbero Pinot Nero“

di Davide Zanette

fotografie di Cecilia Sitran

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5 33

Vigneti in Borgogna

Page 36: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 534

Chateau Clos de Vougeot

Sabato 26 Giugno,dopo la prima colazione, il

gruppo e’ partito per la visita del mitico Clos

de Vogeout, castello sede della Confrérie de

Chevaliers de Tastevin ove ogni anno si tiene

l’asta per aggiudicarsi i grandi Pinot Nero della

Cote de Nuits.

Clos de Vogeout da il nome ad uno dei più

affascinanti Grand Cru e forse il migliore di

tutta la Borgogna. All’inizio nel XII secolo, qui

i cistercensi piantarono qualche vite sui pendii

vicini al loro monastero. All’inizio del XIV secolo le

donazioni di terra avevano portato la tenuta alla

sua dimensione odierna, 50 ettari, delimitandola

con un muro, il clos. Più di due secoli dopo,

all’epoca della Rivoluzione del 1789, il vigneto

fu frazionato e venduto a sei commercianti.

Negli anni ogni appezzamento è stato a sua

volta suddiviso e oggi il vigneto appartiene a

oltre ottanta proprietari.

Dopo aver degnamente pranzato in loco, la

giornata è proseguita con la visita alla deliziosa

azienda Drouhin-Laroze a Gevrey Chambertin

nella quale si è approfondito la conoscenza del

sontuoso Pinot Nero. Nel VII secoli i monaci

dell’abbazia di Beze piantarono viti in questa

zona e vennero presto imitati da un lungimirante

contadino di nome Bertin.

Oggi il Clos de Beze, cinto da un muro, e il

campo di Bertin (Champ Bertin) producono

alcuni dei piu’ raffinati rossi di Borgogna.

Nell’azienda Drouhin-Laroze quindi si è

degustato un gustoso Gevrey village 2007 per

poi passare ai Premier Cru Craipillot e Lavaut

St.Jacques (entrambi millesimi 2007) e si è

concluso con il colossale Grand Cru Latricieres-

Chambertin figlio dell’annata 2004.

Giornata ricca di emozioni che si è conclusa

con una rilassante cena in albergo.

Domenica 27 Giugno ancora grandi momenti,

segnati dalla visita della città di Beaune e delle

sue cantine limitrofe.

Ma prima di tutto si è ammirato una delle più

celebri meraviglie di Francia: l’Hospice de

Beaune. Nel 1443, ansioso di assicurarsi un

posto in paradiso, l’esattore Nicolas Rolin

costruì un hotel-Dieu,un ospedale destinato

ai poveri di Beaune. Per il sostentamento

dell’ospedale regalò anche dei vigneti che oggi,

insieme a quelli donati in seguito da benefattori

di tutta la Cote d’Or, producono ogni anno

oltre 250.000 bottiglie, il cui ricavato viene

tuttora utilizzato per finanziare un ospedale e

una casa di riposo di Beaune. Dopo il pranzo

si è dedicato il pomeriggio alla visita di ben tre

Page 37: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5 35

aziende,dedicate alla produzione del maestoso

Chardonnay.

La prima è stata la nota azienda Patriarche

nella quale sono stati degustati ben 10 vini

comprensivi di tutte le tipologie presenti in

Borgogna. Ed allora Aligote’, Pouilly Fuisse’

2006 e Mersault 2006 per i bianchi, per poi

assaggiare gustosamente i vari Pinot Nero

proposti tra i quali: Marsannay 2004, Chorey-

Les-Beaune 2007,Gevrey-Chambertin 2004 ed

un Vosne Romane’ del 2007.

Quindi la giornata ha visto la tappa presso

Chateau Mersault sita ovviamente a Mersault.

Questa è la patria indiscussa dello Chardonnay

e qui si produce circa un terzo di tutti i vini

bianchi della Cote d’Or.

La successione della degustazione ha visto

passare gli Chardonnay, capeggiati dai Chateau

du Mersault Premier Cru nelle versioni 2004 e

2005 per poi degustare i Pinot Nero tra i quali ha

spiccato per importanza ed eleganza il Beaune

Greves Premier Cru millesimo 2004.

L’ultima azienda ma non per importanza è

stata Doudet – Naudin, squisita e piccola realtà

paragonata ai due colossi precedentemente

incontrati. Anche in questo caso, parecchie

sono state le etichette assaggiate riscontrando

picchi qualitativi molto elevati sia nel caso dei

Chardonnay che dei Pinot Nero.

Tra i nettari bianchi non si può non nominare

i due splendidi ed ancor giovani Premier Cru

dell’annata 2007 quali Pernand Vergelesses-

Sous Fretille ed il Savigny-Les-Beaune-En

Redrescul. Tra i Pinot spicca senza dubbi alcuni

il Pernand-Vergelesses Premier Cru-Les Fichots

dell’anno 2007 e poi per concludere il grandioso

Corton Marechaudes Grand Cru 2007 che a

detta di tutti e’ stato il calice che ha raggiunto la

vetta massima della piacevolezza.

La giornata di Domenica è stata senz’altro

emozionante ma anche un po’ stancante per

cui dopo tanto errare tra quelle terre intrise di

magia, è stato ben apprezzato il ritiro in albergo

nel proprio giaciglio.

Il giorno a seguire il gruppo è partito da

Digione facendo tappa ad Aosta per il pranzo,

passeggiando nel centro storico della provincia

valdostana ancora così ricca di reperti romani in

ottimo stato di conservazione.

Poi verso sera l’arrivo a Conegliano, forse un

po’ stanchi perché no, quattro giorni così intensi

piegano atleti ben allenati, ma la consapevolezza

di aver toccato con mano una terra magica

come la Borgogna era grande.

Come era grande l’affiatamento tra tutti i

partecipanti della gita, rinnovando ancora una

volta lo spirito di coesione e di amicizia che lega

le delegazioni Fisar del Nord-Est.

Una esperienza positiva, ben organizzata e

seguita che da forza e stimolo per pianificare

ulteriori viaggi all’insegna del vino e delle sue

terre nella speranza che diventino sempre più

occasioni per condividere profonde emozioni

tra tutti gli elementi della famiglia Fisar.

Stoccaggio di deposito

Barricaia in Borgogna

Page 38: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Era la fine dell’Ottocento quando il bisnonno dell’attuale proprietario

apriva la prima bottega di vino a Trecastagni, sull’Etna, e già a quei tempi il vino etneo era molto apprezzato sui mercati europei, tanto da essere

utilizzato come prodotto da taglio per i rinomati vini francesi ai quali conferiva la sua forza minerale e la sua “vulcanica” personalità. Per molto tempo l’attività principale dei Nicosia è stata quella di “talent scout”, scopritori di vini siciliani

meritevoli di essere promossi e commercializzati, con una particolare predilezione – già allora – per i vitigni autoctoni siciliani come il Nerello Mascalese. Oggi, a più di un secolo di distanza, Carmelo Nicosia e i suoi figli guidano con

Più di un secolo è trascorso da quando Don Ciccino Nicosia aprì la sua bottega di vino a Trecastagni, sul versante orientale dell’Etna.

Oggi la famiglia Nicosia guida una delle realtàpiù vivaci del panorama vitivinicolo siciliano

“ Più di un secolo è trascorso da quando Don Ciccino Nicosia “ Più di un secolo è trascorso da quando Don Ciccino Nicosia

36

a cura della redazione di Quality ADV

Cantine Nicosia:dall’Etna a Vittoria

la Sicilia del vino che guarda al futuro

2010, un anno ricco di premiBerliner Wein TroPhy:

Medaglia d’Oro - Zibibbo Liquoroso Fondo FilaraDecAnTer WorlD Wine AWArDS:

Medaglia d’Argento - Cerasuolo di Vittoria Classico Fondo Filara 2007Medaglia di Bronzo - Etna Rosso Fondo Filara 2008Medaglia di Bronzo - Catarratto Manna Sicana 2009

SeleZione Del SinDAco:Medaglia d’Argento - Etna Bianco Fondo Filara 2009

DoujA D’or:Premio Douja D’Or - Etna Bianco Fondo Filara 2009

Premio Douja D’Or - Etna Bianco Nicosia 2009Premio Douja D’Or - Etna Rosso Nicosia 2006

Premio Douja D’Or - Cerasuolo di Vittoria Nicosia 2008concorSo inTernAZionAle Vini Di MonTAgnA:

Medaglia d’Oro - Etna Bianco Nicosia 2009Medaglia d’Argento - Etna Rosso Fondo Filara 2008

Page 39: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5 37

l’aiuto di un gruppo di giovani collaboratori una moderna realtà vitivinicola, sempre nel rispetto per il territorio e le sue tradizioni, ma con una propensione all’innovazione che già proietta l’azienda nel futuro. Ne è emblema la cantina di Trecastagni che con i suoi 3.000 m2

di moderni impianti di vinificazione, gli spazi riservati all’affinamento in legno e in bottiglia e l’accogliente enoteca è un luogo vivo, pulsante, aperto alle visite degli enoturisti e spesso sede di degustazioni ed eventi che vedono il vino protagonista.A poca distanza dalla cantina, ai piedi del Monte gorna – uno dei tanti coni vulcanici spenti che circondano l’Etna – sorge il più suggestivo tra i terreni dell’azienda; con i suoi curatissimi terrazzamenti e i tipici muretti a secco in pietra lavica, che si inerpicano fin oltre quota 700 m, si è aggiudicato alla 29a edizione di ViniMilo il premio La vigna e il vulcano come miglior vigneto dell’Etna. In esso si coltivano il Nerello Mascalese, base di un elegante etna

rosso, e il Carricante, dalle cui uve nasce un Etna Bianco che con le sue caratteristiche degne dei migliori vini bianchi d’alta quota ha recentemente conquistato un’importante Medaglia d’Oro al Concorso Internazionale dei Vini di Montagna. Ma Cantine Nicosia non è solo Etna: uno dei suoi fiori all’occhiello è infatti rappresentato dal Cerasuolo di Vittoria Classico Docg Fondo Filara, vincitore negli ultimi anni di importanti riconoscimenti a livello nazionale ed europeo. Prodotto con uve coltivate nell’ampio vigneto situato tra Vittoria e Acate nella Sicilia sudorientale, è recentemente entrato a far parte della prestigiosa Cantina Didattica di ALMA, la Scuola Internazionale di Cucina Italiana diretta dal maestro Gualtiero Marchesi.La valorizzazione dei vitigni autoctoni e delle area più vocate nella loro produzione e la ricerca di un giusto rapporto qualità/prezzo sono le principali caratteristiche dei vini di Cantine Nicosia. Tra questi spiccano il Sosta Tre Santi, blend di Nero d’Avola e Syrah dal lungo affinamento, e i vini di territorio della selezione Fondo Filara, una collezione di vini siciliani a Denominazione d’Origine e monovarietali destinati esclusivamente a ristoranti, enoteche e wine-bar.

Alla passione per il vino delle origini Carmelo Nicosia

e i figli hanno saputo aggiungere un nuovo spirito

d’iniziativa, arrivando a produrre ottimi vini siciliani

dall’equilibrato rapporto qualità/prezzo.

Cantine NicosiaCantine ed uffici:Via Luigi Capuana, 49 - 95039 Trecastagni (CT) tel. +39 095 7806767 fax +39 095 7808837 skype: cantine.nicosiae-mail: [email protected]

Page 40: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

programma prevede, fra i vari dettagli, la degustazione di grappe

e prodotti aziendali, le visite agli impianti di distillazione (che

nel periodo della manifestazione saranno in piena operatività

con un ricco bouquet di profumi derivanti dalle vinacce locali),

abbinamenti sfiziosi ed originali tra cibo e distillati e i cocktail

di tendenza firmati Mazzetti d’Altavilla. Non mancheranno

esposizioni e curiosità presso il locale sotterraneo adibito ad

Enoteca dei prodotti aziendali.

MAZZETTI D’ALTAVILLA S.r.l. - www.mazzetti.it

MEDAGLIA D’ORO AL MÜLLER THURGAU ATHESIS 2009 KETTMEIRIn occasione del VII Concorso

Internazionale all’interno della

XXIII Rassegna Vini Müller

Thurgau, il Müller Thurgau

Athesis 2009 - Alto Adige DOC

- di Kettmeir ha conseguito il massimo riconoscimento con

la Medaglia d’Oro. È una kermesse enologica di spicco che

mira all’incremento della conoscenza e della valorizzazione di

uno dei più interessanti vitigni della Mitteleuropa, espressione

dei vini di montagna, selezionando le produzioni di pregio

da indicare al mercato dei consumatori. Il premio conferma

l’elevato livello qualitativo che caratterizza lo stile di Kettmeir

nella sua superiorità ed eleganza. Il Müller Thurgau Athesis -

Alto Adige DOC - è il frutto della sapienza enologica

della cantina altoatesina: un vino che colpisce per

un profilo sensoriale di ampia e profonda ricchezza

aromatica. Viene prodotto con le uve di un solo

vigneto situato nel comune di Soprabolzano

e sono le sue caratteristiche pedoclimatiche

uniche, con una altitudine compresa fra i 650 e

i 700 m. s.l.m., l’esposizione a sud e il terreno

porfidico, a conferirgli un carattere particolare.

Un ulteriore riconoscimento per Kettmeir,

realtà d’eccellenza del panorama vitivinicolo

altoatesino, che conferma la validità della sua

filosofia aziendale, fondata sul contatto diretto

col territorio e sul rispetto di una tradizione

produttiva aperta all’innovazione.

SANTA MARGHERITA S.P.A. - www.santamargherita.com

le notizie di enogastronomia e turismo

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Campi Flegrei in cui la famiglia Carputo ha realizzato il suo Campi Flegrei in cui la famiglia Carputo ha realizzato il suo

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sono il rispetto del territorio, la cura assoluta delle sono il rispetto del territorio, la cura assoluta delle

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processi di vinificazione. Il risultato è un’armonica processi di vinificazione. Il risultato è un’armonica

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d’eccellenza: Collina Viticella, dal lucente e viva-d’eccellenza: Collina Viticella, dal lucente e viva-

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bianche, oltre ad essere un eccellente aperitivo.bianche, oltre ad essere un eccellente aperitivo.

CANTINE CARPUTO - www.carputovini.it

10/10/10UNA DATA DA RICORDAREAnche quest’anno Mazzetti d’Altavilla - Distillatori dal 1846

aderirà a “Grapperie Aperte”, la manifestazione che consente

di accendere nel mese di ottobre i riflettori sul mondo della

distillazione. Una data facile da ricordare, quella dell’evento

(il 10/10/10), che vedrà aprire le porte di Casa Mazzetti

con un programma ricco di momenti di svago, gusto ed

approfondimento sul distillato italiano di qualità e sulle novità

che Mazzetti

d ’ A l t a v i l l a -

Distillatori dal

1846 ha in serbo

per chi deciderà

di trascorrere

la giornata “In

Cima alla Collina

di Altavilla”. Il

a cura della redazione di

Page 41: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

MONTALBERA, NASCE IL “PASSITO DI RUCHE’”

Presentato ufficialmente LACCENTO

PASSITO nuovo vino da uve stramature

della Montalbera, portabandiera a livello

internazionale dell’autoctono Ruchè.

Proveniente dal Bricco Montalbera (collina

del Ruchè LACCENTO eletto miglior

autoctono italiano anno 2010), già raccolto in

sovramaturazione, maniacale è la cura di

appassimento e di vinificazione. Affinamento

prolungato in barrique di media tostatura

che portano questo passito ad evoluzioni

sensoriali uniche ed inimitabili. La dolcezza

palatale è senza precedenti, con un eleganza

tipica (vino-frutto) dei Montalbera. Complimenti a codesto

archetipo di passito.

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LO CHAMPAGNE JACQUART RINNOVA LA SUA IMMAGINEA partire da quest’anno la prestigiosa Maison di Reims

utilizzerà infatti una nuova pagina pubblicitaria molto più

elegante e d’impatto rispetto alla precedente. Su sfondo

blu scuro campeggerà una macro dell’etichetta del Brut

Mosaïque il prodotto–emblema della Casa in tutto il mondo

e una semplice scritta in francese farà da icastica chiusura:

l’essentiel (l’essenziale). I colori dell’immagine saranno soltanto

il blu e l’oro, gli stessi del logo Jacquart. Stabilitasi quest’anno

nello sfarzoso Palazzo di Brimont, in centro a Reims, Jacquart

è entrata nella cerchia delle più

grandi e prestigiose Case di

Champagne. Le tre unioni di

viticoltori che compongono la

Maison Jacquart rappresentano

2400 ettari di vigne ripartite come

un mosaico – da qui il nome

delle cuvée – sulla Montagne de

Reims, nella Vallée de la Marne

e lungo la Côte des Blancs, vale

le notizie di enogastronomia e turismo

a dire uno dei più vasti territori di approvvigionamento della a dire uno dei più vasti territori di approvvigionamento della a dire uno dei più vasti territori di approvvigionamento della

regione champenois. In questo panorama variegato i maestri regione champenois. In questo panorama variegato i maestri

di cantina Jacquart selezionano gli Chardonnay, i Pinot Noir e di cantina Jacquart selezionano gli Chardonnay, i Pinot Noir e

i Pinot Meunier che compongono le cuvée, per dare a ognuna i Pinot Meunier che compongono le cuvée, per dare a ognuna

di loro un’identità inimitabile: lo stile Jacquart, caratterizzato di loro un’identità inimitabile: lo stile Jacquart, caratterizzato

da vivacità e immediatezza, privilegia una vinificazione brillante da vivacità e immediatezza, privilegia una vinificazione brillante

e gradevolissima, e un invecchiamento che va ben oltre le

esigenze della denominazione.

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CANTINA RUGGERI, 60 ANNI E NON SENTIRLIDal 1 aprile il Conegliano Valdobbiadene è diventato D.O.C.G. Dal 1 aprile il Conegliano Valdobbiadene è diventato D.O.C.G. Prosecco Superiore e la cantina Ruggeri, una delle cantine e la cantina Ruggeri, una delle cantine storiche del territorio, festeggerà questo importante avvenimento storiche del territorio, festeggerà questo importante avvenimento assieme ai suoi “primi” 60 anni. La cantina Ruggeri ha infatti, da assieme ai suoi “primi” 60 anni. La cantina Ruggeri ha infatti, da sempre, contribuito a “fare” la storia del Prosecco sempre, contribuito a “fare” la storia del Prosecco d i Valdobbiadene e a farlo conoscere in tutto il Valdobbiadene e a farlo conoscere in tutto il mondo. Numerosi i premi ricevuti nel corso di mondo. Numerosi i premi ricevuti nel corso di questi primi 60 anni; competizioni nazionali ed questi primi 60 anni; competizioni nazionali ed internazionali ma un vanto quello ricevuto dalla internazionali ma un vanto quello ricevuto dalla internazionali ma un vanto quello ricevuto dalla Guida Vini D’Italia “Gambero Rosso” 1997 per Guida Vini D’Italia “Gambero Rosso” 1997 per Santo Stefano Dry premiato con 3 bicchieri: Santo Stefano Dry premiato con 3 bicchieri: era la prima volta, in assoluto, che i 3 bicchieri venivano assegnati a un prosecco mentre il Giustino B. è stato selezionato per essere presente al G8, tenutosi lo scorso anno, 2009, all’Aquila. La cantina Ruggeri detiene un primato, quello di avvalersi di 25 conferitori, viticoltori di uve Cartizze, ed è la cantina che opera la maggior pigiatura di quest’uva particolarmente pregiata, ricercata ed unica. Un vanto che ha fatto conoscere in tutto il mondo questa piccola collinetta, basti pensare che il territorio dove si produce il Prosecco Superiore di Cartizze è di soli 106 ettari. Giustino Bisol, fondatore della cantina, è partito negli anni ’50 con la produzione di poche migliaia di bottiglie per arrivare alla produzione di oggi, al milione di bottiglie l’anno, distribuite per il 60% in Italia e il rimanente 40% su 25 stati esteri. I maggiori acquirenti sono Russia, Stati Uniti e Gran Bretagna che nel 2007 ha totalizzato

l’importazione di 200.000 bottiglie, un vero record!

CANTINA RUGGERI & C. - www.ruggeri.it

a cura della redazione di

Page 42: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

dalla base neutra di un’acquavite di cereali, viene distillata

quattro volte; in questa base vengono immersi gli ingredienti

vegetali, per un periodo di due giorni, dopodiché il tutto viene

distillato una quinta volta in un vecchio alambicco “John

Doore” (conosciuto tradizionalmente a Londra come “la

Rolls Royce degli alambicchi”). Dopo la quinta distillazione,

il liquido rimane a riposo per almeno tre settimane prima

dell’imbottigliamento, per dar modo agli ingredienti vegetali

di amalgamarsi perfettamente. La produzione di Fifty Pounds

London Dry Gin avviene secondo il metodo più antico, per

piccoli lotti, e ogni bottiglia riporta il numero di lotto e l’anno di

distillazione. La gradazione è fissata a 43,5% vol., ideale per

bere il distillato liscio o miscelato: non troppo bassa, cioè, per

non perdere di carattere, non troppo alta per non distorcere

i preziosi aromi vegetali. La bottiglia di Fifty Pounds London

Dry Gin, elegantissima, è la versione moderna delle bottiglie

scure e pesanti del Settecento e dell’Ottocento, prodotte con

sezione quadrata per facilitarne il trasporto.

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ALLEANZA I.G.T. IDEALE EQUILIBRIO TRA LO STILE DEL VECCHIO E NUOVO MONDOUn appuntamento atteso per tutto l’anno da due amici: un paio

di giorni passati indisturbati nella cantina ad assaggiare ogni

vino, barrique dopo barrique, valutare, proporre, assaggiare,

correggere, provare e riprovare, fino a trovare il

giusto equilibrio, l’armonia, il punto di incontro

perfetto. Quello sarà il taglio di quell’annata: un

vino in cui trova la propria espressione ogni uva da

cui nasce e la stessa annata. Lo stile e il talento

di due enologi di lunga esperienza e diversa

provenienza, Giancarlo Roman in Toscana e

Ed Sbragia in California, che si fondono in un

perfetto connubio e danno origine a questo vino

ottenuto dalle migliori uve Merlot, Sangiovese

e Cabernet Sauvignon dei vigneti del Castello

di Gabbiano recentemente rinnovati (2000 e

2001). La macerazione sulle bucce è protratta.

La malolattica si svolge in barriques nuove

di rovere francese con interventi manuali di

batonnage. Al termine, il vino viene trasferito

le notizie di enogastronomia e turismo

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Sartori nei confronti della

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iniziato lo scorso anno e iniziato lo scorso anno e

recentemente premiato recentemente premiato

dall’ottenimento dell’importante SA8000. Solo poche dall’ottenimento dell’importante SA8000. Solo poche

aziende nel mondo possono vantare il raggiungimento aziende nel mondo possono vantare il raggiungimento

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ai dipendenti. Tutto ciò fa parte della politica aziendale ai dipendenti. Tutto ciò fa parte della politica aziendale

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ARRIVA IN ITALIA FIFTY POUNDS LONDON DRY GIN

Direttamente da Londra arriva in Italia Fifty

Pounds, un nuovissimo London Dry Gin di alta

gamma. Questo London Dry Gin, di elevato

posizionamento qualitativo e d’immagine,

trae il suo nome dai quei tempi lontani in

cui i distillatori londinesi erano sottoposti

al pagamento di una tassa, appunto, di 50

sterline dell’epoca (Fifty Pounds). L’azienda

produttrice, la “Thames Distillers”, è una

piccola distilleria della zona sud–orientale

di Londra, in attività da oltre due secoli

e appartenente a una famiglia di antiche

tradizioni produttive; il Master Distiller

è fra l’altro il Presidente dell’Associazione

dei Distillatori Inglesi. Ottenuto partendo

a cura della redazione di

Page 43: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

nelle antiche cantine del Castello, in barriques di primo e

secondo passaggio, per un periodo di 16/18 mesi. Viene

presentato solo dopo un’ulteriore affinamento in bottiglia,

di almeno 6 mesi. Colore cremisi intenso, al naso è pieno e

ricco, con prugna scura, ribes nero con note di cioccolato. Il

palato è intenso con frutta matura dolce e bei tannini morbidi,

lungo e persistente.

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animali attentamente selezionate, insetti-vermi compostate e

bioattivate con specifici microrganismi batterici e fungini non

geneticamente modificati: HUMUS ANENZY®. Testato da

oltre 5 anni, consente di migliorare le caratteristiche chimico-

fisiche dei terreni biologicamente depressi o che hanno subito

accumuli di inquinanti organici dovuti all’intensificazione dei

cicli colturali e a monocolture spinte, contrastare lo sviluppo

dei fitoparassiti e incrementare la qualità dei prodotti finali. È

particolarmente indicato in viticoltura, orticoltura, frutticoltura,

colture protette, giardinaggio ed aree verdi, vivaismo.

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CANTINE PELLEGRINO: 130 ANNI DI VIGNA E FAMIGLIAPer celebrare in modo indimenticabile i 130 anni dell’azienda,

le Cantine Pellegrino hanno scelto di rendere omaggio alla

propria terra e alla storia del nostro Paese: in concomitanza

con l’anniversario dei 150 anni dello sbarco a Marsala, le

Cantine hanno ospitato i diretti discendenti di Giuseppe

Garibaldi e di Cesare Abba, patriota garibaldino che partecipò

alla spedizione dei Mille. Fondate a Marsala nel 1880 da Paolo

Pellegrino, le Cantine Pellegrino rappresentano oggi una delle

più importanti realtà enologiche della Sicilia, con oltre 22 milioni

di euro di fatturato e circa 7 milioni di bottiglie prodotte. Leader

assoluta nella produzione del Moscato e Passito di Pantelleria

DOC, attraverso una crescita costante si è affermata come una

delle aziende di riferimento nella produzione dei vini Marsala

e vanta oggi una profondità e ampiezza di gamma anche

le notizie di enogastronomia e turismo

nei vini siciliani nei vini siciliani

da tavola: da tavola: da tavola:

ottimi bianchi ottimi bianchi

e rossi che si e rossi che si

trovano con il trovano con il

marchio Duca marchio Duca

di Castelmonte di Castelmonte

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nella grande distribuzione, ma con differenti linee di prodotto. nella grande distribuzione, ma con differenti linee di prodotto.

Completano l’offerta i prestigiosi vini Hauner, Malvasia delle Completano l’offerta i prestigiosi vini Hauner, Malvasia delle

Lipari DOC, dei quali seguono in esclusiva la distribuzione. Lipari DOC, dei quali seguono in esclusiva la distribuzione.

“Le Cantine Pellegrino rappresentano una storia di successo, “Le Cantine Pellegrino rappresentano una storia di successo,

frutto della passione e dei sacrifici di tutti coloro che vi lavorano frutto della passione e dei sacrifici di tutti coloro che vi lavorano

e che si impegnano con determinazione e costanza per far e che si impegnano con determinazione e costanza per far

conoscere in Italia e nel mondo l’eccellenza dei vini siciliani”conoscere in Italia e nel mondo l’eccellenza dei vini siciliani” -

afferma Pietro Alagna, Presidente di Cantine Pellegrino – “afferma Pietro Alagna, Presidente di Cantine Pellegrino – “Un Un

traguardo importantissimo che ci fa pensare al futuro come traguardo importantissimo che ci fa pensare al futuro come

ad una sfida possibile, da affrontare uniti nella famiglia dove ad una sfida possibile, da affrontare uniti nella famiglia dove

alla solidità e alla tradizione si accompagnano la freschezza e alla solidità e alla tradizione si accompagnano la freschezza e

l’intraprendenza della nuova generazione appena entrata in l’intraprendenza della nuova generazione appena entrata in

azienda”.

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NOBILITO - UN DELICATO PRIMITIVO PASSITOIl Primitivo, vino pregiato del sud Italia, burbero e molto gradato

trova una sua intrigante versione nel Nobilito, un Salento

Primitivo I.G.P. dell’Azienda Agricola Marinelli produttori in

Carossino (Ta) dal 1943. Cresce

su un terreno calcareo di origine

carsica ricco di sesquiossidi di ferro

ed alluminio (terre rosse tipiche del

Salento) che conferiscono al terreno

calore e danno nerbo e sostanza alle

uve che vengono fatte leggermente

appassire sui ceppi e subiscono

una macerazione di 25-30 giorni.

Dal profumo vanigliato e dal sapore

dolce, aromatico e vellutato, si abbina

perfettamente con formaggi piccanti

e pasticceria secca di mandorle. Con

i suoi 14,5° va servito a temperatura

ambiente.

a cura della redazione di

Page 44: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5

il tema di quest’anno

Il Salone internazionale del Gusto giunge

all’ottava edizione. Si terrà a Torino (Lingotto

Fiere) dal 21 al 25 ottobre.

Il tema si declina in due percorsi fortemente

interconnessi tra loro: cibo e territori. Senza

territorio non esisterebbe il cibo, espressione del

terreno, del clima, del savoir faire; che attraverso il

cibo ogni territorio esprime le sue caratteristiche

peculiari, riconoscibili. Il cibo, come parte

edibile e concreta della nostra identità, come

elemento che plasma il paesaggio, come

espressione culturale. Il territorio inteso come

luogo che appartiene alle persone che vi sono

nate o vi abitano, e di quel luogo hanno cura

e conoscenza. Territorio coniugato al plurale,

però: per esaltare la diversità di luoghi, culture,

conoscenze, coltivazioni, pratiche.

Per rendere visibile e meglio esprimere questa

relazione, lo spazio espositivo al Salone

2010, ed è la novità di quest’anno, è allestito

in funzione dei territori: non ci sono più le vie

tematiche e l’area dei Presìdi, ma ogni regione

o Paese del mondo presenta le sue produzioni,

i suoi progetti, le sue cucine.

Vino e molto altro all’edizione 2010

Si può tranquillamente dire che nella più che

ventennale storia di Slow Food il vino sia stato

il primo amore. E anche per questa edizione

il Salone del Gusto riserva al nettare di Bacco

un posto tutto speciale. In primis le novità: La

sala Slow Wine - Banca del Vino è un’enoteca

dedicata alla degustazione, dove appassionati e

42

Cibo e territori protagonisti al

Luca Bernardini - Ufficio stampa Slow Food

Page 45: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5 43

intenditori possono scegliere tra oltre 300 grandi

etichette di vecchie annate della Banca del Vino

oppure assaggiare i vini Slow, riconoscimento

attribuito dalla nuova guida Slow Wine di Slow

Food Editore. Ogni giorno inoltre questa sala

ospita eventi esclusivi con vigneron internazionali

e le provocazioni gastronomiche di Davide

Scabin del Combal.Zero di Rivoli.

E poi non poteva mancare la grande Enoteca,

assieme al mercato il cuore del Salone. Uno

spazio dedicato al vino di qualità dove si possono

assaggiare le ultime annate, conoscere nuovi

vitigni o nuovi territori scegliendo tra le oltre

2000 etichette italiane ed estere della carta dei

vini.

Anche nei Laboratori del Gusto i grandi vini e

i loro produttori la fanno da padrona. Alsazia,

Portogallo, Borgogna, Istria, Georgia (la patria

natia del vino), Catalogna e ovviamente Italia

con Piemonte e Toscana in testa, sono solo

alcuni dei territori che si potranno esplorare

attraverso famose etichette.

Inoltre agli Incontri con l’Autore, in una saletta

raccolta (non più di 30 persone) con a portata

di mano un bicchiere e un piatto i partecipanti

hanno la possibilità di ascoltare e interagire con

grandi personaggi dell’enologia.

Ultima novità “alcolica” del Salone sarà il

Cocktail Bar: uno staff di barman professionisti,

condotto da Dom Costa (Liquid di Alassio) e

Tommaso Cecca (Trussardi Café di Milano),

ospita nel Cocktail Bar nel padiglione 2 i migliori

bartender da tutto il mondo – tra cui Salvatore

Calabrese, Agostino Perrone, Chris McMillian

– e corsi di formazione sulla storia del bere

miscelato e tanto altro ancora.

Luca Bernardini

Consulta il sito: www.salonedelgusto.it per scoprire le novità della manifestazione e prenotare imperdibili appuntamenti.

Page 46: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 544

spec

iale

Venet

o Una leggenda italiana:

Carpenè Malvolti

di Gladys Torres

Centoquarantadue anni e non li dimostra. Quasi un secolo e mezzo di esperienza per quella che si può definire l’azienda spumantistica italiana

leader del Prosecco nel mondo per eccellenza, ovvero Carpené Malvolti.

Un sogno iniziato nel

1868 con Antonio

Carpené Senior, che

insieme ai soci Caccianiga,

Malvolti e Vianello dette vita alla

“Società Enologica Trevigiana”

ben presto divenuta semplice-

mente Carpenè Malvolti per la

rinuncia degli altri due soci a

proseguire l’avventura di pro-

durre vino spumeggiante con

le uve raccolte sulle colline di

Conegliano e Valdobbiadene.

Un’avventura in cui invece

Antonio Senior ha sempre

creduto profondamente e

alla quale ha dedicato tutta

la sua vita e il suo sapere. Va

a lui il merito di aver introdot-

to, per la prima volta il me-

todo Champenoise in Italia

utilizzando sistemi qualificati

e scientificamente control-

lati e non empirici come era

uso all’epoca e di aver per-

fezionato il metodo Charmat

applicandolo con decisive

ed importanti modifiche per

produrre per la prima volta al

mondo vino spumante da uve

Prosecco, e sempre a lui va il

riconoscimento per aver dato

vita insieme a Giovanni Battista

Cerletti - nel 1877 - alla Scuola

Enologica di Conegliano, an-

cora oggi considerata vero e

Etile Carpenè

Page 47: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

45

speciale Veneto

proprio ateneo del vino con le

sue specializzazioni tecniche,

agrarie, professionali e il corso

di laurea in Scienze Viticole ed

Enologiche.

Agli albori del nuovo secolo,

nel 1902, le redini dell’azien-

da passano nelle mani di Etile

Senior - un nome, una garan-

zia - che segue le orme del

padre migliorando i metodi

di produzione e adeguandosi

alle “nuove regole del mercaalle “nuove regole del merca-

to” con vere e proprie campa-

gne pubblicitarie. Un pioniere

di una strada che ben presto

il settore vinicolo intero sarà

costretto a intraprendere per

poter restare concorrenziale.

Intanto, negli anni Trenta, en-

tra in azienda anche la terza

generazione dei Carpenè,

ovvero Antonio Jr, anch’esso

un purosangue dell’innova-

zione grazie all’introduzione

di un metodo Charmat da lui

modificato ad hoc per esalta-

re al meglio le caratteristiche

dei vini italiani quali Moscato

e Prosecco e delle varianti alla e Prosecco e delle varianti alla

spumantizzazione a fermenta-

zione naturale.

La quarta generazione di

Carpené si chiama Etile Jr,

nelle cui mani passa l’azien-

da nel 1986, aprendo le porte

all’odierno sviluppo economico

e produttivo grazie all’interna-

zionalizzazione dei mercati e ai

preziosi investimenti in ricerca

e sviluppo che hanno portato

alla spumantizzazione di viti-

gni mai spumantizzati prima.

Dal 1996 la proprietà decide

di completare il rinnovamento

con una gestione manageriale

dell’azienda, innovazione per

il mondo del vino necessaria

per competere sui mercati

nazionali ed internazionali, af-

fidando la Direzione Generale

ad Antonio Motteran. La pro-

duzione oggi è di oltre 5 mi-

lioni di bottiglie distribuita in

oltre 50 Paesi, ripartite tra

Conegliano – Valdobbiadene

Prosecco Superiore DOCG,

Prosecco Treviso DOC,

Rosé Brut, Kerner, Viogner,

Cserszegi, Petit Manseng,

Talento Metodo Classico Brut

e Brut Millesimato, Brandy e e Brut Millesimato, Brandy e

Grappa.

Proprio da questi investimenti

è nato, nel 2005, il progetto

che prende il nome di “L’arte

Etile Carpenè con la figlia Rosanna e la moglie Nicoletta Montalban

Paesaggi e vigne di Prosecco

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5

Page 48: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 546

spec

iale

Venet

o

I collaboratori della Carpenè Malvolti

Spumantistica”, divenuto per

Carpené Malvolti un vero e

proprio marchio di riconosci-

mento, tanto da creare una

“linea INNOVAZIONE” di spu-

manti : ogni anno una novità,

prodotta appunto con vitigni

mai spumantizzati in prece-

denza con la “funzione d’uso”

di essere vini spumeggianti da

degustare a tavola, in abbina-

mento a fantasiosi e giovani

menù. Un modo “alternati-

vo” di rinnovare ogni giorno il

più classico degli spumanti,

un’idea geniale per raggiunge-

re ogni fascia di consumatore,

dal tradizionalista all’amante

degli “esperimenti”. Colorate,

intriganti, riconoscibili

immediatamente, sono le

etichette che contraddistin-

guono i magnifici de L’Arte

Spumantistica Carpené

Malvolti, che vanno ad af-

fiancarsi a quelle altrettan-

to fashion del Conegliano

Valdobbiadene Prosecco

Superiore DOCG, già sotto-

poste a restyling dopo il ri-

conoscimento della DOCG

nello scorso mese di aprile,

una modifica epocale che

esalta ancora di più il valore

di quel “vino spumeggiante”

prodotto nella zona storica di

Conegliano Valdobbiadene.

La filosofia produttiva Carpenè

Malvolti si ritrova anche nella

produzione del Brandy di fami-

glia, della Grappa di Prosecco

e Distillato d’uva di Prosecco,

la Finissima Grappa Bianca e la

Fine Vecchia Grappa Riserva e

la Grappa di Prosecco Severa

Imperatrice.

Carpenè Malvolti in 142 anni

ha più volte cambiato pelle,

ha resistito agli scossoni dei

vari eventi bellici e alle muta-

zioni dei mercati ed ha porta-

to avanti con grande forza di

volontà quell’obiettivo sogna-

to dal capostipite Antonio Sr,

perché anche se passano gli

anni e cambiano le persone

che la guidano, il DNA rima-

ne sempre quello di un gran-

de campione, anzi, del leader

mondiale del Prosecco, oggi

divenuto DOCG.

Page 49: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Ricordi di quando, affa-scinato dalle eroiche imprese di “Asterix il

Gallico” abilmente narrate da Goscinny e Uderzo nella omo-nima serie a fumetti, guardavo con simpatia a quel vecchio druido del villaggio la cui spe-cialità era la “pozione magi-ca”: un misterioso intruglio di fantomatici ingredienti che donava una temporanea forza sovrumana a colui che la be-veva. L’origine della pozione si perdeva nella notte dei tempi e la ricetta veniva trasmes-sa solo da bocca di druido a orecchio di druido. Ci ave-vate mai pensato? Il “Mastro Distillatore” paragonato ad una sorta di stregone geloso custode delle proprie tradizio-ni e la grappa come una sorta di “elisir”, capace di corrobo-rare lo spirito e dissipare gli umori dannosi…Oggi però la mia risposta alla stessa domanda non può che essere un’altra. E menomale!!! Certo non possiamo negare che la grappa rimanga il sim-

bolo di un’identità contadina e di tradizioni tramandate di pa-dre in figlio ma, fortunatamen-te, è anche viva la consapevo-lezza che la nostra acquavite di bandiera, distillato di eccellen-za per definizione e internazio-nalmente riconosciuta, possa rivestire nuovi e più moderni ruoli oltre a quello del tradi-zionale consumo al bicchiere o come semplice “correzione” nel caffè. Pensate ad esem-pio agli oramai innumerevoli cocktail a base di grappa, ai possibili e stimolanti abbina-menti in cucina, alla possibilità di usare la grappa come vero e proprio ingrediente per la composizione di ricette quan-to mai suggestive. Non più quindi semplice “digestivo” o fine pasto, ma anche “sogget-to attivo e comprimario” nelle nostre tavole.La grappa perciò, anche se in un momento storico carat-terizzato da una sostanziale contrazione dei consumi, ha saputo in questi ultimi anni affermarsi sapientemen-

te sul mercato evolvendosi nel tempo con una proposta sempre più raffinata e capace di soddisfare esigenze di nic-chia, differenziando addirittura un’offerta di prodotti innovativi accanto a quelli più tradizio-nali ed essendo così anche capace di indirizzare il consu-matore verso una “destagio-nalizzazione” dei consumi, valorizzando ad esempio le grappe morbide, gio-vani ed aromatiche, che possono essere servite leggermente refrigerate o quelle invecchiate, magari accompagnandole ad un buon sigaro e cioccolato fondente.

Sempre in questa direzio-ne, ma in ambito associa-tivo, va invece segnalata la recente presa di posizione dei nostri produttori tradotta con il Reg. UE 110/08 che sancisce il divieto di aroma-tizzazione per le grappe. La grappa si ottiene unicamente mediante sapienti tecniche

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5 47

speciale Veneto…e non chiamiamola più

“graspa”! di Nicola Brotto - CentoPerCento srl

L’immagine più significativa che, fino a qualche tempo fa, mi sarebbe venuta alla mente se mi avessero chiesto di

parlare di grappa e, in particolare, della figura del distillatore, l’avrei con molta probabilità rubata ai miei ricordi di infanzia.

Page 50: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

di selezione e distillazione delle vinacce, legate all’arte, all’esperienza e alla passione del “Mastro Distillatore”. Una scelta per altro coraggiosa ma necessaria al fine di tute-lare un patrimonio di qualità e tradizione anche se tra non poche difficoltà, considerata la concorrenza sleale di distil-lati stranieri di più largo con-sumo (Rhum e Vodka su tutti) che non sempre perseguono modelli produttivi altrettanto etici e trasparenti soprattutto in un’ottica di informazione e tutela del consumatore.Il ruolo della grappa oggi è quindi un ruolo nuovo, mo-derno, dinamico e che ne-cessariamente si adatta ad un mercato sempre più esigente ed evoluto. Una dimensione a cui forse non eravamo abi-

tuati prima ma che non dob-biamo per questo accogliere con diffidenza. Anzi, tutt’altro. Impariamo a rispettare mag-giormente questa eccellenza tutta italiana e ad elevarne ulteriormente la percezione di distillato di qualità attraverso degustazioni, corsi, master, approfondimenti ma anche singoli assaggi. Cerchiamo di abbandonare i vecchi arche-tipi: oramai sono solamente ciarpame da relegare in soffit-ta. Individuiamo piuttosto nuo-vi strumenti utili a far diventare la grappa ancora più grande. È anche questo il vostro com-pito di sommelier e professio-nisti. E non abbiate paura di essere iconoclasti: la grappa ha tanto bisogno di una nuova dottrina quanto ha bisogno di nuovi profeti e discepoli.

Perché allora continuare a

chiamarla “graspa” o “grap-

pino”? Perché continuare a

“correggere” il caffè quando

si corre solamente il rischio di

rovinare una buona grappa e

bere un caffè cattivo?

Un grande insegnamento che

la storia ci consegna è che la

tradizione è una componen-

te statica della cultura e non

si può certo ereditare sic et

simpliciter, ma chi la vuole

deve saperla conquistare con

grande fatica. Quando chiese-

ro a Papa Giovanni XXIII cosa

fosse per Lui la tradizione, Egli

rispose: “è il progresso che

è stato fatto ieri, come il pro-

gresso che noi dobbiamo fare

oggi costituirà la tradizione di

domani”.

spec

iale

Venet

o

L’orgoglio di BreganzeA Breganze abbiamo il campanile più alto del Veneto, secondo solo a quello di San Marco. Per questo vogliamo che anche nei nostri vini ci sia quanto di meglio il territorio può offrire.Da sempre vanto della Cantina Beato Bartolomeo, oggi Savardo si impreziosisce con una nuova etichetta ispirata alla tradizione. Cabernet, Pinot Nero, Marzemino, Breganze Bianco, Pinot Grigio e Vespaiolo. Orgoglio di Breganze.

Schio Via Vicenza 57 - Tel. 0445 513632Breganze Via Roma 100 - Tel. 0445 873112Castelfranco V.to Borgo Padova 65 - Tel. 0423 723891

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Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 550

spec

iale

Venet

oArrigo Cipriani,un “prigioniero”

all’Harry’s Bar di Venezia di Roberto Rabachino

Arrigo Cipriani è uno dei ristoratori più conosciuti al mondo. E l’Harry’s Bar è il locale più conosciuto al mondo. Un uomo che ha fatto incontri straordinari:

da Woody Allen a Giorgio De Chirico, da Ernest Hemingway a Frank Sinatra.

Elegante, disponibi-

le, creativo, futurista,

tradizionalista e nello

stesso tempo trasgressivo.

Un Arrigo Cipriani a tutto cam-

po si racconta.

Dr. Arrigo cos’è la cosa più

importante nel suo locale.

Non esito un solo istante nella

risposta: la cosa più importan-

te, il mio valore aggiunto, il

motivo del mio successo sono

i miei collaboratori. Senza la

loro professionalità, la loro di-

sponibilità, la loro eleganza, il

loro amore per questo locale

non sarei nessuno.

Questo locale è 70 mq, il nu-

mero di dipendenti è 70. Uno

ogni metro quadro.

Tutti debbono lavorare con

questa idea in testa: “servi gli

altri come vorresti essere ser-

vito tu”.

Nessuno deve essere prota-

gonista ed ognuno deve svol-

gere al meglio il ruolo che gli è

stato assegnato.

Parliamo della sua cucina.

Partiamo dallo chef. Non deve

essere lui il protagonista. Sono

contrario al professionista che

vuole imporre la sua cucina a

tutti i costi. Sono geneticamen-

te contrario alle imposizione di

tutti i tipi. Credo nella libertà e

nella libera scelta ed applico

questo concetto anche nella

mia cucina. Vede, io conside-

ro il mio locale una trattoria.

Chiaramente una trattoria un

po’ particolare, magari un po’

di lusso ma con ben chiare le

caratteristiche che deve avere

una trattoria. Qualità, tipicità,

tradizione sono le nostre armi

vincenti.

Oggi tutti i locali stanno vi-

vendo un momento di crisi.

come pensa di superare

questo difficile momento.

Anche l’Harry’s Bar di Venezia

fa i conti con la crisi e mi sono

trovato costretto a tagliare

del 10-15% i prezzi. Niente

di strano, le boutique fanno

le liquidazioni, noi ci adeguia-

mo. I clienti comunque hanno

capito e l’hanno presa molto

bene. Se prima venivano una

volta, adesso hanno triplicato

la loro presenza. Un grosso

aiuto lo stanno dando anche

i miei dipendenti che hanno

accettato di tagliarsi del 10% il

loro stipendi. Tutto questo mi

è servito per non licenziare la-

sciando inalterato il servizio ed

offendo la stessa qualità.

Ripercorra la sua vita. A chi

deve dire grazie.

Sicuramente a tutti i miei col-

laboratori in primis. Le dico

una confidenza. In questo lo-

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51

speciale Venetocale i miei due direttori sono già in

pensione eppure lavorano ancora

con me. Senza di loro sarei perso.

Il personale è il mio grande patri-

monio: veramente senza di loro

non avrei potuto raggiungere que-

sto successo. Comunque non mi

è mai piaciuto guardarmi indietro.

Preferisco guardare avanti. E avanti

ho, fortunatamente, i miei figli e già

i miei nipoti, la quarta generazione, che sono in

azienda. Vorrei che il destino mi riservasse la

fortuna di trovare il tempo per ringraziare anche

loro.

Arrigo CiprianiNasce a Verona nel 1932. Nel 1957 si laurea

in Giurisprudenza all’Università di Ferrara,

si sposa e dal matrimonio nascono tre figli.

Nel 1950 continua l’attività del padre che

nel 1931 fonda l’Harry’s Bar a Venezia.

Con gli anni Cipriani si diffonde in tutto il

mondo aprendo svariate attività a Londra,

New York, Hong Kong, Los Angeles, Porto

Cervo e Miami (ristoranti, resorts, clubs,

residences). Nel 2001 il Ministero italiano

degli affari culturali dichiara l’Harry’s Bar di

Venezia un punto di riferimento nazionale

per la sua testimonianza agli eventi di un

secolo a Venezia. Scrittore e giornalista

collabora con importanti testate nazionali

ed estere.

Il famoso Carpaccio e Bellini

Interno dell'Harry's Bar di Venezia L'angolo del'Harry's Bar

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5

harry’s BarIl nome del bar, come raccontò lo stesso

Giuseppe Cipriani (padre di Arrigo), deriva

da quello del giovane studente americano

Harry Pickering che, trasferitosi negli anni

venti a Venezia con una zia per tentare di

curarsi da un inizio di alcolismo, venne da

questa piantato in asso con pochissimi

soldi dopo un litigio. Giuseppe Cipriani,

all’epoca barman nell’hotel in cui risiedeva

l’americano, impietosito dalla vicenda

prestò al giovane 10.000 lire, somma

considerevole per l’epoca, per consentirgli

di rientrare in patria. Qualche anno dopo,

il giovane, guarito dall’alcolismo, tornò a

Venezia e, rintracciato Cipriani, in segno

di gratitudine gli restituì l’intera somma

aggiungendovi 30.000 lire perché potesse

aprire una sua attività in proprio. Cipriani

decise quindi di chiamare il suo locale

“Harry’s Bar” in onore del suo benefattore,

inaugurando la sua attività il 13 maggio

1931. Il cocktail Bellini e il Carpaccio sono

le due celebri creazione che hanno reso

questo locale unico ed inimitabile.

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Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 552

spec

iale

Venet

o Gianni Zonin:

un uomo capace di affrontare qualsiasi sfida

di Roberto Rabachino

Gianni Zonin è il presidente del più importanteimpero vinicolo italiano a conduzione familiare,

vale a dire la Casa Vinicola Zonin.

Il Cav. del Lavoro Gianni

Zonin è certamente una

figura carismatica e rap-

presenta il capitalismo, nella

sua accezione positiva, del

mondo del vino.

Persona gentile, in splendida

forma e disponibile, ci riceve

nel suo ufficio di Gambellara

e con assoluta disponibilità ri-

sponde alle nostre curiosità.

Dott. Zonin ci descriva la

sua azienda.

Per quanto riguarda la gran-

dezza siamo la più estesa

tenuta famigliare italiana con

i 1.800 ettari di vigne. Per ren-

dere meglio l’idea equivalgono

a 9.000 km lineari, vale a dire

la distanza che c’è dall’Italia al

Texas.

In termini di strategia, posso

dire che siamo tra gli unici a di-

versificare la nostra produzione.

Oggi abbiamo vigne in set-

te diverse regioni italiane che

concentrano la produzione

nelle varietà locali. Non penso

che in Europa ci siano molte

aziende vinicole a conduzio-

ne famigliare che possano

competere in questo cam-

po. Abbiamo tenute in Friuli,

Veneto, Lombardia, Toscana,

Puglia, Piemonte, Sicilia e in

Virginia (USA). Parlando di

commercializzazione, ciò si-

gnifica che possiamo offrire ai

nostri clienti e importatori una

vasta gamma di vini di qualità

a pezzi abbordabili, prodotti

da diversi vitigni tipici e prove-

nienti dalle più importati regio-

ni italiane produttrici di vino.

Ci parli del suo ingresso in

azienda.

Era il 1957. Io avevo 19 anni

e avevo appena finito il mio

diploma in enologia presso la

scuola di Conegliano. Mio zio

Domenico, che a quel tempo

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53

speciale Veneto

stava conducendo l’azienda

per conto di tutta la famiglia,

influì molto sulla mia carriera.

Lui era un uomo eccezionale:

saggio, lungimirante e un gran

lavoratore. La mia passione

sin da ragazzo era il mondo

del vino e volevo seguire le

sue orme. Il mio ingresso in

azienda non fu però immedia-

to. Prima dovetti soddisfare

il desiderio di mia madre che

mi voleva vedere laureato e,

all’età di 29 anni, conseguii la

laurea in giurisprudenza.

La sua azienda è sempre

stata molto attenta nel co-

municare un prodotto. Che

ruolo hanno oggi i somme-

lier come veicolo di comu-

nicazione del vino?

In questi ultimi anni molto è

cambiato. Mi viene in mente

una pubblicità fatta alla fine

degli anni ’70. Un poster pub-

blicitario intitolava “Bianco o

Rosso, sempre Zonin”, perché

avevamo notato che la pri-

ma domanda in un ristorante

era sempre: Bianco o rosso?

Riferito al vino bianco o rosso.

La gente allora non era così

“sofisticata” e i camerieri non

erano proprio tutti così prepa-

rati. Oggi i tempi sono cam-

biati e il grande movimento dei

corsi di formazione ha fatto la

differenza. Fondamentale per

la divulgazione della cultura

del bere il ruolo dei sommelier

come è fondamentale per noi

formare la nostra forza vendita

non solo sulle tematiche speci-

fiche del marketing ma anche

sulla capacità di comunicare il

vino tramite una corretta anali-

si organolettica descrittiva.

Dottor Zonin, se io le dico

“cultura del vino” lei cosa

mi risponde?

Cultura del vino significa per-

seguire la ricerca della qualità

partendo dalle scelte che si

fanno principalmente in vigna.

Significa valorizzare e svilup-

pare le produzioni tradizionali

senza snaturarle. Significa ri-

spettare il territorio.

Questa è da sempre la politica

della Zonin. Un vino deve es-

sere la finalizzazione di un per-

corso che vede in primo luogo

il rispetto delle tipicità inserite

in un contesto territoriale ben

definito. La nostra azienda po-

teva far spostare il prodotto.

La nostra scelta è stata spo-

starci verso il prodotto.

Barricaia dei Feudo di Butera in Sicilia

Roberto Rabachino intervista il Cav. Lav. Gianni Zonin

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5

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Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 554

spec

iale

Venet

o Parliamo per concludere

del presente e del futuro.

Mi parli della nuova gene-

razione degli Zonin.

Io non ho mai imposto nulla ai

miei figli. Ho sempre lasciato

a loro la possibilità di sceglie-

re ed eventualmente sbaglia-

re. Sbagliando si cresce. Non

posso però nascondere che

sono molto felice che i miei 3

figli abbiamo scelto di seguire

la mia strada. Loro rappresen-

tano la continuità.

Domenico e Francesco sono

vicepresidenti e rispettivamen-

te si occupano di produzione,

vendita e marketing. Michele

è a capo della Direzione e si

occupa degli aspetti finanziari.

Sebbene io sia molto attento

ad ogni aspetto degli affari

della compagnia, lascio che

i miei figli prendano delle loro

iniziative e li lascio, come det-

to prima, anche sbagliare. Fa

parte del processo di appren-

dimento. Dopo tutto, anche io

commetto ancora oggi qual-

che, magari piccolo, errore.

gianni Zonin

Gianni Zonin è nato a

Gambellara il 15 gennaio

del 1938. Dopo il Diploma in

Enologia (per seguire le orme

dello zio), si è laureato in

Giurisprudenza (per esaudire il

desiderio di sua madre).

All’età di vent’anni entra in

azienda e, nel 1967, nean-

che trentenne, assume la

Presidenza dell’azienda fami-

liare, che proprio in quell’anno

diventava una S.p.A.

Fu lui a guidare l’azienda verso

il costante e rapido successo

ottenuto negli anni successi-

vi al suo arrivo e a prendere

l’importante decisione di in-

vestire in vigneti di proprietà,

estendendosi in diverse zone

italiane, per dare ancora più

garanzia al consumatore at-

traverso il controllo dell’intera

filiera produttiva. “Abbiamo

puntato ad acquisire aziende

agricole importanti... sceglien-

dole in base alla loro colloca-

zione geografica, in modo da

poter offrire ai nostri clienti

una gamma completa di vini di

qualità provenienti dalle sette

regioni più vocate alla vitivini-

coltura in Italia”.

Secondo Gianni Zonin la chia-

ve di volta imprescindibile per

avere successo è la qualità.

Questo è da sempre l’impe-

gno della famiglia Zonin: la ri-

cerca di un continuo migliora-

mento qualitativo. Per questo

nel 1997 Gianni Zonin scelse

di avere al suo fianco Franco

Giacosa, per proseguire lungo

questa strada.

Dal dialogo tra un uomo dalle

grandi visioni strategiche nel

mondo del vino e l’eccellen-

za del tecnico, Casa Vinicola

Zonin ha potuto raggiungere

i massimi livelli qualitativi, so-

prattutto puntando sui vitigni

autoctoni, ed entrare a far

parte della storia del vino ita-

liano.

Nel 1989, è stato insignito dal

Presidente della Repubblica

Italiana dell’onorificenza di

Cavaliere del Lavoro e dal

1996 è Presidente della Banca

Popolare di Vicenza.

Gianni Zonin con i tre figli

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speciale Veneto

VistidaVicino

a cura della redazione di

La storia della prestigiosa azienda valpolicellese, Santa Sofia (1811), è da più di 40 anni connessa a quella della famiglia Begnoni, che la rileva nel 1967 grazie all’intraprendenza del

giovane e promettente enologo Giancarlo Begnoni, diplomatosi al rinomato Istituto di enologia di Conegliano Veneto. Assieme a Giancarlo ora alla conduzione dell’azienda ci sono anche i figli Luciano e Patrizia. Dai vigneti della Valpolicella Classica, Giancarlo esprime vini di struttura, eleganti, equilibrati, con ottimo abbinamento con i cibi, e completa la produzione con uve proveniente dai vigneti delle zone di produzione DOC veronesi: Soave, Bardolino, Custoza, Lugana. Con la vendemmia 1967, produce la prima edizione del Gioè, la sua riserva di Amarone della Valpolicella, a sottolineare la qualità superiore di quell’annata. Da allora ai giorni nostri Giancarlo ne ha prodotto solo 16 edizioni:

l’ultima è la 2003. Tra gli ulteriori vini di particolare pregio, segnaliamo: il Montegradella, Valpolicella Classico Superiore, prodotto con lo stesso processo di produzione dell’Amarone, ma con tempi più brevi di appassimento delle uve e di maturazione in botte; l’Arlèo, Rosso del Veronese, un blend di Corvina (85%), l’uva principe della Valpolicella fatta appassire per 60 giorni, e di Cabernet Sauvignon e Merlot (15%), maturato in

legno per 24 mesi; il Recioto della Valpolicella Classico, vino da dessert indimenticabile, premiato con la medaglia d’oro al Decanter WWA in Inghilterra. Le cantine storiche sono aperte per visite e degustazioni dal lunedì al venerdì dalle 9:30 alle 11:45 e dalle 14:30 alle 17:30. Chiuso sabato e domenica, salvo eventi particolari quali “Cantine Aperte” e “San Martino in Cantina” promosse dal Movimento Turismo del Vino.

Santa Sofia: I classici vini veronesi dal 1811

Santa SofiaVia Ca’ Dede’ 61 - 37029 Pedemonte di Valpolicella (Verona)

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La storia della storica

azienda

Una storia che coinvolge set-

te generazioni nella viticoltura,

che inizia a Gambellara, nel vi-

centino, dove già il vino veniva

coltivato al tempo dei romani e

consumato dai Dogi di Venezia.

Anche se già a partire dal 1821

la famiglia è legata alla coltura

e alla produzione del vino, è nel

1921 che il nome Zonin inizia

una vera e propria rivoluzione:

il commendator Domenico

Zonin specializza nella viticol-

tura i terreni di famiglia, dando

vita alla Casa Vinicola Zonin.

Nei primi anni ‘60, un’altra

grande svolta: lo zio Domenico

viene affiancato dal nipote

Gianni Zonin, che nel 1967

assume la Presidenza della

società.

Vini di alta qualità e accessi-

bilità e scelte commerciali e di

marketing innovative aprirono

la strada a un processo di cre-

scita tuttora in atto.

Risalgono agli anni Settanta

l’acquisto delle Tenute Ca’

Bolani e Castello d’Albola, e il

successivo approdo in Virginia,

USA, con Barboursville

Vineyards, che anticipava la

futura espansione nel merca-

to americano. “Ricordo an-

cora quando acquistammo

la Tenuta Cà Bolani in Friuli –

racconta Gianni Zonin in un’in-

tervista – era il 1970 e c’era

qualche dubbio in famiglia sul

fatto di uscire dai confini del

nostro Veneto. Ma ero convin-

to della mia idea: per produrre

vini di eccellenza è necessario

possedere i vigneti, sceglien-

do i migliori terroir e i vitigni più

tipici. Andai avanti”.

Fu un salto importante, per-

ché l’azienda di Gianni Zonin

passò da realtà di una zona

prestigiosa, ma pur sempre

circoscritta, a una realtà che

si estende dal Veneto al Friuli,

dal Piemonte alla Toscana e

all’Oltrepò, dalla Puglia alla

Sicilia. “Lasciare il Veneto sen-

za lasciarlo” è stata una scelta

di strategia dell’azienda che

ha segnato il destino della fa-

miglia Zonin.

Negli ultimi dieci anni, dopo

sette generazioni, è avvenu-

to un nuovo passaggio: con

l’entrata in azienda dei tre

fratelli Domenico, Francesco

e Michele la famiglia si è in-

grandita ulteriormente, arric-

chendosi di innovazione e di

contemporaneità.

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Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 556

spec

iale

Venet

o Il bacalà alla Vicentina

di Romolo Cacciatori (Membro Venerabile Confraternita Bacalà alla Vicentina, Bailli del Veneto e Consigliere Nazionale Chaine des Rotisseurs)

In tutto il Veneto il baccalà, inteso come stoccafisso, fu accolto con grande interesse, anche e soprattutto

nelle comunità rurali per la possibilità di cucinarlo senza grandi problemi, utilizzando ingredienti del territorio

e con un costo modesto

Si racconta che, nel

1269, i vicentini, che

tentavano l’assalto al

castello di Montebello, difeso

dai veronesi, alle guardie che

gridavano: ”Altola’!”, rispon-

dessero: ”Oh, che bello, noi

portiamo polenta e bacca-

là”. E a quel grido, i veronesi,

ghiottoni, spalancarono il por-

tone. È leggenda o è storia?

Ci rimangono i dubbi legati

alla data dell’arrivo del pesce

essiccato in Italia risalente

solo alla metà del 1400. Nel

1432, una spedizione, agli

ordini del capitano venezia-

no Pietro Querini, naufragò a

Røest, una delle più sperdu-

te isole Lofoten, al largo del-

la Norvegia. Rientrando poi a

casa, nella sua Venezia, portò

con sé il merluzzo essiccato

che aveva trovato nell’isola.

Poi illuminati gastronomi vi-

centini trasformarono questo

pesce essiccato nel famoso

piatto che ora noi conosciamo.

La sua diffusione fu aiutata

anche dalla Chiesa che con

il Concilio di Trento ritrovò la

voglia di mondarsi, anche con

la cucina, e fu un ritorno al

mangiare sano, al mangiare

magro, all’astinenza ed al di-

giuno. La cucina di magro di-

venne una sorta di viatico per

l’anima. Qualcuno osò pensa-

re che questa delibera eccle-

siastica fosse ispirata e spinta

dal fatto che, nel frattempo, le

Valli di Comacchio erano pas-

sate dagli Estensi al Papato, e

lì c’era tanto pesce da consu-

mare e da vendere. I vicentini

videro nello stoccafisso un’al-

ternativa al costoso pesce

fresco, facilmente deperibile.

Un considerevole commercio

del pesce fu messo in moto e

Il Bacalà alla Vicentina al G8 Agricoltura

Page 59: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Vigneto “Conca d’Oro”

dal 19021902 una tradizione di famiglia una tradizione di famiglia una tradizione di famiglia

Viticoltori dal 1902

Via Ronchetto, 2 . 37029 Pedemonte di Valpolicella - Via Ronchetto, 2 . 37029 Pedemonte di Valpolicella - Via Ronchetto, 2 . 37029 Pedemonte di Valpolicella - Veronatel. +39 045 770 12 66 . Fax +39 045 683 41 66tel. +39 045 770 12 66 . Fax +39 045 683 41 66

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una tradizione di famiglia una tradizione di famiglia una tradizione di famiglia

Più di un s�olo fa, nostro bisnonno Giacomo TommasiPiù di un s�olo fa, nostro bisnonno Giacomo TommasiPiù di un s�olo fa, nostro bisnonno Giacomo Tommasiha impiantato il suo primo vign�o di Corvina e Rondinellaha impiantato il suo primo vign�o di Corvina e Rondinellaha impiantato il suo primo vign�o di Corvina e Rondinellanel cuore della Valpolicella Cl�ica.nel cuore della Valpolicella Cl�ica.nel cuore della Valpolicella Cl�ica.O�i, con la st�a p�ione, portiamo avanti il suo sogno...O�i, con la st�a p�ione, portiamo avanti il suo sogno...O�i, con la st�a p�ione, portiamo avanti il suo sogno...

Famiglia Tommasi, 4ª generazioneFamiglia Tommasi, 4ª generazioneFamiglia Tommasi, 4ª generazioneFamiglia Tommasi, 4ª generazioneFamiglia Tommasi, 4ª generazioneFamiglia Tommasi, 4ª generazione

Page 60: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 558

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iale

Venet

o

poiché il pesce secco era fa-

cilmente trasportabile e poco

deperibile, riuscì ad avere un

posto di rilievo. Bastava poi un

po’ d’acqua a rimettere tutto a

nuovo, dopo che era stato tra-

sportato come legna e senza

molti riguardi. Le popolazioni

povere dell’entroterra trovaro-

no nel pesce-bastone (stock-

fish) un facile modo per adem-

piere il precetto del venerdì e

quindi agli obblighi religiosi.

Divenne in questo modo un

oggetto prezioso da scambia-

re fra le popolazioni del nord e

quelle del sud.

Baccalà nel Veneto

In tutto il Veneto il baccalà,

inteso come stoccafisso, fu

accolto con grande interesse,

anche e soprattutto nelle co-

munità rurali per la possibilità

di cucinarlo senza grandi pro-

blemi, utilizzando ingredienti

del territorio e con un costo

modesto. Un’evoluzione do-

menicale e del dì di festa in

alternativa alla “triste aringa”e

alla “sardella” sotto sale che

dava vita ad un piatto sem-

plice ma gustoso: i bigoli in

salsa (spaghetti con sardine

sotto sale sciolte nell’olio o

burro). Non è detto che tutti

eseguissero la “Ricetta Madre

del Bacalà alla Vicentina” o del

“Mantecato alla Veneziana”.

Ogni Paese aveva la sua ricet-

ta: o con pomodoro o con pa-

tate od altro, secondo quanto

si reperiva per fare “strada”

ed accontentare le famiglie

numerose. La polenta era

sempre presente e quindi il ri-

empimento dello stomaco era

assicurato. Molti ingredienti in

comune: sicuramente il latte,

poiché tutti allevavano le muc-

che o le pecore, e questo po-

teva essere un valido sostituto

Cacciatori - Assaggio, affiliazione Confraternita del Bacalà - Sandrigo VI

Page 61: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5 59

speciale Venetodell’olio. Anche il prezzo della

materia prima era per tutti e

quindi molti potevano permet-

terselo, adatto com’era a vec-

chi e bambini. Si riporta che

allo svezzamento dei piccoli

spesso veniva fatto assaggia-

re un piatto di Baccalà, che

aveva sì un po’ di latte come

ingrediente ma presentava

anche altri elementi un poco

impegnativi, e creava spesso,

ai bimbi, qualche imbarazzo,

ma questa è un’altra storia.

Valore della ricetta

vicentina nel mondo ga-

stronomico

Ma cosa dire del valore della

ricetta e del piatto nella storia

della gastronomia? Solo nel

1580 Michel de Montagne,

nel suo celebre “Journal de

Voyage en Italie”, lascia un

piccolo appunto su Vicenza,

“grande città piena di palazzi

gentilizi”, ma il suo entusiasmo

letterario riprende fuoco solo

per un pranzo in cui era inclu-

so il famoso “piatto nazionale”

dei vicentini: il baccalà. L’Artusi

nell' “Arte del mangiare bene e

la scienza in cucina” pur pre-

sentando qualche ricetta sullo

stoccafisso non fa menzione

né del “bacalà alla vicentina”

né del “baccalà mantecato”.

La “Venerabile Confraternita

del bacalà alla vicentina” (sito

ufficiale del baccalà: www.

baccalaallavicentina.it) sugge-

risce la ricetta, frutto di studi e

di comparazioni tra le nume-

rose preparazioni in auge nei

ristoranti e nelle trattorie più

famose del Vicentino, tra gli

anni trenta e cinquanta, senza

naturalmente demonizzare le

varianti, attualmente in servi-

zio. A dire il vero le varie ricet-

te avevano poche differenze e

solo nei particolari: latte, cipol-

la, formaggio sono presenti in

tutte le ricette. C’è chi discute

sulla “sardea”, chi non vuole

l’aglio o il burro, ma c’è tanto

latte ed olio che anche il burro,

forse, non fa tanto male. La

Confraternita ha messo fine

alle discussioni ed ecco la ri-

cetta ufficiale depositata.

Il Merluzzo ed il baccalà

Il merluzzo per tutte le ricette a

base di stoccafisso è la specie

che vive nel Nord Atlantico e nei

mari freddi in generale, a tem-

perature di acqua comprese

fra 0 e 16 max.; se la tempera-

tura si alza diminuisce il livello

della qualità. La taglia media

è fra 50 e 80 cm. Ma qualche

esemplare arriva anche a di-

mensioni maggiori. Il Merluzzo

è fecondissimo: ogni femmina

depone milioni di uova, molte

vanno perdute altrimenti ne

avremmo quantità enormi.

Una volta pescato il merluzzo,

liberato già sul natante della

testa, delle pinne, della coda

e dell’intestino, viene imme-

diatamente messo in barili,

con abbondante sale che ne

garantisce il prosciugamen-

to e la lunga conservazione.

Questo è il baccalà. Quando

invece viene scaricato a riva e

portato a seccare per mesi sui

graticci di legno a temperatu-

ra che si aggira su zero gradi,

esposto quindi all’aria fredda

e ai deboli raggi del sole del

cielo nordico, si ha lo stocca-

fisso, ovvero stock, legno o

bastone di fish, di pesce, tale

apparendo per forma e per

durezza. La qualità migliore

è quella denominata “ragno”,

ma ha poca carne e non lo si

trova praticamente più; attual-

mente si usa la Best Western,

un merluzzo di circa 80 cm. È

corretto fare una precisazione:

i vicentini chiamano lo stoc-

cafisso, pesce secco, con il

nome di Bacalà (con una c

solamente), perchè quando

parlano di baccalà (con due c)

si riferiscono a quello salato.

Il baccalà ha caratteristiche

nutrizionali di buon livello:

contiene vitamine PP e B1,

calcio e fosforo. Una curiosità:

le lingue e le guance del mer-

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Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 560

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iale

Venet

oluzzo sono consumate in loco

e difficilmente ci raggiungono

ma sono saporite e da prova-

re; il fegato di merluzzo, incu-

bo di qualche ragazzo che ora

non è più tanto giovane, non

è più usato come ricostituente

ma solo nei paté alimentari. Le

uova sono un’esca formidabi-

le per la pesca delle sardine.

L’abbinamento con il

“Bacalà alla Vicentina”

Anche per il “bacalà alla vicen-

tina” non esiste la perfezione

nell’abbinamento fra piatto e

vino ma sono presenti nel ter-

ritorio una serie di proposte.

Ancora una volta ci vengono

incontro tradizioni locali per i

vini: il detto popolare “la Cucina

mangia la Cantina”. Anche qui

la Venerabile dà qualche indi-

cazione. Questo è un piatto

saporito ma delicato al tempo

stesso; presenza di latte, olio

e dei vari altri ingredienti com-

plicano l’operazione di abbi-

namento. Il vino deve pulire

la bocca ma non sovrastare il

piatto quindi la mia preferenza

(e quella della Confraternita)

va a due vini, entrambi da uve

autoctone vicentine: uno è il

Durello superiore (vino anti-

chissimo e moderno, 100%

dall’ omonimo vitigno) e l’altro

è il Breganze superiore (da

uve Vespaiolo, in purezza). Il

Durello è citato in un editto del

1290 come Uva Durasena ed

addirittura se ne sono rinvenu-

te tracce in alcune ammoniti. Il

Vespaiolo chiamato così per-

ché le Vespe sono attratte dal-

la dolcezza dei sui acini; colti-

vato dai Benedettini in loco

(Breganze - VI) fin dal 1400.

In terza posizione metterei un

altro Vicentino: il Gambellara

Classico (da uve autoctone

Garganega). Mentre direi or-

mai superato definitivamente

l’abbinamento del Tocai Rosso

ora Taj Rosso, con il Piatto

Vicentino. È un vino di struttu-

ra (forse non tutti sanno che è

un Grenache) poco adatto ad

accompagnare con discrezio-

ne questo piatto per i troppi

sentori di lamponi e ciliegie e

con i tannini in evidenza. Se

a qualcuno non piace il vino

direi che almeno un bicchiere

di Birra potrebbe essere un

abbinamento accettabile. Non

siamo né in Belgio né in l’In-

ghilterra o almeno in Germania

per avere molteplici scelte.

Serve una birra che crei sec-

chezza, eliminando l’untuosità

che è in bocca, con alcool e

carbonatazione per garantire

la pulizia del palato, quindi al-

colica o molto alcolica. Potrei

suggerire la Baladin, ambrata

demi-sec, per un matrimonio

italiano; oppure, andando in

Belgio, una Duvel, una strong

ale. Sconsiglio l’acqua frizzan-

te, anche se qualche astemio

potrebbe esserne tentato.

Lo chef Antonio Chemello davanti alla sua storica Trattoria.

Magazzino di stoccafisso a Røest

Page 63: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5 61

speciale VenetoLa Venerabile Confraternita del Bacalà alla Vicentina La Venerabile Confraternita del Bacalà alla Vicentina,

si costituisce nel marzo del 1987, con una solenne

cerimonia nella sala consiliare del Comune di Sandrigo,

presente il Sindaco Renato Sperotto e il promotore e

ideatore dell’iniziativa, l’avvocato Michele Benetazzo,

presidente della Pro Loco cittadina. Scopo del sodalizio

è quello di difendere, conservare e promuovere il piatto

tipico vicentino e più in generale, di incoraggiare la

cultura gastronomica locale e il turismo. Uno dei compiti

della confraternita è quello di valutare i Ristoranti che

chiedono di entrare nel club e quindi di poter ottenere

l’ambita targa della Confraternita e un altro è quello di

verificare, a sorpresa, l’aderenza alla ricetta nei ristoranti

della Confraternita. Sono presenti e individuabili nel

sopraccitato sito una quarantina di Ristoranti. La

maggior parte dei locali sono in provincia di Vicenza,

ma anche in varie località del Veneto e in altre regioni.

Sono pervenute alla Confraternita richieste di entrare a

farne parte da parte di ristoratori stranieri. Dopo il suo

recente inserimento fra i piatti che rappresentano la

Tradizione culinaria Italiana (Il Brasato alla Piemontese,

La Torta con il Castagnaccio alla Toscana, La Pizza alla

Napoletana, Il Cannolo alla Siciliana e per l’appunto il

Bacala’ alla Vicentina), si auspica che il piatto, che già

gode di fama, venga ulteriormente ampliata, anche a

livello internazionale. La cittadina vicentina ha dedicato

una piazza all’Isola di Røest e l’isola di Røest e la Norvegia

hanno regalato un’isoletta alla comunità di Sandrigo,

che è stata battezzata Sandrigooja. Ogni anno una

delegazione ufficiale Norvegese arriva a Sandrigo per

assistere, nell’ultima domenica di settembre, alla Festa

del “bacalà” e alla cerimonia della nomina dei nuovi

confratelli. Nel 2007, uno chef Sandricense, Antonio

Chemello, appoggiato ufficialmente dalla Confraternita,

ha organizzato un viaggio-evento, ripetendo la rotta del

Querini, del lontano 1432. Con la barca a vela dal porto

di Venezia, dopo una lunga e difficile navigazione ha

raggiunto Røest. La barca era partita, con un carico

di bottiglie di buon Vespaiolo della Cantina Beato

Bartolomeo, etichettate per l’evento e destinate alle

autorità dei vari paesi toccati nelle tappe del viaggio.

Alcune bottiglie, bevute dall’equipaggio, vuote, sono

state gettate in mare, con un messaggio, che avrebbe

dato la possibilità al fortunato ritrovatore di aggiudicarsi

una fornitura di vino presso la Cantina. A tutto oggi ben

sei bottiglie sono state ritrovate e sei premi pagati, con

piacere, dalla Cantina a persone provenienti da Paesi

diversi.

La ricetta del Bacalà alla vicentinaIngredienti per 12 persone:

kg 1 di stoccafisso secco; g 500 di cipolle; litri 1 d’olio

d’oliva extra vergine; 3-4 acciughe; 1/2 litro di latte

fresco; poca farina bianca; g 50 di formaggio grana

grattugiato; un ciuffo di prezzemolo tritato; sale e

pepe.

Preparazione:Ammollare lo stoccafisso, già ben battuto, in

acqua fredda, cambiandola ogni 4 ore, per 2-3

giorni. Levare parte della pelle. Aprire il pesce

per il lungo, togliere la lisca e tutte le spine.

Tagliarlo a pezzi quadrati, possibilmente uguali.

Affettare finemente le cipolle; rosolarle in un

tegamino con un bicchiere d’olio, aggiungere le

acciughe dissalate, diliscate e tagliate a pezzetti; per

ultimo, a fuoco spento, unire il prezzemolo tritato.

Infarinare i vari pezzi di stoccafisso, irrorarli con il soffritto

preparato, poi disporli uno accanto all’altro, in un tegame

di cotto o di alluminio, oppure in una pirofila (sul cui fondo

si sara’ versata, prima, qualche cucchiaiata di soffritto);

ricoprire il pesce con il resto del soffritto, aggiungendo

anche il latte, il grana grattugiato, il sale, il pepe.

Unire l’olio, fino a ricoprire tutti i pezzi, livellandoli.

Cuocere a fuoco molto dolce, per circa 4 ore e

mezzo, muovendo ogni tanto il recipiente in senso

rotatorio, senza mai mescolare, questa fase di

cottura si chiama “pipare”, in dialetto vicentino.

Solamente l’esperienza saprà definire l’esatta cottura

dello stoccafisso che, da esemplare ad esemplare,

può differire di consistenza. Sicuramente il fatto che

si possa ammirare a fine cottura l’olio nuovamente

limpido è segno di una cottura corretta; anche il colore

del Bacalà cotto deve tendente al bianco. Servito ben

caldo, il baccalà è ottimo anche dopo un riposo di 12-

24 ore. Per quanto riguarda l’accompagnamento, non

pane ma polenta gialla non abbrustolita, ma tenera, in

fetta e non al cucchiaio.

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Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5

spec

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Venet

o Il baccalà mantecato

Il primo piatto di stoccafisso nato in Italia

Era il 3 febbraio 1432, festa di san Biagio, quando il capitano de

mar veneziano Piero Querini e i mar veneziano Piero Querini e i marsuoi 11 compagni (dei 68 partiti da Creta il 25 marzo 1431), so-pravvissuti ad un tragico nau-fragio, sono salvati da alcuni pescatori e portati nell’isola di Røest, nelle Lofoten, arcipe-lago norvegese oltre il Circolo Polare Artico, dove restano per 101 giorni, fino al 14 maggio. In questo periodo, oltre a ripren-dere le forze, assistono alla pesca del merluzzo e alla sua essiccazione, metodo questo inventato dai Vichinghi già pri-ma del Mille, per conservare quel pesce pescato solo nei primi mesi dell’anno, quando i merluzzi s’avvicinano alla costa per deporre le uova. Querini fa ritorno poi a Venezia, dove giunge il 24 gennaio 1433 e consegna ai Magistrati

un’ampia relazione del suo viaggio. I veneziani, tuttavia, ignorano quel pesce bastone– era infatti chiamato stocfiso – e ciò fino a quando il Concilio di Trento, conclusosi all’inizio di dicembre del 1563, fissa un lungo elenco di giorni nei quali i cristiani dovevano mangiare “di magro”. Allora i mercanti veneziani, come anche i ge-novesi, accorrono con le loro navi a Bergen, città costiera della Norvegia sud-occidenta-le, dove c’era (e c’è) il grande mercato dello stoccafisso e ne portano a Venezia gran quan-tità da vendere nella Penisola. Aveva scritto il Querini nella sua relazione: “I stocfisi seccano al sole senza sale, e perché sono pesci di poca umidità grassa, diventano duri come il legno. Quando li vogliono mangiare li battono col rovescio della man-nara, che gli fa diventar sfilati come nervi, poi compongono butirro e specie per darli sapo-re; ed è grande e inestimabil mercanzia per quel mare d’Ale-magna.”Una volta a Venezia, le brave cuoche delle case patrizie e borghesi e poi anche popo-lane, seguono le indicazioni del Querini, cioè battono con cura gli stoccafissi, ma scoprono che per eliminare il loro forte e cattivo odore conviene prima metterli in

ammollo per qualche giorno cambiando l’acqua più volte; poi, eliminate pelle e lische, tra-sformano la polpa in una crema deliziosa, ammorbidendola con dell’ottimo olio d’oliva, mesco-lando e sbattendo con cura. Nasce così il più antico piatto di stoccafisso realizzato in Italia e chiamato alla spagnola bac-calà mantecato, che significa esattamente crema o burro di stoccafisso. Perché baccalà(termine riservato più corretta-mente al merluzzo sotto sale) e perché mantecato? Va ricorda-to che dal 1535 al 1706 Milano e la Lombardia sono sotto il dominio spagnolo e la cultura spagnola si diffonde in gran parte dell’alta Italia, anche nel veneziano e ci sono documenti che rivelano come nelle terre della Repubblica di Venezia il termine corretto di stoccafisso è cambiato in quello di baccalànella seconda decade del ‘600. E da allora la crema di stoc-cafisso alla veneziana, sempre presente nella cucina venezia-na e nelle terre limitrofe e anche fuori regione, è chiamata bac-calà mantecato, inimitabile deli-zia della cucina veneziana e ve-neta, in onore della quale il 21 marzo 2001 è sorta a Venezia la “Dogale Confraternita del Baccalà Mantecato”.

Baccalà mantecato con polenta (archivio fotografico di Giampiero Rorato)

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Page 66: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

In verità, accanto ad alcuni

nomi ben noti anche fuori

regione – Asiago, Grana

padano, Montasio, Monte

Veronese, Piave, Taleggio, e

pochi altri – la maggioranza

dei formaggi prodotti nelle set-

te province venete, con latte

vaccino, pecorino o caprino,

sono piccoli ma

veri e propri gioielli

di nicchia, la maggior parte dei

quali sono il frutto del lavoro di

piccoli casari operanti princi-

palmente nelle zone alpine e

prealpine, i quali continuano

a produrre come i loro padri,

i nonni, i bisnonni..

Nelle malghe del Massiccio

del Grappa, che interessano

le province di Treviso, Vicenza

e Belluno, si producono,

ad esempio, il Morlacco e il

Bastardo. Il primo venne intro-

dotto da famiglie morlacche,

qui trasferite dai Balcani (ad

est della Dalmazia) in secoli

lontani da Venezia, bisognosa

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 564

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Venet

o Veneto:

grande terra di formaggi Il Veneto è una delle grandi terre di formaggi

e l’elenco ufficiale della Regione ne conta ben sessantanove, una enormità.

Alcuni formaggi tipici del Veneto

Page 67: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5

di ripopolare la montagna e si continua a

produrlo, come nel lontano passato, col

latte delle piccole vacche di razza Burlina,

purtroppo quasi in estinzione. Il secondo

è prodotto sempre dai discendenti dei

Morlacchi col latte un tempo di risulta dopo

aver ottenuto il precedente formaggio

Nel Bellunese, a Livinallongo del Col di

Lana, dove vive una popolazione ladina,

si producono tre formaggi che portano i

nomi di tre borgate locali: Contrin, Fodom

e Renaz e rappresentano delle vere e pro-

prie eccellenze casearie. Altri due formag-

gi tradizionali, prodotti in passato col latte

delle mucche sulla strada dell’alpeggio,

sono lo Stracchino trevigiano (prodotto

anche il altre regioni) e lo Stracon verone-

se, entrambi formaggi freschi e molli.

Nell’Altipiano del Cansiglio, abitato, come

nei Sette Comuni dell’Altipiano di Asiago,

dai discendenti degli antichi immigrati

Cimbri, si producono formaggi buonissimi,

che regalano i profumi degli alti pascoli di

montagna.

Molti dei formaggi tipicamente locali –

Busche, Cansiglio, Comelico, Daniele,

Monte delle Dolomiti, Soligo, Sappada,

ecc. – sono varianti locali del tradizionale

“Latteria”, che è la forma tipica dei caseifici

ottocenteschi..

Dal “Latteria” è poi derivato il Montasio

(DOP dal 1986), formaggio genuino, ga-

rantito dall’Unione Europea. Esso risponde

ad alcuni precisi requisiti: la zona di pro-

duzione è rigorosamente identificata nel

Friuli, nel Veneto orientale nelle province di

Belluno e Treviso, e in alcune aree delle

province di Padova e Venezia. La mate-

ria prima è il latte fresco e il controllo della

qualità e delle progressive trasformazioni

sono effettuati dagli ispettori del Consorzio.

Col Montasio, come già per il Latteria, si

ottengono tre maturazioni: fresco, mezza-

no e stagionato. La marchiatura, apposta

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Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 566

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iale

Venet

o alla produzione dal Consorzio

di Tutela, garantisce l’identità,

l’origine e il rispetto delle carat-

teristiche dei severi disciplina-

ri. Questi fattori, tutti insieme,

salvaguardano l’origine e la ti-

picità del formaggio Montasio,

uno dei gioielli dell’arte casea-

ria veneto-friulana.

Meritano poi una citazione gli

splendidi pecorini e caprini e le ri-

cotte, molto richieste dal mercato alimentare

italiano.

La rassegna dei formaggi veneti richiederebbe

più spazio, ma il nostro invito ai lettori è quel-

lo di visitare questa regione, percorrerne le

strade, soprattutto nelle Dolomiti, nel Grappa,

nell’Altopiano di Asiago, nella Lessinia e nel

Monte Baldo, per scoprire la ricchezza, bontà

e varietà

dei formaggi veneti.

A tavola sono sempre i benvenuti, anche

da soli. Se freschi, preferiscono vini giovani,

profumati, di contenuta gradazione alcolica,

come il Prosecco e il Bianco di Custoza, il

Pinello padovano, oltre al Pinot bianco o grigio

e vini simili. Il Montasio fresco, e i tanti analo-

ghi “Latteria”, amano vini un po’ più robusti,

come l’ex Tocai (detto oggi per contrazione

“Tai”), il Soave, il Lugana; il Montasio mezzano

e l’analogo Latteria, richiedono vini bianchi più

importanti come il Colli di Conegliano Bianco,

il Soave superiore e vini analoghi, o anche dei

vini rosati, tipo Bardolino Chiaretto o Tocai

rosso (vinificato in rosato); il Montasio

stagionato, al pari degli analoghi

Latteria, richiede vini rossi, come

Merlot, Carmenere, Cabernet

Sauvignon o Valpolicel-la giova-

ne. I formaggi a pasta dura di più

lungo invecchiamento, come

un Monte veronese o il Grana

padano richiedono vini ancora

più impegnativi, come Raboso

Piave, Friularo, Amarone,

Venegazzù e altri bordolesi simili

abbondantemente prodotti dalle

aziende venete.

Forma del famoso Bastardo del Grappa

Una cella di stagionatura

Page 69: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5 67

speciale Veneto

La polenta

Il Veneto, al pari di altre regioni italiane, ama moltissimo questa preparazione di origine preistorica.

Un ricco e interes-

sante volume dello

scrittore e giornalista

Giampiero Rorato, socio Fisar

e già consigliere nazionale,

scritto assieme alla moglie

Liliana, ripercorre la storia di un

alimento che ancor oggi è alla

base della cucina del Veneto,

come anche di altre regioni. E

se fin dall’antichità la polenta

era confezionata con cereali

oggi considerati poveri, come

il miglio e la segale, dalla metà

del Cinquecento essa è otte-

nuta da farina di mais. Rorato

racconta come il mais è arri-

vato all’inizio del ‘500 in terra

veneta e come, dopo essere

stato coltivato come pianta

ornamentale prima e succes-

sivamente come alimento per

gli animali, grazie all’intuito di

un patrizio veneziano, Lunardo

Emo, attorno agli anni 30 dello

stesso secolo venne coltiva-

to più estesamente nelle sue

terre di Fanzolo di Vedelago

(Treviso) proprio per ottenere

una farina migliore di quella

usata in precedenza. Il grande

medico, botanico e studioso

Pier Andrea Mattioli (1501-

1578), vissuto in terra veneta

nei suoi primi cinquant’anni,

a metà dello stesso secolo

scrive che la polenta, pastic-

ciata col formaggio, era già

un piatto abbastanza diffuso

nel mondo contadino ed era

il piatto unico soprattutto del-

la povera gente. E, da allora,

non è più mancata sulle tavole

venete. La polenta, erronea-

mente diffamata per oltre un

secolo a causa della pellagra,

dovuta in verità al mancato

assorbimento delle vitamine

del Gruppo B, in particola-

re della “niacina” (vitamina

PP) e ciò per la mancanza di

sale, di carne e di ortaggi, ha

comunque superato indenne

anche questa tragica prova,

che ha causato tra Veneto e

Lombardia decine di migliaia

di vittime.

Cibo un tempo dei meno ab-

bienti e considerata sostituto

povero del pane, da diversi

decenni la polenta è ritornata

in auge ed è presente anche

nei ristoranti più qualificati del

Veneto. Come ricorda Rorato,

considerato oggi il massimo

studioso veneto di storia ali-

mentare e gastronomica ed

autore di numerosi volumi

sull’argomento, in Veneto ci

Page 70: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

sono delle abbinate ormai irrinunciabili, come

“polenta e osèi”, che tuttavia appartiene al pas-

sato, al pari della “polenta e latte” che era la

colazione e la cena dei bambini fino alla metà

del secolo scorso. Molto attuali sono invece:

“polenta e tòcio”, “polenta e pesce”, “polenta

e baccalà”, “polenta e formajo”, “polenta e sa-

lame”, ecc.. Essa è la compagna immancabile

degli umidi sia di carne che di pesce, capace di

esaltare ancor più la bontà dei piatti.

Ma quale polenta? Fino all’arrivo degli “ibridi”

americani, avvenuto a iniziare dagli anni ’60 del

secolo scorso, c’erano nel Veneto centinaia di

biotipi, diversificatisi nel corso dei secoli, poi

quasi totalmente scomparsi per la progressiva

diffusione delle nuove sementi molto più pro-

duttive. Ma alcuni interessanti biotipi sono rima-

sti, come il “biancoperla”, che Venezia ha sem-

pre usato per le sue polente, immancabilmente

bianche (le eventuali gialle erano per la servitù).

Altro biotipo, in verità un felicissimo incrocio,

ottenuto sul finire dell’800 dall’intraprendente

agricoltore Antonio Fioretti di Marano (Vicenza)

incrociando il “Nostrano” locale col “Pignoletto

d’oro” di Caldogno (sempre nel vicentino) è il

Marano o Maranello, come lo chiama il popo-

lo. La produzione ottenuta, circa 40 q/ha, era

ed è molto scarsa, ma dà una farina stupenda

con cui si produce una polenta davvero reale.

Polenta gialla, s’intende, perché lontano da

Venezia e Treviso la polenta è quasi ovunque

gialla, ma una polenta di gran lunga superio-

re a quella ottenuta dagli ibridi americani gialli

importati dopo l’ultima guerra, anche se, ulti-

mamente, grazie ad ulteriori ricerche, si ha del

mais giallo di buona qualità con cui si confezio-

nano in terra veneta delle ottime polente.

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 568

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Venet

o

Pietro Longhi (1702-1785) - La PolentaVenezia, Ca' Rezzonico

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Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 570

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Venet

oUna storia di qualità: le 8 DOCG del veneto

di Giannantonio Puppin - delegato San Donà di Piave

La vite ed il vino sono

parte integrante della

storia, della cultura

e del paesaggio del Veneto.

Esse hanno nobili e profonde

radici,basti pensare ai mer-

canti della Serenissima che

resero il “Vino de Venegia”,

come si diceva allora, famoso

in mezzo mondo fin dal Medio

Evo. Da Oriente ad Occidente,

dal Regno di Persia sino al

nord della Germania, si gusta-

va ed apprezzava il vino pro-

veniente da tutte le province

del Veneto.

Attualmente nel Veneto si è

affermata una cultura enolo-

gica che interpreta in modo

moderno e brillante una glo-

riosa tradizione con una capa-

cità dinamica e imprenditoriale

che ha permesso di compiere

continui progressi, di miglio-

rare le tecniche produttive e

di raggiungere elevati livelli

qualitativi. Oggi il Veneto è la

prima regione italiana in ter-

mini di produzione di vino con

8.174.000 hl (davanti a Puglia

e Sicilia), e la terza regione in

termini di superficie vitata, con

70.300 ettari (dietro a Sicilia

e Puglia) suddivisa in 25.000

Aziende Agricole attive nel ter-

ritorio.

La qualità del vino veneto è

premiata anche da una cre-

scente richiesta da parte dei

mercati esteri più attenti ed

evoluti. Le esportazioni 2009

di vini e mosti da parte degli

operatori del Veneto valgo-

no circa 992 milioni e mezzo

di euro, un dato che rappre-

senta il 28,6% dell’intero ex-

port enologico nazionale. In

quantità, l’export veneto può

contare su oltre 5 milioni di et-

tolitri, pari al 26,6% del totale

nazionale,

La produzione regionale si

qualifica inoltre attraverso una

tipologia assai varia che offre

una vastissima gamma di vini,

molti dei quali vanno classifi-

cati qualitativamente come

vini di pregio garantiti dalla

tutela giuridica della D.O.C e

della DOCG.

Il risultato di questo importan-

Page 73: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5

te sforzo qualitativo è rappresentato dalla produzio-

ne di 2.3 m/hl di vini DOC/DOCG i quali esprimono

il 30% dell’intero prodotto regionale e sono spartiti in

25 DOC, 8 DOCG e 10 IGT.

Vediamo ora, in un immaginario percorso da occi-

dente ad oriente, di descrivere brevemente le otto

D.O.C.G presenti in questa Regione.

Bardolino Superiore D.o.c.g.Il vino Bardolino Superiore è stato il primo vino ros-

so veneto ad ottenere la Denominazione di Origine

Controllata e Garantita, raggiunta nel 2001. Questo

vino è un prodotto tipico della tradizione viticola

dell'entroterra gardesano, dove la particolare com-

posizione e natura del terreno, di provenienza more-

nica, e il clima dolce, favorito dalla vicinanza del lago

di Garda, hanno conferito una particolare attitudine

alla coltivazione della vite ed in particolare dei vitigni

locali.

Questo vino prende il nome dall'omonimo paese si-

tuato sulle verdissime coste orientali del lago di Garda

dove la vite viene coltivata fin dall'età del bronzo,

come testimoniano alcuni semi ritrovati nelle palafitte

di alcuni siti archeologici limitrofi. Nel periodo medio-

evale la produzione del Bardolino fu continuata dai

Monaci della Chiesa di San Colombano, che salvaro-

no questo vino dalla sua scomparsa.

Il vino deriva da un'armonica combinazione di uve da

vitigni autoctoni quali la Corvina veronese la quale dà

struttura e corpo con una buccia molto spessa, la

Rondinella che dà colore e il nerbo acido, la Molinara

che fornisce eleganza e sapidità. Invecchiamento ob-

bligatorio di almeno 1 anno. In commercio vi sono

due tipologie di vino a D.O.C.G.: Bardolino Superiore

e Bardolino Superiore classico, quest'ultimo prodotto

nella zona di produzione più antica. Il vino di entram-

be le tipologie presenta un colore rubino tendente al

granato con l'invecchiamento; il profumo è fruttato e

speziato, caratteristico, comunque delicato. Il sapore

è asciutto e armonico, a volte caratterizzato da sen-

tore di legno.

Ottimo vino da pasto che ben si accosta a minestre,

pastasciutte, fritti, pollame e lumache. Va degusta-

to a 16°-18° di temperatura. Il Bardolino Superiore

Page 74: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

si sposa splendidamente con i

formaggi saporiti e brevemen-

te stagionati.

Recioto della Valpolicella Docg Amarone della Valpolicella DocgNei primi mesi del 2010 è ar-

rivata finalmente la tanto atte-

sa “Garantita” per il Recioto e

l’Amarone della Valpolicella.

Un traguardo che i produtto-

ri hanno rincorso per ben 15

anni e che ha richiesto molto

impegno e lavoro da parte del-

le oltre 1800 aziende agricole

associate al Consorzio per la

tutela dei vini della Valpolicella.

Posta all’incirca a nord

ovest della città di Verona,

la Valpolicella è la terra che

dà origine ad alcuni dei più

importanti vini rossi italiani;

la zona di produzione com-

prende 19 Comuni dei quali

5 (Marano, Fumane, Negrar,

Sant’Ambrogio e San Pietro in

Cariano) vanno a costituire la

parte più antica,la cosiddetta

“Valpolicella classica”.

Il nome Valpolicella secondo

alcuni deriverebbe dal latino

“Vallis-polis-cellae” e potreb-

be significare “Valli dalle molte

cantine" a significare che in

questa zona si vinificava sin

dall’antichità.

Si chiama Recioto perché

si utilizzano i lati esterni del

grappolo, le «recie», quelli più

esposti al sole e quindi più

maturi,messi ad appassire su

graticci (che in questa zona

si chiamano “arele”) in locali

molto areati affinché non in-

sorgano muffe dannose. La

tecnica dell’appassimento

era diffusissima nell'antichità

e i romani la applicavano per

la produzione di svariati vini

fra cui verosimilmente anche

alle uve destinate alla produ-

zione del vino “Retico”, che

si produceva nella provincia

veronese-romana denominata

«Retia», come scriveva lo stu-

dioso romano Plinio il Vecchio

nella sua grandiosa opera

«Naturalis Historia».

La prima testimonianza scrit-

ta che fa preciso riferimento

alla produzione nel veronese

di vini mediante l’impiego di

uve appassite, risale al V sec.

d.c., quando Cassiodoro,

ministro in Ravenna di re

Teodorico, scriveva ai senatori

del Canonicato Veneziano allo

scopo di ottenere l’approv-

vigionamento del vino chia-

mato “Acinatico, il cui nome

deriva dall’acino” (Acinaticum,

cui nomen ex acino est).

L’Acinaticum è quindi l’arche-

tipo del Recioto o meglio dei

Recioti perché con lo stes-

so nome veniva identificato

anche il vino bianco da uve

passite altrettanto diffuso in

Valpolicella e nell’area collinare

veronese in generale (Recioto

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 572

spec

iale

Venet

o

Page 75: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

“Evviva!” è stato il grido dei produttori del Montello e Colli Asolani alla notizia del riconoscimento dell’Asolo Prosecco D.O.C.G. Superiore per il proprio prodotto da parte del Ministero delle Politiche Agricole.È il Prosecco Doc Montello e Colli Asolani che cambia nome e diventa D.O.C.G.Il livello più prestigioso nella rigorosa scala delle denominazioni è stato ottenuto dopo un lungo percorso fatto di scelte coraggiose e controcorrente effettuate dai produttori negli ultimi anni. In un momento in cui la tendenza era di aumentare le produzioni per sfruttare meglio i vigneti, hanno deciso di rinunciare a una maggiore quantità di prodotto in favore di una qualità più elevata.Tali sforzi sono stati premiati sia nei concorsi enologici, il Prosecco della Cantina Montelliana ha vinto il Nastro d’Argento al Forum Nazionale degli Spumanti a Valdobbiadene, che dal mercato che ha visto crescere il valore del prodotto del 25% negli ultimi anni e l’aumento della produzione del 65% per arrivare a quasi due milioni di bottiglie.“È un traguardo straordinario - dichiara Diamante Luling Buschetti, Presidente del Consorzio Tutela Vini Doc Montello

e Colli Asolani - che aumenta il prestigio di quest’area della Provincia di Treviso da sempre famosa per la qualità del suo Prosecco e dei suoi vini rossi, per la bellezza delle sue colline e dei tanti borghi e opere d’arte da visitare, e fornisce una ulteriore ragione di viaggio di grande prestigio per gli amanti del turismo enogastronomico che sempre di più visitano la nostra bella Strada del Vino del Montello e Colli Asolani”Nel disciplinare dell’Asolo Prosecco D.O.C.G. Superiorei produttori hanno scelto di darsi le regole più severe tratutti i disciplinari delle nuove Doc e D.O.C.G. del Prosecco.La resa è più bassa (è ammessa una produzione massima di 120 quintali di uva per ettaro) e il vino per essere certificato deve avere un estratto secco di almeno 16 grammi per litro ad indicare un vino bianco che ha una struttura e una maggiore longevità. I nuovi impianti di vigneto dovranno avere almeno 3000 piante per ettaro per garantire una maggiore qualità delle uve.“Grazie ai nostri terreni e all’esposizione delle nostre colline i nostri vini si sono sempre distinti per la loro struttura, ed abbiamo voluto evidenziare questa importante connotazione anche nel nostro disciplinare.”

EVVIVA IL NUOVO NATO !ASOLO PROSECCO SUPERIORE D.O.C.G.

Comune di Cornuda

IN COLLABORAZIONE CON CON LA PARTECIPAZIONE DEL

CON IL PATROCINIO DI

nova

idea

.it

“Evviva!” è stato il grido dei produttori del Montello e Colli Asolani alla notizia del riconoscimento dell’Asolo Prosecco D.O.C.G. Superiore per il proprio prodotto da parte del Ministero delle Politiche Agricole.È il Prosecco Doc Montello e Colli Asolani che cambia nome e diventa D.O.C.G.Il livello più prestigioso nella rigorosa scala delle denominazioni è stato ottenuto dopo un lungo percorso fatto di scelte coraggiose e controcorrente effettuate dai produttori negli ultimi anni. In un momento in cui la tendenza era di aumentare le produzioni per sfruttare meglio i vigneti, hanno deciso di rinunciare a una maggiore quantità di prodotto in favore di una qualità più elevata.Tali sforzi sono stati premiati sia nei concorsi enologici, il Prosecco della Cantina Montelliana ha vinto il Nastro d’Argento al Forum Nazionale degli Spumanti a Valdobbiadene, che dal mercato che ha visto crescere il valore del prodotto del 25% negli ultimi anni e l’aumento della produzione del 65% per arrivare a quasi due milioni di bottiglie.“È un traguardo straordinario - dichiara Diamante Luling Buschetti, Presidente del Consorzio Tutela Vini Doc Montello

e Colli Asolani - che aumenta il prestigio di quest’area della Provincia di Treviso da sempre famosa per la qualità del suo Prosecco e dei suoi vini rossi, per la bellezza delle sue colline e dei tanti borghi e opere d’arte da visitare, e fornisce una ulteriore ragione di viaggio di grande prestigio per gli amanti del turismo enogastronomico che sempre di più visitano la nostra bella Strada del Vino del Montello e Colli Asolani”Nel disciplinare dell’Asolo Prosecco D.O.C.G. Superiorei produttori hanno scelto di darsi le regole più severe tratutti i disciplinari delle nuove Doc e D.O.C.G. del Prosecco.La resa è più bassa (è ammessa una produzione massima di 120 quintali di uva per ettaro) e il vino per essere certificato deve avere un estratto secco di almeno 16 grammi per litro ad indicare un vino bianco che ha una struttura e una maggiore longevità. I nuovi impianti di vigneto dovranno avere almeno 3000 piante per ettaro per garantire una maggiore qualità delle uve.“Grazie ai nostri terreni e all’esposizione delle nostre colline i nostri vini si sono sempre distinti per la loro struttura, ed abbiamo voluto evidenziare questa importante connotazione anche nel nostro disciplinare.”

EVVIVA IL NUOVO NATO !ASOLO PROSECCO SUPERIORE D.O.C.G.

Comune di Cornuda

IN COLLABORAZIONE CON CON LA PARTECIPAZIONE DEL

CON IL PATROCINIO DI

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Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 574

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Venet

odi Soave). Antica è quindi la

tradizione di appassire le uve;

varie tecniche venivano usate

in passato: i grappoli erano

appesi a fili, oppure, mediante

uncini in metallo, pendevano

dalle travature delle soffitte,

spesso venivano appesi ca-

povolti allo scopo di mante-

nere gli acini ben separati e

favorirne l’aerazione. Per il di-

sciplinare, la vinificazione delle

uve messe in appassimento

non può avvenire prima del

1 di dicembre; quindi si pra-

tica una soffice pressatura alla

quale segue una fermentazio-

ne a bassa temperatura con

lieviti selezionati. Quando si

raggiungono le percentuali di

zucchero ed alcol desiderate,

si blocca la fermentazione e

si fa affinare il vino in botti di

legno di piccole (barrique) e

grandi dimensioni.

Il Recioto della Valpolicella

Docg è un grande vino dolce

da fine pasto, da “meditazio-

ne”; ottimo per accompagna-

re la pasticceria secca e cro-

state a base di frutta. Da pro-

vare anche con dolci a base di

cioccolato.

L’Amarone della Valpolicella

Docg, oggi unanimemente

considerato come il più pre-

giato dei vini veronesi e come

uno dei più importanti rossi

italiani si ottiene con lo stes-

so procedimento del Recioto

ma con una fermentazione

più prolungata (45-60gg). La

fermentazione trasforma una

quantità maggiore di zucche-

ri in alcol sino a farlo divenire

quasi “amaro”; le caratteri-

stiche peculiari dell’Amarone

sono rappresentate da un leg-

gerissimo residuo zuccherino,

una nota secca con grada-

zioni mai al di sotto del 14%.

Nacque così, prendendo il

nome dalla sua caratteristica

vena amarognola, l’Amarone,

i cui primi esemplari presero

ad essere imbottigliati solo

nei primi anni del Novecento

mentre la commercializzazio-

ne vera e propria ebbe inizio

solo nel dopoguerra e nel

1968 arrivò il riconoscimento

della Denominazione d’origine

controllata (DOC).

Lasciato pazientemente matu-

rare l’Amarone diventa un vino

assolutamente unico dal colo-

re intenso e luminoso, dai pro-

fumi di ciliegia, ribes, cioccola-

to e spezie, ricco di sostanza,

molto strutturato, morbido,

elegante, perfettamente equi-

librato, dotato di una morbi-

dezza al gusto e caratterizzato

da una notevole persistenza

gustativa. Questa tecnologia

di produzione, applicata nella

elaborazione di vini rossi, co-

stituisce pressoché un caso

unico nel panorama della

produzione vinicola mondia-

le. Se ne conosce solamente

un altro esempio nello Sfurzat

della Valtellina (Lombardia)

per il quale si fanno appassire

le uve del nebbiolo chiamato

“Chiavennesca”.

L’Amarone, per le sue caratte-

ristiche, è un vino che si esalta

se accostato a preparazioni a

base di carni rosse, di cavallo

(la classica pastissada de ca-

val veronese, la battuta di pu-

ledro), d’asino (stracotto d’asi-

na), di manzo (brasato, roast

beef), selvaggina (capriolo e

cervo in particolare), pollame

nobile, dall’anatra alla farao-

na, all’oca. Non va dimentica-

to, inoltre, che l’Amarone è un

magnifico vino da formaggi,

soprattutto il Monte Veronese,

stagionato, ma ancora morbi-

di e non piccanti. La sua fortu-

na attuale è dovuta anche alla

capacità di essere apprezzato

come vino da fine pasto, che

chiude e corona una sera-

ta, da centellinare con calma

conversando in compagnia.

I classici vitigni che compon-

gono questi due grandi vini

sono: la Corvina, apprezzata

soprattutto per il suo corre-

do di sostanze coloranti, per

la concentrazione e la sua

grande capacità di adattarsi

all’appassimento, dagli in-

confondibili aromi di ciliegia;

il Corvinone che dona acidità

e fragranza aromatica ed è

ideale per l’appassimento; la

Rondinella dai bei profumi flo-

reali e una buona eleganza. Il

disciplinare di Produzione pre-

vede inoltre l’utilizzo di altri vi-

tigni a bacca rossa fino ad un

massimo del 15% totale come

la Molinara il cui nome deriva

dalla grande quantità di prui-

Page 77: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5 75

speciale Veneto

na che ricopre gli acini, tanto

da sembrare ricoperti di farina

bianca; e ancora la Dindarella,

l’Oseleta, la Forsellina e altre

ancora. Recentemente sono

state introdotte altre varietà,

apprezzate per le loro carat-

teristiche enologiche positive

quali apporto di colore per

alcune, struttura per altre,

note olfattive particolari quali il

Sangiovese, Cabernet Franc,

Cabernet Sauvignon, Merlot,

Teroldego

Soave Superiore Docg La storia vitivinicola di questo

territorio nel Veronese si perde

nei secoli, la sua denominazio-

ne risale agli Svevi o “Soavi” di

Re Alboino che al seguito dei

Longobardi diedero rango alla

cittadina omonima. Un nobile

vino che si è guadagnato il ti-

tolo di “eminente classico vino

bianco d’Italia” grazie anche

ad una particolare morfologia

dei terreni, della loro origine

vulcanica unita ad affioramen-

ti calcarei, un’evoluzione di

milioni di anni capace di re-

galare vini limpidi e dorati. La

zona di produzione è situata

nella parte orientale dell’ar-

co collinare della provincia di

Verona, a nord dell’autostrada

Serenissima. È stata la DOC

bianca italiana più imbotti-

gliata ed esportata. La tutela

dell’identità è stata ribadita

con il riconoscimento della

Denominazione d’origine con-

trollata nel 1968, ottenendo

successivamente nel 2001 la

Docg.

Il vitigno base è la Garganega,

che in queste zone raggiun-

ge livelli di eccellenza as-

soluta, alla quale possono

essere aggiunte Trebbiano

di Soave e Chardonnay

assieme al Pinot Bianc.

L’uso della specificazione

«Classico», in aggiunta alla

denominazione di origine con-

trollata «Soave Superiore» è

riservato al prodotto ottenu-

to da uve raccolte nella zona

di origine più antica. I vini

«Soave Superiore» e «Soave

Superiore Classico» debbono

essere immessi al consumo

dopo un affinamento in botti-

glia di almeno 3 mesi, comun-

que non prima del 31 marzo

successivo alla vendemmia.

Il vino con la qualificazione

«Riserva» deve essere sotto-

posto ad un periodo di affina-

mento obbligatorio di almeno

2 anni, di cui almeno 3 mesi in

Page 78: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

bottiglia, a partire dal 1° novembre. Un ottimo

vino bianco di meritata fama dal caratteristico

profumo di frutta bianca, di corpo e dal sapore

asciutto e leggermente amarognolo nel finale.

Caratteristiche che lo rendono idoneo per ac-

compagnare aperitivi, primi piatti, secondi piatti

a base di pesce e di carni bianche e formaggi di

media stagionatura. Va servito alla temperatura

di 10°C circa.

Recioto di Soave Docg Nel 1998 è stato il primo vino veneto ad otte-

nere la Denominazione di origine controllata e

garantita. L’esistenza nel territorio veronese di

un vino bianco dolce, simile all’attuale Recioto

di Soave, è testimoniato ancora nel V secolo,

in una famosa epistola di Cassiodoro,il ministro

di re Teodorico,il quale citava oltre all’acinati-

co “rosso” anche quello “bianco” (cioè l’attuale

Recioto di Soave)il quale si doveva ottenere da

uve “scelte dalle domestiche pergole”, con-

servate in fruttati fino all’inverno inoltrato, con i

grappoli appesi. L’uva con la quale si prepara-

va l’acinatico era, a quel tempo, genericamente

chiamata “retica” e solo nel secolo XIV, nell’ope-

ra del bolognese Pier De Crescenzi, troviamo

citata per la prima volta l’uva “garganica” che

poi si diffuse nel territorio veronese dove la tro-

viamo, ancora ai nostri giorni, predominante.

Recioto è un vocabolo dialettale della gente ve-

ronese, deriva da “recia” che è la parte ester-

na ed alta del grappolo di Garganega,quella

più ricca di zuccheri e meglio esposta all’in-

solazione. Poco prima della raccolta vera e

propria si opera una selezione dei grappoli

migliori che poi vengono posti sui graticci per

l’appassimento. L’uva a riposo viene costante-

mente seguita e pulita dai quattro ai sei mesi

fino al momento della pigiatura. La fermenta-

zione avviene spesso in piccoli botti ed è lenta

e molto lunga. Grande vino da dessert da ac-

compagnare ai tipici dolci veronesi: la fugassa

(focaccia), la sbrisolona o il nadalìn cosparso di

mandorle che si degusta nelle feste di Natale

.Da abbinare poi ai grandi formaggi erborinati

salati e piccanti o al fegato grasso. Nella ver-

sione spumante ottimo l’abbinamento con il

Pandoro e tutti i dolci lievitati. Con il nuovo di-

sciplinare di produzione il Recioto di Soave ha

un profilo più complesso ed elaborato diventan-

do un grande vino da meditazione

Recioto di Gambellara Docg La zona di produzione del Recioto di Gambellara

è rappresentata dalla fascia collinare posta ad

ovest della provincia di Vicenza sulle ultime

propaggini dei Monti Lessini, nei Comuni di

Gambellara, Montebello Vicentino, Zermeghedo

e Montorso Vicentino. In queste località si com-

pleta la rassegna del “Recioto” con la peculia-

rità che qui l’appassimento dell’uva garganega

avviene in sospensione, ricorrendo alla legatura

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5

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iale

Venet

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Via Valpolicella, 5737029 San Pietro in Cariano (VR) ItaliaTel. 045 7703194 - Fax 045 7703167

www.consorziovalpolicella.itE-mail: [email protected]

C T V V

Intervento realizzato con contributodel MIPAAF ai sensi del DM 11435

del 20/07/2009

Page 79: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

CONSORZIO DI TUTELA DEI VINI VALPOLICELLA il futuro in crescita

Promozione dentro e fuori i confini nazionali,

valorizzazione del prodotto anche sotto

l’aspetto emotivo e non solo enogastronomico,

gestione dell’offerta per preservare un

equilibrio fra domanda ed offerta e tutela del

consumatore da improvvidi acquisti. Saranno

questi gli obbiettivi che impegneranno il

Consorzio di tutela dei vini Valpolicella per

gli anni a venire. Prospettive di non facile

realizzazione ma non impossibili. Dalla sua

ha un areale produttivo piuttosto esteso

e un buon supporto associativo fatto di

numeri decisamente importanti. La superficie

complessiva della Valpolicella DOC è, infatti,

di circa 30.000 ha., geologicamente suddivisi

in versanti (75%), fondovalle (17%) ed aree

urbane (8%). Gli ettari vitati complessivi sono

circa 6300 (vendemmia 2009), suddivisi in

3150 ha. per la Valpolicella Classica (50%) e

3150 ha. per la zona della Valpolicella DOC

(50%). Gli associati sono suddivisi in oltre 160

imbottigliatori, di cui 6 cantine sociali, e poco

meno di 2000 aziende agricole. Un mondo che

produce ogni anno oltre 50 milioni di bottiglie

per un controvalore di quasi 200 milioni di euro.

Anche se il must della produzione è l’Amarone

della Valpolicella Docg, il Ripasso Valpolicella

Doc sta crescendo molto rapidamente nelle

preferenze dei consumatori. A riprova di ciò,

nell’ultimo triennio, specularmente all’aumento

della domanda è cresciuta l’offerta. Dai 7.4

milioni di bottiglie del 2007 si è, infatti, passati

ai 13.6 milioni del 2009 con un incremento di

più dell’80%. Crescita che sembra continuare

anche nel 2010, considerando che nei primi

6 mesi dell’anno il Valpolicella Ripasso DOC

imbottigliato sfiora già gli 8 milioni di bottiglie.

A ricercarlo sono soprattutto i nord europei,

svedesi, danesi ed inglesi, notoriamente

amanti dei rossi veronesi ed attratti da questo

vino, particolare ed eclettico. Caratterizzato

da una buona alcolicità, da una acidità un

po’ più bassa dell’Amarone ma comunque

sostenuta, da una piacevole rotondità al gusto,

presenta un valore in estratti e in sostanze

fenoliche sostenuto, avvantaggiandosi

dell’invecchiamento di un anno previsto dal

disciplinare.

Page 80: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

dei grappoli nei cosiddetti “pi-

cai” cioè appesi alle travi (sui

picai) in arieggiati granai. È una

tecnica molto antica, un’arte

contadina paziente ed accu-

rata propriamente tipica della

zona. E l’unico “Recioto” al di

fuori della Provincia di Verona.

Il disciplinare prevede l’uti-

lizzo del vitigno Garganega

per almeno l’80% e per il ri-

manente da uve dei vitigni

Pinot Bianco, Chardonnay e

Trebbiano di Soave (nostra-

no) fino ad un massimo del

20%. La Garganega è il viti-

gno autoctono e antichissimo

delle colline di Gambellara ed

il più importante della pro-

vincia di Vicenza. Il Recioto

di Gambellara è prodotto

in due tipologie: Classico e

Spumante. Il risultato è un vino

dal colore giallo dorato inten-

so, dai sentori di frutta matura

e passita, con aromi di vani-

glia, dal sapore intenso e per-

sistente, abboccato, morbido

e caldo. Adatto a formaggi,

caprini freschi o più stagiona-

ti e con biscotteria a base di

mandorle. Va servito a 12° C.

Ha ottenuto il riconoscimento

della Docg nel 2008.

Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Il primo Aprile del 2010 è sta-

ta una data storica per que-

sto vino dalle straordinarie

performance commerciali. Da

quel giorno infatti sono state

poste in vendita le prime bot-

tiglie con la Denominazione

Controllata e Garantita che ha

sancito un cambiamento radi-

cale nel panorama viticolo ita-

liano portando alla definizione

di due differenti livelli qualitati-

vi: l’attribuzione della Docg per

il Conegliano Valdobbiadene

comprendente l’area storica e

la creazione di una Doc che va

a includere tutte le altre aree

di produzione (9 province tra

Veneto e Friuli Venezia Giulia )e

sostituendo tutte le attuali Igt.

La zona di produzione del

Conegliano Valdobbiadene

Prosecco Superiore Docg si

estende nella fascia collinare

della provincia di Treviso, ap-

prossimativamente compresa

in un triangolo tra i centri di

Vittorio Veneto, Conegliano e

Valdobbiadene. Un insieme

di catene collinari che dalla

pianura si susseguono fino

alle Prealpi, ad uguale distan-

za dalle Dolomiti - da cui ri-

mangono protette a nord - e

dall’Adriatico, che influenza

positivamente il clima e la na-

tura del paesaggio. La vite è

coltivata solo nella parte più

soleggiata dei colli, ad un’al-

titudine compresa tra i 50 e i

500 metri sul livello del mare,

mentre il versante nord è

spesso ricoperto di boschi.

Il territorio è composto da

15 comuni e si estende su

un’area di circa 18.000 etta-

ri di superficie agricola di cui

5000 a vigneto lavorato da

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 578

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o

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Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5 79

speciale Veneto

circa 2800 vignaioli, con una

produzione di più di 50 milioni

di bottiglie, delle quali 15 mi-

lioni distribuite all’estero per

più di 370.000.000 di euro.

Come tradizione, il vino vie-

ne prodotto con un minimo

dell’85% di uve del vitigno

“Glera” e, per un massi-

mo del 15%, di uve Verdiso,

Bianchetta, Perera. Per la ti-

pologia Spumante Superiore

si possono utilizzare anche le

uve Pinots e Chardonnay.

L’origine di questo vitigno è

affascinante e misteriosa; ori-

ginario della zona di Prosecco

in Provincia di Trieste dove

viene tutt’ora coltivato, sareb-

be successivamente appro-

dato sulle colline Trevigiane e

sui Colli Euganei dove prende

il nome di Serprino. Per alcuni

era addirittura già conosciuto

ai tempi dell’Impero Romano

con il nome di “Pucinum”,

da cui si otteneva un vino

particolarmente apprezzato

dall’imperatrice Livia moglie

di Augusto,la quale visse sino

alla veneranda età di 83 anni.

Solo nel 1773 lo troviamo cita-

to tra i vitigni coltivati nell’Alta

Provincia di Treviso. Nel seco-

lo XX° con l’introduzione della

spumantizzazione con il me-

todo Charmat o Martinotti si è

avuta la nascita del fenomeno

“Prosecco” sino alla creazione

di uno stile che non ha eguali

al mondo nel panorama delle

bollicine. Vitigno semiaroma-

tico di grande freschezza che

ha trovato nella tecnica della

spumantizzazione la sua mas-

sima espressione originando

vini leggeri floreali e fruttati, di

corpo snello e di buona armo-

nia complessiva. La ricorrente

crisi dei consumi che affligge

molti vini non sembra toccare

più di tanto il Prosecco, in un

saggio equilibrio fra fascia di

prezzo medio-bassa e medio-

elevata ma è soprattutto la sua

fragranza aromatica a farne

uno dei più gradevoli, freschi e

gioiosi vini del nostro Paese.

Nella nuova Docg si avranno

le tipologie di vino Tranquillo,

Frizzante, Spumante

Superiore (con il metodo

Charmat).

AI vertice qualitativo della

Denominazione Garantita ri-

mane lo spumante della sto-

rica sottozona del “Superiore

di Cartizze”: si tratta di una

piccola zona (100 ettari a San

Pietro di Barbozza) dove le vi-

gne sono ancor più in vertica-

le, addossate a colline ripide

esposte magicamente a sud.

Il Valdobbiadene Superiore

di Cartizze può essere pro-

dotto soltanto nella tipologia

Spumante,con una resa in vi-

gneto di 120 qli/ha.

La possibilità di abbinamen-

to del Prosecco Docg sono

quasi infinite. È quindi a tutti

gli effetti un vino moderno, di

appeal. Il binomio bollicine ed

acidità presenti nel Prosecco

Docg ha la capacità di pulire la

bocca ed i diversi residui zuc-

cherini per tipologia lo rendo-

no adatto alla cucina salata,

speziata o piccante.

colli Asolani Prosecco o Asolo – Prosecco Docg La zona di produzione delle

uve atte alla produzione dei

vini a DOCG “Colli Asolani o

Asolo – Prosecco” compren-

de 15 comuni trevigiani sparsi

a ovest del fiume Piave: dal

Montello nota formazione bo-

scosa che si leva verso est ai

colli di Asolo,sui confini verso

il Monte Grappa, lungo dolci

colline verdi di vigneti e bo-

schi dove l’antica tradizione

vitivinicola vede nel Prosecco

(da vitigno Glera) il prodotto

di massimo prestigio enolo-

gico, tanto da essere inserito

quest’anno nell’elenco delle

Docg italiane.

Può essere prodotto nelle

versioni: tranquillo, frizzante e

spumante superiore

Dal colore giallo paglierino

brillante,si distingue per una

spuma fine e persistente, dai

gradevoli sentori di frutta(mela

e pera),con bella freschez-

za acida e notevole sapidi-

tà. Perfetto come aperitivo,

accompagna antipasti, primi

piatti e secondi di pesce.

Page 82: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 580

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o

Da quando la vitivini-

coltura è diventata

oggetto di interesse

economico, il viticoltore ha

cercato di valorizzare la pro-

pria produzione individuando

dei canali di vendita che gli

garantissero dei redditi sicuri

ed appropriati allo svolgimen-

to della propria attività; in un

contesto rurale caratterizzato

da dimensioni aziendali ridotte

(ettari 1,87 la media regionale

delle aziende viticole) e quindi

da scarsa competitività com-

merciale, non esistevano al-

ternative all’associazionismo

che ha quindi trovato terreno

fertile per diffondersi in manie-

ra uniforme in tutte le provin-

ce. Ma da dove nasce, perché

e quando nasce il movimento

cooperativistico?

Il fenomeno cantine sociali è

sorto e si è sviluppato dopo

l’ultimo dopoguerra. Alla fine

della guerra esistevano infatti

solo 6 Cantine sociali: Soave,

Cazzano di Tramigna, Illasi e

S.Pietro in Cariano in Provincia

di Verona e Tezze di Piave e

Cantine Marescalchi a Treviso

ed è proprio in queste due

province che esiste la massi-

ma concentrazione.

Per oltre il 90% la viticoltura

veneta è formata da aziende

familiari a conduzione diretta,

questo ha facilitato la diffu-

sione della cooperazione. Ma

l’ha favorita anche la presenza

in Veneto di un Istituto speri-

mentale per la Viticoltura e di

un Istituto agrario Statale per

la viticoltura e l’enologia che

hanno fornito da una parte un

valido supporto per la ricerca,

dall’altra, un vivaio di uomini

cui ha attinto anche e soprat-

tutto la cooperazione.

Le Cantine Sociali hanno e

stanno adempiendo a due

funzioni basilari: difendere il

socio dalle speculazioni com-

merciali e recuperare e svi-

luppare la tipicità delle produ-

zioni venete. Da strutture che

inizialmente hanno assolto il

compito di recuperare le pro-

duzioni delle piccole aziende

per farne dei vini di massa con

prezzi accessibili destinati ad

un mercato che in quegli anni

assorbiva grandi quantitativi di

vino, si è passati progressiva-

mente al miglioramento quali-

tativo delle produzioni per rag-

giungere, in molte situazioni,

livelli di qualità pari o superiori

Il mondo della cooperazione nella viticoltura veneta

del Prof. Silvio Dalla Torre

Le Cantine Sociali hanno e stanno adempiendo a due funzioni basilari: difendere il socio dalle

speculazioni commerciali e recuperare e sviluppare la tipicità delle produzioni venete.

Page 83: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5 81

speciale Veneto

a quelli delle Cantine private.

Nel 1970, si è raggiunto il

numero massimo di struttu-

re esistenti con 57 Cantine e

36.000 soci complessivi.

Attualmente il numero si è ri-

dotto a 39 con 26.000 soci,

800 dipendenti e 460 milioni

di euro come valore di pro-

duzione; da segnalare che 7

Cantine sociali rappresentano

il 47% dell’intera produzione

regionale. Questa riduzione fa

seguito ad operazioni di ag-

gregazione e fusioni attuate

a partire dagli anni 90 provo-

ca-te da una parte alla man-

canza di competitività nonché

alla difficoltà di sostenere spe-

se di gestione troppo elevate

in strutture di dimensioni limi-

tate, dall’altra dalla esigenza

imposta dai nuovi orizzonti

del mercato vitivinicolo e dalla

globalizzazione, di fare “mas-

sa critica”, di disporre cioè di

quantitativi di prodotto consi-

stenti per poter asseconda-

re le richieste del mercato in

continua evoluzione. Un primo

tentativo di “mettersi assie-

me” per affrontare il mercato

si è avuto negli anni 80 con la

nascita del Consorzio Cantine

della Marca Trevigiana una

cooperativa di secondo grado

tuttora esistente ed operativa.

Ma le grandi aggregazioni si

sono avute in questi ultimi anni

e fanno riferimento alla provin-

cia di Verona, dove sono state

create delle “megastrutture”

come COLLIS VENETO WINE

GROUP: nasce nel giugno

2008, dalla collaborazione

di due colossi del ramo vini-

colo veneto come la Cantina

di Colognola ai Colli e l’in-

sieme delle Cantine dei Colli

Berici comprendente Lonigo,

S.Bonifacio e Barbarano

Vicentino, assieme all’azienda

Cevico, importante consorzio

di secondo grado con sede a

Lugo di Romagna. Le cantine

continuano ad occuparsi del

rapporto coi viticoltori e della

raccolta dell’uva, demandan-

do al gruppo Collis la trasfor-

mazione e la successiva co-

mercializzazione dei prodotti.

3000 soci viticoltori, 6700

ettari di vigneto, di cui 2800

di Colognola ai Colli e 3900

di Cantina dei Colli Berici – si

affaccia sul mercato nazionale

come un colosso da 1,4 milio-

ni di quintali di uve per un cor-

rispettivo di oltre 1 milione di

ettolitri di vino l’anno lavorati in

6 stabilimenti di vinificazione.

In termini percentuali il nuovo

consorzio vitivinicolo veronese

di secondo grado raggiunge,

con Colognola e la Berici, il

15% della produzione veneta.

Sempre nel veronese altro

colosso è rappresentato dalla

Cantina di Soave dove negli

anni ‘70 incominciò ad esse-

re attuata la politica di cresci-

ta per incorporazione di altre

realtà più piccole della zona.

Così nel 1979, venne acqui-

stato lo stabilimento di Ruffo.

Nel luglio del 1996, attraverso

l’incorporazione della Cantina

Sociale di Valtramigna, la

Cantina di Soave acquista la

dimensione attuale potenzian-

do così la capacità di confe-

rimento dell’uva da parte dei

propri soci. Infine, nel 2006,

è stato approvato anche il

progetto di fusione con la

Cantina di Illasi e recentemen-

te con quella di Montecchia.

Complessivamente Soave

oggi trasforma circa 800.000

q.li d’uva che aggiunti ai

quantitativi di Collis fanno

circa il 30% della produzione

regionale. Indubbiamente due

grosse realtà che creano una

massa critica importante con

la quale si dovranno confron-

tare gli acquirenti locali.

Aggregazioni di più contenuta

entità sono state attuate an-

che in Provincia di Treviso con

la Cantina Viticoltori di Ponte

di Piave che ha aggregato

negli ultimi anni le Cantine

di Villorba, nonché quelle di

Caposile ed Eraclea in pro-

vincia di Venezia; altrettanto

importanti sono risultate le

collaborazioni fra le Cantine

produttori riuniti del Veneto

Orientale, Cantina di Jesolo e

Cantina Produttori di Campo

di Pietra. È indubbio che in fu-

turo anche in questa provincia

si dovrà procedere secondo la

logica e la necessità delle fu-

sioni e delle aggregazioni per

poter competere sul mercato.

Page 84: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 582

spec

iale

Venet

o

Per quanto riguarda la produ-

zione vinicola invece, ormai

da alcuni anni il Veneto è al

primo posto nella graduatoria

nazionale con una media di

8 milioni di ettolitri che deriva

dalla trasformazione di circa

11 milioni di uve prodotte. In

questa graduatoria è seguito a

distanza da Emilia Romagna,

Sicilia e Puglia.

Di questo quantitativo il 54%

è rappresentato da vini bian-

chi, il resto da rossi e rosati;

ancora, il 29% da vini DOC

e DOCG, il 61% da vini IGT

e il 10% da vini da tavola.

Consultando ancora i dati

diffusi dalla Regione Veneto,

si può osservare come la

maggior concentrazione della

categoria più nobile risulta in

provincia di Verona con ol-

tre il 62% del totale regionale

ben rappresentata da deno-

minazioni importanti come

il Valpolicella, l’Amarone, il

Bardolino e il Soave.

Per quanto attiene alle varie-

tà più rappresentate, si indi-

vidua il Prosecco (da ora in

poi chiamato Glera a livello

di vitigno a seguito della rifor-

ma della DO Prosecco con

decisione del D.M. 17 luglio

2009 che riconosce la “riser-

va del nome” per questo vino)

come la varietà più coltivata

(il 25,1% del totale regionale)

e concentrato per il 90% nel-

la Provincia di Treviso (più di

un terzo nella zona classica di

Conegliano e Valdobbiadene)

seguito dal Merlot diffuso in

tutta la Regione specialmen-

La fisionomia vitivinicola del Veneto

del Prof. Silvio Dalla Torre

Il Veneto occupa una posizione importante nel panorama vitivinicolo nazionale.

ProVinciA

BELLUNO 23 0.1

PADOVA 5.326 7.6

ROVIGO 263 0.4

TREVISO 26.403 36. 9

VENEZIA 6.207 8.8

VICENZA 7.212 10.3

VERONA 25.253 35.9

TOTALE 70.686 100

SuPerFicie ViTATA (hA) % Su ToTAle

Dati AVEPA 2009

Alivello di superfici vitate risulta al terzo posto con oltre 70 mila ettari coltivati preceduto

dalla Sicilia (oltre 125 mila ettari) e dalla Puglia (circa 100 mila ettari) e con la seguente

suddivisione per province:

Page 85: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

speciale Venetote negli areali di pianura e dal

Garganega ben rappresentato

nel vicentino ma soprattutto

nella zona del Soave.

Una annotazione particolare

riguarda la dimensione del-

le aziende vitivinicole vene-

te; esaminando i dati dello

Schedario vitivinicolo veneto

si può rilevare che le aziende

attive nel 2008 sono risultate

pari a 41.714; ne risulta per-

tanto una superficie media

aziendale regionale di circa

1,7 ettari; a livello provincia-

le la provincia di Verona con

2,93 ettari risulta quella con la

superficie media più elevata

seguita a distanza di Treviso

con Ha 1,86.

Relativamente alle produzioni

soggette a denominazioni, il

Veneto vanta ben 8 DOCG:

Bardolino superiore, Soave

superiore, Recioto di Soave,

Recioto della Valpolicella,

Amarone, Recioto di

Gambellara, Prosecco di

Conegliano e Valdobbiadene

e Prosecco dei Colli Asolani.

Di queste “nobiltà” si parla in

un apposito articolo di questo

speciale. A tutt’oggi risultano

inoltre presenti 27 DOC distri-

buite sull’intero territorio re-

gionale in maniera abbastanza

omogenea.

Secondo i dati della Regione

Veneto, Direzione sistema

statistico regionale, oltre il

50% del vino prodotto (nel

2008 - 4.590.000 ettolitri) vie-

ne destinato all’esportazione;

in termini di valore, sfiora 1 mi-

liardo di euro; in questo ambi-

to si colloca come la regione

italiana maggiore esportatrice

con il 27,6% del totale nazio-

nale, seguita da Piemonte,

Toscana, Trentino Alto Adige

ed Emilia Romagna. I mercati

più importanti sono rappre-

sentati dalla Germania con il

34% della quantità esportata,

seguiti dal Regno Unito, USA,

Canada, Svizzera e Francia.

A conclusione di questa serie

di informazioni sulla situazione

della vitivinicoltura veneta, non

si può non ricordare l’impor-

tanza che nel corso degli anni

ha assunto, in questo settore,

la cooperazione; basta solo

qualche dato: 40 mila ettari

coltivati (il 57% del totale re-

gionale), 39 Cantine Sociali,

26 mila soci.

02 PAGINA VENEZIA 205X137.indd 1 22-07-2010 17:35:01

Page 86: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Padova: la ricca produzione

agroalimentare, oltre 100 prodotti tipici

Chi conosce almeno un

po’ i prodotti agroali-

mentari della provin-

cia di Padova ha certamente

sentito parlare della gallina

padovana e forse anche della

gallina di Polverara.

La prima allevata fin dal 1400,

è inconfondibile per il gran

ciuffo di penne sul capo, una

barba sul mento e dei favo-

riti sulle guance, con un piu-

maggio che può essere nero,

bianco, dorato, camoscio o

argentato. Sorella di questa è

la gallina di Polverara, diffusa

soprattutto nella varietà nera

e dotata con un ciuffetto ritto

sulla testa.

Entrambe hanno carni pregia-

tissime, ricercate dai buongu-

stai e preparate con arte antica

nei migliori ristoranti padovani.

Ma nella “corte padovana” si

trovano anche faraone, tac-

chini, anatre germanate, cap-

poni e capponesse, piccioni,

oche, conigli e maiali, tutte

carni che concorrono al ce-

lebre Gran bollito, vanto della

cucina di questa provincia e

ad altre preparazioni tradizio-

nali e particolari come il pollo

latte e miele, autentica squisi-

tezza allevata nel Conselvano

o i Torresani di Torreglia pro-

dotto dell’area colli.

Di particolare valore, per la sua

ben nota bontà, è il Prosciutto

Veneto Berico Euganeo

DOP,dal profumo caratteristi-

co, gusto dolce e morbido,

colore rosa tenue essenzial-

mente prodotto nell’area della

Bassa Padovana in particolare

nel Montagnanese. Accanto

al Parsuto de Montagnana e

al Prosciutto dolce d’Este, va

ricordata tutta la gamma degli

insaccati prodotti nella mag-

gior parte anch’essa nell’area

del Montagnanese, dell’Esten-

se e del Conselvano, ancora

secondo le antiche tradizioni

di casa, come la Sopressa e il

Salame Padovano, la Spressa

di Cavallo, gli Sfilacci di Cavallo,

il Prosciutto d’Oca, l’Oca in

Onto, la Luganega Padovana,

la Lingua Salmistrata, il

Cotechino di Puledro, i Sisoi,

i Nerveti.

Anche gli orti concorrono ad

arricchire il patrimonio agro-

alimentare del Padovano,

buona parte infatti dei ce-

lebri Radicchio variegato

di Castelfranco, Radicchio

rosso di Treviso precoce,

Radicchio rosso di Treviso

tardivo, Radicchio rosso di

Chioggia, Radicchio rosso

di Verona, l’Insalata di Lusia

e il Radicchio Bianco Fior di

Maserà, tutti IGP, si produ-

cono in provincia di Padova,

dove c’è pure un’ottima pro-

duzione di Asparagi bianchi

IGP, Aglio e il particolare Mais

Biancoperla.

Non tutti sanno che nel pa-

dovano si producono anche

particolari formaggi di pe-

cora nell’area tra Borgoforte

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 584

spec

iale

Venet

o

Gallina Padovana

Page 87: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

ed Anguillara e la burrata di

bufala prodotta direttamente

negli allevamenti presenti nel

piovese, vi è anche una buo-

na produzione dei formaggi

DOP, Grana Padano, Asiago

e Montasio.

Fra gli ortaggi un posto impor-

tante è occupato dalla Patata

Merica IGP di Anguillara Merica IGP di Anguillara Merica IGP

Veneta e Stroppare, mentre

per quanto riguarda la frutta,

la provincia di Padova ha dei

prodotti elitari, come la Mela e

la Pera di Castelbaldo, prodot-

te nella zona del Conselvano

e del Monselicense e sempre

nella stessa area, la Pesca

di Pernumia, terra natale del

commediografo e lettera-

to Angelo Beolco, il celebre

Ruzante e ancora la Ciliegia,

la Castagna e Marroni dei Colli

Euganei, il Miele della Bassa e

dei Colli Euganei e la dei Colli Euganei e la dei Colli Euganei Giuggiola

di Arquà Petrarca.

Una citazione doverosa è per

l’Olio extravergine d’oliva dei

Colli Euganei, ottenuto da due

varietà autoctone (Rasara e

Marzemina), mentre negli im-

pianti più recenti si trovano

le varietà Leccino, Frantoio e

Pendolino.

Di materie prime nel padovano

ce ne sono dunque a sufficien-

za per realizzare una cucina

capace di esaltare i piatti della

tradizione, presentati sovente

in forme nuove ed eleganti,

secondo le esigenze delle die-

tetica moderna, senza tuttavia

perdere i profumi e i gusti dei

vecchi piatti di casa.

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5 85

speciale Veneto

Gallina di Polverara

Padova:il cuore del Veneto

L’Università, Sant’Antonio, le ricchezze artistiche, le attività culturali e il moderno complesso termale fanno

di Padova una delle capitali del turismo italiano

Narra Tito Livio che

Padova fu fonda-

ta nel 1132 a.C. da

Antenore, il principe troiano

fuggito dalla sua città con-

quistata dai Greci. Padova è

uno dei principali centri della

cultura paleoveneta; gli studi

fin qui condotti confermano

che i Paleoveneti arrivarono

dall’Anatolia attorno al Mille

a.C., in un periodo caratte-

rizzato da grandi migrazio-

ni attorno al Mediterraneo.

Di quegli antichi secoli delle

epoche paleoveneta, romana

e medioevale, sono rimasti

molti importanti reperti, gelo-

samente conservati soprattut-

to nel museo di Este (Museo

Nazionale Atestino, www.

ceramicadieste.it/museoat/

museo.htm). Oggi Padova è

un vivace centro culturale e

commerciale, ricco di monu-

menti religiosi e civili, palazzi

di grande pregio, un’Universi-

tà, fondata nel 1222, fra le più

prestigiose d’Europa. Oltre

all’Ateneo, frequentato da

studenti provenienti da tutto il

mondo, la principale attrazione

è la Basilica di Sant’Antonio,

Padova

Page 88: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 586

spec

iale

Venet

o

Il Prato della Valle

costruita a partire dal 1232,

quotidiana meta di pellegrini

in visita alla tomba del Santo.

Altro luogo di grande interes-

se culturale è la Cappella degli

Scrovegni (www.cappellade-

gliscrovegni.it), affrescata da

Giotto. Capolavoro della pittu-

ra italiana ed europea, quello

degli Scrovegni è considerato

il ciclo più completo di affreschi

realizzato dal grande maestro

toscano nella sua maturità.

Uscendo dalla città si arriva

velocemente nell’area dei Colli

Euganei, comparto di rara

bellezza paesaggistica dagli

scorci stupendi, luogo scelto

dal poeta Francesco Petrarca

(1304-1374) per trascorrere,

nell’affascinante e silente bor-

go di Arquà, gli ultimi anni del-

la propria vita.

Immerse nel verde dei Colli

Euganei, sorgono le città ter-

mali di Abano e Montegrotto,

con attorno i centri mino-

ri di Galzignano, Battaglia e

Monteortone di Teolo. I grandi

alberghi e i complessi termali,

modernissimi e ottimamen-

te attrezzati, luoghi ideali per

ritrovare equilibrio, benesse-

re e bellezza, sono frequen-

tati da un’esigente clientela

internazionale. Da Padova

o da Abano è poi doverosa

una piccola fuga alla vicina

Praglia, sempre sui Colli, per

ammirare il grande comples-

so dell’Abbazia Benedettina,

sorta nell’XI secolo, centro re-

ligioso, culturale e artistico fra i

più importanti del Veneto.

Il territorio padovano offre

itinerari turistici di grande fa-

scino, con le città murate

di Este e Montagnana (sul-

la strada per Mantova) e di

Cittadella (sulla strada per

Bassano del Grappa), con

gli importanti centri agrico-

li, industriali e commerciali

di Camposampiero, Piove di

Sacco, Conselve e Monselice,

che all’interno dei loro centri

storici e tra le verdi campagne

venete, celano tesori di inesti-

mabile valore architettonico,

storico e culturale. E dovunque

antichi Castelli, splendide ville

(a Padova inizia la ben nota

“Riviera del Brenta”), palazzi

signorili, musei con importanti

reperti d’epoca paleoveneta,

romana, longobarda e me-

dioevale, nonché ricchissime

pinacoteche a cominciare dai

Musei civici di Padova (Tel.049

82045450 – 51) e, sempre in

città, il Museo diocesano di

Arte Sacra, (Tel. 049 652855)

anch’esso meritevole di un’at-

tenta visita.

Page 89: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5 87

speciale VenetoPadova una ristorazione

d’assoluta eccellenzaPadova ha avuto l’intelligen-

za di conservare il patrimonio

gastronomico tramandato

dalle precedenti generazioni,

difendendo la propria identità

legata alle tradizioni culinarie

del territorio, raggiungendo

nella ristorazione vertici da as-

soluto primato internazionale

con il Ristorante Le Calandre

a Rubano, tre stelle Michelin,

eccellenza raggiunta anche

dai ristoranti Meridiana a

Piove di Sacco, stella Michelin

e La Montecchia a Selvazzano

Dentro, altra stella Michelin.

Nel territorio ci sono numerosi

altri ristoranti assolutamen-

te degni di menzione, per la

professionalità degli operatori,

squisitezza dei piatti ed eccel-

lenza della cantina. Fra tutti

ricordiamo La Montanella ad

Arquà Petrarca e Boccadoro

a Noventa Padovana, sicu-

ramente meritevoli della stel-

la e poi ancora, fra i tanti,

l’Hostaria San Benedetto a

Montagnana; Ai Porteghi a

Padova, Dotto di Campagna

a Padova, La Saccisica

a Piove di Sacco, Piroga

(049.637225) a Tencarola di

Selvazzano Dentro, Antica

Trattoria al Bosco a Saonara,

Montegrande a Rovolon, tutti

uniti da un unico simbolo, la

gallina con il ciuffo, dell’As-

sociazione RISTORAnsociazione RISTORAnsociazione RISTORA TORI

PADOVANI, sinonimo

dell’amore e passione per

una professione che esal-

ta le valenze enogastrono-

miche padovane. Numerosi

sono comunque i ristoranti e

le trattorie di buona qualità,

in città, nell’area termale dei

Colli Euganei e nei vari centri

dell’Alta e della Bassa, che

presentano ricercatezze anche

internazionali, per non parlare

di una rete di numerosi agri-

turismo, per chi a discapito di

alcuni piaceri a volte irrinuncia-

bili, vuole a poco prezzo avere

comunque prodotti agroali-

mentari di qualità a chilometri

zero e nel contempo assapo-

rare una cucina tradizionale,

che si incontra e viene ripro-

posta ovunque, soprattutto

nelle feste e le sagre paesane,

dove nelle locali “bettole” il

volontariato di abili mani casa-

linghe, propone immancabil-

mente, bigoli e gnocchi con i bigoli e gnocchi con i bigoli e gnocchi

vari sughi e le carni alla brace

con polenta, il musso in tocio

con polenta, i fasoi in tocio o

co ea siola, il baccalà in varie

forme sempre e immancabil-

mente con polenta, le trippe

in umido o le trippe in mine-

stra, le verze scaltrie o sofegà.

Una degna menzione bisogna

fare alla pasticceria padovana,

dove l’arte dolciaria dei mae-

stri pasticceri e sempre e co-

munque legata alla tradizione,

con una serie di numerosi pro-

dotti, prevalentemente di pa-

sticceria secca o povera, tra-

mandata da un’antica cultura

contadina, come ad esem-

pio la Fugassa padovana, la

Smejassa, il Pan del Santo,

la Torta Figassa, la Schisotta,

la Rosegota e poi tra i biscot-

ti, i Zaleti, i Pevarini, i Merleti

di santantonio, i Crostoli e le Crostoli e le Crostoli

Fritee. Un mondo di dolcezze

tutte rigorosamente ad alta

conservazione, come si usava

un tempo e possibilmente da

poter “tociar” o sul latte o sul

“vin”.

Gnocchetti di ricotta al Ristorante La Montanella

Ravioli alle erbette del Ristorante BoccadoroRavioli alle erbette Ravioli alle erbette Ravioli alle erbette Ravioli alle erbette del Ristorante Boccadorodel Ristorante Boccadorodel Ristorante Boccadorodel Ristorante Boccadoro

La seppia secondo l'Antica Trattoria dei PaccagnellaLa seppia secondo l'Antica Trattoria dei Paccagnella

Pad

ova

Page 90: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Padova, grande terra di vini

Una produzione enologica di grande pregio, conosciuta e apprezzata in tutto il mondo.

Publio Virgilio Marone

(70-19 a.C.), autore

dell’Eneide, passan-

do per la pianura veneta vide

i filari di vite e scrisse: Le viti

flessibili tessono ombre leg-

gere, disegnando armoniosi

fraseggi nei campi ben lavorati

da sapienti agricoltori. E pochi

decenni dopo Marziale

così scriveva a un ami-

co: Clemente, se tu vai

prima di me a vedere

il paese degli Euganei,

vicino a Padova, quei

colli rossi, di vigneti….

La tradizione vitivinico-

la nel padovano è dun-

que antichissima, ca-

duto l’impero romano,

ci penseranno i monaci

benedettini a rilanciare

la viticoltura nelle terre

annesse alle loro Corti,

dipendenti dall’Abba-

zia di Santa Giustina di

Padova, ad Anguillara,

C o n c a d a l b e r o ,

Correzzola, Legnaro

e in altri centri del-

la provincia, come pure le

terre annesse all’Abbazia di

Praglia. Se le prime testimo-

nianze risalgono al tempo dei

Paleoveneti, come conferma-

no i reperti del Museo di Este,

c’è stata dunque una ininter-

rotta continuità giunta fino ai

nostri giorni.

Le aree DocI vini prodotti in provincia

di Padova sono suddivisi

in 5 zone a Denominazione

di Origine Controllata: Colli

Euganei; Bagnoli; Merlara;

Corti Benedettine del

Padovano; Riviera del Brenta.

Nell’area dei Colli

Euganei ci sono dei Euganei ci sono dei Euganei

vini autoctoni molto

interessanti, a comin-

ciare dal Serprino, so-

migliante al Prosecco,

ottimo fuori pasto, con

gli antipasti magri e col

pesce. Poi c’è il Pinello,

un bianco fresco e deli-

cato che accompagna

benissimo il pesce e

le carni bianche e an-

cora il Moscato (bian-

co) e il Fior d’Arancio

(Moscato giallo), en-

trambi spumantizzati,

ottimi coi dolci e il se-

condo anche passito.

Poi ci sono, sempre

DOC, i vitigni interna-

zionali: Pinot bianco,

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 588

spec

iale

Venet

oP

adov

a

Page 91: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Chardonnay, Merlot, Cabernet

Franc e Sauvignon.

Interessante l’area di Bagnoli,

intensamente coltivata a

vite già in epoca romana.

Qui si produce uno splendi-

do Friularo (vitigno: Raboso

Piave), grande vino, amato da-

gli antichi nobili veneziani e dal

famoso commediografo Carlo

Goldoni, che in alcune sue

opere ne cita le virtù, eccellen-

te con le carni nobili e la cac-

ciagione, come pure, da sem-

pre, il Friularo passito, grande

vino da meditazione, ideale

coi formaggi piccanti e col

cioccolato. Nella produzione

DOC ci sono anche un Bianco

(Chardonnay, Sauvignonasse,

Friulano ed altri), adatto ad ac-

compagnare sia il pesce che

le carni bianche; un Rosso

(Friularo, Merlot, Cabernet),

per carni al forno, cacciagione

da pelo, formaggi invecchia-

ti; un Rosato (stesse uve del

Rosso) per carni bianche, trip-

pe, fritture di pesce, rane, fun-

ghi. E ci sono due Spumanti, il

Brut (Friularo vinificto in bianBrut (Friularo vinificto in bianBrut -

co, Chardonnay e altri) e il

Rosato, ottimi come fuori pa-

sto, aperitivo, pesce, formaggi

a pasta molle.

Più recente è l’apparizione di

un’importante vitivinicoltura

nella zona di Merlara, dove

anche qui, accanto agli inter-

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5 89

speciale Veneto

I vigneti Colli Euganei

Page 92: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

nazionali Merlot e Cabernet,

troviamo il Sauvignonasse

(ex Tocai), la Malvasia (per

primi di pesce, carni bianche

e soprattutto il Prosciutto

Veneto Euganeo, prodotto a

Montagnana), il Marzemino

frizzante (per i dolci della tra-

dizione locale a pasta secca)

e ancora un Bianco (Friulano,

Malvasia, Chardonnay,

Garganega), per primi di pe-

sce, formaggi e salumi legge-

ri; un Rosso (Merlot, Cabernet

e Marzemino) per salumi della

tradizione locale.

Molto ricca la produzione del

consorzio Corti Benedettine

del Padovano, con un ec-

cellente Raboso, anche nella

forma passita; un interessante

Refosco dal peduncolo rosso,

per carni rosse alla brace; un

Moscato spumante (giallo) per

il dessert, presente anche nella

forma passita, ottimo da me-

ditazione e per i biscotti sec-

chi. Non mancano i Cabernet,

il Merlot, i Pinot bianco e grigio

e il Sauvignon.

Ultima Doc nata è quella del-

la Riviera del Brenta, con

la produzione di vini pre-

senti anche nelle altre aree:

Sauvignonasse, Chardonnay,

Pinot bianco e grigio,

Cabernet, Merlot, Refosco dal

p. r. e Raboso.

Padova, dunque, produce vini,

con alte punte di eccellenza,

conosciuti ed apprezzati in

Italia e in molti paesi esteri.

liquori, distillati e birra. Nella provincia di Padova otre

a una florida produzione viti-

vinicola vi è una produzione

secolare di grappe, distillati di

frutta e liquori alle erbe, affidata

prevalentemente a due fami-

glie che hanno saputo impor-

re il loro marchio nel mercato

nazionale ed internazionale.

Le produzioni di questi distil-

lati di assoluta eccellenza, si è

sviluppata adiacente alle pro-

duzione vitivinicole più impor-

tanti della provincia, e dove la

materia prima era disponibile

in gran quantità, vale a dire a

Conselve e a Torreglia, ma poi

anche a Mestrino, a Ponte di

Brenta e a Cittadella. Di par-

ticolare pregio si produce a

Conselve una particolarissima

grappa barricata dal colore

ambrato, morbida e avvolgen-

te nel gusto e nei profumi, uni-

ca nel suo genere, mentre a

Torreglia impera il maraschino

molto usato in pasticceria e il

particolare Sangue Morlacco,

entrambi ricavati dalle ciliegie

abbondanti sui Colli Euganei,

vi sono inoltre nei Colli Euganei

distillati artigianali come il

Brodo di Giuggiole, tipico di

Arquà Petrarca. A Padova c’è

anche un imponente stabili-

mento di un noto marchio di

birra italiana, che qui produce

e commercializza i propri pro-

dotti per il nord Italia e l’est

europeo, mentre ultimamente

stanno prendendo piede nu-

merose piccole realtà produt-

tive di birra artigianale di otti-

ma e particolare qualità, che

durante la fiera del settore che

si svolge negli ampi padiglioni

della fiera di Padova, trovano

un numerosissimo pubblico

pronto a degustare birre di

ogni tipo e genere, stranezze

incluse.

Curiosità: Padova città dei tre senza, capitale dello Spritz.Non tutti sanno che Padova

è anche detta la città dei tre

senza, vale a dire del “Caffè

senza porte” del “Prato sen-

za erba” e del “Santo senza

nome”. Il Caffè Pedrocchi

è uno dei simboli di Padova,

situato in centro è così detto

“senza porte” perché fino al

1916 restava aperto anche

di notte e il suo caratteristico

porticato aperto, permetteva

di attraversarlo liberamente da

un lato all’altro. Recentemente

il loggiato è stato chiuso, ma

per preservarne le peculiarità

originarie, sono state utilizzate

esclusivamente grandi porte

a vetro. Nato nei primi anni

dell’800, il Caffè Pedrocchi

divenne ben presto rinoma-

to per essere l’unico luogo in

cui chiunque poteva fermarsi

a leggere libri o giornali senza

obbligo di consumazione e la

sua vicinanza con l’Università

ne fece il fulcro della vita cul-

turale della città e luogo d’in-

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 590

spec

iale

Venet

oPadova

Page 93: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

contro di studenti, letterati ed

artisti. Prato della Valle, così

detto “senza erba” perché in

origine non vi cresceva erba,

ma solo alberi, poi questo im-

menso spazio svolse nel tem-

po diverse funzioni: fu teatro,

circo, luogo di combattimenti,

sede di fiere, giostre, mercati

e persino cimitero. È la secon-

da piazza più grande d’Euro-

pa, unica nel suo genere per

la particolare combinazione

di diversi elementi: il verde

dell’isola che si trova al cen-

tro, l’azzurro del canale che la

circonda e in cui si specchia-

no le 78 statue di autorità del

passato, l’equilibrio dei quat-

tro vialetti che portano tutti al

centro dell’isola Memmia ed

infine i ponti che le conferisco-

no uno speciale tocco di ro-

manticismo.

Per i padovani rappresenta il

punto di ritrovo, il luogo per

passeggiare, studiare, disten-

dersi sotto il sole o per fare

acquisti nel grande mercato

all’aperto del sabato o assi-

stere alle grandi feste e mani-

festazioni organizzate durante

l’anno. Sant’Antonio è per i

padovani semplicemente “Il

Santo” e quindi il Santo “senza

nome”. Grande è la devozione

che lega gli abitanti al patro-

no della città e straordinaria

è la basilica di Sant’Antonio,

conosciuta appunto come “Il

Santo” dove giacciono le sue

spoglie e le reliquie. Si trova

anch’essa al centro della città

e la sua struttu-

ra imponente è

caratterizzata

da una per-

fetta fusione

di elementi

romanici e

gotici, ricca

di misticità, ma

anche di piace-

volissimo stupore

nel momento in cui si

scopre d’essere di fron-

te alle opere di artisti come

Giotto, Mantegna e Donatello.

il rito dello SpritzPadova è anche un impor-

tante centro universitario, ciò

significa che una grande con-

centrazione di giovani vivono

e frequentano il centro e le

piazze della città, ma il feno-

meno solo padovano che si

consuma quasi ogni sera tra le

19,00 e le 21,00 e che affolla

in particolare Piazza delle Erbe

e un po’ Piazza dei Signori è

il rito storico e consolidato

dello Spritz. Forse è proprio a

Padova e comunque nel nord

est, che nasce lo Sprtz, duran-

te la dominazione Asburgica, i

soldati austriaci frequentando

le osterie e imparando veloce-

mente anche a bere la grande

varietà di vini locali, mal sop-

portavano però la loro grada-

zione elevata, pertanto era loro

abitudine ordinarlo allungato

con una spruzzata d’acqua,

infatti il nome Spritz derivereb-

be dal verbo tedesco spritzen

che

signifi-

ca spruzzare.

Lo Spritz “liscio” quindi, che

bevevano i soldati di un tem-

po e che ancora si usa bere a

Trieste e a Udine, in altre città

del Veneto invece si è evoluto,

ma in particolare a Padova e

provincia è diventato un vero

e proprio rito irrinunciabile,

motivo di incontro e di relax

in compagnia di amici, proba-

bilmente anche perché sem-

pre qui a Padova nel lontano

1919, nacque e venne pre-

sentato durante la locale fiera

campionaria, l'Aperol, il famo-

so liquore di color arancio a

bassissima gradazione (11°),

che nello Spritz Padovano

è immancabile, la cui ricetta

è composta da una parte di

Aperol, due di prosecco, una

spruzzata o meglio “una bot-

ta” di seltz o acqua gasata,

ghiaccio e fettina di arancio,

ma numerose possono esse-

re le varianti a seconda della

zona o del baretto che si fre-

quenta o del gusto personale

(www.spritz.it)

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5 91

speciale VenetoP

adova

Page 94: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Una preziosa gemma:la Mostra Nazionale

dei Vini di Pramaggiore a cura di Luciano Flavio Moretto

La Mostra Nazionale

Vini, società coope-

rativa agricola, è stata

nel tempo ed ancor oggi è ri-

masta, una delle istituzioni più

rappresentative nel settore vi-

tivinicolo del territorio dell’area

D.O.C. Lison – Pramaggiore.

Nasce nel 1946, nell’immedia-

to dopoguerra, come Comitato

per la promozione dei Vini locali.

L’intuizione di poter contare

su prodotti di alta qualità a

quei tempi, è stata di grande

importanza per l’agricoltura

locale in quanto ha posto le

premesse per una coltivazio-

ne più ampia e qualificata nel

territorio stesso.

I primi passi sono stati segna-

ti da raccolte di campioni di

vino dei vari produttori locali,

soprattutto Tocai, Merlot e

Cabernet, che venivano inviati

a Conegliano per l’esame chi-

mico e organolettico, e sotto-

posti poi ad una commissione

di esperti per selezionare e

premiare i migliori.

Due elementi sono stati fon-

damentali fin dall’inizio, e cioè

il contributo tecnico da parte

degli enologi, e le premiazio-

ni dei vini migliori che hanno

sollecitato di anno in anno

l’emulazione tra i produttori e

una sempre maggiore qualifi-

cazione del prodotto.

Le prime esposizioni si sono

tenute in una sala del cine-

ma abbandonata in centro

a Pramaggiore, poi succes-

sivamente presso il Salone

della scuola di avviamento

tecnico – agrario realizzata

dalla Provincia di Venezia in

centro a Pramaggiore, fino ad

arrivare ad essere ospitate nel

nuovo Palazzo costruito dalla

Regione del Veneto e con i

contributi del FEOGA sempre

a Pramaggiore.

Le iniziative di promozione

qualitativa vitivinicola realizza-

te dalla Mostra Nazionale Vini,

hanno avuto come riscontro

la diffusione nell’area Veneto

Orientale della coltivazione

specializzata della vite.

Nel tempo, sono state ottenu-

te le prime tre denominazioni

di origine controllata: Tocai di

Lison, Merlot e Cabernet di

Pramaggiore, successivamen-

te la gamma dei vini D.O.C. si

è ampliata a numerose altre

qualità che sono state tutte

ricomprese nella D.O.C. Lison

– Pramaggiore.

Nel frattempo, è sorto il

Consorzio per la tutela dei Vini

D.O.C. Lison - Pramaggiore

ed il Comitato “Strada dei Vini

D.O.C. Lison – Pramaggiore”

che hanno compiti di tute-

la della qualità del prodotto

e della promozione integrata

agricoltura e turismo.

Notevole impulso allo sviluppo

del settore vitivinicolo nell’area

Veneto Orientale lo hanno dato

le Cantine Sociali Cooperative

sorte a Portogruaro e a

Pramaggiore; esse, oltre ad

un azione di “scuola” per mi-

gliorare la produzione in cam-

po, garantivano l’assorbimen-

to del prodotto, la corretta

vinificazione e la vendita sul

mercato.

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 592

spec

iale

Venet

o

Page 95: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

La Mostra Nazionale Vini,

nel 1971 diventa Società

Cooperativa, ed allarga la par-

tecipazione alla società oltre-

ché ai privati produttori, anche

alle associazioni dei produttori

più rappresentative dell’area,

ai Comuni, alla Provincia di

Venezia, alla C.C.I.A.A., all’En-

te di Sviluppo Agricolo della

Regione Veneto e si appresta

a diventare la società più rap-

presentativa dell’intera area

Veneto Orientale.

Le selezioni dei vini locali,

nel tempo, sono diventate

Concorsi Enologici Nazionali,

autorizzati di anno in anno dal

Ministero per le politiche agri-

cole ed agroalimentari, mentre

la Mostra Campionaria si am-

plia a rappresentare tutte le

Regioni viticole italiane.

La gestione dei Concorsi

Nazionali viene affidata all’As-

sociazione Enologi Enotecnici

Italiani che garantisce la serie-

tà e la correttezza degli stes-

si.

Dal 1979, la Mostra Nazionale

Vini inizia una nuova attività in

accordo con la Regione del

Veneto, all’interno del Palazzo

Mostra, che è l’Enoteca

Regionale del Veneto.

La motivazione e la scelta di

Pramaggiore, non sono state

casuali ma dovute alla dispo-

nibilità di una sede ed alla vi-

cinanza al grande serbatoio

turistico delle spiagge dell’Alto

Adriatico.

Attualmente, la Cooperativa

Mostra Nazionale Vini gesti-

sce anche programmi di pro-

mozione per i prodotti tipici

del Veneto quali il Formaggio

Montasio, i vini biologici ed al-

tri prodotti veneti con progetti

finanziati dalla Regione Veneto

e dalla Comunità Europea.

Recentemente la proprietà

del Palazzo che è pubblica,

ha investito nel rinnovamento

esterno ed interno del Palazzo

per renderlo più funzionale ed

accogliente.

Ciò indica la volontà pubblica

di mantenere a disposizione

del territorio per la promozione

dei prodotti tipici del Veneto

Orientale in particolare, e del

Veneto, la struttura immobilia-

re che è a disposizione di tutti

i soggetti che operano per la

valorizzazione del territorio e

dei suoi prodotti.

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5 93

speciale Veneto

Concorso Enologico

Page 96: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Portogruaro

Terre dellaVenezia orientale: il Portogruarese

a cura di Annalisa Venturuzzo

Punto di partenza dell’iti-

nerario alla scoperta

del nostro territorio è

la città di Portogruaro, che

conserva nel suo centro sto-

rico l’originario impianto ur-

banistico medievale, davvero

suggestivo per la sua elegante

omogeneità, per la caratteri-

stica impronta veneziana dei

suoi palazzi e per gli scorci sul

fiume Lemene, che attraversa

tutta la città, articolata su due

assi viari principali che seguo-

no il corso fluviale sulle rive

opposte. L’origine del nome

composto di Portogruaro è

facilmente spiegabile nella pri-

ma parte facendo riferimento

all’antico porto commerciale

sul fiume Lemene; la seconda

parte, invece, come del resto

accade per il vicino comune di

Gruaro, è di difficile interpre-

tazione. Non essendoci una

soluzione certa, rimane nella

tradizione popolare il legame

con le gru che compaiono

nello stemma della città ai lati

della torre campanaria. Tradi-

zionalmente il documento del

10 gennaio 1140 con cui il

vescovo Gervino concesse a

un gruppo di mercanti (“por-

tolani”) una vasta area sulla

Portogruaro

tolani”) una vasta area sulla

Portogruaro

sponda sinistra del Lemene

Portogruaro

sponda sinistra del Lemene

Portogruaro

per la realizzazione di un porto

Portogruaro

per la realizzazione di un porto

Portogruaro

e delle relative strutture com-

Portogruaro

e delle relative strutture com-

Portogruaro

merciali viene considerato

Portogruaro

merciali viene considerato

Portogruaro

l’atto di fondazione della città.

Portogruaro

l’atto di fondazione della città.

Portogruaro

Determinanti furono il ruolo e

Portogruaro

Determinanti furono il ruolo e

Portogruaro

la posizione strategica della

Portogruaro

la posizione strategica della

Portogruaro

città nei traffici commerciali tra

Portogruaro

città nei traffici commerciali tra

Portogruaro

la lagune di Venezia e i paesi di

Portogruaro

la lagune di Venezia e i paesi di

Portogruaro

area germanica, come punto

Portogruaro

area germanica, come punto

Portogruaro

di passaggio delle merci dalla

Portogruaro

di passaggio delle merci dalla

Portogruarovia d’acqua alla via di terra. Fu

Portogruarovia d’acqua alla via di terra. Fu

Portogruarosoprattutto durante la domi-

Portogruarosoprattutto durante la domi-

Portogruaronazione veneziana che la città

Portogruaronazione veneziana che la città

Portogruarosi arricchì notevolmente. Oggi

Portogruarosi arricchì notevolmente. Oggi

Portogruaro

conta poco più di 25.000 abi-

Portogruaro

conta poco più di 25.000 abi-

Portogruaro

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 594

spec

iale

Venet

o

Scorcio di Portogruaro

Page 97: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

tanti.

Giunti in piazza della Repub-

blica, va segnalata l’elegante

facciata gotica del palazzo

municipale, costruito nella

sua parte centrale tra il 1372 e

il 1379. Interamente in mattoni

a vista, l’edificio si caratteriz-

za per la merlatura a coda di

rondine e il piccolo campanile

a vela alla sommità per richia-

mare le adunanze pubbliche.

Sul retro del municipio, in riva

al Lemene, dove un tempo si

svolgeva il mercato del pesce,

sorge l’oratorio della Pesche-

ria, dedicato alla Madonna per

volontà dei pescatori di Caro-

le. Poco più avanti i due mo-

lini, sicuramente tra gli edifici

più antichi della città, men-

zionati già in una bolla papa-

le del 1186, dal 1970 sono di

proprietà del comune e, dopo

il restauro, sono divenuti Gal-

leria Comunale d’Arte Con-

temporanea. Da qui si vedono

molto bene l’abside del duo-

mo e il campanile, contraddi-

stinto da una forte pendenza

verso la chiesa, dedicata al

patrono sant’Andrea aposto-

lo, in onore del quale si tiene

ogni anno una Fiera a fine

novembre (Antica Fiera delle

Oche e degli Stivali). Inoltre,

da più di vent’anni, tra la fine

di agosto e gli inizi di settem-

bre, un prestigioso Festival

Internazionale di Musica da

Camera, denominato “Estate

Musicale”, richiama musicisti

di fama internazionale da tutto

il mondo.

A breve distanza da Por-

togruaro, il centro urbano

intorno al quale gravitano

i paesi circostanti, si segna-

lano le frazioni di Pradipozzo

e Lison,entrambe parte del

territorio comunale. La zona

a Denominazione di Origine

Controllata “Lison Pramaggio-

re”, riconosciuta ufficialmente

nel 1985, comprende i territori

di gran parte dei comuni tra i

fiumi Livenza e Tagliamento e

prende il nome dal borgo di

Lison e dal paese di Pramag-

giore, “Città del Vino” (insieme

ad Annone Veneto e Santo

Stino di Livenza). Il toponimo

(dal latino pratus maius “pra-

to di maggiore estensione”)

allude chiaramente alla vo-

cazione prettamente agricola

del territorio, caratterizzato da

terreni pianeggianti formatisi

in seguito a depositi alluvionali

trasportati dalle acque.

All’interno dell’area di produ-

zione è sorta la Strada dei Vini

DOC “Lison-Pramaggiore”,

chiamata anche Strada dei

Vini dei Dogi, lungo la quale

un’apposita segnaletica indica

le aziende produttrici associa-

te al Consorzio di Tutela dove

è possibile degustare e acqui-

stare i vini locali. Pramaggio-

re ospita anche la prestigiosa

Mostra nazionale dei Vini ed

Enoteca Regionale dei Vini

del Veneto, realtà nella quale

sono disponibili gli oltre 300

vini prodotti in regione, oltre a

rinomate specialità enogastro-

nomiche.

Le scoperte archeologiche

a Concordia Sagittaria, l’an-

tica Iulia Concordia, colonia

romana fondata nel 42 o 40

a.C. presso l’incrocio tra le vie

consolari Annia e Postumia,

lungo il Lemene, ci rivelano

che in queste zone il vino era

prodotto e apprezzato già dai

tempi dell’impero romano, in

cui assumeva un grande si-

gnificato di ritualità collettiva e

convivialità.

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5 95

speciale Veneto

Portogruaro - il Porto fluviale

Page 98: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Probabilmente diffuso in que-

ste campagne dai monaci

benedettini insediatisi a Sum-

maga, abitato che dista solo

quattro chilometri da Porto-

gruaro, intorno alla fine del pri-

mo millennio, un’altra tipicità, il

Montasio DOP, si lavora come

è stato tramandato nei secoli

dai casari. In tavola trova po-

sto in ogni momento. Anche

Ippolito Nievo nel romanzo Le

confessioni di un italiano rac-

contava che nella cucina del

castello di Fratta, in comune

di Fossalta di Portogruaro, il

cameriere era impegnato per

buona parte della giornata a

grattugiare lo stravecchio.

Altro prodotto tipico dell’area

territoriale a cavallo tra Veneto

e Friuli è il lingual, un insacca-

to a base di lingua di maiale la

cui tradizione nasce ai tempi

della Serenissima Repubblica

ed è stata tramandata fino ai

nostri giorni dalla cultura con-

tadina. È tradizionalmente

consumato in occasione del-

la festa dell’Ascensione e, nel

portogruarese, in località Cinto

Caomaggiore, nel 2005 è nato

il Consorzio di Tutela.

Si tratta di un territorio

che ha molto da dire,

a partire dal proprio

patrimonio enologico di viti-

gni autoctoni, primo fra tutti il

Lison Classico (noto come to-

cai fino a qualche anno fa), ma

anche grazie alle interessanti

interpretazioni delle varietà in-

ternazionali.

Il territorio è anche un’area

fortemente vocata al turismo,

in perfetto equilibrio fra mare

e terra, che offre dalle spiagge

della riviera adriatica di Caorle

e Bibione ai vasti scavi arche-

ologi, dalle oasi naturali anco-

ra incontaminate ai numerosi

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 596

spec

iale

Venet

o

Lison Pramaggiore: una terra dei vini da scoprire

a cura di Francesca Amadio - Presidente della Strada Vini Doc Lison Pramaggiore

Una denominazione vinicola e un territorio tutti da scoprire, che in questi anni hanno saputo mantenere le proprie radici antiche ma guardare anche al futuro,

divenendo un polo moderno e avanzatodella viticoltura veneta. È questo il Lison Pramaggiore,

la “Doc di Venezia”.

Portogruaro

Page 99: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

percorsi d’acqua che bagna-

no città d’arte.

L’area fu scelta già dai Romani

come uno tra i più importan-

ti poli del Veneto Orientale,

come dimostrano ancora oggi

le numerose testimonianze, e

proprio a loro si deve l’intro-

duzione della vite.

E se in epoca romana il centro

principale era Julia Concordia,

in quella medievale

Aquileia e Sesto al

Reghena assunsero

un ruolo di primaria

importanza.

Risale al tardo Me-

dioevo, il centro sto-

rico di Portogruaro,

una delle cittadine

più caratteristiche del

Veneto, con il suo

municipio merlato, i

suoi portici, le ruote

dei mulini sul Lemene.

I Veneziani giunsero qua nel

XV secolo e i principali centri

si arricchirono di chiese e pa-

lazzi.

Il territorio divenne quindi la

“Terra dei vini dei Dogi”, quali-

fica ancor oggi usata per iden-

tificare il territorio. Pramaggio-

re in particolare, con il borgo

di Belfiore, divenne il “Vigneto

della Serenissima” perché

vocato alle produzioni di alta

qualità.

Avvicinandoci ai nostri giorni,

la viticoltura contribuì a risolle-

vare il territorio dopo la Prima

Guerra Mondiale e negli anni

Trenta una vasta azione di

bonifica e di modernizzazio-

ne della produzione agricola

e vinicola rese l’area di Lison

Pramaggiore all’avanguardia

nella produzione vitivinicola.

Oggi il Lison Pramaggiore si

è ulteriormente evoluto nel

rispetto per l’ambiente e ciò

ha portato i produttori ad in-

trodurre per primi l’agricoltura

biologica (oggi presente con

circa 400 Ha).

La Strada Vini Doc Lison

Pramaggiore in collabora-

zione con i suoi soci punta a

far visitare questo incantevole

territorio e presentarlo nella

sua complessità di ricchezze

artistiche, storiche, architet-

toniche e, ovviamente, eno-

gastronomiche, vero segreto

per la nostra promozione.

L’obiettivo è far conoscere

l’intera area che of-

fre davvero molto.

Tra tutti i numero-

si eventi che ogni

anno mettiamo in

calendario vorrei

ricordare la rasse-

gna Vinosofia, de-

dicata a turisti ed

appassionati. Dai

primi di giugno e

per 2 mesi gli ospiti

delle località balne-

ari possono divertirsi all’inse-

gna del ritmo slow e del bere

consapevole, con degusta-

zioni di buoni vini, musica e

letture presso gli alberghi, le

cantine e gli agriturismi e le

piazze dei Comuni nostri soci.

Ogni anno questa iniziativa ha

registrato migliaia di presenze

complessive.

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5 97

speciale Veneto

Scoprire il territorio lungo la Strada Vini Doc Lison Pramaggiore.I percorsi tematici.La Strada dei Vini D.O.C. Lison Pramaggiore è attiva fin dal 1986 ma ha ottenuto il riconoscimento ufficiale grazie alla legge Regionale del Veneto (17/2000) nel 2002. Si snoda idealmente lungo il percorso della romana Via Annia, da Venezia fino al confine con il Friuli. Il simbolo del Leone di S. Marco guida il visitatore nel riconoscere i produttori, le botteghe, gli alberghi e i ristoranti che compongono l’offerta turistica.Non si propone solo come zona di produzione di Vini a denominazione di origine controllata, ma vuole essere anche utile strumento per la valorizzazione dell’area nel suo complesso.Attraverso la Strada dei Vini doc Lison Pramaggiore il turista entra in luoghi di produzione che garantiscono la qualità dell’accoglienza accompagnandolo alla scoperta di un territorio ricco di risorse uniche, di storia e di paesaggi. Un territorio ricco di risorse, quello di Lison Pramaggiore, dove la cultura del vino è strettamente legata alla storia e all’ambiente. Una zona unica e tutta da scoprire, fra terra e mare...

Page 100: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Preparare e cucinareil pesce a Caorle è una tradizione

a cura di ciaocaorle

L’enogastronomia

offerta negli hotel

e negli alberghi di

Caorle rappresenta un moti-

vo per visitare Caorle e nel-

la maggior parte dei casi, un

motivo in più per ritornare a

Caorle anche fuori stagione

per assaporare un delizioso

piatto di pesce al ristorante in

una occasione speciale. Ecco

allora svelati i segreti dei piatti

tipici di Caorle, le più famose

ricette della tradizione che, a

seconda della stagione, ven-

gono proposte sulle tavole dei

nostri ospiti.

Gli Spaghetti al nero di SeppiaLa Pasta al nero di seppia” è

una specialità veneziana che

usa il nero delle seppie per le

sue qualità aromatiche e per il

colore dei piatti. Il nero conte-

nuto nella sacca delle seppie

serve non solo come protezio-

ne al mollusco per confondere

il campo visivo ai predatori,

ma anche a dare qualità e gu-

sto particolare alla pasta.

Il MoscardinoIl “Moscardin” è una qualità di

mollusco tipico del mare anti-

stante Caorle. Si pesca tutto

l’anno con le reti a strascico,

a “tirate brevi”, e con l’utilizzo

di attrezzi a ridotte dimensio-

ni. La tecnica di pesca usata

serve a dare minimo stress,

maggiore qualità e morbidez-

za al prodotto. È nella cottura

in lesso che si apprezza mag-

giormente il “Moscardin” ed è

per questo che è considera-

to una delle specialità tipiche

della cucina caorlotta.

Il Broèto(ovvero Pesce in umido)Questa vecchia ricetta veneta,

trae le sue origini nella zona di

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 598

spec

iale

Venet

oLa doc Lison PramaggioreL’area Lison Pramaggiore è per antonomasia la D.O.C. di Venezia.

Il territorio di produzione comprende gran parte dei comuni del Veneto Orientale e si estende dai terreni vicini al mare

fino ai confini con le province di Treviso e di Pordenone.

La Denominazione d’Origine Controllata viene attribuita oggi alle produzioni di 14 vitigni e ad altri 4 vini prodotti

nell’area, che il Consorzio Vini D.O.C. LisonPramaggiore promuove e tutela. Le uve destinate alla produzione dei vini

Lison Pramaggiore devono essere prodotte nella zona comprendente, nelle rispettive province, i comuni di Annone

Veneto, Cinto Caomaggiore, Gruaro, Fossalta di Portogruaro, Pramaggiore, Teglio Veneto e parte del territorio

dei comuni di Caorle, Concordia, Portogruaro, S.Michele al Tagliamento, S. Stino di Livenza(In prov. Di Venezia),

Meduna di Livenza, Motta di Livenza (in provincia di Treviso), Cordovado, Pravisdomini, Azzano Decimo, Morsano,

Sesto al Reghena(in provincia di Pordenone).

Ad oggi si fregiano della doc le seguenti tipologie:

Lison, Pinot bianco, Chardonnay, Pinot grigio, Riesling, Sauvignon, Verduzzo, Merlot, Malbech, Cabernet,

Cabernet franc, Cabernet sauvignon, Refosco dal peduncolo rosso, Novello, Prosecco, Spumante, Riserva.

Por

togr

uaro

Page 101: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Caorle. Essa veniva prepara-

ta dalle famiglie di pescatori

con il pescato meno costoso,

mentre quello di valore era

venduto al mercato ittico del-

la città. Il “Broeto” prevedeva

in passato una sola qualità di

pesce, ma oggi si è arricchi-

to con l’aggiunta di molti pe-

sci pregiati, Rombo, Anguilla,

Passera, Cannocchia, per

citarne alcuni, e veniva nor-

malmente cotto in barca, in

un recipiente di coccio su car-

bonella, o a casone (cason) su

un paiolo sopra il fuoco.

le Sarde in Saòr Piatto di antica tradizione,

sono le “Sardèe in Saòr”, o

più semplicemente il “Saòr”.

Le sardine vengono fritte,

messe a macerare con olio,

cipolla affettata fine ed appe-

na soffritta, sale ed annaffiate

di aceto. È un piatto delicato

e nello stesso tempo forte,

autentica invenzione dei po-

veri pescatori che, in passato,

per poter mantenere a lungo

le sardine non vendute, erano

soliti friggerle a mezza cottura

e conservarle immerse nello

stesso olio.

il canestrello ai FerriIl canestrello è un mollusco bi-

valvo raccolto in tutto il Nord

Adriatico e, negli ultimi anni,

in quantità consistenti al largo

delle coste di Caorle, dove il

prodotto è particolarmente ap-

prezzato e consumato sia cru-

do che cotto. Due sono i tipi di

canestrello prodotti in questa

zona di mare; essi vengono

distinti dalla marineria locale in

canestrello bianco e rosso che

si differenziano, oltre che per

la specie, anche per caratteri-

stiche organolettiche e moda-

lità di commercializzazione. La

forma del canestrello richiama

vagamente quella di un venta-

glio, con due valve convesse,

di cui quella inferiore a con-

vessità più pronunciata; la su-

perficie si presenta finemente

striata longitudinalmente e di

colore variabile dal bianco al

giallo fino al rosso e al bruno,

con macchie e sfumature di

tonalità diverse. La raccolta

del mollusco si pratica tutto

l’anno ad eccezione dei pe-

riodi di fermo biologico. L’area

di pesca, al largo del litorale di

Caorle, si estendeda 3 a 8 mi-

glia marine dalla costa.

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5 99

speciale Veneto

Moscardini in umido

Page 102: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Pesca e Lagunaa cura di Fabrizio Tonon - Vicepresidente della Proloco di Caorle

La pesca a Caorle è

un’arte antica e ri-

spettata, frutto della

convivenza della gente caor-

lotta con l’Adriatico.

I Pescherecci salpano alle pri-

me ore del mattino e rientrano

nel primo pomeriggio. L’antica

tradizione marinara unita al ri-

spetto per il mare e la pesca,

che contraddistinguono da

sempre il Pescatore Caorlotto

consentono al pescato di rag-

giungere il Mercato Ittico in

perfette condizioni igienico-

sanitarie.

Anche la vendita al Mercato

Ittico segue antiche tradizioni,

con la caratteristica asta “a re-

cia” (cioè con una offerta sus-

surrata dai ristoratori e dai gros-

sisti all’orecchio degli astatori).

Dopo neanche dodici ore il

pesce viene presentato in pre-

libate ricette nei ristoranti ca-

orlotti per il piacere dei nostri

Ospiti.

Il Porto è uno dei luoghi più

suggestivi di Caorle: rimasto

pressoché immutato nei se-

coli. Passeggiando durante

il giorno, si possono vedere i

pescatori rammendare le reti e

la sera, con le luci dei lampioni

che riflettono sull’acqua, l’at-

mosfera romantica del porto

ci rimanda a tempi passati.

La Laguna di Caorle è un pic-

colo angolo di paradiso, dove

in tempi remoti i primi abita-

tori trovarono possibilità di

sopravvivenza affinando l’arte

della pesca. Fu frequenta-

ta negli anni ‘50 e ‘60 anche

dal grande scrittore america-

no Ernest Hemingway che, in

questo angolo di

natura, trovò l’ispirazione per il

famoso racconto “Di là dal fiu-

me e tra gli alberi”. Uno spazio

magico dove il silenzio, la pace

e la tranquillità regnano sovra-

ni e dove nulla può intervenire

a spezzare l’incanto, neppure

il trascorrere del tempo. La la-

guna si estende ancora oggi

per migliaia di ettari tra can-

neti e distese d’acqua che

creano scorci paesaggistici di

indimenticabile bellezza. Qui

sorgono i “Casoni”, antiche

dimore dei pescatori, costruiti

in canna palustre, interessanti

da visitare in bicicletta o con

imbarcazioni e visite guidate.

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5100

spec

iale

Venet

o

Page 103: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Prodotti della terra e cucina dei sapori nella

Marca Trevigiana

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5 101

speciale Veneto

Il paniere agroalimentare

trevigiano è ricchissimo,

offrendo una gamma di

prodotti di assoluto valore in

tutte le stagioni dell’anno. Allo

sbocciare della primavera, ac-

canto alle tante erbe sponta-

nee (radicee,

zimoe, Bruscandoi, Sparesi da

Rust..), ancor oggi impiegate

nelle cucine di casa e nei ri-

storanti, ecco il raffinato e de-

lizioso Asparago bianco Igp di

Cimadolmo e del Sile. E, subito

dopo, le primizie degli orti che

offrono ormai tutta la serie degli

ortaggi coltivati in Italia e que-

sto continua per tutta l’esta-

te. Intanto, a giugno, quando

maturano le ciliegie (Colline

Asolane), si iniziano a raccoglie-

re, dopo le prime piogge, i fun-

ghi porcini dei boschi di latifoglie ghi porcini dei boschi di latifoglie ghi porcini

della Pedemontana. D’estate

matura anche la frutta – pe-

sche, mele, pere, albicocche,

susine, ecc. – e poi le celebri

noci “Lara”, le migliori in asso-

luto, nei grandi noceti della pia-

nura e soprattutto a Chiarano.

La fine dell’estate e l’incipiente

autunno sono il momento dei

Marroni (castagne) di Combai,

dei funghi chiodini del Montello funghi chiodini del Montello funghi chiodini

e ancora della Pedemontana,

accanto a tante altre squisite

varietà e c’è la prima raccolta

del Radicchio rosso di Treviso

Precoce, in attesa di dicembre,

quando arriva sulle tavole lo

straordinario Radicchio rosso

di Treviso Tardivo e il Variegato

di Castelfranco, che accompa-

gneranno le cucine trevigiane

fino a marzo.

Anche in questa terra c’è ab-

bondanza di animali da cortile

– polli, galline, faraone, tacchi-

ni, anatre, oche, conigli - e poi ni, anatre, oche, conigli - e poi ni, anatre, oche, conigli

maiali, che regalano salumi fra i

più richiesti d’Italia.

Cucina del territorioCon questi e altri prodotti è

comprensibile che la cucina

trevigiana resti radicata nel

territorio, anche se i primi piat-

ti tradizionali sono a base di

riso – un tempo nel Trevigiano

c’erano moltissime risaie – e ci

sono poi le carni degli animali

da cortile (pollo in umido, ana-

tra rosta e lessa, oca al forno,

faraona con la salsa peverada,

salumi e soppresse di squisita

bontà, ecc.). È una cucina che

segue il ritmo delle stagioni,

per cui ci sono tanti piatti con

gli asparagi e le erbe di campo

a primavera; con i funghi e gli

ortaggi d’estate e in autunno e

con i radicchi dall’autunno agli

albori della primavera. Cucina

semplice nella materia prima,

che è fresca, sana e genuina,

ma intelligente e spesso raf-

finata nelle preparazioni. Una

cucina che si presenta di alta

qualità in numerosi ottimi risto-

ranti.

Segnaliamo, tra i tan-

ti il Ristorante Gellius

(0422713577), metà ristoran-

te e metà museo, con prezio-

si resti archeologici romani. È

stella Michelin e presenta una

cucina giovane, fresca, a base

di prodotti sceltissimi, con piatti

sapientemente elaborati e otti-

mamente presentati.

Fra i tanti altri eccellenti ristoran-

ti trevigiani ricordiamo: Gigetto

(0438.960020), a Miane, con

splendida cantina; Sansovino

Castelbrando (0438-976093),

a Cison di Valmarino, in un an-

tico turrito Castello; Da Gerry

(0423 545082) a Monfumo;

Casa Brusada (0423.86614),

Treviso

Page 104: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

a Crocetta del Montello;

La Giraffa (0422.809303) a

Fontanelle; Villa Giustinian

(0422 850244) a Portobuffolè,

in splendida villa veneta; Villa

Foscarini (0422.208007) e Foscarini (0422.208007) e Foscarini Villa

Revedin (0422.800033) en-

trambi a Gorgo al Monticano,

in storiche ville venete;

Bertacco (0422.861400) e

Disarò (0422.766023) a Motta

di Livenza; Parco Gambrinus

(0422 855043) a San Polo di

Piave; Le Calandrine (0422

748010) a Cimadolmo;

Rino Fior (0423 490462) a

Castelfranco Veneto; Osteria

dalla Pasina (0422 382112)

a Dosson di Casier; Antica

Trattoria da Procida (0422

797818) a Spercenigo di San

Biagio di Callalta, Da Tullio

(0438587093) ad Arfanta di

Tarzo.

La Marca Trevigiana, a

ridosso di Venezia e

della sua laguna, ha

una storia che si perde lontano

e che offre i primi documenti

con l’arrivo, circa tre millenni

or sono, dei Paleoveneti che in

questa terra ebbero tre grandi

insediamenti: Montebelluna,

Oderzo e Ceneda (attuale

Vittorio Veneto) e numero-

si villaggi sparsi dalla pia-

nura alle Prealpi. I Musei di

Montebelluna e Oderzo ne

mostrano i preziosi reperti, fra

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5102

spec

iale

Venet

oRadici e Fasoi,

tipico piatto Trevigiano

Treviso, una terra ricca di fascino

Treviso

TrevisoT

revi

so

Page 105: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5 103

speciale Veneto

cui lo scheletro di un cavallo

con la sua bardatura, risalente

a 2500 anni fa, recentemen-

te venuto alla luce a Oderzo.

Poi arrivarono i Romani che

costruirono nel 148 a.C. la

via Postumia (da Genova ad

Aquileia) e centuriarono il ter-

ritorio attorno ad Opitergium

(Oderzo), Ceneta (Ceneda),

Acelum (Asolo), Tarvisum

(Treviso) e Altinum (Altino),

da dove partì, nel 15 a.C. la

Claudia Augusta, una impor-

tante via militare e commer-

ciale che raggiunse Augusta

Vindelicorum (Augsburg, in

Baviera), costruendo altre

strade, popolando la pianura

e le colline e dando un forte

impulso all’agricoltura e alla

viticoltura. Da allora la storia e

l’intraprendenza degli abitanti

hanno regalato a questa terra,

definita “gioiosa et amorosa”,

città belle e ospitali, come il ca-

poluogo Treviso; Conegliano,

“la perla del Veneto”; Vittorio

Veneto, “la città della vitto-

ria”; Oderzo, “l’antica Ob-

terg”; Motta di Livenza, “la

città dell’Apparizione” (della

Madonna avvenuta nel 1510);

Montebelluna, “la città paleo-

veneta”; Castelfranco Veneto,

“la città del Giorgione”; Asolo

“il balcone sulla pianura e sul

Grappa” e tanti paesi arricchiti

negli ultimi decenni da quello

sviluppo produttivo che ha

fatto gridare a un secondo mi-

racolo economico.

Oggi nelle cittadine e nei paesi

del Trevigiano ci sono, accan-

to a fiorenti attività produttive,

chiese ricche di opere d’arte,

firmate da Tiziano, Giorgione,

Cima da Conegliano, Paris

Bordone, il Pordenone,

Pomponio Amalteo, Lorenzo

Lotto, Palma il Giovane

e altri grandi Maestri del

Rinascimento.

Il paesaggio poi è partico-

larissimo. Le colline che da

Conegliano e Vittorio Veneto

s’inseguono dolci verso

Refrontolo, Pieve di Soligo,

Follina, Col San Martino, Miane

e Valdobbiadene, oltre alle

splendide vigne dove nasce

il Prosecco, mostrano scorci

mozzafiato, chiesette antiche

sapientemente affrescate,

torrioni longobardi immersi

nei boschi di latifoglie, turriti

castelli ancor oggi vissuti, ville

e palazzi dei secoli andati. E

poi c’è la pianura, le Terre del

Piave, con i tanti segni dell’an-

tica presenza dei signori me-

Monte Pizzoc

Castelfranco Veneto

Treviso

Page 106: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Treviso: giardino di Bacco

Terra del celebre Prosecco e di altri vini straordinari,conosciuti ed apprezzati in tutto il mondo

dioevali, dei Cavalieri Templari

e della Repubblica di Venezia

e, ovunque, vigne rigogliose

e ancora le Bellussere, vigne

nate sul finire dell’Ottocen-

to per alzare il più possibile i

grappoli d’uva dalla terra. Le

strade percorrono paesi lindi

e ridenti, con chiese che con-

servano tele di grandi pittori,

maestosi palazzi, case genti-

lizie, giardini fioriti, prati e ampi

parchi che danno il senso del-

la pace, pur accanto alle im-

mancabili zone industriali.

In questa provincia, salendo da

Vittorio Veneto o da Cappella

Maggiore a fianco del Monte

Pizzoc, si arriva in Cansiglio,

dove, attorno a un’incante-

vole “piana” s’estende uno

dei boschi più importanti

d’Italia, riserva dei legni della

Serenissima. e lo stesso era

per il Bosco Montello e i gran-

di alberi di entrambi servivano

a Venezia per le fondamenta

dei suoi palazzi e per il fascia-

me delle sue tante navi.

Terra bella e gioiosa, vivace

e operosa, terra di cultura e

d’arte, luogo di civiltà e di alta

gastronomia, ricco ancora dei

valori umani e sociali che ne

hanno caratterizzato la sua

lunga storia.

È proprio vero: la provin-

cia di Treviso è un gran-

de giardino enologico,

impreziosito da istituzioni che,

soprattutto negli ultimi tempi,

hanno contribuito a lanciare i vini

trevigiani fra le più interessanti

new entry del panorama enolo-

gico italiano. In questa provin-

cia ci sono due aree a Docg:

Prosecco di Conegliano e

Valdobbiadene e Prosecco

Montello e colli Asolani. E

ci sono 5 aree a Doc: Piave,

Montello e colli Asolani,

Colli di Conegliano e lison

Pramaggiore. A queste aree si

è aggiunta la recentissima Doc

Treviso, riservata al Prosecco

prodotto in provincia di Treviso,

fuori dalle zone a Docg.

Si può dunque tranquillamente

affermare che in provincia di

Treviso,si va dai grandi vini da

aperitivo e fuori pasto come

il Prosecco DOCG, ai vini da

Dessert come il Refrontolo

passito Doc e soprattutto il

Torchiato di Fregona Doc.

E fra quest troviamo un’ampia

scelta di vini bianchi e rossi,

fra i quali il grande autoctono

raboso Piave, che si prepara

a conquistare mercati sempre

più ampi.

Ma andiamo con ordine.

Il Prosecco Conegliano-

Valdobbiadene Docg si pro-

duce nel comparto collinare

che va da Conegliano e Vittorio

Veneto a Valdobbiadene, in

quella che è denominata la

Pedemontana Trevigiana. Oltre

al Prosecco, nome del vino

che nasce dall’antichissimo

vitigno glera, portato in terra

veneto-friulana dai Paleoveneti

tre millenni or sono e chiamato

Pucinum dai Romani, nella col-

lina di San Pietro di Barbozza si

produce il Prosecco superio-

re di cartizze o, semplicemen-

te, cartizze, splendido e raro

vino per incontri amicali e da

fine pasto, orgoglio della vitivini-

coltura trevigiana. Il Prosecco

può essere prodotto nella ver-

sione tranquilla, ma anche friz-

zante e, soprattutto, spumante,

ed ancora brut, dry e extra dry.

Quando è secco può accom-

pagnare benissimo un intero

pranzo di pesce, purché non

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5104

spec

iale

Venet

oT

revi

so

Page 107: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

salsato.

L’area Doc Piave è caratterizzata da una ricca

produzione. Innanzitutto c’è il vino più antico, il

raboso Piave, figlio di un vitigno portato dai

Paleoveneti e il cui vino i Romani chiamarono

“Picina omnium nigerrima” (nero come la pece,

più nero di ogni altro). Un tempo re incontrastato

delle Terre del Piave, dopo aver lasciato il posto,

nella seconda metà del secolo scorso, ai vitigni

internazionali, è ora in netto rilancio, specie col

Malanotte, che potremo degustare fra un paio

d’anni. Questo è un vino per carni nobili, grandi

arrosti e selvaggina e ci sono alcune aziende che

lo presentano anche Spumante, preparato in ver-

sione Metodo Classico. Altro vino autoctono è il

Verduzzo Trevigiano o Verduzzo Motta, ora

in rilancio anche nella forma passita e spuman-

te Metodo Classico, ottimo col pesce. A far da

corona, nell’area Doc Piave, ci sono: cabernet

Sauvignon, Carmenere, Chardonnay,

Merlot, Pinot bianco, Pinot grigio, Tai (ex

Tocai, da vitigno Sauvignonasse).

I medesimi vini sono nel comprensorio Doc

Montello e colli Asolani, nella cui area si pro-

duce un ottimo Asolo Prosecco Docg, come

pure un vino rosso straordinario, di stile bordo-

lese, che è il Venegazzù, esclusivo dell’azienda

conte loredan-gasparini, stupendo con il

pollame nobile, la selvaggina di pelo e i formaggi

molto invecchiati.

Nell’area Doc Colli di Conegliano ci sono quat-

tro vini importanti: il Bianco (Manzoni Bianco,

Pinot Bianco e/o Chardonnay, Sauvignon e/o

Riesling renano), eccellente compagno di primi

piatti importanti e con carni bianche; il rosso

(Cabernet Sauvignon, Merlot, Cabernet Franc,

Marzemino), per carni nobili; il Torchiato

di Fregona, uno straordinario “vin santo”

(Prosecco, Verdiso e Boschera) e il Refrontolo

passito (Marzemino). Questi due vini sono ottimi

con i dolci ed il Torchiato accompagna degna-

mente il cioccolato, come, del resto, il raboso

Piave passito.

Infine, ma marginalmente nel trevigiano, c’è l’area

Doc Lison-Pramaggiore, nella quale, in comu-

ne di Motta di Livenza, si produce un Merlot,

che negli ultimi anni ha dominato il concorso di

Aldeno in Trentino dedicato ai vini dell’intero re-

parto Italia prodotti con il noto vitigno di origine

bordolese.

Una parola di grande elogio, infine, sui vini

Manzoni, in particolare il Manzoni bianco, il

Manzoni rosso e il Moscato-Raboso, viti-

gni nati da studi di impollinazione fra gli anni 20

e 30 del secolo scorso da Luigi Manzoni, uno

dei grandi scienziati che lavoro’ a Conegliano,

nell’Istituto Sperimentale per la Viticoltura e nella

celebre Scuola Enologica, fondata nel 1876, dal

garibaldino Antonio Carpenè, che è pure fonda-

tore dell’azienda vitivinicola Carpenè Malvolti,

uno dei gioielli dell’enologia trevigiana.

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5 105

speciale Veneto

Vigne di Prosecco e Cartizze

Vigneti a Rolle

Vigneti di Prosecco

Page 108: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

VeneziaCalle de la Malvasia

di Annalisa Ricevuti

Per Shakespeare il vino

era “una buona e pia-

cevole cosa”, Goethe

precisò che “dopo il denaro il

vino è la più importante delle

cose”, Bismarck invece con-

sigliò ai tenenti prussiani “una

buona bottiglia di spumante

al giorno per ravvivarli e tenerli

desti...”.

Secondo Diego Valeri, vene-

ziano di adozione, che visse a

Venezia assolutamente inna-

morato dei colori, ritmi, tempi,

voci e scorci veneziani, il più

bel piacere che ci si può pren-

dere in Città è girare senza iti-

nerario. Andare dove le gambe

portano lasciandosi stupire dal

continuo variare del panorama

di questa città, scoprire, pas-

sando attraverso una stretta e

buia calle, un arioso e soleg-

giato campo dove giocano i

bambini. Perdersi in un dedalo

di viuzze fino ad arrivare ad un

canale, magari mentre passa

leggera e silenziosa una gon-

dola.

Scrivere su Venezia non è

mai banale, su Venezia è sta-

to scritto tutto e anche di più.

Perciò quando gli amici della

federazione Fisar di Venezia mi

hanno chiesto di spendere al-

cune parole sulla mia città, dal

punto di vista storico cultura-

le, focalizzandomi soprattutto

sul vino, ho sentito tremare le

vene dei polsi.

Non ritengo per questa ragio-

ne interessante presentare un

elenco di quei luoghi che qui

ancora oggi chiamiamo “fu-

ratole”, “osterie” o “bacari”, lo

stesso è infatti facilmente re-

peribile in qualsiasi buona gui-

da della città.

Per prima cosa vorrei spiegare

il significato di queste parole:

Il bacaro è un tipo di osteria

veneziana semplice, dove si

trova una vasta scelta di vini

in calice e piccoli cibi e spun-

tini. Il nome bacaro viene dai

“bacari” (singolare: bacaro), un

termine, che a sua volta deri-

va dal “Baccho”, dio del vino.

Secondo un’altra teoria deriva

da “far bàcara”, espressione

veneziana per “festeggiare”.

“Bacari” si chiamavano una

volta dei vignaioli e dei vinai,

che venivano a Venezia con

un barile di vino a venderlo in

Piazza San Marco, insieme con

dei piccoli spuntini. Il bicchiere

del vino che si beveva, si chia-

mava “ombra”, perché i vendi-

tori del vino seguivano l’ombra

del campanile per proteggere

il vino dal sole. Per evitare il

trasporto faticoso ogni giorno,

si cercava in seguito un locale

fermo, che si usava come ma-

gazzino e come mescita.

Alcuni bacari sono frequen-

tati da turisti, ma ve ne sono

altri, più nascosti nei picco-

li vicoli, che sono frequentati

da Veneziani a cui piace fare

il “giro d’ombra”, che vuol dire

andare al bacaro, trovare degli

amici e bere un “ombra”. Il vino

della casa si chiama sempre

“ombra”; al bacaro non si trova

solo del vino semplice ma an-

che una grande scelta dei vini

di alta qualità, talvolta a buon

prezzo.

Il termine osteria viene da

“oste”, dall’antico francese

oste, ostesse che a sua volta

deriva dal latino hospite(m).

Una delle prime attestazioni

del termine hostaria si trova nei

capitolari della magistratura

dei “Signori della Notte”, che,

come suggerito dal nome, ve-

gliava sulla tranquillità notturna

della Venezia del XIII secolo.

L’etimologia della denomina-

zione attuale richiama la fun-

zione del luogo che è appunto

quella dell’ospitalità.

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5106

spec

iale

Venet

oVenezia

Page 109: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Le osterie sorsero come punti

di ristoro, nei luoghi di passag-

gio o in quelli di commercio che

nella fattispecie sono strade,

incroci, piazze e mercati. Ben

presto divennero anche luoghi

di incontro e di ritrovo, di rela-

zioni sociali. Gli edifici, spesso

poveri e dimessi, assumevano

importanza in base al luogo

dove sorgevano e alla vita che

vi si alimentava. Il vino era l’ele-

mento immancabile intorno

al quale tutti gli altri facoltativi

giravano: il cibo, le camere da

letto, la prostituzione.

Furatola, era una botteguccia

così nominata, quasi simile a

quella del pizzicagnolo, dove si

vendono commestibili di poco

prezzo, cioè minestre, pane,

minutaglia fritta, ed altri cibi

ad uso della gente meno ab-

biente. Alcuni fanno derivare la

parola furatola dal “furare” per

le frodi nella vendita che si per-

petravano in queste botteghe.

(tratto da Wikipedia).

All’osteria, davanti a un gene-

roso calice di vino, non impor-

ta se bianco o rosso, frizzante

o novello, si sono stipulati con-

tratti, tramandati ricordi, sug-

gellate nuove amicizie. Vino e

osterie fanno parte della tradi-

zione, della storia e dell’econo-

mia di Venezia, nel duecento i

vigneti erano prosperi in tutta

la campagna veneta, c’erano

filari in pianura, in collina, perfi-

no in piazza San Marco.

Oggi all’ombra della basilica

non ci sono vigneti, ma è ri-

masto il culto del vino: all’inizio

del secolo scorso nella Città

dei Dogi c’erano più di 1200

tra mescite e rivendite di vino.

Ai tempi della Serenissima

Repubblica le osterie si distin-

guevano anche per i vini che

commerciavano: nelle malva-

sie, ad esempio, si vendeva-

no i cosiddetti “vini navigati”

provenienti da Malvasia, nel

Peloponneso. Nelle furatole

si servivano piatti semplici ed

economici, ma non vino; i ba-

stioni erano cantine d’infima

categoria dove si smerciava

vino scadente, spesso diluito.

I bàcari erano frequentati e ap-

prezzati da uomini di cultura,

scrittori e da musicisti come

Stendhal, Richard Wagner e

Carlo Goldoni che, proprio in

quei modesti locali, trovò ispi-

razione per molte sue comme-

die.

Per descrivere l’osteria

Veneziana poi, chi meglio di

Diego Valeri mi può aiutare?

“… al fondo sta seduto il soli-

to vecchietto dalla gran barba

bianca, […] Ha i gomiti sulla ta-

vola e le mani immerse dentro

la barba; pensa e beve, beve

e pensa. L’ostessa è apposta-

ta vicino al finestrone, e volge

ogni tanto verso i passanti

quella sua grinta inumana di

vecchia sbirra…”

Tra tutte le tipologie di vino

presenti nei bacari, autocto-

ne e non, trovo interessante

spendere qualche parola su di

una in particolare, perchè me-

glio di tutte si identifica, secon-

do me, con la città di Venezia:

il Malvasia.

Il Malvasia ha una lunga storia,

anche se diverse sono le ipote-

si sulla sua origine.

Secondo la maggior parte

degli studiosi il vitigno sa-

rebbe originario della Grecia

ed in particolare di una città

sulla costa sud-occidentale

del Peloponneso, chiama-

ta in antichità Monemvasia o

Monembasia.

Il porto della città protetto da

un’alta roccia a strapiombo sul

mare, aveva un ingresso stret-

tissimo e pertanto molto diffici-

le da conquistare.

Così un potente principe gre-

co, per espugnare la fortezza,

chiese aiuto ai veneziani, che,

dopo la conquista, correva l’an-

no 1655, rimasero in quel terri-

torio e si spinsero nell’entroter-

ra. I veneziani seppero subito

apprezzare il vino Malvasia, ne

attuarono un intenso commer-

cio e trapiantarono il vitigno a

Creta, loro possedimento, e in

altre isole dell’Egeo.

Questo vitigno fu poi trapianta-

to nel Veneto; il vino prodotto

era molto richiesto nelle locan-

de di Venezia tanto che que-

ste furono chiamate “Malvasie”

proprio perché lì veniva bevu-

to il profumato “vino navigato

greco”.

In Veneto il Malvasia è un vitigno

caratterizzato da un grappolo

di forma cilindrica mediamente

compatto. Il colore è giallo pa-

glierino con riflessi verdognoli.

Al naso presenta un corredo

aromatico piuttosto comples-

so; al gusto si presenta fresco

e poco stringente. Dopo la

pigiadiraspatura e pulizia del

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5 107

speciale VenetoVenezia

Page 110: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Venezia

mosto, segue la fermentazio-

ne a temperatura controllata

intorno ai 18° C, l’affinamento

avviene in serbatoi d’acciaio.

La Gradazione alcolica è circa

12% vol.

Il vino malvasia veneto si spo-

sa con primi piatti delicati e

secondi di pesce e pollo con

formaggi freschi. Va servito

fresco, ad una temperatura di

8-10° C.

Ancora oggi a Venezia questo

termine è presente nella topo-

nomastica e si può percorrere

la Calle della Malvasia e il pon-

te della Malvasia vecchia.

Sfogliando il pratico ed istrut-

tivo libretto di Piero Pazzi: “La

bussola del viandante” ho in-

contrato ben 19 siti che porta-

no il nome Malvasia, dislocati

nei 6 sestieri della città: 6 a

San Marco, 6 a Castello, 3 a

Cannaregio, 3 a San Polo, 1 a

Dorsoduro. A Santa Croce e

alla Giudecca nemmeno uno.

A Cannaregio per esempio, tra

fondamenta degli Ormesini e

fondamenta della Sensa tro-

viamo il ponte della Malvasia,

appena giù del ponte si arriva

in campo Sant’Alvise, dove la

chiesa di S. Alvise merita si-

curamente una visita. La chie-

sa, considerata a torto come

opera minore è una semplice

costruzione gotica in mattoni

a vista, non molto grande ma

assai ben inserita nel contesto

che la circonda. Si possono

ammirare tele di Tiepolo, Paolo

Veneziano e della scuola del

Veronese. Li vicino si apre il

campo dei Mori con le statue

del sior Rioba, Sandi e Afani e

Veneziadel sior Rioba, Sandi e Afani e

Veneziada li si raggiunge la chiesa della Veneziada li si raggiunge la chiesa della Venezia

Misericordia, il campo dell’Ab-

bazia dove si ammirano le co-

struzioni e i portali del ‘200 in

gotico veneziano.

A Dorsoduro la calle della

Malvasia ci porta direttamente

in campo San Barnaba, qui c’è

solo l’imbarazzo della scelta su

cosa vedere, io consiglierei di

perdere del tempo ammiran-

do palazzo Rezzonico, sede

del museo del ‘700 venezia-

no, anche per la posizione

assolutamente strategica di

questo museo, in canal gran-

de di fronte alla chiesa di San

Samuele. Interessante è il pon-

te che congiunge campo san

Barnaba a santa Margherita: il

Ponte dei Pugni, chiamato così

perché era teatro della famosa

sfida annuale tra Castellani (re-

sidenti a Castello) e Nicolotti

(residenti a Dorsoduro). Le due

fazioni ogni anno si misurava-

no in prove di forza affrontan-

dosi sul ponte in violentissime

zuffe.

A Castello la calle della Malvasia

sbocca in Campo San Filippo

e Giacomo, da questo punto è

veramente un attimo giungere

a San Marco, ma consiglierei

prima una sosta alla chiesa

di San Giorgio dei Greci, e al

museo delle icone dove alcu-

ne di queste risalgono al X e XI

secolo, sopra il museo si trova

la sala riunioni dell’Arciconfra-

ternita la cui scala di accesso è

del Longhena.

A metà del ‘500 a Venezia vive-

vano più di 4.000 greci in una

popolazione di 150.000 abi-

tanti. Nel 1539 la Serenissima

iniziò la costruzione di una

Veneziainiziò la costruzione di una

VeneziaVeneziachiesa per il culto ortodossoVenezia

A San Marco invece la calle

della Malvasia ci accompagna

fino al Gran Teatro la Fenice, di

cui mi sento di consigliare una

breve ma interessante visita,

se non altro per poter parago-

nare il risultato del restauro al

teatro prima dell’incendio.

Oggi nelle osterie si beve

l’”ombretta” (il calice di vino) e

si mangiano “cicheti” (assaggi-

ni tipici) o piatti più o meno raf-

finati, legati alla tradizione ga-

stronomica veneziana di cui il

gastronomo Giuseppe Maffioli

fu cultore lasciandoci deli-

ziose ricette doverosamente

accompagnate dal vino, dalla

malvasia in particolare quando

illustrava ricette di piatti di pe-

sce, di molluschi e di crostacei

conditi in guazzetti che la mal-

vasia esalta e rende prelibatez-

ze regali.

Di osterie autentiche ne resta-

no poche: la gran parte sono

state trasformate in più redditi-

zie, ma sicuramente più anoni-

me, paninoteche.

Anche se a Venezia, per for-

tuna, non tramonterà mai il

piacere di un goto (bicchiere)

bevuto in compagnia, “ragio-

nando” dei propri o degli altrui

problemi.

Il giro “dee ombre” a Venezia

comincia presto, alle dieci del

mattino. Bere un calice con

l’amico incontrato in calle è

un rito sacro al quale nessun

veneziano si sottrae. Le oste-

rie continuano ad essere un

importante luogo d’incontro,

un fulcro della vita sociale e

culturale di Venezia, elemento

aggregante di una città che si

Veneziaaggregante di una città che si

VeneziaVeneziaspopola sempre di più.VeneziaVeneziaIl Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5108

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Page 111: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5 109

speciale Veneto

Venezia tra orti e mare

di Lucio Chiaranda

Quando il turista ‘el

foresto’ (come lo

chiamano i vene-

ziani) pensa a Venezia da un

Qziani) pensa a Venezia da un

Qpunto di vista della produzio-

ne alimentare quasi sicura-

mente pensa al pesce visto

che la città sorge all’interno

dell’omonima laguna divisa

dal mare Adriatico solo dalle

sottili strisce delle isole di Lido

e Malamocco.

Questo è vero e sul pesce tor-

neremo, ci piace però presen-

tare un luogo poco noto ai non

residenti ma che per la città è

stato di vitale importanza nei

secoli scorsi: l’isola di Sant’

Erasmo. Si tratta di un isola

della laguna nord, quella parte

di laguna dove sorgono le ben

più famose Murano, Burano e

Torcello.

Sant’Erasmo è stata da sem-

pre l’orto della città, specie nel

periodo in cui la Repubblica

di Venezia non aveva posse-

dimenti oltre mare né tanto

meno nella terraferma che si

affaccia sulla laguna.

Ancor oggi a Sant’Erasmo

l’agricoltura è l’attività princi-

pale e tra le tante produzioni

che si susseguono tutto l’an-

no – insalate, pomodori, ce-

trioli, peperoni, radicchi, ecc.

- svetta per peculiarità e quan-

tità la ‘castraura’.

Strano nome? Di certo sì, ma

a Venezia l’uso del dialetto è

profondamente radicato tra

gli abitanti e ancora in molti lo

usano come prima lingua, per

cui i termini che identificano

i prodotti alimentari locali si

sono mantenuti inalterati nel

corso del tempo.

La castraura, per l’esattezza

il carciofo violetto D.O.P. di

Sant’ Erasmo e Cavallino, è

il primo fiore della pianta del

carciofo che nasce all’apice

della pianta stessa, raccolto

ancora piccolo, castrato nella

crescita, per offrire un prodot-

to di eccellenza per qualità,

sapore e tenerezza.

La si trova in un breve lasso

di tempo a cavallo tra i mesi

di aprile e maggio e la si può

gustare come si vuole: cruda

accompagnata da una vinai-

grette o da una citronette,

affettata e poi panata e fritta,

spadellata con poco olio, aglio

e prezzemolo, oppure può es-

sere l’ingrediente principale

per risotti, frittate o paste.

Castraura

Page 112: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

L’abbinamento con il vino,

trattandosi di carciofi non è

tra i più semplici, ma date le

caratteristiche di particolare

dolcezza si può suggerire un

Sauvignon non eccess i va -

men te aromatico ad esempio

un Doc Lison-Pramaggiore. E

la castraure, assieme ai bo-

toli e sottobotoli (i successi-

vi carciofi offerti dalla pianta)

è solo uno dei circa cinquan-

ta ortaggi prodotti negli orti

della provincia di Venezia, a

Chioggia e a Cavallino-Treporti

soprattutto.

Nel periodo delle castrau-

re visitare al mattino presto

il mercato del pesce a Rialto

è un’esperienza che non si

dimentica: si trovano i ‘bo-

voéti’, chioccioline dal guscio

bianco striato di marron scuro

o nero. In quel periodo sono

particolarmente gustosi per-

ché, trovandosi numerosissi-

mi nelle carciofaie, assorbono

l’amarognolo della pianta del

carciofo. I bovoéti si servono

bolliti, conditi con aglio, prez-

zemolo ed olio e si mangiano

come sfizio aiutandosi con

uno stuzzicadenti per estrarli.

Dall’isola di Sant’Erasmo arri-

vano anche i piselli che sono

alla base di un piatto della

tradizione veneziana, i ‘risi e

bisi’ uno splendido piatto che

sta tra la minestra ed il risot-

to e che preannuncia l’estate

quando lo si porta in tavo-

la, da abbinare ad un Lison

Classico od un Soave giova-

ne; era il piatto con cui il Doge

iniziava il pranzo del 25 aprile,

festa di San Marco patrono

della città.

Abbiamo iniziato parlando del

pesce e su questo torniamo

essendo l’elemento distintivo

e più rappresentativo della

moderna cucina veneziana

nel mondo. Al pesce di la-

guna si alterna quello dell’al-

to Adriatico, al pesce nobile

quello cosiddetto povero (in

verità: poco costoso), il tutto

presentato in piatti spesso ac-

compagnati dalla polenta, ele-

mento tipico della cucina non

solo veneziana ma di tutto il

Veneto.

Ed ecco altri piatti interes-

santi della cucina veneziana.

Le ‘schie’ (gamberetto gri-

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5110

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Risi e bisi

Page 113: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

gio di laguna) sono minuscoli

gamberetti che sui banchi del

mercato saltellano e si agitano

a testimonianza della loro fre-

schezza, si preparano in due

modi: quelle più piccole rigo-

rosamente infarinate e poi frit-

te, quelle di pezzatura supe-

riore lessate, pazientemente

sgusciate e successivamente

condite con olio sale pepe

aglio e prezzemolo tritato, da

abbinarsi ad un Pinot Grigio

Doc Lison-Pramaggiore di

media struttura. In entrambi

i casi si accompagnano alla

polenta, naturalmente bianca,

che per l’occasione viene ser-

vita morbida. Le schie sono

servite come antipasto e la

classe degli antipasti di pesce

è a Venezia particolarmente

varia e numerosa, ad essa ap-

partengono anche le sardee

in saor.

Le ‘sardee in saor’ sono un

piatto che nasce dalla cucina

ebraica di Venezia, per la pre-

parazione si usano sardee (le

sarde) freschissime che, ade-

guatamente mondate e lava-

te, vengono infarinate e quindi

fritte nell’olio non completan-

do la cottura. Nel fondo di cot-

tura (o, meglio in altro olio ) si

fanno appassire delle cipolle

affettate finemen-te, sfumate

con aceto, poi, a freddo si ag-

giungono pinoli ed uvetta. Le

sarde vengono adagiate in un

contenitore a strati alternate

alle cipolle con i pinoli e l’uvet-

ta e il tutto viene ricoperto dal

fondo di cottura e si lascia ri-

posare per almeno tre o quat-

tro giorni in luogo fresco prima

di essere servito.

Allo stesso modo si preparano

i ‘sfogieti in saor’ (i sfogieti

sono pesci di piccola pezzatu-

ra simili alle sogliole), e questo

è il vero piattino di antica tra-

dizione veneziana, nato nelle

case dei pescatori della par-

rocchia di Santa Marta. Negli

ultimi tempi si è poi diffuso

l’uso di presentare ‘in saor’

anche altri pesci o crostacei,

ad esempio gli scampi, ma

queste preparazione non ap-

partengono alla tradizione. Il

“saor” è un metodo di cottu-

ra che permette di mantenere

il cibo più a lungo: Venezia è

città di mare, e questa tecnica

è presente anche in altre zone

d’Italia dove prende nomi di-

versi: a scapece, in carpione,

ecc. Per questo piatto l’abbi-

namento con il vino si fa arduo

per la presenza dell’aceto che

in alcuni casi risulta eccessiva-

mente preponderante sul gu-

sto del pesce. Le regole ben

note in proposito suggerireb-

bero di accontentarci dell’ac-

qua, ma questa non riesce a

pulire la bocca dal ‘freschin’

(termine veneto con cui si indi-

ca il gusto e l’odore del pesce,

ma anche del pollame, quan-

do è crudo). Si potrebbe tut-

tavia azzardare un Sauvignon

questa volta però dell’Alto

Adige profumato ma non

troppo alcolico o un Verduzzo

trevigiano spumante.

Che dire delle ‘masanete’, dei

‘gransipori’ e delle ‘moeche’?

Ecco altri piatti tipici veneziani.

Le ‘masanete’ sono le fem-

mine dei granchi che arrivano

sulle tavole nei mesi di ottobre

e di novembre, si servono bol-

lite e possono essere gusta-

te condite in modo classico

oppure ‘nature’ tiepide con

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5 111

speciale Veneto

Sardee in Saor

Page 114: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

solo l’umidità della cottura per solo l’umidità della cottura per

assaporare appieno il gusto, assaporare appieno il gusto,

lo stesso dicasi per i ‘lo stesso dicasi per i ‘gransi-

poripori’ (granchi con dimensioni

simili a quelle delle grancevo-simili a quelle delle grancevo-

le), preparazione che richiede le), preparazione che richiede

un vino non troppo strutturato un vino non troppo strutturato

ma allo stesso tempo con una ma allo stesso tempo con una

certa personalità, un Bianco di certa personalità, un Bianco di

Custoza o un Doc Lison.Custoza o un Doc Lison.

Le ‘Le ‘moéche’ sono i maschi

dei granchi quando mutano dei granchi quando mutano

e perdono la corazza, per cui e perdono la corazza, per cui

risultano morbidi e si mettono risultano morbidi e si mettono

vive nel tuorlo d’uovo battuto vive nel tuorlo d’uovo battuto

di cui sono ghiotte e di cui si di cui sono ghiotte e di cui si

nutrono, una volta assorbito nutrono, una volta assorbito

l’uovo vengono fritte, in que-l’uovo vengono fritte, in que-

sto caso il vino sarà più di cor-sto caso il vino sarà più di cor-

po, più deciso, come il piatto, po, più deciso, come il piatto,

un Lison Classico ad esempio un Lison Classico ad esempio

o un Manzoni bianco.o un Manzoni bianco.

All’inizio di questo breve All’inizio di questo breve

escursus sul pesce si accen-escursus sul pesce si accen-

nava al pesce povero; ecco il nava al pesce povero; ecco il

‘gò’ (ghiozzo) è uno di questi,

vive nel fango della laguna ed vive nel fango della laguna ed

oltre a non essere particolar-oltre a non essere particolar-

mente bello ha una lisca par-mente bello ha una lisca par-

ticolarmente ricca di spine, ticolarmente ricca di spine,

eppure da questo pesce si ot-eppure da questo pesce si ot-

tiene quello che io considero tiene quello che io considero

il miglior risotto di pesce che il miglior risotto di pesce che

si possa preparare, gustoso si possa preparare, gustoso

e saporito ma nello stesso e saporito ma nello stesso

tempo delicato, non aggres-tempo delicato, non aggres-

sivo, direi suadente, anche il sivo, direi suadente, anche il

vino dovrà avere queste ca-vino dovrà avere queste ca-

ratteristiche e per rimanere ratteristiche e per rimanere

in Veneto consiglio un Soave

classico.

Chiudiamo questo breve pa-

norama sul pesce con un pro-

dotto che strettamente vene-

ziano non è ma che a Venezia

ha avuto ed ha ancora un

notevole successo anche tra i

turisti: il baccalà.

Una precisazione, a Venezia

come in tutto il Veneto, si

chiama baccalà quello che nel

resto dell’Italia si chiama stoc-

cafisso, stiamo parlando del

merluzzo messo ad essiccare

all’aria e non di quello che vie-

ne salato.

Si è detto prima che il baccalà

non è un prodotto veneziano,

come si legge in altra parte

della rivista e qui ci limitiamo a

suggerire idonei abbinamenti

col vino.

Anche se si tratta di un piatto

di grande eleganza presenta

una certa untuosità dovuta

alla presenza dell’olio, indi-

spensabile per la preparazio-

ne ed anche qui abbiniamo

un vino bianco, un eccellente

Lison Classico o un Colli di

Conegliano bianco.

Per chiudere un brevissimo

accenno ai dolci veneziani,

oltre alle classiche fritole (frit-

telle) ci piace ricordare due

prodotti da forno: i baicoli ed

i zaleti.

I ‘baicoi’ sono fettine di pane

moderatamente dolci che ven-

gono ricotte in forno, usate un

tempo nei viaggi per mare per

la loro caratteristica di mante-

nersi a lungo visto che si tratta

di un biscotto estremamente

secco.

I ‘zaeti’ di forma ovoidale

ed appiattita sono preparati

anche con farina di polenta

gialla, da qui il nome (zaeti in

veneziano significa giallini),

nell’impasto è presente anche

l’uvetta sultanina, che un tem-

po i veneziani importavano dai

possedimenti greci.

Per entrambi i dolci proponia-

mo una D.O.C.G. Ramandolo

o un Recioto di Gambellara

o un Torchiato di Fregona

o anche un Torcolato di

Breganze.

Non abbiamo parlato della

carne, un tempo quotidiana-

mente sulla tavola dei patrizi

e delle famiglie benestanti e

a Venezia continua ad esser-

ci, anche in piatti particola-

rissimi come la castradina,

mangiata obbligatoriamente

a Venezia il 21 novembre,

solennità della Madonna del-

la Salute, accompagnata da

un buon Merlot Doc Lison-

Pramaggiore di 2-3 anni o da

un Colli di Conegliano rosso.

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5112

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Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5 113

speciale Veneto

Michel Thoulouze:“un sogno in mezzo

alla laguna”di Franco Jurassich

L’isola di Sant’Erasmo

è un grande orto nel-

la laguna veneziana

che per secoli ha fornito ver-

dure e ortaggi freschi alla città

di Venezia e ancora oggi con-

tinua ad offrire delle eccellen-

ze come le “castraure” e il car-

ciofo violetto di Sant’Erasmo,

famosi in tutta Italia.

Qui Michel Thoulouze ha rea-

lizzato la prima e per ora unica

cantina di Venezia e dal 2006

produce e imbottiglia il suo

piacevolissimo vino “Orto”

che raccoglie tutte le migliori

caratteristiche legate a questo

speciale territorio della laguna

di Venezia.

Michel ha ripreso ad “allevare

la vite”, già presente nell’isola

nel 1700, utilizzando i metodi

tradizionali degli agricoltori lo-

cali e la competenza tecnica di

Lydia e Claude Bourguignon,

“dottori della terra” prima che

ingegneri agrari e Alain Graillot

produttore di un Crozes

Hermitage famoso in tutto il

mondo.

Prima di impiantare il vigneto,

i terreni sono stati “preparati”

in successione con orzo, ra-

vanello, avena e radice cine-

se secondo il metodo “duro

su duro” cioè senza mai ara-

re, seguendo le indicazioni di

Claude Bourguignon “mai un

segno d’aratro, mai natural-

mente concimi ne’ diserbanti”.

I terreni sono calcarei e argillo-

si, con notevoli concentrazio-

ni in profondità di conchiglie

fossili frantumate. Le viti sono

state piantate direttamente in

questi terreni a piede franco.

È stato rinnovato l’antico si-

stema di drenaggio, l’acqua

piovana viene raccolta entro i

canali che passano tra i filari

delle vigne e poi fatta fluire in

laguna con la bassa marea,

attraverso sistemi idraulici di

“chiuse”.

Il vino nasce da un “cultivar”

di antichi vitigni italiani dove

domina la Malvasia Istriana

assieme a Vermentino e

Fiano. La Malvasia è un viti-

gno che i veneziani portaro-

no nel 1300 a Venezia dal-

la città di Monembasia nel

Peloponneso.

Il vino fatto con questa varietà

era molto popolare a Venezia,

tanto che le osterie erano chia-

mate “malvase” e ancora oggi

sono rimaste molte le calli di

Venezia con il nome “calle de

la malvasia”.

“Orto” viene vinificato in accia-

io, è un vino con alti contenuti

Page 116: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5114

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odi minerali, che concentra ed

esalta i sapori di questa isola

della laguna e ben si abbina a

tutti i piatti del territorio e della

tradizione veneziana.

Come dice Michel “le cose

genuine sono le più difficili da

trovare e hanno un prezioso

valore a lungo termine che

non bisogna abbandonare.

Ci sono voluti secoli per avere

certi valori e questi oggi fan-

no la differenza”. È stato per

noi un gran piacere conoscere

Michel Thoulouze ed ascoltare

le sue parole, seduti all’aper-

to attorno al tavolo della sua

casa, con di fronte a noi l’isola

di San Francesco del Deserto,

Burano, Torcello, il campa-

nile di Murano e sullo sfondo

le Dolomiti degustando il suo

“Orto 2007” un vino non im-

mediato, spesso è proprio

questo l’impatto che abbiamo

con i “vini naturali”, un vino

che non vuole stupire, che ha

bisogno di aprirsi lentamente,

con dei ritmi che sono propri

di questa isola, una finezza

di naso molto francese unita

alla lunghezza di gusto e alla

sapidità minerale della laguna

veneziana, un vino di grande

piacevolezza, che si fa bere

anche con un secondo bic-

chiere.

“Le cose semplici hanno un

valore che dura nel tempo”

continua Michel e questo

“Orto 2007” ha secondo noi,

il gusto della semplicità di un

sogno in mezzo alla laguna...

Ivitigni autoctoni, i vitigni della tradizione, i ‘vitigni scomparsi’: se ne sente

parlare e discutere sempre con maggior frequenza, c’è chi è entusiasta fautore del recupero di questi vitigni e chi invece ne ha una visione ridut-tiva.È giusto cedere alle logiche di mercato e quindi puntare sulla coltivazione di vitigni econo-

micamente sicuri oppure è più giusto ricercare e recuperare i vitigni che fanno parte della storia e della tradizione di una regione?Perché i vitigni antichi sono stati abbandonati? Perché il vino prodotto era di scarsa qualità oppure perché l’im-pianto di altre tipologie di viti-gno risultava essere più remu-nerativo?

La famiglia Bisol e l’Uva Dorona

di Lucio Chiaranda

Gianluca Bisol

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Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5 115

speciale Veneto

Probabilmente ciascuna di queste ipotesi ha un suo contenuto di verità ma l’intento di que-ste poche righe non è quello di dare risposte bensì di parlare dell’esperienza di una grande azienda. Trovo infatti sia giusto che una gran-de azienda vitivinicola, quando ne ha l’occa-sione, dedichi tempo, energie e risorse eco-nomiche alla riscoperta di vitigni in cui crede ed in cui vede delle potenzialità.Sperimentazione che affianca la produzione tradizionale come dovrebbe avvenire i tutti i settori dell’economia.Non so se si possa definire sogno, ostinazio-ne o caparbietà, preferisco la parola sogno, ci riporta all’infanzia, alle fantasie di quando si era bambini, fantasie che per alcuni, da adul-ti, si realizzano.Gianluca Bisol appartiene ad una famiglia che storicamente ha legami con i vigneti e di conseguenza con il vino, non è ve-neziano Gianluca perché la famiglia Bisol vede le sue origini nella zona di Valdobbiadene, ri-maniamo però nella stessa regione, il Veneto.Ed a Venezia Gianluca ha potuto concretiz-zare un suo sogno, la creazione di un vigneto frutto del recupero di poche piante di un viti-gno antico, l’Uva Dorona.Venezia: laguna, acqua salata a quota del terreno, e si pensa di realizzarvi un vigneto? Sì, ma l’idea di Gianluca Bisol non è nuova, la città di Venezia nel corso della sua storia ha ospitato vigneti non ornamentali, da cui si pro-duceva vino, erano presenti vigneti in alcune parti della città stessa come a San Francesco della Vigna, negli orti/giardini di conventi e monasteri, nell’Isola della Giudecca, nell’Iso-la di Sant’Erasmo, nell’Isola delle Vignole e nell’Isola di Mazzorbo. Mazzorbo è unita da un ponte di legno alla più famosa Isola di Burano ed è stata da sempre

luogo di meditazione spirituale e di coltivazione

della terra tra i cui prodotti era presente anche

l’uva, proprio qui Gianluca Bisol, affiancato dal

winemaker Roberto Cipresso, ha voluto ridare

vita al vitigno.

Nell’Isola di Mazzorbo sorge la tenuta Scarpa-

Volo, un’antica “vigna murata” risalente al

1400, sorvegliata da un campanile secolare,

un’oasi di tranquillità fuori dal tempo, se fossi-

mo in Francia potremmo definirla un ‘close’.

Questa la sede prescelta per il reimpianto, la

stessa tenuta è stata oggetto di un intervento

di recupero e valorizzazione.

Nell’avventura non è coinvolto solamente

Gianluca ma tutta la famiglia Bisol, in partico-

lar modo il fratello Desiderio.

I primi passi risalgono al 2002 quando è inizia-

ta la ricerca delle piante di Uva Dorona ancora

presenti nelle isole della laguna.

L’Uva Dorona, o uva d’oro per il colore brillante

degli acini, è caratterizzata da grappoli gran-

di e spargoli ed è lontana parente delle uve

garganeghe, è uva sia da tavola che da vino

ed era presente sulle tavole della Serenissima

Repubblica sin dal 1400 circa, diffusa anche

nell’entroterra fino alla zona del fiume Livenza.

La famiglia Bisol ha già iniziato la produzione

vinicola e la prima vendemmia ufficiale sarà

quella di quest’anno, 2010, le prime bottiglie

saranno sul mercato nel 2011, il vino si chia-

merà Venissa, in omaggio ad Andrea Zanzotto

che anche con questo nome indica, nei suoi

scritti, Venezia.

L’ambiente peculiare, con un terreno che trae

la propria vitalità dall’acqua salmastra della

laguna, ci darà certamente modo di assapo-

rare un vino bianco unico, sicuramente sapi-

do, che sarà in grado di ritrasmetterci tutti i

profumi che caratterizzano il luogo in cui vie-

ne prodotto. La famiglia Bisol si auspica che

il prodotto possa entrare nel mondo del vino

con un livello di eccellenza, credo che questo

sia l’augurio di tutti gli appassionati di vino ed

anche il modo migliore per dare un contributo

alla causa dei ‘vitigni scomparsi’.

Page 118: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

L’oro del Garda a cura del Consorzio di Tutela Olio DOP Garda

All’interno di una bottiglia di olio del Garda è racchiusa cultura, storia, tradizione ed assaporarne

il gusto delicato ed avvolgente è un “emozione”.

Di antica e famosissima tradizione, l’olio del Garda viene prodotto

alla latitudine più a nord del mondo, grazie alla conformazione

del territorio ed al microclima del lago.

Numerose fonti documentali risalenti a periodi storici differenti, a partire

dal Medioevo, e diverse opere letterarie di Catullo, Bonfadio, Goethe,

Carducci e D’Annunzio, testimoniano la rilevante presenza della pianta

d’olivo sul territorio bagnato dalle acque del Garda.

L’olio extra vergine di oliva Garda ha ottenuto il riconoscimento

di Denominazione di Origine Protetta dalla Comunità Europea nel

novembre del 1997.

Il Consorzio di Tutela è stato riconosciuto dal Ministero delle Politiche

Agricole Alimentari e Forestali nell’anno 2004. È nato per tutelare il

prodotto, assistere ed aiutare i soci nello svolgere le pratiche per ottenere

la certificazione: dalla raccolta all’imbottigliamento. Una tracciabilità

completa volta a garantire l’origine e la provenienza dell’olio, verificando

il rispetto del disciplinare di produzione e collaborando con l’organismo

di controllo preposto.

Questo è un consorzio giovane, in principio erano circa una trentina di

soci e nel corso di pochi anni è cresciuto molto, oggi sono circa 480 i

soci tra olivicoltori, molitori ed imbottigliatori.

Il consorzio opera su tre regioni lambite dalle acque del lago e sono:

Veneto, Lombardia, Trentino e quattro rispettive provincie, Brescia,

Verona, Mantova, Trento che danno denominazione all’olio di oliva Dop

Garda.

Una volta prodotto l’olio, l’ente certificatore preleva dal contenitore di

stoccaggio alcuni campioni di olio e lo chiude con dei sigilli che saranno

tolti dopo il risultato delle analisi. L’olio è sottoposto all’analisi chimica da

parte di un laboratorio ed al panel test (gruppo di assaggiatori esperti)

riconosciuti dal MIPAAF, che determinano se l’olio rientra nei parametri

dettati dal disciplinare della Dop, e se rispetta la tipicità del Garda.

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5116

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Page 119: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Altro importante compito è la valorizzazione del

prodotto “Olio DOP Garda”, della sua olivicoltura

e del bel territorio gardesano, attraverso fiere,

manifestazioni e comunicazione.

Professionalità, ragione, passione, testa sono doni

essenziali per praticare una buona e sana olivicoltura

e produrre un olio sempre migliore. Queste sono le

caratteristiche dei nostri olivicoltori e grazie al loro

lavoro manteniamo il territorio, sano, bello e curato

elementi necessari anche per lo sviluppo del turismo

e orgoglio per i suoi abitanti.

Agricoltura e prodotti tipici, territorio, turismo,

ristorazione e cultura,sono settori molto importanti

legati tra loro e collaborando possono creare una

forte economia ma la mancanza e la trascuratezza di

uno solo di questi metterebbe in crisi anche gli altri.

“È importante pensare globale nella promozione ma

consumare locale”.

All’interno di una bottiglia di olio Dop Garda è

racchiusa cultura, storia, tradizione ed assaporarne

il gusto delicato ed avvolgente è un “emozione”.

Le caratteristiche sensoriali dell’olio sono: odore

fruttato medio leggero di erba fresca, erbe

aromatiche, fieno, carciofo che si fondono in un gusto

delicato con note di amaro e piccante percepibile

in gola equilibrati tra loro ed un retrogusto tipico di

mandorla.

Queste caratteristiche delicate e persistenti sono

date grazie alla particolarità della zona di produzione

con presenza del lago e delle montagne che rendono

unico l’olio del Garda.

Studi recenti eseguiti da ricercatori e medici, han-

no dimostrato che l’olio extra vergine di oliva, pro-

dotto seguendo attente modalità di raccolta e

produzione,contiene antiossidanti naturali come la

vitamina E, polifenoli; ha un azione antinfiammatoria,

stimola le secrezioni gastriche predisponendo l’or-

ganismo ad una migliore digestione quindi più di-

geribile rispetto ad altri grassi; contiene acido oleico

che è l’ acido grasso monoinsaturo più importante,

presente anche nel latte materno; contribuisce a ri-

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5

Page 120: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

durre l’eccesso di colesterolo

nel sangue; è un energetico,

più digeribile anche in età se-

nile.

Il consumo di olio extra ver-

gine di oliva aiuta a prevenire

e proteggere anche dalle ma-

lattie cardiovascolari (contiene

vitamina E) e dall’arterioscle-

rosi, ovviamente abbinato ad

una dieta sana ed equilibrata.

Altra sostanza molto impor-

tante contenuta nell’olio è lo

squalene, presente anche nel

pesce di lago, che ha una fun-

zione antiossidante naturale

e protettiva per la pelle, svol-

gendo una protezione natu-

rale contro le radiazioni solari,

comportandosi come un filtro

biologico.

Altro importante fattore è che

l’olio extra vergine di oliva

possiede un elevato punto di

fumo, cioè resiste di più alle

alte temperature rispetto ad

altri grassi che bruciano più

velocemente.

Si può affermare che l’olio

extra vergine di oliva è molto

più che un condimento, è un

ottimo medicinale e prodotto

di bellezza per il nostro orga-

nismo.

L’olio extra vergine Dop Garda

può essere utilizzato per mol-

te preparazioni in cucina, sia

a crudo che per cucinare e,

grazie al suo gusto delicato, si

abbina a molte preparazioni. È

fondamentale per accompa-

gnare piatti a base di pesce di

lago, pinzimoni, carni, strac-

chino, formaggi magri, carne

salada, carpaccio di carne e

pesce, salse, bruschette; per

preparare dolci, sorbetti, gela-

to e molto altro.

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5118

spec

iale

Venet

o

Page 121: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5 119

speciale VenetoRiso Vialone Nano

Veronese IGPa cura di Giovanni Lazzari

La risicoltura veronese

nata ai primi del XVI

secolo, importata dal-

la Lombardia, si è affermata

nelle terre della Serenissima

assieme al mais.

Sino a pochi anni fa, nella pia-

nura veronese, il risotto era il

piatto della domenica, spesso

cucinato esclusivamente dal

capo famiglia.

Quando l’Adige veniva utiliz-

zato come via d’acqua per il

trasporto di merci, la sede del

mercato del riso lavorato era

Legnago perché da li partiva-

no i Burchi per Venezia.

La Serenissima ha sempre

avuto una propensione al

commercio che certamente

ha influenzato l’agricoltura, i

proprietari terrieri spessi era-

no commercianti: il riso assie-

me alla seta era un prodotto

da esportazione e ciò perdu-

rò anche con la dominazione

Austriaca.

Sino all’ultimo conflitto mon-

diale una grande riseria aveva

sede a Trieste, la Riseria di

Trieste tristemente conosciuta

come “Risiera di San Saba”

era la prima esportatrice ver-

so i paesi del nord ed est

Europa.

Non dimentichiamo che fino

gli anni cinquanta la Curti ave-

va una riseria ad Adria, dove

lavorava il Vialone del Polesine

e l’ Arborio di Ferrara.

Nel veronese una moderna e

grande riseria la Brena, nata

nel XVIII secolo lavorava il 70-

80 % del Vialone nero veneto,

per commercializzarlo poi in

Page 122: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

tutta Italia

Il “Vangelo” di cucina delle

nostre mamme o nonne era

“L’Artusi”, il libro che indi-

cava come unico riso da ri-

sotti il Vialone nero coltivato

nel Polesine, in Veneto e nel

Mantovano.

Il Vialone o nero di Vialone o

Vialone nero, nasce a Pavia

nella Cascina Vialone sele-

zionato dagli agricoltori De

Vecchi che moltiplicarono un

cespo di riso trovato in una ri-

saia di Ranghino (1901) che fu

subito apprezzato dai pilatori

che lo pagavano di più della

varietà Novarese.

Il Vialone nero non si adatta-

va al trapianto e forse anche

per questo la sua applicazione

non entrò nella tecnica di col-

tivazione del riso in veneto e

mantovano.

Negli anni cinquanta la col-

tivazione del Vialone nero

andò sempre più diminuendo,

poiché il ciclo vegetativo era

lungo, facile all’ allettamento,

sensibile al brusone e non ul-

tima l’impurità varietale, esso

veniva sostituito con il P.6,

il Precoce Rossi, il Rinaldo

Bersani, e per ultimo il Vialone

nano, portato dal prof. Romeo

Piacco allora direttore del-

la “Stazione Sperimentale di

Risicoltura” di Vercelli.

Il Vialone nano, nasce alla

S.S.R., costituito nel 1927

dall’ing. Giovanni Sampietro

dall’ ibrido nano x vialone; ini-

zia la coltivazione nel 1937

Con il nome simile al genito-

re, la taglia minore, maggiore

produttività, più precoce, in

genere caratteristiche agrono-

miche migliori e buone quali-

tà culinarie, si convincono sia

gli agricoltori a coltivarlo che i

cuochi a preferirlo in cucina.

Negli anni sessanta un valido

risicoltore veronese Adriano

Olivieri, che vide sparire il

Vialone nero anche dalle sue

risaie, si dedicò al manteni-

mento in purezza del Vialone

nano. Si mise in contatto con il

direttore della Sezione specia-

lizzata in risicoltura dell’ Istituto

per la Cerealicoltura di Vercelli

(ex S.S.R.) dr. Salvatore

Russo, per ottenere pannoc-

chie della varietà Vialone nano

dalle quali partire e moltiplica-

re in purezza il seme.

Iniziò così a seminare pannoc-

chia fila per passare poi al nu-

cleo, prebase e base, control-

lando ed eliminando in campo

e nei mazzetti, impurità varie-

tali, grana rossa, fusarium.

Proprio per opera del com-

pianto Adriano Olivieri abbia-

mo ora il Vialone nano. Questo

avvenne quando il contributo

per risi da seme non veniva

ancora elargito dalla C.E.

Sempre l’Olivieri nella metà

degli anni settanta si muove

per costituire un consorzio

per la tutela del Vialone nano;

riunisce i risicoltori di Verona e

di Mantova.

Con Mantova la collabora-

zione cessa quasi subito, sia

per mancanza di interesse;

ma anche perché essendo

nel frattempo divenuta la ma-

teria agricoltura delegata alle

Regioni, era più difficoltoso

colloquiare con uffici di due

regioni diverse.

Nel 1979 nasce il “Consorzio

per la tutela del “Vialone nano

Veronese” il primo presidente

è Adriano Olivieri per poi suc-

cedergli Ernesto Artegiani.

Nel 1981 le risaie Veronesi

hanno segnato il minimo sto-

rico con 366 ha. Ciò non sco-

raggia i pochi risicoltori rima-

sti, convinti che il loro Vialone

nano Veronese sia sempre

un ottimo riso da risotti ed un

prodotto da valorizzare. Le

superfici coltivate a Vialone

nano aumentano e si assesta-

no nel breve periodo intono ai

1.500 ha.

Nel 1992 la Comunità Europea

emana il regolamento per la ri-

chiesta delle Denominazioni di

indicazione geografica.

Il presidente del consorzio di

allora, Ernesto Artegiani, con il

valido aiuto dei funzionari della

Regione si attiva subito, in ar-

monia con agricoltori e riserie,

per avviare la pratica del del

riconoscimeno di qualità per il

Vialone nano Veronese.

Nonostante l’inesperienza di

chi ha preparato la documen-

tazione, nel 1996 viene otte-

nuta la Indicazione Geografica

Protetta per il Nano Vialone

Veronese assieme al fagiolo

di Lamon, il Radicchio ros-

so di Treviso, ed il Radicchio

Variegato di Castelfranco.

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5120

spec

iale

Venet

oV

eron

a

Page 123: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

TORINO - Via A. Di Francesco, 13 - Tel. 011.4074411NICHELINO (TO) - Via XXV Aprile, 206 - Tel. 011.3982811BUROLO (TO) - S.S. Lago di Viverone, 36 - Tel. 0125.675311ALESSANDRIA - Via Pavia, 69 (Strada per Valenza) - Tel. 0131.36061ACQUI TERME (AL) - Via Circonvallazione, 74 - Tel. 0144.359811NOVARA - C.so Vercelli, 91 - Tel. 0321.521811POLLEIN (AO) - Loc. Autoporto, 10 - Tel. 0165.3045211VADO LIGURE (SV) - Via G. Ferraris, 137 - Tel. 019.21641VIGEVANO (PV) - Viale Artigianato, 10 ang. Via P. Bertolini - Tel. 0381.340611DESENZANO del Garda (BS) - Via Oglio - Tel. 030.915061

Docks Market è il partner sicuro, forte e dinamico dei

professionisti commerciali di successo.

Abbinato alla cultura del vino e l’interesse crescente per questa

preziosa bevanda cantata dai padri della nostra storia suggerisce

il nostro messaggio. Una grande varietà di vini e spumanti per

ogni momento della giornata e della vita, perché il vino è un

compagno insostituibile.

Ogni pietanza vuole il "suo" vino. Solo così, infatti, aromi e sapori

si esaltano traendo reciproco beneficio. L'abbinamento, cioè la

scelta del vino adatto ad accompagnare un piatto, deve prendere

in considerazione l'intero menu. Prima si degusteranno vini bianchi

giovani, freschi, tenui e aciduli, per proseguire con vini bianchi più

strutturati, rosati o rossi giovani, di buona intensità e offrire poi i

rossi invecchiati di buon corpo, con sapori intensi, decisi e di no-

tevole persistenza.

Per concludere, il dessert verrà accompagnato da vini intensi,

aromatici, amabili, abboccati o dolci.

Da Noi puoi trovare offerte speciali settimanali e quindicinali,

un vasto assortimento di vini e accessori (calici, decanter, secchielli,

rinfrescatori e altro ancora) per degustare al meglio il tuo vino. Ogni

giorno e per tuttto l’anno. Scegliamo per te i migliori prodotti al fine

di soddisfare al meglio le tue aspettative.

consulta il nostro sito: www.docksmarket.it

Il sommelier_21x29,7:il sommelier 21x29,7 23-07-2010 17:28 Pagina 1

Page 124: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Palcoscenico per questo incontro esclusivo, nell’ambito del quale produttori selezionati italiani ed

internazionali presentano e propongono in degustazione le loro migliori produzioni enologiche e culinarie ad un pubblico amante del vino e del buon gusto di tutto il mondo, saranno nuovamente le eleganti sale del neoclassico palazzo del Kurhaus di Merano e le piazze circostanti.Evento d’apertura del 19° MIWF, nella giornata di venerdì 5 novembre 2010, sarà la bio&dynamica, (dalle ore 10-18). 50 aziende vitivinicole italiane ed internazionali selezionate, certificate biologiche e/o biodinamiche, propongono

in degustazione i loro vini, nella maggior parte con riferimento alla filosofia del mondo di Rudolf Steiner.Ad inaugurare ufficialmente la 19esima edizione del MIWF nella serata inaugurale di venerdì 5 novembre (dalle ore 19 alle 22, solo su invito) sarà Philippe Casteja, presidente dell’organizzazione Conseil de Grand Cru Classés 1855.

Da sabato 6 novembre (dalle ore 10-18) a lunedì 8 novembre (dalle ore 10-17) all’interno del Kurhaus di Merano batte il vero e proprio cuore del Merano International WineFestival, cioè la presentazione e la degustazione di vini elitari ed unici da tutto il mondo, selezionati dopo le numerose degustazioni dalle apposite commissioni d’assaggio.Quest’anno sono oltre 500 i produttori di vino selezionati italiani ed internazionali che presentano e propongono in degustazione le loro migliori produzioni enologiche.Particolarmente interessante sarà la presenza dei 35 Château dell’Union des Grands Crus de Bordeaux, la maggior

parte dei quali rientrano nella famosa classificazione dei Grand Cru Classé del 1855, nelle giornate di sabato 6 e domenica 7 novembre (ore 10-18) e le aziende vinicole selezionate della Germania (sabato 6 novembre, ore 10-18), organizzato in collaborazione con il noto giornalista enogastronomico Gianluca Mazzella. Il Merano International WineFestival,

organizzato per la prima volta nel 1992 da Helmuth Köcher (Gourmet’s International), il presidente, ed alcuni amici, oggi non è più dedicato esclusivamente agli ottimi vini, ma ha accolto nella sua proposta esclusiva anche altre prelibatezze e piaceri di benessere.Nell’ambito della Culinaria, per esempio, 100 artigiani e piccoli produttori presentano e propongono in assaggio selezionate prelibatezze gastronomiche e tipicità, birrifici selezionati presenteranno le loro birre artigianali, mentre nella Aquavitae&Liquores sarà possibile degustare l’offerta più selezionata dell’alcolico mondo dei distillati e liquori.Novità all’interno del 19°Merano International WineFestival sarà l’integrazione di aziende enoturistiche, le quali oltre ad offrire camere di charme e gastronomia di spicco siano anche produttori di vino di alta qualità: WineResorts. Anche la 19esima edizione del MIWF brillerà con diversi seminari interessanti, presentazioni straordinarie ed esclusive degustazioni guidate.Un ricco panorama di eventi collaterali arricchiscono il Merano International WineFestival 2010 prima e dopo la data del 5 novembre 2010.

5-8 novembre 2010Da venerdì 5 novembre a lunedì 8 novembre 2010 la rinomata cittadina termale di Merano, adagiata nella splendida cornice alpina, ospiterà la considerevole 19esima edizione del Merano International WineFestival, una delle manifestazioni più esclusive ed eleganti non solo a livello italiano ma anche europeo.

122

a cura della redazione di Quality ADV

(Ulteriori informazioni sul sito www.meranowinefestival.com)

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5

International19°

Page 125: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010
Page 126: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

“Stelle del Piemonte” è un progetto della Regione Piemonte, sostenuto e

realizzato dall’Assessorato Regionale al Turismo, nato nel 2005 con lo scopo di

creare un gruppo di professionisti che promuovano il Piemonte e comunichino al

mondo le eccellenze, le peculiarità e i tesori enogastronomici del territorio. Un’iniziativa

unica in Italia: un team di cuochi d’eccellenza di una Regione, “ambasciatori” nel

mondo dell’enogastronomia del territorio, che racchiude in sé anche la cultura, la

storia, le tradizioni. Se il cibo è linguaggio universale capace di comunicare cultura

e stili di vita, le “Stelle” sono i testimonials dei sapori, dei saperi, della storia, ma

anche del futuro del Piemonte, una terra che guarda avanti traendo forza dalle

radici del passato. La squadra dell’eccellenza enogastronomica piemontese ha

già “firmato” eventi importanti: dalla serata di gala delle Paralympics Night

a Dusseldorf, alla consacrazione durante i Giochi Olimpici Invernali 2006

con il P Food&Wine, spazio hospitality della Regione Piemonte, dalle 11

tappe europee del Road Show di Promozione Internazionale della Regione,

al Torino+Piemonte Food Festival presso l’ONU a New York nel maggio

2007 fino alla gestione nelle stagioni teatrali 2009 e 2010 del Foyer de “il

Teatro Regio a Racconigi”.

Il progetto prosegue con successo: un gruppo di 6 nuovi cuochi arricchirà

la squadra dell’eccellenza enogastronomica piemontese, ambasciatrice di

gusto, professionalità e creatività culinaria.

a cura della redazione di Quality ADV

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5124

“ ”Una squadra di grandi cuochi per far brillare

e comunicare nel mondo l'identità di un territorio

@alessandra t inozzi@alessandra t inozzi

Page 127: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

125

i protagonisti

www.stelledelpiemonte.net

www.piemonteitalia.eu

eVenTi enogASTronoMici 2010 in PieMonTe

SeTTeMBre 2010♦ 10-19 Douja d’or - Salone nazionale di vini selezionati (Asti) ♦ 21-25 Salone internazionale del gusto e Terra Madre (Torino)oTToBre 2010♦ 1-3 Alé Chocolate (Alessandria) ♦ 2-17 Fiera Int.le del Tartufo bianco d’Alba e Asta Int.le del Tartufo (Alba) ♦ 14-17 Fiera nazionale del Marrone (Cuneo) ♦ 24 e 31 Fiera Mostra Mercato Nazionale del Tartufo (Moncalvo - AT) noVeMBre 2010♦ 7 Fiera Nazionale del tartufo bianco del Monferrato (Montechiaro - AT) ♦ 14 e 21 Fiera Nazionale del tartufo - Trifola d’Or (Murisengo - AL) ♦ 21 Mostra Mercato Nazionale del tartufo (S. Sebastiano Curone - AL) DiceMBre 2010♦ 16 Fiera Nazionale del bue grasso (Carrù - CN)

Riccardo Aiachini e Andrea ribaldone, Ristorante La Fermata Resort, Spinetta Marengo (AL) - Ugo Alciati, Ristorante Guido, Pollenzo (CN) - Giuseppina Bagliardi e Piero Fassi, Ristorante Gener Neuv, Asti - Piero Bertinotti, Ristorante Pinocchio, Borgomanero (NO) - Piercarlo Bussetti, Ristorante Pier Bussetti al Castello di Govone, Govone (CN) - Massimo camia,Ristorante Locanda nel Borgo Antico, Barolo (CN) - Antonino Cannavacciuolo, Ristorante Villa Crespi, Orta San Giulio, (NO) - Carla Chiodo e Massimo Milano,Ristorante Cacciatori, Cartosio (AL) - elide Mollo cordero, Ristorante Il Centro, Priocca D’Alba (CN) - Mariuccia Ferrero, Ristorante San Marco, Canelli (AT) - Marco, Canelli (AT) - Walter Ferretto, Walter Ferretto, Ristorante Il Cascinale Nuovo, Isola d’Asti (AT) - Stefano Gallo, Ristorante Barrique, Torino

Maurilio garola, Ristorante La Ciau del Tornavento, Treiso (CN) - Giovanni Grasso e Igor Macchia, Ristorante La Credenza, San Maurizio Canavese, (TO) - Marta grassi, Ristorante Tantris, Novara - Pieraldo Manetta, Lo Scoiattolo, Carcoforo (VC) - Alessandra Strocco e Massimiliano Musso, Ristorante Vittoria, Tigliole (AT) - Davide Palluda, Ristorante All’Enoteca, Canale (CN) - Alfredo Russo, Ristorante Dolcestilnovo alla Reggia, Venaria Reale (TO) - Marco Sacco, Ristorante Piccolo Lago, Verbania (VB) - Davide Scabin, Ristorante Combal.Zero, Rivoli (TO) - Mariangela Susigan, Ristorante Gardenia, Caluso (TO) - Matteo Vigotti, Ristorante Novecento, Meina (NO) - Sergio Vineis, Vineis, Ristorante Il Patio, Pollone Ristorante Il Patio, Pollone (BI) - giampiero Vivalda, Ristorante Antica Corona Reale, Cervere (CN) - Angelo Angiulli

Page 128: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5

Un banco d'assaggio molto interessante dove è stato possibile fare delle comparazioni

tra vini delle stesse tipologie e capire l'influenza del terroir sui vini

il nobile pioniereSe i vini di Bolgheri hanno raggiunto una

notorietà internazionale, il merito è del marchese

Mario Incisa della Rocchetta. Pioniere in quella

terra sassosa che, dopo 24 anni dall’impianto

del vigneto, produsse la prima bottiglia di

Sassicaia. La sua sorte per 26 anni è stata quella

di un re senza corona: infatti, benché vincente

in concorsi e tasting di livello internazionale

il Sassicaia era un “vino da tavola”. Otterrà

il blasone della doc solo nel 1994. Un vino

portabandiera che ha fatto proseliti, portando a

54 il numero dei produttori, di cui trentaquattro

aderenti al Consorzio di Tutela.

le nuove annateQuest’anno, cambio della location: dalla storica

Tenuta di San Guido al Campastrello Hotel

Sport. Un complesso ideale per l’ospitalità e per

l’impegnativa degustazione. Come di consueto,

con la regia di Paolo Valdastri direttore del

Consorzio di Tutela, si è tenuta l’anteprima dei

vini di Bolgheri delle annate che sono messe

in commercio nel corso del 2010. Attese, in

particolare, quelle del 2007 del Bolgheri Rosso

Superiore e del 2008 per Il Bolgheri Rosso,

nonché diversi IGT (bianchi, rosati e rossi di 4

annate) di pregio. Ma i vini in degustazione passati

al vaglio di un folto gruppo di giornalisti nostrani

ed esteri, erano ben di più. Centodiciannove vini

di 4 annate, così suddivisi: 29 bianchi (18 del

2009, 2 del 2008 e 1 del 2007) di cui 10 Doc

e 19 IGT (5 di questi di produttori associati ma

fuori zona); 8 rosati 2009 di cui 6 Doc e 2 IGT, 36

Bolgheri Rosso di cui 2 del 2009, 22 del 2008 e

12 del 2007. Ventitre i Bolgheri Superiore di cui

19 del 2007 e 4 del 2006; infine 23 IGT rossi di

cui 8 del 2008, 12 del 2007, due del 2006, ed

altri tre (dei produttori associati ma fuori zona),

rispettivamente del 2009, 2008 e 2007.

Anteprima dei vini di Bolgheri

126

“di Virgilio Pronzati

Paolo Valdastri - Direttore Consorzio Bolgheri DOC

Page 129: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010
Page 130: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5128

le valutazioni Dovendo fare una valutazione sui vini degustati,

quelli di buon livello (eccellenti, ottimi e buoni),

rappresentano circa il 31% del totale. Può

sembrare un giudizio negativo, ma non lo è, in

quanto in quel 31% non rientrano quei vini ancora

disarmonici per gioventù (eccesso dì acidità fissa

e tannicità, carenza di morbidezza) per eccesso

di boisé, per il precoce imbottigliamento, ect.

La degustazione ha validità nel momento in cui

è fatta. E se questo metro, lo usiamo per altre

manifestazioni, il risultato sarà simile. Entriamo

nel dettaglio. Dei 29 bianchi: dei ventisei 2009

due ottimi, cinque buoni, dieci medio-buoni,

9 appena sufficienti; mentre degli altri tre,

sufficienti i due del 2008 e buono l’unico 2007

vendemmia tardiva. Dei sette rosati: 6 buoni e 2

appena sufficienti. Passando ai Bolgheri Rosso,

di livello medio i due 2009, dodici 2007, cinque

ottimi, tre buoni e quattro medio-buoni. Gli altri

presentavano sentori fruttati e vegetali piacevoli

e buona armonia in bocca. Di seguito i Bolgheri

Rosso: i ventidue del 2007, risultavano sette

ottimi, cinque buoni, sei medio-buoni e 4 discreti.

Mentre dei dodici del 2006: sei ottimi, due buoni,

tre medio-buoni e uno appena discreto. Ora è

la volta dei 21 Bolgheri Superiore: dall’annata

2006, sei ottimi, due buoni, dieci medio-buoni

e tre discreti. Da quella del 2005, tre medio-

buoni. Infine, quindici IGT di cui 6 del 2007

e 9 del 2006. Della prima annata, due ottimi,

uno buono e tre medio-buoni. Della seconda,

Zona di produzione: il territorio amministrativo del comune di Castagneto Carducci per la parte ad est della SS1 Aurelia vecchio tracciato, in provincia di Livorno. Bolgheri Biancouve trebbiano toscano, vermentino e sauvignon dal 10 al 70% per ognuna, con eventuale aggiunta d’altre uve a bacca bianca raccomandate o autorizzate per la provincia di Livorno, fino al 30%, con resa massima di 100 ql per ettaro. Gradazione minima 10,5%.Bolgheri Vermentinouve vermentino minimo 85%, altre max 15%, con resa massima di 100 ql per ettaro. Gradazione minima 10,5%.Bolgheri Sauvignonuve sauvignon minimo 85%, altre max 15%, con resa massima di 100 ql per ettaro. Gradazione minima 10,5%.Bolgheri Rossouve cabernet sauvignon dal 10 all’80%, merlot max 70%, sangiovese max 70%; altre max 30%, con resa massima di 90 ql per ettaro.

Gradazione minima 11,5%. Bolgheri Rosato come per il Rosso. Bolgheri Vin Santo Occhio di Perniceuve sangiovese dal 50 al 70%, malvasia nera dal 30 al 50% ed altre max 30%, con resa massima di 90 ql per ettaro. Gradazione minima 16%.Bolgheri Superiorequalificazione del Bolgheri Rosso se ottenuto con resa massima in uve di 80 ql per ettaro, presenti una gradazione alcolica minima complessiva di 12,5%, un estratto secco minimo del 24 per mille, ed un affinamento minimo di 2 anni, a decorrere dal primo gennaio successivo alla vendemmia, di cui minimo 1 in botte di rovere e almeno 6 mesi in bottiglia. Gradazione minima 12%.Bolgheri Sassicaiaottenuto da uve cabernet sauvignon 85% e cabernet franc 15%, con resa massima di 60 ql per ettaro, provenienti dalla sottozona Sassicaia, collocata nella parte collinare della

Tenuta San Guido di Bolgheri, con un affinamento minimo di 2 anni di cui almeno 18 mesi in botte di rovere da 225 litri, e altri 6 mesi in bottiglia. Gradazione minima 12%.

La proposta della modifica del disciplinare, votata all’unanimità dall’Assemblea dei soci, riguarda le seguenti norme: Bolgheri Rosso e Bolgheri Superiore, senza citare l’uva impiegata. Entrambe le tipologie potranno essere prodotte anche in purezza, mentre con syrah e sangiovese non dovranno superare il 50%. Il Bolgheri Rosso potrà essere immesso al consumo non prima dell’1 settembre dell’anno successivo a quello della vendemmia. Nel Bolgheri Superiore resta invariato l’affinamento minimo di 24 mesi. I vitigni di sangiovese e syrah saranno presenti fino ad un massimo del 50%. Sarà introdotta la menzione in etichetta del nome della vigna. Per i bianchi e i rosati si potranno utilizzare tappi sintetici.

DiSciPlinAre Di ProDuZione Bolgheri Doc

Page 131: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

tre ottimi, due buoni, uno medio-buono e tre

appena discreti. Oltre che in cinque bianchi, dei

molti rossi o quasi tutti, Doc e non, elevati in

barriques, più di un quarto prevaleva il boisé,

con note troppo tostate e balsamiche.

Comunque un banco d’assaggio molto

interessante, dove è stato possibile fare delle

comparazioni tra vini delle stesse tipologie, capire

l’influenza del terroir sui vini, la caratterizzazione

conferita dai vitigni di origine bordolesi, la

cresciuta qualità (più omogenea da alcuni anni),

e non certo ultimo, il piacere di degustare dei

vini che possono confrontarsi con i cosiddetti

grandi dei cinque continenti.

I francesi nelle vignedel Bolgherese Dei 102 vini degustati, quelli ottenuti totalmente

da vitigni italici sono solamente 13. Mentre

quelli ottenuti da vitigni esteri, quasi totalmente

francesi, sono risultati ben 81. Otto erano i vini

di cui uno su due o tre, era italiano.

I Bolgheri Doc in cifreLa superficie totale Doc è in questo momento

di 1.148 ettari, di cui 962 dei soci del Consorzio

di Tutela. Di questi, 857 ettari sono iscritti

all’albo Doc, mentre i rimanenti 105 sono ad

IGT. La superficie vitata d’aziende non iscritte al

Consorzio Doc ammonta a 186 ettari. I vigneti

iscritti alla Doc dei soci aderenti al Consorzio di

Tutela sono così composti: cabernet sauvignon

387 ettari, merlot 206,52 ettari, cabernet franc

66,58 ettari, petit verdot 63,98 ettari, syrah 61

ettari, sangiovese 11,38 ettari, vermentino 52

ettari di cui 46,23 Doc, sauvignon 5,87 ettari

di cui 3,03 Doc, viognier 4,92 ettari di cui 4,54

Doc, chardonnay 2 ettari circa e trebbiano

toscano 1 ettaro.

La potenzialità produttiva compresi gli IGT, si

può stimare in 6.000.000 di bottiglie. Parlando

dei consumi, poco più del 30% è consumato

in Italia, il restante 70% prende la strada per

l’estero.

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5 129

Page 132: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5130

È un vino che ha bisogno di molte attenzioni e soprattutto ha bisogno di molto tempo per poter

esprimere i massimi livelli qualitativi

Il grande dei vini Toscani:

il Vin Santodi Luca Iacopini e Massimo Bracci

“”

Nel mese di giugno nello splendido panorama del lago di Massaciuccoli a Torre del Lago si è svolta una degustazione

organizzata dalla delegazione FISAR di Viareggio sui Vin Santi toscani. Quale migliore occasione poteva prestarsi per scoprire un vino così tanto legato alla Toscana e forse, insieme al Chianti e al Brunello, il vino più conosciuto e rappresentativo di questa regione?Premettiamo che per parlare di Vin Santo toscano occorrerebbe forse un intero libro per quanto è ricca la tradizione storica. Le origini di questo vino risalgono all’epoca medioevale quando si impose una crescente richiesta da parte delle classi medie di vini dolci sul tipo di quelli del mediterraneo orientale che venivano bevuti dalla nobiltà e i cui prezzi non erano certamente alla loro portata. Proprio in molte zone vocate all’appassimento delle uve si cominciò la produzione di questa tipologia di vino che diventò ben presto il vino più venduto e diffuso del medioevo. Sul nome ci sono varie teorie: la prima si fa appunto legare all’origine orientale come i vini Greci, Xantos (giallo) che identificava quei vini dolci che mediante appassimento venivano usati dalla Chiesa Bizantina e a sostegno di questo vi è una famosa affermazione fatta da un patriarca greco che a un concilio a Firenze degustando un vino dolce della zona esclamò: “Questo è un vino di Xantos”

proprio a identificare il vino tipico della sua regione. Ma i commensali compresero erroneamente l’affermazione del patriarca orientale con: “Questo è un vino Santo” tanto erano buono e di grande

Batteria di caratelli

Page 133: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

rossofarnèbarriquesalta qualità

Tenuta Farnè S.r.l. - Sede produttiva Castello di Serravalle (Bo) - Sede logistica Nord Italia Portogruaro (Ve) Tel. 0421 770619 - Fax 0421 770112 - E-Mail: [email protected] - http://www.tenutafarne.it

Page 134: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

qualità. Da qui il nome Vin santo. Più probabile però che il nome derivi dal periodo in cui l’uva appassita viene pressata per la produzione del mosto ossia proprio nelle vicinanze della Settimana Santa.In Toscana ne esistono due tipologie regolamentate da disciplinare : Vin Santo Chianti (DPR 28.08.97) e il Vin Santo Chianti Classico (DPR 24.10.95) che rispecchiano la territorialità del vino rosso.Le uve utilizzate sono il Trebbiano Toscano e la Malvasia per almeno il 70% e il restante uve a bacca bianca, mentre per la tipologia Occhio di Pernice c’è l’apporto per almeno il 50% del vitigno principe della Toscana il Sangiovese e per il resto è possibile utilizzare sia un uva a bacca bianca che a bacca nera. Le uve normalmente vengono raccolte anticipatamente per avere una buccia più spessa e non far staccare gli acini dal raspo .È un vino che ha bisogno di molte attenzioni e soprattutto ha bisogno di molto tempo per poter esprimere i massimi livelli qualitativi. Per questo, dal punto di vista commerciale per chi lo produce, non è un vero e proprio affare, nel senso che se si considerasse interamente il tempo dedicato, le attenzioni, le pratiche di cantina, avrebbe prezzi a dir poco proibitivi e i Vin Santi di alta qualità oggi non sono certamente economici. È semmai una

missione, una sfida, una forte passione che spinge a produrlo, senza fare tanti calcoli di guadagno; è il risultato quello che conta ed è quello che ti ripaga di tanto lavoro e di tanta pazienza per aspettarlo. Ma vediamo brevemente cosa c’è dietro questo vino speciale. Anzitutto si parte dai vitigni le cui rese devono essere ovviamente basse e di grande qualità. Un volta raccolte e selezionate con grande cura vengono collocate su cannicci o appesi (penzane) negli appassitoi, locali in cui il ricambio dell’aria è fondamentale affinchè avvenga il processo di surmaturazione. Con l’appassimento delle uve viene a diminuire l’acqua dagli acini e conseguentemente a aumentare il contenuto zuccherino. Questa operazione è difficile e costosa che non può essere industrializzata. Il periodo di riposo di questi grappoli è abbastanza variabile, che può arrivare anche fino a sei mesi, si procede poi alla pigiatura e alla collocazione del mosto in speciali botticelle: i caratelli. I caratelli, definite le piccole botti, esistono di varie misure da 50 a 200 l, possono essere costruiti con diversi legni (rovere, castagno, ciliegio) e di diverse età. Ogni legno ha la sua porosità, riesce più o meno a far passare ossigeno che negli anni trasforma, modifica il bouquet e la struttura del prodotto finale.

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5132

Page 135: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5

Non sono fermentazioni tumultuose come i normali vini ma visto che opera in luoghi ridotti ed esistono grandi quantità di zuccheri, sono fermentazioni di carattere lento.Il caratello viene riempito per circa 80-85% e sigillato ermeticamente con tappi e sigillati con ceralacca, il restante 20% nel tempo sarà riempito dall’anidride carbonica che si sprigiona dalla fermentazione. I caratelli sono collocati in locali denominati vinsantiere (normalmente sottotetto) dove la temperatura ha un estrema importanza.Visto che nei caratelli il Vin Santo deve riposare per almeno tre anni nel corso dell’inverno-autunno, il clima freddo genera una lenta e graduale fermentazione mentre durante la primavera, con l’aumento della temperatura aumenta la produzione di anidride carbonica e in estate quest’ultima satura il caratello provocando il blocco della fermentazione che ripartirà poi con l’inverno. Questo ciclo si ripete dalle tre alle otto volte. Da far presente che esiste una diminuzione del volume iniziale dovuto all’evaporazione (8/15%) e all’essiccazione (20/25%). A volte il produttore può decidere di fare dei travasi da caratello a caratello.La fermentazione nel caratello usufruisce di un deposito feccioso derivato da precedenti fermentazioni ovvero la madre. È un particolare sedimento, scuro e molto denso che rimane all’interno del caratello dopo la svinatura e viene tramandato di generazione in generazione. È in realtà un insieme di lieviti ed altri batteri che riescono a far fermentare il mosto anche con alti livelli zuccherini. Senza l’uso continuativo dei caratelli non esisterebbe la madre. È questa che segna una linea di continuità qualitativa al Vin Santo negli anni.La degustazione si è svolta con 9 vini di alta qualità, di cui 5 vin santi doc della provincia di Pisa e Pistoia (La Regola, Pietro Beconcini, San Gervasio, Sorelle Palazzi, Marini), e 4 Vin Santi Classici doc (San Giusto a Rentennano, Isole e Olena, Montegrossi e Sant’appiano), tutti vinsanti vincitori di concorsi o oggetto di menzioni d’onore al Vinitaly.La degustazione è stata affrontata sia con appassionati, sia con i produttori e il risultato finale è stato che i “veri Vin Santi” hanno aromi e profumi

di grande intensità, che spaziano dalla frutta come l’albicocca, alla noce moscata, al miele alla frutta candita. In bocca si percepiscono grandi concentrazioni, il vino scivola in bocca in modo vellutato, elegante e potente, lasciando per minuti e minuti sentori di frutta matura, frutta candita, caffè, residui di cioccolato. Il tutto accompagnato da una buona mineralità e freschezza. I Vin Santi del Chianti Classico hanno denotato una maggiore concentrazione e ricchezza di zuccheri che sicuramente gli permette di essere bevuti anche oltre i dieci anni.Più che un semplice vino da dessert, il Vin santo è un modo di vivere, di concludere degnamente un pranzo o semplicemente di fare due chiacchiere con gli amici. I Vin Santi più giovani possono essere accompagnati con della pasticceria secca come i famosi cantuccini, i durissimi biscotti alle mandorle. Ma li abbiamo degustati anche abbinandoli con un Roquefort o a un Fois Gras e vi possiamo confermare che ne è risultato un abbinamento perfetto. I Vin Santi invecchiati sono invece dei veri vini da meditazione da bere semplicemente quando siamo in buona compagnia seduti in un bel salotto.È un vino in cui la tradizione svolge un ruolo fondamentale che lo ha reso immutato nei secoli. In genere per la maggioranza dei vini, certi cambiamenti per migliorare la qualità ed aggiornare la tecnica sono quasi scontati e con le generazioni sono ben evidenti. Per il Vin Santo i cambiamenti sono minimi e la tradizione prevale. Forse perché queste piccolissime produzioni sono basate solo su fenomeni naturali come l’appassimento delle uve e la lenta fermentazione nei caratelli o forse perché il Vin Santo, secondo tradizione, ha una sua perfezione che piace e che non sarebbe saggio modificare.

133

Page 136: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

in famiglia

134

news dall'ItaliaA Biella si consegnano gli attestati

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5134

in famiglia

Il 25 giugno scorso la Fisar

delegazione storica di Volterra,

ha festeggiato presso Il ristorante

Enoteca Del Duca, nostro socio, in

una serata piena di entusiasmo, di

ottimi vini e buona cucina, la fine del

II° livello del corso per sommelier. Alla

presenza di 18 dei venti corsisti si è

svolta la consegna degli attestati di

partecipazione da parte del delegato

avv. Flavio Nuti, del direttore di Corso

Enrico Del Testa, del responsabile

dei sommelier Bartolini Renzo,

coadiuvato dai sommelier Fausto

Bacci e Gamberucci Francesca.

Era presente tra l’altro l’assessore

alle attività produttive del Comune

di Volterra, già sommelier Fisar,

Graziano Gazzarri. Alcuni dei corsisti

si sono cimentati nel servizio ai

tavoli scegliendo in abbinamento

ai piatti degli Chef Genuino e Ivana

Delli, i vini messi a diposizione della

delegazione, a partire dai vini locali

dell’Az. Marcampo, ai vini della Doc

Montescudaio: Sorbaiano, Ginori

Lisci, Poggio Gagliardo e Podere la

Regola, ad alcune selezioni di vini

di Bolgheri, Satta e le Macchiole,

e delle Colline Pisane, dalla Tenuta

di Ghizzano a Giusti e Zanza; per

finire una selezione di vin santi: az.

Agr. Santa Maria, Sorbaiano e Il

Conventino di Montepulciano nonché

un ottimo Sauterns 2001. La serata

si è conclusa con la consegna da

parte del delegato, ai titolari del

ristorante Enoteca Del Duca, per la

loro adesione alla nostra Federazione,

dell’insegna con lo stemma FISAR

recante l’incisione di “Locale

Associato”, come già l’anno passato

era stato fatto per l’Hotel-ristorante

“Villa Nencini” altro noto locale nostro

socio di Volterra. In ottobre riprenderà

il terzo ed ultimo livello del corso che

culminerà nell’esame e diploma finale

di sommelier.

A Volterra cerimonia di consegna degli attestati

Notizia inviata da Flavio Nuti della Delegazione storica di Volterra

visita il sitowww.fisar.com

informazioni, news, shop on-line e molto altro ancora...

Page 137: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5 135

news dall'Italia

Mercoledì 16 giugno 2010 presso

la Trattoria Doria, nella splendida

cornice del ricetto di Candelo, antico

borgo medioevale, alle porte di Biella,

si è tenuta l’assemblea dei soci per

la consegna degli attestati ai nuovi

sommelier della delegazione di Biella

unitamente ai corsisti di 1°livello a cui si

è consegnato l’attestato di frequenza.

I nuovi sommelier della delegazione

sono: Alpino Claudio, Canton Fiorenza,

Carta Giuseppe, Castaldelli Corrado,

Corda Elvio, Decci Mirko, Deiro

Corrado, De Rossi Eliseo, Iapichino

Barbara, Mazzia Paolo, Mosca

Giuliana, Passarella Erika, Ruschena

Riccardo, Zerbola Adriano.

A tutti i neo sommelier sono stati

formulati i migliori auguri per il

traguardo raggiunto, e ai corsisti

di primo livello l’augurio di

completare il percorso formativo

A Biella si consegnano gli attestati

Notizia inviata da Ennio Pilloni della Delegazione di Biella

Mercoledì 16 giugno 2010 presso

la Trattoria Doria, nella splendida

cornice del ricetto di Candelo, antico

borgo medioevale, alle porte di Biella,

si è tenuta l’assemblea dei soci per

la consegna degli attestati ai nuovi

sommelier della delegazione di Biella

unitamente ai corsisti di 1°livello a cui si

è consegnato l’attestato di frequenza.

I nuovi sommelier della delegazione

sono: Alpino Claudio, Canton Fiorenza,

Carta Giuseppe, Castaldelli Corrado,

Corda Elvio, Decci Mirko, Deiro

Corrado, De Rossi Eliseo, Iapichino

Barbara, Mazzia Paolo, Mosca

Giuliana, Passarella Erika, Ruschena

Riccardo, Zerbola Adriano.

A tutti i neo sommelier sono stati

formulati i migliori auguri per il

traguardo raggiunto, e ai corsisti

di primo livello l’augurio di

completare il percorso formativo

A Biella si consegnano gli attestati

Notizia inviata da Ennio Pilloni della Delegazione di Biella

in famiglia

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5 135

Mercoledì 16 giugno 2010 presso

la Trattoria Doria, nella splendida

cornice del ricetto di Candelo, antico

borgo medioevale, alle porte di Biella,

si è tenuta l’assemblea dei soci per

la consegna degli attestati ai nuovi

sommelier della delegazione di Biella

unitamente ai corsisti di 1°livello a cui si

è consegnato l’attestato di frequenza.

I nuovi sommelier della delegazione

sono: Alpino Claudio, Canton Fiorenza,

Carta Giuseppe, Castaldelli Corrado,

Corda Elvio, Decci Mirko, Deiro

Corrado, De Rossi Eliseo, Iapichino

Barbara, Mazzia Paolo, Mosca

Giuliana, Passarella Erika, Ruschena

Riccardo, Zerbola Adriano.

A tutti i neo sommelier sono stati

formulati i migliori auguri per il

traguardo raggiunto, e ai corsisti di

primo livello l’augurio di completare il

percorso formativo.

La “Festa del Sommelier” è un

appuntamento tradizionale e

importante per la delegazione Fisar

di Livorno, la serata tanto attesa da

quanti hanno superato il rigoroso

esame finale e nel corso della

quale si consegnano gli attestati.

23 neo sommelier hanno ricevuto

l’ambito riconoscimento. Tra questi si

sono particolarmente distinti Rossella

Ghelardi, Chiara Tosi, Alessandro

Biondi, Francesco Sassano e Nadia

Ucciferi.

Prima del convivio presso il ristorante Da

Sandro e Elisa (nel complesso Tennis

Club Libertas, con la collaborazione

del Gruppo Montresor di Verona),

si era svolta la tavola rotonda: “Uno

strumento di comunicazione: la carta

dei vini”, tenuta da Fabio Baroncini

su una esperienza fatta su richiesta

di un amico ristoratore. Il delegato

Mario Albano ha ricordato il successo

riportato nella storica Fortezza Vecchia

(una imponente costruzione voluta dal

cardinale Giulio de’ Medici iniziata nel

1521 e terminata dal duca Alessandro

de’ Medici nel 1534, ora parzialmente

restaurata) con la manifestazione

Un mare di vino presenti 56 aziende

e 30 sommelier per un servizio

professionale ed elegante. Il

A Biella si consegnano gli attestati

Notizia inviata da Ennio Pilloni della Delegazione di Biella

23 nuovi sommelier a Livorno

in famiglia

Page 138: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

in famiglia

136

news dall'Italia

Mercoledì 16 giugno 2010 presso

la Trattoria Doria, nella splendida

cornice del ricetto di Candelo, antico

borgo medioevale, alle porte di Biella,

si è tenuta l’assemblea dei soci per

la consegna degli attestati ai nuovi

sommelier della delegazione di Biella

unitamente ai corsisti di 1°livello a cui si

è consegnato l’attestato di frequenza.

I nuovi sommelier della delegazione

sono: Alpino Claudio, Canton Fiorenza,

Carta Giuseppe, Castaldelli Corrado,

Corda Elvio, Decci Mirko, Deiro

Corrado, De Rossi Eliseo, Iapichino

Barbara, Mazzia Paolo, Mosca

Giuliana, Passarella Erika, Ruschena

Riccardo, Zerbola Adriano.

A tutti i neo sommelier sono stati

formulati i migliori auguri per il

traguardo raggiunto, e ai corsisti

di primo livello l’augurio di

completare il percorso formativo

A Biella si consegnano gli attestati

Notizia inviata da Ennio Pilloni della Delegazione di Biella

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5136

consigliere nazionale Filippo Terrasini

aveva puntato il dito sul prezzo che i

ristoratori praticano per la bottiglia del

vino. “Anche se molti ristoratori, ora,

presentano il vino al bicchiere, o la

bottiglia da mezzo litro o il rimanente

vino da portare via”.

Fabio Baroncini ha parlato della carta

dei vini come una guida turistica.

“Bisogna dare un senso logico

alla carta: con il nome del vino ho

aggiunto, l’uvaggio o in purezza,

se Doc o Docg, l’annata e i gradi. Il

ristoratore aveva in cantina dei vini

che non riusciva a vendere. Per ogni

piatto ho proposto in abbinamento

3-4 vini di diverso prezzo per fornire

al commensale il piacere di scegliere.

Dopo qualche mese il ristoratore mi

ha chiamato e mi ha detto che ha

venduto anche quei vini che non

riusciva a proporre e mi ha ringraziato.

Il suo esempio è stato seguito già da

altri due ristoratori”. Ed ha concluso:

“La Fisar è disponibile a collaborare

con la ristorazione per una migliore

presentazione del vino in tavola”. A

questo incontro era presente anche

il dott. Rolando Ceccotti, revisore

nazionale Fisar e sommelier onorario.

La proposta della cucina: Aperitivo di

benvenuto (Chardonnay Spumante

Brut Montresor Linea Storica),

involtini di salmone fresco con

spuma di branzino alla riduzione di

aceto balsamico e flan di asparagi

in vellutata; primo: scialatelli al ragù

bianco di mare (Montefiera Bianco

di Custoza Doc Giacomo Montresor

2009); involtini di pera e ricotta salata

con fonduta di caprino (Sauvignon

Sansaia, Giacomo Montresor 2009);

sella di vitella alla principe Orloff

con sformatino di patate, piselli e

prosciutto cotto (Teroldego Rotaliano

Doc Conti di Wallenburg 2008) e

bavarese al caffè (Moscato Spumante

Contessa Giulia).

Questi i neo-sommelier: Alessandro

Biondi, Luca Biondi, Riccardo

Castellani, Costanza Cominu,

Francesco D’Oriano, Dario Filidei,

Paola Finocchiaro, Rossella Ghelardi,

Luca Giovannetti, Elena Marengo,

Claudia Meini, Francesca Nieto,

Ewa Olewcynska, Gabriele Pedroni,

Giovanni Raimondi, Francesca

Sassano, Gabriele Selmi, Chiara Tosi,

Nadia Ucciferi, Lorenzo Valenti, Bruna

Vinci, Silvia Volpe e Marco Vozzolo.

Notizia inviata da Gianfranco Grossi

Nella suggestiva scenografia di Piazza S.Michele sotto il loggiato di Palazzo Pretorio nell’ambito del Settembre Lucchese si svolge la tradizionale mostra dell’agricoltura e del territorio lucchese ( 11 – 29 settembre 2010). La mostra si tiene ormai da più di 30 anni e rientra tra gli appuntamenti “storici” del Settembre Lucchese. L’evento si presenta come un’importante operazione di marketing territoriale, in quanto costituisce l’occasione per far

conoscere la lucchesia ai numerosi turisti che affollano la città nel mese di settembre. Proprio per questo sotto il Loggiato sarà allestito un info point in cui saranno presenti la FISAR Lucca-Garfagnana, l’Associazione Strade del Vino e dell’Olio di Lucca Montecarlo e Versilia e le associazioni agrituristiche che distribuiranno ai visitatori pubblicazioni e guide utili a far conoscere al meglio la città ma anche il territorio circostante. Tutti i Giorni i Sommelier della FISAR Lucca-Garfagnana Guideranno i visitatori alla degustazione dei vini delle Colline Lucchesi e del vicino comune di Montecarlo a far scoprire i vini DOC e IGT e l’olio extra-vergine d’oliva di queste zone. Anche quest’anno più di 40 aziende partecipano alla mostra e saranno presentate oltre 100 etichette in degustazione. La FISAR Lucca –Garfagnana organizza in questi giorni sotto il Loggiato in un apposito spazio degustazioni guidate da prenotare al desk, dove è anche possibile ritirare il calice da degustazione e il portacalice griffati a ricordo dell’evento. Inoltre tutti i giorni dalle 11:00 alle 19:30 al Banco degustazioni i Sommelier FISAR saranno a disposizione dei presenti per servire i vini del territorio e l’olio prodotto in dette zone.

La delegazione di Lucca Garfagnana“Al Settembre Lucchese”

Notizie inviate da PIERONI DAVID - Delegazione Lucca-Garfagnana

in famiglia

Page 139: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

news dall'Italiain famiglia

137

news dall'ItaliaA Biella si consegnano gli attestati

Notizia inviata da Ennio Pilloni della

Delegazione di Biella

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5 137

Iniziativa enogastronomica nel

fantastico Castello Medioevale

di Ceri, lo scorso 25

Giugno: la Trattoria “Sora

Lella” ha messo a disposizione

una splendida sala

panoramica sulla vallata che si

estende dalla Rocca di Ceri al mare

verso Ladispoli, e naturalmente la

sua cucina tradizionale, per una

cena che ha celebrato tre importanti

iniziative: la consegna degli attestati

di primo livello, la consegna dei

diplomi dei nuovi Sommelier della

delegazione di Manziana Monti

Sabatini e la presentazione in

anteprima della nuova annata dei vini

dell’Azienda Vinicola Torre del Pagus.

L’azienda Torre del Pagus si trova a

Paupisi, un piccolo centro nel Sannio

Beneventano situato alle pendici

del Monte Taburno, dove dispone

di vigneti coltivati ad aglianico e

falanghina su terreni di proprietà,

interamente ristrutturati secondo

le più scrupolose tecniche

agronomiche e utilizzando il

metodo dell’agricoltura biologica.

La falanghina Taburno doc 2009,

imbottigliata dopo oltre quattro mesi

di affinamento sulle fecce fini, ha

accompagnato l’antipasto a base

di salumi, bruschette, zuppetta

di fagioli e verdure, tipico della

tradizione gastronomica della zona:

una lode particolare va al prosciutto

tagliato a mano e alle “mitiche”

melanzane in umido della Sora Lella.

La falanghina ha continuato a sostenere

la Zuppa di Funghi e Legumi, mentre

l’Aglianico del Taburno doc rosato

2009, fresco di imbottigliamento,

ha sposato un colorato piatto di

Maltagliati all’ortolana. Il potente

aglianico del Beneventano

IGT “Impeto” 2006 ha invece

accompagnato una grigliata di carne

locale e patate al forno come secondo

e contorno. Per concludere il pasto,

prima dei grandi festeggiamenti,

crostate di frutta e ciambelline al vino

in abbinamento con la falanghina

del Beneventano IGT “Lacrime di

Luna” 2007, una vendemmia tardiva

di uve selezionate, successivamente

appassite e parzialmente attaccate

da muffa nobile.

Nel corso della cena il direttore di

corso Vincenzo Cincotti, il delegato

Anna Borrelli e i consiglieri Giancarlo

Albarello e Stefania Sidoretti,

hanno consegnato gli attestati di

partecipazione agli allievi del corso

di primo livello appena concluso.

Quindi sono stati festeggiati i dodici

nuovi SOMMELIER FISAR che hanno

ritirato l’attestato di qualifica, avendo

superato positivamente l’esame finale

di terzo livello: Martina Bernardini,

Claudio Bugliazzini, Alberto Combusti,

Carlo Cotini, Alessandra De Marco,

Monica Gennaro, Luciano Giuliani,

Maria Lotito, Pasquale Ranieri, Mario

Scarafoni, Giuseppe Sebastianelli,

Carlo Vincenti.

La serata si è conclusa in un clima di

generale allegria, di soddisfazione degli

ospiti e con un “pizzico” di dispiacere

da parte dei nuovi sommelier per la

fine del corso. Tutto il gruppo dei

nuovi sommelier si è ripromesso di

proporre alla delegazione iniziative

di approfondimento e di collaborare

nell’organizzazione per poter

mantenere il contatto e per migliorare

sempre le proprie competenze.

La Delegazione di Manziana consegna gli attestati

Notizia inviata dalla Delegazione di Manziana Monte Sabatini

in famiglia

Page 140: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

in famiglia

138

news dall'Italia

Mercoledì 16 giugno 2010 presso

la Trattoria Doria, nella splendida

cornice del ricetto di Candelo, antico

borgo medioevale, alle porte di Biella,

si è tenuta l’assemblea dei soci per

la consegna degli attestati ai nuovi

sommelier della delegazione di Biella

unitamente ai corsisti di 1°livello a cui si

è consegnato l’attestato di frequenza.

I nuovi sommelier della delegazione

sono: Alpino Claudio, Canton Fiorenza,

Carta Giuseppe, Castaldelli Corrado,

Corda Elvio, Decci Mirko, Deiro

Corrado, De Rossi Eliseo, Iapichino

Barbara, Mazzia Paolo, Mosca

Giuliana, Passarella Erika, Ruschena

Riccardo, Zerbola Adriano.

A tutti i neo sommelier sono stati

formulati i migliori

auguri per il

A Biella si consegnano gli attestati

Notizia inviata da Ennio Pilloni della Delegazione di Biella

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5138

Nella magnifica cornice del castello

medievale di Serravalle a Vittorio

Veneto in occasione del Festival

Teatrale di Serravalle, giovedì 1 luglio

i ns sommelier Michela Taffarel, Sonia

Bettiol e Massimo Titton hanno avuto

il piacere di poter offrire alla notissima

attrice Deborah Caprioglio il Prosecco

Superiore extra dry Docg “X”

dell’Azienda Zardetto di Conegliano.

L’attrice ha presentato, insieme al

collega Giancarlo Marinelli, “Love

Story” liberamente tratto da Erich

Segal; la serata e lo spettacolo si

sono svolti all’ aperto, nel parco del

castello, e favoriti dal clima favorevole

e fresco circa 300 persone hanno

potuto godere dell’ aperitivo offerto

dalla nota casa vinicola prima di

assistere alla piece teatrale.

Dopo attori, regista e amici hanno

cenato nel giardino dell’Enoteca

Castrum, situata all interno del

castello e sapientemente gestita, in

concomitanza con il festival, dai ns

colleghi di Treviso.

Anche questo anno la delegazione ha scelto come luogo

di ritrovo per la cena di inizio estate lo splendido ristorante

Butterfly, locale che non ha bisogno di presentazioni

e oramai conosciuto a livello nazionale grazie alla guida

Michelin “ locale stellato”, alle magie dello chef Fabrizio e

alla professionalità di sala di sua moglie Mariella.

Il delegato quest’anno ha consegnato nelle mani del

proprietario la preziosa e ambita targa di locale associato

Fisar (nella fotografia).

Alla cena era presente anche il Sindaco di Capannori Del

Ghingaro a cui è stata consegnata la tessera di sommelier

.

Durante la cena presente tra gli ospiti si è esibito in diversi

momenti Claudio Menconi campione mondiale di intagli su

vegetali,frutta e salumi, creando in pochi attimi stupende

opere “commestibili”, che anno stupito e sorpreso i

presenti.

In rappresentanza di Vinolia (di cui Fisar Lucca - Garfagnana

ne parte) e Strade del Vino e olio di Lucca Montecarlo e

Versilia, era presente Fabio Tognetti.

Tutte le portate sono state sublimi e ben curate, e questo

anno grazie all’azienda Mirabella di Rodendo Saiano (BS)

rappresentata da Luca Amato le bollicine hanno dominato

sui tavoli partendo da un Brut per poi passare ad un

Saten per poi arrivare ad un Rosè con 48 mesi sui lieviti,

e per finire il dessert è stato bagnato con un passito della

medesima azienda che già il nome dice tutto Incanto.

Nel corso della serata sono stati consegnati gli attestati

di partecipazione agli allievi del 1° livello del corso per

Sommelier Fisar.

Un ringraziamento va a tutti gli associati che ogni anno e

sempre più numerosi ci permettono di poter continuare a

raggiungere obbiettivi sempre più grandi.

Un sentito plauso anche ai Sommelier Fisar che hanno

prestato servizio e sono stati il valore aggiunto alla serata.

La Fisar Treviso a Teatro…

Festa alla Delegazione di Lucca - Garfagnana

Inviato da Michela Taffarel della Delegazione di Treviso

Notizie inviata da Pieroni David della Delegazione Lucca - Garfagnana

in famiglia

Page 141: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

news dall'Italiain famiglia

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news dall'Italia

Mercoledì 16 giugno 2010 presso

la Trattoria Doria, nella splendida

cornice del ricetto di Candelo, antico

borgo medioevale, alle porte di Biella,

si è tenuta l’assemblea dei soci per

la consegna degli attestati ai nuovi

sommelier della delegazione di Biella

unitamente ai corsisti di 1°livello a cui si

è consegnato l’attestato di frequenza.

I nuovi sommelier della delegazione

sono: Alpino Claudio, Canton Fiorenza,

Carta Giuseppe, Castaldelli Corrado,

Corda Elvio, Decci Mirko, Deiro

Corrado, De Rossi Eliseo, Iapichino

Barbara, Mazzia Paolo, Mosca

Giuliana, Passarella Erika, Ruschena

Riccardo, Zerbola Adriano.

A tutti i neo sommelier sono stati

formulati i migliori auguri per il

traguardo raggiunto, e ai corsisti

di primo livello l’augurio di

completare il percorso formativo

A Biella si consegnano gli attestati

Notizia inviata da Ennio Pilloni della Delegazione di Biella

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5 139

Mercoledì 30 Giugno 2010 c/o il

Ristorante “Boma” di Varazze, dei

F.lli Alessandro e Giovanni Patanè e

sede del ns. corso di terzo livello, si è

svolta la cerimonia di consegna delle

Qualifiche di Sommelier.

Hanno partecipato all’evento i Sigg.

Terzago Luigi (presidente della

sessione di esame) e Ceccardi Omero

(rappresentante del CTN).

Presenti anche per il consiglio di

Delegazione i Sigg. De Belat Brunello

(Delegato), Piaggesi Luigi (Segretario),

Malaspina Flavio (Direttore del corso),

De Gasperis Angelo (Cons.)

Si ringrazia espressamente il Sig.

Terzago per aver portato i saluti del

Presidente Nazionale Vittorio Cardaci

Ama e unitamente al Sig. Ceccardi per

aver dimostrato durante la sessione

di esame un’altissima professionalità

mirata innanzitutto a far sentire gli

esaminandi completamente a loro

agio durante l’interrogazione.

Durante la cena di fine corso mirata

alla presentazione della

Enogastronomia ligure:

Zimino di ceci, Capra stufata alla

maniera di Pigna e Gubelletti al

cioccolato. Sono stati serviti i vini

Rossese di Dolceacqua della Azienda

Vinicola Altavia, presenti i titolari della

cantina, Sigg Formentini.

Oltre ad accompagnare il menù il

Rossese di Dolceacqua Superiore è

stato oggetto di una degustazione

verticale per le annate 2007 - 2006 -

2005 - 2004 raccogliendo nell’ordine

i seguenti risultati: 82/100 - 84/100 -

83/100 - 89/100.

Hanno conseguito la qualifica di

Sommelier:

Ansaldi Lisetta, Brossa Maria Teresa,

Confortola Federica, Corosu Maria,

Frassine Marco, Freddini Gloria,

Gorziglia Roberto, Marrapodi Simona,

Patané Giovanni, Pellegrin Alessandro,

Ribaudo Donatella, Volpe Massimo,

Zinno Antonio.

Un particolare encomio agli allievi che

hanno ottenuto le valutazioni più alte:

Sig.ra Freddini Gloria e Sig. Zinno

Antonio 1° classificata/o, Sig.na

Corosu Maria 2a classificata e Sig.

Volpe Massimo 3° classificato.

L’incontro di gemellaggio fra la Marca Trevigiana e le Marche, avvenuto in due diversi momenti, si è felicemente concluso. Protagonisti sono stati la Delegazione Fisar di Treviso e la Delegazione Fisar Castelli di Jesi nelle Marche. La seconda tappa, dopo quella di Treviso dello scorso autunno, è avvenuta sabato 29 e domenica 30

maggio 2010, con la Cena di Gala presso il Ristorante Relais Marchese del Grillo di Fabriano (AN) e la visita alle cantine del territorio in occasione di Cantine Aperte.È d’obbligo ricordare che le Delegazioni di Treviso e Jesi si sono conosciute “combattendo” al primo torneo di Divinando nel lontano

2008, e tra la simpatia e l’ amicizia appena nate è sbocciata l’idea di gemellare le delegazioni. Iniziano così preparativi per il primo incontro: “Le Marche nella Marca”, che ha avuto il suo culmine in una cena con prodotti enogastronomici marchigiani degustati in terra trevigiana. Incontro riuscitissimo, per l’ ottima accoglienza

F.I.S.A.R. Delegazione di Varazze

La Delegazione di Treviso e di Jesi gemellate e festanti

Notizia inviata da Brunello De Belath della Delegazione di Varazze

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news dall'Italia

Mercoledì 16 giugno 2010 presso

la Trattoria Doria, nella splendida

cornice del ricetto di Candelo, antico

borgo medioevale, alle porte di Biella,

si è tenuta l’assemblea dei soci per

la consegna degli attestati ai nuovi

sommelier della delegazione di Biella

unitamente ai corsisti di 1°livello a cui si

è consegnato l’attestato di frequenza.

I nuovi sommelier della delegazione

sono: Alpino Claudio, Canton Fiorenza,

Carta Giuseppe, Castaldelli Corrado,

Corda Elvio, Decci Mirko, Deiro

Corrado, De Rossi Eliseo, Iapichino

Barbara, Mazzia Paolo, Mosca

Giuliana, Passarella Erika, Ruschena

Riccardo, Zerbola Adriano.

A tutti i neo sommelier sono stati

formulati i migliori auguri per il

traguardo raggiunto, e ai corsisti

di primo livello l’augurio di

completare il percorso formativo

A Biella si consegnano

Notizia inviata da Ennio Pilloni della Delegazione di Biella

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5140

del ristorante ospitante (La Croce di Negrisia di Ponte di Piave) e le numerose presenze (ben 101 persone) e la serata è stata un tale successo che ha invogliato gli organizzatori a prepararsi al meglio per il ritorno.I prodotti enogastronomici della Marca Trevigiana portati con fierezza ed orgoglio agli amici marchigiani hanno ricevuto il meritato successo fin da quando sono entrati nella cucina del ristorante ospite; la location fortemente voluta dalle organizzatrici per il fascino immediato dell’edificio storico e del panorama mozzafiato sulle dolci colline marchigiane. Il “Marchese del Grillo”, edificio fatto costruire dal celebre nobiluomo romano per sfuggire alla noiosa vita della capitale (come ben si vede nell’omonimo film) è, tra l’altro, il luogo di nascita della Fisar Marche. Tra i 23 sommelier trevigiani scesi in pullman la Fisar di Treviso ha avuto l’onore di ospitare ben 4 visitatori venuti appositamente dall’ Olanda (molti colleghi a malincuore hanno dovuto rinunciare per la richiesta di servizio presso le cantine nella giornata di Cantine Aperte), ed i 9 amici marchigiani partecipanti al gemellaggio, si è creato un gruppo affiatato che ben ha apprezzato l’impegno messo dalle organizzatrici dell’ evento, le sommelier trevigiane Laura Minato e Michela Taffarel, nella ricerca dei vini e degli abbinamenti tra le eccellenze gastronomiche del territorio veneto. Il menu della serata prevedeva infatti: i Bibanesi e la Casatella Trevigiana Dop con Prosecco Cuveè Storica Carpenè Malvolti Docg; gli ottimi Salumi De Stefani, i pluripremiati Formaggi della Latteria Perenzin con Prosecco San Fermo Bellenda Docg; Risi&Bisi e Fagottini agli Asparagi (Riseria La Fagiana, Bisi di Borso e Asparagi di Cimadolmo) con il Manzoni “Svejo” di Italo Cescon e il Verdiso di Candido Paoletti; la Farona ripiena con patate novelle e polenta Bianco Perla e Formajo Ciok abbinati al Raboso Piave Doc “Autentico” di Bellussi e Raboso Piave Casa Roma ed infine i dolci con la Pinza del Panificio Tami e Segno-Dolce al Radicchio Rosso Trevigiano Igp con Prosecco Passito Bellenda e Refrontolo Passito di Toffoli; brindisi finale con il Cartizze Docg di AndreolaSuccesso confermato anche dal patron del Marchese del Grillo, Lanfranco D’Alessio, che ha ricevuto da parte della Delegazione di Treviso una targa a ricordo della magnifica serata e della calorosa accoglienza e per la possibilità avuta di poter ammirare la favolosa cantina specchio di una carta dei vini ai massimi livelli.Non possiamo certamente però non sottolineare la

fantastica accoglienza ricevuta dalle cantine visitate, avendo appunto unito al dilettevole del gemellaggio, anche l’utile di Cantine Aperte domenica 30 maggio, in maniera da poter meglio apprezzare, per noi veneti, dei prodotti a volte poco valorizzati.La Fisar di Treviso desidera ringraziare la Cantina Mancinelli e Stefano Mancinelli per la calorosa ed amichevole accoglienza, il magnifico pranzo e la degustazione a noi dedicata dei loro migliori prodotti di cantina, frantoio e distilleria; Filippo Maraviglia e il padre per il tempo dedicatoci nella visita alle vigne di proprietà, della piccola ma modernissima cantina produttrice di ottimi vini e per aver fatto trovare le “fave” legumi poco conosciuti in terra veneta; Azienda Colonnara e Daniela Sorana per il pranzo tipico ed il presidente Massimiliano Latini per la personale accoglienza e compagnia nella visita della cantina e bottaia e per ultima ma non meno importate l’Azienda Montecappone per gli ottimi vini e i particolari prodotti gastronomici offerti.Un grande grazie va da queste colonne a Sonia Bettiol, sommelier e grafica d’eccellenza che ha creato i programmi, i menù e le tovagliette di degustazione che tanto successo hanno riscosso; la Giroingross per i bicchieri di degustazione, lo staff del Marchese del Grillo per la cortesia ed il servizio professionale anche dei vini degustati, a tutte le aziende amiche sopracitate che con il loro generoso, prezioso e goloso contributo hanno fatto si che il gemellaggio con la Delegazione di Jesi fosse un successo ed ancora alla Regione Veneto per il patrocinio accordato e, naturalmente alla Fisar Nazionale. La voglia di fare gemellaggi non ci è passata: Delegazioni Fisar Italiane, aspettateci!!!

Notizia inviata da Michela Taffarel della Delegazione di Treviso

in famiglia

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news dall'ItaliaA Biella si consegnano gli attestati

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5142

in famiglia

La Delegazione di Vercelli ha

organizzato Venerdì 4 giugno 2010

la cena per la consegna ufficiale degli

attestati ai numerosi corsisti che con

grande impegno hanno frequentato i

corsi di Sommelier di primo livello a

Borgosesia (VC) e di primo e secondo

livello a Vercelli.

Location della serata un locale di

prestigio quale il Ristorante “ Il Vigneto”

di Gattinara in Piazza Paolotti 2, di

proprietà del Socio Ristoratore Mauro

Colli.

Dopo i saluti di benvenuto da parte del

Delegato Claudio Valenza per conto

di tutto il Consiglio, il Consigliere di

Giunta Luigi Terzago ha trasmesso il

saluti e i complimenti ai premiati da

parte del Presidente Nazionale Vittorio

Cardaci Ama.

Ospiti della serata sono stati il

Direttore dell’Agenzia Formativa

Co.Ver.Fo.P. il Dott. Claudio Osenga

ed i responsabili del Gruppo Santa

Margherita il Dott. Massimo Tonin,

Capo Area ed il collaboratore Agente

di Zona il Sig. Gianfranco Piazza,

che hanno presentato i vini proposti

dell’Azienda Kettmeir di Caldaro

(BZ) in abbinamento ai magnifici

piatti elaborati dallo Chef. Con gli

antipasti un “Metodo Classico Brut

Rosè Athesis Alto Adige DOC”, con

i primi il “Muller Thurgau Athesis Alto

Adige DOC”, con il secondo un “Pinot

Nero Alto Adige DOC”, ed infine con il

dessert un “Moscato Giallo Vallagarina

IGT”.

Le congratulazioni da parte della

nostra delegazione ai corsisti che

hanno ricevuto l’attestato:

Per il primo livello di Borgosesia,

Baratto Andrea, Barbaglia Loredana,

Bergamasco Monica, Berta Gian

Mario, Boggio Marcello, Boggio

Vanni, Broggini Andrea, Carli Oriano,

Carlone Davide, Casarotti Alessia,

Cocchini Oscar, Conti Giuseppina,

Costa Andrea, Crivelli Sara, De Gregori

Corrado, Gagino Laura, Giacobino

Diego, Gilardi Valentina, Grassone

Raffaella, Grosso Gloria, Iacolino

Laura, Longhi Gabriele, Losito Ivan,

Manfredi Claudia, Marchesi Giuseppe,

Montagner Giovanni, Negroni Pier

Luigi, Pattaroni Mirco, Peroni Daniele,

Peterle Alessia, Pianori Cristian, Prato

Gabriele, Quazzola Fulvio, Scozzari

Emanuele, Siviero Andrea, Tisato

Elisabetta, Uffredi Matteo, Zimnicka

Halina, Zucca Guido.

Per il primo livello di Vercelli, Boffino

Maura, Boffino Paola, Bordonaro

Salvatore, Dorelli Stefano, Fanini

Fabio, Gabutti Carla, Gamasco

Cesare, Limina Monica, Mastronardi

Antonella, Merlin Claudio, Olmo

Alessandro, Ottaviani Andrea,

Ottaviani Valentina, Rijitano Filippina

Rosalba, Rondano Monica, Rossi

Simone, Sartore Adriana, Schiboni

Dario, Sedini Gabriele, Soldera Marco,

Spalla Roberta, Tosi Barbara, Tricerri

Giampiero, Vaudagna Marisa.

Per il secondo livello di

Vercelli,Baldisseri Patrizia, Bellavia

Elisa, Bonato Valentina, Brusasca

Cinzia, Capellino Laura, Ferrara

Roberto, Franchini Ezio, Gerbaudo

Marco, Giuliano Roberto, Grigolon

Marzio, Mattivi Alessandro, Moretti

Daniela, Novello Nicolò, Omodei

Zorini Luigi, Pavese Maria Grazia,

Porta Guido, Quadrio Alberto, Rosso

Barbara, Saggia Stefano, Saggia

Simone, Spata Anna, Vecchio Anna

Maria.

Inoltre nella serata è stato premiato

con il “Tulipano d’argento” il Sommelier

Giovanni Torta. Un Ringraziamento

particolare va ai nostri sommelier che

hanno magistralmente provveduto

al servizio dei vini, il capo servizio

Paolo Baltaro ed i sommelier Andrea

Carpani, e Marco Rondinelli.

Consegna degli attestati ai corsistidella Delegazione di Vercelli

Notizia inviata da Claudio Valenza e Corrado Pasqualin

diVinandoddd2010

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Page 145: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

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Page 146: Il Sommelier n 5 settembre ottobre 2010

Il Sommelier Settembre-Ottobre 2010 • n. 5

Venerdì 12 novembreEntro le ore 17:00

ARRIVO DEI PARTECIPANTI

Ore 18,30 APERTURA UFFICIALE DEL CONGRESSO E BRINDISI DI BENVENUTO

Ore 20,30Cena Sociale

Sabato 13 NovembreOre 9,30

Partenza in Pullman per Conegliano visita turistica e visita presso la Cantina CARPENE’ MALVOLTI

Ore 12,30Pranzo in compagnia di Carpenè Malvolti sulle Colline del Prosecco

Ore 15,30Torneo Divinando e Concorso Miglior Sommelier FISAR 2010 Trofeo Rastal nei saloni di CastelBrando(nel pomeriggio per gli accompagnatori visita alla Abbazia di Follina e tempo libero)

Ore 20,00Aperitivo

Ore 21,00Ristorante LA FUCINA - CASTELBRANDOCENA DI GALA Cerimonia di premiazione squadra vincitrice Torneo Divinando ed incoronazione Miglior Sommelier FISAR 2010 – Trofeo Rastal

Domenica 14 NovembreOre 9,30

Convegno sul tema“ENOTURISMO:UN’IMPORTANTE RISORSA ECONOMICA”

Ore 11,00 COFFEE BREAK

Ore 11,30INCONTRO CON I DELEGATIpotranno accedere alla riunione i quadri organici della FISAR ed i Delegati (o loro rappresentanti)

Ore 14,00DEGUSTAZIONE VINI E PRODOTTI TIPICI DELLE COLLINE TREVIGIANE E DEL VENETOAl termine: rientro presso le rispettive destinazioni.

CONGRESSONAZIONALE FISAR

a Castelbrando

Dal 12 al 14 Novembre 2010, presso lo storico Castello Brandolini di Cison di Valmarino (Tv) si terrà il

Congresso Nazionale FISAR. Ecco il programma.“”

La Segreteria comunica

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il programma dettagliato ed il modulo di prenotazione sono disponibili su www.fisar.com

Venerdì 12 novembreEntro le ore 17:00

ARRIVO DEI PARTECIPANTI

Ore 18,30 APERTURA UFFICIALE DEL CONGRESSO

Ore 20,30

Sabato 13 NovembreOre 9,30

visita turistica e visita presso la Cantina

Ore 12,30

Ore 15,30Torneo Divinando e

Trofeo Rastal nei saloni di CastelBrando

alla Abbazia di Follina e tempo libero)

Ore 20,00Ore 20,00Aperitivo

Ore 21,00

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