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Capitolo I Il settore delle acque minerali CAPITOLO I IL SETTORE DELLE ACQUE MINERALI 1.1 IL SETTORE Da trent’anni a questa parte il settore delle acque minerali ha conosciuto notevoli mutamenti. Negli anni Settanta la minerale era considerata un prodotto di prestigio con un’immagine legata fondamentalmente a un bisogno di tipo salutistico e/o terapeutico, tale da farla preferire al solito rubinetto. Nel corso degli anni Ottanta, invece, si sono affacciate nuove motivazioni di acquisto, favorite anche dallo sviluppo della Grande Distribuzione Organizzata (GDO) prima e degli hard discount poi, che hanno consentito l’acquisto del prodotto ad un prezzo più conveniente. Un altro elemento che ha permesso lo sviluppo del settore è stata l’introduzione del contenitore in materiale plastico (PVC in un primo momento e PET in seguito) molto più leggero della bottiglia in vetro e soprattutto con un’incidenza dei costi di trasporto e di produzione sul costo totale del prodotto inferiore, consentendo inoltre ai consumatori una maggiore praticità di trasporto. Nel corso degli anni Novanta la concorrenza si è fatta molto agguerrita e le leve di marketing da manovrare sono divenute il brand, il prezzo, la logistica e le promozioni. Si è arrivati ad un consumo pro capite di acqua minerale quadruplicato dal 1975 ad oggi, che posiziona l’Italia tra i maggiori consumatori e i maggiori imbottigliatori mondiali. Altri fattori che hanno modificato il mercato, anche sotto l’aspetto qualitativo, sono stati il peggioramento della qualità dell’acqua potabile e le carenze della rete idrica in alcune aree, l’orientamento di ampie fasce di consumatori verso le bevande analcoliche a scapito di quelle alcoliche, l’innovazione del packaging, la maggiore attenzione dei consumatori a comportamenti salutistici. 1

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Capitolo I Il settore delle acque minerali

CAPITOLO I

IL SETTORE DELLE ACQUE MINERALI

1.1 IL SETTORE

Da trent’anni a questa parte il settore delle acque minerali ha conosciuto

notevoli mutamenti. Negli anni Settanta la minerale era considerata un prodotto

di prestigio con un’immagine legata fondamentalmente a un bisogno di tipo

salutistico e/o terapeutico, tale da farla preferire al solito rubinetto.

Nel corso degli anni Ottanta, invece, si sono affacciate nuove motivazioni di

acquisto, favorite anche dallo sviluppo della Grande Distribuzione Organizzata

(GDO) prima e degli hard discount poi, che hanno consentito l’acquisto del

prodotto ad un prezzo più conveniente.

Un altro elemento che ha permesso lo sviluppo del settore è stata l’introduzione

del contenitore in materiale plastico (PVC in un primo momento e PET in

seguito) molto più leggero della bottiglia in vetro e soprattutto con

un’incidenza dei costi di trasporto e di produzione sul costo totale del prodotto

inferiore, consentendo inoltre ai consumatori una maggiore praticità di

trasporto.

Nel corso degli anni Novanta la concorrenza si è fatta molto agguerrita e le

leve di marketing da manovrare sono divenute il brand, il prezzo, la logistica e

le promozioni. Si è arrivati ad un consumo pro capite di acqua minerale

quadruplicato dal 1975 ad oggi, che posiziona l’Italia tra i maggiori

consumatori e i maggiori imbottigliatori mondiali.

Altri fattori che hanno modificato il mercato, anche sotto l’aspetto qualitativo,

sono stati il peggioramento della qualità dell’acqua potabile e le carenze della

rete idrica in alcune aree, l’orientamento di ampie fasce di consumatori verso le

bevande analcoliche a scapito di quelle alcoliche, l’innovazione del packaging,

la maggiore attenzione dei consumatori a comportamenti salutistici.

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Capitolo I Il settore delle acque minerali

Ma vediamo di capire cosa si intende per minerale, visto che ogni acqua

contiene in soluzione quantità più o meno elevate di sostanze inorganiche,

solide o gassose.

Il termine “acqua minerale” non indica semplicemente un’acqua in cui sono

disciolti dei minerali, bensì tende a considerare le azioni benefiche correlate. In

pratica, queste acque contengono sostanze come calcio, sodio, potassio,

bicarbonato, fluoro e altre ancora, in percentuali tali da svolgere un ruolo

biologico importante.

1.1.1 LA NORMATIVA DI BASE: IL D. lgs. 105/92

Il riferimento di partenza è il D.L. n. 105 del 25/1/1992 di attuazione della

direttiva C.E.E. 80/7771, secondo il quale vanno considerate acque minerali

naturali “le acque che, avendo origine da una falda o da un giacimento

sotterraneo, provengono da una o più sorgenti naturali o perforate e hanno

caratteristiche igieniche particolari, favorevoli alla salute”.

Con tale decreto viene di fatto modificato il concetto guida che fino ad allora

aveva indirizzato la normativa italiana. Infatti, a fronte di un contesto di norme

italiane, quelle del 1916-19, che davano risalto alle proprietà terapeutiche,

riservando minore attenzione alle condizioni igieniche particolari, la Direttiva

CEE2 privilegia queste ultime. Per cui vengono messe in primo piano:

− la purezza batteriologica;

− l’origine profonda e protetta;

− la caratterizzazione in minerali ed oligominerali, 1 Il decreto ha trovato attuazione con un provvedimento del ministro della Sanità (Aprile 1997), che prevedeva l’obbligo per le società produttrici di acque minerali di adeguarsi entro tre mesi (21 Luglio) alla normativa comunitaria. Pena: la revoca dei riconoscimenti e il divieto di vendita. 2 Secondo la definizione dell’Unione Europea (Ref. 80/777), che prevede la libera circolazione delle acque minerali tra tutti i Paesi della Comunità, con il termine “acque minerali naturali” si designano acque batteriologicamente pure che provengono da falde acquifere sotterranee, originate da una fonte con una o più uscite naturali o frutto di scavo. Si distingue dalla comune acqua potabile per due caratteristiche di fondo: per la sua natura, caratterizzata dal contenuto di sostanze minerali e, in certi casi, per i suoi effetti, soprattutto terapeutici; per la sua originaria purezza. Le caratteristiche dell’acqua minerale vengono conservate intatte dal fatto di derivare da una fonte naturale, sotterranea e protetta da ogni rischio di contaminazione, inquinamento o impurità.

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aspetti che nel loro insieme sono forieri di proprietà salutari ma non anche

terapeutiche. Per la Direttiva le proprietà terapeutiche sono prese in

considerazione soltanto come effetto eventuale e non puntuale dell’acqua

minerale.

Questa impostazione ovviamente si mostra molto più moderna e più adeguata

all’uso ormai prevalente di innumerevoli acque minerali naturali come acque

da tavola d’uso quotidiano, e tende ad inserire l’acqua minerale naturale tra gli

elementi che concorrono alla qualità della vita ed alla promozione della salute.

Il legislatore europeo, obbligando i Paesi aderenti ad uniformarsi ai predetti

indirizzi, conferma quindi la sua attenzione primaria per la salute del cittadino

consumatore.

1.1.2 CARATTERISTICHE DEL SETTORE

Le acque minerali sono sostanzialmente acque di origine meteorica che,

durante il tragitto sotterraneo, si depurano e si mineralizzano, acquisendo quei

particolari caratteri chimici, fisici, e organici che ne determinano poi le

proprietà.

All’interno del mercato delle bevande esiste un rapporto di concorrenza diretta

fra i diversi prodotti. Il fatto è che tutte svolgono la funzione di dissetare,

apportando all’organismo i liquidi necessari. Vi sono però, a favore dell’acqua

minerale, una serie di vantaggi che la rendono insostituibile: la nota immagine

di elemento puro e salutare, la totale assenza di un limite fisiologico al livello

di consumo e l’assoluta mancanza di un target specifico (è coinvolta la totalità

della popolazione).

La sicurezza della genuinità e bontà delle minerali è fornita dai dati delle

analisi riportate in etichetta, che compare su ogni bottiglia. La legge prevede,

infatti, un controllo quinquennale per il rinnovo dell’etichetta, controlli

stagionali della sorgente e altrettanti degli impianti. Ogni produttore ha tutto

l’interesse a tutelare il buon nome del marchio ed è per questo che le aziende

effettuano autonomamente verifiche quotidiane a tutti i livelli.

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Il mercato italiano delle acque minerali è caratterizzato da una produzione che,

negli untimi dieci anni, è salita del 50%, raggiungendo nel 2001 un livello pari

a 10.650 milioni di litri3. Il dato che maggiormente caratterizza il settore è

l’elevata concentrazione dei gruppi di controllo. I primi quattro gruppi

detengono quasi il 65% della quota di mercato, con vendite pari a circa 6000

milioni di litri annui.

Il comparto è caratterizzato dalla presenza di elevate barriere “naturali”

all’ingresso: l’unica modalità di entrata risulta essere quella dell’acquisizione

del diritto allo sfruttamento di una fonte. La strategia dell’acquisto è dunque

l’unica, anche per le imprese che vogliono aumentare la propria quota di

mercato.

Oltre a questi motivi di carattere esogeno e strutturale, esistono barriere

endogene all’entrata di nuovi competitor: la presenza di alcuni grandi gruppi

che controllano numerose fonti scoraggia gli investimenti, investimenti che

diventano considerevoli se si considerano le spese in pubblicità e quelle legate

alle tecnologie di imbottigliamento.

Le forti innovazioni di processo (in particolare la fabbricazione interna delle

bottiglie in PET, sempre più sottili per contenere il costo del materiale e i

volumi di imballaggio) e la competizione, hanno spinto sempre più in alto la

soglia minima di capacità produttiva e l’esperienza necessaria per il

raggiungimento di una posizione di costo interessante. A questo si aggiunge la

banalità del prodotto, che non consente nemmeno di legare il prezzo al trend

dell’inflazione: più aumentano i consumi di acqua minerale e più il prezzo

basso diventa un elemento determinante nella decisione di acquisto. La scarsità

di spazi all’interno della distribuzione moderna, dovuta al grande volume e agli

scarsi margini di prodotto, sta portando ad una crescita accentuata della

concorrenza di prezzo. Tutto ciò va a vantaggio delle grandi imprese ben

dislocate sul territorio, le quali vantano costi di trasporto inferiori e possono

quindi applicare prezzi più vantaggiosi.

Le strategie di differenziazione sul prodotto sono pochissime, mentre si può

lavorare parecchio sull’immagine. La vera sfida è sulla pubblicità, packaging, 3 Fonte: MINERACQUA, Federazione delle Industrie delle Acque Minerali e delle Bevande Analcoliche.

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consolidamento del marchio. Il messaggio più diffuso punta sulla leggerezza

del prodotto, sulla sua purezza e sicurezza, sulla sua valenza salutare, sulla

gradevolezza e sulla tradizione4.

Come abbiamo visto il settore è caratterizzato da forti barriere all’entrata, in

quanto lo sfruttamento della risorsa prima (l’acqua) è subordinato al rilascio di

un’autorizzazione regionale. In linea di massima la concessione è accordata per

una durata di venti o trent’anni; non meno, comunque, del tempo necessario ad

attuare tutti gli investimenti pianificati e rendere operativo uno stabilimento.

Il canone da corrispondere allo Stato, anzi alle Regioni, è fissato in base al

“criterio superficiario”. Si tratta cioè di un canone applicato ai metri quadrati

totali oggetto della concessione ( con l’espressione: “metri quadrati oggetto

della concessione” non si intende solo lo spazio occupato della fuoriuscita

dell’acqua dal sottosuolo, ma tutta l’area che in qualche modo è interessata allo

sfruttamento della fonte, quindi anche eventuali zone che devono essere

protette per evitare contaminazioni, più altre aree da tenere sotto controllo).

Inoltre le Regioni ottengono una percentuale su ogni litro di acqua estratto dal

sottosuolo, che può variare tra cinque e dieci lire per ogni litro. In generale si

può affermare che la royalty corrisposta alle Regioni è sicuramente molto

basso rispetto al giro di affari del settore della acque minerali. Infatti nella mia

esperienza presso “Acqua Minerale San Benedetto S.p.A.” ho appreso che un

eventuale futuro problema per le imprese del settore potrebbe essere quello di

un aumento del canone da corrispondere alle Regioni5.

L’iter burocratico per ottenere l’autorizzazione a utilizzare le acque sorgive è

piuttosto complicato. Le richieste di sfruttamento delle fonti inoltrate alle

Regioni e le autorizzazioni del Ministero della Sanità non sono di facile

ottenimento, tenuto conto che tutte le analisi presentate dalle società devono

essere ricontrollate e verificate.

L’investimento richiesto sia in termini economici, sia di tempo, rende poco

incentivante l’ingresso di nuovi operatori, lasciando quindi alle società già

4 Largo Consumo, Rivista di economia e marketing sulla filiera dei beni di consumo, n. 1/2001 pag. 186. 5 Attualmente la società che paga il canone maggiore è Acqua di Nepi, che si trova nel Lazio in provincia di Viterbo, acquisita ultimamente dalla San Benedetto S.p.A.

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presenti nel settore la possibilità di avvantaggiarsi in termini di numero di fonti

controllate.

1.1.2.1 Il costo della distribuzione fisica6

Il problema della distribuzione fisica del prodotto è forse uno dei più

importanti nel settore delle acque minerali; la problematica nasce dallo

squilibrio esistente tra il valore unitario del prodotto e i costi necessari per

poterlo trasportare. Ciò, infatti, finisce spesso col far dipendere l’esito

commerciale tra produzione e distribuzione non tanto dalle quotazioni free on

board7 praticate dal produttore, ma dall’incidenza dei costi di trasporto che

induce il distributore a preferire marche prodotte localmente.

La comunione di interesse tra produttori e distributori per la riduzione di tale

onere, ha certamente creato una situazione di convergenza nel settore quando le

innovazioni di prodotto e di processo hanno portato all’uso di materiali nuovi,

più leggeri, senza peraltro l’obbligo della cauzione e quindi della resa del

contenitore. I vantaggi derivanti dall’introduzione del PET hanno quindi

incontrato subito il favore della distribuzione: essa non solo diventa

destinataria di una costo di trasporto minore, ma è risultata anche facilitata

nella stessa logistica di movimentazione all’interno dei punti vendita. Lo stesso

consumatore ha a propria volta manifestato il suo apprezzamento orientando le

preferenze verso questo tipo di contenitore, tanto che le statistiche lo danno

preferito nel 75% dei casi, contro il 24% del vetro.

In realtà il vantaggio consiste non tanto in una differenza di prezzo evidente alo

momento dell’acquisto8, quanto nel valore attribuito alla praticità del nuovo

6 Per lo svolgimento di questo paragrafo, un ringraziamento particolare va al dott. Luigi Tesser, Direttore Pianificazione e Controllo di Acqua Minerale San Benedetto S.p.A. 7 La condizione di vendita F.o.b. corrisponde al prezzo della merce caricata sul mezzo di trasporto presso il produttore, rimanendo a carico del cliente l’onere della consegna. 8 Supposta una distanza tra produttore e consumatore di circa 200 chilometri, il costo di una bottiglia in PET, malgrado la minore incidenza del costo di trasporto, risulta comunque superiore a quello di una bottiglia in vetro per effetto del maggior costo del PET rispetto all’onere dell’ammortamento gravante sulla bottiglia. Infatti quest’ultima è un cespite con un certo tasso di riuso, per cui il costo di acquisto incide nella fabbricazione del prodotto in base al fattore di riutilizzo pur al netto delle inevitabili rotture.

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contenitore che può essere gettato dopo l’uso liberando così il consumatore da

una serie di adempimenti e perdite di tempo nella gestione del reso.

Questo atteggiamento del consumatore risponde direttamente ad una precisa

esigenza organizzativa della famiglia, la quale, complice sicuramente il

contesto socioeconomico, è indotta a valorizzare sempre di più il fattore tempo.

L’aspetto che si vuole ora esporre, partendo proprio dall’incidenza dei costi di

trasporto, consiste nella determinazione aprioristica del vantaggio competitivo

che può derivare ad un’azienda con costi di produzione e/o di pesi del

contenitore inferiori a quelli della concorrenza.

Considerato che il prodotto acqua minerale può essere reputato alla stregua di

prodotti differenziati orizzontalmente9, risulta immediata la considerazione che

se i fornitori sono distribuiti sul territorio, sarà quello con la distanza minore

dal cliente ad avere un vantaggio competitivo. Questo, supponendo che tutte le

imprese abbiano la stessa tecnologia di prodotto, medesimo processo ed uguali

costi fissi di struttura. A questo punto pare chiaro che ciò che contraddistingue

i produttori tra loro è la dislocazione territoriale e la conseguente differenza del

costo di trasporto. Questa considerazione è illustrata nel grafico seguente ove,

sotto forma di albero (Y), risulta rappresentata la situazione di tre aziende10.

3C 'C1 'B B 2

9 “L’approccio classico alla differenziazione orizzontale del prodotto inquadra la dinamica concorrenziale come il posizionamento del prodotto. I prodotti di per sé sono identici, ma si distinguono per il loro posizionamento nello spazio”. H. Gruber: Differenziazione del prodotto ed evoluzione della struttura del mercato: il caso del mercato delle acque minerali; in L’Industria, Rivista di economia e politica industriale; Il Mulino, n. 2 aprile-giugno, 1994, pag. 336-343. 10 H. Gruber, Op. cit., pag. 344.

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Si consideri l’albero dell’impresa 2 la cui altezza del tronco equivale al prezzo

unitario di una bottiglia di acqua minerale naturale alla fonte, composto dal

costo diretto e dal margine di profitto. Si ipotizzi che i consumatori siano

collocati omogeneamente intorno alla fonte. I rami dell’albero costituiscono il

costo di trasporto della bottiglia d’acqua, essendo l’inclinazione del ramo

legata al costo di trasporto per unità chilometrica percorsa. Più è inclinato il

ramo, maggiore è l’onere unitario di trasporto. Il consumatore quindi non paga

solo il prezzo franco fabbrica ma anche il trasporto secondo la sua distanza

dallo stabilimento. Per cui, maggiore è la vicinanza alla fonte, minore è il

prezzo finale.

Nell’esempio consideriamo tre imprese e si ipotizzi che tutte e tre abbiano gli

stessi prezzi frano fonte (cioè i tre tronchi hanno la stessa altezza) e abbiano i

medesimi costi di trasporto. In questo caso la razionalità indurrà ciascun

consumatore a scegliere la fonte più vicina. Il cliente B sarà indifferente tra la

fonte 1 e la fonte 2 trovandosi equidistante da entrambe. Il bacino di

commercializzazione per l’impresa 2 è quindi formato dal segmento tra i

consumatori B e C.

Si ipotizzi ora che l’impresa 2 attui un’innovazione di prodotto che faccia

diminuire i costi di trasporto, come è avvenuto con l’introduzione del PET. In

questo caso se il prezzo franco fonte non subisce variazioni, allora

l’inclinazione dei rami si abbassa allargando così la quota di mercato (costituita

dai consumatori nell’intervallo B’ e C’) dell’impresa. In questa ipotesi il prezzo

finale del prodotto diminuirà.

L’esempio può far comprendere il fatto che imprese operanti con bottiglie di

vetro abbiano in via generale quote di mercato più contenute, mentre imprese

utilizzatrici di bottiglie in PET raggiungano quote più consistenti. A tale

proposito bisogna considerare che le bottiglie di vetro per poter essere

trasportate necessitano di un supporto, la cassa, che non è invece necessaria per

le bottiglie in PET. Questo supporto aumenta ulteriormente il peso da

trasportare e quindi il costo di trasporto. Inoltre, per esso, il produttore chiede il

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pagamento di una cauzione al pari di quanto appunto fa per la bottiglia. La

cauzione sul pallet11 sussiste invece per entrambi i tipi di contenitore.

Si supponga ora che anche la atre imprese si organizzino utilizzando bottiglie

di plastica, in tale ipotesi si verificherà la tendenza al ristabilimento delle quote

di mercato al livello originario.

3C 'C1 'B B 2

Come si può vedere il fattore trasporto riveste un’importanza rilevante nella

formazione del prezzo al consumo di questo prodotto.

Stanti le tariffe esistenti, il costo per il trasporto di una bottiglia in PET di

acqua minerale da 1 litro ad una distanza di 400 chilometri si aggira intorno al

20% dello stesso costo del prodotto.

I grafici che abbiamo visto illustrano una situazione omogenea fra tutte le

imprese per quanto riguarda i costi unitari di produzione ed il peso dei

contenitori. Continuiamo nella valutazione del fenomeno ipotizzando che

l’impresa 2, disponendo sempre dello stesso tipo di contenitore leggero, e

quindi con lo stesso onere di trasporto delle concorrenti, riduca, grazie ad

innovazioni di processo, il costo di produzione. In tale ipotesi questa azienda si

presenterà agli stessi consumatori in posizione equidistante rispetto alle

concorrenti, con un prezzo finale più basso, frutto del minor costo di

produzione, ponendosi in condizione di vantaggio competitivo. Tutto ciò

graficamente consiste in un abbassamento dell’altezza del tronco dell’albero, e

quindi con le stesse quotazioni finali delle concorrenti, l’impresa in oggetto

11 Si definisce pallet la pedana di legno su cui vengono caricati i fardelli di bottiglie PET o le casse di bottiglie di vetro.

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potrà raggiungere consumatori più lontani dalla propria sede, realizzando un

allargamento delle propria quota di mercato.

'B 3C 'C1 B 2

Queste ultime osservazioni, se nel caso di maggiore efficienza produttiva

riflettono situazioni di causa ed effetto comuni a tutti gli operatori industriali,

indipendentemente dalla tipologia del prodotto trattato, assumono però una

valenza strategica più marcata nel settore idrominerale per l’esponenzialità

delle economie di scala che possono crearsi nella gestione aziendale a fronte

dell’entità dei volumi prodotti.

Sempre in merito alle problematiche connesse al trasporto delle merci, è bene

ricordare che non generano solo costi a carico del prodotto e pagati dal

consumatore in quanto incorporati nel prezzo, ma provocano anche costi

indiretti (le c.d. esternalità negative) di natura ambientale e sociale, pagati dai

contribuenti in generale, indipendentemente dalla condizione di consumatori o

meno del prodotto oggetto di trasporto. Su questo argomento ci si soffermerà n

nel prossimo paragrafo.

1.1.2.2 La questione localizzativa delle imprese

Questo paragrafo vuole mettere in risalto il divario esistente tra luoghi di

produzione e consumo dell’acqua minerale. Anche un prodotto così semplice e

“naturale” come l’acqua evidenzia una sua caratterizzazione geografica,

essendo la sua produzione localizzata in determinate regioni piuttosto che in

altre.

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Già si è visto circa i costi di trasporto che, incidendo notevolmente sul prezzo

di vendita, inducono le imprese ad adottare strategie multilocalizzative,

andando cioè a produrre all’interno dei bacini di utenza al fine di essere più

competitive nel prezzo finale. Ovviamente per poter attuare questo tipo di

strategia necessita la presenza di più fattori quali, appunto, la materia prima

principale, l’acqua minerale naturale in questo caso, la manodopera, e quindi i

mercati sui quali commercializzare il prodotto12.

Nelle imprese del settore idrominerale la materia prima principale deve essere

per legge trasformata in un prodotto finito nei pressi della fonte.

Confronto produzione e consumi regionali in mil. di litri Regioni N°

stabilimentiProduzioni regionali

Consumi regionali

Diffrenza prod./cons.

Basilicata 5 406 49 357 Umbria 10 482 127 355 Trentino Alto Adige 6 154 77 77 Veneto 9 1.546 794 752 Abruzzo 3 167 108 59 Toscana 25 1.063 698 365 Marche 11 246 177 69 Sardegna 11 209 151 58 Calabria 4 108 95 13 Lombardia 21 1.872 1.723 149 Friuli Venezia Giulia 3 138 152 -14 Piemonte 18 667 759 -92 Campania 9 473 617 -144 Valle d'Aosta 1 10 13 -3 Emilia Romagna 16 370 703 -333 Lazio 13 269 656 -387 Liguria 6 92 265 -173 Molise 1 12 35 -23 Sicilia 7 108 555 -447 Puglia 2 36 674 -638

ITALIA 181 8.428 8.428 0 Fonte: Elaborazione diretta su dati Annuario Laus 1999 12 “Ogni impresa manifatturiera, in ragione dei propri caratteri produttivi e della natura dei legami funzionali che instaura con il sistema economico in cui opera, seguirà un comportamento localizzativo che massimizzi i vantaggi e minimizzi i costi di funzionamento. In termini generali, è possibile pervenire alla seguente classificazione: Industrie rivolte alle materie prime; Imprese orientate verso le fonti energetiche; Industrie orientate verso il mercato del lavoro; Industrie orientate verso il mercato del prodotto.” S. Conti: Geografia dell’economia mondiale: Fattori di localizzazione e tipologie industriali; Utet, 1993, pag. 163.

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Nella tabella sono riportati i divari registrati in Italia nel 1999 tra produzione e

consumi regionali. Il confronto non va letto nella sua esposizione numerica

assoluta, ma deve invece essere visto come un’indicazione di squilibrio tra i

due fattori, essendo il loro ammontare consequenziale a tutta una serie di

variabili collegate alla differente competitività delle imprese. Tanto per fare un

esempio, si potrebbe avere una regione con molte fonti ma poco competitive,

per cui le stesse verrebbero sfruttate poco; per contro si potrebbe assistere ad

una forte presenza di acque extra-regione posizionate sul mercato a prezzi più

convenienti per i consumatori locali. Comunque i dati della tabella, pur nella

loro imprecisione13, evidenziano consistenti spostamenti di acqua tra le varie

regioni italiane. L’elencazione esposta segue il criterio decrescente partendo

dalla regione con il più alto divario tra consumi e produzione, la Basilicata, che

evidenzia un saldo attivo di 357 milioni di litri. Con il maggiore divario

passivo si trova invece la Puglia, ove le fonti locali attestano una produzione di

36 milioni di litri contro un consumo di 674. Le regioni che invece dimostrano

quasi un’eguaglianza tra produzione e consumo sono invece la Lombardia ed il

Friuli Venezia Giulia.

Il confronto tra centro-nord e sud evidenzia la dipendenza di quest’ultimo dal

primo per oltre un miliardo di litri. La sintesi finale dimostra una competizione

intraregionale alquanto marcata e, proprio per questo, altrettanto significativa

riguardo gli spostamenti d’acqua ed i costi di trasporto, ma non solo, nascenti

da tale situazione. A questo punto due sono le riflessioni che mi sembra

opportuno fare. La prima sul piano prettamente economico ed organizzativo

attiene alla strategia multilocalizzativa adottata da alcune aziende. Tra queste la

San Benedetto, che, dopo aver ricercato e trovato le fonti, è andata a produrre

all’interno di bacini d’utenza commerciale potendo così, con minori costi di

trasporto, essere più competitiva sul mercato ed allargare la propria quota di

mercato.

La seconda riflessione, dai risvolti invece più generali ed anche sociologici,

attiene ai c.d. “costi esterni”, cioè le esternalità negative, generate dall’enorme

quantità di merce soggetta a trasporto lungo la penisola. 13 A tale riguardo va precisato che le produzioni per regione sono frutto dell’aggregazione dei volumi dichiarati dalle singole imprese, generalmente espressi tra un minimo ed un massimo.

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Non vanno trascurati i costi ambientali e sociali generati da questa come dalle

diverse quantità di prodotti trasportati, per lo più su strada. Il riferimento è

chiaramente alle emissioni pericolose per il clima che provocano

inquinamento, agli incidenti, agli ingorghi generati dalla congestione delle

strade, al rumore: sono questi alcuni tra i maggiori danni all’ambiente e alla

salute causati dal sistema dei trasporti e dalla mobilità che vanno sotto il nome

di “costi esterni”. Chiaramente sono costi di difficile quantificazione diretta,

ma quello che invece è certo è che alla fine sono costi pagati dall’intera

collettività.

La problematica, cui come visto contribuisce in certa misura anche il trasporto

di acqua minerale naturale, un bene che per definizione è “tutelato” dallo Stato

in quanto strettamente connesso alla salute del cittadino, sta assumendo sempre

più importanza. Nel “secondo rapporto” sui costi ambientali e sociali della

mobilità in Italia emerge chiaramente l’esigenza che la valutazione dei costi

esterni diventi un elemento fondamentale per la determinazione delle scelte di

politica dei trasporti e della mobilità nel nostro Paese14.

Le riflessioni esposte e i dati sopra, danno l’idea di quanto ancora

l’organizzazione possa e debba fare per pervenire ad una più efficace ed

equilibrata coniugazione tra l’azione economica (soddisfazione del bisogno) ed

il “problema della qualità della vita” inteso in tutte le sue componenti.

1.2 IL MERCATO EUROPEO

Secondo le stime di Unesen-Gisenec (l’associazione europea dei produttori di

acque confezionate naturali) la produzione e i consumi di acque confezionate

nell’Unione Europea si attestano intorno ai 31 miliardi di litri, il che

rappresenta poco più di un terzo del totale consumi mondiali. Nell’Unione

14 “I costi ambientali e sociali della mobilità in Italia sono quantificati in duecentomila miliardi di lire nel 1999. Tale quantificazione è stata elaborata dagli “Amici della Terra” in collaborazione con le Ferrovie dello Stato. A formare i 200.000 miliardi concorrono per il 95% (191.216 miliardi) i trasporti su strada e per il rimanente 5% la ferrovia e l’aereo. La componente più rilevante dei costi esterni della mobilità è quella dei danni all’atmosfera (80.365 miliardi). Nell’ambito del trasporto merci, i costi esterni della strada sono pari a 67.072 miliardi, quelli della ferrovia pari a 2.438, quelli dell’aereo pari a 382 miliardi”. A. D’angelo: Linea diretta, mensile delle Ferrovie dello Stato n. 7/8, 1999, pag. 26.

13

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Capitolo I Il settore delle acque minerali

Europea sono dominanti (per il 95%) le acque naturali, cioè quelle che

sgorgano pure alla fonte (acque minerali e acque di sorgente), mentre nel resto

del mondo tendono a prevalere le acque da bere (purificate e affinate). A fare

la parte del leone sono quindi le acque minerali, avendo ormai superato la

soglia dei 31 miliardi di litri, con un tasso di sviluppo del 5% annuo. Oltre il

90% del totale produzione UE di acque minerali è concentrato in soli cinque

paesi: Italia, Germania, Francia, Spagna e Belgio.Vanno poi considerati i 3,7

miliardi di litri di produzione e consumi di acque di sorgente a livello UE; in

questo specifico comparto va sottolineata la leadership assoluta della Francia

che da sola produce ben 2,7 miliardi di litri di “eau de sources”, destinati

prevalentemente a coprire la fascia più economica delle acque confezionate.

PRODUZIONI DI ACQUA MINERALE NELLA U.E. Paesi Europei Mil. di litri

1998 1999 2000 ITALIA 9.300 9.750 10.300 GERMANIA 7.480 7.709 7.732 FRANCIA 5.650 6.050 6.354 SPAGNA 2.782 3.130 3.462 BELGIO 1.039 1.259 1.240 G. BRETAGNA 479 600 670 AUSTRIA 601 598 623 PORTOGALLO 437 423 459 PESI BASSI 126 135 139 IRLANDA 61 74 74 DANIMARCA n.d. n.d. 18 TOTALE U.E. 27.955 29.728 31.071 Fonte: Elaborazioni Beverfood su dati Mineracqua per l'Italia

1.3 IL MERCATO ITALIANO

L’Italia è il più importante mercato europeo nel campo delle acque minerali

(33% del totale UE) ed in questo settore può vantare il primato mondiale nella

produzione e nel consumo. Nel 2001 la produzione italiana è stata di 10.650

milioni di litri, con un incremento di oltre il 3% sull’anno precedente.

14

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Capitolo I Il settore delle acque minerali

MERCATO ITALIANO ACQUE CONFEZIONATE 2000-2001

Variabili Mercato Anni Minerali Sorgente Da Bere Produzione (mil. lit.) 2000 10.300 60 5 2001 10.650 100 50 Export Netto (mil. lit.) 2000 680 - - 2001 730 - - Tot. Consumi (mil. lit.) 2000 9.620 60 5 2001 9.920 100 50 Cons. Pro-Capite (lit.) 2000 167 1 0,1 2001 172 2 1 Fonte: Elaborazioni Beverfood su dati Mineracqua

Le esportazioni, al netto delle importazioni, dovrebbero aggirarsi sui 730

milioni di litri, e, pertanto, i consumi “apparenti” sono stimati intorno a 9.920

milioni di litri, pari ad un pro-capite di ben 172 litri annui.

Il giro di affari dei produttori italiani di acqua minerale è stimabile intorno ai

2.200 milioni di euro, mentre il valore al consumo (spesa degli italiani) è

valutabile intorno ai 2.800 milioni di euro. Rapportando i dati a valore con i

dati a quantità si evidenziano dei prezzi medi molto bassi. Infatti in Italia, come

in Francia e Spagna, il costo di un litro d’acqua minerale è inferiore alla metà

della media europea. Questa politica di prezzi popolari ha certamente favorito

lo sviluppo dei consumi, ma ha anche posto seri problemi relativi alla

redditività.

In Italia sono in forte sviluppo anche le esportazioni che, fino ad alcuni anni fa

erano inferiori al 3% della produzione interna, mentre oggi superano ormai il

7% della produzione nazionale. Su questo fronte il potenziale di crescita è

enorme, in considerazione del fatto che il consumo di acqua minerale è in

crescita in quasi tutti i principali mercati esteri, dove tra l’altro c’è la possibilità

di realizzare ricavi medi migliori di quelli ottenibili sul mercato interno.

15

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Capitolo I Il settore delle acque minerali

Paesi di esportazione: acqua minerale Italia 2001

Canada3%

UK4%

Altri8%

Israel3%

Ger.27%

USA20%Francia

20%

Svizz.14%

A livello europeo la Francia detiene il primato delle esportazioni di acque

minerali con oltre il 20% del totale produzione, grazie anche al prestigio di

alcune marche (Perrier, Evian) che hanno saputo sviluppare nel tempo un

posizionamento di prestigio e di valore e al fatto che queste marche

appartengono a grandi multinazionali che sono in grado di promuovere la

diffusione in tutto il mondo.

In Italia sono attive 175 fonti che imbottigliano e commercializzano 321

marche di acque confezionate. Il numero delle unità produttive tende a

stabilizzarsi perché le nuove attivazioni (soprattutto al centro sud) sono

compensate da un ugual numero di uscite, sia per difficoltà economiche e sia

per motivazioni tecniche. Dopo le innumerevoli acquisizioni e fusioni, il

mercato è pervenuto ad un buon livello di concentrazione:

• I primi quattro gruppi (Sanpellegrino, San Benedetto, Italaquae e

Congedi) assorbono quasi il 65% del mercato;

• I primi otto gruppi (quelli citati, più Spumador, Norda, Sangemini e

Sorgenti Lete/Prata) concentrano poco meno dei 4/5 del totale volumi.

16

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Capitolo I Il settore delle acque minerali

QUOTE PRODUTTIVE ACQUE MINERALI 2001

GRUPPI PRODUTTORI quantità % SANPELLEGRINO Gr. Nestlè 3.000 28,1 SAN BENEDETTO 2.000 18,8 ITALAQUAE Gr. Danone 1.000 9,4 ROCCHETTA/ULIVETO Gr. Cogedi 900 8,5 SPUMADOR 550 5,2 NORDA 450 4,2 SANGEMINI Gr. Hopa 300 2,8 LETE/PRATA Gr. S.G.A.M. 250 2,3 altri 2200 20,7 PRODUZIONE TOTALE 10.650(mil. litri) 100,0 Fonte: elaborazioni Beverfood su dati aziendali e istituti di ricerca

In questa fase il mercato sta accelerando sugli investimenti pubblicitari in

coerenza con gli obiettivi di segmentazione che si sono posti i principali gruppi

competitivi e con la necessità di conferire maggior valore al prodotto al fine di

realizzare politiche di prezzo più remunerative. Il totale degli investimenti

pubblicitari, considerati ai prezzi di listino, ha superato i 230 milioni di euro e,

pertanto, il mercato delle acque confezionate, dopo aver conquistato la

leadership dei consumi, si avvia a conquistare anche la leadership della spesa

pubblicitaria nel settore del beverage.

L’attività di marketing in senso stretto è fondamentale per il settore, che

presenta un grado di fedeltà alla marca medio e una competizione basata sul

prezzo. Il mezzo comunicativo più utilizzato, come illustra il grafico, è quello

degli spot televisivi con un’incidenza del 65.1%, seguito dagli spot radiofonici

(16,3%) e dalle inserzioni sui quotidiani (11,4%).

17

Investimenti pubblicitari per medium: 2001

periodici5,7%

quotidiani11,4%

radio16,3%

altri media1,5%

tv65,1%

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Capitolo I Il settore delle acque minerali

1.3.1 LA STRUTTURA DEL MERCATO

Il comparto italiano della acque minerali ha archiviato il 2000 a quota 10300

milioni di litri, di cui 9620 milioni destinati al mercato nazionale (+4% rispetto

al 1999), mentre alle esportazioni sono andati circa 680 milioni di litri.

I dati sono tutti a favore dell’acqua piatta, il cui consumo è stato di circa 6060

milioni di litri, contro i 3560 dell’acqua gassata; il consumo di acqua è

aumentato nell’ambito domestico raggiungendo i 6440 milioni di litri (4250 di

acqua piatta e 2150 di acqua gassata), nella ristorazione si è registrato un

consumo di 1200 milioni di litri e nel catering un consumo di 1400 milioni; i

restanti 620 milioni di litri sono stati classificati nella voce altri consumi.

Struttura del mercato nel 2000 (mil. di litri)

01.0002.0003.0004.0005.0006.0007.000

Consumodomestico

Ristorazione Catering Altri consumi

Piatta GassataTOTALE

Si vede chiaramente che la popolazione predilige, soprattutto a casa, il

consumo di acqua piatta, segno forse di una maggiore attenzione alla salute,

mentre l’acqua gassata ha un piccolo vantaggio nell’area della ristorazione.

Quanto ai canali di distribuzione la Grande Distribuzione Organizzata (GDO)

ha inciso per il 45%, gli hard discount per il 25%, l’ho.re.ca.15 per il 20% e il

porta a porta per il rimanente 10%. Secondo le analisi contenute nell’annuario

Acque minerali, bibite e succhi di frutta pubblicato da Beverfood Edizioni

(2000) c’è stata una flessione nelle quantità trattate dai grossisti, che già nel

15 L’ho.re.ca. è il canale di distribuzione che rappresenta: hotel, ristorazione e caffè-bar.

18

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Capitolo I Il settore delle acque minerali

1995-1997 erano scese dal 65 al 60%, imputando tale calo all’incremento della

domanda di prodotto di primo prezzo16 e, quindi, all’aumento delle forniture

dirette dalla produzione alla Grande Distribuzione Organizzata e all’hard

discount.

45%

25%20%

10%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

GDO Hard discount Ho.re.ca Door to door

Ripartizione % per tipologia di punto vendita: 2000

Rispetto alla media pro-capite di 172 litri annui, il consumo di acqua minerale

spacca in due la Penisola: nelle regioni del Nord se ne consumano circa 200

litri a testa, mentre in quelle del Sud la media si ferma a 145 litri. Uno

svantaggio che si appresta ad essere recuperato: basti pensare che nel periodo

1997-2000 nel Nord il consumo è cresciuto del 10%, mentre nel Sud è

avanzato di oltre 30 punti percentuali17. Nel grafico seguente viene riportata

una ripartizione percentuale dei consumi per area geografica, individuando

quattro aree: area 1, Nord; area 2, Centro-Nord; area 3, Centro-Sud; area 4,

Sud-Isole.

16 Il prodotto di primo prezzo rappresenta il marchio economico di un’azienda, per esempio in San Benedetto in primo prezzo è costituito dal marchio Guizza, distribuito nel canale moderno e leader nei discount. 17 Dati pubblicati su Largo Consumo, n. 12, 2001, pag. 156.

19

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Capitolo I Il settore delle acque minerali

Ripartizione % per area geografica: 2000

Area 132%

Area 223%

Area 323%

Area 422%

Il settore idrominerale in Italia vede la presenza di 198 aziende che operano in

208 stabilimenti con circa 321 marchi. Facendo una classificazione delle

aziende in base al fatturato sono state individuate18:

• 24 Grandi aziende (con fatturato superiore a 100 miliardi di lire);

• 34 Medie aziende (con fatturato compreso tra 10 e 100 miliardi);

• 106 Piccole aziende (con fatturato inferiore a 10 miliardi).

Questa classificazione evidenzia ancora una volta la forte concentrazione del

settore; infatti le 24 Grandi aziende appartengono ai 6 Gruppi più importanti

(San Pellegrino, San Benedetto, Italaquae, Co.Ge.Di, Spumador, Norda) che

detengono una quota di mercato superiore al 70%.

1.3.1.1 Il Packaging

All’inizio del loro sviluppo le acque minerali erano confezionate solo in

bottiglia di vetro con tappo metallico a corona. Oggi nel settore dominano

completamente le più moderne confezioni in materiale plastico (PET), mentre i

contenitori alternativi sono del tutto marginali.

Anche a livello Europeo si può notare come il predominio dei contenitori in

materiale plastico sia comune a tutti i principali mercati, ad eccezione di

Germania e Austria dove prevalgono ancora bottiglie di vetro, in genere con

18 La classificazione riguarda aziende con almeno il 50% del fatturato realizzato nel settore “Acque Minerali”.

20

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Capitolo I Il settore delle acque minerali

“vuoto a perdere”. Questo comportamento fa parte di una radicata tradizione

ecologica di questi paesi, non solo nel campo delle acque minerali, ma anche in

tutti gli altri comparti del beverage.

Sul mercato italiano, in particolare, si è notevolmente ridotto il peso delle

bottiglie in vetro che, oggi, di fatto sono presenti quasi esclusivamente nei

canali ho.re.ca. Le bottiglie in vetro sono presenti anche nella vendita door to

door, dove vige ancora la pratica del “vuoto a rendere”. Nel canale moderno

(iper e supermercati) le confezioni in vetro sono ancora utilizzate da poche

marche che operano su nicchie specialistiche (acque salutistiche e “acque di

lusso”), ma quasi sempre in regime di “vuoto a perdere”.

In termini di confezioni dominano quindi sul mercato italiano i contenitori in

PET. La bottiglia da 1,5 litri è la confezione più venduta per il consumo

familiare, ma sono ben inserite anche le bottiglie da 2 litri e, soprattutto, le

bottiglie da ½ litro, che risultano vincenti per i consumi fuori casa. In questo

contesto alcuni produttori hanno recentemente introdotto le “sport bottles” con

un pratico sistema d’erogazione (pull & push cap) che semplifica al massimo il

gesto del bere. Di recente introduzione anche il bottiglione da 5 litri in PET,

che San Benedetto ha introdotto per la nuova acqua di sorgente Bucaneve.

L’industria idrominerale è impegnata in continue operazioni di restyling con

l’obiettivo di migliorare sistematicamente la funzionalità (compatibilità,

impugnabilità, resistenza, stockabilità) e l’estetica delle bottiglie, con

operazioni di rivisitazioni che riguardano anche forma, materiali e grafica delle

etichette e delle chiusure.

Ripartizione % per tipo di contenitore

73,5%84,0%

89,0%

10,9%15,6%25,0%

0,1%0,4%1,5%0,0%

10,0%20,0%30,0%40,0%50,0%60,0%70,0%80,0%90,0%

100,0%

1992 1996 2000

Plastica (PET)VetroCartone (Brik)

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Capitolo I Il settore delle acque minerali

1.3.2 IL SETTORE IN CIFRE

Introduciamo ora una rappresentazione del settore idrominerale italiano grazie

ad una riclassificazione in aggregato di 164 Società che hanno realizzato il loro

fatturato prevalentemente nel settore in esame. Nel loro insieme le Società

analizzate possono essere considerate ampiamente rappresentative dell’intero

settore19. Nel periodo che va dal 1996 al 2000 il fatturato del settore è

aumentato di quasi il 30%, passando da 3.411 a 4.418 miliardi di lire, con un

aumento del 10,8% rispetto al 1999.

Aumento del fatturato (mil. di lire)

0

1.000.000

2.000.000

3.000.000

4.000.000

5.000.000

2000 1999 1998 1997 1996

La ripartizione del fatturato all’interno dei tre raggruppamenti delle aziende

analizzate, che aveva segnato fino al 1999 un costante progressivo incremento

delle Grandi Aziende a danno delle Piccole Aziende, nel 2000 rimane

sostanzialmente invariata, lasciando presupporre il raggiungimento di una

situazione orami consolidata, come evidenziato dai dati seguenti:

2000 1999 1998 1997 1996 GRANDI 76,7% 76,8% 77,0% 76,4% 75,1%

MEDIE 16,3% 16,3% 15,4% 15,2% 16,1%

PICCOLE 7,0% 6,9% 7,6% 8,4% 8,8%

19 Nella riclassificazione sono stato ampiamente aiutato dal dott. Vincenzo Pecorario, amministratore unico della Società di analisi finanziarie Vipec S.r.l.

22

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Capitolo I Il settore delle acque minerali

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Capitolo I Il settore delle acque minerali

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Capitolo I Il settore delle acque minerali

Dalla riclassificazione dello stato patrimoniale si può notare che

l’indebitamento finanziario delle aziende del settore, dopo la parentesi

positiva del 1999, ha ripreso a salire raggiungendo il livello più elevato di tutto

il quinquennio. Da notare invece il sensibile spostamento registratosi dal 1999

tra Debiti a breve e Debiti a medio/lungo termine, che sono ora sullo stesso

livello, indice di un’accurata pianificazione dell’indebitamento.

0

500.000

1.000.000

1.500.000

2.000.000

2000 1999 1998 1997 1996

Indebitamento (mil. di lire)

Debiti a breveDebiti a medio/lungoTOTALE

L’incidenza media dell’indebitamento oneroso sul fatturato ha superato nel

2000 il livello del 1996 passando da 42,5% al 43,5%. Tale incidenza varia

sensibilmente all’interno dei tre raggruppamenti di aziende:

Incidenze 1996: GRANDI 31,8% MEDIE 73,6% PICCOLE 78,3% Incidenze 2000: GRANDI 32,7% MEDIE 70,8% PICCOLE 97,9%

e mentre per le Grandi e Medie aziende il peso dell’indebitamento migliora con

l’evoluzione del fatturato, portandosi verso un rapporto rispettivamente di 1 a 3

e di 2 a 3, nelle Piccole aziende l’incidenza dell’indebitamento cresce sempre

più e sta raggiungendo l’entità del fatturato. I riflessi di tale situazione, pur

attenuati dalle sensibili riduzioni dei tassi di interesse soprattutto negli ultimi

due anni, si riscontrano nel peso degli oneri finanziari sui conti economici.

Per quanto riguarda il reddito operativo i dati ci mostrano che tipo di flessione

c’è stata nel 2000, sicuramente a causa dei risultati negativi conseguiti dalle

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Capitolo I Il settore delle acque minerali

Piccole e dalle Medie imprese, come si può notare nella tabella (i dati sono

espressi in milioni di lire):

2000 1999 1998 1997 1996

GRANDI 73.578 130.475 138.984 135.105 128.210

MEDIE -40.748 -18.438 -40.525 -11.673 105

PICCOLE -55.619 -42.744 -37.312 -24.875 -15.769

Il risultato d’esercizio dell’intero settore, pur beneficiando della riduzione del

peso degli oneri finanziari, registra nel 1999/2000 un pesante peggioramento

imputabile in larga misura all’incremento del costo del venduto in parte

attenuato dai risultati positivi della gestione straordinaria. Anche in questo

caso i risultati delle Grandi Aziende sono totalmente diversi da quelli del

settore:

2000 1999 1998 1997 1996

GRANDI 40.555 33.025 34.271 21.568 -16.214

MEDIE -70.148 -81.557 -20.757 -8.056 -21.639

PICCOLE -42.340 -35.293 -34.034 -24.461 -23.225

Le Grandi aziende incrementano i risultati positivi già raggiunti nel 1997,

restando invariata l’incidenza percentuale del risultato d’esercizio sul

fatturato.

Le Medie fanno registrare dal 1998 un pesante peggioramento; mentre le

Piccole aziende, penalizzate dal maggior peso dei costi del lavoro, degli

ammortamenti e degli oneri finanziari, si dibattono sempre più in risultati

negativi. Dall’analisi svolta emerge che nel 2000:

• 47 aziende su 164 hanno realizzato Utile operativo ed Utile d’esercizio;

• 15 aziende su 164 hanno chiuso l’esercizio in Utile giovandosi di

partite straordinarie;

• 72 aziende su 164 hanno chiuso l’esercizio con una Perdita inferiore a 1

miliardo;

• 30 aziende su 164 hanno registrato una Perdita superiore a 1 miliardo.

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Capitolo I Il settore delle acque minerali

1.3.2.1 Alcuni Indici

Dopo la riclassificazione dei Bilanci è possibile procedere al calcolo degli

indici e dei quozienti segnaletici delle condizioni economiche, finanziarie e

patrimoniali della aziende. L’analisi per indici, basata sulla determinazione di

rapporti assoluti e percentuali, permette di ricavare elementi di immediata

valutazione delle variabili economiche/finanziarie e di ottenere informazioni

oltre quelle desumibili dai Bilanci. Il valore segnaletico di indici e quozienti

assume la massima rilevanza dal confronto dei valori da essi assunti nel tempo

e nei confronti di altre aziende. Più avanti verrà illustrato il confronto tra il

settore e i tre raggruppamenti (Grandi, Medie, Piccole) di imprese riguardo a:

Indici di Redditività: ROI (Return on Investment) che indica il

rendimento del capitale investito, ROE (Return on Equity) che indica il

rendimento del capitale di rischio, ROS (Return on Sales) che

rappresenta la redditività delle vendite e, se positivo, esprime in

percentuale la porzione di ricavo netto ancora disponibile dopo la

copertura di tutti i costi della gestione caratteristica;

Indici di Efficienza: consentono di valutare la resa nell’impiego di

alcuni fattori produttivi, in particolare la manodopera;

Indici di Liquidità: esprimono la capacità dell’impresa di far fronte ai

propri impegni a breve termine con le attività a disposizione;

Indici di Solidità: esprimono la capacità dell’impresa di far fronte agli

impegni a medio/lungo termine tramite il ricorso a fonti di analoga

durata;

Indici di Rotazione e Durata: indicano il numero di volte in cui il

capitale investito e le attività “correnti” ruotano nel corso dell’esercizio

e la durata in giorni delle variabili crediti e debiti commerciali.

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Capitolo I Il settore delle acque minerali

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Capitolo I Il settore delle acque minerali

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Capitolo I Il settore delle acque minerali

Le maggiori variazioni nel 2000, rispetto agli anni precedenti, le troviamo negli

indici più importanti (cioè quelli reddituali) che sono diminuiti in maniera

considerevole. Anche quelli delle Grandi imprese, che sono sempre comunque

positivi, hanno subito una forte riduzione.

Andamento del ROI 1996/2000

-10

-5

0

5

10

15

Settore 2,41 5,03 4,8 6,75 6,75

Grandi 6,58 9,74 10,39 11,89 10,86

Medie -2,56 0,32 -2,88 2,24 2,54

Piccole -7,58 -6,41 -5,18 -2,86 -1,5

2000 1999 1998 1997 1996

Andamento del ROE 1996/2000

-100

-80

-60

-40

-20

0

20

Settore -6,8 -9,21 -2,59 -1,19 -6,77

Grandi 5,18 5,22 6,22 3,83 -2,89

Medie -84,78 -87,37 -11,66 -4,36 -11,51

Piccole -22,18 -19,08 -20,57 -14,32 -15,23

2000 1999 1998 1997 1996

La diminuzione del reddito operativo (numeratore del ROI e del ROS) è da

ricercare nei maggiori costi commerciali verso il trade, necessari per essere

competitivi, ma anche nei maggiori ammortamenti derivanti dalla rivalutazione

dei cespiti in base alla legge 342/2000. Da notare il miglioramento (se così si

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Capitolo I Il settore delle acque minerali

può chiamare) del ROE che indica un maggiore rendimento del capitale di

rischio e può essere anche considerato un elemento per apprezzare la creazione

di valore per gli azionisti. I valori del Settore vediamo che sono negativi, a

causa dei pessimi risultati delle Medie e Piccole imprese, ma segnano un lieve

miglioramento rispetto al ’99.

Conclusioni

Dai dati riportati si evince chiaramente che nel 2000 si sono ridotti

sensibilmente il numero delle aziende con i bilanci in utile e l’ammontare degli

utili da esse realizzato, di contro sono aumentate le aziende in perdita e l’entità

delle perdite.

Da una tale situazione non si esce contraendo ulteriormente i costi, se ancora

possibile, o aumentando la produttività e sviluppando i volumi, la strada da

percorrere per tutte le aziende è solo quella di operare, pur con le estreme

difficoltà dell’attuale contesto competitivo, per un reale incremento dei prezzi

di vendita.

La conformazione del mercato non è altro che l’espressione del marcato

processo di concentrazione settoriale, in atto ormai da qualche anno, che vede

contrapposti:

Gruppi di società ad elevata dimensione;

Aziende indipendenti di Medie/Piccole dimensioni.

Per effetto di questo processo di concentrazione il settore delle “Acque

Minerali” tenderà sempre più a ripartirsi tra:

Grandi Gruppi di portata internazionale;

Aziende nazionali di grande capacità competitiva;

Aziende minori specializzate che sapranno ritagliarsi nicchie di

mercato.

Le altre imprese sono destinate nel lungo periodo, se non assorbite da aziende

maggiori, a scomparire per una sopravvenuta inefficienza

economica/gestionale.

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Capitolo V Il rischio d’impresa

Nell’ottica industriale, situazioni caratterizzate da un q > q* non sono

accettabili, se non legate ad un preordinato processo di sviluppo in un

determinato intervallo temporale. La proprietà deve quindi ricostituire il

presidio per il rischio di non conoscenza e deve dotare l’impresa delle risorse

finanziarie necessarie per poter implementare gli adeguamenti e le

trasformazioni strutturali sulle quali si basa il continuo processo di sviluppo.

5.4 IL RISCHIO NEL BEVERAGE

Il settore delle Acque Minerali, che fa parte del più ampio settore del Beverage,

presenta un rischio abbastanza basso. Questo è dovuto alle caratteristiche del

prodotto e del bisogno che viene soddisfatto. Infatti parliamo di un bene di

prima necessità (commodity) che soddisfa un bisogno fondamentale quale la

sete.

Il rischio di settore, che può essere rappresentato dal β, assume valori inferiori

al β di mercato, pari a 1, a conferma di quanto detto prima. Ciò significa che

variazioni del mercato, anche molto marcate, non vanno ad influenzare

l’andamento del settore, vengono cioè attutite, poiché il consumatore non può

rinunciare a soddisfare un bisogno così forte come la sete. Alcuni grandi leader

del settore del beverage, come Coca-Cola Co., Pepsi e Cadbury Schweppes

presentano questi valori dei loro β:

0,69

0,99

0,85

00,10,20,30,40,50,60,70,80,9

1

Coca-Cola Co. Pepsi Group. Cadbury Schweppes

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Capitolo V Il rischio d’impresa

Il rischio operativo nel settore delle Acqua Minerali riguarda soprattutto la

produzione e la distribuzione. Un grave rischio per le aziende del settore è

l’inquinamento della fonte; basti pensare che alcuni anni fa era sufficiente

estrarre l’acqua a 50/60 metri di profondità, mentre oggi è necessaria una

perforazione che supera i duecento metri per essere sicuri che l’acqua sia

incontaminata. Inoltre le aziende occupano sul territorio un’area molto più

grande di quella relativa all’estrazione per evitare appunto eventuali danni al

prodotto, dato che l’acqua minerale naturale non può venire a contatto con

l’aria se non quando viene aperta la bottiglia. Inoltre sono necessari molti

controlli quotidiani per garantire l’alta qualità del prodotto; di recente sono

state scoperte delle gravi incongruenze tra le informazioni riportate in etichetta

e le caratteristiche effettive dell’acqua. Per questo vengono utilizzati anche

laboratori di analisi esterni che lavorano sui prodotti estratti quotidianamente.

Si tratta di investimenti consistenti che vengono fatti, ma sarebbe impossibile

non farli, non tanto per quanto previsto dalla legge, ma perché i produttori di

acqua hanno un grande interesse a mantenere un’immagine di alta qualità verso

i consumatori, immagine che in un settore come questo conta davvero tanto.

Vengono poi adottate delle misure di monitoraggio continuo per sapere sempre

dove vanno a finire i prodotti; si tratta della Tracciabilità del Lotto. Attraverso

dei sensori posti nelle aree di carico dei pallet, viene registrato in un database

quali sono le destinazioni di ogni carico e le tipologie di prodotti caricati; in

questo modo è possibile, nel caso si verifichino dei lotti difettati, sapere dove

recuperare la merce e limitare al minimo il danno.

Dal punto di vista della distribuzione è fondamentale cercare di avere la

maggiore copertura possibile. Il rischio in questo caso è quello di non essere

presente sugli scaffali o nei negozi, permettendo al consumatore di comprare

un’altra acqua e di dimenticare il nostro marchio, che invece deve essere

sempre al primo posto nella mente dei consumatori.

A mio avviso esiste anche un rischio che può essere classificato come un

rischio di non conoscenza e riguarda la possibilità che lo Stato, o meglio le

Regioni, decidano di aumentare la royalty che ricevono dalle aziende del

settore, dato che il canone attuale è molto basso.

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Capitolo V Il rischio d’impresa

5.5 IL COSTO DEL CAPITALE

Il costo del capitale è il tasso di rendimento minimo che un investimento deve

generare. Lo possiamo considerare una linea invisibile che divide i progetti

“buoni” da quelli “cattivi”, un tasso soglia che deve essere raggiunto per poter

creare valore. Per i responsabili d’azienda, il costo del capitale può essere usato

in quattro diverse accezioni121:

− come il tasso al quale scontare i flussi di cassa attesi (o gli EVA futuri);

− come il tasso soglia per valutare la convenienza economica di nuovi

investimenti;

− come costo opportunità del capitale nel calcolo dei metodi di

valutazione;

− come il benchmark nel calcolo dei tassi di rendimento sul capitale

impiegato.

Il costo del capitale per un’azienda, anche quando sembra esserlo, in realtà non

è un costo monetario. E’ piuttosto un costo opportunità, un costo che è uguale

al rendimento complessivo che un investitore potrebbe aspettarsi di ottenere

investendo in un portafoglio di azioni ed obbligazioni con un rischio

comparabile con quello dell’azienda stessa. In altre parole, il costo del capitale

è guidato dall’ormai noto trade-off tra rischio e rendimento. Quanto maggiore

è il rischio che un’azienda chiede di sopportare ai suoi investitori, tanto più alto

deve essere il suo tasso di rendimento affinché venga creato valore e tanto

maggiore sarà il suo costo del capitale. Dobbiamo tenere sempre a mente che

oltrepassata una certa soglia di rischio l’investitore non è più disposto a

finanziare l’impresa, anche a fronte di rendimenti molto elevati, e che oltre un

certo quoziente di indebitamento le condizioni di consonanza tra impresa e

sistema finanziario non sono più garantite.

121 G. Bennett Stewart III (a cura di M. Spinsi), La ricerca del valore: una guida per il management e per gli azionisti, EGEA, Milano, 2000, pag.369.

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