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IL SETTING E LA PRASSI DELLA MEDIAZIONE FAMILIARE INTRODUZIONE Il concetto di mediazione è applicabile ad una vasta gamma di prestazioni che vanno,spesso impropriamente sotto questo nome. L’uso del termine mediazione è infatti ritrovabile in diversi ambiti, i quali, anche se riguardano la famiglia, configurano spesso interventi di tutt’altra natura e, in alcuni casi, alquanto ambigui. Si parla ad esempio di mediazione prematrimoniale (per indicare interventi su coppie con incertezze sulla decisione di sposarsi); si parla di mediazione per famiglie con disabili (per indicare interventi riguardanti controversie sull’assistenza di familiari con disabilità ) si parla di mediazione anche per indicare interventi per coppie in crisi; in questi casi si tratta di vere e proprie psicoterapie che nulla hanno a che vedere con la mediazione familiare di cui noi ci occuperemo. La m.f. oggetto delle nostre riflessionii, affronta tutte le problematiche insorte con la separazione. DEFINIZIONE DELLA MEDIAZIONE FAMILIARE secondo la SIMEF. La M.F, è un percorso per la riorganizzazione delle relazioni familiari in vista o in seguito alla separazione o al divorzio; in un contesto strutturato, il mediatore, come neutrale e con una formazione specifica, sollecitato dalle parti, nella garanzia del segreto professionale, e in autonomia dall’ambito giudiziario, si adopera affinché i genitori elaborino in prima persona un programma di separazione soddisfacente per sè e per i figli in cui possano esercitare la comune responsabilità genitoriale Chi sono i protagonisti della mediazione familiare: genitori separati o divorziati o in via di separazione. Questo è uno dei paradossi della M.F. nel senso che la sua efficacia e i suoi esiti positivi sono strettamente correlati al fatto di lavorare con genitori separati o che comunque hanno deciso in modo inequivocabile di separarsi. La mediazione familiare non è dunque riconciliazione della coppia.

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IL SETTING E LA PRASSI DELLA MEDIAZIONE FAMILIARE

INTRODUZIONE

Il concetto di mediazione è applicabile ad una vasta gamma di prestazioni che vanno,spesso

impropriamente sotto questo nome.

L’uso del termine mediazione è infatti ritrovabile in diversi ambiti, i quali, anche se riguardano la

famiglia, configurano spesso interventi di tutt’altra natura e, in alcuni casi, alquanto ambigui.

Si parla ad esempio

di mediazione prematrimoniale (per indicare interventi su coppie con incertezze sulla decisione di

sposarsi);

si parla di mediazione per famiglie con disabili (per indicare interventi riguardanti controversie

sull’assistenza di familiari con disabilità )

si parla di mediazione anche per indicare interventi per coppie in crisi; in questi casi si tratta di vere

e proprie psicoterapie che nulla hanno a che vedere con la mediazione familiare di cui noi ci

occuperemo.

La m.f. oggetto delle nostre riflessionii, affronta tutte le problematiche insorte con la separazione.

DEFINIZIONE DELLA MEDIAZIONE FAMILIARE secondo la SIMEF.

La M.F, è un percorso per la riorganizzazione delle relazioni familiari in vista o in

seguito alla separazione o al divorzio; in un contesto strutturato, il mediatore, come

neutrale e con una formazione specifica, sollecitato dalle parti, nella garanzia del segreto

professionale, e in autonomia dall’ambito giudiziario, si adopera affinché i genitori

elaborino in prima persona un programma di separazione soddisfacente per sè e per i figli

in cui possano esercitare la comune responsabilità genitoriale

Chi sono i protagonisti della mediazione familiare:

genitori separati o divorziati o in via di separazione.

Questo è uno dei paradossi della M.F. nel senso che la sua efficacia e i suoi esiti positivi

sono strettamente correlati al fatto di lavorare con genitori separati o che comunque hanno

deciso in modo inequivocabile di separarsi.

La mediazione familiare non è dunque riconciliazione della coppia.

Quali sono le caratteristiche relazionali e comportamentali di una coppia di genitori separati

che ha deciso di iniziare un percorso di mediazione familiare:

A) la conflittualità;

B) il disaccordo su tutto ciò che riguarda la riorganizzazione della propria vira e dei figli.

In particolare il disaccordo può interessare specificatamente

A la gestione della quotidianità dei figli

B la gestione degli aspetti economici e patrimoniali.

Parliamo di mediazione globale quando la M.F. si occupa sia degli aspetti patrimoniali che

dei problemi dei figli

Parliamo di mediazione parziale quando si affrontano solo le problematiche riguardanti i

figli.

La mediazione che viene praticata in Italia è la mediazione parziale mentre quella globale è

più utilizzata in America.

Spesso entrambi i problemi si intrecciano tra di loro per cui anche il mediatore che applica

la mediazione parziale potrebbe imbattersi, nel corso del suo lavoro, con problematiche di

altra natura come quelle di tipo economico e finanziario.

Sarà allora compito del mediatore rinviare ad altri contesti o ad altre figure professionali i

due genitori per risolvere questioni che esulano dal suo lavoro..

Quale può essere il percorso di una coppia di genitori partendo dalla conflittualità iniziale prima di

raggiungere gli obiettivi prefissati dalla M.f.

1 conflittualità iniziale

2 comunicazione disfunzionale

3 comunicazione funzionale

4 ascolto dell’altro

5 comprensione dei vissuti dell’altro

6 riconoscimento della reciproca genitorialità

7 condivisione di obiettivi comuni

8 base per una prima forma di accordo

9 progetto educativo per i figli

Se volessimo sintetizzare tutto questo in una semplice frase potremmo senz’altro dire che la M.F.

trasforma la sofferenza e l’angoscia del conflitto in dialogo costruttivo in cui l’IO e il TU si

incontrano permettendo cosi’ad ognuno di non restare raggomitolati su se stessi ma d’incontrare

l’altro accettandone la diversità.

“Se è vero che le crisi gravi si prestano a mettere in luce il lato peggiore di noi è anche vero

che quelle stesse crisi possono mobilitare le nostre migliori risorse” Karl Jaspers

Il pensiero di questo filosofo esistenzialista racchiude in modo straordinario l’essenza della M.F.

anche se ci rendiamo conto che tutto questo è molto più semplice teorizzarlo che metterlo in pratica.

Sapere avvicinarsi alla mediazione familiare significa avere la consapevolezza di addentrarsi

in un mondo,quello della separazione e del divorzio,dove la sofferenza è grande e coinvolge,se

pur in modo diverso, indistintamente tutti: coniugi,figli,familiari.

Il vissuto emozionale più intenso è il sentimento di perdita che colpisce non solo chi è stato

abbandonato ma anche chi ha deciso di abbandonare.

Infatti la rottura di un legame, quale che ne sia la ragione,comporta sempre per tutti la

perdita dei riferimenti della propria vita: materiali, affettivi, relazionali e la necessità di dover

cambiare qualcosa, al di la delle semplici abitudini acquisite nel corso degli anni della

convivenza, si accompagna sempre ad una grande tristezza.

Per tutti dunque separarsi significa crollo di un universo emotivo perdita di amici, parenti, di

spazi fisici e psicologici. E’ un’esperienza di vuoto senza la prospettiva di riempirlo, di crollo

di progetti comuni e di speranze condivise.

Il superamento di questo stato di crisi è sempre laborioso e non sempre è condotto a termine

nel migliore dei modi.

La mediazione familiare si rivolge a tutte quelle persone separate, che travolte e sopraffatte

dalla loro separazione, non riescono autonomamente ad uscire fuori dal cerchio stretto del

loro legame e della loro storia..

Quello della separazione è dunque un contesto incandescente e per questo delicato che richiede

particolari abilità e competenze che vanno al di la’ delle conoscenze specificatamente tecniche e

teoriche.

Noi riteniamo che tali competenze possono comunque essere acquisite, se ci si predispone, senza

pregiudizi, ad accogliere le persone che, rese vulnerabili da particolari eventi della loro

vita,decidono di raccontarsi nella prospettiva di trovare una risoluzione ai loro problemi.

Parleremo del setting e della prassi della mediazione ricordando,alla luce di quanto detto, che non

basta conoscere le procedure della mediazione familiare per definirsi bravi mediatori.

e.

La mediazione familiare è ormai accettata come disciplina a pieno titolo con un proprio patrimonio

di conoscenze teoriche e pratiche,di principi e di regole di base

IL SETTING DELLA MEDIAZIONE FAMILIARE.

La mediazione familiare è uno strumento extragiudiziale,ovvero completamente indipendente

da qualsiasi competizione legale,un procedimento strutturato, un setting particolare, (il

termine setting preso in prestito dalla lingua inglese che letteralmente vuole significare

scenario, ambientazione, in campo psicoterapeutico delimita un’area spazio-temporale

vincolata da regole che determinano ruoli e funzioni.)

Pertanto, come ogni setting, anche quello della mediazione familiare ha le sue regole e le sue

connotazioni particolari. Tuttavia trattandosi di una metodologia nuova e applicata in contesti

abbastanza diversificati tra di loro, varie sono le strategie e le modalità di intervento messe in atto

dalle strutture e dalle associazioni che la propongono. e la praticano.

Questo vuol significare che non tutti i mediatori condividono e adottano rigidamente le stesse

regole e lo stesso metodo; ciò nonostante ci sono delle regole di base, che sono specifiche del

setting della mediazione, e per questo sono accettate e rispettate da tutti.

REGOLE DEL SETTING CONDIVISE DA TUTTI I MEDIATORI

Per tutti vale la norma che in mediazione si lavora all’interno di un contesto con caratteristiche e

regole ben precise, con un numero prefissato, anche se non rigidamente, di sedute ( in genere 8-10

sedute) della durata di un’ora e trenta, due ore al massimo,a cadenza quindicinale, distribuite lungo

un arco di tempo variabile da sei mesi ad un anno circa.

Da tutti è richiesto che durante il lavoro di mediazione sia sospeso il tempo giuridico, ovvero il

procedimento giudiziario per permettere ai partners di funzionare secondo la nuova logica della

negoziazione con la possibilità di occuparsi del tempo futuro e non solo di distruggere il tempo

passato.

Durante il lavoro di mediazione si interrompono transitoriamente anche le indagini dei periti

d’ufficio e dei periti di parte, indagini, a nostro giudizio, di per sé aride e formali, descrittive e

centrate su un orientamento diagnostico,il cui obiettivo principale, spesso, è quello di individuare il

genitore cattivo da contrapporre al genitore buono.

Nell’ottica della mediazione, questa modalità d’intervento, disposta dal giudice,a volte su

sollecitazione delle parti,tende ad amplificare il divario esistente tra i due genitori e rischia di

compromettere seriamente i potenziali spazi destinati alla cooperazione e alla cogenitorialità.

Il nostro auspicio è che i due separati non arrivino a dover discutere e risolvere i loro conflitti

all’interno di un contesto di perizia d’ufficio che è basata sulla logica win to lose (vincitore vinto )

piuttosto che sulla logica del win to wint (vincitore vincitore ).

Il lavoro di mediazione deve procedere in totale autonomia anche rispetto ai Tribunali, che pure

possono essere gli invianti.

LIBERTA’ DI SCEGLIERE LA STRADA DELLA MEDIAZIONE FAMILIARE

Per tutti è fondamentale la scelta spontanea della coppia di intraprendere questa strada,

anche se alla mediazione si può giungere con una spinta molto forte da parte del giudice; sarà

allora compito del mediatore, nella fase iniziale, riuscire a trasformare il contesto coatto in

uno spazio dove sia maggiormente in gioco la soggettività personale, quella dei due coniugi ma

anche quella dell’operatore. Il percorso di mediazione familiare previsto come obbligo e non

come opportunità rischia di annullare l’importante ed efficace funzione che la mediazione

familiare può svolgere come pratica non formale, se liberamente scelta dalla coppia.

La m. f. è infatti uno spazio di dialogo, di ascolto e di confronto reciprococce deve avere alla

sua base la scelta spontanea dei genitori.

Ed anche se da parte di alcuni c’è la tendenza di applicare la mediazione familiare a tutte le coppie

separandi come procedura istituzionale affidata cioè ai servizi pubblici, quindi imposta,

l’orientamento generale è quello di sperare sempre in una mediazione volontaria, decisa

autonomamente dai due genitori.. Una mediazione familiare imposta ad esempio dal giudice può

provocare una resistenza proprio per il modo in cui si determina in quanto investe i confini

dell’autonomia e della libertà individuale anche se è suggerita a scopo preventivo

Anche il Consiglio d Europa afferma che la M. F. non deve essere forzata.

OBBLIGATORIETA’ DELLA MEDIAZIONE FAMILIARE

La legge 6 febbraio 2006 n.54 sull’affido condiviso conteneva inizialmente una disposizione che

rendeva obbligatoria, in situazione giudiziale, la mediazione familiare. Questo passaggio contenuto

nella prima stesura della legge è stato successivamente cassato per cui le sollecitazioni e

l’informazione sulla m.f. rimangono facoltative e non definite da una specifica norma.

Infatti nell’art. 155 sexies della legge n.54 (Poteri del giudice e ascolto del minore) viene

chiaramente esplicitato questo aspetto che rimane tuttavia ancora una questione aperta e oggetto di

un acceso dibattito..

La mediazione familiare vista come obbligatoria aveva infatti suscitato la ferma reazione di

autorevoli studiosi nel campo della mediazione, non solo di quella familiare.

QUANDO INIZIARE LA MEDIAZIONE FAMILIARE

E’ giusto chiedersi quale potrebbe essere il momento più idoneo, più efficace per iniziare la

mediazione familiare.

La mediazione familiare può essere utilizzata nei vari momenti del processo di crisi:

A) nella fase della presa di decisione della separazione;

In merito a questo punto è bene precisare che ci riferiamo a coppie “separandi” ovvero a coloro che

oltrepassato il punto di non ritorno della loro storia, hanno avviato le pratiche per la separazione e

sono pertanto diversi da coloro che sono alle prese con delle crisi coniugali, litigi conflitti di coppia

ma non ancora in grado di fare valutazioni critiche e prendere decisioni sul loro futuro..

Questo è uno dei paradossi della mediazione familiare. Proprio per le sue finalità la M. F. ripone

,infatti,maggiori aspettative nelle coppie che si separano o sono già separate, piuttosto che in quelle

che ancora vivono insieme.

B) nella fase legale;

C) Nella fase post sentenza;

D)durante il processo di elaborazione psicologica del lutto;

E) in occasione della revisione dell’affidamento dei figli.

Ma indipendentemente dai modelli che vengono adottati in mediazione o dal fatto che essa sia resa

obbligatoria o volontaria, che sia in stretto collegamento con il tribunale o meno, che sia uno spazio

gratuito o remunerato dagli stessi utenti, tutti coloro che lavorano in questo ambito riconoscono

l’importanza, nell’intervento di mediazione, del fattore tempo.

Il tempo in questo contesto deve essere considerato sotto due profili:

1)pronta disponibilità della mediazione familiare;

2)necessità di una rapida soluzione.

Infatti per avere successo la mediazione familiare dovrebbe essere un servizio d’immediata

disponibilità per chi desidera avvalersene. Più brevi sono i tempi di raggiungimento di una

soluzione reciprocamente accettabile per i due clienti, più breve sarà l’indecisione e lo stress per i

genitori, cosi’ come pure meno impegnativo sarà il percorso di mediazione sia in termini finanziari

che emotivo.

Quello che abbiamo appena esposto riguarda l’aspetto positivo della precocità dell’intervento di

mediazione nel senso che un intervento tempestivo può aiutare a prevenire conseguenze gravi.

Tuttavia bisogna però anche aggiungere che il periodo che precede o segue immediatamente una

separazione spesso è un momento di crisi acuta per uno o per entrambi i partner e lo shock e la

tensione potrebbero essere troppo elevati per affrontare una mediazione familiare

Spesso le persone coinvolte in una separazione o in un divorzio sono sopraffatte dal dolore o dalla

perdita: un invito a sedersi a un tavolo per discutere civilmente su accordi futuri, rischia di essere

rifiutato per cause emotive.

I mediatori devono allora essere in grado di riconoscere lo stato di shock e di trauma a partire dal

quale la mediazione può essere opportuna o meno.

Quindi bisogna riflettere sul fatto che un intervento troppo precoce pone il rischio che vengano

prese decisioni premature, affrettate, proprio perché i partner non sono emotivamente pronti a

prendere decisioni.

Mediatori abili e coscienti, in questi casi, dovrebbero aiutare le coppie ad elaborare accordi

provvisori evitando di prendere decisioni a lungo termine per i quali in futuro potrebbero

pentirsene.

Generalmente gli avvocati vedono positivamente l’intervento di M.F.

Anche i magistrati, quelli più sensibili al problema possono inviare la coppia presso un Centro di

Mediazione,e in questo caso, di regola, rinviano l’udienza e ogni eventuale provvedimento.

Il mediatore familiare non ha però contatti diretti con le situazioni giudiziarie, sarà la coppia stessa,

infatti, a riferire al giudice sul lavoro di mediazione.

INCONTRI CONGIUNTI

Generalmente la mediazione familiare inizia con un incontro congiunto e prosegue sempre con

incontri congiunti. Non è condivisibile la scelta di accogliere, come routine, per la prima volta,i due

genitori per colloqui separati. Solo in casi eccezionali si può accettare un colloquio personale:

all’inizio della mediazione, quando ad esempio il mediatore percepisce qualche difficoltà in uno dei

due ex coniugi di tipo emotivo, allora in questi casi l’incontro individuale servirà a rassicurare,ad

incoraggiare ad abbassare il livello di tensione.

Anche l’opportunità di effettuare eventuali incontri separati, nel corso del processo di mediazione,

non viene condivisa da molti mediatori anche perché verrebbe a mancare la dinamica

dell’interazione,elemento indispensabile per poter effettuare le valutazioni necessarie.

Generalmente in mediazione non vengono redatte relazioni, ne formulate diagnosi. Ma se le

parti, per un qualche motivo, hanno intenzione di dare comunicazione sul percorso di mediazione lo

devono fare in prima persona. Tuttavia in alcuni contesti, su richiesta specifica dei due genitori

durante o al termine della Mediazione il mediatore può redigere un protocollo riguardante gli

accordi parziali o definitivi da loro decisi e il documento è noto come memorandum d’intesa.

BAMBINI E MEDIAZIONE

MEDIAZIONE SENZA BAMBINI

Generalmente sono esclusi dal percorso di mediazione i nuovi partner, la famiglia di origine e

i figli anche se già adolescenti. L’opportunità o meno che i figli partecipino direttamente agli

incontri di mediazione ha sollevato non poche controversie tra gli esperti dando origine cosi’ a

diverse scuole di pensiero.

Per alcuni infatti la corretta conduzione di un intervento di mediazione deve rispettare la regola

dell’esclusiva partecipazione dei due separati, e il setting della mediazione viene visto,in

quest’ottica come territorio dove i due adulti si confrontano da soli sulle loro idee.

Questa è l’impostazione ad esempio del Centro G.E.A. di Milano e della Scuola di formazione in

M.F. di Firenze dove gli operatori lavorano solo con i genitori.

Questi mediatori considerano inutile, se non addirittura dannoso, far partecipare i figli agli incontri

di mediazione perché in tal modo, attraverso il diretto coinvolgimento nelle dinamiche relazionali e

problematiche dei genitori, essi verrebbero ulteriormente esposti a pericolose sollecitazioni emotive.

Per questi mediatori dunque i bambini devono essere esclusi dalla mediazione familiare in quanto si

ritiene che essi debbano essere sollevati dal carico emotivo di un conflitto che non appartiene a loro

piuttosto che essere vittime o testimoni sofferenti.

E’chiaro che, anche se in molti contesti di mediazione, i figli non partecipano fisicamente a questo

itinerario, la centralità dei figli è permanente e costante.

Tuttavia anche coloro che lavorano esclusivamente con i genitori prevedono delle eccezioni a

questa regola: ci possono essere, infatti, bambini ad esempio, particolarmente provati dalla

separazione dei genitori, angosciati all’idea che i genitori possano litigare ancora per causa loro

senza poterli controllare.

In questi casi allora, e cioè, di fronte alla sofferenza dei minori, sarà utile pensare ad uno spazio ad

hoc transitorio, dove il loro desiderio possa essere accolto. Il coinvolgimento diretto dei figli, anche

se occasionale, sarà comunque sempre concordato con i genitori e potrà servire anche come

opportunità educativa per i genitori stessi.

I bambini verranno fatti entrare coi genitori nella stanza dei colloqui, potranno esplorare

l’ambiente,conoscere l’esperto ed essere rassicurati. In tale circostanza l’incontro dovrà essere

condotto concentrandosi non sul figlio presente, ma lavorando sempre con i genitori, inviando però

costantemente il segnale che lui è considerato presente a tutti gli effetti; ed anche se non è coinvolto

direttamente, è libero di vedere, ascoltare, interloquire, ma sollevato da ogni responsabilità.

Nella visita, l’incontro con tutta la famiglia naturale,e i genitori che parlano pacatamente può

essere una fonte di sollievo. Il mediatore dirà al bambino che potrà tornare ogni volta che lo

desidera. Di solito nei bambini accade che, una volta osservato l’oggetto delle loro fantasie

negative, il bisogno di assistere, di partecipare scompare

Il congedo dal bambino deve essere simile alle fasi iniziali della mediazione: il mediatore si esprime

dicendo di avere avuto piacere di conoscerlo. Rispetto alla possibilità che egli possa tornare si può

usare la formula :”se dovesse capitare che vuoi tornare, a me farà molto piacere” In questo

modo si lascia al bambino la libertà di decidere o meno di ritornare.

Se nel corso della M.F. il mediatore si rende conto che la sofferenza dei figli è particolarmente

preoccupante nel senso che insorgono sintomi patologici, mai evidenziati prima si potrà decidere di

interpellare un neuropsichiatria dell’infanzia o uno psicologo.

Ci sono poi mediatori che pur lavorando solo con i genitori considerano utile far venire i figli nella

fase di restituzione di un buon percorso di mediazione cioè alla fine.

Questa scelta ha lo scopo di ritualizzare quanto è stato fatto,e viene considerata dal mediatore una

valida occasione per i due genitori, i quali possono dire insieme, ai figli,quali sono stati gli accordi

presi per loro, in altri termini, è un’opportunità per dare loro ascolto, per riconoscere loro bisogni.

MEDIAZIONE IN PRESENZA DEI FIGLI

A fronte di questa impostazione c’è quella poi che considera opportuno la presenza dei figli in tutto

il percorso di mediazione perché questo consentirebbe loro di partecipare attivamente all’analisi

delle relazioni familiari e al loro processo di cambiamento.

La presenza dei figli agli incontri di mediazione, per i sostenitori di questa tesi, offre, inoltre, ai

genitori l’occasione di prendere reale coscienza dei vissuti emotivi dei figli e di comprendere le loro

più profonde esigenze emotive. Questo è l’orientamento, ad esempio, della Sezione di Mediazione

Familiare della Facoltà di Psicologia di Roma dove i mediatori che lavorano in tale struttura

includono i figli, soprattutto se adolescenti, nel percorso di mediazione sin dall’inizio. Essi

sostengono che la loro presenza aiuta a defocalizzare il setting dal conflitto coniugale e a

concentrare l’attenzione più sulla responsabilità genitoriale.

In sintesi possiamo concludere che indipendentemente dal fatto di far partecipare o meno i figli

al percorso di mediazione (abbiamo visto che questo è legato essenzialmente all’impostazione

e ai modelli teorici di riferimento di ogni mediatore) la mediazione familiare è centrata in ogni

caso sempre sui bambini e il lavoro che si fa in mediazione è sempre finalizzato al benessere e

alla serenità dei figli. Ciò vuol significare che i figli, pur assenti fisicamente,sono presenti nelle

rappresentazioni mentali e affettive dei genitori e il mediatore lavora con queste

rappresentazioni.

Il lavoro sui bambini non è indirizzato alla stesura di un accordo, di un’intesa riguardante, ad

esempio, chi deve avere l’affidamento dei figli. Il lavoro sui bambini è finalizzato a pensare, a

riflettere,a riorganizzare a progettare e ridisegnare la quotidianità dei figli destabilizzata

dalla separazione dei genitori..

:La Mediazione come lavoro interdisciplinare.

La mediazione prevede strutturalmente il riferimento anche ad altri professionisti mirando ad

affrontare le difficoltà della separazione in un’ottica interdisciplinare: avvocati, terapeuti,

esperti in scienze dell’educazione, e problemi finanziari.

Si tratta quindi di una attività che richiede la capacità di ascoltare e comprendere il

linguaggio di competenze diverse e di inserire il proprio lavoro nell’ambito di percorsi

caratterizzati da connotazioni spesso in conflitto tra di loro. Si potrebbe dire che la prima,

forse più importante mediazione è proprio quella che avviene nel modo di operare e integrarsi

di professionisti di aree diverse.

LA SEDE E GLI SPAZI

In termini logistici dove può essere effettuata la mediazione familiare e quali caratteristiche

dovrebbero avere gli spazi dove essa viene attuata.

GLI SPAZI.

L’ambiente deve essere innanzi tutto sicuro, riservato e accogliente, libero da elementi di disturbo e

con attrezzature appropriate, possibilmente con aree di attesa separate e un minimo di due stanze in

modo che le coppie che si rivolgono alla mediazione possono avere incontri separati, se necessario.

Se si prevede la presenza di bambini dovrebbero essere disponibili per loro attrezzature specifiche

compresi materiali di gioco per tutte le età.

Un ufficio non è la sede adatta per degli incontri di mediazione familiare e un mediatore non

dovrebbe mai sedere dietro una scrivania. Una sistemazione a cerchio, invece. con sedie

posizionate a una distanza adeguata l’una dall’altra e rivolte verso il centro permetterà di evitare

posizioni privilegiate o di svantaggio dando la possibilità al mediatore di mantenere lo stesso

contatto visivo con entrambe le parti.

SEDE.

Per gran parte degli autori, sulla base anche di confronti tra diverse realtà operative, è efficace

collocare il servizio di mediazione familiare all’interno di un tessuto di servizi per la famiglia che

costituiscono una risorsa per il territorio, a portata di mano, radicata nei luoghi di vita della persona,

ai quali esse possono rivolgersi spontaneamente anche con facilità o dove altri professionisti

possono inviare senza problemi.

In pratica i luoghi dove si possono svolgere gli incontri di mediazione familiare sono:

1) I SERVIZI PUBBLICI. A questo livello mediatori del servizio accettano richieste di questo

tipo. Oppure possono ricevere l’incarico dal tribunale. Quasi mai sono i separarti a richiedere la

mediazione per loro iniziativa.

2) I CENTRI PRIVATI. Questi si organizzano da soli o in strutture connesse ad Associazioni,

Istituti o Scuole di formazione. In ogni caso è opportuno privilegiare strutture che prevedano servizi

selettivi per le famiglie come ad esempio Centri di psicoterapia familiare e della coppia,centri di

aiuto alle madri sole o per separati,

INTERRUZIONE DELLA MEDIAZIONE.

Durante il percorso di M-F. possono verificarsi condizioni che determinano l’interruzione della

mediazione e ciò può accadere su decisione di una o di entrambe le parti o per decisione del

mediatore familiare. In questi casi parliamo di fallimento della mediazione.

FALLIMENTI

Anche in mediazione si può sperimentare il fallimento.

I fallimenti possono verificarsi lungo tutto il percorso anche dopo molti incontri. Essi possono a

volte derivare da eventi fortuiti e imprevedibili, ma più spesso i fallimenti dipendono da

fattori esterni (come l’intrusione dei nuovi partner, familiari e amici)

fattori interni al sistema separato ( come l’eccessiva conflittualità della coppia) .

INTRUSIONI

L’intrusione di elementi estranei alla vicenda separativa costituisce indubbiamente un elemento di

disturbo particolarmente significativo e può rappresentare una delle cause più importanti del

fallimento di un percorso di mediazione.

Sin dall’inizio della separazione possono insorgere, infatti, delle difficoltà dovute a fattori esterni:

tali fattori sono rappresentati dalle intrusioni di terzi esplicitamente ostili al dialogo e coinvolti in

vario modo nella vicenda separativa: (nuovi partner,ad esempio,gli avvocati, le famiglie d’ origine i

figli stessi)

.Diventa allora fondamentale curare la libertà dei due ex coniugi rispetto a tutti: il mediatore

definirà pertanto subito sia la propria autonomia sia quella dei due convenuti.

Esaminiamo più dettagliatamente le componenti extrasistemiche che possono complicare la

situazione attraverso un fenomeno d’induzione, intendendo con questo termine l’intrusione

dall’esterno di personaggi più o meno interessati alla vicenda .

Il processo di mediazione familiare può subire interferenze innanzitutto

1) dagli avvocati . A volte gli avvocati possono interferire con il percorso di mediazione

attraverso un atteggiamento di controllo sulla situazione,suggerendo al cliente,ad esempio,

un comportamento combattivo per vincere la disputa o consigliandolo di non esporsi

parlando per prima, o ancora suggerendogli di diffidare di fronte a qualsiasi proposta di

accordo.

2) 2)i nuovi partner. Generalmente il nuovo o la nuova compagna vengono percepite come

persone disposte a tutto, pronte anche a distogliere l’affetto dei figli. In questi casi di fronte

a tali sospetti possono nascere accuse di plagio o il rifiuto di prendere in considerazione ogni

proposta di compromesso.

3) 3)il mediatore. In una relazione d’aiuto quale è la mediazione familiare,può accadere che il

mediatore si senta bloccato ed avere di conseguenza difficoltà di relazione con uno dei

partecipanti: sentimenti di irritazione o di antipatia possono impedire al mediatore di

mantenere un equilibrio e pensare in modo creativo. Può anche succedere che il mediatore

si lasci coinvolgere eccessivamente dal processo rischiando di schierarsi con una delle due

parti e diventare cosi’parziale e poco obiettivo.

4) I parenti. In genere i familiari dei due separati partecipano emotivamente a tutte le

dinamiche della separazione e ne restano spesso invischiati con conseguenti ripercussioni

negative sull’intera vicenda. Ciò dipende molto spesso dal fatto che con la separazione c’è

un ritorno alle famiglie d’origine, un ritorno alla dipendenza affettiva e al bisogno di

protezione. Si creano cosi’ schieramenti, alleanze e si mobilitano risorse destinate ad acuire

pesantemente le conflittualità invece di arginarle.

CONCLUSIONE DELLA MEDIAZIONE

In genere ci si congeda dalla coppia genitoriale in modo più o meno definitivo molto sottolineando

il compimento di un percorso.

La mediazione può anche finire prima di avere completato il suo corso, senza alcuna base per un

accordo, ma questo non significa che non ci siano stati progressi.

Anche quando esistono proposte di accordo su tutte le questioni,e la mediazione può ritenersi

conclusa, solitamente i mediatori offrono un ulteriore appuntamento, se necessario, per rivedere le

soluzioni, per discutere meglio le proposte e per affrontare gli eventuali cambiamenti avvenuti nel

frattempo.

A volte può capitare che alla proposta del mediatore di concludere la mediazione uno dei due

genitori o entrambi, manifestino una certa riluttanza. Ciò può essere spiegabile con il fatto che

questo può comportare la fine del coinvolgimento attivo tra le parti nella coppia e di conseguenza

può intensificare la sofferenza per la fine del matrimonio. Ma è necessario che ci sia una fine, che ci

si distacchi.

La conclusione del rapporto tra il mediatore e i due separati,anche se possono essersi instaurati dei

legami emotivi non è mai troppo difficile:l’assenza di problematiche gravi e la relativa brevità del

percorso di solito rendono questo momento abbastanza facile. Ma ciò dipende anche dalle capacità

del mediatore Un mediatore attento e professionalmente valido,infatti, si adopera per non sviluppare

dipendenza e sentimenti di gratitudine ma punta molto sull’attivazione delle risorse personali dei

due genitori dandogli un ruolo attivo e da protagonista.

Generalmente le conclusioni di un percorso di mediazione vengono riferite dai clienti al Giudice

(ove questo l’abbia disposta) o agli avvocati, ma non direttamente dai mediatori, i quali sono

vincolati dal segreto professionale. Anche su questa questione i pareri sono discordanti

. Da parte di molti si sostiene l’opportunità di un documento finale ufficiale sugli accordi presi,

sottoscritto dalle parti e dallo stesso mediatore,da consegnare,o da utilizzare come impegno con

valore legale. In ogni caso si tratta di un intervento ben lontano da un qualsiasi accertamento

peritale ed è implicita la posizione extragiudiziale assunta dal mediatore.

Un processo di mediazione familiare, con un iter normale, si definisce concluso quando i due

genitori approdano a delle intese molto concrete e precise sull’organizzazione della vita dei

figli e coincide con il raggiungimento e con l’applicazione delle nuove regole di funzionamento

che sono state concordate.

E’chiaro che la M.F. non si risolve con la semplice adozione di comportamenti nuovi. Di solito

avviene una rimessa in gioco dei rapporti, degli stati d’animo e degli atteggiamenti reciproci

ma soprattutto viene attivata la disponibilità a mantenere un canale aperto di comunicazione

quanto più possibile stabile.

Fedele alla sua definizione il processo di mediazione può concludersi con un maggior livello di

comprensione e di tolleranza e con una nuova presa di coscienza dei propri schemi

irrigiditi.dagli eventi

Concludere positivamente la M.F non significa fare pace nel senso di una riconciliazione ma

semplicemente acquisire la capacità di agire nel rispetto reciproco per una migliore tutela dei figli

MEMORANDUM D’INTESA

L’atto formale che definisce in modo chiaro la fine della mediazione è rappresentato dalla

stesura di un documento, il memorandum d’intesa e il resoconto aperto sulle informazioni

finanziarie.

In molti paesi il memorandum d’intesa è accettato come documento ufficiale che i clienti della

mediazione familiare sono incoraggiati a discutere con i loro avvocati. Esso riassume i termini

degli accordi provvisori raggiunti in mediazione,sui quali è necessaria la consulenza

legale,prima che i partecipanti si avventurino in un accordo legalmente vincolante. Essendo

un documento legalmente privilegiato,il memorandum non può essere rivelato in tribunale a

meno che entrambi le parti non diano il loro consenso esplicito.

AZIONE PREVENTIVA DELLA MEDIAZIONE FAMILIARE

La Mediazione familiare oltre ad avere una dimensione curativa e risolutiva del conflitto ha anche

una sua dimensione preventiva nel senso che essa può rappresentare in molti casi una esperienza di

riflessione, di pausa, di elaborazione dei vissuti e contribuire così ad evitare acting-out pericolosi,

suicidi, omicidi volontari e involontari, stati ansiosi e depressivi gravi. L’uso del linguaggio può

infatti funzionare da contenitore dell’angoscia.

L’uso del linguaggio, del verbalizzare che in mediazione assume la funzione di contenitore

dell’angoscia è infatti un’esperienza unica e forse irripetibile nel senso che agli adulti e, nei casi

specifici, ai bambini, a seconda dell’età, viene offerto uno spazio, un luogo di parola, dove la

sofferenza conseguente allo strappo di un legame, i sentimenti e le emozioni spesso innominabili e

inconfessabili; possono essere tradotti in parole.

IL processo di aiuto passa dunque attraverso il linguaggio nel tentativo di riaprire canali

comunicativi occlusi o distorti da esperienze di sofferenza comune.

ESERCITAZIONE PRATICA

Un caso di M.F. Come intervenire.

Due genitori separati da circa un anno (Francesco e Gilda) arrivano alla M. F. su invio di

un’ass.sociale Il figlio Davide di 8 anni è stato affidato al padre col consenso della madre che ha

instaurato una nuova relazione affettiva. Francesco si è sistemato con il figlio nella casa dei suoi

genitori. All’inizio non ci sono stati problemi e il bambino si recava regolarmente dalla madre

. La vicenda ha avuto una svolta quando il nuovo compagno della madre si è trasferito da lei Da

quel momento Davide lo trova sempre in casa quando va dalla madre.

Il contenzioso tra i due ex coniugi riguarda il fatto che Francesco disapprova i contatti tra il figlio e

il nuovo compagno della madre affermando che la vicinanza di questa figura, prematura,a suo

parere, rischia di diventare per il bambino una figura alternativa alla sua.

La madre, d’altra parte, sostiene che il suo compagno non turba il figlio e che entrambi hanno

sempre mantenuto un comportamento corretto.

Nonostante queste rassicurazioni da parte di Gilda.,due ex coniugi litigano aspramente .Francesco

di conseguenza comincia ad andare a riprendere il bambino in orari sempre più anticipati e a trovare

scuse sempre diverse per non mandarlo dalla madre. Gilda lo accusa di ingerenze e di turbare il

figlio. In realtà non si sono osservati sintomi o anomalie comportamentali nel minore ma Francesco

insiste per chiedere al tribunale una modifica delle condizioni di visita.

In terza seduta il padre improvvisamente afferma di non ritenere più possibile continuare con gli

incontri di mediazione perché il figlio piangendo disperatamente gli ha più volte chiesto cosa

andava a fare a queste riunioni; e nonostante Francesco abbia tentato di spigargli che si trattava di

incontri tranquilli con la mamma, Davide è convinto che si tratti di qualcos’altro e dice al

padre:”voi andate in quel posto per picchiarvi…..” A questa notizia Gilda reagisce in modo

ambivalente,in un primo momento si dichiara preoccupata dicendo che il bambino è molto sensibile

e certamente sta male,ma subito dopo inserisce un giudizio sull’ex marito.

Gilda:”se il bambino ha queste paure è perché ti ha visto più volte aggressivo verso di me. Poi

aggiunge : “sarebbe forse meglio chiedere direttamente a Davide se sta davvero male o se è

una scusa di Francesco per interrompere gli incontri di mediazione e continuare ad

attaccarmi per togliermelo del tutto.”

Francesco si arrabbia e dice:”io mi sforzo di tenere bene, sereno questo bambino e tu d’accordo

con quell’altro sei buona solo a farlo soffrire.

L’escalation simmetrica è in atto.

A questo punto il mediatore che comportamento dovrà adottare.?

Di fronte alla sofferenza del bambino che cosa è più opportuno?

Come il mediatore si relazionerà con i due genitori?

Su cosa focalizzerà l’attenzione dei genitori per attenuare la conflittualità?..

FASI DELL’NTERVENTO DEL MEDIATOREI

Il primo passo da attuare,presa coscienza della sofferenza del bambino, è quello di convocarlo.

Il successivo passo sarà quello di comunicare ai due genitori la sua decisione e valutarla insieme

concordando tempi e modi.

Il mediatore potrà dire:””Penso che il vostro Davide sia assalito dalla paura di perdervi. A mio

parere non è importante in questo momento stabilire chi ha torto o ragione in quanto il

bambino soffre,soffre da quando ha perso i suoi genitori,Mi sembra invece più opportuno

trovare insieme delle soluzioni. Penso che sarà utile che la prossima volta lui venisse qui con

voi . Potreste trovarvi al portone e salire insieme. Gli direte tutti e due che io ho,espresso il

desiderio di conoscerlo. Una raccomandazione, quella mattina saremo tre terapeuti che

aiutano un bambino. Voi dovrete attuare, per il suo bene, una tregua ai vostri litigi,una pausa

Subito dopo potrete ricominciare da capo.

L’INCONTRO:

Davide arriva tenendo per mano il padre. Sono state preparate quattro poltroncine .Il bambino è

imbarazzato. Il mediatore gli va incontro e gli stringe la mano Dice. “tu sei Davide, io sono

Giovanni, abbiamo parlato molto di te.

Interviene il padre:”hai visto è tutto tranquillo.

Interviene la madre : siamo qui per te… cosi’ non avrai più paura…..

Il mediatore a questo punto deve agire tenendo in considerazione la presenza del minore senza però

coinvolgerlo direttamente nella dinamica relazionale con i genitori.

Potrà dire al bambino: “Senti io adesso devo chiedere alcune cose ai tuoi genitori, tu potrai

alzarti se vuoi, ci sono dei fumetti su quel tavolo puoi guardarli se ti fa piacere. Se vuoi

chiedermi qualcosa fammi un segno con il dito”. Poi si rivolge alla madre::”signora Gilda non

le ho ancora chiesto una cosa importante,mi racconti della nascita di Davide”

Questa domanda ha lo scopo di stemperare la tensione tra i due ex coniugi e li conduce

gradualmente a spostare l’attenzione dal conflitto sul figlio Inoltre con l’inizio del nuovo argomento

portato avanti con una certa pacatezza, trattandosi di ricordi belli per entrambi,Davide viene aiutato

a rasserenarsi e a spostare la sua attenzione altrove.

In questi casi molto dipenderà dall’abilità del mediatore riuscire a segnalare al bambino

l’importanza della sua presenza e il rispetto che è portato alla sua persona, nello stesso tempo gli

viene inviata la precisa informazione che non accade niente che lo possa preoccupare

FIGURA DEL MEDIATORE FAMILIARE E SUO RUOLO.

Figura del mediatore familiare dal punto di vista giuridico

Allo stato attuale la figura del mediatore familiare in Italia non è ancora riconosciuta sul piano

giuridico. ed anche l’applicazione della mediazione familiare è caratterizzata da un grande e

diversificato proliferare di iniziative .Solo in Gran Bretagna e Norvegia la M.F. è già regolamentata

in modo specifico A livello europeo ci troviamo di fronte ad uno scenario abbastanza variegato e

complesso e tutti riconoscono a riguardo l’importanza e la necessità di dare sistematicità e ordine

nell’applicazione di questo strumento

Un momento importante del tentativo di dare un assetto organico alla m.f.. è la formulazione nel

1992 della Charte Europeenne de la formation des mèdiateurs familiaux dans les situations de

divorce et separation.

La Carta Europea, cui aderiscono numerosi paesi quali Germania, Belgio, Francia, Gran Bretagna,

Svizzera, Italia, quest’ultima rappresentata dalla Ass.GEA di Milano, ha lo scopo di garantire

ordine, coerenza, omogeneità, professionalità in un panorama quale è quello attuale..

Un altro passo importante in questo senso è stato compiuto con la costituzione del Forum Europeo

per la formazione e la ricerca in M.F. avvenuta a Marsiglia nel 1992

I mediatori che attualmente in Italia lavorano nel campo della M.f. utilizzano come criterio di

riferimento per il loro lavoro il codice deontologico della mediazione familiare presentato per

l’approvazione all’Assemblea dell’APMF a Lione nel 1998. Esso è conforme alla Carta Europea di

formazione dei mediatori familiari che l’APMF ha messo in atto dal 1992.

Figura del mediatore familiare dal punto di vista tecnico professionale.

I mediatori hanno stili personali diversi. Alcuni hanno un approccio molto

professionale,mantengono il ritmo e sono “problem solving” solutori di problemi, efficaci,tuttavia

possono perder uno o più partecipanti a causa della loro mancanza di calore e di considerazione per

i sentimenti.

Altri invece sanno trattare meglio con le persone, hanno un ritmo più lento e hanno spiccate

capacità terapeutiche, però possono essere meno capaci nell’analizzare le informazioni e

nell’elaborare soluzioni concrete.

I mediatori più abili sembrano quelli che riescono ad integrare l’abilità nei rapporti interpersonali

con quella di problem solving.

La figura del mediatore è una figura centrale, fondamentale per il lavoro di mediazione.

Chi è il mediatore.

Il mediatore è innanzitutto un professionista qualificato, equidistante che accoglie i coniugi in un

luogo discreto e accogliente; è un operatore con una formazione specifica capace di destrutturarsi

rispetto alla propria competenza precedente. Ciò vale soprattutto per gli psicologi, terapeuti che

rischiano di essere interpretativi e prescrittivi (dettano o impongono regole). Per questo motivo non

è affatto accettabile il luogo comune secondo il quale solo gli psicologi in quanto esperti della

relazione possono avere la capacità di fare mediazione. In mediazione c’è bisogno di uomini e

donne liberi da fantasmi e ortodossie di ogni sorta, capaci di svincolarsi dal loro sistema teorico di

riferimento.

Le figure professionali che possono diventare mediatori sono tracciate dalla Carta Europea che è a

tale riguardo molto aperta: esperti di diritto, psicologi iscritti all’albo, educatori laureati in scienze

dell’educazione, assistenti sociali, che devono aggiungere alla loro preparazione di base stages di

formazione distribuiti su due anni per acquisire la metodologia specifica della mediazione. Per molti

le figure più avvantaggiate per svolgere questa attività sono quelle che dispongono di una

preparazione secondo l’indirizzo relazionale.

La formazione del mediatore è una formazione lunga e rigorosa che verte sulla gestione dei

conflitti, sull’evoluzione sociologica della famiglia, sul quadro legale, e soprattutto sulla

separazione e il divorzio.

Poichè la mediazione familiare non può esistere al di fuori di un quadro legale, la formazione deve

riguardare anche la collaborazione tra magistrati, avvocati, operatori sociali, notai, psicologi e

consulenti familiari. Tutti coloro che a vario titolo si occupano di mediazione familiare concordano

nell’affermare che non basta quindi una laurea, una specializzazione, una terapia personale per

poter diventare buoni mediatori.

Oggi, in verità, proliferano i mediatori ma è sempre più evidente il rischio che alcuni individuino in

questa figura professionale semplicemente un nuovo mestiere lucroso, un’occasione per riciclarsi a

basso costo, e a trasformare la mediazione in una nuova promessa miracolistica.

Per molti la m. f. è sia una scienza che un’arte e i mediatori hanno bisogno di un insieme di

conoscenze, comprensione umana e abilità particolari per aiutare la coppia ad affrontare la

separazione o il divorzio,per impegnarsi in un dialogo e per elaborare modalità di accordo valide

anche per il futuro per loro e per i loro figli.

Quando la m.f. è vista come scienza l’attenzione viene posta sulla necessità di avere::

1) padronanza intellettuale della M.F. intesa come processo razionale in cui si raccolgono

fatti,si identificano le opzioni possibili;

2) competenza in campo legale e finanziario;

3) conoscenza ed esperienze di accordi relativi al divorzio;

4) tecniche di negoziato e contrattazione che comportano logica e razionalità

Quando la M.f, è vista come arte occorre guardare soprattutto all’importanza dei seguenti aspetti:

1) empatia,comprensione intuitiva e capacità di occuparsi delle persone;

2) maturità ed esperienza di vita,non solo conoscenze derivate dallo studio;

3) abilità nel gestire le situazioni di crisi;

4) uno stile di lavoro personale e flessibile che renda possibile variare la struttura e l’andatura

del processo secondo la dinamcità della coppia e della famiglia.

5) un interesse per la famiglia :nel suo insieme dove i buoni rapporti e la cooperazione fra i

membri vengono considerati più importanti dell’accordo in se;

6) l’abilità nella comunicazione, un uso del linguaggio coinvolgente e la capacità di tradurre e

interpretare.’

Il lavoro di mediazione presuppone dunque che il mediatore oltre alle conoscenze teoriche e

competenze tecniche specifiche acquisite con la formazione abbia anche alcune caratteristiche

personali.

Il mediatore dunque:

1) deve avere capacità di ascolto

Ciò vuol significare che deve lasciare spazio ai due genitori di esprimersi liberamente di

raccontarsi,ed intervenire solo se necessario;

2) deve avere equilibrio emotivo

In mediazione si lavora all’interno di un contesto incandescente, di grande tensione emotiva per cui

diventa necessario mantenere un comportamento equidistante dalle conflittualità della coppia

Infatti, lavorando con la famiglia in crisi il mediatore si confronta inevitabilmente con i suoi ricordi,

con i suoi vissuti, con le sue figure parentali, con la sua storia personale;

4) deve essere creativo

Per creatività del mediatore si intende la capacità di accompagnare la coppia genitoriale nel loro

percorso di reinventarsi o scoprire soluzioni nuove per risolvere i loro conflitti;

5) deve essere libero da preconcetti e pregiudizi

Il mediatore come tutti prova dei sentimenti,ha una sua storia , un bagaglio personale di esperienze

che possono creargli pregiudizi e renderlo spesso parziale. Il suo sforzo sarà quello di lavorare per

superare questi limiti e raggiungere gli obiettivi comuni ai tre protagonisti: vivere meglio e più

pacificamente con i propri figli;

6) deve essere autorevole

L’autorevolezza del mediatore si esprime con la sua capacità di riuscire a bloccare l’inizio di un

conflitto tra i due genitori (evento più che probabile in mediazione).Di fronte a due genitori litigiosi

si deve rimandare un’immagine di neutralità e autocontrollo. attraverso la capacità di saper

bilanciare gli interventi offrendo ad entrambi i genitori, in modo equo, la possibilità di intervenire.

Nella separazione infatti non c’è mai un rapporto paritario tra i due coniugi e il rischio di

prevaricare è alto. Il buon mediatore .si adopera per far emergere il padre e la madre;

7) deve essere neutrale e indipendente.

Il mediatore deve mantenere una posizione neutrale evitando in modo assoluto di esprimere giudizi

e di schierarsi in modo più o meno esplicito a favore di una delle parti. Ciò significa che il

mediatore:

A) non è di parte ma equidistante e concede a tutti e due i partecipanti le stesse attenzioni e

gestisce il processo in modo equilibrato.

B) non ha interessi personali rispetto all’esito del processo.

C) non si lascia manipolare, ma assumerà di volta in volta il punto di vista del bambino, della

madre o del padre. La minima percezione di una preferenza del mediatore verso l’uno o l’altro dei

genitori può fare abortire la mediazione

Essere indipendente vuol significare che il mediatore rifiuta ogni delega di decisionalità nel senso

che non prende decisioni per i due coniugi ma li aiuta a ricercare soluzioni adeguate ai problemi

concreti che si vengono a determinare con la loro separazione.

Poiché lavoriamo all’interno di contesti relazionali appare abbastanza difficile per il mediatore

riuscire ad operare in modo assolutamente asettico evitando cioè di influenzare non solo il modo in

cui le parti negoziano, ma anche il contenuto del loro negoziare .In altri termini è impossibile che il

mediatore non porti i propri valori nel processo di mediazione influenzandolo..

8) deve essere il depositario delle regole

Il mediatore è il custode delle regole del setting.

Molti mediatori prima ancora di iniziare la mediazione informano i genitori che in mediazione ci

sono regole che vanno rispettate. L’esperienza dimostra che la maggior parte dei partecipanti

apprezza il fatto di sapere che esistono delle regole.

Ad es

A) .il mediatore fa in modo che venga rispettato l’orario e non inizia mai la seduta se entrambi i

genitori non sono presenti.

B) a ogni partecipante sarà dato un tempo sufficiente per spiegare le proprie posizioni e per

esprimere le proprie preoccupazioni;

C) a ogni partecipante verrà chiesto di ascoltare l’altro senza interruzione.( solo il mediatore ha la

facoltà di interrompere, se necessario),.

D) ogni partecipante verrà informato che non sono ammesse discussioni o contatti individuali,

neppure telefonici, se non per modificare la data o l’ora dell’incontro successivo.

9) deve rispettare il segreto professionale

Il mediatore si fa carico di non riferire ai giudici o avvocati tutto quello che accade in mediazione

familiare. Infatti sono i genitori che devono portare all’esterno i risultati della mediazione; dal

momento in cui il mediatore incontra i genitori entra immediatamente in “segreto professionale”. Se

l’avvocato interpella il mediatore familiare per sapere ad esempio chi è venuto all’appuntamento

verrà informato dal mediatore stesso sui vincoli del lavoro di mediazione.

10) deve essere un facilitatore della comunicazione per creare un clima relazionale efficace

Aiuta i due partners a tirar fuori gli aspetti più sani, le capacità meno conosciute dell’altro e rinforza

le abilità emerse;

11) deve avere una progettualità

La progettualità è finalizzata al raggiungimento di accordi tra le due parti;

13) Lavora sul futuro.

In mediazione si discute sul futuro e poco del passato. Hynes dice che “più il mediatore si sofferma

sulle storie iniziali più rimane intrappolato nella disputa su un passato che non può cambiare, e ciò

aumenta la frustrazione e il senso di impotenza dei clienti”. Ciò non vuol dire che si possa negare il

“prima,”ne’ il mediatore può contestare,soprattutto nelle prime sedute, un richiamo a momenti

dolorosi o drammatici. Si dovranno gestire queste evenienze con professionalità

14) deve avere rispetto della libertà dell’altro

La mediazione esige di non decidere per altri ma di fare in modo che i due antagonisti esercitino la

propria libertà e trovino essi stessi la soluzione al blocco o alla distorsione della comunicazione che

li affligge. Il mediatore non porta mai la soluzione ma promuove, senza sostituirsi ai genitori il

libero progredire di nuovi equilibri;

12) deve avere la consapevolezza di essere solo

Benché la mediazione sia considerato un lavoro interdisciplinare ovvero di collaborazione con altre

figure professionali il mediatore, di fatto, lavora in perfetta solitudine; deve affrontare e risolvere da

solo i suoi momenti di crisi, il senso di impotenza che a volte emerge quando la situazione appare

particolarmente difficile, bloccata nella sua evoluzione. Il mediatore deve imparare a fare i conti

con i suoi sentimenti di frustrazione;

15) fa buon uso delle parole

Questo aspetto richiederebbe una trattazione particolare perché è riferita ad una competenza ben

specifica del mediatore. Il linguaggio è uno dei principali strumenti di comunicazione e i mediatori

sono comunicatori che necessitano di capacità particolarmente buone, per utilizzarlo in modo

positivo,utile e preciso. In mediazione familiare più che in qualsiasi altro contesto terapeutico le

parole hanno un peso Pertanto è opportuno:

A) Impiegare un linguaggio semplice. Quando siamo sotto stress la nostra capacità di

assimilare informazioni è limitata, utilizzare un linguaggio chiaro e semplice rende più

facile la comprensione.

B) Impiegare un linguaggio positivo. Dinanzi a persone in conflitto tra loro è particolarmente

importante utilizzare un linguaggio positivo. Un messaggio verbale può disinnescare o

intensificare il conflitto a seconda di come è espresso .I genitori che si separano sono molto

sensibili all’uso del linguaggio. Ad esempio è meglio parlare delle loro preoccupazioni per i

figli piuttosto che di dispute sui figli e di sostegno per i bambini piuttosto che di

mantenimento. Cosi’ com’è preferibile utilizzare il termine “genitori”anziché coppia,

marito, o moglie. In mediazione infatti bisogna sempre focalizzare l’attenzione sull’attività

e sul protagonismo dei genitori.

C) Non porre domande dirette. Il mediatore dovrà evitare domande del tipo :”cosa è

successo?; oppure:”cosa non funzionava quando vi siete separati?”

D) Ripetere e riassumere. Ripetere le cose dette da ogni persona usando le stesse parole è

importante nella mediazione per varie ragioni:dimostra innanzi tutto che c’è stato un ascolto

attento e la volontà di capire, offre a ognuno l’opportunità di confermare o correggere se

necessario quanto espresso..

15) non teme di giocare a carte scoperte

Il mediatore dovrà sforzarsi di fare appello ai genitori come individui adulti responsabili;

Dovrà dunque evitare tutte quelle tecniche, quei comportamenti e atteggiamenti che conducono

all’infantilizzazione dei genitori, la scarsa chiarezza degli obiettivi, il linguaggio gergale, l’eccesso

di autoritarismo o di permissivismo. I più esperti tra i mediatori in attività concordano nel

sottolineare che il mediatore non ha autorità né potere. Non risponde a nessun altro del suo operato

se non a se stesso e ai genitori che gli si sono rivolti..

L’esigenza etica di non avere potere richiede dunque mediatori solidi, sereni, che accettino di essere

soli, indipendenti, ausiliari delle persone che assistono. La sola autorità, in fin dei conti, che si

esprime nella mediazione è l’autorità morale del mediatore che non è data dal pur necessario pezzo

di carta ma dagli altri.

Riassumendo potremmo così riconoscere al mediatore alcuni compiti particolari, isolabili per motivi

illustrativi, ma che ovviamente s’intrecciano nel lavoro con la coppia:

1) facilitare la comunicazione nella coppia. Il mediatore non è un solutore di controversie ne’ un

suggeritore di soluzioni ma un facilitatore di comunicazione sufficientemente sana tale da favorire

la ricerca di accordi spontanei.

2) facilitare l’espressione dei sentimenti connessi con gli eventi e le decisioni da prendere.

3) fornire il sostegno necessario, far prendere coscienza del modo con cui ciascuno gestisce i

conflitti.

4) far prendere coscienza delle risorse disponibili per la soluzione del conflitto.

5) facilitare la presa in considerazione di tutte le opzioni possibili, che già sono presenti nella

coppia.

6) proporre nuove soluzioni indirizzate verso nuove risorse (durante o dopo la mediazione

come ad esempio la consultazione di un notaio o di un terapeuta)

Superare il senso di impotenza,

Stabilire intese comuni,

Proteggere la vulnerabilità dei figli

Privilegiare la genitorialità

Questi, in sintesi, sono i significati principali del paziente lavoro del mediatore familiare.

In questa prospettiva la M.F. è un’arte che fa appello all’intelligenza emotiva, una modalità fatta di

ascolto, di riformulazione dei termini del conflitto.

Oggi si parla molto di mediazione familiare e sia pure con molta fatica, numerosi equivoci e

incomprensioni, si sta facendo strada la convinzione che si tratta di un efficace strumento di pace,

che permette di rendere più umana la separazione e il divorzio e quindi di rivoluzionare in

prospettiva le procedure di separazione tra genitori.

Dal momento in cui una coppia si separa la coppia coniugale non esiste più ma la coppia genitoriale

continua ad esistere e continuerà ad esistere ben oltre la maggiore età dei figli.

La M.F. permette ai genitori di riprendere un dialogo interrotto, non sappiamo quando e come..

COMPORTAMENTO DEL MEDIATORE AL PRIMO INCONTRO CON I DUE

GENITORI

Nella sua forma più semplice la mediazione presenta tre fasi :iniziale centrale e finale

indipendentemente dall’esito.

Prima fase o fase iniziale. Le attività più rilevanti di questa prima fase sono:

1) Accogliere entrambi i partecipanti,fare le presentazioni, decidere se utilizzare i nomi o i

cognomi.(sono aboliti in mediazione i titoli personali come dott. ingn.ecc….)

2) Accertare che i due genitori abbiano compreso i principi base della mediazione.

3) Una volta accertato questo si chiederà a loro di firmare il consenso alla mediazione.

4) Molti mediatori a questo punto consegnano ai due genitori un questionario preliminarmente

stilato che dovranno compilare individualmente. Ciò allo scopo di raccogliere più

informazioni possibili in merito alla vicenda separativa ed anche per confrontare i due punti

di vista

5) Identificare le questioni più importanti. le preoccupazioni comuni. Questo contribuirà a

ridimensionare il livello di tensione e farà si che la mediazione si metta in moto

6) E’ necessario concordare un ordine del giorno:cosa si deve discutere pre prima tenendo

presente che è bene dare priorità ai problemi più urgenti..

7) L’ultimo quarto d’ora dovrebbe essere utilizzato per .a) ricapitolare, riassumere ; b) per

concordare la data l’ora e il tema del prossimo incontro.

ESERCITAZIONE PRATICA

Privilegiare la genitorialità.

Come si può rappresentare graficamente questo concetto fondamentale del processo di mediazuione

Graficamente possiamo rappresentarlo in questo modo

La coppia genitoriale intesa come due persone che si comunicano le cose importanti riguardanti il

figlio e dove il bambino viene posto al vertice di un triangolo.

Il mediatore come può tradurre nella pratica operativa questo concetto fondamentale della

mediazione familiare.

Il mediatore parte sempre da una situazione di conflitto, di controversia e di opposizione tra due ex

coniugi, spesso con la percezione di trovarsi tra due persone che oltre a non andare d’accordo

sembrano non condividere nulla. Pertanto il mediatore pur accettando la contrapposizione tra le due

parti troverà il modo per spostare lentamente l’attenzione dalla personale posizione di ognuno, alla

posizione ontologica di genitore.

E’ proprio con l’introduzione dei legami d’amore passati e presenti verso i figli, che la mediazione

può spingere con successo due genitori,separati,ma pur sempre genitori verso la trattativa . A quel

punto, partendo dal presupposto che tutti i padri e le madri non desiderano altro che il bene e la

PADRE MADRE

BAMBINO

serenità dei propri figli, il mediatore potrà far leva su questa percezione. Il modo migliore sarà

quello di cominciare a porre domande sulla vita dei figli. Le domande saranno sempre discrete e

genuinamente disinteressate,riguarderanno le loro abitudini,le caratteristiche di personalità. Si

raccoglieranno notizie e aneddoti riguardanti la scuola, le amicizie,gli hobbies,e su come i figli

hanno mantenuto i contatti con la rete parentale di ciascun genitore. Questo modo di procedere

determina uno slittamento da contenuti simmetrici e di solito rinforza la congiunzione tra i due

genitori.

ESERCITAZIONE PRATICA

Parole chiave del lavoro di mediazione.

Percorso

Riorganizzazione

Relazione familiare

Segreto professionale

Formazione

Autonomia ambito giuridico

Sollecito delle parti

Segreto professionale

Neutralità

Programma delle lezioni svolte.

Prima lezione

“Il setting e la prassi della mediazione familiare”

Definizione della mediazione familiare secondo la SIMEF

Regole del setting

Caratteristiche del contesto separativo

Bambini e mediazione

La sede e gli spazi

La prassi della mediazione familiare

Seconda lezione

“Il ruolo del mediatore familiare e il Codice deontologico”

Inquadramento della figura del mediatore familiare in Italia dal punto di vista giuridico

Competenze tecniche del mediatore familiare

Aspetti personolgici, del mediatore familiare

Comportamento del mediatore durante il processo di mediazione