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Data 28 Novembre 2013 Protocollo: 345/13/FF/cm Servizio: Politiche Industria Contrattazione Sviluppo Sostenibile Agricoltura Cooperazione Oggetto: Documento UIL sulla Strategia Energetica Nazionale. - A tutte le strutture UIL CIRCOLARE N. 90 LORO SEDI Vi inviamo per opportuna conoscenza il testo consegnato lo scorso 26 novembre in occasione dell’Audizione della X Commissione Attività Produttive, Commercio e Turismo della Camera dei Deputati in merito alla Strategia Energetica Nazionale e alle problematiche annesse al settore energia. Fraterni saluti. IL SEGRETARIO CONFEDERALE (Paolo Carcassi) All./1

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Data 28 Novembre 2013 Protocollo: 345/13/FF/cm Servizio: Politiche Industria Contrattazione Sviluppo Sostenibile Agricoltura Cooperazione Oggetto: Documento UIL sulla Strategia Energetica Nazionale.

- A tutte le strutture UIL

CIRCOLARE N. 90 LORO SEDI

Vi inviamo per opportuna conoscenza il testo consegnato lo scorso 26 novembre in occasione

dell’Audizione della X Commissione Attività Produttive, Commercio e Turismo della Camera dei

Deputati in merito alla Strategia Energetica Nazionale e alle problematiche annesse al settore

energia.

Fraterni saluti.

IL SEGRETARIO CONFEDERALE (Paolo Carcassi) All./1

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Servizio Politiche Industria Contrattazione Sviluppo Sostenibile Agricoltura Cooperazione

Audizione X° Commissione Attività Produttive, Commercio e Turismo Camera dei Deputati

sulla Strategia Energetica Nazionale del 26 novembre 2013

La crisi economica, le incertezze legate ai costi di approvvigionamento dell’energia, il preoccupante livello delle emissioni ed il rischio di cambiamento climatici stanno mettendo seriamente in discussione la sostenibilità dell’attuale sistema economico-produttivo mondiale ed in particolare per il nostro Paese. E’ opinione condivisa che gli interventi prioritari da assumere, a livello globale, per affrontare tali problematiche debbano traguardare obiettivi strutturali e di non breve periodo e riguardino in primo luogo la diffusione di tecnologie e di comportamenti per un uso razionale dell’energia. Ma se gli interventi sul risparmio e l’efficienza energetica costituiscono una condizione necessaria per affrontare le sfide dell’energia e del clima, una prospettiva di lungo termine non può essere affrontata se non accelerando l’impegno nella ricerca e nello sviluppo di tecnologie, che consenta, da una parte, un ricorso pulito alle fonti fossili e, dall’altra, il pieno utilizzo delle fonti rinnovabili. In questo senso, l’”economia verde” non è semplicemente la parte dell’economia particolarmente attenta ed interessata all’ambiente, ma un nuovo modo di concepire lo sviluppo economico, basato sulla valorizzazione del capitale economico (investimenti e ricavi), del capitale naturale (risorse naturali e impatti ambientali) e del capitale sociale (lavoro e benessere). Occorre quindi passare da una ottica settoriale, che vede nella economia verde un settore produttivo come gli altri, che sovente si raffronta con gli altri in termini competitivi, a una ottica pervasiva che sottometta tutte le scelte produttive a logiche di sostenibilità, di riequilibrio, di efficienza e di risparmio. In un contesto economico e finanziario caratterizzato da profonde incertezze globali, anche gli investimenti energetici hanno subito un rallentamento. Tuttavia si

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tratta di una fase transitoria, che verrà superata non appena si vedranno gli effetti della ripresa economica. Infatti, secondo le proiezioni dell’International Energy Agency, la domanda di energia aumenterà dell’1,2% l’anno da qui al 2035 ed i paesi in via di sviluppo, saranno i principali motori di questa crescita. I combustibili resteranno la fonte principale di energia primaria nel mondo, rappresentando i tre quarti della crescita del consumo energetico nei prossimi vent’anni. In questo contesto, è senz’altro positivo che, dopo essere stata annunciata per anni, la Strategia Energetica Nazionale sia stata definita dal Governo Riteniamo si tratti di uno strumento quanto mai necessario, visti gli incisivi cambiamenti avvenuti a tratto generale nella produzione e nella vita sociale, ma in particolare nel mondo dell’energia e quelli ancora più radicali che verranno. Il documento del Governo prende atto del nuovo contesto e si allinea alla riflessione in atto in Europa, ma assume un orizzonte di breve termine, il 2020. Forme di programmazione più strutturate in Europa e nel Mondo assumono ambiti temporali più ampi (il 2050), traguardando soluzioni che abbiano nel breve e medio termini frasi concrete di avvio e realizzazione. La mancanza di un orizzonte di lungo periodo, o la mancanza di una maggiore esplicitazione delle concrete misure per attuare le strategie a lungo periodo, rende problematici gli investimenti o, peggio, rischia di destinare risorse in impianti convenzionali che rischiano di non essere poi utilizzati, con uno spreco di ricchezza e danni all’ambiente. Positive sono anche alcune rotture col passato. La previsione sui consumi di energia primaria: la Direttiva sull’efficienza energetica, approvata dal Parlamento Europeo lo scorso 11 settembre, prevede un impegno a ridurre entro la fine del decennio i consumi di energia primaria del 20% rispetto allo scenario tendenziale al 2020. Nella Strategia proposta i consumi al 2020 sono stimati in inferiore calo del 4% rispetto ai livelli del 2010, mentre quelli elettrici sono previsti stabili o in lieve aumento nel decennio. Un cambiamento netto rispetto agli scenari elaborati nell’ultimo mezzo secolo, che probabilmente dovrà essere rafforzato e che sarà raggiungibile solo con adeguate politiche sul lato dell’efficienza.

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Altra novità viene dal mix delle fonti al 2020. Le rinnovabili, secondo la SEN, dovrebbero soddisfare alla fine del decennio il 20% dei consumi finali totali, superando l’obiettivo del 17% richiesto dall’Europa. In particolare, la produzione elettrica verde dovrebbe balzare al primo posto con il 38%, superando di poco il gas. Un altro elemento che sottolinea il cambio di prospettiva del documento è dato dagli investimenti da attivare entro la fine del decennio. Il 72% dei 180 miliardi € previsti sono infatti legati agli interventi sull’efficienza e sulle rinnovabili. Solo il 28% è attribuibile ai settori convenzionali quali l’estrazione di idrocarburi e la costruzione di centrali termoelettriche, elettrodotti, gasdotti. La situazione da affrontare, del resto, diviene sempre più compromessa. Nel corso del 2012 si è registrato un nuovo inquietante record. La superficie dei ghiacci artici si è ridotta a soli 3,5 milioni di chilometri quadrati, la metà rispetto a 40 anni fa. In sostanza la calotta artica si sta disintegrando a un ritmo di più del 10% ogni decennio. Parallelamente la concentrazione di anidride carbonica in atmosfera continua a crescere (anche in forma aggregata) e ha raggiunto i valori più alti degli ultimi 800.000 anni. Nel 2012 si toccheranno 394 ppm, 44 in più rispetto alla soglia di 350 da non superare per evitare conseguenze catastrofiche al Pianeta, secondo James Hansen, che dirige il NASA GISS, Goddard Institute for Space Studies. Valutazione condivisa, quindi, da parte nostra degli scenari ipotizzati e degli obiettivi che sono prospettati. Sorge a tratto generale il dubbio sulla reale rispondenza delle misure concrete previste che rischiamo di essere inefficaci o inadeguati rispetto agli ambiziosi traguardi proposti. Contesto e obiettivi SEN IL SEN descrive il quadro esogeno internazionale nell’ambito del quale l’Italia è tenuta a formulare la propria strategia. Pur rimanendo un’economia importante nello scacchiere internazionale, l’Italia ha un indubbiamente un limitato grado di libertà complessiva nel proprio agire. Gli esempi possono essere molteplici, basti solo pensare a quanto minimo possa essere il nostro contributo alla formazione del prezzo del petrolio. Il quadro di riferimento complessivo è tracciato dal Governo, in modo assai schematico, su alcuni assi portanti che considerano generalmente un periodo fino al 2030 o 2035.

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Secondo questi assi portanti, che devono costituire lo schema entro il quale il nostro paese si muove, bisogna considerare alcuni elementi: a) La domanda di energia, il prodotto interno lordo e l’intensità energetica: utilizzeremo come base dati di riferimento l’ultimo World Energy Outlook dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (WEO 2011). La ragione è semplice: l’Outlook ci offre una valutazione a tutto campo sulle dinamiche del mercato dell’energia sia a scala globale, sia con una disaggregazione sufficiente ai nostri scopi. Stando al WEO 2011 la domanda mondiale di energia crescerà Questa dinamica segue tuttavia percorsi differenti per paesi OECD (Organisation for Economic Co-operation and Development) (+0,3%) rispetto a paesi non OECD (+1,3%). Nello stesso periodo il Prodotto interno lordo (PIL) è destinato a crescere con una dinamica superiore rispetto alla domanda di energia, per cui l’intensità energetica (ovvero la quantità di energia per unità di PIL) è destinata ancora a diminuire. Su queste prime considerazioni esiste una certa convergenza di opinioni fra differenti analisti, anche se probabilmente vi sono delle differenze trascurabili e non legate alla direzione di massima del trend quanto sui singoli valori. b) Le fonti di energia nel futuro: un secondo insieme di dati assunto esogenamente riguarda la suddivisione dei consumi in fonti primarie e la “presunta” evoluzione nel tempo a livello mondiale. I diversi documenti affermano che tra le fonti di energia, si prevedono “due vincitori, il gas e le rinnovabili ed un perdente, il petrolio”, più oltre “il carbone che è in una situazione intermedia tra gas e petrolio”, ed ancora “Il nucleare si prevede che cresca solo nei paesi non OCSE”. A partire da queste proiezioni, la definizione di “perdente” secondo l’outlook dell’Agenzia per una fonte di energia come il petrolio, che passa dal 33% al 27% in 26 anni, sembra forse un po’ eccessiva. Limitando il confronto alla sola Unione Europea, la quota di “decrescita del petrolio” passa da 35% al 26%. Rispetto al quadro d’insieme e allo status quo, suggeriamo una maggiore e più attenta analisi nei confronti delle cosiddette fonti convenzionali a partire da quest’ultima, che necessariamente nel tempo dovrà trovare forme di equilibrio e di ricollocazione dei centri produttivi in essere nel nostro Paese, con attenzione particolare alla riconversione dei siti produttivi. Per dirla meglio, il petrolio non scomparirà dalla produzione da un giorno all’altro, resterà per molti anni ancora una fonte importante di produzione di energia. In questo quadro le linee Strategiche ipotizzano una fase di rilancio della produzione nazionale di idrocarburi che non riteniamo debba essere ideologicamente preclusa.

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E’ ovviamente indispensabile per riuscire ad eliminare opposizioni che porterebbero a forte lacerazioni, determinare regole stringenti ed efficaci di tutela ambientale, nonché procedure di coinvolgimento delle popolazioni che riescano a determinare partecipazione reali delle collettività. Altra fonte convenzionale su cui focalizzare l’attenzione è sicuramente il gas. La quota di gas nel mondo aumenterà al 2030 di circa 2 punti percentuale, con punte al ribasso in Europa, in quanto sia per il gas convenzionale e non (in breve il gas non convenzionale è un gas naturale contenuto in formazioni geologiche meno permeabili rispetto a quelle convenzionali, che richiedono particolari tecniche di estrazione) subiscono enormi difficoltà a causa in primis delle lungaggini burocratiche che avviliscono ed a volte fanno rinunciare gli investitori. Bisognerà necessariamente puntare su questa fonte, anche perché nell’immediato risulta di gran lunga una fonte meno inquinante delle altre fonti convenzionali e di gran lunga quella che ci permetterebbe di diventare, vista la posizione particolarmente strategica del nostro Paese. Altro argomento è, secondo noi, l’opinione comunemente accettata che le rinnovabili debbano avere un ruolo determinante nel prossimo futuro dell’offerta complessiva di energia, anche in considerazione del processo decarbonizzazione previsto dalla Road Map europea al 2050. Le fonti rinnovabili – definite ancora vincitrici insieme al gas – costituiscono un insieme differenziato e vanno dunque esaminate singolarmente. L’idroelettrico – storicamente tra le più importanti forti rinnovabili – aumenta la propria quota di 1 punto percentuale, passando dal 2 al 3% dell’offerta complessiva, così come le biomasse e i rifiuti crescono anch’essi di 1 punto percentuale (dal 10 al 11%). Rimangono le nuove rinnovabili (essenzialmente solare ed eolico) che crescono di ben 3 punti percentuali e, alla fine del periodo (2035), potranno arrivare a coprire il 6% dell’offerta complessiva di energia elettrica. Da tale quadro si evince con chiarezza che le nuove scelte di “trade – off” (significa che se si aumenta la quantità di qualcosa, bisogna diminuire la quantità di qualcos'altro) che dovrebbero essere inserite nella Strategia nazionale energetica Italiana debbono tener conto del delicato passaggio, ormai inevitabile, dalle fonti energetiche convenzionali a quelle rinnovabili, incentivando queste ultime dal punto di vista degli investimenti in infrastrutture sino ad un graduale equilibrio dal punto di vista della produzione con le fonti convenzionali. A questo punto, lo sviluppo delle rinnovabili passa inevitabilmente dal giusto mix di fonti e dal

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rinnovamento o dal riassetto del parco infrastrutturale che oggi risulta ancora inadeguato rispetto al processo di cambiamento in atto. Altro elemento critico è rappresentato dalla normativa sulle rinnovabili e sull’efficienza energetica. Il percorso normativo e di supporto appare molto incerto. Il caso più clamoroso è quello del fotovoltaico, per il quale si auspica un problematico passaggio a una diffusione senza incentivi, visto che il sostegno è destinato a esaurirsi a breve. Anche i meccanismi di incentivazione delle altre rinnovabili elettriche presentano irrigidimenti burocratici e scarsità di risorse. Nel caso delle rinnovabili termiche si ipotizza un raddoppio del loro contributo, ma il sostegno medio previsto di 0,9 miliardi €/anno, pare difficilmente compatibile con questi risultati. Positiva invece l’indicazione della prosecuzione delle detrazioni fiscali per le ristrutturazioni degli edifici in senso energetico, ma dovranno essere rese realmente stabili nel tempo. Nel contempo non si sono trovate le giuste soluzioni per abbattere il peso della burocrazia su tali fonti, ad esempio l'obbligo di registrare i progetti con una capacità superiore ai 12 kw per il fotovoltaico e ai 50 kw per le altre rinnovabili, nonché un sistema di gare che, al di là di un aspetto formalmente concorrenziale corre il rischio di ridurre il campo dei competitori. Per progetti di tecnologie di produzione di elettricità rinnovabile occorre eliminare misure che agiscano come un deterrente capace di paralizzare proprio il segmento di mercato di piccola scala che il SEN mira a rendere prioritario. Per semplificare, potremmo dire che certi vincoli, come ad esempio il vincolo architettonico su progetti di fotovoltaico completamente integrati, riguardanti i cosiddetti “non edifici storici”, andrebbero semplificati o resi più snelli. Tra le diverse priorità che andrebbero perseguiti ci pare fondamentale articolare misure concrete per il Governo della transizione. Occorre cioè assicurare che la modifica del sistema energetico abbia un costante monitoraggio che consenta di verificare con le Parti Sociali i cambiamenti e permetta una osmosi, anche occupazione e la dotazione delle professionalità necessarie. Ciò al fine di evitare momenti di tensione sociale che potrebbero costituire intoppi e fremi nel processo di riforme. Appare anche fondamentale una regia internazionale e particolarmente Europea. La definizione di obiettivi parziali rischia di vanificare gli sforzi compiuti da alcuni mentre occorrono obiettivi condivisi e impegni concreti per tutte le economie. In questo quadro in Europa un approccio flessibile deve, a pena del fallimento del processo complessivo, prevedere adeguate modalità di monitoraggio ed un sistema di compensazioni che assicuri che non vi siano defaillances.

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Potrebbe essere importante studiare forme di incentivo a livello europeo che favoriscano le scelte e le decisioni da adottare dai singoli Stati. Efficienza Energetica e termo riscaldamento: La dipendenza energetica da altri paesi si riflette sulla competitività italiana ed è un fattore estremamente limitante. Questo perché gli input energetici hanno per il nostro sistema economico prezzi crescenti e superiori alla media europea. Per ovviare a questo, bisogna investire nell’evoluzione della tecnologia energetica che, oltre a rappresentare un’opportunità per lo sviluppo tecnologico, permette il controllo delle emissioni inquinanti. L’investimento in ricerca e sviluppo, è un forte elemento di criticità per l’Italia: il tessuto industriale è caratterizzato da aziende di piccola dimensione, a basso impatto energetico e intensità di spesa in ricerca e sviluppo che si attesta a poco più di metà della media europea. La necessità all’invenzione deriva, per l’Italia, dall’aver obiettivi ambiziosi come la sostenibilità. L’efficienza energetica rappresenta la prima priorità della nuova Strategia energetica. Essa contribuisce, infatti, contemporaneamente al raggiungimento di tutti gli obiettivi di costo/competitività, sicurezza, crescita e qualità dell’ambiente. In questo settore, l’Italia presenta già performance elevate rispetto ad altri Paesi europei e vanta una consolidata tradizione in molti settori industriali fortemente interessati dalla diffusione dell’efficienza energetica (edilizia, domotica, impianti di riscaldamento, illuminotecnica, ecc.). Resta tuttavia un potenziale di miglioramento elevato, che può essere catturato attraverso interventi che hanno un ritorno economico positivo. La definizione degli interventi è partita dal riconoscimento delle diverse barriere che ostacolano l’adozione delle migliori tecnologie per l’efficientamento. In ambito civile, gli elevati investimenti iniziali scoraggiano le decisioni dei piccoli consumatori (residenziale, uffici). A questo si aggiungono spesso anche una scarsa consapevolezza dei potenziali risparmi e una difficoltà di accesso agli incentivi. La bolletta energetica delle Pubbliche Amministrazioni pesa sul bilancio dello Stato per circa 4,5 miliardi di Euro all’anno (Fonte Consip). Il consumo energetico degli edifici di proprietà pubblica appare di gran lunga superiore ai consumi medi registrati in sede europea, con un indice di consumo pari ad oltre 200 Kwh per metro quadrato all’anno. Le politiche di efficienza della macchina pubblica, così come gli impegni sottoscritti in sede internazionale per il rispetto del Protocollo di Kyoto, impongono alle amministrazioni pubbliche delle soluzione gestionali e manageriali improntate al risparmio energetico.

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Traguardi da raggiungere tutti entro la data del 2020 e per i quali le Pubbliche Amministrazioni saranno chiamati a ricoprire un ruolo fondamentale e strategico che, allo stesso tempo, si tradurrà in un risparmio netto sulle spese di funzionamento delle stesse Amministrazioni. In questo settore, l’impossibilità di accedere a detrazioni fiscali e le difficoltà di autofinanziamento richiederebbero un ampio ricorso al modello Esco. In ambito industriale, fanno da ostacolo una limitata disponibilità di competenze interne specializzate, soprattutto per le aziende medio-piccole, la scarsità di attori specializzati per interventi spesso complessi, e una bassa propensione a realizzare interventi con ritorni economici spesso lunghi. Al fine di rimuovere le barriere all’efficienza energetica, dovranno essere rinforzati o introdotti nuovi strumenti e azioni, in particolare:

1. il rafforzamento di standard minimi e normative, in particolare per quanto riguarda l’edilizia (per nuove costruzioni o rifacimenti importanti) ed il settore dei trasporti.

2. Nel settore edilizia, il recepimento della Direttiva 2010/31/UE permetterà di elevare i requisiti sulle nuove costruzioni (classe B) e di introdurre forme più efficaci per la qualificazione del patrimonio edilizio esistente, entro il 2020, facendo leva sullo strumento delle detrazioni fiscali o anche di altri strumenti che premino il “salto” di classe energetica dell’intero edificio. Al contempo, sarà essenziale rinforzare i sistemi di controllo e sanzione, rendendoli coerenti in tutte le Regioni.

3. Nel settore della cogenerazione ad alto rendimento, in linea con le disposizioni della nuova Direttiva in materia di efficienza energetica, devono essere introdotte misure a carattere regolamentare ad integrazione del regime di incentivazione vigente.

4. Il mantenimento strutturale di detrazioni fiscali per le ristrutturazioni civili e il loro miglioramento nonché consolidamento.

Tra i principali possibili miglioramenti, possono essere individuati i seguenti: una differenziazione della percentuale di spesa detraibile e/o della durata per il rimborso commisurate all’effettivo beneficio dell’intervento; l’introduzione di parametri di costo specifico massimo ammissibile per tipo di intervento, per evitare abusi; la specializzazione dello strumento di incentivazione per efficientare il patrimonio edilizio, rivedendo il perimetro attuale degli interventi ammessi in modo da evitare la sovrapposizione con altri incentivi, di nuova introduzione, con la stessa finalità (vedi “Conto Termico”). - La comunicazione e la sensibilizzazione del pubblico, delle aziende e della PA, attraverso il rilancio di un ampio programma di comunicazione, in stretta

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collaborazione con Regioni e associazioni imprenditoriali, la promozione di campagne di audit energetico per il settore civile e industriale, e l’introduzione di percorsi formativi specializzati sui temi di efficienza energetica (vedi accordo sulla formazione Confindustria e Cgil Cisl Uil). - Il controllo delle misure, con un rafforzamento di verifiche e sanzioni per il rispetto di normative e standard e per il raggiungimento degli obiettivi di risparmio energetico per i soggetti obbligati. - Azioni concrete in materia di pianificazione energetica e di sviluppo sostenibile urbano, con l’obiettivo di attivare modelli di pianificazione innovativa dei servizi urbani e dei flussi energetici, di efficienza nelle reti, di mobilità e riqualificazione del tessuto edilizio e di partenariato pubblico-privato. Il tema è già oggi presente nell'Agenda Digitale, nel Piano Città istituito dal decreto Crescita e nell’attuale programmazione dei fondi comunitari dedicati allo sviluppo sostenibile. - Il supporto alla ricerca e innovazione, con l’introduzione di agevolazioni finanziarie per la promozione di progetti di ricerca, sviluppo e innovazione tecnologica. Mercato Certificati Bianchi e ESCO La lettura dei principali indicatori del mercato dei certificati bianchi alla scadenza dell’obbligo del 31 maggio 2012 evidenzia il raggiungimento di un buon grado di maturità del sistema. Si registrano, infatti, incrementi in quasi tutte le principali voci: numero di operatori attivi sul mercato sul lato offerta, volumi di certificati bianchi scambiati e quindi Mtep risparmiati, percentuale di negoziazioni sul mercato organizzato, livello dei prezzi. In generale i dati quantitativi di bilancio riferiti in particolare al primo semestre del 2012 mostrano una buona liquidità del mercato ed un trend evolutivo positivo rispetto ai precedenti anni di applicazione del sistema. L’analisi qualitativa, viceversa, rileva la presenza di alcune criticità irrisolte. Innanzitutto la concentrazione della domanda, che se da una parte è fisiologica in un mercato costruito su un numero esiguo di soggetti obbligati, dall’altra risulta un elemento ancora fortemente condizionante. Malgrado un significativo aumento nell’offerta di titoli, infatti, il mercato è ancora in un sostanziale disequilibrio tra richiesta di titoli e disponibilità sul mercato. Nell’ipotesi di rappresentare l’offerta con il numero di titoli emessi dall’inizio del meccanismo fino a giugno 2012, pari a 14,79 milioni, e la domanda con il quantitativo di titoli necessario per gli adempimenti in scadenza a maggio 2012, pari a 16,11 milioni risulta chiaro che all’appello mancano 1,32 milioni di titoli per la copertura dell’intero fabbisogno.

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Sempre in tema di concentrazione della domanda nel primo semestre del 2012 questa era rappresentata per il 71,5% dai primi tre operatori di mercato e per l’85% dai primi dieci. Per questo motivo il mercato in termini di formazione e volatilità dei prezzi dipende ancora in maniera esclusiva dalle necessità di un numero molto ristretto di soggetti rappresentati dai grandi distributori obbligati e non dalle dinamiche speculative di una pluralità di operatori come auspicabile in questo tipo di mercati. Ad esempio, nel biennio 2011-2012, a causa dell’ esaurimento della vita utile dei progetti da essi stessi promossi, i distributori obbligati si sono dovuti approvvigionare di titoli sul mercato determinando un aumento dei prezzi medi del titolo arrivati a superare i 100 euro e, quindi, su livelli mai raggiunti nei precedenti anni. Di tale fenomeno ne hanno certamente beneficiato le ESCo, i traders e i Distributori non obbligati, ma con un ruolo poco attivo rispetto alle dinamiche di prezzo a conferma di una certa rigidità complessiva del mercato. L’intervento del legislatore, testimoniato dall’approvazione da parte dell’Autorità per l’Energia delle nuove linee guida, nel verso di incrementare la presenza e il potere di mercato di questa platea di soggetti non ha ancora sortito effetti significativi. In primo luogo perché il quadro attuativo e regolatorio non è stato ancora portato a compimento. A tale proposito è bene sottolineare che i nuovi obiettivi di risparmio per gli anni successivi al 2012 non sono stati ancora fissati, le 15 nuove schede tecniche elaborate dall’ENEA sono ancora in fase di revisione e più in generale la definizione puntuale dei nuovi sistemi gestionali e di remunerazione del sistema non consentono ai potenziali interessati di pianificare con sufficiente grado di sicurezza eventuali investimenti in questo settore. Anche laddove si è dato seguito agli interventi legislativi, i risultati sono stati talvolta al di sotto delle aspettative. In definitiva, l’auspicio è quello di portare a compimento nel più breve tempo possibile i provvedimenti correttivi già pianificati sulla spinta degli importanti risultati raggiunti negli ultimi due anni con lo scopo di conferire a questo meccanismo un ruolo centrale nell’ambito degli obiettivi di efficienza energetica contenuti nel quadro programmatico al 2020. Con la semplificazione delle procedure si avrebbe un duplice beneficio: da una parte un recupero di efficienza e quindi un maggiore peso economico e finanziario dei Titoli nella programmazione degli investimenti e dall’altra un ampliamento della platea ai potenziali operatori che, attualmente, non partecipano proprio per l’eccessiva complessità del sistema. Se, il meccanismo sarà messo a servizio principalmente del comparto industriale la semplificazione dovrà essere inserita in

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un quadro legislativo e regolatorio di maggiore chiarezza e stabilità a partire proprio dai compiti assegnati agli Enti di governo del sistema. Ad esempio, il recente coinvolgimento del GSE nel meccanismo con compiti specifici, ma con evidenti sovrapposizioni e duplicazioni con le funzioni istituzionali già assegnate all’AEEG, al GME e all’ENEA, non appare andare in questa direzione. Un audit energetico è la chiave per valutare il rendimento energetico di un azienda e per lo sviluppo di un programma di gestione energetica. I passi tipici di un audit energetico sono:

• preparazione e pianificazione

• raccolta e revisione dei dati

• ispezione degli impianti

• osservazione e revisione delle pratiche operative

• documentazione e analisi dei dati

• resoconto dei risultati e raccomandazioni

Tuttavia, un audit energetico di solito è condotto per capire come l'energia viene utilizzata nell'ambito del contesto analizzato e quali opportunità possono essere sfruttate per incrementare il risparmio energetico all'interno di quel contesto. A volte, gli audit energetici sono condotti per valutare l'efficacia di un progetto o di un programma di ottimizzazione energetica. In questo senso pensiamo che se gli audit non costituiscono un ulteriore costo possono essere estremamente funzionati all’obiettivo della efficienza e del contenimento energetico. Raggiungimento obiettivi SEN Per raggiungere gli obiettivi che il SEN si prefigge nel periodo di riferimento 2020, occorre da subito tenere presente alcune priorità con specifiche misure da avviare o da migliorare in corso di definizione: 1) la promozione di un mercato del gas competitivo, integrato con l’Europa e con prezzi ad essa allineati; 2) lo sviluppo di un mercato elettrico pienamente integrato con quello europeo, efficiente (con prezzi competitivi con l’Europa) e con la graduale integrazione della produzione rinnovabile;

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Fonti convenzionali Anche se la domanda in Europa è destinata a rimanere inalterata nei prossimi anni, c'è la necessità a livello europeo di aumentare le importazione di 100-150 miliardi di metri cubi all'anno. L'Italia ha in aggiunta la assoluta necessità di diversificare al massimo la provenienza del gas che importa. Con almeno 3-4 nuovi rigassificatori e i nuovi gasdotti in arrivo sia dal Caucaso (via Turchia e Grecia) sia dall'Algeria può diventare da paese importatore a paese esportatore. Ne beneficerà la bilancia commerciale ma anche la disponibilità di gas per aumentare la concorrenza e far calare le bollette. Un ruolo importante giocheranno gli stoccaggi, i depositi sotterranei di gas. Sia per aumentare la liquidità del sistema e consentire maggior concorrenza, sia per evitare che durante i mesi più freddi si rischi l'emergenza come è avvenuto nel febbraio scorso. Un ruolo fondamentale lo avrà Snam, la società appena separata da Eni, che gestisce il sistema di gasdotti lungo la penisola. E' destinata a diventare un società di livello europeo, con acquisizioni di "tubi" nel resto d'Europa per creare una rete che possa portare il gas dall'Italia al resto d'Europa. La produzione nazionale di gas naturale, oggi intorno agli 8 miliardi di mc/anno, salirà secondo Strategia del 46% entro il 2020 (p.97). Grosso modo 4 miliardi in più. Se i consumi si fermano sotto i 75, dovremo importare per il nostro fabbisogno nel 2020 poco più di 60 miliardi di metri cubi, contro i 75 del 2010. Qualche collo di bottiglia sulla rete nazionale; e qualche problema di punta di erogazione che necessita interventi sugli stoccaggi (pp. 59-60). Però sull’approvvigionamento di gas ci siamo messi comodi. Una domanda stimata tra i 60 e i 65 miliardi; ed una capacità di importazione tra gasdotti e impianti di rigassificazione già esistenti (grosso modo arrotondando) 120 miliardi. Le difficoltà in Italia allo stato attuale sono concentrare nell’individuazione delle “Infrastrutture Strategiche “ esistenti e da programmare, che al momento nonostante gli sforzi del governo, sembrano insuperabili. E ancora di più in tutto il processo di realizzazione che trova ostacoli burocratici e farraginosi che hanno sin qui fatto abortire progetti importanti, mesi in campo da operatori stranieri, che hanno fornito la prova-provata della impossibilità ad investire con qualche probabilità di certezza nel nostro Paese. L’Osservatorio dei costi del non fare imputa alle carenze negli impianti di produzione elettrica, nelle reti di trasmissione gas ed elettrico, nei rigassificatori un costo vicino ai 66 miliardi che potrebbero essere evitati dando per di più una occasione economica importante all’intero Paese.

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Bisogna fare uno sforzo notevole per superare le barriere che ostacolano lo sviluppo delle Infrastrutture necessarie per lo sviluppo energetico del Paese. L’esempio calzante sono i vari “coni d’ombra” o strozzature del sistema infrastrutturale elettrico (che è il più avanzato in termini infrastrutturali tra i settori energetici) nel centro sud Italia. Quindi l’Hub Europeo è una occasione unica, un’idea affascinante che porterebbe sicuramente buona occupazione e ci consentirebbe di svolgere un ruolo importante sule mercato internazionale, ma che allo stato attuale potrebbe risultare una chimera stante le difficoltà a programmare ma, soprattutto, a realizzare le infrastrutture necessarie per lo sviluppo di una rete significativa di supporto. Energie Rinnovabili Le energie rinnovabili sono un altro pilastro fondamentale della Strategia. La Strategia, in questo campo, propone il superamento degli obiettivi di produzione europei 20-20-20, con un più equilibrato bilanciamento tra le diverse fonti rinnovabili (in particolare, con maggiore attenzione rivolta alle rinnovabili termiche, che sono le più efficienti e le meno costose), la sostenibilità economica dello sviluppo del settore, una preferenza per le tecnologie con maggiori ricadute sulla filiera economica nazionale e una progressiva integrazione delle rinnovabili elettriche con il mercato e la rete. Per quanto riguarda le rinnovabili elettriche, le principali iniziative sono consistite nei due decreti ministeriali (Quinto Conto Energia per il fotovoltaico e Misure incentivanti per le altre rinnovabili elettriche), che continuano a sostenerne lo sviluppo, contenendo gli oneri per il sistema ed incrementando la capacità di governo. Per questo settore sarà necessario per i prossimi anni definire adeguate misure di accompagnamento alla grid parity (soglia di parità), tra cui: - una ulteriore semplificazione dei procedimenti autorizzativi, per il collegamento alla rete e la messa in esercizio degli impianti; - alcuni vantaggi fiscali possibili grazie alla normativa in materia di realizzazione di opere finalizzate al conseguimento di risparmi energetici, inclusi quelli conseguenti all'installazione di impianti a fonti rinnovabili (decreto-legge 201/11); - una possibile revisione del meccanismo di scambio sul posto in modo da ampliarne l’applicazione. Appare tuttavia irrealistica l’ipotesi di un superamento rapido e drastico degli incentivi che andranno graduali sempre più in discesa rispetto alle soglie di

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efficienza e che dovranno puntare a premiare le realtà più virtuose, cioè in grado di assicurare le performances migliori. Ma ancor più significativa è la certezza dei ritorni negli incentivi e nelle altre erogazioni (che non vi è stata in questi ultimi anni), che è il presupposto fondamentale per assicurare la programmazione degli investimenti da parte delle imprese. Eolico L’eolico risulterebbe una delle tecnologie da sostenere maggiormente in Italia, in quanto ha un ottimo potenziale residuo, è efficiente e per oltre il 70% composto da tecnologia nazionale. Tuttavia mancano nel documento gli strumenti e le soluzioni efficaci a far ripartire questo settore che le Aste e i Registri stanno rallentando significativamente mettendo in discussione il raggiungimento degli obiettivi al 2020". La regolazione del livello degli incentivi deve basarsi sulla valutazione di quelli che sono gli effettivi costi dell’eolico in Italia, senza cedere ad inopportuni parziali e distorti confronti con paesi come la Spagna e la Germania in cui la burocrazia, i costi e tempi di autorizzazione sono molte volte minori. Nel nostro Paese purtroppo oggi non si può prescindere dai costi in più derivanti da iter burocratici lunghi, dagli ostacoli legislativi e tecnici dovuti alle carenze infrastrutturali ecc. Ci si aspetta, di fronte ad un quadro simile, che le Istituzioni competenti tendano a ridurre questi "extra-costi" intervenendo con semplificazioni amministrative, eliminando le inefficienze, valutando nuovi meccanismi di incentivazione e quindi ponendo le basi per un rilancio serio ed efficiente del sistema nel suo complesso che dovrebbe passare dal riportare le competenze in materia di energia al centro. Teleriscaldamento Il teleriscaldamento può incrementare la quota di fonte rinnovabile negli usi finali del settore civile. Dallo studio FIPER sul potenziale di penetrazione del teleriscaldamento a biomassa in Comuni non metanizzati in zone climatiche E-F (La classificazione climatica dei Comuni Italiani è stata introdotta dal D.P.R. n. 412 del 26 agosto 1993 e si definiscono zone E-F quelle con orario consentito di riscaldamento sino a 14 ore giornaliere dal 15 ottobre al 15 aprile) si evince che l’introduzione ex novo di questa tecnologia riguarderebbe ben 801 Comuni (circa il 10%dei Comuni italiani) di cui 314 nella zona E (51,23%) e 487 nella zona F (47,42%) distribuiti lungo la fascia alpina e appenninica del Centro Sud, che si approvvigionerebbero di biomassa forestale locale.

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C’è a questo punto una necessità di strutturare l’offerta di biomassa legnosa italiana proveniente dai boschi. Ovviamente non in una logica di sfruttamento primario, bensì di utilizzo del materiale di pulitura o ripristino. Il potenziale energetico delle biomasse legnose in Italia può essere un fattore di importanza strategica per le zone e le popolazioni di fascia E-F se si definisce un nuovo sistema di incentivi orientato all’offerta della biomassa derivante dalla gestione del patrimonio boschivo nazionale. Conto Termico Il “Conto Termico” per gli interventi di piccole dimensioni per l’incremento dell’efficienza energetica su edifici esistenti e per la produzione di energia termica da fonti rinnovabili presenta, a nostro avviso, delle forti criticità in termini di oneri procedurali e documentazione da fornire da parte dei potenziali Soggetti beneficiari, che complicano eccessivamente l’accesso agli incentivi da parte degli stessi. Oltretutto il valore puntuale dell’incentivo per alcune tipologie di intervento (in primis pompe di calore e solare termico) non è tale da superare queste barriere e da attrarre investimenti nei rispettivi settori. La direttiva Ue sull'efficienza energetica è un segnale chiaro sulla volontà europea di puntare al risparmio energetico e invita gli Stati membri ad "adottare misure adeguate affinché infrastrutture efficienti di teleriscaldamento e raffreddamento siano sviluppate e/o adattate allo sviluppo della co-generazione ad alto rendimento, al recupero del calore di scarto e da fonti di energia rinnovabili". Attualmente, il teleriscaldamento in Italia copre il 4% del mercato del calore civile, a differenza di Francia (8%), Germania (14%) e Danimarca (61%). Il teleriscaldamento potrebbe coprire il 20% del mercato del calore civile italiano, puntando sulla co-generazione e sull'impiego di fonti di energia rinnovabili. Per puntare “davvero” sulla promozione dell’energia termica si propone al Governo di incrementare dal 19% al 22% l’obiettivo 2020 per le rinnovabili termiche con particolare riferimento al teleriscaldamento. Come già detto, l’allocazione delle risorse attribuite attualmente alle FER termiche è insufficiente, se comparate con le medesime destinate al settore elettrico (900 milioni/annui per conto termico a fronte 12,5 miliardi Euro/annui per Fer elettriche).

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Per ridurre la bolletta elettrica degli italiani occorrerebbe riorientare e rimodulare le misure di incentivazione verso interventi di efficienza energetica e le rinnovabili termiche, interventi che, a parità di kWh prodotto e/o risparmiato, costano molto meno per il sistema Paese. Metano e Biometano L’utilizzo del metano, e del biometano, nel settore dei trasporti dovrà crescere anche attraverso le nuove tecnologie del settore della raffinazione. Si potrebbe adottare, per quanto riguarda il biometano, un sistema analogo a quello dei certificati verdi per promuovere e fare sì che questo combustibile sostenibile e made in Italy scalzi i biocarburanti d'importazione nel soddisfare l'obbligo di rinnovabili nei trasporti. Un modello appunto simile a quello delle rinnovabile elettriche, che consenta a chi vuole acquistare metano rinnovabile di poterlo fare prelevandolo da qualsiasi punto della rete. In questo modo una compagnia (che vende carburanti) potrà comperare il metano rinnovabile, o meglio i diritti di rinnovabilità, e contabilizzarlo nella quota obbligatoria di rinnovabili nei trasporti, a tutto vantaggio del biometano. La capacità di raffinazione del sistema petrolifero italiano nel 2011 è stata pari a circa 106 milioni/tonnellate, distribuita su 16 impianti. Il tasso di utilizzo registrato sempre nel 2011 è stato dell’82-83% contro il quasi pieno utilizzo del periodo 2005-2008, tasso sceso nei primi otto mesi del 2012 sotto l’80%. Tenendo conto della situazione economica contingente e della prevista evoluzione dei consumi petroliferi, nei prossimi anni si profila un ulteriore eccesso di capacità rispetto agli oltre 20 milioni di tonnellate già persi nel periodo 2004-2011, pari a 3-4 raffinerie di medie dimensioni. Per quanto riguarda il modello di ristrutturazione della distribuzione degli impianti, il modello dovrebbe essere quello che massimizza l’efficienza integrata del trasporto del prodotto dalla produzione/importazione ai punti di distribuzione al cliente. Non sempre è realizzabile, ma bisogna puntare a efficientare il settore della distribuzione anche attraverso la modernizzazione del sistema che introduca primi elementi di flessibilità (vedi maggiori punti metanizzazione o di gassizzazione), da sviluppare, nella gestione e nell’operatività degli impianti, che puntano sull’automazione e sullo sviluppo tecnologico anche in vista della futura evoluzione della mobilità. E’ indispensabile un piano che punti al riassetto del comparto attraverso la riconversione degli impianti, gli ammodernamenti dei cicli allineandoli agli standard ambientali.

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In questo comparto è fondamentale una regia che consenta di evitare impatti traumatici sul piano sociale. Consultazione Pubblica adottare modello di consultazione pubblica francese “Debat Pubblic”. In Francia è stato introdotto nel 1995 e ha ridotto dell’80 per cento la conflittualità riguardo alla realizzazione di progetti che hanno un impatto ambientale. Nel merito della procedura, al momento di avviare l’iter per la costruzione di un’opera pubblica, «il promotore deve presentare uno studio di fattibilità che tenga conto di tutti i fattori relativi alla realizzazione visto che presentano forti sfide socioeconomiche oppure hanno un impatto significativo sull’ambiente e sull’assetto del territorio». Oltre a questi fattori, si devono indicare i costi, i tempi, le conseguenze sull’occupazione e sull’economia del luogo scelto. A quel punto spetta alla Autorità di controllo – in Francia è una Commissione nazionale – convocare tutte le parti che possono avere un interesse e dunque i sindaci, gli abitanti dell’area, le associazioni ambientaliste e chiunque altro sia in grado di fornire elementi positivi o negativi. Ci sono sei mesi di tempo per effettuare le consultazioni, poi deve essere resa pubblica la valutazione finale indicando ogni parere espresso nel corso dell’istruttoria. La parola torna così al promotore che non è obbligato ad accettare i suggerimenti, ma ha la consapevolezza – qualora decida di non tenerne conto – che in caso di conflittualità o contestazioni non avrà alcuna tutela o collaborazione da parte delle istituzioni, visto che aveva ricevuto una sorta di avviso preventivo. È prevista anche la rinuncia, se si ritiene che il progetto sia troppo complicato da portare a termine. Diverse sembrano le intenzioni che traspaiono dalle iniziative governative che non assicurano una reale terzietà del provvedimento, né ad esempio la possibilità di contemplare l’opzione zero. Sembra più la predisposizione di strumenti di migliore comunicazione piuttosto che di reale e decisiva partecipazione. Se non si assicurano i connotati suesposti anche la modifica delle competenze tra Stato e Regione che in termini concettuali non ci appare escludibile soprattutto per le infrastrutture strategiche a rilevanza nazionale, rischia di essere vissuta come un esproprio delle autonomie locali con le prevedibili opposizioni che rischiano di bloccare ogni ipotesi di riassetto. In tutti i casi è necessario su alcuni altri temi rafforzare la “concorrenza” stabilendo ad esempio in modo tassativo con la Conferenza Stato/Regioni i minimi standard in termini di efficienza energetica, al raggiungimento degli obiettivi europei 20-20-20, all’obbligo di certificazione energetica degli edifici, a cui tutte le Regioni Italiane devono uniformarsi.

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Tariffe e tariffe sociali I prezzi crescenti dei combustibili fossili sui mercati internazionali, si riverberano sui prezzi dell’energia, creando sempre più problemi soprattutto alle fasce economicamente disagiate della Comunità Europea. Questo tema, non è stato affrontato in modo specifico dal SEN. Bisogna inserire da subito un capitolo specifico sul sistema e sulla revisione delle Tariffe e su una doppia modulazione delle soglie di accesso per i clienti svantaggiati che usufruiscono dello sconto del 20% nella bolletta dell’elettricità e del gas.

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