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Copyright© Esselibri S.p.A. CAPITOLO SESTO IL PUBBLICO IMPIEGO Sommario: 1. Il rapporto di pubblico impiego. - 2. La legislazione in materia di pubblico impiego. - 3. Ambito di applicazione del D.Lgs. 165/2001. - 4. Il sistema delle fonti del pubblico impiego. - 5. La contrattazione collettiva. - 6. Organizzazione degli uffici. - 7. La dirigenza pubblica. - 8. Accesso al pubblico impiego. - 9. I doveri dell’impiegato. - 10. Il mobbing. - 11. I diritti patrimoniali dell’impiegato. - 12. I diritti non patrimoniali. 13. Mobilità nel pubblico impiego. - 14. Diritti sindacali: la repressione della condotta antisinda- cale. - 15. Responsabilità dell’impiegato. - 16. Le forme flessibili di impiego presso le P.A. - 17. Modificazioni del rapporto di impiego. - 18. Estinzione del rapporto di impiego. 1. IL RAPPORTO DI PUBBLICO IMPIEGO A) Concetto Il rapporto di impiego pubblico è quel rapporto di lavoro per cui una persona fisica pone, volontariamente e dietro corrispettivo, la propria attività, in via continuativa, alle dipendenze di una pubblica amministrazione, assumendo uno specifico status con particolari diritti e doveri. Esso si inquadra, più specificamente, nell’ambito del rapporto di servizio (v. Cap. 2). B) Caratteri Il rapporto d’impiego si configura come: — rapporto volontario: sia per la costituzione che per la continuazione del rapporto, è richiesta non solo la volontà della P.A., ma altresì la volontà del dipendente; rapporto strettamente personale: la specifica capacità intellettuale e tecnica necessaria per ogni singolo ufficio e la fiducia che l’ente deve avere nella persona cui affida la cura dei propri interessi comportano che il rapporto sia costituito intuitu personae; — rapporto giuridico bilaterale: da esso, infatti, derivano diritti ed obblighi reciproci per ciascuna delle parti; — rapporto di subordinazione gerarchica: la subordinazione gerarchica e disciplinare costituisce l’elemento che distingue l’impiego dall’incarico professionale (locatio operis). C) Principi costituzionali in materia di pubblico impiego La Carta costituzionale non disciplina direttamente ed organicamente la materia del pubblico impiego. Tuttavia vi sono alcune disposizioni che assumono una particolare rilevanza: — l’art. 51 (accesso ai pubblici uffici); — gli artt. 54 e 98 (dovere di adempiere con onore alle pubbliche funzioni e al servizio esclusivo della nazione); l’art. 97 (riserva di legge inerente all’organizzazione dei pubblici uffici e principio di buon andamento dell’amministrazione);

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CAPITOLO SESTO

IL PUBBLICO IMPIEGO

Sommario: 1. Il rapporto di pubblico impiego. - 2. La legislazione in materia di pubblico impiego. - 3. Ambitodi applicazione del D.Lgs. 165/2001. - 4. Il sistema delle fonti del pubblico impiego. - 5. La contrattazionecollettiva. - 6. Organizzazione degli uffici. - 7. La dirigenza pubblica. - 8. Accesso al pubblico impiego. -9. I doveri dell’impiegato. - 10. Il mobbing. - 11. I diritti patrimoniali dell’impiegato. - 12. I diritti nonpatrimoniali. 13. Mobilità nel pubblico impiego. - 14. Diritti sindacali: la repressione della condotta antisinda-cale. - 15. Responsabilità dell’impiegato. - 16. Le forme flessibili di impiego presso le P.A. - 17. Modificazionidel rapporto di impiego. - 18. Estinzione del rapporto di impiego.

1. IL RAPPORTO DI PUBBLICO IMPIEGO

A) Concetto

Il rapporto di impiego pubblico è quel rapporto di lavoro per cui una persona fisica pone,volontariamente e dietro corrispettivo, la propria attività, in via continuativa, alle dipendenzedi una pubblica amministrazione, assumendo uno specifico status con particolari diritti edoveri.

Esso si inquadra, più specificamente, nell’ambito del rapporto di servizio (v. Cap. 2).

B) Caratteri

Il rapporto d’impiego si configura come:

— rapporto volontario: sia per la costituzione che per la continuazione del rapporto, è richiestanon solo la volontà della P.A., ma altresì la volontà del dipendente;

— rapporto strettamente personale: la specifica capacità intellettuale e tecnica necessaria perogni singolo ufficio e la fiducia che l’ente deve avere nella persona cui affida la cura deipropri interessi comportano che il rapporto sia costituito intuitu personae;

— rapporto giuridico bilaterale: da esso, infatti, derivano diritti ed obblighi reciproci perciascuna delle parti;

— rapporto di subordinazione gerarchica: la subordinazione gerarchica e disciplinarecostituisce l’elemento che distingue l’impiego dall’incarico professionale (locatio operis).

C) Principi costituzionali in materia di pubblico impiego

La Carta costituzionale non disciplina direttamente ed organicamente la materia del pubblicoimpiego. Tuttavia vi sono alcune disposizioni che assumono una particolare rilevanza:

— l’art. 51 (accesso ai pubblici uffici);— gli artt. 54 e 98 (dovere di adempiere con onore alle pubbliche funzioni e al servizio

esclusivo della nazione);— l’art. 97 (riserva di legge inerente all’organizzazione dei pubblici uffici e principio di buon

andamento dell’amministrazione);

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— gli artt. 35, 36 e 37 (formazione professionale dei lavoratori; profilo retributivo e tutela deiminori e delle donne nel rapporto di lavoro);

— gli artt. 28, 29 e 40 (responsabilità diretta dei dipendenti pubblici e diritto di sciopero eorganizzazione sindacale).

2. LA LEGISLAZIONE IN MATERIA DI PUBBLICO IMPIEGO

Il decreto legislativo n. 29 del 3 febbraio 1993, ha suggellato il faticoso processo diprivatizzazione dell’impiego pubblico, assoggettando, fatte salve eccezioni soggettive edoggettive, la disciplina dei pubblici impiegati alla disciplina del lavoro privato, alla contratta-zione collettiva e, per conseguenza, alla giurisdizione del giudice ordinario. Infatti, prima deglianni Novanta, la natura pubblica di tale forma di lavoro non era mai stata messa in discussione,sia per la specificità delle fonti normative del rapporto, sia per la natura del potere, sostanzial-mente autoritativo, della P.A.

Il processo di riforma intrapreso con il D.Lgs. 29/1993 ha poi subito un’importantissima accelerazione nelmomento in cui, tra la fine del 1994 e i primi mesi del 1995, sono stati siglati i primi contratti collettivi nominativiquadriennali, destinati a rappresentare il momento del definitivo passaggio dalla vecchia alla nuova disciplina dellavoro nella P.A.

Sulla base delle direttrici enunciate dalla legge Bassanini n. 59 del 1997, il D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80 hamodificato le disposizioni fondamentali del D.Lgs. 29/1993. Il Governo ha varato, successivamente, un nuovodecreto legislativo correttivo del D.Lgs. 29/1993 e del D.Lgs. 80/1998, il D.Lgs. 29 ottobre 1998, n. 387. A seguire,il D.Lgs. 267/2000, T.U.E.L., ha individuato agli artt. 88 e segg., le specifiche norme applicabili al personale deglienti locali.

Oggi la disciplina del pubblico impiego è dettata dal D.Lgs. 165/2001, contenente normegenerali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, succes-sivamente integrato, segnatamente in tema di dirigenza e vicedirigenza, dalla L. 15-7-2002, n.145, che ai fini di una maggiore efficienza dell’azione della P.A., spinge anche nella direzionedi un maggior interscambio tra dirigenza pubblica e privata.

Importanti novità sono state introdotte dalla L. 133/2008 (c.d. manovra d’estate) — diconversione, con modificazioni, del D.L. 112/2008 — in linea con la scelta politica dicontrastare l’inefficienza nella P.A.

I principali cambiamenti riguardano collaborazioni e consulenze (art. 46), reclutamentoordinario e lavoro flessibile (art. 49), instaurazione del rapporto di lavoro (art. 40), controllisu incompatibilità e cumulo di impieghi e incarichi (art. 47), certificazione dei contratticollettivi integrativi (art. 67), progressione degli stipendi (art. 69), riduzione delle pensioni diservizio (art. 70), assenze per malattia e per permesso retribuito (art. 71), part-time (art. 73).

La ratio ispiratrice della riforma in senso privatistico dell’impiego pubblico risiede nella volontà di abolire ledifferenziazioni tra lavoro pubblico e privato, nonché di recepire contestualmente, nel pubblico impiego, regolegiuridiche e comportamentali tradizionalmente proprie degli operatori economici privati. Questa ratio si è tradottain un riassetto complessivo del sistema delle fonti del pubblico impiego, i cui caratteri salienti sono:

a) l’assoggettamento dei pubblici dipendenti alla normativa di diritto comune;b) la contrattualizzazione dei rapporti individuali di lavoro.

Il comma 2 dell’art. 2 del D.Lgs. 165/2001 dispone che i rapporti di lavoro e di impiego deidipendenti delle amministrazioni pubbliche — con le eccezioni di cui si è detto — sono regolati

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dalle disposizioni dettate dal capo I, titolo II, del libro V del codice civile, salve le diversedisposizioni contenute nel decreto.

Il pubblico impiego viene quindi integralmente assoggettato alla regolamentazione priva-tistica, ossia a tutte le disposizioni dettate, per il lavoro privato, sia dal codice civile che dallalegislazione speciale.

Il comma 3 dell’art. 2 del D.Lgs. 165/2001 dispone che i rapporti di lavoro ed impiegopubblico sono regolati contrattualmente.

I contratti collettivi, destinati alla regolamentazione del trattamento economico, sonostipulati secondo i criteri statuiti dal titolo III del decreto delegato (v. §5). I contratti individualidevono conformarsi ai principi della parità di trattamento e del rispetto dei minimi retributivistabiliti in sede di contrattazione collettiva.

Tale disposizione sancisce il principio della contrattualizzazione del rapporto di pubblicoimpiego: al sistema previgente (in cui la regolamentazione del rapporto di lavoro era principal-mente riservata alle determinazioni unilaterali della P.A. o alla legge) se ne sostituisce unocompletamente nuovo, in cui la definizione del rapporto, con particolare riferimento ai profilieconomici, viene riservata alla contrattazione, individuale e collettiva.

Sulla disciplina del pubblico impiego è intervenuta, da ultimo, la L. 4 marzo 2009, n. 15,recante «Delega al Governo finalizzata all’ottimizzazione della produttività del lavoropubblico e alla efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni nonché disposizioniintegrative delle funzioni attribuite al Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro e allaCorte dei conti».

Si tratta della cd. legge delega per la produttività nel pubblico impiego (definita spesso, nel linguaggiocomune, anche «legge antifannulloni»), messa a punto dal Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazioneBrunetta e parte integrante della nuova strategia di Governo in vista della riforma della P.A.

In particolare, il Governo è delegato ad adottare, entro il termine di nove mesi dall’entratain vigore della legge de qua, uno o più decreti legislativi, secondo i principi e criteri direttividalla stessa enunciati nei successivi articoli, volti a riformare la disciplina del rapporto di lavorodei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, di cui all’art. 2, comma 2, D.Lgs. 165/2001,e della relativa contrattazione collettiva.

Gli obiettivi sono i seguenti:

— convergenza degli assetti regolativi del lavoro pubblico con quelli del lavoro privato, con particolare riferimentoal sistema delle relazioni sindacali;

— miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia delle procedure della contrattazione collettiva;— introduzione di sistemi interni ed esterni di valutazione del personale e delle strutture, destinati ad assicurare

l’offerta di servizi conformi agli standard internazionali di qualità e a consentire agli organi di vertice politicidelle pubbliche amministrazioni l’accesso diretto alle informazioni relative alla valutazione del personaledipendente;

— garanzia della trasparenza dell’organizzazione del lavoro nelle pubbliche amministrazioni e dei relativi sistemiretributivi;

— valorizzazione del merito e conseguente riconoscimento di meccanismi premiali per i singoli dipendenti sullabase dei risultati conseguiti dalle relative strutture amministrative;

— definizione di un sistema più rigoroso di responsabilità dei dipendenti pubblici;— affermazione del principio di concorsualità per l’accesso al lavoro pubblico e per le progressioni di carriera;— introduzione di strumenti che assicurino una più efficace organizzazione delle procedure concorsuali su base

territoriale, conformemente al principio della parità di condizioni per l’accesso ai pubblici uffici, da garantire,mediante specifiche disposizioni del bando, con riferimento al luogo di residenza dei concorrenti, quando tale

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requisito sia strumentale all’assolvimento di servizi altrimenti non attuabili o almeno non attuabili con identicorisultato;

— previsione dell’obbligo di permanenza per almeno un quinquennio nella sede della prima destinazione anche peri vincitori delle procedure di progressione verticale, considerando titolo preferenziale, nell’ambito di questeultime, la permanenza nelle sedi carenti di organico.

Gli ambiti entro i quali l’esecutivo sarà tenuto ad intervenire riguarderanno, in particolare:

— la contrattazione collettiva ed integrativa e la funzionalità delle amministrazioni pubbliche, soprattuttoriguardo alla esigenza di riordino delle procedure della contrattazione medesima, anche in coerenza con il settoreprivato;

— i meccanismi di valutazione delle strutture e del personale delle pubbliche amministrazioni, nonchè il principiodi trasparenza, con particolare riferimento alla accessibilità delle informazioni concernenti ogni aspettodell’organizzazione delle amministrazioni stesse;

— l’introduzione, nell’ambito dell’organizzazione della P.A., di strumenti di valorizzazione del merito e metodidi incentivazione della produttività e della qualità della prestazione lavorativa;

— la materia della dirigenza pubblica, soprattutto in relazione ad una maggiore responsabilizzazione edautonomia dei dirigenti, nel più ampio contesto del rafforzamento della distinzione tra attività di indirizzo econtrollo e funzioni di gestione amministrativa;

— la responsabilità dei dipendenti pubblici e, in particolare, il sistema delle sanzioni disciplinari.

Vi è poi una serie di norme immediatamente applicative, che cioè prescindono dall’esercizio della delega. Traqueste è possibile citare l’ultimo comma dell’art. 6 della citata legge (di modifica del comma 11 dell’art. 72 del D.L.112/2008, conv. in L. 133/2008); l’art. 8, recante una norma interpretativa in materia di vicedirigenza; e, infine, gliartt. 9 e 11 diretti a disciplinare, rispettivamente, il CNEL e la Corte dei conti.

3. AMBITO DI APPLICAZIONE DEL D.LGS. 165/2001

A) Disciplina generale

I commi 2 e 3 dell’art. 1 del D.Lgs. 165/2001 (T.U. pubblico impiego) determinano l’ambito di applicazionedella normativa di riforma in tema di pubblico impiego.

Il legislatore ha opportunamente chiarito che per «amministrazioni pubbliche», si intendono le amministrazionidello Stato, anche ad ordinamento autonomo, gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative,le aziende autonome, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi ed associazioni, leistituzioni universitarie, gli istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato edagricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali e le amministra-zioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’ARAN e le Agenzie di cui al D.Lgs. 300/1999.

B) I rapporti esclusi dalla privatizzazione

Il comma 1 dell’art. 3 del D.Lgs. 165/2001 individua le categorie di dipendenti esentatedall’applicazione della normativa di diritto comune e dal processo di contrattualizzazione di cui siè detto (per tali categorie non opera neanche il trasferimento della giurisdizione al giudice ordinario).

Esso, infatti, dispone che rimangono assoggettate alla previgente disciplina i rapporticoncernenti:

a) magistrati ordinari, amministrativi e contabili;b) avvocati e procuratori dello Stato;c) personale militare e delle forze di polizia;d) personale delle carriere diplomatica e prefettizia, quest’ultima a partire dalla qualifica di

vice-consigliere di prefettura;

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e) dipendenti che svolgono la loro attività nelle materie contemplate dall’art. 1 del D.Lgs.C.p.S. 691/1947 (risparmio, funzione creditizia e valutaria), e dalle leggi 281/1985 (tuteladel risparmio, valori mobiliari) e 287/1990 (tutela della concorrenza e del mercato).

La L. 252/2004 ha, poi, inserito il comma 1bis, in base al quale il rapporto di impiego del personale del Corponazionale dei vigili del fuoco, con esclusione del personale volontario, è disciplinato in regime di diritto pubblicosecondo autonome disposizioni ordinamentali.

Ai sensi del comma 2 dell’art. 3 cit. «Il rapporto di impiego dei professori e ricercatori universitari restadisciplinato dalle disposizioni rispettivamente vigenti, in attesa della specifica disciplina che lo regoli in modoorganico ed in conformità ai principi dell’autonomia universitaria, di cui all’art. 33 della Costituzione ed agli artt.6 e seguenti della legge 9 maggio 1989, n. 168, tenuto conto dei principi di cui all’art. 2, comma 1, della legge 23ottobre 1992, n. 421».

Il D.P.R. 27 luglio 2005 n. 154 ha, infine, escluso dal regime di diritto privato anche il personale della carrieradirigenziale penitenziaria.

4. IL SISTEMA DELLE FONTI DEL PUBBLICO IMPIEGO

A) Legge e contratto nel sistema delle fonti

L’art. 2, comma 2 D.Lgs. 165/2001 precisa che i rapporti di lavoro dei dipendenti delleamministrazioni pubbliche sono disciplinati dal codice civile e dalle leggi speciali sul lavoronell’impresa (compreso lo Statuto dei lavoratori, che trova integrale applicazione anche nelpubblico impiego), fatte salve le diverse disposizioni contenute nello stesso decreto (cheresta l’unica fonte di norme derogatorie alla disciplina di diritto comune).

Quanto all’affermata contrattualizzazione, l’art. 2, comma 3, dichiara esplicitamente che irapporti di lavoro sono regolati contrattualmente, mentre l’art. 40, comma 1 precisa che lacontrattazione collettiva si svolge su tutte le materie relative al rapporto di lavoro.

B) I rapporti tra le fonti

Il rapporto di lavoro alle dipendenze della P.A. è, quindi, regolato dai contratti, individualie collettivi. I primi non possono, però, violare il principio della parità di trattamento contrattualefra i dipendenti né introdurre trattamenti inferiori a quelli previsti dalla contrattazione collettivama, alle condizioni previste, possono partecipare alla determinazione del trattamento econo-mico del dipendente.

Quanto ai rapporti tra legge e contratto collettivo, a tutela del principio di contrattualizzazione del rapporto dilavoro l’art. 2 D.Lgs. 165/2001 introduce due strumenti: innanzitutto, incrementi retributivi non previsti da contrattie introdotti da disposizioni di legge, regolamenti o atti amministrativi cessano automaticamente di avere efficaciadall’entrata in vigore del relativo rinnovo contrattuale.

I trattamenti normativi contenuti in fonti unilaterali applicabili solo ai dipendenti pubblici o ad alcune categoriedi essi, invece, possono essere derogati dalla contrattazione collettiva successiva e, per la parte derogata, non sonoulteriormente applicabili salvo che la legge disponga espressamente in senso contrario.

La citata L. 15/2009, sulla produttività del pubbblico impiego, ha, inoltre, statuito che dovranno essere precisatigli ambiti della disciplina del rapporto di lavoro pubblico riservati, rispettivamente, alla contrattazione e alla legge,fermo restando la riserva in favore della contrattazione collettiva sulla determinazione dei diritti e delle obbligazionidirettamente pertinenti al rapporto di lavoro.

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5. LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA

A) I livelli di contrattazione

L’art. 40 D.Lgs. 165/2001 individua esplicitamente due livelli di contrattazione:

1. contratti collettivi nazionali di comparto (nell’ambito di questo livello, si distingue poiusualmente tra contratti collettivi di lavoro — CCNL — e contratti, pur sempre nazionali,ma integrativi del CCNL, in quanto finalizzati ad integrare o specificare aspetti nello stessotrattati o a definire materie non affrontate e risolte in seno al CCNL, perché particolarmentecontroverse tra le parti, cd. «code contrattuali»);

2. contratti integrativi (questi, svolti a livello di singola amministrazione, sostituiscono iprecedenti contratti collettivi decentrati e costituiscono la disciplina di dettaglio che, nelrispetto delle linee del CCNL, regola aspetti particolari quali le mansioni specifiche, leprogressioni di carriera etc.).

Sono, inoltre, previsti appositi accordi quadro che regolano istituti comuni a più comparti o a tutte leamministrazioni, o che definiscono o modificano i comparti e le aree, per i quali vigono alcune disposizioniparticolari relative alla procedura con cui sono conclusi. Difatti il livello intercompartimentale (il cui indirizzo vienedettato in forma collegiale tramite un apposito organismo di coordinamento costituito presso l’ARAN, ai sensidell’art. 41, comma 6, D.Lgs. 165/2001), pur se ridimensionato, resta comunque deputato alla previsione e alladisciplina dei comparti di contrattazione, degli arbitrati e della conciliazione, delle prerogative sindacali e pertematiche di analogo respiro.

I comparti, costituiti mediante appositi CCNQ sottoscritti in varie occasioni dal primo del2-6-1998 al più recente dell’11-6-2007, costituiscono l’unità fondamentale della contratta-zione collettiva e devono riguardare, per espressa disposizione dell’art. 40, D.Lgs. 165/2001,settori omogenei o affini.

All’autonomia negoziale è affidato il compito di definire, in coerenza con il settore privato,la durata dei contratti collettivi, la struttura contrattuale e i rapporti fra i diversi livelli.

Ai sensi dell’art. 40, comma 3, D.Lgs. 165/2001, la contrattazione integrativa si svolge,invece, nel rispetto dei vincoli di bilancio risultanti dagli strumenti di programmazione annualee pluriennale di ciascuna amministrazione, sulle materie e nei limiti stabiliti dai contrattinazionali, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedano e può avereambito territoriale e riguardare più amministrazioni.

Qualora la contrattazione integrativa violi i vincoli risultanti dai contratti nazionali o comporti oneri imprevisti,le sue clausole sono nulle di diritto e non possono essere applicate. Tale disposizione è stata esplicitata anche dallafinanziaria per il 2002, L. 488/2001, all’art. 17.

A tale riguardo, occorre ricordare che la legge delega n. 15/2009 ha stabilito anche una serie di principi e criteriin materia di contrattazione collettiva e integrativa e funzionalità delle amministrazioni pubbliche. In argomento,l’esercizio della delega appare rivolto a modificare la disciplina della contrattazione al fine di conseguire unamigliore organizzazione del lavoro.

B) L’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni

Una delle novità introdotte dalla riforma del pubblico impiego è l’Agenzia per la rappresentanza negoziale dellepubbliche amministrazioni, organismo dotato di personalità giuridica di diritto pubblico e di autonomia organizza-tiva e contabile nei limiti del proprio bilancio.

L’ARAN ha la rappresentanza legale delle pubbliche amministrazioni, esercita a livello nazionale ogni attivitàrelativa alle relazioni sindacali, alla negoziazione dei contratti collettivi e all’assistenza delle (sole) pubbliche

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amministrazioni ai fini dell’uniforme applicazione dei contratti collettivi. Essa cura, inoltre, le necessarie attivitàdi studio, monitoraggio e documentazione, assicura la raccolta dei dati sui voti e sulle deleghe dei sindacati daammettere alla contrattazione e può fornire assistenza ai fini della contrattazione integrativa o spiegare interventiai fini della corretta interpretazione dei contratti collettivi, nei giudizi sulle controversie di lavoro ove si facciaquestione rilevante in tema di validità, efficacia o interpretazione di contratti collettivi ed il cui esito possa avereripercussioni di rilievo sui contratti nazionali o sulla spesa pubblica.

La L. 15/2009, nel più ampio contesto di riordino delle procedure di contrattazione collettiva ed integrativa,prevede anche una riorganizzazione delle competenze, della struttura e degli organi dell’ARAN, sulla base delleseguenti direttrici fondamentali:

— rafforzamento della indipendenza di detta struttura dalle rappresentanze sindacali;— potenziamento del potere di rappresentanza delle Regioni e degli enti locali;— rafforzamento del potere direttivo dei comitati di settore nei confronti dell’ARAN;— riduzione del numero dei comparti e delle aree di contrattazione;— modificazione della durata dei contratti, nell’ottica della riduzione dei tempi e dei ritardi che caratterizzano i

rinnovi contrattuali;— rafforzamento del regime dei vigenti controlli sui contratti collettivi integrativi, in particolare prevedendo

specifiche responsabilità della parte contraente pubblica e degli organismi deputati al controllo sulla compati-bilità dei costi;

— semplificazione del procedimento di contrattazione, anche attraverso l’eliminazione di quei controlli che nonsono strettamente funzionali a verificare la compatibilità dei costi degli accordi collettivi.

C) Le rappresentanze sindacali

Rappresentanti dei lavoratori, relativamente alla stipula dei contratti collettivi nazionali,sono le organizzazioni sindacali che abbiano nel comparto una rappresentatività non inferioreal 5%, considerando, a tal fine, la media tra il dato associativo (numero iscritti) ed il datoelettorale (numero voti conseguiti, ad esempio nelle elezioni dei componenti della R.S.U.).

Alla contrattazione collettiva nazionale partecipano, inoltre, le confederazioni alle qualisiano affiliate le organizzazioni sindacali come sopra individuate.

Condizione necessaria affinché l’ARAN sottoscriva il contratto è la preventiva verifica chele organizzazioni sindacali aderenti all’ipotesi di accordo rappresentino nel loro complessoalmeno il 51% come media tra dato associativo e dato elettorale nel comparto contrattuale oalmeno il 60% del dato elettorale nel medesimo ambito (art. 43, D.Lgs. 165/2001).

D) La formazione del contratto. Efficacia e vincolatività del contratto

Il procedimento di contrattazione collettiva è disciplinato dall’art. 47 D.Lgs. 165/2001.Viene, innanzitutto, previsto che gli indirizzi per la contrattazione collettiva nazionale siano

deliberati dai comitati di settore prima di ogni rinnovo contrattuale e negli altri casi in cui èrichiesta un’attività negoziale dell’ARAN.

Raggiunta l’ipotesi di accordo, l’ARAN trasmette il testo concordato al comitato di settoreche deve comunicare il parere favorevole entro 5 giorni dalla ricezione del testo. Acquisito ilparere favorevole, l’ARAN trasmette, il giorno successivo, la quantificazione dei costicontrattuali, ai fini della certificazione di compatibilità con gli strumenti di programmazionee di bilancio, alla Corte dei conti, la quale, entro 15 giorni, deve verificare la compatibilitàappena citata.

La procedura di certificazione deve concludersi nei 40 giorni successivi alla sottoscrizionedell’ipotesi di accordo; essa, se è positiva, porta alla definitiva sottoscrizione. Se, invece, nonè positiva, le parti contraenti non possono procedere alla definitiva sottoscrizione e le

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trattative devono ricominciare, con la sottoscrizione di una nuova ipotesi di accordo, e conl’adeguamento dei costi contrattuali ai fini della certificazione (al riguardo, è da ricordare chei commi 6 e 7 dell’art. 47 in questione, concernenti proprio la certificazione non positiva dellaCorte dei conti e la fase finale della procedure di contrattazione, sono stati sostituiti dalladisciplina dettata dal D.L. 112/2008, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico,la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazionetributaria, conv. in L. 133/2008).

In ogni caso, i contratti per i quali non si sia conclusa la procedura di certificazionedivengono efficaci trascorso il cinquantacinquesimo giorno dalla sottoscrizione della ipotesidi accordo.

Decorsi 40 giorni dalla sottoscrizione, i contratti diventano efficaci e vengono pubblicati inG.U. o sul B.U.

Sempre la cd. «manovra d’estate», all’art. 67, ha previsto che le amministrazioni, inattuazione dei principi di responsabilizzazione e di efficienza, saranno tenute a trasmettere allaCorte dei conti, entro il 31 maggio di ogni anno, specifiche informazioni sulla contrattazioneintegrativa e a pubblicare le medesime anche sul proprio sito web. In caso di inosservanza ditale obbligo, è fatto divieto per le amministrazioni di procedere a qualsiasi adeguamento dellerisorse destinate alla contrattazione integrativa.

Da ricordare, infine, che la L. 15/2009, all’art. 3, ha previsto una modificazione, in coerenza con il settore privato,della durata dei contratti, al fine di ridurre i tempi e i ritardi dei rinnovi e di far coincidere il periodo diregolamentazione giuridica con quello di regolamentazione economica.

Il contratto collettivo, una volta sottoscritto, acquista efficacia erga omnes, cioè sia per leamministrazioni che per tutti i lavoratori interessati.

Quanto alla vincolatività dei contratti, il problema non si pone per la parte pubblica, che è rappresentatadall’ARAN, che è un organismo unitario. Peraltro l’art. 40, comma 4, D.Lgs. 165/2001 esplicitamente dispone che«Le pubbliche amministrazioni adempiono agli obblighi assunti con i contratti collettivi nazionali o integrativi […]e ne assicurano l’osservanza nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti», mentre l’art. 45, comma 2, imponealle amministrazioni di garantire ai propri dipendenti trattamenti non inferiori a quelli previsti dai rispettivi contratticollettivi.

La vincolatività dei contratti assume aspetti più complessi nei confronti dei dipendenti delle pubblicheamministrazioni.

L’esclusione del recepimento del testo del contratto in un atto regolamentare ha posto, infatti, il problemadell’applicazione uniforme e generalizzata a tutti i dipendenti, indipendentemente dall’adesione degli stessi alleorganizzazioni sindacali stipulanti.

Sul punto si è espressa la Corte costituzionale con la sentenza 16-10-1997, n. 309, secondo la quale il pubblicodipendente rinviene nel contratto individuale di lavoro «la fonte regolatrice del proprio rapporto: l’obbligo diconformarsi, negozialmente assunto, nasce proprio dal rinvio alla disciplina collettiva contenuta in talecontratto». Infatti, l’obbligo per la P.A., di assicurare ai dipendenti un trattamento non inferiore a quellogarantito dai contratti collettivi, e di applicare condizioni contrattuali uniformi agli stessi impone che, nei contrattiindividuali di lavoro, siano richiamati quelli collettivi e, tramite il detto rinvio, questi ultimi finiscono per spiegareeffetti anche nei confronti dei lavoratori non legati alle organizzazioni sindacali firmatarie degli accordi.

6. ORGANIZZAZIONE DEGLI UFFICI

Il D.Lgs. 165/2001 precisa, in ossequio alla riserva di legge di cui all’art. 97 Cost., che leamministrazioni pubbliche definiscono, secondo principi generali fissati da disposizioni di

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legge e mediante atti organizzativi, nonché in base ai rispettivi ordinamenti, le linee fondamen-tali di organizzazione degli uffici, individuano gli uffici di maggiore rilevanza e i modi diconferimento della titolarità degli stessi; determinano le dotazioni organiche complessive (art.2, comma 1).

La consistenza e la variazione delle dotazioni organiche sono determinate in funzione dellefinalità di cui all’art. 2, comma 1, D.Lgs. 165/2001, previa verifica degli effettivi fabbisogni eprevia consultazione delle organizzazioni sindacali rappresentative ai sensi dell’art. 9. L’obiet-tivo dell’aggiornamento delle dotazioni organiche all’effettiva realtà organizzativa dell’ente ègarantito dal vincolo di revisione periodica e comunque biennale delle dotazioni organiche.

7. LA DIRIGENZA PUBBLICA

A) Generalità

La dirigenza pubblica ha trovato la sua prima organica e autonoma regolamentazione nelD.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, che scorporò la carriera dirigenziale da quella direttiva.

La L. 59/1997, nel premere l’acceleratore della privatizzazione, ha ribadito la necessità direndere più netta la distinzione tra compiti di direzione politica e compiti gestionali e ha optatoper l’eliminazione di ogni differenza di regime giuridico fra dirigenti generali e dirigenti,privatizzando anche la prima categoria. Sulla base della delega contenuta in tale legge, è statoemanato il D.Lgs. 80/1998, che ha riscritto la disciplina della dirigenza pubblica.

Il citato dettato normativo ha previsto:

— una più chiara distinzione fra la funzione d’indirizzo politico-amministrativo del Ministro e i compiti gestionalidei dirigenti, che non possono essere derogati se non espressamente e ad opera di specifiche disposizionilegislative;

— la costituzione di un ruolo unico articolato in due fasce agli effetti del trattamento economico e ai fini delconferimento degli incarichi di dirigenza generale (il ruolo è stato successivamente abolito dalla L. 145/2002);

— la durata determinata degli incarichi dirigenziali;— la nuova disciplina della responsabilità, che giunge a prevedere anche l’esclusione da ulteriori incarichi e la

risoluzione del rapporto nei casi di maggior gravità;— un trattamento economico che sia in grado di remunerare le funzioni effettivamente svolte e le connesse

responsabilità;— un accesso alla dirigenza improntato sul concorso per esami e articolato differentemente a seconda che si tratti

di dipendenti di pubbliche amministrazioni oppure di soggetti estranei;— una maggiore attenzione alla formazione del ceto dirigente, attraverso la predisposizione di un ciclo di attività

formative per i vincitori di concorsi comprensivo anche di un periodo di stage presso amministrazioni italianeo straniere.

Sull’argomento occorre, inoltre, segnalare la legge di riordino della dirigenza n. 145/2002che, intervenendo sulle disposizioni del D.Lgs. 165/2001, e dettando anche norme nuove, sicaratterizza per la previsione di disposizioni ad hoc atte a favorire lo scambio di manager frapubblico e privato.

In ogni amministrazione è istituito un ruolo dei dirigenti, organizzato e gestito secondo ledisposizioni del D.P.R. 108/2004.

Ai sensi dell’art. 2 del D.P.R. 272/2004, le amministrazioni devono comunicare allaPresidenza del Consiglio – Dipartimento della funzione pubblica, in coerenza con la program-mazione del fabbisogno del personale, entro il 30 giugno di ogni anno, il numero dei posti che

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si renderanno vacanti entro l’anno. L’accesso alla dirigenza può altresì avvenire medianteincarichi diretti esterni. Con il provvedimento di conferimento dell’incarico ne sono indivi-duati l’oggetto e gli obiettivi da conseguire, con riferimento alle priorità, ai piani e ai programmidefiniti dall’organo di vertice nei propri atti di indirizzo e alle eventuali modifiche degli stessiche intervengano nel corso del rapporto, nonché la durata dell’incarico, che deve esserecorrelata agli obiettivi prefissati e che, comunque, non può essere inferiore a tre anni néeccedere il termine di cinque anni. Tali incarichi sono rinnovabili (art. 19 D.Lgs. 165/2001mod. dalla L. 168/2005). La definizione del trattamento economico spetta al contrattoindividuale che accede al provvedimento medesimo.

Si ricorda, inoltre, che in base alle modifiche introdotte dalla L. 168/2005 i dirigenti della seconda fascia possonotransitare nella prima qualora abbiano ricoperto incarichi di direzione di uffici dirigenziali generali o equivalenti,per un periodo pari almeno a tre anni (in luogo degli originari cinque).

Ulteriori norme sono contenute nel D.L. 112/2008 conv. in L. 133/2008 e in particolare,tra quelle più significative:

— l’art. 25 comma 3, ai sensi del quale — in materia di riduzione degli oneri amministrativi— ciascun Ministro, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innova-zione e con il Ministro per la semplificazione normativa, adotta il piano di riduzione degli oneriamministrativi, che definisce le misure normative, organizzative e tecnologiche finalizzate alraggiungimento dell’obiettivo prefissato (riduzione per una quota complessiva del 25 percento), assegnando i relativi programmi ed obiettivi ai dirigenti titolari dei centri diresponsabilità amministrativa. Del raggiungimento dei risultati indicati nei singoli pianiministeriali di semplificazione si tiene conto nella valutazione dei dirigenti responsabili;

— l’art. 41 che, in materia di modifiche alla disciplina dell’orario di lavoro, demanda allacontrattazione collettiva il compito di definire per il personale delle aree dirigenziali degliEnti e delle Aziende del Servizio Sanitario Nazionale, in ragione della qualifica possedutae delle necessità di conformare l’impegno di servizio al pieno esercizio della responsabilitàpropria dell’incarico dirigenziale, il compito di definire le modalità atte a garantire aidirigenti condizioni di lavoro che consentano una protezione appropriata ed il pienorecupero delle energie psico-fisiche;

— l’art. 49, che sostituisce l’art. 36 D.Lgs. 165/2001, prevede un aggravio di responsabilità peri dirigenti che operano in violazione delle disposizioni in materia di lavoro flessibile; questi,infatti, oltre ad avere una responsabilità patrimoniale, sono chiamati a rispondere di taliviolazioni anche ai sensi dell’art. 21 D.Lgs. 165/2001, ai sensi del quale il mancatoraggiungimento degli obiettivi, ovvero l’inosservanza delle direttive imputabili al dirigente,comportano, ferma restando l’eventuale responsabilità disciplinare, l’impossibilità dirinnovo dell’incarico dirigenziale nonché, in relazione alla gravità dei casi, la possibilità perl’amministrazione di revocare l’incarico collocando il dirigente a disposizione dei ruoli odi recedere dal rapporto di lavoro secondo le disposizioni del contratto collettivo. Di taliviolazioni, inoltre, si tiene conto in sede di valutazione dell’operato del dirigente secondole disposizioni di legge;

— l’art. 61 che prevede il taglio dei fondi per la retribuzione accessoria, operato anche peri dirigenti;

— l’art. 74 che prevede il ridimensionamento degli assetti organizzativi esistenti, secondoprincipi di efficienza, razionalità ed economicità, operando la riduzione degli uffici

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dirigenziali di livello generale e di quelli di livello non generale, in misura non inferiore,rispettivamente, al 20 e al 15 per cento di quelli esistenti;

— l’art. 83 che, nel più ampio quadro di interventi rivolti a garantire una maggiore efficienzadell’amministrazione finanziaria, al fine di favorire lo scambio di esperienze professio-nali e amministrative tra le agenzie fiscali attraverso la mobilità dei loro dirigenti generalidi prima fascia, nonché di contribuire al perseguimento della maggiore efficienza efunzionalità di tali agenzie, prevede che su richiesta nominativa del direttore di un’agenziafiscale – il quale è tenuto a indicare l’alternativa fra almeno due incarichi da conferire – ilMinistro dell’economia e delle finanze possa assegnare a tale agenzia il dirigente generaledi prima fascia in servizio presso altra agenzia fiscale, sentito il direttore dell’agenzia pressola quale è in servizio il dirigente generale richiesto.In caso di rifiuto ad accettare gli incarichi alternativamente indicati nella richiesta, il dirigentegenerale è messo in esubero ai sensi delle disposizioni contenute nel D.Lgs. 165/2001.

B) Lo spoils system

In via generale la locuzione «spoils system» indica la facoltà riconosciuta alla parte politicavincitrice nella competizione elettorale di collocare persone di fiducia nei posti chiavedell’apparato burocratico.

Essa sintetizza il complesso dei poteri che consentono agli organi politici (Ministro, Consiglio dei Ministri,Presidente della Regione, Presidente della Provincia e Sindaco) di scegliere, di norma fra soggetti già dipendentidell’amministrazione, le figure di vertice (segretari generali, capi dipartimento, direttori generali, segretari comunaliecc.). Il sistema è generalmente congegnato in modo che i tempi dell’incarico dei prescelti non eccedano la duratain carica dell’organo politico che li ha designati. Ciò non vuol dire però che, a seguito del cambio di maggioranzapolitica, l’amministrazione licenzi questi soggetti: essi sono posti a disposizione per altri incarichi. Solo per queisoggetti scelti all’esterno dell’amministrazione e assunti a tempo determinato (ad esempio il direttore generale delComune) la cessazione dalla carica dell’organo politico segna anche la fine del rapporto di lavoro.

C) Le novità in materia di dirigenza previste dalla legge delega n. 15/2009

Sulla disciplina della dirigenza pubblica ha inciso, da ultimo, la legge delega n. 15/2009,la ratio della quale va ravvisata nella esigenza di conseguire la migliore organizzazione dellavoro e di assicurare il progressivo miglioramento della qualità delle prestazioni erogateal pubblico, utilizzando anche i criteri di gestione e di valutazione del settore privato. Lefinalità sono quelle di realizzare adeguati livelli di produttività del lavoro pubblico e difavorire il riconoscimento di meriti e demeriti, nonché di rafforzare il principio didistinzione tra le funzioni di indirizzo e controllo spettanti agli organi di governo e lefunzioni di gestione amministrativa spettanti alla dirigenza, nel rispetto della giurispruden-za costituzionale in materia, regolando il rapporto tra organi di vertice e dirigenti titolari diincarichi apicali in modo da garantire la piena e coerente attuazione dell’indirizzo politico degliorgani di governo in ambito amministrativo.

I princìpi e criteri direttivi a cui deve attenersi il Governo si sostanziano, ai sensi dell’art. 6 della citata leggedelega:

a) nell’affermare la piena autonomia e responsabilità del dirigente, in qualità di soggetto che esercita i poteri deldatore di lavoro pubblico, nella gestione delle risorse umane;

b) nel prevedere una specifica ipotesi di responsabilità del dirigente, in relazione agli effettivi poteri datoriali, nelcaso di omessa vigilanza sulla effettiva produttività delle risorse umane assegnate e sull’efficienza della relativa

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Capitolo Sesto: Il pubblico impiego 211

struttura nonché, all’esito dell’accertamento della predetta responsabilità, il divieto di corrispondergli iltrattamento economico accessorio;

c) nel prevedere la decadenza dal diritto al trattamento economico accessorio nei confronti del dirigente che, senzagiustificato motivo, non abbia avviato il procedimento disciplinare nei confronti dei dipendenti, nei casi in cuisarebbe stato dovuto;

d) nel limitare la responsabilità civile dei dirigenti alle ipotesi di dolo e di colpa grave;e) nel prevedere sanzioni adeguate per le condotte dei dirigenti, omettano di avviare il procedimento disciplinare

entro i termini di decadenza previsti, ovvero in ordine a tali atti rendano valutazioni irragionevoli o manifesta-mente infondate;

f) nel prevedere che l’accesso alla prima fascia dirigenziale avvenga mediante il ricorso a procedure selettivepubbliche concorsuali per una percentuale dei posti;

g) nel prevedere, inoltre, che il conferimento dell’incarico dirigenziale generale ai vincitori delle procedureselettive appena citate sia subordinato al compimento di un periodo di formazione, non inferiore a sei mesi,presso uffici amministrativi di uno Stato dell’Unione europea o di un organismo comunitario o internazionale;

h) nel ridefinire i criteri di conferimento, mutamento o revoca degli incarichi dirigenziali, nonché nel ridefinire,altresì, la disciplina relativa al conferimento degli incarichi ai soggetti estranei alla pubblica amministrazionee ai dirigenti non appartenenti ai ruoli;

i) nel ridefinire e ampliare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, le competenze e la struttura delComitato dei garanti, ex art. 22 D.Lgs. 165/2001;

l) nel valorizzare le eccellenze nel raggiungimento degli obiettivi fissati mediante erogazione mirata deltrattamento economico accessorio ad un numero limitato di dirigenti nell’ambito delle singole strutture;

m) nel rivedere la disciplina delle incompatibilità per i dirigenti pubblici e rafforzarne l’autonomia rispetto alleorganizzazioni rappresentative dei lavoratori e all’autorità politica;

n) nel semplificare la disciplina della mobilità nazionale e internazionale dei dirigenti delle pubbliche amministrazioni;o) nel promuovere la mobilità professionale e intercompartimentale dei dirigenti, con particolare riferimento al

personale dirigenziale appartenente a ruoli che presentano situazioni di esubero;p) nel prevedere che, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, la componente della retribuzione legata

al risultato sia fissata, nel medio periodo, per i dirigenti in una misura non inferiore al 30 per cento dellaretribuzione complessiva, fatta eccezione per la dirigenza del Servizio sanitario nazionale;

q) nello stabilire il divieto di corrispondere l’indennità di risultato ai dirigenti qualora le amministrazioni diappartenenza, decorso il periodo transitorio fissato dagli emanandi decreti legislativi, non abbiano predispostosistemi di valutazione dei risultati coerenti con i principi contenuti nella stessa legge.

8. ACCESSO AL PUBBLICO IMPIEGO

A) Profili costituzionali

L’art. 97 Cost. prevede che agli impieghi pubblici si accede mediante concorso, salvi i casistabiliti dalla legge.

Tale norma costituzionale è diretta all’assicurazione dell’imparzialità e della efficienzadell’azione amministrativa, in quanto il meccanismo concorsuale dovrebbe tendenzialmentegarantire la selezione di personale qualificato.

B) Accesso tramite procedure selettive

L’art. 35 D.Lgs. 165/2001 prevede che l’assunzione nelle pubbliche amministrazioniavviene attraverso procedure selettive volte all’accertamento della professionalità richiesta,che garantiscano in misura adeguata l’accesso dall’esterno (non è esclusa, quindi, la selezioneinterna che tenga conto dello sviluppo professionale raggiunto dal dipendente attraversoadeguati processi formativi).

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C) Accesso mediante procedure non selettive

Per le qualifiche e i profili per i quali è richiesto il solo requisito della scuola dell’obbligol’assunzione avviene mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento ai sensidella legislazione vigente, facendo salvi gli eventuali ulteriori requisiti per specifiche profes-sionalità.

In tema di collocamento obbligatorio dei lavoratori è intervenuta la L. 12 marzo 1999, n. 68, che ha comefinalità la promozione dell’inserimento e della integrazione lavorativa delle persone disabili (cd. categorie protette)nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato.

Le assunzioni dei soggetti appartenenti alle categorie protette sono effettuate mediante avviamento per mezzodei servizi di collocamento, o mediante convenzioni con appositi organismi. I lavoratori disabili hanno diritto allariserva dei posti messi a concorso.

D) Requisiti per l’ammissione all’impiego

I requisiti generali di accesso e le modalità concorsuali sono stati fissati dal D.P.R. 487/1994. Tale regolamento trova ancora applicazione per le parti non incompatibili con quantoprevisto dall’art. 35, D.Lgs.165/2001, salva la facoltà delle singole amministrazioni di regolarediversamente la materia nell’ambito dei rispettivi ordinamenti.

I requisiti generali, ex art. 2 D.P.R. 487/1994 sono:

a) cittadinanza italiana: tale requisito non è richiesto per i soggetti appartenenti all’UnioneEuropea;

b) età non inferiore a 18 anni senza limiti di età, salvo le deroghe dettate dai regolamenti dellesingole amministrazioni connesse alla natura del servizio o ad oggettive necessità dell’am-ministrazione;

c) idoneità fisica all’impiego: l’amministrazione ha facoltà di sottoporre a visita medica dicontrollo i vincitori di concorsi;

d) godimento dei diritti politici: non possono accedere agli impieghi coloro che sono esclusidall’elettorato politico attivo o coloro che siano stati destituiti dall’impiego presso una P.A.;

e) titolo di studio: varia a seconda del contenuto della prestazione lavorativa richiesta;

A partire dal 1° gennaio 2000 i bandi di concorso dovranno prevedere l’accertamento della conoscenza dell’usodelle apparecchiature e delle applicazioni informatiche più diffuse e di almeno una lingua straniera (vedi art. 37D.Lgs. 165/2001).

Una volta assunto, il dipendente è soggetto ad un periodo di prova che oscilla dai due aiquattro mesi.

Se il periodo di prova termina senza che nessuna delle parti receda (il periodo di prova sicaratterizza proprio in quanto, decorso metà di detto periodo, ciascuna delle parti può recederedal rapporto in qualsiasi momento e senza obbligo di preavviso né di indennità sostitutiva delpreavviso), il dipendente si intende confermato in servizio con il riconoscimento dell’anzianitàdal giorno dell’assunzione a tutti gli effetti.

Secondo quanto stabilito dal comma 5bis dell’art. 35 D.Lgs. 165/2001 (aggiunto dalla legge finanziaria per il2006) «I vincitori dei concorsi devono permanere nella sede di prima destinazione per un periodo non inferiore a5 anni» precisando che si tratta di una disposizione che non può essere derogata dai contratti collettivi nazionali.

La L. 15/2009 ha esteso l’obbligo di permanenza per almeno un quinquennio nella sede della primadestinazione anche per i vincitori delle procedure di progressione verticale, considerando titolo preferenziale nellemedesime procedure di progressione verticale la permanenza nelle sedi carenti di organico.

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Capitolo Sesto: Il pubblico impiego 213

9. I DOVERI DELL’IMPIEGATO

Il rapporto di pubblico impiego si configura come rapporto giuridico bilaterale, da cui derivala sussistenza di una serie di diritti ed obblighi che gravano sia sul lavoratore che sulla P.A.

In base agli artt. 54 e 55 D.Lgs. 165/2001, la definizione dei doveri del dipendente competeal codice di comportamento «uniforme» adottato per tutte le amministrazioni dal Dipartimentodella Funzione pubblica, sentite le confederazioni sindacali rappresentative ai sensi dell’art. 43,e ai codici di comportamento adottati dalle singole amministrazioni, contenenti eventualiintegrazioni e specificazioni al codice generale resesi necessarie in seguito a verifica diapplicabilità. Il codice di comportamento viene recepito in allegato ai contratti collettivi ecoordinato con le previsioni contrattuali in materia di responsabilità disciplinare.

I doveri del dipendente, meglio definiti obblighi per i lavoratori cd. privatizzati, sonocomunque, principalmente riconducibili principalmente ad alcune norme della Costituzione edel codice civile. Tra questi devono essere ricordati:

— il dovere di fedeltà alla Repubblica (art. 51 Cost.);— il dovere di imparzialità e il principio di buon andamento (art. 97 Cost.);— il dovere di diligenza, quello di obbedienza e quello di fedeltà (sanciti negli artt. 2104 e 2105

del codice civile).

10. IL MOBBING

Una tematica strettamente connessa coi doveri di correttezza verso l’ufficio e verso i colleghi, in quanto nerappresenta l’esatto opposto, è quella del cd. mobbing, traducibile dall’inglese to mob come assalto di un gruppoad un individuo, ai fini della sua espulsione dallo stesso.

Si tratta di una forma di forte pressione psicologica o anche fisica, esercitata nel luogo di lavoro da colleghi, datoridi lavoro, o diretti superiori mediante maltrattamenti verbali o vari altri atteggiamenti; esso si sostanzia pertanto inun abuso di potere ripetuto, che causa nell’aggredito sentimenti di angoscia e umiliazione, così diventando per luicausa di stress.

Il mobbing può consistere o nella semplice emarginazione, o nella diffusione di menzogne, o in continue critiche,o ancora nella sistematica persecuzione, nell’assegnazione di compiti dequalificanti, nella compromissionedell’immagine sociale sul posto di lavoro e perfino nel boicottaggio del lavoro altrui (ne sono esempi il pregiudiziodelle prospettive di progressione di carriera, l’ingiustificata rimozione da incarichi già affidati, l’omessa comuni-cazione di informazioni utili allo svolgimento del lavoro, la minimizzazione dei risultati ottenuti). Il tutto al fine diemarginare il mobbizzato, di eliminarlo dall’ambiente di lavoro distruggendolo sotto gli aspetti psicologico e socialesì da provocarne il licenziamento, le dimissioni o il trasferimento.

Gli elementi che caratterizzano la condotta di mobbing sono rappresentati dalla sua protrazione nel tempo(illecito permanente) e dalla volontà che regge tale comportamento, finalizzato alla persecuzione e all’emargina-zione del dipendente (Cass., sez. Lavoro, 9-9-2008, n. 22858).

11. I DIRITTI PATRIMONIALI DELL’IMPIEGATO

A) Generalità

Ai doveri e alle responsabilità dell’impiegato fanno riscontro una serie di diritti, di diversocontenuto e consistenza giuridica.

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Libro Secondo: Diritto amministrativo214

I diritti dell’impiegato si possono distinguere a seconda che abbiano un contenuto patrimo-niale o non patrimoniale.

I diritti di natura patrimoniale possono distinguersi in due categorie principali:

— i diritti contemporanei al rapporto d’impiego e limitati alla durata di questo;— i diritti che, pur avendo causa nel rapporto d’impiego, sono ad esso successivi e ne presuppongono la cessazione.

B) La retribuzione: regime giuridico

Fra i diritti patrimoniali degli impiegati dello Stato, il più importante è quello allo stipendio.Lo stipendio è una prestazione periodica in denaro cui la P.A. è tenuta verso i propri dipendenti,come corrispettivo del servizio prestato; ha senz’altro un carattere retributivo e quindi vacommisurato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto dall’impiegato.

La retribuzione si articola, in genere, in un trattamento fondamentale, comprensivo dellevoci a carattere fisso e continuativo, e in un trattamento accessorio, costituito da emolumentieventuali ed occasionali.

Secondo l’art. 25 del CCNL integrativo Ministeri del 2001 (rubricato «Retribuzione e sue definizioni»), laretribuzione è corrisposta mensilmente, salvo quelle voci del trattamento economico accessorio per le quali lacontrattazione integrativa nazionale di amministrazione prevede diverse modalità temporali di erogazione.

La L. 4-3-2009, n. 15, prevede che dovranno essere introdotti nell’organizzazione delle pubbliche amministra-zioni concreti strumenti di valorizzazione del merito e metodi di incentivazione della produttività e dellaqualità della prestazione lavorativa, secondo le modalità attuative stabilite dalla contrattazione collettiva; inoltre,dovranno essere stabilite percentuali minime di risorse da destinare al merito e alla produttività, previa misurazionedel contributo e del rendimento del singolo dipendente pubblico.

12. I DIRITTI NON PATRIMONIALI

A) Il diritto all’ufficio

Il diritto all’ufficio, come diritto alla permanenza nel rapporto di lavoro, non comporta un diritto assoluto edincondizionato di rimanere in servizio, ma comporta la pretesa da parte dell’impiegato di non essere rimossodall’impiego, se non nelle ipotesi e con le garanzie stabilite dalla legge (art. 31 D.P.R. 3/1957 e artt. 33-34 D.Lgs.165/2001) e dalla contrattazione collettiva (art. 28quater, CCNL Ministeri per il periodo 1994-1997).

B) Il diritto alla funzione

Il diritto alla funzione consiste nel diritto all’esercizio delle funzioni inerenti alla propria qualifica.

In base a quanto dispone l’art. 52 D.Lgs. 165/2001, il prestatore di lavoro può essere adibito:

— alle mansioni per le quali è stato assunto;— alle mansioni considerate equivalenti nell’ambito della classificazione professionale prevista dai contratti

collettivi;— alle mansioni corrispondenti alla qualifica superiore purché quest’ultima sia stata successivamente acquisita per

effetto dello sviluppo professionale o di procedure concorsuali o selettive.

C) Diritto al trasferimento

Si tratta di un diritto solo in pochi casi espressamente previsti, come in caso di riavvicinamento ad un familiareportatore di handicap (art. 33 L. 104/1992), e sempre che ci sia un posto vacante nella sede più vicina allo stesso.

In tutti gli altri casi si tratta solo di un interesse legittimo.

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Capitolo Sesto: Il pubblico impiego 215

13. MOBILITÀ NEL PUBBLICO IMPIEGO

La riorganizzazione, intervenuta negli ultimi anni, in materia di pubblico impiego ha portatoanche alla ridefinizione della disciplina in materia di mobilità del personale dipendente.

In particolare, il D.Lgs. 165/2001, all’art. 30 comma 1 (come modificato dalla L. 246/2005di semplificazione annuale), prevede che le amministrazioni possono ricoprire posti vacantiin organico mediante cessione del contratto di lavoro di dipendenti appartenenti alla stessaqualifica in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento. Iltrasferimento è disposto previo consenso dell’amministrazione di appartenenza.

Detto trasferimento, a sua volta, potrà avvenire sia all’interno dello stesso comparto, qualora sia necessarioricoprire posti vacanti in organico, che nell’ambito di comparti differenti, quando vi sia la necessità di disporre diun lavoratore in possesso di specifiche professionalità.

Gli artt. 33 e 34 del D.Lgs. 165/2001 disciplinano, invece, la mobilità collettiva, procedurache si attiva nel momento in cui le amministrazioni pubbliche rilevino eccedenze di personale(l’eccedenza rilevata deve riguardare dieci dipendenti almeno, numero che si intende raggiuntoanche in caso di dichiarazioni di eccedenza distinte nel corso di un anno) e che si conclude conla collocazione in disponibilità del personale che non sia possibile impiegare diversamentenell’ambito della stessa amministrazione e che non sia possibile ricollocare presso altreamministrazioni, ovvero che non abbia preso servizio presso la diversa sede che ne consenti-rebbe la ricollocazione.

Inoltre, le amministrazioni, prima di procedere a nuove assunzioni, sono tenute a comunicare gli estremi deiconcorsi che intendono bandire alle autorità preposte alla gestione delle procedure di mobilità collettiva, per verificarel’eventuale esistenza di lavoratori pubblici in disponibilità (art. 34bis del D.Lgs. 165/2001, introdotto dalla L. 3/2003).

La L. 24-12-2007, n. 244 (Finanziaria 2008), ai commi 124-130 dell’art. 3, ha, infine,adottato misure straordinarie in materia di mobilità, allo scopo di razionalizzare la ricolloca-zione di dipendenti pubblici in esubero. Le disposizioni prevedono, a tal fine, che la Presidenzadel Consiglio dei Ministri ed il Ministro dell’economia possono autorizzare, per il biennio2008-2009, la stipulazione di accordi di mobilità, anche intercompartimentale, volti allaricollocazione del personale presso uffici con rilevante carenza di organico. Per agevolarel’incontro tra domanda e offerta di mobilità sarà istituita, presso la Presidenza del Consiglio deiMinistri, una banca dati informatica.

Anche il CCNL Ministeri 2006-2009, all’art. 26, ha prescritto, al fine di favorire l’attuazione della mobilità, lacostituzione di un sistema di incontro tra la domanda di amministrazioni con carenza di personale e l’offerta deidipendenti che intendono cambiare collocazione; è proprio in tale ottica che ciascuna amministrazione si dovràdotare di una banca dati nella quale saranno individuate le vacanze organiche dell’amministrazione stessa, distinteper sede di destinazione, area e profilo, nonché con l’indicazione, se necessario, delle relative funzioni e dellespecifiche idoneità richieste.

Ulteriore forma di mobilità è quella prevista dal nuovo art. 23bis, D.Lgs. 165/2001 (rubricato disposizioni inmateria di mobilità tra pubblico e privato), che realizza una ipotesi di aspettativa presso l’amministrazione diprovenienza.

Va segnalato, ancora, che l’art. 18 D.L. 112/2008, conv. con L. 133/2008, detta criteri emodalità di reclutamento del personale delle società pubbliche.

La L. 15/2009 ha disposto, all’art. 3, che, allo scopo di ridurre il ricorso a contratti di lavoroa termine, a consulenze e a collaborazioni, i decreti delegati di riordino da essa previsti

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dovranno contenere disposizioni dirette ad agevolare i processi di mobilità, anche volontaria,finalizzati a garantire lo svolgimento delle funzioni pubbliche di competenza da parte delleamministrazioni che presentino carenza di organico. Ciò al fine di una più razionale distribu-zione delle risorse umane, utilizzando il personale appartenente ai ruoli di altre amministrazionied evitando nel contempo ulteriori spese e la formazione di precariato.

Inoltre, ha previsto, al fine di favorire i processi di mobilità intercompartimentale del personale delle pubblicheamministrazioni, la fissazione di criteri per la definizione mediante regolamento di una tabella di comparazione fra ilivelli di inquadramento previsti dai contratti collettivi relativi ai diversi comparti di contrattazione.

Infine, ha statuito (art. 6) che verrà favorita la mobilità nazionale e internazionale dei dirigenti.

14. DIRITTI SINDACALI: LA REPRESSIONE DELLA CONDOTTA ANTISINDACALE

L’art. 28 della L. 20-5-1970, n. 300 (cd. Statuto dei lavoratori) contempla una forma di tutela avente caratterecautelare e sommario, a salvaguardia del libero esercizio dell’attività sindacale e del diritto di sciopero. Tale previsioneconsente agli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali di categoria di far valere, in sede giurisdizionale,l’eventuale lesione, ad opera del datore di lavoro, degli interessi collettivi dei quali esse sono portatrici.

Le controversie relative a comportamenti antisindacali delle pubbliche amministrazioni, ai sensi dell’art. 28dello Statuto dei lavoratori, sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro (ad eccezione deisettori esclusi dalla privatizzazione, che restano devoluti alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo).

15. RESPONSABILITÀ DELL’IMPIEGATO

A) Le responsabilità dei pubblici dipendenti

La responsabilità dell’impiegato per l’inosservanza di norme giuridiche può essere: penale,civile, amministrativa (nelle sue due articolazioni di responsabilità disciplinare e contabile).

Si ha responsabilità penale quando la tragressione dei doveri di ufficio, da parte dell’im-piegato, assume il carattere di violazione dell’ordine giuridico generale e si concreta nellafigura del reato (es. abuso e omissione di atti d’ufficio, concussione, corruzione etc.).

Si ha responsabilità civile quando dalla trasgressione dei doveri d’ufficio derivi un dannoper l’ente pubblico (cd. responsabilità patrimoniale). Essa discende dai principi generalidella materia ed ha carattere contrattuale (SANDULLI). La sanzione di essa consiste nell’ob-bligo di risarcire il danno (sempre che vi sia dolo o colpa).

Si ha responsabilità amministrativa quando l’inosservanza dolosa o colposa degliobblighi di servizio comporti un danno patrimoniale all’amministrazione.

In tale forma di responsabilità si inquadra anche la responsabilità contabile, che emerge in caso di violazionidi norme sui procedimenti di spesa e sulla custodia del danaro pubblico da parte di chi ne sia abilitato (e tenuto) almaneggio. I relativi giudizi di responsabilità sono affidati esclusivamente alle sezioni giurisdizionali (territorial-mente competenti) della Corte dei conti.

Data la diversa causa, le tre forme di responsabilità possono agire congiuntamente nei riguardi della stessapersona, ancorché unica sia la trasgressione da questa commessa.

B) La responsabilità disciplinare

Anche la materia della responsabilità disciplinare, antecedentemente enucleata dal T.U. 3/1957, è stata coinvolta dalla riforma sul pubblico impiego.

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La responsabilità disciplinare deriva dalla violazione dei doveri inerenti al rapportod’impiego. Al fine di integrare un illecito disciplinare occorre un’azione od omissione,compiuta in violazione di legge, di regolamento o di contratto e, in particolare, dei doveriprevisti da quest’ultimo.

In particolare, l’art. 55 T.U. pubblico impiego (D.Lgs. 165/2001) dopo aver disposto, alcomma 2, che ai dipendenti presso le pubbliche amministrazioni soggette al processo diprivatizzazione si applicano le disposizioni dettate dall’art. 2106 c.c., in tema di violazione deldovere di diligenza e dell’obbligo di fedeltà, e dall’art. 7, commi 1 (affissione in luogoaccessibile a tutti i dipendenti delle norme disciplinari), 5 (decorso del termine di 5 gg. dallacontestazione scritta del fatto per l’applicazione di sanzioni disciplinari più gravi del rimpro-vero orale) ed 8 (perenzione di tutti gli effetti delle sanzioni disciplinari trascorsi due anni dallaloro applicazione) della L. 300/70, statuisce che la tipologia delle infrazioni e delle relativesanzioni possono essere definite dai contratti collettivi.

La legge 4 marzo 2009, n. 15, ha dettato, tra l’altro, princìpi e criteri in materia di sanzionidisciplinari e responsabilità dei dipendenti pubblici.

Tra i princìpi e i criteri direttivi ricordiamo, in particolare:

— semplificare le fasi dei procedimenti disciplinari, con particolare riferimento a quelli per le infrazioni diminore gravità;

— prevedere che il procedimento disciplinare possa proseguire e concludersi anche in pendenza del procedimen-to penale;

— definire la tipologia delle infrazioni che, per la loro gravità, comportano l’irrogazione della sanzionedisciplinare del licenziamento;

— prevedere meccanismi rigorosi per l’esercizio dei controlli medici durante il periodo di assenza per malattiadel dipendente, nonché la responsabilità disciplinare e, se pubblico dipendente, il licenziamento per giusta causadel medico, nel caso in cui lo stesso concorra alla falsificazione di documenti attestanti lo stato di malattia ovverovìoli i canoni di diligenza professionale nell’accertamento della patologia;

— prevedere, a carico del dipendente responsabile, l’obbligo del risarcimento del danno patrimoniale, nonchédel danno all’immagine subito dall’amministrazione;

— prevedere procedure e modalità per il collocamento a disposizione ed il licenziamento del personale che abbiaarrecato grave danno al normale funzionamento degli uffici di appartenenza per inefficienza o incompetenzaprofessionale;

— ampliare i poteri disciplinari assegnati al dirigente;— prevedere l’equipollenza tra la affissione del codice disciplinare all’ingresso della sede di lavoro e la sua

pubblicazione nel sito web dell’amministrazione;— prevedere l’obbligo, per il personale a contatto con il pubblico, di indossare un cartellino identificativo ovvero

di esporre sulla scrivania una targa indicante nome e cognome.

16. LE FORME FLESSIBILI DI IMPIEGO PRESSO LA P.A.

I cardini della disciplina normativa della flessibilità del lavoro pubblico sono due. Un primosi rinviene nell’art. 36 D.Lgs. 165/2001, così come modificato dal D.L. 112/2008, conv. in L.133/2008, norma che — dopo aver sancito, al comma 1, l’obbligo della P.A. di assumereesclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato per le esigenzeconnesse con il proprio fabbisogno ordinario — prevede la possibilità per le pubblicheamministrazioni di avvalersi, per rispondere ad esigenze temporanee ed eccezionali, dellestesse forme contrattuali flessibili di assunzione e impiego del personale previste per il settore

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privato (flessibilità cd. tipologica) nel rispetto delle procedure di reclutamento vigenti. Icontratti in questione — tempo determinato, part-time, contratti formativi, job sharing e lavorointerinale — sono caratterizzati da elementi che incidono sulla durata e stabilità del rapporto,derogando ad alcuni aspetti fondamentali del tradizionale contratto di lavoro subordinato atempo indeterminato, di cui all’art. 2094 c.c.

Al fine di evitare abusi nell’utilizzo del lavoro flessibile, le amministrazioni, nell’ambitodelle rispettive procedure, rispettano principi di imparzialità e trasparenza e non possonoricorrere all’utilizzo del medesimo lavoratore con più tipologie contrattuali per periodi diservizio superiori al triennio nell’arco dell’ultimo quinquennio.

Le amministrazioni sono tenute a trasmettere alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento dellafunzione pubblica e al Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato,le convenzioni concernenti l’utilizzo dei lavoratori socialmente utili.

In ogni caso, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori, daparte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indetermi-nato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione.

Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazionedi disposizioni imperative. Le amministrazioni hanno l’obbligo di recuperare le somme pagate a tale titolo neiconfronti dei dirigenti responsabili, qualora la violazione sia dovuta a dolo o colpa grave.

L’altro cardine normativo è poi rappresentato dall’art. 4, comma 1, L. 191/98, relativo altelelavoro, ossia la prestazione di lavoro svolta con moderni strumenti informatici e telematicial di fuori dei locali dell’ente o azienda, ma ad essi funzionalmente collegata. In questo casola flessibilità non investe la tipologia contrattuale ma una particolare modalità di svolgimentodella prestazione (flessibilità cd. tecnico-organizzativa).

Ancora, il part-time appare ormai istituto consolidato nel settore pubblico. Inoltre il D.Lgs. 61/2000(successivamente modificato dal D.Lgs. 100/2001) ha favorito l’ampliamento dell’istituto nel settore pubblico eprivato, prevedendone diverse tipologie.

Il D.Lgs. 276/2003 (cd. Riforma Biagi), ha introdotto formalmente e disciplinato diverse forme di lavoroflessibile, con la finalità di agevolare l’inserimento di un numero più ampio di giovani nel mondo del lavoro; fra lenuove tipologie contrattuali rientrano il job sharing e il job splitting.

Il job sharing, detto anche lavoro ripartito, è una forma di lavoro caratterizzata dalla flessibilità del tempo dilavoro e dalla condivisione, con responsabilità solidale, da parte di due o più persone del medesimo rapporto di lavorosubordinato, corrispondente ad un posto di lavoro a tempo pieno.

L’unicità dell’obbligazione lavorativa e la responsabilità solidale dei lavoratori valgono a distinguere il jobsharing dal cd. job splitting che realizza, invece, una mera suddivisione di un posto di lavoro a tempo pieno in dueposti di lavoro a tempo parziale, corrispondente a due distinte e autonome obbligazioni lavorative relative a duerapporti giuridici totalmente indipendenti tra loro. Altra figura è quella del cd. flexi-time o tempo flessibile cherappresenta semplicemente una diversa articolazione dell’orario di lavoro.

Per quanto riguarda i contratti formativi, la disciplina privatistica del contratto di formazione e lavoro vaconsiderata generalmente applicabile anche ai rapporti con le pubbliche amministrazioni; queste, d’altronde,cominciano ad interessarsi anche alle possibilità offerte dai tirocini formativi (stage).

Accanto agli sviluppi finora trattati cresce anche l’attenzione rivolta sul versante del lavoro pubblico all’istitutodel lavoro interinale, o somministrazione di lavoro. Si tratta di una tipologia contrattuale applicabile alle pubblicheamministrazioni.

Va poi rilevato che la violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori,da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempoindeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione.

Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazionedi disposizioni imperative. Le amministrazioni hanno l’obbligo di recuperare le somme pagate a tale titolo neiconfronti dei dirigenti responsabili, qualora la violazione sia dovuta a dolo o colpa grave.

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Accanto alle citate forme di lavoro flessibile, il legislatore ha disciplinato il ricorso, da parte della P.A., agliincarichi individuali esterni, affidati a soggetti non facenti parte del personale in servizio. L’art. 7, comma 6, delD.Lgs. 165/2001, come sostituito dall’art. 46 del D.L. 112/2008, conv. in L. 133/2008, prevede espressamente taleipotesi, stabilendo che la natura di tali contratti è «occasionale o coordinata e continuativa» e che gli stessi incarichipossono essere affidati, per esigenze non fronteggiabili con il personale in servizio, «ad esperti di particolare ecomprovata specializzazione, anche universitaria».

Condizioni legittimanti il ricorso a tali contratti di lavoro sono che:

a) l’oggetto della prestazione corrisponda alle competenze attribuite dall’ordinamento all’amministrazioneconferente, ad obiettivi e progetti specifici e determinati e risulti coerente con le esigenze di funzionalitàdell’amministrazione stessa;

b) l’amministrazione abbia preliminarmente accertato l’impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umanedisponibili al suo interno;

c) la prestazione abbia natura temporanea e sia altamente qualificata;d) siano preventivamente determinati durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione.

La legge delega n. 15/2009, all’art. 3, ha previsto che, al fine di ridurre il ricorso a contratti di lavoro a termine,a consulenze e collaborazioni, siano emanate disposizioni dirette ad agevolare i processi di mobilità, anchevolontaria, finalizzati a garantire lo svolgimento delle funzioni pubbliche da parte delle amministrazioni chepresentino carenza di organico.

17. MODIFICAZIONI DEL RAPPORTO DI IMPIEGO

Il rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni è un rapporto di lungadurata ed è, quindi, destinato a subire nel corso del tempo modificazioni che possono investiresia i soggetti del rapporto (modificazioni soggettive) che i suoi contenuti (modificazionioggettive).

Può verificarsi una modificazione del contenuto del diritto patrimoniale (progressione economica) o dellaprestazione lavorativa (mutamento di mansioni) del dipendente. Si tratta in questo caso di evoluzioni fisiologichee necessarie. Possono però verificarsi anche ulteriori modificazioni del rapporto che implicano la sospensionedell’obbligo della prestazione lavorativa (aspettativa e collocamento in disponibilità), il mutamento di sede(mobilità), la successione tra datori di lavoro, la fruizione della prestazione lavorativa da parte di soggetto diversodal datore di lavoro (comando, distacco, collocamento fuori ruolo, temporaneo servizio all’estero).

Sicuramente esclusa è, invece, una modificazione del rapporto che interessi il dipendente, stante il caratterestrettamente personale del rapporto di lavoro.

a) Successione di enti nel pubblico impiego

Nella P.A. possono verificarsi mutamenti organizzativi che implicano il trasferimento dicompiti e funzioni da un’amministrazione all’altra o anche a soggetti privati.

L’art. 34 D.Lgs. 29/1993, così come modificato dal D.Lgs. 80/1998, ora confluito nell’art. 31 D.Lgs. 165/2001estende, nel caso di trasferimento o conferimento di attività svolte da pubbliche amministrazioni, enti pubblici o loroaziende o strutture, ad altri soggetti, pubblici o privati, l’articolo 2112 c.c., che disciplina il trasferimento d’azienda.

b) Aspettativa e collocamento in disponibilità

Sia l’aspettativa che il collocamento in disponibilità comportano la sospensione dell’obbli-go della prestazione lavorativa.

L’aspettativa può essere concessa per varie cause:

— per servizio militare;— per comprovati motivi personali o di famiglia;

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— per mandato parlamentare;— per mandato amministrativo;— per mandato sindacale;— per svolgere attività presso soggetti o organismi pubblici o privati, anche operanti nel settore internazionale.

Si ricordi che non si configura più l’istituto dell’aspettativa nell’ipotesi di malattia o di infortunio sul lavoro bensìquello dell’assenza per malattia, che in ogni caso presenta caratteri assimilabili alla prima.

Il collocamento in disponibilità può essere attivato a seguito di conclusione infruttuosa della procedura dimobilità collettiva, oppure immediatamente in caso di eccedenze per un numero inferiore a 10 unità.

c) Comando, distacco, collocamento fuori ruolo e temporaneo servizio all’estero

Il comando trova la sua disciplina nell’art. 56 D.P.R. 3/1957 e si configura nell’ipotesi incui il dipendente viene chiamato a prestare servizio presso amministrazione statale diversa daquella d’appartenenza o presso enti pubblici, esclusi quelli sottoposti alla vigilanza dell’ammi-nistrazione cui l’impiegato appartiene.

Il comando è un istituto eccezionale e può essere disposto per un periodo determinato quando sussiste uno deiseguenti presupposti:

— per riconosciute esigenze di servizio;— quando sia richiesta una speciale competenza.

Il provvedimento di comando non comporta la modificazione dello stato giuridico del dipendente, ma solol’obbligo per il dipendente di svolgere la propria prestazione lavorativa nell’interesse e sotto la direzionedell’amministrazione destinataria.

Il distacco è un istituto introdotto dalla prassi amministrativa e riguarda gli enti diversi dalloStato.

Il collocamento fuori ruolo può essere disposto per disimpegno di funzioni dello Stato odi altri enti pubblici attinenti agli interessi dell’amministrazione che lo dispone e che nonrientrino nei suoi compiti istituzionali.

Il D.Lgs. 387/1998, nell’ottica di favorire lo scambio internazionale di esperienze amministrative, prevedeanche la possibilità, a seguito di appositi accordi di reciprocità stipulati tra le amministrazioni interessate, d’intesacon il Ministero degli affari esteri ed il Dipartimento della Funzione pubblica, di destinare pubblici dipendenti aprestare temporaneamente servizio presso amministrazioni pubbliche degli Stati membri dell’Unione europea, degliStati candidati all’adesione e di altri Stati con cui l’Italia intrattiene rapporti di collaborazione, nonché presso gliorganismi dell’Unione europea e le organizzazioni ed enti internazionali cui l’Italia aderisce (temporaneo servizioall’estero).

Il trattamento economico potrà essere a carico delle amministrazioni di provenienza, di quelle di destinazioneo essere suddiviso tra esse, ovvero essere rimborsato in tutto o in parte allo Stato italiano dall’Unione europea o dauna organizzazione o ente internazionale.

Il personale che presta temporaneo servizio all’estero resta a tutti gli effetti dipendente dell’amministrazione diappartenenza e l’esperienza maturata all’estero è valutata ai fini dello sviluppo professionale degli interessati.

18. ESTINZIONE DEL RAPPORTO DI IMPIEGO

Le vicende estintive del rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni sono regolate davarie fonti di disciplina per cui si hanno:

a) disciplina pattizia

La cessazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato ha luogo:

— licenziamento (con o senza preavviso) disciplinare;

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— compimento del limite di età, ai sensi delle norme di legge in vigore;— dimissioni del dipendente;— decesso del dipendente;— superamento del periodo di comporto in caso di malattia.

Altre ipotesi di risoluzione previste dal contratto collettivo sono quella consequenziale all’annullamento dellaprocedura di reclutamento e la dispensa dal servizio per inidoneità fisica e psichica;

b) disciplina pubblicistica

Residuano dalle vecchie previsioni, contenute nel testo unico degli impiegati civili dello Stato, le seguenti ipotesidi decadenza dall’impiego:

— per perdita della cittadinanza italiana (art. 127, comma 1, lett. a), D.P.R. 3/1957);— per avvenuta accettazione di una missione o altro incarico da un’autorità straniera senza autorizzazione

del Ministro competente (art. 127, comma 1, lett. b), D.P.R. 3/1957);— per mancata cessazione della situazione di incompatibilità tra obblighi di servizio e attività svolte dal

dipendente, nonostante la diffida ricevuta (art. 63 D.P.R. 3/1957, espressamente richiamato dall’art. 53D.Lgs. 165/2001);

c) disciplina privatistica

In base all’espresso richiamo all’art. 2, comma 2, del D.Lgs. 165/2001 sono estensibili ai rapporti di pubblicoimpiego le norme del codice civile e delle leggi speciali sul lavoro nell’impresa.

In particolare, è ammissibile il licenziamento:

— per giusta causa (art. 2119 c.c.);— per giustificato motivo soggettivo (art. 3 L. 604/1966);— per giustificato motivo oggettivo (art. 3 L. 604/1996).

Quest’ultima ipotesi nel pubblico impiego è disciplinata dagli artt. 33-34 D.Lgs. 165/2001 con una normativaspecifica.L’inadempimento degli obblighi contrattuali può, invece, causare il licenziamento disciplinare del dipendente.