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P ARTE I F UNZIONI DI UNA VARIABILE Capitolo 1 Richiami su alcuni concetti di base Questo capitolo preliminare contiene una sintesi estremamente succinta delle principali nozioni e dei simboli matematici che verranno utilizzati nel seguito del testo. Senza pretesa di essere esaustivo, esso vuole costituire un “dizionarietto tascabile” da consultare ogni qual volta il lettore non si ricorda la definizione di un concetto utilizzato nel testo, concetto che peraltro si presuppone sia già stato studiato in precedenza. Per ulteriori approfondimenti sulle nozioni di base si rinvia a qualsiasi testo utilizzato nei ‘precorsi’ di matematica delle facoltà di Economia. 1 1.1 Insiemi Assumiamo la nozione di insieme come ‘primitiva’ e non ne diamo una definizione. L’intuizione è che un insieme è una collezione di oggetti. Per definire un insieme si può fornire la lista degli ele- menti che contiene; ad esempio, A = {a, b, c} è l’insieme delle prime tre lettere dell’alfabeto, N = {0, 1, 2, 3, 4,... } è l’insieme dei numeri naturali. Per insiemi contenenti tanti (o infiniti) oggetti è più comodo individuare un insieme mediante una proprietà che accomuna tutti i suoi elementi; ad esempio, A = {prime tre lettere dell’alfabeto}, N = {i numeri naturali}. Infine, una rappre- sentazione astratta dell’insieme (utile se si studiano relazioni o operazioni fra insiemi) è fornita dai diagrammi di Venn; ad esempio, la figura 1.1 riporta l’insieme A = {a, b, c}. A = .c .a .b FIGURA 1.1: A = {a, b, c}. Indicheremo con lettere (o simboli) minuscole, ad esempio, a, b, c, gli ele- menti di un insieme e con lettere maiuscole, ad esempio, A, B, C , l’insieme stesso. Il simbolo ‘’ denota l’appartenenza di un elemento a un insieme: la scrittura a A indica che l’elemento a appartiene all’insieme A, mentre la scrittura a/ A indica che a non appartiene a A. Per definire la proprietà che caratterizza gli elementi di un insieme usiamo i due punti ‘:’, che si legge ‘tale che’; ad esempio, F = {n N : n 5} è l’insieme dei numeri naturali (tali) che sono minori o uguali a 5. L’insieme vuoto è l’unico insieme privo di elementi e si indica con ; esso contiene gli elementi caratterizzati da una proprietà impossibile. 1 Un testo consigliabile è, ad esempio, [3].

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PARTE I

FUNZIONI DI UNA VARIABILE

Capitolo 1

Richiami su alcuni concetti di base

Questo capitolo preliminare contiene una sintesi estremamente succinta delle principali nozioni edei simboli matematici che verranno utilizzati nel seguito del testo. Senza pretesa di essere esaustivo,esso vuole costituire un “dizionarietto tascabile” da consultare ogni qual volta il lettore non si ricordala definizione di un concetto utilizzato nel testo, concetto che peraltro si presuppone sia già statostudiato in precedenza. Per ulteriori approfondimenti sulle nozioni di base si rinvia a qualsiasi testoutilizzato nei ‘precorsi’ di matematica delle facoltà di Economia.1

1.1 Insiemi

Assumiamo la nozione di insieme come ‘primitiva’ e non ne diamo una definizione. L’intuizioneè che un insieme è una collezione di oggetti. Per definire un insieme si può fornire la lista degli ele-menti che contiene; ad esempio, A = {a, b, c} è l’insieme delle prime tre lettere dell’alfabeto, N ={0, 1, 2, 3, 4, . . .} è l’insieme dei numeri naturali. Per insiemi contenenti tanti (o infiniti) oggettiè più comodo individuare un insieme mediante una proprietà che accomuna tutti i suoi elementi;ad esempio, A = {prime tre lettere dell’alfabeto}, N = {i numeri naturali}. Infine, una rappre-sentazione astratta dell’insieme (utile se si studiano relazioni o operazioni fra insiemi) è fornita daidiagrammi di Venn; ad esempio, la figura 1.1 riporta l’insieme A = {a, b, c}.

A =.c.a

.b

FIGURA 1.1:A = {a, b, c}.

Indicheremo con lettere (o simboli) minuscole, ad esempio, a, b, c, gli ele-menti di un insieme e con lettere maiuscole, ad esempio, A, B, C , l’insiemestesso. Il simbolo ‘∈’ denota l’appartenenza di un elemento a un insieme: lascrittura a ∈ A indica che l’elemento a appartiene all’insieme A, mentre lascrittura a /∈ A indica che a non appartiene a A.

Per definire la proprietà che caratterizza gli elementi di un insieme usiamoi due punti ‘:’, che si legge ‘tale che’; ad esempio, F = {n ∈ N : n ≤ 5} èl’insieme dei numeri naturali (tali) che sono minori o uguali a 5.

L’insieme vuoto è l’unico insieme privo di elementi e si indica con∅; esso contiene gli elementicaratterizzati da una proprietà impossibile.

1Un testo consigliabile è, ad esempio, [3].

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Due insiemi, A e B, si dicono uguali se ogni elemento di A appartiene a B e ogni elemento diB appartiene a A; scriveremo A = B.

B si dice essere sottoinsieme di A se tutti i suoi elementi appartengono a A; in simboli, B ⊂ Asignifica che B è sottoinsieme proprio, mentre B ⊆ A significa che B è sottoinsieme improprio. Isimboli ⊂ e ⊆ indicano l’inclusione insiemistica. Nel primo caso esiste almeno un elemento di Ache non è inB, mentre il secondo caso (detta inclusione debole) contempla la possibilità cheA = B,significa, cioè, che tutti gli elementi di B sono in A ma non è noto se esiste un elemento di A chenon sta in B. Ad esempio, F = {n ∈ N : n ≤ 5} ⊂ N, mentre se A = B = {a, b, c} sono valide letre scritture B ⊆ A, A ⊆ B o A = B, di cui l’ultima fornisce l’informazione completa.

La tabella 1.1 riassume il significato dei simboli logici che useremo nel seguito.

Simbolo Significato∈ ‘appartenente a’∀ ‘per ogni’ (quantificatore universale)∃ ‘esiste’ (quantificatore esistenziale)

=⇒ implicazione logica⇐⇒ biimplicazione logica (equivalenza): ‘tale che’∧ ‘e’ (connettivo logico, ‘et’ latino: entrambi, contemporaneamente)∨ ‘o, oppure’ (connettivo logico, ‘vel’ latino: o uno, o l’altro, o entrambi)

TABELLA 1.1: Significato dei simboli più usati.

Ad esempio, è equivalente scrivere B ⊆ A oppure ∀x ∈ B =⇒ x ∈ A [ovvero (B ⊆ A)⇐⇒(∀x ∈ B =⇒ x ∈ A)]; l’ultima espressione si legge “per ogni elemento x in B, segue (implica) chex appartiene anche aA”, oppure, in forma di proposizione, “se x appartiene aB, allora (implicazionelogica), x appartiene a A”. L’espressione “oggi piove ∧ fa freddo” significa che oggi piove e fafreddo contemporaneamente, mentre “oggi piove ∨ fa freddo” significa che oggi piove oppure fafreddo (almeno uno dei due casi) oppure piove e fa freddo contemporaneamente.

Si dice unione di due insiemi A e B, e si indica con A∪B, l’insieme degli elementi che appar-tengono aA oppure aB: A∪B = {x : (x ∈ A) ∨ (x ∈ B)}. Ad esempio, seA = {n ∈ N : n ≤ 5}e B = {n ∈ N : 2 ≤ n ≤ 7}, allora A ∪B = {n ∈ N : n ≤ 7}.

Si dice intersezione di due insiemi A e B, e si indica con A ∩ B, l’insieme degli elementi cheappartengono a entrambi gli insiemi A e B: A ∩ B = {x : (x ∈ A) ∧ (x ∈ B)}. Ad esempio, seA = {n ∈ N : n ≤ 5} e B = {n ∈ N : 2 ≤ n ≤ 7}, allora A ∩ B = {n ∈ N : 2 ≤ n ≤ 5}. Se gliinsiemi A e B sono disgiunti, la loro intersezione è vuota, A ∩B = ∅.

Un insieme costituito da un solo elemento si chiama singleton. Ad esempio, Se A = {0, 1, 2}e B = {−1, 0}, l’insieme intersezione è un singleton, A ∩ B = {0}. Attenzione a non confonderel’unico elemento di un singleton con l’insieme (il singleton) stesso, sono due concetti ben distinti!

Si dice differenza di due insiemi A e B, nell’ordine, e si indica con A�B, l’insieme deglielementi che appartengono a A e non appartengono a B: A�B = {x : (x ∈ A) ∧ (x /∈ B)}. Adesempio, se A = {0, 1, 2} e B = {−1, 0}, allora A�B = {1, 2}. Se A e B sono disgiunti valeA�B = A; ad esempio, se A = {n ∈ N : n ≤ 5} e B = {n ∈ N : n ≥ 6}, allora A�B = A ={n ∈ N : n ≤ 5}. Infine, se A = B oppure A ⊂ B, allora A�B = ∅; ad esempio, se A ={n ∈ N : n ≤ 5} e B = {n ∈ N : n ≤ 7}, allora A�B = ∅.

Si dice insieme universale (o insieme ambiente) l’insieme più ampio che contenga gli insiemi

Richiami su alcuni concetti di base 3

rilevanti oggetto di studio; di solito si indica con E o conX. Quando si lavora con insiemi numerici,l’insieme universale viene di solito indicato nella parentesi graffa a sinistra dei due punti, cioè pri-ma del simbolo ‘tale che’; ad esempio, l’insieme {n ∈ N : n ≤ 5} è un sottoinsieme dell’ambienteE = N, mentre l’insieme {x ∈ R : 0 ≤ x ≤ 5} è un sottoinsieme di un ambiente ben più vasto,l’insieme dei numeri reali, indicato con R, per cui E = R.

E

A

Ac

FIGURA 1.2:E e Ac.

Dato l’insieme universale E, si dice insieme complementare dell’insie-me A ⊂ E, e si indica con Ac, l’insieme contenente tutti gli elementi diE che non stanno in A: Ac = E�A = {x ∈ E : x /∈ A}. Notazioni equi-valenti sono: Ac, CA oppure A. La figura 1.2 mostra l’insieme universaleE e l’insieme complementare Ac con l’ausilio dei diagrammi di Venn. Adesempio, se E = N e A = {n ∈ N : (n = 2m) ∧ (m ∈ N)}, allora Ac ={n ∈ N : (n = 2m+ 1) ∧ (m ∈ N)}, ovvero A è l’insieme dei numeri parimentre Ac è l’insieme dei numeri dispari.

1.2 I numeri

Non diamo la costruzione analitica rigorosa dell’insieme dei numeri reali che costituisce l’in-sieme delle particelle elementari con le quali andremo a costruire i principali strumenti matematiciutilizzati in economia. Ci limitiamo ad osservare che tale insieme corrisponde all’insieme dei puntiche formano una retta; in altre parole, per i nostri scopi è sufficiente la rappresentazione intuitivadei numeri reali come i punti di una retta. In realtà, i numeri reali sono oggetti molto complicatie il loro insieme ha una struttura molto intricata e oscura, e immaginarli come i punti di una rettanon aiuta molto, essendo la retta stessa (come, del resto il concetto di punto) un concetto primiti-vo anch’esso piuttosto involuto. Questa corrispondenza, però ha il vantaggio di consentire sempreuna rappresentazione grafica dei fenomeni che studieremo e aiuta la comprensione, almeno a livello

||

unità dimisura

0 1 2 3 . . .

FIGURA 1.3: i numerinaturali sulla retta.

intuitivo, delle principali proprietà dei numeri.Un sottoinsieme importante dei numeri reali è l’insieme dei

numeri naturali, N = {0, 1, 2, 3, . . .}, che ci permette di contaregli oggetti. Una volta fissata un’origine (che chiameremo zero, 0),un’unità di misura e un verso di percorrenza (per convenzione, dasinistra verso destra), è facile rappresentare i numeri naturali sullaretta, come mostra la figura 1.3. Già questo sottoinsieme ci permet-te di definire una proprietà importantissima che caratterizza anche inumeri reali e che sfrutta il verso di percorrenza introdotto: la strut-tura d’ordine dei numeri. La relazione d’ordine fra i numeri si indica con i simboli di disuguaglianza‘<’ e ‘>’. Ad esempio, sem,n ∈ N sono tali che n si trova a destra dim (ovvero m si trova a sini-stra di n) sulla retta, scriveremo m < n (oppure n > m). Analogamente, se n si trova a sinistra dim (ovvero m si trova a destra di n) sulla retta, scriveremo m > n (oppure n < m).

I numeri naturali permettono inoltre di introdurre un concetto matematico fondamentale estre-mamente ostico: il concetto di infinito. Esso non è altro che una possibile risposta alla domanda“quanti sono i numeri naturali?”, ovvero, alla sua equivalente in senso dinamico “a che punto (dellaretta) bisogna smettere di contare?” Poiché è insito nell’istinto umano cercare di superare qualsiasibarriera, si è deciso di non ‘smettere’ mai, aprendo così orizzonti alle scienze matematiche altrimen-ti impensabili. Questa considerazione suggerisce una definizione di infinito (per i numeri naturali)come la proprietà che per ogni numero n ∈ N esiste sempre un numero più grande m ∈ N , cioè

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tale che m > n; in simboli: ∀n ∈ N, ∃ m ∈ N : m > n. Si può pensare all’infinito come alla“conclusione” della retta verso destra, conclusione che peraltro non esiste e quindi non può essereun numero! Indicheremo questo oggetto astratto con il simbolo ‘+∞’.

||

unità dimisura

0 1 2 3−1−2−3. . . . . .

FIGURA 1.4: i numeri interi sulla retta.

La medesima costruzione sulla retta a partire dallozero, però disponendo i numeri (con un segno ‘−’ da-vanti) da destra verso sinistra, genera l’insieme dei nu-meri interi, Z = {. . . ,−3,−2,−1, 0, 1, 2, 3, . . .}, co-me mostra la figura 1.4. Questa costruzione ‘per simme-tria’ presuppone che la struttura d’ordine dei numeri ne-gativi sia del tipo · · · < −11 < −10 < · · · < −1 < 0.L’idea di procedere sulla retta verso sinistra, ancora

una volta senza fermarsi mai, porta all’introduzione di un concetto di infinito analogo a quelloprecedente, che indicheremo con ‘−∞’ per distinguerlo da ‘+∞’.

01

1

1

2

1

3

1

4

1

5(= 1). . .

FIGURA 1.5: la successione 1/n per n chetende a +∞.

Per (incominciare a) riempire gli spazi sulla rettafra un numero intero e l’altro in figura 1.4 si intro-ducono i numeri frazionari q definiti come rapportofra numeri interi, i quali costituiscono l’insieme deinumeri razionali, Q = {q = m/n : m,n ∈ Z}. Lafigura 1.5 mostra che è possibile associare una suc-cessione (infinita) di numeri razionali, ciascuno defi-nito da 1/n, n ∈ N, a (infiniti) punti della retta che si

trovano tra 0 e 1. In modo analogo, è possibile associare successioni (infinite) di numeri a (infiniti)punti della retta che si trovano nello spazio fra coppie qualsiasi di numeri interi. Addirittura, presaqualsiasi coppia di numeri razionali distinti, p = m/n e q = m′/n′, è possibile inserire infiniti nu-meri razionali (punti sulla retta) fra di essi. Questa proprietà si chiama densità dei numeri razionali:fra due numeri razionali distinti qualsiasi (e quindi arbitrariamente vicini!) esistono infiniti numerirazionali. Per convincersi di ciò, si consideri, ad esempio, i due numeri espressi in forma decimale2

p = 2.587 e q = 2.588, è chiaro che il numero r = 2.5875 è tale che p < r < q, e un’operazioneanaloga si può fare per la coppia p, r (oppure r, q), continuando così indefinitamente (all’infinito...).

I numeri razionali, pur essendo tanti (infiniti tra ciascuna coppia di numeri razionali) non sonosufficienti per ricoprire tutta la retta, esistono ancora dei “buchi” nascosti in mezzo ai razionali, tal-mente nascosti che per dimostrare la loro esistenza è necessario ricorrere a dimostrazioni analitiche(è impensabile cercare di individuarli direttamente come punti della retta!). Tali numeri sono dettiirrazionali (perché non sono esprimibili come rapporto m/n conm,n ∈ Z); esempi importanti so-no radice di due,

√2 � 1.41421, che è la lunghezza della diagonale di un quadrato con lato unitario,

pi greco, π � 3.14159, che misura la lunghezza della semi-circonferenza di raggio 1, e il numero diNepero, e � 2.71828, che per noi sarà molto importante.

Concludiamo dunque che l’insieme dei numeri reali R è l’insieme unione dei numeri razionaliQ e l’insieme (poco “visibile”) dei numeri irrazionali.

Poiché i numeri irrazionali non sono direttamente utilizzabili per fare i calcoli, diventa essen-ziale la possibilità di approssimare i numeri irrazionali con numeri razionali (che sappiamo gestire

2Per non creare confusione con la notazione usata per gli intervalli, che discuteremo nel prossimo paragrafo, utilizzia-mo la convenzione americana per indicare le cifre decimali: essa presuppone l’utilizzo del punto ‘.’ al posto della virgola‘,’ comunemente usata in Italia.

Richiami su alcuni concetti di base 5

direttamente oppure mediante l’uso di calcolatori). Il prossimo teorema dice che qualsiasi numerox ∈ R (anche irrazionale) è approssimabile da un numero razionale arbitrariamente vicino a x.

TEOREMA 1.1 (DENSITÀ DEI RAZIONALI NEI REALI) Fra due numeri reali (indifferentemente razio-nali o irrazionali) distinti qualsiasi (e quindi arbitrariamente vicini) esistono infiniti numeri razionali;ovvero, comunque presi x, y ∈ R tali che x < y, esiste sempre un numero q ∈ Q tale che x < q < y.

Ad esempio, il numero 1.4142 fornisce un’approssimazione per difetto (perché?) del numeroirrazionale

√2 con precisione fino alla quarta cifra decimale. Tale numero è razionale perché è espri-

mibile nella forma m/n con m,n interi: 1.4142 = 14142/10000. Volendo migliorare la precisionefino alla settima cifra decimale, otteniamo un’approssimazione per eccesso (perché?): 1.4142136. Epossiamo continuare indefinitamente ad aggiungere cifre decimali (c’è uno spazio ‘infinito’ a destradella virgola decimale di qualsiasi numero...) migliorando di volta in volta l’approssimazione.

1.3 Sottoinsiemi importanti di R

I seguenti sottoinsiemi assumono un’importanza strategica, come avremo modo di apprezzarenel seguito:la semiretta positiva con l’origine inclusa, R+ = {x ∈ R : x ≥ 0};la semiretta positiva con l’origine esclusa, R++ = {x ∈ R : x > 0};la semiretta negativa con l’origine esclusa, R�R+ = {x ∈ R : x < 0}.

Un’altra tipologia di sottoinsiemi fondamentale è costituita dagli intervalli di R.

DEFINIZIONE 1.1 Dati due numeri reali (punti sulla retta) a, b ∈ R, inclusi i simboli a = −∞ e/ob = +∞, si dice intervallo l’insieme di tutti i numeri reali compresi fra a (detto estremo inferiore) eb (detto estremo superiore).

Bisogna distinguere i casi in cui gli estremi a e b sono o meno compresi nell’intervallo. Alcu-ni esempi, rappresentati in figura 1.6, sono l’intervallo chiuso [a, b] = {x ∈ R : a ≤ x ≤ b}, checontiene gli estremi a e b, l’intervallo aperto (a, b) = {x ∈ R : a < x < b}, con gli estremi a eb esclusi, l’intervallo né aperto né chiuso (semiaperto a destra) [a, b) = {x ∈ R : a ≤ x < b}, checontiene solamente l’estremo amentre l’estremo b è escluso, e l’intervallo semiaperto e illimitato (adestra) [a,+∞) = {x ∈ R : x ≥ a}, con l’estremo a incluso.

][a b

(a)

)(a b

(b)

)[a b

(c)

[a

(d)

FIGURA 1.6: rappresentazione di alcuni intervalli; (a) [a, b]; (b) (a, b); (c) [a, b); (d) [a,+∞).

È facile immaginare come si rappresentino gli intervalli (a, b] = {x ∈ R : a < x ≤ b} (semia-perto a sinistra) e il generico intervallo semiaperto e illimitato a sinistra (−∞, a] = {x ∈ R : x ≤ a}.Se uno degli estremi è il simbolo +∞ o −∞, l’intervallo è necessariamente aperto in quell’estremopoiché esso, per definizione, può contenere solo numeri, e +∞ o −∞ non sono numeri. Si noti cheanche le semirette R+ = (−∞,+∞), R+= [0,+∞) e R++= (0,+∞) sono intervalli.

Introduciamo ora un tipo particolare di intervallo di cui faremo molto uso nel seguito: l’intorno.

6 Capitolo 1

DEFINIZIONE 1.2 Si dice intorno (circolare) di un punto (numero) c, detto centro, di raggio δ > 0,e si indica con Iδc , l’intervallo aperto (c− δ, c+ δ); cioè l’insieme

Iδc = {x ∈ R : c− δ < x < c+ δ} . (1.1)

)( |

c− δ c c+ δ

FIGURA 1.7: intorno di c diraggio δ.

La figura 1.7 rappresenta graficamente l’intorno. Per defini-zione gli estremi c − δ e c + δ non sono inclusi, ovvero l’intornoè sempre un intervallo aperto.

Di solito l’intorno viene usato per rappresentare intervalli pic-coli; il raggio δ, dunque, assumerà valori piccoli. Sfruttandoquest’idea possiamo riscrivere la (1.1) come

Iδc = {x ∈ R : |x− c| < δ} , (1.2)

in cui si evidenzia il fatto che Iδc è l’insieme dei punti che distano da c meno della lunghezza δ.Per definizione, il valore assoluto individua la distanza tra due punti, x e c, in quanto misura lalunghezza da percorrere tra un punto e l’altro indipendentemente dal verso di percorrenza (dal segnodi tale lunghezza); vale infatti:

|x− c| ={

x− c se x− c ≥ 0− (x− c) = c− x se x− c < 0.

(1.3)

La (1.3) spiega perché la (1.2) e la (1.1) si equivalgono: il valore assoluto individua contempo-raneamente entrambi i casi della (1.1) tenendo conto dei punti x che distano da c meno di δ e chesi trovano sia a sinistra di c che a destra di c. Ad esempio, l’insieme I27 = {x ∈ R : |x− 7| < 2} èl’intorno di centro c = 7 e raggio δ = 2, è cioè l’intervallo (7− 2, 7 + 2) = (5, 9).

1.4 Funzioni

DEFINIZIONE 1.3 Dati due sottoinsiemi X e Y di R, si dice funzione reale di (una) variabile realeuna legge che associa a ogni elemento x ∈ X uno e un solo elemento y ∈ Y .

NOTAZIONE 1.1 L’insieme X ⊆ R si dice dominio o campo di esistenza (anche insieme di par-tenza), mentre l’insieme Y ⊆ R si dice codominio (anche insieme di arrivo). La funzione si indicacon una lettera minuscola, di solito f (oppure g,h ecc.), e si scrive

y = f (x) .

Il dominio è un’informazione necessaria, la sola scrittura y = f (x), se non è accompagnata dauna descrizione dettagliata dell’insieme X , è priva di significato! Spesso si scrive

f : X → Y

che contiene, appunto, dominio X e codominio Y . Il dominio X si indica anche con Dom(f), oppurecon CE, campo di esistenza, quando è chiaro a quale funzione f si fa riferimento.

La variabile x ∈ X si dice variabile indipendente (o argomento). Per evidenziare il “percorsoinverso”, da y a x, il numero x viene chiamato anche controimmagine di y tramite f . La variabiley ∈ Y si dice variabile dipendente o valore di f o anche elemento immagine di x tramite f .

L’insieme di tutte le immagini di tutti gli elementi x ∈ X tramite f , ovvero tutti i valori possibili yassunti dalla f , si chiama immagine di f e si indica con Im (f). Formalmente:

Im (f) = {y ∈ Y : ∃x ∈ X tale che y = f (x)} .

Richiami su alcuni concetti di base 7

x yf

Y

X = Dom(f)Im (f)

FIGURA 1.8: rappresentazione di unafunzione f con i diagrammi di Venn.

Naturalmente vale Im (f) ⊆ Y , come illustra la fi-gura 1.8. Ad esempio, sia X = Y = R e consideria-mo la funzione che associa ad ogni numero x ∈ R ilsuo doppio: scriveremo dunque y = 2x ∈ R, ovverof (x) = 2x. Non c’è dubbio che si tratti di una fun-zione perché a ciascun numero reale x corrisponde ununico valore doppio, y = 2x.

È comodo rappresentare graficamente una funzio-ne come ‘curva’ nel piano. A tal fine, dobbiamo primastabilire in modo rigoroso cosa intendiamo per ‘piano’.

DEFINIZIONE 1.4 Si chiama spazio numerico reale bidimensionale, e si indica con R2, l’insiemedelle coppie ordinate (x, y) di numeri reali, cioè l’insieme

R2 = {(x, y) : (x ∈ R) ∧ (y ∈ R)} .

Il piano cartesiano è la rappresentazione geometrica degli elementi (coppie di numeri) di R2.

unità di

unitàdi

misura

misura

0 1

1

x

yP = (x, y)

FIGURA 1.9: un punto Pdi coordinate (x, y) in R2.

Il piano cartesiano è costruito mediante due rette ortogonaliorientate detti assi cartesiani, chiamate asse delle ascisse e asse del-le ordinate, fissando l’origine in prossimità dell’intersezione dellerette (lo zero per entrambe le rette) e fissando due unità di misura(non necessariamente uguali). In questo modo possiamo far coin-cidere ogni coppia ordinata (x, y) di numeri reali con un punto Pdel piano cartesiano univocamente individuato dalle coordinate x(detta ascissa) e y (detta ordinata) come in figura 1.9.

L’ordine delle coordinate è fondamentale; ad esempio, è evi-dente che alle due coppie di numeri3 (1, 2) e (2, 1), composte daglistessi numeri ma in ordine inverso, corrispondono due punti distinti.

Sono di interesse i seguenti sottoinsiemi di R2:

R2+ =

{(x, y) ∈ R2 : (x ≥ 0) ∧ (y ≥ 0)

}R2++ =

{(x, y) ∈ R2 : (x > 0) ∧ (y > 0)

};

il primo contiene tutte le coppie (x, y) di numeri non negativi e si chiama ortante positivo, o primoortante, il secondo contiene tutte le coppie (x, y) di numeri strettamente positivi, è cioè l’ortantepositivo esclusi i punti sugli assi cartesiani. I rimanenti tre ortanti determinati dall’intersezione deidue assi cartesiani si chiamano, seguendo il verso antiorario, secondo, terzo e quarto ortante.

La struttura di R2, basata su coppie di coordinate (x, y), si presta naturalmente a rappresentarele coppie x, argomento di una funzione f , e y = f (x), elemento immagine di x tramite f .

DEFINIZIONE 1.5 Data f : X → Y , dove X,Y ⊆ R, si dice grafico di f il sottoinsieme Gf dellospazio R2 definito da

Gf ={(x, y) ∈ R2 : y = f (x)

}.

Il grafico di una funzione è dunque una curva nel piano.

3Attenzione: in questo contesto, la scrittura (1, 2) non va confusa con l’intervallo aperto (1, 2), che indica ilsottoinsieme di R (e non di R2!) {x ∈ R : 1 < x < 2}.

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1.4.1 Funzioni elementari

La funzione costante f (x) = c associa a ciascun numero reale x il valore (costante) c ∈ R. Lafigura 1.10(a) riporta un paio di esempi. Dom (f) = R e Im (f) = {c}, cioè l’immagine contieneun singolo elemento (è un singleton) c ∈ R. Poiché la variabile dipendente è in realtà ‘indipendente’dalla variabile indipendente x, spesso si identifica la funzione costante con il simbolo ‘≡’, che silegge identità, scrivendo f (x) ≡ c.

La funzione identica f (x) = x associa a ciascun numero reale x se stesso. Il grafico dellafunzione identica è la bisettrice del primo e terzo ortante, è la ‘retta a 45 gradi’, come mostra lafigura 1.10(b). Dom(f) = R e Im (f) = R.

La funzione affine f (x) =mx+q, dovem, q ∈ R sono parametri (costanti, x è l’unica variabiledella funzione), si dice impropriamente anche funzione lineare. La figura 1.10(c) riporta il graficodella funzione affine definita dai parametri m = 1/2 e q = 1: si tratta di una retta. Il parametrom si chiama pendenza (della retta), o coefficiente angolare, e q si chiama intercetta con l’asse delleordinate. Chiaramente, Dom(f) = R e Im (f) = R. Tale funzione gode della proprietà che ilrapporto fra le differenze tra coordinate è ovunque costante ed è uguale a m, cioè, per qualsiasicoppia di coordinate, (x0, y0) e (x1, y1), appartenenti al grafico di f (x) = mx + q, vale m =(y1 − y0) / (x1 − x0). Sem = 0 abbiamo la funzione costante f (x) = q, mentre sem = 1 e q = 0,otteniamo la funzione identica (non a caso, entrambe hanno una retta come grafico).

La funzione valore assoluto è la naturale generalizzazione della funzione identica. È definita “apezzi”, cioè è l’unione di due (semi) rette di pendenza m = 1 e m = −1 a seconda che la variabileindipendente assuma valori positivi oppure negativi. Analiticamente:

f (x) = |x| ={

x se x ≥ 0 (cioè se x ∈ R+)−x se x < 0 (cioè se x ∈ R�R+).

Ad esempio, |0| = 0, |2| = 2, |−2| = 2 ecc.. Il suo grafico è riportato in figura 1.10(d), da cui sivede che Dom(f) = R e Im (f) = R+. Questa funzione trasforma qualsiasi numero (negativo opositivo) in un numero positivo: se x è positivo allora lo lascia invariato, |x| = x, altrimenti, se x ènegativo, lo trasforma nel suo opposto, |x| = −x.

La funzione quadrato trasforma x nel prodotto di x per se stesso: f (x) = x2 = x (x). Il graficoè riportato in figura 1.10(e), dove si vede che si tratta di una parabola orientata verso l’alto con assedi simmetria l’asse delle ordinate e con vertice l’origine. Anche in questo caso Dom (f) = R eIm (f) = R+. Anche f (x) = x2 trasforma qualsiasi numero in numero positivo.

0 x

yc

c′

(a)

0 x

xy

(b)

0 x

y

−2

q = 1

(c)

0 x

x

y

−x

(d)

0

y

1

1

2

4

−1−2

(e)

0 x

y

1

1

2

4

(f)

FIGURA 1.10: (a) f (x) = c per c > 0 e c′ < 0; (b) f (x) = x; (c) f (x) = (1/2)x+1; (d) f (x) = |x|;(e) f (x) = x2; (f) f (x) =

√x.

La funzione radice f (x) =√x è definita in modo analitico come la soluzione dell’equazione

Richiami su alcuni concetti di base 9

y2 = x; l’elemento immagine y =√x, cioè, è il numero reale che moltiplicato per se stesso resti-

tuisce il valore della variabile indipendente x. Vale Dom(f) = Im (f) = R+: la funzione radicetrasforma numeri non negativi in numeri non negativi. La figura 1.10(f) ne riporta il grafico.

Le funzioni x2 e√x, combinate assieme, forniscono una definizione alternativa di valore asso-

luto: |x| =√x2.

I polinomi di secondo grado sono la generalizzazione della funzione quadrato vista in prece-denza. L’espressione analitica generica è f (x) = ax2 + bx + c, dove i parametri a, b e c possonoessere qualsiasi numero reale. Il grafico è una generica parabola verticale, cioè con asse di simmetriaparallelo all’asse delle ordinate, orientata verso l’alto oppure verso il basso. Dominio e immaginevariano a seconda dei valori dei parametri a, b e c, e sono facilmente individuabili per via grafica.Vediamo qualche caso particolare.

1. Se a = 0 otteniamo la funzione affine già vista conm = b e q = c: f (x) = bx+ c.2. Se b = c = 0 distinguiamo due casi:

(a) se a > 0 otteniamo parabole con vertice nell’origine orientate verso l’alto (in particolareabbiamo la funzione quadrato per a = 1), come mostra la figura 1.11(a);

(b) se a < 0 otteniamo parabole con vertice nell’origine orientate verso il basso, comemostra la figura 1.11(b).

3. Se b = 0 e a �= 0 otteniamo parabole simmetriche rispetto all’asse delle ordinate (il cuivertice giace sull’asse delle ordinate) traslate verso l’alto per c > 0 e traslate verso il bassoper c < 0; la figura 1.11(c) mostra qualche esempio.

4. Se, oltre a, c �= 0, anche b �= 0, otteniamo generiche parabole verticali con vertice V aventecoordinate (−b/ (2a) ,−Δ/ (4a)), dove Δ è detto discriminante e vale Δ = b2 − 4ac. Siveda la figura 1.11(d) per un esempio con a > 0, b > 0 eΔ = b2 − 4ac < 0.

0−1 1

1

a > 1

a = 1

a < 1

(a)

0−1

−1

1a > −1

a = −1

a < −1

(b)

0

a < 0

a > 0

a > 0

c < 0

c > 0

(c)

0 x

y

V

−b/ (2a)

−Δ

4a

(d)

FIGURA 1.11: grafici di f (x) = ax2 + bx+ c per diversi valori dei parametri: (a) b = c = 0 e a > 0;(b) b = c = 0 e a < 0; (c) b = 0 e a, c �= 0; (d) a > 0, b > 0 eΔ = b2 − 4ac < 0.

La funzione razionale fratta è definita da

f (x) =ax+ b

cx+ d, (1.4)

dove i parametri a, b, c e d possono essere qualsiasi numero reale, con l’accortezza che c e dnon siano contemporaneamente nulli. Si tratta della generalizzazione della funzione reciproca,f (x) = 1/x = x−1. Il grafico è una generica iperbole con asintoti paralleli agli assi cartesiani.Dominio e immagine variano a seconda dei valori dei parametri a, b, c e d; in particolare sarannoentrambi tutto R tranne un punto. Vediamo qualche caso particolare.

10 Capitolo 1

1. Se a = d = 0, la (1.4) diventa f (x) = k/x, con k = b/c, c �= 0. Gli assi dell’iperbole(asintoti) sono esattamente gli assi cartesiani: f non è definita per x = 0 e tende a 0 per xche tende a +∞ e −∞. Le figure 1.12(a) e 1.12(b) mostrano alcuni grafici di f per diversivalori di k. Nel caso particolare k = 1, cioè b = c, ritroviamo la funzione reciproca f (x) =1/x, il cui grafico si chiama iperbole equilatera. Dom (f) = R� {0} e Im (f) = R� {0}.

2. Se a, b, c, d �= 0, f è rappresentata graficamente da un’iperbole con assi (asintoti) paralleliagli assi cartesiani. L’asse verticale è la retta che interseca l’asse delle ascisse nel puntox = −d/c, punto in cui si annulla il denominatore in (1.4), mentre l’asse orizzontale è lafunzione costante f (x) = a/c, cioè è la retta orizzontale che interseca l’asse delle ordinatenel punto y = a/c. Pertanto, Dom (f) = R� {−d/c} e Im (f) = R� {a/c}. Si veda lafigura 1.12(c) per un esempio con a > 0, c > 0 e d < 0.

0x

y

−1

−11

1

k > 1

k = 1

k < 1

(a)

0x

yk < 0

(b)

0 x

y

a/c

−d/c

(c)

FIGURA 1.12: (a) grafico di f (x) = k/x per k > 0; (b) grafico di f (x) = k/x per k < 0; (c) grafico dif (x) = (ax+ b) / (cx+ d) per a > 0, c > 0 e d < 0.

1.4.2 Funzioni implicite

Dopo aver associato ad una funzione espressa in forma analitica dall’equazione y = f (x) unacurva del piano come rappresentazione geometrica del suo grafico ci poniamo ora il problema inver-so: data una qualsiasi curva sul piano R2, esiste una funzione che ha quella curva come grafico? Piùspecificamente, data una curva sul piano cartesiano espressa analiticamente mediante un’equazioneche coinvolge entrambe le variabili x e y, ci chiediamo se da tale equazione è possibile “estrarre”un’equazione del tipo y = f (x) che esprime una funzione reale di una variabile reale.

Indichiamo con g (x, y) un’espressione numerica4 in cui compaiono entrambe le variabili x e y.

DEFINIZIONE 1.6 L’insieme dei punti (x, y) ∈ R2 che soddisfano un’equazione del tipo

g (x, y) = c, (1.5)

dove c ∈ R è un parametro fissato, si chiama luogo geometrico. L’equazione (1.5) si chiamaequazione in forma implicita. La rappresentazione del luogo nel piano cartesiano, ovvero il suografico, è una curva. Se c = 0, la (1.5) assume la forma standard5

g (x, y) = 0. (1.6)

4Vedremo nel paragrafo 8.5 che g (x, y) è a tutti gli effetti una funzione reale di due variabili reali x e y.5Si noti che le due forme (1.5) e (1.6) sono equivalenti perché la prima equazione può essere trasformata nella seconda

sommando ‘−c’ a entrambi i termini e la seconda può essere trasformata nella prima sommando ‘c’ a entrambi i termini.

Richiami su alcuni concetti di base 11

Se la relazione tra le variabili x e y espressa dall’equazione (1.5) è una funzione, allora è possibileesplicitare la variabile y e scrivere y = f (x) al posto di g (x, y) = c, ovvero, in questo caso, il luogogeometrico (la curva) definito da (1.5) viene espresso in modo equivalente dalla funzione in formaesplicita y = f (x), e l’equazione originaria equivalente g (x, y) = c prende il nome di funzioneimplicita, e la curva individuata dall’equazione in forma implicita è il grafico della funzione f (x).

Se, da un lato, non tutte le curve rappresentate da equazioni in forma implicita sono il graficodi qualche funzione, dall’altro, essendo l’espressione analitica di una funzione essa stessa un’equa-zione, y = f (x), è sempre possibile esprimere una funzione esplicita in forma implicita: bastariscrivere l’equazione y = f (x) come g (x, y) = y − f (x) = 0.

ESEMPIO 1.1 L’equazioney + x2 + 2x− 2 = c,

dove c ∈ R è una qualsiasi costante, esprime una funzione implicita. Infatti, ricaviamo

y = f (x) = −x2 − 2x+ 2 + c,

dove si vede che il termine a destra, f (x), è un polinomio di secondo grado.

ESEMPIO 1.2 Consideriamo l’equazione in forma implicita

5yx− 2y − 2xy − x− 4 = 0. (1.7)

Per verificare se tale equazione è o meno una funzione implicita cerchiamo di ‘isolare’ la y da tuttoil resto, fino a ottenere una forma che esprima la y in funzione della x. Applicando ben note regolesulle equazioni,6 perveniamo facilmente alla:

y = f (x) =x+ 4

3x− 2(1.8)

che ha senso per x �= 2/3 e rappresenta senz’altro una funzione razionale fratta del tipo discussonel paragrafo precedente, con Dom(f) = R� {2/3}. Dunque, la forma implicita (1.7) è una funzioneimplicita e descrive una curva che è il grafico della funzione definita in (1.8) riportato in figura 1.13.

x

y

01/3

2/3

FIGURA 1.13: la curvadefinita da (1.7) è il grafico dif (x) = (x+ 4) / (3x− 2).

Vediamo un paio di esempi di equazioni in forma implicitache non sono esplicitabili nella forma y = f (x).

ESEMPIO 1.3 Una circonferenza di centro l’origine e raggior > 0 è esprimibile analiticamente dall’equazione

x2 + y2 = r2, (1.9)

che è l’equazione in forma implicita g (x, y) = c con g (x, y) =x2 + y2 e c = r2. La figura 1.14(a) mostra un esempio di tale cir-conferenza: è evidente che essa non può rappresentare il graficodi una funzione perché a ogni x ∈ (−r, r) verrebbero associatidue valori distinti di y. Proviamo comunque a esplicitare la y infunzione della x in (1.9); sommando −x2 a entrambi i termini ot-teniamo l’equazione y2 = r2 − x2, che costituisce già la fine delnostro percorso perché esistono due valori distinti (opposti) di y che la soddisfano: y1 =

√r2 − x2 e

y2 = −√r2 − x2. Deduciamo che non è possibile estrarre una funzione dall’equazione (1.9).

6Da questi primi esempi in avanti faremo un uso pesante delle regole per la risoluzione di equazioni e disequazioni.Suggeriamo un approfondito ripasso di tali regole al lettore che ne sentisse il bisogno.

12 Capitolo 1

ESEMPIO 1.4 Una retta si esprime in forma implicita con l’equazione

ax+ by = c. (1.10)

I parametri a, b e c sono numeri qualsiasi. La forma esplicita della funzione affine (che ha una rettacome grafico), f (x) =mx+q, non è in grado di generare rette verticali (perché tali curve non potreb-bero essere il grafico di una funzione); diversamente, la (1.10) è in grado di farlo. Ma procediamocon ordine. Per esplicitare la variabile y nell’equazione (1.10), sommiamo −ax a entrambi i terminiottenendo by = c− ax. Quest’operazione è lecita per qualsiasi valore dei parametri a, b e c. Per iso-lare la y, dobbiamo moltiplicare entrambi i termini 1/b, ma questo richiede di imporre la restrizioneb �= 0; ed è proprio questa restrizione che esclude la retta verticale come rappresentazione graficadella funzione affine esplicita f (x) = mx+ q. Se b �= 0, otteniamo la forma esplicita:

y = c/b− (a/b)x, (1.11)

che è proprio l’espressione della funzione affine, f (x) = mx+ q, con m = −a/b e q = c/b.L’equazione (1.11) descrive tutte le rette possibili, per ogni valore di a, b e c con b �= 0, tranne

quella verticale che si ottiene dalla forma implicita (1.10) proprio ponendo b = 0. Se b = 0, la (1.10)diventa ax = c, che ha senso se a �= 0, e quindi possiamo riscrivere come x = c/a, che è il punto incui la retta verticale interseca l’asse delle ascisse, come mostra la figura 1.14(b).

Il prossimo esempio evidenzia quanto più potente sia la rappresentazione in forma implicitarispetto alla forma funzionale esplicita.

ESEMPIO 1.5 La forma implicita della funzione radice consente di disegnare una curva più ampiadi quella vista in figura 1.10(f): la sua forma implicita in realtà rappresenta un’intera parabola conasse orizzontale. La funzione radice y =

√x è definita come quel numero che moltiplicato per se

stesso restituisce l’argomento x, cioè, per definizione, y è tale che

y2 = x, (1.12)

che equivale all’equazione in forma implicita

y2 − x = 0. (1.13)

Se interpretiamo la (1.12) come x = f (y) = y2 otteniamo l’espressione funzionale di una parabolacon gli assi invertiti, in cui, cioè, abbiamo sostituito l’asse delle ascisse con l’asse delle ordinate eviceversa (la variabile x è diventata la variabile dipendente e la variabile y è diventata la variabileindipendente). In altre parole, la curva espressa dalla forma implicita (1.13) è una parabola oriz-zontale. Si vede immediatamente che è impossibile esplicitare la (1.13) [o la (1.12)] rispetto alla yperché la soluzione dell’equazione presuppone di associare a ciascun x due valori distinti, y1 =

√x

e il suo opposto y2 = −√x, come evidenzia la figura 1.14(c). Si noti che il ramo superiore dellaparabola coincide con la funzione radice della figura 1.10(f).

Negli esempi precedenti abbiamo cercato di esplicitare y in funzione di x. Nessuno ci vieta diindagare se è possibile esplicitare anche (o solo) x in funzione di y ottenendo una funzione x = h (y)equivalente alla forma implicita g (x, y) = c. In questo caso si tratterà di ‘isolare’ la x da tutto ilresto nella forma implicita di partenza, fino a ottenere una forma del tipo x = h (y).

ESEMPIO 1.6 Data la forma implicita2y − 3x = 0,

esplicitiamo sia y = f (x) che x = h (y). Ciò è possibile perché la forma implicita rappresenta unaretta che non è parallela ad alcuno dei due assi cartesiani. Vale 2y = 3x ⇐⇒ y = (3/2)x, quindi

Richiami su alcuni concetti di base 13

la prima funzione è f (x) = (3/2)x, mentre per la seconda svolgiamo 3x = 2y ⇐⇒ x = (2/3) yottenendo h (y) = (2/3) y.

x0 r

r

−r

?

?

(a)

x

y

0 c/a

(b)

x0

√x

−√x

(c)

FIGURA 1.14: curve che non rappresentano grafici di funzioni; (a) circonferenza definita dax2 + y2 = r2; (b) rette verticali, definite da ax = c (cioè ax+ by = c con b = 0) ; (c) parabola

orizzontale definita da y2 − x = 0.

ESEMPIO 1.7 Data la forma implicita

x2y + 4x− 1 = 0,

esplicitiamo y = f (x). Vale x2y = −4x+1 ⇐⇒ y = (1− 4x) /x2, dove l’ultimo passaggio ha sensoper x �= 0. Quindi la forma implicita rappresenta il grafico della funzione f (x) = (1− 4x) /x2 definitaper x �= 0. Verifichiamo che in questo caso non è possibile esplicitare x = h (y): vale x2y + 4x = 1⇐⇒ x (xy + 4) = 1 e dobbiamo bloccarci perché non è possibile “separare” la x dalla y. Provandoa dividere per y �= 0 otterremmo x2 + 4 (x/y) = 1/y; anche questa strada è impercorribile.

1.5 Funzioni invertibili

Data una funzione f : X → Y , X,Y ⊆ R, ci chiediamo se esiste un’altra funzione g : Y → Xtale che a ogni y ∈ Y associa esattamente il punto x ∈ X da cui si parte per arrivare a y = f (x). Inaltre parole, se f associa y a x, esiste una funzione che fa il “percorso inverso”, cioè che associa xal punto y? La figura 1.15(a) illustra il problema con i diagrammi di Venn. La figura 1.15(b) invecemostra questo percorso inverso direttamente sul grafico di una data funzione f . Poiché vogliamo cheg sia anch’essa una funzione, è chiaro che quest’ultima non deve associare più di un elemento di Xa ciascun elemento di Y ; cioè vogliamo evitare una situazione del tipo indicato in figura 1.15(c). Inaltre parole, affinché una funzione f sia invertibile, bisogna evitare che punti distinti in X abbianolo stesso elemento immagine y ∈ Y tramite f .

DEFINIZIONE 1.7 È data una funzione f : X → Y , X,Y ⊆ R.1. f si dice iniettiva se associa elementi distinti di Y a elementi distinti di X cioè se

x0 �= x1 =⇒ f (x0) �= f (x1) , o, equivalentemente, f (x0) = f (x1) =⇒ x0 = x1;

2. f si dice suriettiva se ogni elemento y ∈ Y trova un elemento corrispettivo x tale chey = f (x), ovvero se

Y = Im (f) ;

3. f si dice biiettiva (biunivoca) se è iniettiva e suriettiva.

14 Capitolo 1

x y

f

g?

X Y

(a)

0 x

yf

f

g?

g?

(b)

yx0

x1

f

f

?

?

X Y

(c)

FIGURA 1.15: (a) invertibilità con i diagrammi di Venn; (b) invertibilità e grafico di f ; (c) funzione noninvertibile.

La proprietà di iniettività serve a evitare situazioni del tipo riportato in figura 1.15(c). La suriet-tività serve a garantire che ogni elemento y ∈ Y trovi un corrispettivo x ∈ X candidato a esserel’elemento immagine di y tramite un’eventuale funzione (inversa) g : Y → X.

DEFINIZIONE 1.8 Una funzione f : X → Y , X,Y ⊆ R si dice invertibile se (e solo se) esiste la suafunzione inversa, indicata con f−1. La funzione inversa è l’unica funzione f−1 : Y → X tale che

y = f (x) ⇐⇒ x = f−1 (y) , ∀x ∈ X e y ∈ Y.

x y

f

f−1

X Y

FIGURA 1.16:funzione inversax = f−1 (y).

La figura 1.16 illustra la definizione con i diagrammi di Venn.

TEOREMA 1.2 Una funzione f è invertibile se e solo se è biiettiva.

Il Teorema 1.2 asserisce che la classe delle funzioni invertibili coincidecon la classe delle funzioni biiettive. Si noti che la suriettività implica cheX = Dom (f) = Im

(f−1

)e Y = Im(f) = Dom

(f−1

), e quindi ha senso

scrivere f−1 : Y → X. Anche il prossimo risultato è ovvio e deducibileosservando la figura 1.16.

TEOREMA 1.3 La funzione inversa f−1, se esiste, è sempre invertibile e ha come inversa la funzio-ne f di partenza; cioè vale

(f−1

)−1= f .

La definizione 1.8 lascia intuire che la funzione inversa, se esiste, ha lo stesso grafico dellafunzione di partenza però con il ruolo degli assi cartesiani invertito. La prossima regola sanciscequest’idea illustrando come si disegna il grafico di f−1 a partire dal grafico di f .

REGOLA 1.1 Il grafico della funzione inversa f−1 è il simmetrico7 del grafico di f rispetto alla rettabisettrice del primo e terzo ortante. Pertanto, il grafico di f−1 si ottiene ruotando di 180◦ il grafico dif attorno a tale retta bisettrice.

La figura 1.17(a) illustra la regola 1.1 : la retta bisettrice è la retta id (id sta per funzione identica),il grafico di f è la curva in grigio mentre il grafico di f−1 è la curva nera; la freccia indica il tipo di‘rotazione’ effettuato sul grafico di f per ottenere il grafico di f−1. La figura 1.17(b) mostra il casodi una funzione non invertibile: la rotazione di 180◦ del grafico di f è una curva che non può essereil grafico di una funzione perché assocerebbe a un unico valore x ∈ Dom (f) due valori distintisull’asse delle ordinate.

7Si rammenta che, data una curva C nel piano cartesiano e una retta r qualsiasi, la curva simmetrica a C, chiamiamolaC′, rispetto alla retta r si ottiene, in maniera figurata, ‘ruotando di 180 gradi’ la curva C rispetto a r, in modo che i puntidi C′ mantengano la stessa distanza da r che hanno i punti di C (però dalla parte opposta).

Richiami su alcuni concetti di base 15

x

y f

f−1 id

(a)

x

f

?

?

id

(b)

FIGURA 1.17: (a) grafico di f−1 ottenuto apartire dal grafico di f ; (b) ‘ruotando’ ilgrafico di f attorno alla bisettrice si ottieneuna curva che non è il grafico di una funzione.

La prossima regola consente di ricavare l’e-spressione analitica della funzione inversa f−1 apartire da quella della funzione diretta f .

REGOLA 1.2 Data una funzione f : X → Y ,X,Y ⊆ R, rappresentata dall’equazione

y = f (x) , (1.14)

la funzione inversa f−1 : Y → X , se esi-ste, si ricava risolvendo l’equazione (1.14) rispettoall’incognita x; cioè esprimendo, se è possibile, xin funzione di y [x = f−1 (y)].

ESEMPIO 1.81. La funzione costante f (x) = c non è in-vertibile: la curva ottenuta ruotando i suografico attorno alla bisettrice è una retta verticale che non può rappresentare una funzione.

2. La funzione identica f (x) = x è invertibile e l’inversa è se stessa: f−1 (x) = f (x) = x.3. La funzione affine f (x) = mx + q, m �= 0, ha come grafico una retta non orizzontale,

pertanto, dalla regola 1.1 deduciamo che il grafico della sua inversa è ancora una retta;applicando la regola 1.2 osserviamo che la funzione inversa di f (x) = mx + q è ancorauna funzione affine, f−1 (x) = m′x+ q′, con pendenza m′ = 1/m e intercetta q′ = −q/m. Ilfatto che m′ = 1/m implica che m′ ha lo stesso segno di m; quindi, se f è crescente (rettainclinata verso l’alto a destra), anche f−1 è crescente, e viceversa.

4. La funzione reciproca f (x) = 1/x, il cui grafico è l’iperbole equilatera, è invertibile sul suodominio naturale R� {0} e la sua inversa coincide con se stessa: f−1 (x) = f (x) = 1/x.

5. La funzione inversa di f (x) = 27x− 17x− 19 è f−1 (x) = (1/10)x+ 19/10, come si verificaimmediatamente risolvendo l’equazione y = 27x− 17x− 19 rispetto a x.

6. Come nell’esempio precedente, la regola 1.2 ci permette di ricavare la funzione inversa dif (x) = (13x− 1/5) / [8− (15/16)x], definita per x �= 128/15, che è f−1 (x) = (8x+ 1/5)/[(15/16)x+ 13], definita per x �= −208/15.

Considerazioni grafiche permettono di dedurre che la funzione quadrato f (x) = x2 non è in-vertibile. Però, se restringiamo il suo dominio alla semiretta positiva R+ o alla semiretta negativaR�R++, f (x) = x2 diventa invertibile (perché?). Per questa particolare funzione si è deciso d’au-torità che la restrizione da operare sarà sulla semiretta positiva R+; in questo modo, la sua inversa(ristretta a R+) risulta essere la funzione radice f−1 (x) =

√x (si invita il lettore a verificare i det-

tagli). Restringere opportunamente il dominio di una funzione originariamente non invertibilepuò trasformarla in una funzione equivalente (anche se più “piccolina”, nel senso che la pensiamodefinita su di un sottoinsieme proprio del suo dominio naturale) che sia invertibile.

Grazie al Teorema 1.3 sappiamo inoltre quale sia la funzione inversa della funzione radicef (x) =

√x: è proprio la funzione quadrato f (x) = x2 ristretta a R+. Abbiamo quindi scoper-

to che, opportunamente ristretta, la funzione quadrato è invertibile e ha la funzione radice comeinversa, e la funzione radice è invertibile e ha la funzione quadrato (ristretta a R+) come inversa.

1.5.1 Funzioni monotone e invertibilità

Stabiliamo un criterio teorico generale per verificare se una funzione f è invertibile o meno chesfrutta la proprietà di monotonia di una funzione.

16 Capitolo 1

DEFINIZIONE 1.9 Una funzione f : X → Y , X,Y ⊆ R, si dice1. crescente se, per ogni x0, x1 ∈ X tali che x0 ≤ x1, segue f (x0) ≤ f (x1);2. strettamente crescente se, per ogni x0, x1 ∈ X tali che x0 < x1, segue f (x0) < f (x1);3. decrescente se, per ogni x0, x1 ∈ X tali che x0 ≤ x1, segue f (x0) ≥ f (x1);4. strettamente decrescente se, per ogni x0, x1 ∈ X tali che x0 < x1, segue f (x0) > f (x1).

Se vale la 1 o la 3 f si dice monotona, e se vale la 2 o la 4 f si dice strettamente monotona.

Tradotto in termini geometrici, una funzione monotona ha il grafico che ‘mediamente’ seguesempre la stessa direzione, nel senso che, se immaginiamo di doverci “camminare sopra”, nei primidue casi ci ritroviamo a ‘salire’, cioè ci dirigiamo da sud-ovest verso nord-est, mentre negli ultimidue casi ci ritroviamo a ‘scendere’, cioè ci dirigiamo da nord-ovest verso sud-est. La figura 1.18 il-lustra i quattro casi della definizione 1.9. Si noti che i grafici nei casi (b) e (c) rappresentano funzionisolamente monotone e non strettamente monotone, perché sull’intervallo [a, b] (evidenziato sull’assedelle ascisse) sono costanti (e quindi né crescenti né decrescenti). Spesso le funzioni solamente mo-notone e non strettamente monotone si dicono anche debolmente monotone (debolmente crescentio debolmente decrescenti).

x

y

0

(a)

x

y

a b

(b)

x

y

a b

(c)

x

y

0

(d)

FIGURA 1.18: grafici di funzioni monotone: (a) funzione strettamente crescente; (b) funzionecrescente; (c) funzione decrescente; (d) funzione strettamente decrescente.

ESEMPIO 1.9 Osservando alcuni grafici del paragrafo 1.4.1, verifichiamo che:1. la funzione costante f (x) = c è (debolmente) monotona, è cioè sia debolmente crescente

che debolmente decrescente;2. la funzione identica f (x) = x è strettamente crescente;3. la funzione affine f (x) = mx + q è strettamente crescente se m > 0 e strettamente

decrescente se m < 0, per qualsiasi valore di q;4. la funzione valore assoluto f (x) = |x| non è monotona, cioè su alcuni tratti del dominio

(R�R+) è strettamente decrescente e su altri (R+) è strettamente crescente; se restringia-mo opportunamente il dominio, possiamo ottenere una funzione strettamente monotona, inparticolare, se |x| : R�R++ → R+ otteniamo una funzione strettamente decrescente, se|x| : R+ → R+ otteniamo una funzione strettamente crescente;

5. per la funzione quadrato f (x) = x2 vale lo stesso discorso: sulle restrizioni x2 : R�R+ → R+

e x2 : R+ → R+ essa risulta strettamente decrescente e strettamente crescente rispettiva-mente;

6. la funzione radice√x è palesemente strettamente crescente su tutto il suo dominio R+.

TEOREMA 1.4 È data una funzione f : X → Y , X,Y ⊆ R. Se f è strettamente monotona (stret-tamente crescente o strettamente decrescente), allora essa è invertibile, esiste cioè la sua funzio-

Richiami su alcuni concetti di base 17

ne inversa f−1. Se f è strettamente crescente, f−1 è anch’essa strettamente crescente; se f èstrettamente decrescente, f−1 è anch’essa strettamente decrescente.

La monotonia è una condizione soltanto sufficiente e non necessaria per l’invertibilità, esistonocioè funzioni invertibili che non sono monotone, come mostra il seguente esempio.

ESEMPIO 1.10 La funzione f : {1, 2, 3} → {1, 2, 3}, che ha come dominio e immagine lo stessoinsieme X = Y = {1, 2, 3}, definita punto per punto ponendo f (1) = 1, f (2) = 3 e f (3) = 2,certamente non è monotona perché 1 < 2 =⇒ f (1) < f (2) ma 2 < 3 =⇒ f (2) > f (3); incompenso è senz’altro biiettiva, e quindi invertibile.

Purtroppo non siamo ancora in grado di applicare direttamente il Teorema 1.4 per verificare seuna funzione è invertibile o meno perché ci manca un criterio analitico (e non solamente grafico)che ci permetta di stabilire se una funzione è strettamente monotona. Quando sapremo calcolare lederivate saremo in grado si stabilire analiticamente quando una data funzione è monotona.

1.5.2 Forme implicite e invertibilità

Con la nozione di invertibilità a disposizione, siamo in grado di apprezzare una proprietà impor-tante che lega le due forme esplicite, y = f (x) e x = h (y), derivanti dalla stessa forma implicitag (x, y) = c. Rivediamo un paio di esempi trattati nel paragrafo 1.4.2 studiando la relazione che legale due forme esplicite y = f (x) e x = h (y).

ESEMPIO 1.111. Nell’esempio 1.2 avevamo visto che la forma implicita 5yx − 2y − 2xy − x − 4 = 0 am-

mette la forma esplicita y = f (x) = (x+ 4) / (3x− 2). Ripetendo l’esercizio con l’obiettivodi esplicitare x = h (y) (si invita il lettore a sviluppare i dettagli) otteniamo x = h (y) =(4 + 2y) / (3y − 1). La funzione inversa della prima forma esplicita è, come si verifica fa-cilmente, x = h (y) = (4 + 2y) / (3y − 1), che è proprio l’altra funzione esplicita, x = h (y)ottenuta dalla stessa forma implicita.

2. Nell’esempio 1.6 avevamo visto che la forma implicita 2y − 3x = 0 ammette le due funzioniesplicite y = f (x) = (3/2)x e x = h (y) = (2/3)y. È immediato verificare ancora unavolta che la funzione inversa della prima, f (x) = (3/2)x, è proprio l’altra funzione esplicita,x = h (y) = (2/3) y, ottenuta dalla stessa forma implicita.

L’esempio appena visto mostra che le due funzioni esplicite ottenute dalla medesima formaimplicita g (x, y) = c, sono una l’inversa dell’altra. Questo è un risultato che vale in generale.

TEOREMA 1.5 La forma implicita espressa dall’equazione g (x, y) = c ammette8 funzioni espliciterispetto a entrambe le variabili, x e y, se e solo se le due funzioni esplicite y = f (x) e x = h (y)sono entrambe invertibili e sono una l’inversa dell’altra.

L’intuizione dietro a questa proprietà è facilmente leggibile dal punto di vista grafico: se la formaimplicita g (x, y) = c ammette funzioni esplicite sia rispetto a x che rispetto a y, questo significache la curva individuata dalla forma implicita è contemporaneamente il grafico di y = f (x) e dix = h (y), ovvero, anche invertendo gli assi cartesiani (y al posto di x e viceversa) siamo semprein grado di leggere la stessa curva come grafico di una funzione. Ma questo non significa altro che

8Per ‘ammette’ intendiamo qui che ‘esistono’ entrambe le funzioni esplicite y = f (x) e x = h (y). Altra cosa èessere capaci di calcolarle! Vedremo nel paragrafo 12.1.1 che in alcuni casi esistono entrambe le forme esplicite ma nonè possibile esprimerle analiticamente.

18 Capitolo 1

ciascuna funzione ha come grafico il grafico dell’altra con gli assi invertiti, ovvero la stessa curvaruotata di 180◦ attorno alla bisettrice, e questo (regola 1.1), significa che sono una l’inversa dell’altra.

Il prossimo esempio sfrutta il Teorema 1.5 all’‘incontrario’.

ESEMPIO 1.12 Nell’esempio 1.7 avevamo visto che la forma implicita x2y + 4x − 1 = 0 ammettefunzione esplicita solamente come funzione di x: y = f (x) = (1− 4x) /x2, definita per x �= 0. Lafunzione x = h (y) invece non esiste, ovvero non è possibile esplicitare x in funzione di y; deduciamopertanto dal Teorema 1.5 che f (x) = (1− 4x) /x2 non è invertibile.

1.6 Funzioni composte

DEFINIZIONE 1.10 Date due funzioni g : X → Y e f : Y → W , dove X,Y,W ⊆ R, se Im (g) ⊆ Y(cioè se l’immagine di g è contenuta nel dominio di f), si definisce la funzione composta di f e g(e si dice f composto g) la funzione h : X →W , che si indica con f ◦ g, ponendo

h (x) = (f ◦ g) (x) = f [g (x)] .

La g : X → Y si dice funzione interna e la f : Y →W si dice funzione esterna.

x y w

X Y Wfg

Im (g)

h = f ◦ gFIGURA 1.19: la funzionecomposta h = f ◦ g.

Fissato x ∈ X, la funzione composta restituisce il valorew = f (y) ∈ W ottenuto calcolando f nel punto y = g (x) ∈ Y ,che è un possibile valore del suo argomento y grazie alla condi-zione Im (g) ⊆ Y . La figura 1.19 illustra la situazione. Se peruna sfortunata coincidenza Y ⊂ Im (g), è necessario restringereil dominio di g in modo che Im (g) diventi un sottoinsieme deldominio Y di f . La ricerca della restrizione opportuna per il do-minio di g è una procedura importantissima che si chiama ricercadel campo di esistenza di una funzione (composta).

ESEMPIO 1.131. Date le due funzioni y = g (x) = x + 1 e w = f (y) = y2, se interpretiamo la prima come

funzione interna e la seconda come funzione esterna, otteniamo la funzione composta9:h (x) = (f ◦ g) (x) = f [g (x)] = (x+ 1)

2. Poiché g : R→ R e f : R→ R non ci sono problemidi restrizione sul dominio di g perché Im (g) = R = Dom(f) = R, e quindi è soddisfatta lacondizione Im (g) ⊆ Dom(f).

2. Se aggiungiamo all’interno la funzione x = l (t) = 1/t all’esempio precedente otteniamouna funzione composta di tre funzioni semplici, x = l (t) = 1/t, y = g (x) = x + 1 e w =f (y) = y2. Si noti che ogni funzione aggiunta richiede una variabile in più, in questocaso abbiamo introdotto la variabile ‘t’ nella “posizione più interna”,ottenendo una funzio-ne composta che ha t come variabile indipendente: h (t) = (f ◦ g ◦ l) (t) = f {g [l (t)]} =

(1/t+ 1)2, con h : R� {0}→ R+ [la funzione più interna, l (t) = 1/t, non è definita in

t = 0]. Anche in questo caso non ci sono (ulteriori) problemi di restrizione perché Im (l) =R� {0} ⊂ Dom(g) = R e, come prima, Im (g) = R = Dom(f) = R. Valgono cioè entrambele inclusioni: Im (l) ⊆ Dom(g) e Im (g) ⊆ Dom(f).

Abbiamo visto un esempio di composizione a partire da funzioni semplici. In realtà, di solitoè dato il problema inverso: è nota la funzione composta h ed è necessario scomporla in funzionisemplici ciascuna da studiare separatamente.

9In questo esempio molto semplice vale h (x) = (x+ 1)2 = x2 + 2x+ 1, cioè la nostra funzione composta altro nonè che una parabola. In effetti, (x+ 1)2 e x2 + 2x+ 1 sono due espressioni equivalenti che descrivono la stessa funzione.

Richiami su alcuni concetti di base 19

ESEMPIO 1.14 Data la funzione h (x) = −1/ (1− x), vediamo alcune possibilità di scomposizione.1. Ponendo y = g (x) = 1 − x e w = f (y) = −1/y, se sostituiamo nella seconda funzione l’‘y’

definito nella prima funzione riesce proprio h = f ◦ g.2. Ponendo y = l (x) = 1− x, t = g (y) = 1/y e w = f (t) = −t, riesce h = f ◦ g ◦ l.3. Ponendo y = g (x) = −x e w = f (y) = −1/ (1 + y), riesce h = f ◦ g.4. Ponendo y = g (x) = x − 1 e w = f (y) = 1/y, riesce h = f ◦ g [si noti che h (x) =−1/ (1− x) = 1/ (x− 1)].

5. Oppure, ponendo y = g (x) = 1/ (1− x) e w = f (y) = −y, riesce h = f ◦ g.E potremmo continuare. In tutti i casi è necessario restringere il dominio della funzione più

interna. Ad esempio, nel caso 1 f (y) = −1/y è definita su R� {0}, cioè per y �= 0. Questo sitraduce nella restrizione g (x) �= 0 sull’immagine della funzione interna g, ovvero 1 − x �= 0, cheequivale a x �= 1. Il campo di esistenza della composta h = f ◦ g è dunque CE = R� {1}.

ESEMPIO 1.15 Scomponiamo le seguenti funzioni in funzioni elementari introducendo opportunevariabili intermedie (naturalmente, altri tipi di scomposizione sono possibili).

1. Per f (x) = (2− 3x)2 si può porre y = g (x) = 2 − 3x e w = f (y) = y2, con campo di

esistenza CE = R perché la funzione esterna f (y) = y2 è definita su tutto R e quindi nonrichiede restrizioni alla funzione interna g.

2. Per f (x) =

√(x− 1)

2+ 2 si può porre y = g (x) = x− 1, z = f (y) = y2, v = h (z) = z+2 e

infine w = l (v) =√v, con campo di esistenza CE = R perché osserviamo che l’argomento

v della funzione esterna l (v) =√v è sempre positivo, per ogni valore di x.

I prossimi due esempi pongono in modo drammatico la questione del campo di esistenza di unafunzione composta, cioè la necessità di rispettare la condizione Im (g) ⊆ Dom(f).

ESEMPIO 1.16 La scomposizione naturale della funzione h (x) =√x+ 1 è nelle due funzioni sem-

plici g (x) = x + 1 e f (y) =√y. Osserviamo che Im (g) = R, mentre Dom(f) = R+, e quindi

Dom(f) ⊂ Im (g) e la condizione Im (g) ⊆ Y della definizione 1.10 non è soddisfatta. Per poterdefinire la funzione composta h è necessario restringere il dominio della funzione interna g in modotale da “far entrare” la sua immagine nel dominio naturale di f , cioè fino a che Im (g) ⊆ Dom(f).La condizione Im (g) ⊆ Y = R+ è espressa analiticamente dalla disequazione x + 1 ≥ 0, che hacome soluzione x ≥ −1; da ciò deduciamo che la funzione (composta) h (x) =

√x+ 1 è definita per

x ≥ −1, cioè il suo campo di esistenza è CE = [−1,+∞).

ESEMPIO 1.17 Il campo di esistenza della funzione h (x) =√1/x si determina studiando separa-

tamente le condizioni imposte dalle due funzioni elementari componenti, g (x) = 1/x e f (y) =√y.

Entrambe le funzioni f e g hanno come dominio naturale una restrizione di R: Dom(f) = R+

e Dom(g) = R� {0}. Dobbiamo tener conto di entrambe le restrizioni contemporaneamente:(y ≥ 0) ∧ (x �= 0); la prima influirà sull’immagine della funzione interna g al fine di dare un sensoalla funzione composta. Conviene riscrivere tali condizioni sotto forma di sistema10{

y ≥ 0x �= 0,

⇐⇒{

1/x ≥ 0x �= 0,

dove nel secondo sistema abbiamo sostituito y = g (x) = 1/x. La soluzione del sistema è x > 0,pertanto il campo di esistenza cercato è CE = (0,+∞) = R++.

In generale il campo di esistenza di una funzione composta (di una sola variabile) è un intervallooppure l’unione di intervalli disgiunti.

10Si ricordi che un sistema di condizioni (di equazioni, disequazioni, misto ecc.) è una scrittura che significa che tuttele condizioni elencate devono valere contemporaneamente.

20 Capitolo 1

Sottolineiamo un’importante relazione fra funzione inversa e funzione composta. Poiché la fun-zione inversa percorre nel verso contrario la strada che unisce la variabile y alla variabile x, è facileintuire che, componendo f con la sua inversa f−1, torniamo al punto di partenza, x, otteniamo cioèla funzione identica h (x) = x.

TEOREMA 1.6 Data f : X → Y , X,Y ⊆ R, invertibile, sia f−1 la sua funzione inversa. Allora vale(f−1 ◦ f) (x) = f−1 [f (x)] = x ∀x ∈ X(f ◦ f−1

)(y) = f

[f−1 (y)

]= y ∀y ∈ Y.

Questa proprietà si rivela estremamente utile per isolare la variabile dipendente nella risoluzionedi equazioni e disequazioni. Nel prossimo esempio il Teorema 1.6 viene utilizzato per risolverel’equazione che determina la funzione inversa.

ESEMPIO 1.18 Utilizzando la regola 1.2, ricaviamo l’espressione della funzione inversa della funzio-ne f (x) =

√x− 3/4. Il campo di esistenza di f è CE = [3/4,+∞), che corrisponde all’immagine

della funzione inversa, mentre il dominio della funzione inversa è l’immagine di f , Dom(f−1

)=

Im (f) = R+. Per risolvere rispetto a x l’equazione y =√x− 3/4, sfruttiamo il fatto che la funzione

quadrato è l’inversa della funzione radice ed eleviamo al quadrato entrambi i termini (necessaria-mente l’uguaglianza rimane vera). Grazie al Teorema 1.6, quest’operazione ci consente di ‘elimina-

re’ la radice nel termine di destra, ottenendo y2 =(√

x− 3/4)2

cioè y2 = x− 3/4, da cui ricaviamo

immediatamente x = y2 + 3/4, che è l’espressione della funzione inversa, f−1 (x) = x2 + 3/4, chegià sappiamo essere definita (solamente) su Dom

(f−1

)= R+. Si noti che la funzione f−1 (x) =

x2 + 3/4, essendo pensata come funzione inversa della funzione f (x) =√x− 3/4, ha un dominio

ristretto rispetto alla generica funzione quadratica f (x) = x2 + 3/4, che invece è definita su tutto R.

1.7 Funzione potenza

DEFINIZIONE 1.11 Si dice funzione potenza a esponente naturale, e si indica con xn la funzione

f (x) = xn = x · x · · · · · x︸ ︷︷ ︸n volte

, n ∈ N.

Il parametro n si dice esponente e la scrittura xn si legge “x elevato alla n”.

È la generalizzazione della funzione quadrato x2 e ha come dominio naturale R, poiché il pro-dotto di qualsiasi numero x ∈ R per se stesso n volte ha sempre senso. Se n = 0, si pone x0 ≡ 1,cioè, f (x) = x0 è la funzione costante f (x) = 1; se n = 1 otteniamo la funzione identicaf (x) = x1 = x; mentre, se n = 2, otteniamo la funzione quadrato f (x) = x2. In generale,l’immagine di f (x) = xn è R se n è dispari, mentre è R+ se n è pari. La figura 1.20 riporta alcuniesempi di grafico di f (x) = xn; dalla figura si vede che, per n pari, al crescere di n la curva “sirestringe” per x /∈ [0, 1], mentre “si allarga” (o se si preferisce, “si affloscia”) per x ∈ [0, 1]; e lostesso comportamento si ha anche per n dispari, però con un effetto simmetrico sui valori negativix < 0.

DEFINIZIONE 1.12 Per ogni n ∈ N (quindi n ≥ 0), la funzione potenza a esponente negativo sidefinisce come

x−n = 1/xn = (1/x)n,

dove xn e (1/x)n assumono significato per la definizione 1.11.

Richiami su alcuni concetti di base 21

x

y

−1 1

1

0

x2

x4x8

(a)

x

y

−1−1

1

1

0

x3

x5x9

(b)

FIGURA 1.20: alcuni esempi di grafico di f (x) = xn; (a) n pari; (b) n dispari.

I grafici di x−n sono ‘simmetrici’ rispetto ai grafici di xn. Per n = 1, x−1 ha come graficol’iperbole equilatera. Altri esempi sono in figura 1.21. Trattandosi di iperboli deformate, le funzionix−n non sono mai definite per x = 0; il loro dominio naturale è R� {0}. Come nel caso n ≥ 0,l’immagine di x−n è R se n è dispari, mentre è R+ se n è pari. Dalla figura 1.21 osserviamo ancheche, per n pari, al crescere di n la curva “si allarga” (diventa più ripida) per x ∈ [0, 1], mentre “sirestringe” (o se si preferisce, “si appiattisce verso il basso”) per x /∈ [0, 1]; e lo stesso comportamentosi ha anche per n dispari, però con un effetto simmetrico sui valori negativi x < 0.

x

y

−1 1

1

0

x−2

x−4

x−8

(a)

x

y

−1−1

1

1

0

x−1

x−3

x−9

(b)

FIGURA 1.21: alcuni esempi di grafico di f (x) = x−n; (a) n pari; (b) n dispari.

La definizione 1.12 estende la definizione 1.11 alle potenze con esponente intero negativo, inmodo da coprire l’intero panorama delle funzioni potenza a esponente intero xz con z ∈ Z.

22 Capitolo 1

Al fine di estendere l’esponente ai numeri frazionari, torna comodo definire11 la funzione radicen-esima, che si indica con n

√x, per n ∈ N, come la funzione inversa della funzione potenza

naturale f (x) = xn; osservando i grafici della figura 1.20 ci rendiamo facilmente conto che, se nè pari, n

√x ha sia come dominio che come immagine R+ (è, cioè, necessario restringere il dominio

di xn a R+ affinché xn diventi invertibile), mentre, se n è dispari, Dom ( n√x) = Im ( n

√x) = R.

Applicando la regola 1.1 siamo in grado di disegnare i grafici delle funzioni n√x a partire dai

grafici delle funzioni xn. La figura 1.22 riporta alcuni esempi. Dalla figura 1.22(a) notiamo che lafunzione radice n-esima per n pari si comporta in modo molto simile alla funzione f (x) =

√x: al

crescere di n il suo grafico risulta sempre più “appiattito” (cioè si abbassa) per x > 1 e sempre più“panciuto” (cioè si alza) per 0 < x < 1. Per n dispari, la figura 1.22(b) mostra che il comportamentoè simile, in più si aggiunge una parte simmetrica per i valori negativi di x.

x

y

1

1

0

x2x4

id

√x

4√x

(a)

x

y

−1

−1

1

1

0

x3x7id

3√x

7√x

(b)

FIGURA 1.22: alcuni esempi di grafici delle funzioni n√x ottenuti a partire dai grafici delle funzioni xn

per (a) n pari e (b) n dispari.

DEFINIZIONE 1.13 Per n ≥ 2, la funzione potenza a esponente frazionario 1/n < 1 coincide conla funzione radice n-esima f (x) = n

√x, cioè vale

f (x) = x1/n = n√x.

Quando n è negativo, per coerenza con la definizione 1.12, deve valere:

x−1/n = 1/(x1/n

)= (1/x)1/n . (1.15)

Questo ci costringe a togliere il valore x = 0 dal dominio, altrimenti nessuna delle scritture (1.15)è definita! Inoltre, abbiamo appena affermato che x1/n ha due campi di esistenza distinti a secondache n sia pari o dispari. È giunto il momento di semplificarci la vita: al fine di definire in modochiaro e univoco la funzione potenza a esponente razionale q = m/n (che comprende anche numerinegativi), decidiamo di uniformare tutti i casi scegliendo come dominio unico R++.

11Questa definizione è equivalente alla definizione classica: f (x) = n√x è quella funzione che associa a ogni x

(appartenente a R+ o a R a seconda che n sia pari o dispari) la soluzione positiva y dell’equazione yn = x.

Richiami su alcuni concetti di base 23

DEFINIZIONE 1.14 Si dice funzione potenza a esponente razionale, e si indica con xq, dove q ∈ Q

è un numero razionale (quindi esprimibile nella forma m/n con m,n ∈ Z), la funzione definita da

xq = xm/n =(x1/n

)m= (xm)

1/n. (1.16)

Dominio e immagine di tale funzione coincidono entrambi con l’insieme R++.

x

y

1

1

0

q > 1

0 < q < 1

id

(a)

x

y

1

1

0

q < −1

−1 < q < 0

id

(b)

FIGURA 1.23: alcuni esempi di grafici delle funzioni potenza a esponente razionale xq = xm/n; (a)esponente q positivo; (b) esponente q negativo.

xαxβ = xα+β

(xα)β = xαβ

(xy)α = xαyα

x−α = 1/xα = (1/x)α

xα/xβ = xα−β

(x/y)α = xα/yα

TABELLA 1.2:proprietà delle potenze

per x, y > 0 eα, β ∈ R.

La figura 1.23 illustra le caratteristiche principali di una funzionepotenza a esponente razionale (definite su R++). Se l’esponente q èpositivo [figura 1.23(a)], per q > 1 il grafico di xq assomiglia a quellodi x2 (ramo positivo di una parabola verticale), mentre per 0 < q < 1 ilgrafico di xq assomiglia a quello di

√x (ramo positivo di una parabola

orizzontale). Dalla figura 1.23(b) si vede invece che, se q < 0, il graficodi xq assomiglia a quello dell’iperbole (la parte positiva).

L’estensione alla funzione potenza a esponente reale si fa per “den-sità”, cioè, riempiendo i “buchi” lasciati dagli esponenti razionali. A noibasta ricordare che la funzione potenza a esponente reale f (x) =xα,con α ∈ R, presenta le medesime caratteristiche di xq, con q ∈ Q.In particolare, ha R++ sia come dominio che come immagine e i suoigrafici si comportano come in figura 1.23 con α al posto di q.

L’aspetto più importante che riguarda le funzioni potenza a esponente reale (per qualsiasi espo-nente: naturale, intero, razionale ecc.) sono le proprietà analitiche riportate nella tabella 1.2.

ESEMPIO 1.19 Semplifichiamo le seguenti espressioni utilizzando le proprietà della tabella 1.2:1. 51/2/51/3 = 51/2−1/3 = 51/6

(= 6√5);

2. 333−7/2 = 33/(37/2

)= 33/

(33+1/2

)= 33/

(3331/2

)= 1/

(31/2

)= 3−1/2

(= 1/

√3);

3.(x4)3/5

/x4 = x12/5/x4 = x12/5−4 = x(12−20)/5 = x−8/5 = 1/x8/5;

4.(xy)

−4y−3/2

x−2y1/2=

x−4y−4y−3/2

x−2y1/2=

x−4

x−2

y−4−3/2

y1/2= x−4+2y−4−3/2−1/2 = x−2y−6 =

1

x2y6.