Il portafoglio modello smette di essere mito e diventa realtà

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48 | formazione settembre 2014 bluerating L a consulenza presenta fenomeni di personalizzazione molto ampi e variabili, a seconda dell’intera- zione tra cliente e consulente. Semplificando, possiamo sintetizzare dicendo che esistono due macroap- procci alla consulenza: ottimizzazione del portafoglio, mirato alla massimizzazione del rendi- mento con vincoli di rischio massimo assumibile, che tende a considerare il portafoglio globale detenuto; soddisfacimento dei bisogni, per una pluralità di singoli obiettivi d’in- vestimento che stratifica specifiche soluzioni d’investimento finalizzate alla soddisfazione del bisogno. È facile notare come la quasi totalità dei portafogli modello presenti sul mercato ricada nella prima casistica rimanendo nel campo delle cosiddette “soluzioni locali”, cioé non cercando spazi d’integrazione tra le differenti fattispecie causali. Il portafoglio modello deve risponde- re a diversi requisiti di base relativa- mente alla qualità dell’obiettivo d’in- vestimento. Deve essere: adeguato in termini compliance, bisogni e preferenze dell’utente; pertinente, cioè coerente con gli obiettivi vitali del cliente e con la sua tolleranza oggettiva al rischio; comunicabile, per non essere frainteso o interpretato ma pienamen- te condiviso con l’utente; misurabile oggettivamente, defi- nendo numericamente la soddisfazio- ne attesa e il rischio conseguibile, nel caso ricorrendo a scenari; realizzabile, ossia in linea con le opportunità offerte dal mercato e dal- l’orizzonte temporale che viene preso in considerazione. I portafogli costruiti dall’advisory desk dovrebbero considerare differenti fattori di rilievo. Ovvero: complessità del portafoglio e numerosità degli strumenti impiega- ti. Tanto più complesso sarà il portafo- glio e tanto più sarà di difficile realizza- zione e manutenzione. La complessità, inoltre, non permette una trasmissio- ne degli obiettivi efficace e comporta spesso possibili problemi operativi; tipo della clientela target. In real- tà andrebbe considerato sempre il binomio consulente/cliente per costruire portafogli che siano in linea con le esigenze, le preferenze, e il por- tafoglio detenuto. Contrariamente al luogo comune e prescindendo dalle politiche di marketing che impongono Non esiste una soluzione che possa considerarsi valida per tutti: ognuno ha le proprie esigenze e il professionista deve tenerne conto Il portafoglio modello smette di essere mito e diventa realtà di Raimondo Marcialis* e Maurizio Primanni**

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Il portafoglio modello smette di essere mito e diventa realtà

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48 | formazione settembre 2014 n bluerating

La consulenza presenta fenomenidi personalizzazione molto ampie variabili, a seconda dell’intera-

zione tra cliente e consulente.Semplificando, possiamo sintetizzaredicendo che esistono due macroap-procci alla consulenza:n ottimizzazione del portafoglio,mirato alla massimizzazione del rendi-mento con vincoli di rischio massimoassumibile, che tende a considerare ilportafoglio globale detenuto;n soddisfacimento dei bisogni, peruna pluralità di singoli obiettivi d’in-vestimento che stratifica specifichesoluzioni d’investimento finalizzatealla soddisfazione del bisogno.

È facile notare come la quasi totalitàdei portafogli modello presenti sulmercato ricada nella prima casisticarimanendo nel campo delle cosiddette

“soluzioni locali”, cioé non cercandospazi d’integrazione tra le differentifattispecie causali.

Il portafoglio modello deve risponde-re a diversi requisiti di base relativa-mente alla qualità dell’obiettivo d’in-vestimento. Deve essere:n adeguato in termini compliance,bisogni e preferenze dell’utente; n pertinente, cioè coerente con gliobiettivi vitali del cliente e con la suatolleranza oggettiva al rischio; n comunicabile, per non esserefrainteso o interpretato ma pienamen-te condiviso con l’utente;n misurabile oggettivamente, defi-nendo numericamente la soddisfazio-ne attesa e il rischio conseguibile, nelcaso ricorrendo a scenari;n realizzabile, ossia in linea con leopportunità offerte dal mercato e dal-

l’orizzonte temporale che viene presoin considerazione.

I portafogli costruiti dall’advisorydesk dovrebbero considerare differentifattori di rilievo. Ovvero:n complessità del portafoglio enumerosità degli strumenti impiega-ti. Tanto più complesso sarà il portafo-glio e tanto più sarà di difficile realizza-zione e manutenzione. La complessità,inoltre, non permette una trasmissio-ne degli obiettivi efficace e comportaspesso possibili problemi operativi;n tipo della clientela target. In real-tà andrebbe considerato sempre ilbinomio consulente/cliente percostruire portafogli che siano in lineacon le esigenze, le preferenze, e il por-tafoglio detenuto. Contrariamente alluogo comune e prescindendo dallepolitiche di marketing che impongono

Non esiste una soluzioneche possa considerarsi validaper tutti: ognuno ha le proprieesigenze e il professionistadeve tenerne conto

Il portafoglio modello smettedi essere mito e diventa realtà

di Raimondo Marcialis*e Maurizio Primanni**

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una diversificazione dell’offerta, clien-ti private possono richiedere portafoglisemplici e clienti affluent portafoglipiù sofisticati o particolarmente perso-nalizzati variando nel tempo la ten-denza alla delega;n frequenza del contatto con ilcliente e sostenibilità del portafoglionel tempo. È necessario trovare il cor-retto trade off tra gli eventi che si sus-seguono sui mercati e impongonocambiamenti dell’asset allocation e lapossibilità di intervenire presso ilcliente per erogare nuove raccomanda-zioni. I portafogli proposti dovrebberoevidenziare in termini di probabilità etendenza la loro sostenibilità neltempo, cioè la capacità di rimanere sta-bili rispetto a rischio e rendimento;n competenza della rete di consu-lenti. Sono molti gli aspetti da consi-

derare sul tema: in termini generali,tanto maggiore sarà la competenza delconsulente tanto più articolate saran-no le proposte che potranno essere vei-colate, mentre consulenti meno prepa-rati o predisposti all’analisi necessite-ranno di soluzioni semplici. Tantomaggiore sarà l’expertise del consulen-te e tanto più questo potrà essere il ter-minale di personalizzazione del servi-zio al cliente. Inoltre, il consulente piùpreparato potrà utilizzare i prodottidell’advisory desk come benchmark diriferimento e come spunto e ispirazio-ne per la consulenza operativa al clien-te finale.

In termini generali, l’obiettivo di ren-dimento del portafoglio modello devericadere esplicitamente all’interno ditre macrocategorie:n extra rendimento calcolato, cioèricavato dalla ricerca di performancerispetto a un benchmark di mercatomantenendo un’alta correlazione con imercati di riferimento;n extra rendimento assoluto, basa-to su continui interventi sul portafo-glio alla ricerca del miglior posiziona-mento sulla frontiera efficiente o sullascelta di asset di alta qualità assoluta; n extra rendimento asimmetrico,ottenuto dalla focalizzazione dell’advi-sor sul contenimento del rischio nellefasi negative.

Nella visuale della gestione attiva piut-tosto che passiva, le diverse possibilitàdi costruzione del portafoglio devonoessere affrontate superando i pregiudi-zi e ricorrendo ai diversi stili secondo

principi di stabilità dei portafogli ero-gati in base al seguente schema:n asset allocation passiva - assetselection passiva. Può essere utilizzataricorrendo a strumenti a tracking errorcontrollato. Il pregio della strutturainteramente passiva risiede nella pro-babile, ma non certa, corrispondenzadegli investimenti all’andamento delmercato. Usata su strategie di tipo sta-tico, comporta costi ridotti di produ-zione ed erogazione;n asset allocation attiva - assetselection passiva. Questa strategia,spesso utilizzata anche da case d’inve-stimento e operatori istituzionali, ritie-ne che siano le scelte di asset alloca-tion a determinare il risultato sia intermini di rischio che di rendimento.La dispersione e la mancata consisten-za nel tempo dei rendimenti ottenuti

dai gestori sono considerate un eccessodi delega e un ostacolo nella costruzio-ne e nel controllo dei portafogli. I costisono limitati dalla struttura dei fondibersaglio e i portafogli tendono a esse-re stabili nel tempo;n asset allocation passiva - assetselection attiva. Chi opera con questametodologia concentra la sua attivitànella selezione dei prodotti confidan-do nella capacità di asset picking e nelfatto che i gestori più qualificati sonoin grado di mantenere sostenibile l’al-fa realizzato in precedenza. L’analisidegli strumenti finanziari, sia qualitati-va sia quantitativa, è svolta con cura,così come il controllo che gli stessirimangano nel percorso di rischio ren-dimento identificato. L’asset allocationè vista come un’attività di difficile rea-lizzazione ed è considerata come forie-ra di volatilità imprevedibili a causadella distanza esistente tra l’evoluzionedelle variabili macro e l’andamento deimercati. Implica in genere un’alta ten-denza alla delega nella realizzazionedell’extra rendimento;n asset allocation attiva - assetselection attiva. È sicuramente lametodologia più utilizzata che, basan-dosi sia sull’analisi dei mercati sia sulfund picking, ritiene di potere dare unduplice contributo alla realizzazionedel portafoglio. È normalmente unatecnica che tende a essere più dinami-ca e dispendiosa delle precedenti mache, nel percepito comune, è la piùefficiente e, tutto sommato, di facilerealizzazione. In realtà, la duplice atti-vità di selezione dei mercati e deglistrumenti determina la maggiore

dispersione dei rendimenti rispettoalle altre metodologie adottabili. Dellesoluzioni proposte è quella che puòdeterminare la maggiore volatilitàrispetto all’andamento dei mercati (lanorma osservata sui risultati dei gesto-ri) così come le migliori performance(l’eccezione statistica);n asset allocation e asset selectionintegrate. Tipica delle gestioni quanti-tative, deriva dall’uso di algoritmi diottimizzazione del portafoglio che ten-dono alla massimizzazione di una fun-zione obiettivo dato un set di vincoli.In termini pratici, l’asset allocation èdel tutto implicita e deriva dalla com-posizione del portafoglio costruitodagli asset scelti e dai relativi pesimediante l’ottimizzazione. La prioritàin questo caso è normalmente datadalla logica matematica impiegata che

integra i diversi strumenti per raggiun-gere l’equilibrio relativo o assoluto delportafoglio senza farsi influenzare dal-l’asset allocation.

Infine, è rilevante evidenziare tre diffe-renti aspetti sul controllo del rischio:n controllo del rischio ex ante: èuno dei momenti portanti del serviziodi advisory a seguito dell’introduzionedei vincoli di rispetto dei parametri diadeguatezza richiesti dalla normativa.Tende però a distogliere da un control-lo operativo del rischio;n controllo del rischio concomi-tante: è il rischio che si manifesta neldurante e che viene di norma valutatosolamente in termini di adeguatezza,spesso senza che l’advisory desk forni-sca strumenti tempestivi di verifica,indirizzo e correzione del portafoglio.Oltretutto, spesso le informazioni suimercati e sui fondi, in caso di crisi,sono veicolate dalle società prodottopiuttosto che dal passaparola;n tipologia del controllo delrischio: è rilevante trasmettere lametodica utilizzata nel controllo delrischio e la valutazione dei possibilifattori che possono far deviare il porta-foglio dal percorso virtuoso preceden-temente previsto. Le metodiche inquestione dovrebbero evidenziare i fat-tori utilizzati, gli eventuali stop loss, lametodologia di intervento nelle situa-zioni di crisi piuttosto che analisi didiversificazione o decorrelazione realedei portafogli.

*amministratore delegatoMc Advisory

**presidente Excellence Consulting

formazione | 49settembre 2014 n bluerating

Ci sono molti fattori e diverse strategie da considerarenella costruzione di un’asset allocation. Ma la relazionetra cliente e consulente è un punto fermo ed è alla fine

ciò che fa la differenza in un’ottica di risultati soddisfacenti