Il ponte dell’innovazione - Toplegal Summit...

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primo piano TopLegal Luglio/Agosto 2012 TOPLEGAL SUMMIT Il ponte dell’innovazione Aperto un confronto diretto tra mondo legale e aziende Il convegno ha superato anche le provocazioni del manifesto: cadono i tabù, si guarda agli studi come azienda E su tutto aleggia una parola: commodity di Luca Testoni, Maria Buonsanto, Amalia Di Carlo

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TopLegal Luglio/Agosto 2012

TOPLEGAL SUMMIT

Il ponte dell’innovazione

Aperto un confronto diretto tra mondo legale e aziende

Il convegno ha superato anche le provocazioni del manifesto:

cadono i tabù, si guarda agli studi come azienda

E su tutto aleggia una parola: commodity

di Luca Testoni, Maria Buonsanto, Amalia Di Carlo

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Un ponte tra due mon-

di che ha spazzato

via dogmi fino a poco

tempo fa creduti in-

toccabili. Il primo

TopLegal Summit, tenutosi il 12

giugno a Palazzo Giureconsulti a

Milano, ha segnato un passaggio

importante nel percorso di svi-

luppo del settore legale italiano.

Organizzato con l’obiettivo ambi-

zioso di portare sotto i riflettori un

tema cruciale come l’innovazione

- declinandolo in un coraggioso

“manifesto” contenente analisi,

spunti ma anche provocazioni -

sembra essere andato addirittura

oltre, e aver individuato concetti e

visioni di lungo periodo per nulla

abituali al tradizionalista mondo

degli avvocati. I quali hanno avuto

l’opportunità, forse mai così com-

pleta e priva di veli, di un confron-

to diretto (sul palco e in platea)

con i rappresentanti degli uffici

legali delle aziende.

Volendo identificare una parola

chiave emersa al Summit, capace

di sintetizzare la forza intrinseca

dell’attuale fase di cambiamento,

la scelta cade indiscutibilmente

su: commodity. Appariva una pro-

spettiva lontana. I ripetuti inter-

venti dei general counsel l’hanno

dipinta come una scomoda realtà.

Quanto possa essere dirompente

la progressiva trasformazione in

commodity del servizio legale, o di

parti sempre più ampie delle atti-

vità, è un’equazione complessa da

risolvere. E sarà ambito di esplo-

razione per TopLegal nei prossi-

mi mesi. In base alle risultanze

dell’incontro, in ogni caso, già

oggi si può comunque prevedere

in quali ambiti gli effetti saranno

accelerati: in primo luogo sui prez-

zi (fenomeno già evidente); quindi

sulla struttura del servizio offerto

(che si sposterà dalla prestazione

una tantum a quella pianificata

di medio periodo); infine, ma non

meno importante, sulla struttura

degli studi legali (per i quali sarà

importante riflettere su politiche

di posizionamento e brandizzazio-

ne dell’attività).

Il fattore commodity, a sua volta,

sta probabilmente agendo da acce-

leratore di altri fenomeni chiave

emersi nel Summit. A cominciare

dalla presa di coscienza, da parte

degli studi presenti, che l’attuale

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scenario impone di lasciarsi defini-

tivamente alle spalle l’idea che uno

studio non sia un’azienda. Un’idea,

quella di associare la professione

all’attività imprenditoriale, taccia-

ta di eresia anche solo pochi mesi

addietro, eppure adesso affrontata

di petto dai relatori del convegno. I

quali sono arrivati a mettere in di-

scussione lo stesso paradigma del

vincolo associativo, chiedendosi

se possa essere all’altezza delle

sfide future o, viceversa, se debba

lasciare il passo a qualcosa di più

strutturante. Un passaggio logico

che spalanca le valutazioni sulla

possibilità di approdare alle nuove

formule di strutture societarie (di

capitali) che il legislatore ha messo

sul piatto.

È sulla spinta di questa “com-

moditizzazione”, inoltre, che si

sta profondamente ridisegnando

il rapporto tra studi legali e clien-

ti. Certo, l’attuale fase di crisi ha

fisiologicamente imposto un ta-

glio di spese alle aziende. Ma sa-

rebbe errato ritenere questo un

fenomeno temporaneo. La revi-

sione dell’equilibrio con l’advisor

appare strutturale, orientata sì a

un risparmio di costi, ma finaliz-

zata a creare forme alternative di

gestione dell’attività legale, po-

tenziando le capacità interne e fi-

nanche esternalizzando practice o

team oggi interni alle aziende. In

quest’ottica, la richiesta dall’ester-

no diventa, soprattutto, quella

di un servizio efficace, efficien-

te, continuativo e, sempre di più,

elastico (partnership). Una richie-

sta di prestazioni che, viceversa,

ricercherà con sempre maggiore

selezione l’eccellenza tecnico-giu-

ridica. I cui contorni («il miglior

contratto del mondo») sembrano

sfumare in una pericolosa compe-

tizione al ribasso.

I barbari (le commodities) sono

alle porte. E le fortezze abbassano

i ponti levatoi, andando in cerca di

nuovi modelli per rendere più sal-

de le proprie fondamenta. Il mani-

festo dell’Innovazione di TopLegal

aveva proposto alcuni punti che

potevano essere ritenuti piutto-

sto provocatori. A cominciare,

appunto, dalla metafora “fortezze

d’argilla” per indicare la chiusura

al cambiamento dimostrata dalla

categoria negli ultimi decenni; per

proseguire con la messa in discus-

sione del vincolo associativo quale

strumento di governance suffi-

ciente per raggiungere la chimera

dello studio-istituzione; per finire

con la necessità di un rapido ripo-

sizionamento sia come soggetto

sociale sia come soggetto compe-

titivo. Ebbene, non solo le provo-

cazioni non sono state respinte,

bensì sono state raccolte dal pa-

nel della prima tavola rotonda del

TopLegal Summit 2012. Portando

la discussione in qualche modo

addirittura “oltre” i limiti impo-

sti dal già ambizioso manifesto.

La spinta del mercato, del resto,

mette sulla bilancia una domanda

orientata al servizio in serie: «La

brandizzazione degli studi sarà la

sola strada per distinguersi in un

mercato commodity», ha detto

senza remore Daniela Della Rosa,

general counse di Gucci; «Non

c’è più spazio per la speculazione

tecnico-giuridica», ha rilanciato

Un momento del summit

MODELLI

Fortezze d’argilla

l’articolo segue dopo l’inserto

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Elisabetta Lunati, responsabile in

house di Intesa Sanpaolo. Ed è una

spinta tale da costringere gli studi

a una profonda presa di coscienza

sulla necessità di accelerare il per-

corso verso nuovi modelli impren-

ditoriali. «Siamo un business», ha

esordito Francesco Gianni, di

Gianni Origoni Grippo Cappel-

li & Partners. «Serve qualcosa di

più dello strumento associativo»,

ha ammesso Alberto Toffoletto,

di Nctm. «Siamo in cambiamen-

to continuo», ha spiegato Alberto

Saravalle, managing partner di

Bonelli Erede Pappalardo.

Presa di coscienzaL’autocoscienza ha avuto i toni so-

bri indicati da Saravalle, il quale

ha riconosciuto l’esistenza di un

processo di cambiamento nel qua-

le lo studio si è identificato: «Sin

dall’inizio – ha spiegato – Bep ha

imposto una distinzione tra ge-

stione e ruolo degli avvocati che ha

consentito la continuità dell’ade-

guamento di modello di business

e governance: si pensi agli sche-

mi di remunerazione, li abbiamo

cambiati più volte solo negli ultimi

4-5 anni con un progressivo ac-

corciamento del ventaglio a favore

dei giovani». Il concetto portante,

per Saravalle, è quello di studio-

istituzione, una formula «per ga-

rantire la trasmissione dei valori

dell’associazione e per consentire

di porre lo studio come speaking

subject».

Ma l’autocoscienza ha avuto an-

che i toni inappellabili di Gianni.

Il name partner di Gop ha preso a

diretto riferimento i bullet points

del manifesto: «Negli studi legali

italiani - ha affondato il colpo –

oggi non sempre si percepisce un

concetto: noi siamo un business,

non più solo un gruppo di profes-

sionisti quale poteva essere cento

anni fa. Siamo aziende che si devo-

no adattare al mercato con strut-

ture che costantemente si devono

adeguare». Se fino a oggi c’erano

dieci regole scritte sul muro, ha

proseguito, «la novità è che van-

no cancellate tutte: se poi alcune

saranno simili a prima, andranno

comunque riassimilate secon-

do una nuova ottica». Gianni si è

quindi concentrato sugli aspetti di

governance: «In merito al vincolo

associativo – ha detto – va rilevato

come noi italiani abbiamo dimo-

strato una maggiore lealtà verso

l’associazone. Abbiamo accettato

magari di ridurre i margini, ma

ricercando la continuità nel lungo

periodo, ossia investendo sui gio-

vani e sul senso di appartenenza».

Considerazioni per cui Gianni ha

concluso che «non ci sono gigan-

ti, in Italia, e non sono comunque

d’argilla».

«Invece, un po’ d’argilla siamo»,

ha esordito Toffoletto, partner di

Nctm, andando a toccare il punto

critico del vincolo associativo. «Lo

strumento – ha spiegato – finora

non ha consentito di “costruire” in

maniera adeguata. È dunque oppor-

tuno l’arrivo di strumenti societari

al fine di poter consolidare gli stu-

di». Questo, però, non è una pro-

mozione della riforma governativa,

anzi. Proprio per l’importanza di

un passo del genere, cioè «la revi-

sione di un assetto esistente da più

di cento anni, occorreva qualcosa di

più di tre regolette». In discussione

c’è il delicato equilibrio tra la deon-

tologia della professione e l’aspet-

to concorrenziale che deriverebbe

dall’adozione del concetto di stu-

dio-impresa: « È necessario essere

consapevoli – sottolinea Toffoletto

– che la soluzione di questo para-

dosso non è indolore. Se gli studi

«Siamo un po’ d’argilla: il vincolo associativo non

ha consentito di costruire in maniera adeguata», ha detto Alberto Toffoletto

«Negli studi legali italiani non sempre si percepisce

un concetto: noi siamo un business», ha spiegato

Francesco Gianni

Daniela Della Rosa Francesco Gianni Elisabetta Lunati Alberto ToffolettoAlberto Saravalle

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saranno considerati organizzazioni

commerciali, e in questo modo sa-

ranno allineati a ciò che oggi è la

“concorrenza sleale”, come tali si

comporteranno, dimenticando quel

ruolo sociale finora svolto». È stato

considerato in cosa può tradursi

tutto questo? Il rischio da evitare, è

il messaggio, è quello di un abban-

dono delle practice meno redditizie,

della caduta di parametri di qualità

e garanzia. Del Far West.

Aperta competizioneMa, intanto, il Far West sembra

arrivato sul fronte competitivo. Ad

alzare il velo sulla reale percezione

del servizio legale da parte delle

aziende è Della Rosa, per la quale

c’è una completa identificazione

tra le dinamiche dell’ufficio legale

aziendale con quelle dello studio

esterno. Da qui la conseguente ne-

cessità di arrivare a una «brandiz-

zazione del servizio legale, quale

strada per distinguersi dal compe-

titor nell’offerta di una commodi-

ty». Brandizzazione, competitor e

commodity. Tre concetti pesanti

messi sul tavolo. Ai quali Lunati ha

aggiunto un carico ulteriore: «Ciò

che è cambiato– ha evidenziato –

è l’approccio. È stata abbandonata

la logica della speculazione giuri-

dica: oggi si guarda al risultato ra-

pido e all’abbassamento dei costi.

E non solo nella contrattualistica,

bensì anche nel contenzioso: pri-

ma si studiava una causa in pro-

spettiva dei possibili ricorsi fino in

Cassazione; oggi, piuttosto, c’è la

transazione».

C’è stata qualche tentativo di

difesa: «Attenzione - ha ribattuto

Gianni – al concetto di commodi-

ty. Un contratto legale non è come

il grano. Qui l’effetto commodi-

ty deve riguardare il prezzo, non

la qualità». «Sono d’accordo – ha

continuato Saravalle -, spesso si

pensa che un contratto sia fungi-

bile, ma non è così».

«Ma è il sistema – ha ricono-

sciuto Toffoletto – che va verso la

commodity. Noi possiamo anche

fare il contratto più bello del mon-

do, ma occorre capire quando è ri-

chiesto. La strada per creare valore

oggi è più coplessa».

La parola finale l’ha voluta Del-

la Rosa: «Posto che la bontà di

una clausola si misura in rappor-

to alle condizioni del mercato nel

momento in cui è studiata, quindi

su cause e processi che magari si

svolgono a distanza di anni, la vera

domanda è: esiste il contratto mi-

gliore del mondo?».

Il “Paradosso impresa” sembra

sempre meno paradossale. E la

professione legale appare ormai

pronta a rompere gli schemi tra-

dizionali e accettare le sfide messe

sul tavolo nel corso della secon-

da tavola rotonda del TopLegal

Summit 2012, “Società di capitali,

un’opportunità di rottura”, dedi-

cata all’analisi della struttura de-

gli studi e guidata dal giornalista

Oscar Giannino. Sfide complesse

e, anche qui, assai provocatorie.

Il manifesto dell’Innovazione ha

proposto concetti come «liberar-

STRUTTURE

Paradosso impresa

Da sinistra, Daniela Della Rosa, Francesco Gianni, Elisabetta Lunati, Alberto Saravalle, Alberto Toffoletto e Luca Testoni

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si» da schemi clientelari e vinco-

li ordinistici ormai corporativi;

«capitalizzarsi» per creare nuove

forme di organizzazione a lun-

go termine; capaci a loro volta di

«intraprendere» e di «competere»

quali strade obbligate del futuro.

Il tema si innesta nel vivo di un

problema quanto mai attuale: è

ancora valido il teorema su cui fino

a oggi si è retta la struttura degli

studi d’affari, vale a dire la sepa-

razione tra la professione legale e

le logiche aziendaliste? La rispo-

sta sembra ormai essere univoca.

Anche le riflessioni dei più con-

servatori stanno virando, infatti,

nella direzione di una necessaria

rielaborazione delle regole del gio-

co. Per adeguarsi alle logiche di un

mercato sempre più orientato alle

organizzazioni complesse, che ri-

chiede investimenti non soltanto

in capitale umano (imprescindibi-

le nel business legale), ma anche in

It, gestione e marketing. È questo

ciò che ha evidenziato il dibattito.

Insieme a importanti riflessioni su

una legge (la 183/2011, cd. Legge

di Stabilità) i cui regolamenti sono

ancora in fieri, ma la cui potenzia-

le portata innovativa già si coglie

dalle rivoluzioni apportate al set-

tore in ordinamenti stranieri in

cui la Legal Spa è ormai una realtà

(la Tesco Law inglese sta facendo

scuola).

«Il mondo legale è pronto al

cambiamento», ha affermato du-

rante il Summit il partner di Or-

rick Herrington & Sutcliffe Ales-

sandro De Nicola, «tanto che per

la prima volta in Uk un fondo di

private equity ha investito in uno

studio legale». A beneficiarne, la

law firm Knights Solicitors. L’in-

vestitore, invece, è il fondo Hamil-

ton Bradshaw, guidato da  James

Caan. L’iniezione di capitale sarà

utilizzata dallo studio per tentare

la scalata alla Uk Top 100, la clas-

sifica dei primi 100 studi d’affari

di Sua Maestà. L’operazione, però,

è ancora soggetta ad approvazione

normativa da parte della Solicitors

Regulation Authority. Così come

lo è l’iniziativa, tutta tricolore, di

Pirola Pennuto Zei & Associati.

Lo studio italiano, con sede anche

a Londra, è la prima insegna stra-

niera nel Regno Unito ad aver fat-

to domanda per strutturarsi nella

forma di veicolo Abs (Alternative

business structure), offrendo ser-

vizi multidisciplinari nelle sue due

expertise: tax e legal.

A riflettere su questi mutamenti,

insieme a De Nicola, altri protago-

nisti di primo piano: il name part-

ner dello studio legale Di Tanno e

Associati Tommaso Di Tanno; il

socio di Cleary Gottlieb Steen &

Hamilton Giuseppe Scassellati

Sforzolini e  il general counsel di

Brembo Umberto Simonelli.  A

confronto sui quattro bullet point

proposti dal manifesto stilato da

TopLegal. E per trovare una pre-

liminare risposta a un nodo im-

portante: come evitare una guerra

dei mondi tra operatori economici

(non professionisti) e professioni-

sti?

Difficile trovare una soluzio-

ne. «Si tratta di un problema da

affrontare, ma non irrisolvibile»,

secondo De Nicola, che si è det-

to «favorevole senza se e senza

ma alla Legal spa». Più cauta la

posizione di Sforzolini. «Bisogna

pensare a perfezionare la struttu-

ra in termini di società di perso-

ne prima di lanciarsi a parlare di

società di capitali – ha precisato

-. Lo strumento difficilmente sarà

utilizzato dai grandi studi, perché

non hanno bisogno di capitalizza-

re».

«Quando si parla di Legal spa si dimentica la

moltitudine dei piccoli studi», ha sottolineato

Tommaso Di Tanno

«Per la prima volta in Uk un fondo di private equity ha investito in uno studio

legale», ha ricordato Alessandro De Nicola

Oscar GianninoTommaso Di TannoAlessandro De Nicola Giuseppe Scassellati Umberto Simonelli

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Ma l’immissione di capitale non

è l’unico contributo che la par-

tecipazione di un operatore eco-

nomico nell’equity di uno studio

potrebbe apportare. Basti pensare

al know how gestionale. Capita-

lizzarsi, quindi, per competere e

sopperire al bisogno di sviluppare

maggiori capacità di management,

avviando processi che consentano

di migliorare aspetti tipicamente

aziendali quali la pianificazione e

il controllo di gestione, l’ammini-

strazione e la finanza, la gestione

delle risorse umane, la comunica-

zione e le relazioni esterne. E, an-

cora, capitalizzarsi per liberarsi dai

tradizionali vincoli di governance

e rendere meno traumatico il pas-

saggio generazionale. Un discor-

so valido soprattutto per gli studi

fortemente legati alla figura del

name partner. A porre l’accento

sulla questione, infatti, proprio il

fondatore di uno di questi studi, Di

Tanno, che ha definito la società di

capitali «uno strumento in grado

di rendere più elastici alcuni con-

fini». Precisando, poi, che quando

si parla di Legal spa «generalmente

si limita il discorso alle élite legali,

mentre si trascura quella molti-

tudine di studi di piccole e medie

dimensioni che si confrontano con

una realtà diversa da quella dei

grandi studi d’affari». Per loro sì

che la possibilità di aprire il capi-

tale a investitori esterni potrebbe

rappresentare una vera innova-

zione. Ma, affinché ciò avvenga,

le variabili in gioco sono tante. E

la principale è l’appetibilità di uno

studio professionale per il socio di

capitali non professionista. Deter-

minata anzitutto della  capacità di

garantire un ritorno dell’investi-

mento. Cosa non scontata, secondo

Simonelli. «Oltre a mancare anco-

ra i presupporti giuridici – ha com-

mentato – non credo che si tratti di

un business sostenibile nel tempo.

Le barriere sono forti in Italia per

la tipicità dell’imprenditoria lo-

cale, legata alla crescita endogena

del core business attraverso asset

industriali più che attraverso gli

intangibles». Contrapposta la po-

sizione di De Nicola, secondo cui

«dove c’è un’offerta si crea una do-

manda». E i portatori di interessi

certo non mancano. Per esempio,

gli  operatori economici in attività

affini ai servizi legali, e per i quali

questi ultimi rappresentano una

fase complementare e accessoria di

un processo produttivo più ampio

(come banche e assicurazioni). Al

di là di ogni giudizio di merito, la

Legal spa è certo un’innovazione,

una chance in più per affrontare

una fase turbolenta del mercato. E

«opporsi al suo avvento – è emer-

so nel Summit -, potrebbe rivelarsi

la battaglia di chi crede di poter

fermare l’acqua della diga con un

dito».

C’è ancora un anello mancante

tra gli studi legali d’affari e i clien-

ti. Da una parte c’è l’azienda che,

come indicato da Massimo Man-

tovani, general counsel di Eni, rie-

sce a ridurre i costi dei legali ester-

ni anche del 25 per cento. Dall’al-

tra, ci sono gli studi. Studi come

Chiomenti, simbolo della filosofia

studio-ministero, che «puntano

molto ancora sulle relazioni per-

sonali», dice il socio Francesco

Tedeschini. Cosa manca? Su cosa

è possibile costruire il ponte di

collegamento tra queste due re-

altà così vicine, ma così distanti?

Manca il dialogo. Manca la com-

prensione. Manca un punto d’in-

SERVIZI

Oltre la catena di montaggio

Da sinistra, Alessandro De Nicola, Tommaso Di Tanno,

Giuseppe Scassellati, Umberto Simonelli e Oscar Giannino

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contro. Manca la capacità degli

studi di interagire con gli in hou-

se, comprendere le loro necessità

e adeguare le proprie strutture ai

fabbisogni del mercato. Al dibat-

tito che si è sviluppato durante

la terza tavola rotonda del primo

TopLegal Summit hanno parte-

cipato, oltre a Mantovani e Tede-

schini, anche Salvatore Cardillo

general counsel di Enel, Bruno

Cova, Co-Chair di Paul Hastings,

Claudia Ricchetti general counsel

di Lottomatica e Federico Sutti,

managing partner di Dla Piper.

Parola chiave attorno alla quale si

è costruito il tavolo di confronto è

stata: Servizi.

TopLegal, nel manifesto pre-

sentato pochi giorni prima dell’e-

vento, aveva sollevato questioni

spinose su cui riflettere: «L’inno-

vazione – era la tesi - riguarda ser-

vizi che sempre più devono essere

in linea con richieste complesse

e dinamiche che mettono defini-

tamene fuori gioco la “catena di

montaggio” di consulenze e pare-

ri». Lo studio legale dovrà impara-

re a «essere un follower». Dunque,

dovrà «monitorare», «partecipa-

re» al rischio e, in una qualche pa-

radossale misura, «terziarizzarsi».

A questo proposito, «i general

counsel - ha sottolineato Ricchetti

- non si sentono capiti e attribui-

scono agli studi una resistenza al

cambiamento. Dall’altro lato gli

studi dichiarano che non c’è chia-

rezza nelle richieste dei clienti an-

che per “personalizzare” offerte

e consulenze. Allora è su questo

che bisogna lavorare, da ambo i

lati, e fare un sforzo per trovare

un equilibrio». Ma le aziende non

sono tutte uguali e non tutti gli in

house hanno le stesse richieste.

«Non tutti i nostri clienti sono

come Eni – ha precisato Sutti - e

non tutti hanno dipartimenti affa-

ri legali così strutturati. Per questo

gli studi devono essere in grado di

calibrare la propria offerta sulla

base del cliente che si ha di fron-

te». Ma c’è da considerare, ha af-

fermato ancora Ricchetti, che «gli

studi dovrebbero abbandonare

l’idea che il loro intervento possa

essere necessario nelle operazioni

di M&A o corporate (emissione di

bond, aumenti di capitale), bensì

comprendere che queste attività

possono essere svolte internamen-

te a costi più contenuti e quindi

offrire altro».

Stare al passo con i tempi, mo-

nitorare i clienti, seguirli e quando

è possibile anticiparli, per gli studi

legali è un primo passo per percor-

rere il cammino dell’Innovazione.

L’essere propositivi è una delle ca-

ratteristiche che i direttori affari

legali apprezzano molto. «Passo

moltissimo tempo a studiare tutte

le normative - ha detto la general

counsel di Lottomatica -, difficil-

mente, infatti, mi è capitato che

uno studio anticipasse la mia ri-

chiesta e mi proponesse una con-

sulenza, per esempio, su un possi-

bile cambia- mento giuridico

a livello europeo, cosa che per noi

sarebbe preziosa». Capita poi che

gli studi legali magari un’offerta

differenziata ce l’abbiano, ma non

sappiano spiegarla. Perciò diventa

importante «terziarizzarsi» con

strutture di supporto al servizio

legale per essere in grado di offri-

re soluzioni razionali e all’avan-

guardia. Newsletter, client alert,

customer satisfaction, sono stru-

menti che consentono un rappor-

to continuo di interscambio con le

aziende e vanno seriamente presi

in considerazione.

C’è poi il tema che negli ultimi

anni è diventato incandescente:

«Punto a ottenere il mio bonus ogni anno, perciò devo tagliare le spese

esterne», ha evidenziato Massimo Mantovani

«I general counsel non si sentono capiti e

ritengono gli studi restii al cambiamento», ha chiarito

Claudia Ricchetti

Massimo MantovaniSalvatore Cardillo Bruno Cova Claudia Ricchetti Federico Sutti

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i costi. Tutti hanno dovuto fare i

conti con la crisi e i dipartimenti

affari legali, che prima non ba-

davano a spese, hanno stretto la

cinghia. I general counsel vengono

incentivati dalle proprie aziende

a risparmiare. «Punto a ottene-

re ogni anno il mio bonus – ha

spiegato Mantovani- e per questo

devo tagliare le spese esterne». Gli

studi, d’altro canto, hanno cerca-

to di rispondere alle richieste di

contrazione dei costi, adottando

sempre più spesso forme di alter-

native billing. Tuttavia, non si deve

sottovalutare la prestazione. «Cer-

to che dobbiamo risparmiare - ha

spiegato Cardillo- ma non a disca-

pito della qualità. La prima cosa

da valutare è la professionalità e se

per risparmiare 100mila euro devo

mettere a repentaglio una grossa

operazione, spendo di più, ma ga-

rantisco il buon esito del deal». La

tesi degli studi legali è che il prezzo

più alto è indice di valore aggiunto.

Un concetto a volte astratto per le

aziende che, invece, hanno a che

fare con problemi quotidiani e che

non vedono, al contrario, un ade-

guato supporto delle insegne legali

sulle attività ordinarie (le cosid-

dette commodity). Valore aggiunto

potrebbe essere proprio quello di

offrire tali servizi, oppure, met-

tere a disposizione la propria rete

di contatti senza escludere i legali

interni.

«Cerchiamo di ascoltare e sa-

per rispondere alle esigenze delle

aziende – ha affermato Cova che

prima di approdare in Paul Ha-

stings è stato chief legal advisor

presso Parmalat e general counsel

presso Fiat -. Sono stato da en-

trambe le parti e ritengo che il

confronto e la comunicazione

siano la chiave per una migliore

collaborazione». Beauty contest,

contratti forfettari, success fees,

tariffe con cap, accordi in esclusi-

va, gli avvocati hanno ormai capi-

to che per lavorare con le aziende

devono ritoccare i compensi e ab-

bandonare le tariffe orarie. Ma per

quelli che, invece, fanno resisten-

za all’innovazione e continuano a

impostare le parcelle sulle billable

hours, l’avvertimento è che l’azien-

da, dopo una prima delusione e la

constatazione della mancanza di

flessibilità, difficilmente usufruirà

nuovamente in futuro delle pre-

stazioni di quello studio.

Un altro modo di reagire alla

crisi è stato quello di potenziare

le squadre interne. Negli ultimi

tempi, infatti, si è assistito a una

crescita del numero di operazioni

effettuate quasi esclusivamente

dalle squadre in house. Squadre

che crescono di numero attingen-

do proprio dagli studi legali d’af-

fari. « È indubbiamente il bacino

cui attingiamo più spesso – ha

concluso Mantovani - in parte

con forme di secondment, in par-

te con recruitment. Adesso ci stia-

mo focalizzando molto su figure

junior da far crescere in azienda».

Le basi per un confronto sono sta-

te poste, e forse l’anello mancante,

a breve potrebbe emergere e ren-

dere più agevoli i rapporti tra i due

mondi. TL

L’intervento di Antonio Corda (Vodafone)

Da sinistra, Salvatore Cardillo, Bruno Cova, Claudia Ricchetti, Federico Sutti, Francesco Tedeschini,

Massimo Mantovani e Amalia Di Carlo