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Page 1: Il “personalismo” di Viktor Frankl - · PDF fileLaboratorio Montessori n. 3/2015 Attualità ed esperienze ISSN: 1974-8787 ISBN: 9788899209025 Il “personalismo” di Viktor Frankl

Laboratorio Montessori n. 3/2015Attualità ed esperienze

ISSN: 1974-8787ISBN: 9788899209025

Il “personalismo” di Viktor Frankldi Furio Pesci

Dopo il suo iniziale interesse per la psicoanalisi di Freud, nel 1924, a soli 19 anni, entrò nella società di psicologia individuale adleriana, da cui fu espulso tre anni dopo per le sue posizioni eterodosse, influenzate com'erano dall'antropologia filosofica di Scheler, sulla quale più tardi avrebbe fondato la “logoterapia”, ovvero la terapia basata sulla ricerca del significato della vita). Si può considerare Frankl come una sorta di “bambino prodigio” della psicologia di primo Novecento, se si tiene conto che già a diciassette anni intrattenne un breve rapporto epistolare con lo stesso Freud, il quale prese in seria considerazione un suo scritto, e che già a diciannove anni Frankl manifestò la propria autonomia intellettuale con il distacco dalle tesi di Freud e l'adesione a quelle adleriane, anche se non rimase a lungo nemmeno nel circolo dei seguaci di Adler, evidentemente per la sua propensione a concepire l'uomo in una prospettiva che le analisi, molto pratiche e concrete, di Adler sullo “stile di vita” non soddisfacevano pienamente.Il risultato di tutti questi influssi sulla formazione di Frankl fu una precisa scelta per lo sviluppo di un'originale concezione fenomenologica dell'uomo e dell'esistenza attraverso la riflessione sull'opera di uno dei più originali pensatori di questa corrente filosofica, il quale proprio negli anni Venti ebbe il merito di portare l'attenzione della fenomenologia sulle problematiche epistemologiche e metodologiche delle scienze umane e sociali; i contributi scheleriani allo studio delle relazioni umane, in particolare gli studi sulla “simpatia” e sul “risentimento”, nella cornice più ampia dell'etica fenomenologica, sono, dunque, un riferimento teorico necessario per comprendere pienamente l'analisi esistenziale frankiana.Di origine ebraica, durante la seconda guerra mondiale Frankl lavorò nell'Ospedale Rotschild come psichiatra. Gli anni della sua prima attività professionale si svolsero contemporaneamente all'ascesa e al consolidamento del regime nazista in Germania. Vivendo in Austria, Frankl non risentì immediatamente delle conseguenze di questa situazione; quando la minaccia nazista si fece presente in Austria, dapprima con le mire espansionistiche del Reich, poi con l'annessione, Frankl, nonostante avesse la garanzia di un visto d'uscita per gli Stati Uniti, preferì restare in Austria per proteggere i suoi parenti; dopo gli stenti e le peripezie che soffrirono tutte le famiglie ebraiche nei primi anni della guerra, nel 1942 la famiglia Frankl al completo fu deportata nei campi di concentramento. Per Frankl, in particolare, che trascorse due anni e mezzo nei lager, questa esperienza fu la conferma del valore che la domanda di significato ha per l'esistenza e la stessa volontà di vivere; nelle opere che scrisse dopo la liberazione è descritta efficacemente la sua drammatica condizione di unico sopravvissuto tra tutti i suoi cari: aveva, infatti, perso anche la moglie, che al momento dell'arresto era in gravidanza. Frankl è stato, peraltro, insieme a Bruno Bettelheim, uno dei grandi testimoni della disumanità nazista, descrivendo e interpretando in chiave psicologica ciò che avveniva nei lager. Uno psicologo nei lager1, vero e proprio best-seller degli anni immediatamente successivi alla fine della guerra e del Reich hitleriano, fu il primo testo pubblicato da Frankl dopo la fine della persecuzione e si può considerare come la fonte degli scritti successivi; in esso Frankl si interroga sui motivi che spingevano, nonostante tutto, molti ebrei imprigionati a continuare a vivere e a cercare di mantenere la propria dignità – un atteggiamento pressoché inspiegabile alla luce della psicoanalisi e della psicologia individuale.Dopo la fine della guerra, dal 1945 al 1970 circa, Frankl diresse il dipartimento di neurologia del

1 Milano, Ares, 2012.

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policlinico di Vienna, scrivendo i suoi principali lavori teorici; la sua attività fu, si potrebbe dire senza retorica, instancabile, come dimostra già semplicemente il numero dei suoi scritti e interventi: l'invito da parte di Gordon Allport ad Harvard nel 1961 diede, poi, inizio ad una lunghissima serie di cicli di conferenze (oltre duecento) in tutto il mondo. A questa intensa attività di conferenziere si aggiunse anche una serie di riconoscimenti scientifici, dalle lauree honoris causa (ben 28) ai premi.Frankl ha sintetizzato la sua visione dell'uomo in un breve scritto che ha strutturato intenzionalmente nella forma di dieci sintetiche Tesi sulla persona2; questo testo, nella sua brevità, riassume uno dei punti caratterizzanti della logoterapia, a partire dall'esigenza di trovare il fondamento della pratica terapeutica (e si potrebbe dire anche delle pratiche educative) in un'antropologia adeguata.Ecco le dieci tesi frankliane:1) La persona è un individuo;2) La persona è insommabile;3) Ogni persona è un essere assolutamente nuovo;4) La persona è spirituale;5) La persona è esistenziale;6) La persona è espressione dell'io e non dell'impulso;7) La persona fonda l'unità e la totalità;8) La persona è dinamica;9) L'animale non è una persona;10) La persona comprende se stessa solo dal punto di vista della trascendenza.Ciascuna di esse richiede qualche parola di commento per sviluppare ulteriormente la ricchezza delle implicazioni del “personalismo” frankliano. È possibile che Frankl stesso non avrebbe tenuto particolarmente ad essere “annesso” alla già vasta e variegata schiera dei personalisti novecenteschi, ma una sua collocazione all'interno di questa corrente d'idee (non tanto del movimento così come venne a configurarsi concretamente nel panorama culturale del secolo scorso, quanto piuttosto dello “spirito” personalistico che vive ancora oggi nella filosofia e nelle scienze umane ispirate dall'idea di persona e dall'intento di approfondirne la conoscenza) consente, credo, di cogliere la radice che alimenta anche la logoterapia e che ne fa tuttora uno dei “sistemi” antropologici più interessanti per un dialogo tra filosofia e scienze dell'uomo, in un'epoca in cui gli apparenti successi delle neuroscienze, pur significativi in sé, rischiano di sbiadire la consapevolezza della dimensione personale della vita umana e di perdere, così, la chiave principale per una comprensione adeguata dell'uomo stesso.Diamo uno sguardo, allora, a ciascuna delle tesi frankliane.Innanzitutto, la base analitico-esistenziale della logoterapia sostiene un'affermazione che si potrebbe dire quasi “banale”, vale a dire che “La persona è un individuo”. Non si tratta, tuttavia, di cosa da poco, se si considera che il contesto entro il quale si deve collocare questa affermazione è un dibattito molto acceso che ha riempito le scienze dell'uomo nel corso dell'intero Novecento e che non ha raggiunto conclusioni univoche e chiare. Affermare la natura individuale dell'essere umano significa prendere una posizione rispetto alle numerose voci che vorrebbero ridurre l'uomo ad un sistema cognitivo, magari caratterizzato dal massimo della complessità, ma pur sempre oscurandone la natura vera che lo rende radicalmente differente tanto dagli altri esseri viventi quanto da tutto ciò che è “artificiale”. L'essere umano è caratterizzato da un insieme di aspetti che si possono compendiare nel termine “individuo” (senza nessun cedimento ad interpretazioni “individualistiche” del termine, che pure abbondano), riconoscendone anzi anche il carattere “misterioso” e tendenzialmente inesauribile.Anche la seconda tesi, che “La persona è insommabile” (secondo la traduzione italiana, che può apparire discutibile, almeno stilisticamente, ma che è precisa rispetto al pensiero di Frankl) è importante sul piano antropologico, perché ricorda la validità scientifica di un assunto caro alla tradizione di pensiero cristiana, vale a dire che la persona è un essere compiuto in se stesso, che non

2 Cfr. la traduzione italiana di Eugenio Fizzotti: http://web.tiscali.it/logoterapiaonline/logoterapia/Testi%20di%20Frankl/Dieci%20tesi%20sulla%20persona.htm

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può essere disarticolato al suo interno, né concepito come parte di un tutto più ampio, mostrandosi, insomma, come un organismo incompleto e addirittura privo di senso se preso in se stesso, come vorrebbero alcune ideologie novecentesche, che il nuovo secolo non ha affatto cassato, dando ad esse, al contrario, modalità nuove di espressione e di adattamento.La terza tesi frankliana richiama le famose considerazioni di Hanna Arendt sulla vita nascente: ogni persona è un essere assolutamente nuovo; ogni vita che nasce è un segno di novità che rinnova il mondo, anche se occorre un sentimento quasi “poetico” per cogliere veramente questa dimensione della vita e della persona (ed anche per non sorridere involontariamente della sua verità). L'implicazione scientifica di queste affermazioni è che nessun essere umano è “disponibile”, vale a dire a disposizione di qualcun altro o di disegni che lo ingloberebbero come una pedina sullo scacchiere; ciascuna identità è frutto di un processo di crescita a cui non si possono imporre finalità dall'esterno.Tutto ciò significa, ed è espresso da Frankl nella forma più schietta, addirittura sorprendente in uno sguardo scientifico sull'uomo, che “la persona è spirituale” (quarta tesi). La dimensione dello spirito non può essere omessa dall'orizzonte della conoscenza scientifica, se non al prezzo di una comprensione parziale e limitata, fuorviante, dell'essere umano. Ovviamente, resta da intendere cosa la parola “spirito” significhi, al di là di uno “spiritualismo” male inteso, ma l'insieme di ciò che è stato finora detto può essere sufficiente a cogliere le linee portanti della concezione frankliana dello spirito, affine a quella di altri fenomenologi che lo hanno ispirato, come Scheler e Hartmann.L'ispirazione esistenzialistica dell'opera frankliana, esplicita ed evidente in tutti i suoi scritti, si coglie anche nella quinta tesi (“La persona è esistenziale”). Questa affermazione richiederebbe ampi riferimenti ad altre espressioni usate da Frankl stesso e da altri studiosi a proposito di Frankl. Qui basta tenerne conto e considerare che l'uso del termine “esistenziale”, se da un lato appare legato al senso specifico con il quale lo impiegano i maggiori filosofi esistenzialisti, da Heidegger a Jaspers, ed indica il carattere dell'uomo come quell'essere che si pone la domanda sul senso dell'essere, da un altro lato mostra semplicemente il radicamento nella vita stessa dell'uomo e la necessità che la riflessione e la ricerca scientifica comprendano l'essere umano nella dinamicità della vita stessa.In effetti, le tesi successive approfondiscono specialmente questo aspetto dinamico della persona e della storia. “La persona è espressione dell'io e non dell'impulso” (settima tesi); in queste parole si riassume la posizione frankliana di fronte alla psicoanalisi e, in genere, alle psicologie novecentesche che hanno tentato, senza riuscirvi, di spiegare l'uomo attraverso un'analisi volta a privilegiare alcuni aspetti della sua “natura” ritenuti più essenziali di altri e smarrendo, così, la complessità dell'uomo stesso. Il riferimento specifico agli impulsi come determinanti dell'agire umano e, anzi, della sua natura (si potrebbe dire della sua essenza) non tende a negare il ruolo degli impulsi nella condotta e nello strutturarsi della personalità, ma lo contestualizza in una più ampia gamma di fattori e di influenze, rispetto alle quali la preoccupazione fondamentale dell'analisi esistenziale e della logoterapia è mantenere viva la consapevolezza della libertà umana, che non è un assunto filosofico privo di fondamento scientifico e non verificabile sperimentalmente, ma, al contrario, una realtà ben evidente nella quotidianità dell'esistenza e nelle risultanze del lavoro di ricerca.La dimensione adeguata rispetto alla quale è necessario collocarsi per comprendere l'essere umano è quella dell'io (come si afferma nella settima tesi), inteso come unità e totalità articolata; per questo motivo l'ottava tesi specifica ulteriormente due caratteri propri dell'io (“La persona fonda l'unità e la totalità”), ormai non più concepito alla maniera freudiana, come un “territorio” della mente stretto tra istanze contraddittorie che deve faticosamente tentare di tenere in equilibrio, ma come ciò che di più autentico e personale appartiene alla persona, alla maniera in cui, per esempio, un altro rappresentante della psicologia umanistica, Gordon Allport, dopo aver sottoposto ad una critica serrata tutte le interpretazioni della personalità circolanti nella psicologia dell'epoca, parlava del “proprium” come dell'elemento più essenziale della mente e dell'essere umano, un elemento che si sottrae ad un'analisi che procede per categorie e generalizzazioni e che non può mancare di riconoscere la peculiarità irriducibile e la libertà radicale dell'essere umano.Tutto ciò si riassume nella perentoria affermazione che “la persona è dinamica”. Il termine qui usato

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è dotato di una molteplicità di significati che arrivano fino a renderlo ambiguo; si potrebbe fare riferimento alla ormai lunga tradizione di pensiero che ha descritto la vita nei termini di una dinamicità orientata a fini trascendenti, sostenuti anche da Frankl nella sua concezione pluridimensionale dell'essere umano; probabilmente, il nesso filologicamente più corretto è con la fenomenologia scheleriana, e indirettamente con il personalismo.Dal punto di vista scientifico è di grande rilievo la drastica distinzione operata da Frankl tra l'uomo e gli animali (nona tesi: “L'animale non è una persona”); evidentemente, è possibile tracciare una demarcazione che poggia sul terreno delle scienze e permette di evitare i riduzionismi che ormai sono penetrati profondamente anche nell'opinione pubblica, rendendo impraticabile un ragionamento chiaro e non influenzato da sguardi ideologici.Infine, l'ultima tesi (la decima: “La persona comprende se stessa solo dal punto di vista della trascendenza”) introduce nel discorso psicologico una categoria filosofica. Certamente si tratta di uno degli aspetti più problematici dell'analisi esistenziale frankliana nel suo rapporto con le altre correnti della psicologia e della psicoterapia contemporanee; con il loro rifiuto del piano ideale e del dover-essere, e il “rifugio” nella dimensione della descrittività e nella riduzione della teoria e della pratica al fine di un “benessere” soggettivo, le correnti non legate alla psicologia umanistica ed esistenziale hanno tentato di affermare una concezione antropologica e del lavoro psicoterapeutico profondamente diversa da quella di Frankl, della quale è, tuttavia, avvenuto un recupero in anni recenti, probabilmente dovuto alla constatazione dei limiti presenti in altri approcci e della persistente validità dell'assunto fondamentale dell'analisi esistenziale: la vita dell'uomo è orientata alla ricerca di significato – ricerca in cui si concretizza la tensione verso la trascendenza ricordata, appunto, nella decima tesi.