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DOCUMENTO DI RICERCA IL PEER TO PEER LENDING: ASPETTI OPERATIVI E OPPORTUNITÀ PER AZIENDE E INVESTITORI Roberto De Luca Nicola Lucido 6 MARZO 2019

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DOCUMENTO DI RICERCA

IL PEER TO PEER LENDING: ASPETTI

OPERATIVI E OPPORTUNITÀ PER

AZIENDE E INVESTITORI

Roberto De Luca

Nicola Lucido

6 MARZO 2019

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SOMMARIO

1. PREMESSA ....................................................................................................................... 3

2. TIPOLOGIE E TREND DI MERCATO DEL PEER TO PEER LENDING ......................................................... 4

2.1 L’Evoluzione del peer to peer lending ........................................................................................ 6

3. DISCIPLINA GIURIDICA, RIFERIMENTI NORMATIVI E REGOLAMENTARI ............................................. 10

3.1 Recenti interventi comunitari ................................................................................................... 13

4. ELEMENTI OPERATIVI E FUNZIONAMENTO DELLE PIATTAFORME .................................................... 14

5. GLI ASPETTI FISCALI .......................................................................................................... 18

6. VANTAGGI E LIMITI PER I LENDERS (O PRESTATORI) ................................................................... 19

7. VANTAGGI E LIMITI PER I BORROWERS (O PRENDITORI) .............................................................. 21

8. CONCLUSIONI: LE PROSPETTIVE DEL PEER TO PEER LENDING ......................................................... 22

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1. Premessa

Negli ultimi anni, grazie ai progressi che si sono registrati nel campo dell’information and

communication technology (ICT), l’industria finanziaria ha ampliato la gamma dei servizi offerti,

diversificato i canali di distribuzione e innovato le procedure di gestione dei rischi.

Tuttavia, la maggiore efficienza connessa all’utilizzo delle nuove tecnologie non sempre si è tradotta

in minori costi o condizioni più vantaggiose per la clientela in quanto, in molti casi, i benefici prodotti

sono stati quasi interamente appannaggio degli intermediari finanziari1.

L’avvento e lo sviluppo del web, ad ogni modo, hanno ampliato il novero degli operatori che offrono

servizi e prodotti finanziari in passato proposti esclusivamente dalle banche e la stessa gamma dei

servizi offerti, oltre quelli tradizionalmente riservati ai soli istituti di credito: si tratta di tutte le

imprese del mondo del FinTech, che attualmente consentono a molti consumatori di accedere a una

gamma più ampia di servizi di pagamento, investimento, consulenza e finanziamento.

Tra gli strumenti che consentono il collocamento di risorse finanziarie da parte dei prestatori (o

lenders), alcuni offrono la possibilità di entrare direttamente a far parte dell’attività aziendale fino ad

arrivare a sviluppare forme di investimento sempre più indipendenti dai canali tradizionali di

finanziamento. Più in generale, contribuiscono a supportare il modello di business sviluppato dal

management delle realtà imprenditoriali.

Da tali dinamiche relazionali, che permettono a persone fisiche e aziende di sostituirsi in molti casi

alle banche, è nato il fenomeno del peer to peer lending (di seguito anche “P2P”)2, vale a dire

l’accensione di prestiti erogati da privati o imprese ad altri privati o a piccole e medie aziende,

attraverso piattaforme di social lending senza passare per i canali tradizionali.

Più specificamente, il peer to peer lending rientra nel più ampio novero dei servizi di crowdfunding e

rappresenta uno strumento di finanziamento, alternativo rispetto agli intermediari creditizi,

attraverso il quale “famiglie e piccole imprese vengono finanziate direttamente da una moltitudine di

investitori. L'incontro tra domanda e offerta di fondi (da parte di privati o investitori istituzionali)

avviene su una piattaforma informatica che valuta il merito di credito dei debitori e gestisce i flussi di

pagamento tra le parti”3.

Questo canale di finanziamento, tuttavia, si distingue dalle altre tipologie di crowdfunding in quanto

“finanziatori e prenditori sottoscrivono (direttamente o indirettamente) un contratto di debito, con il

quale i primi offrono una somma in denaro ai secondi che domandano liquidità, e che si impegnano a

restituire il capitale […] in un dato lasso temporale”.

Come evidenziato, l’intermediazione tra domanda e offerta di credito avviene sul web, tramite

apposite piattaforme gestite da società finanziarie o istituti di pagamento autorizzati: il portale

diventa il vero e proprio marketplace, ovvero il luogo di incontro e interazione tra chi offre il proprio

capitale e chi è alla ricerca di credito.

1 Cfr. T. Philippon, “The FinTech Opportunity”, 2016, NBER Working Paper n. 22476. 2 Il P2P è definito anche lending crowdfunding, marketplace lending o social lending. 3 Cfr. “Il lending-based crowdfunding: opportunità e rischi” in Questioni di Economia e finanza, Banca d'Italia, n. 375, marzo 2017.

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Come meglio specificato nel prosieguo, soprattutto in seguito alla crisi e al conseguente credit crunch

che ha attanagliato buona parte delle economie mondiali, il peer to peer lending ha rappresentato

uno strumento di grande interesse nell’offrire un supporto finanziario per numerosi soggetti in cerca

di liquidità, come dimostrato dai dati emergenti da recenti ricerche4, che evidenziano un mercato in

forte e costante crescita (infra).

La stessa Commissione Europea ritiene il P2P (definito anche crowdlending o lending-based

crowdfunding – di seguito anche “LBC”) come una “diretta alternativa a un prestito bancario con la

differenza che, invece di ottenere risorse da una singola fonte, le aziende possono prendere risorse

in prestito da decine, a volte centinaia, di soggetti”5.

Scopo del presente documento è far luce sui principali aspetti del P2P, analizzandone le principali

tipologie, i trend di mercato, le opportunità per i players coinvolti, gli aspetti fiscali e i più significativi

aspetti operativi di cui tener conto nell’attuare simili operazioni.

2. Tipologie e trend di mercato del peer to peer lending

Le tipologie di prestito attivabili attraverso il P2P variano sulla base degli strumenti utilizzati e della

natura dei prenditori.

In base a tale ultimo aspetto, infatti, il crowdlending può essere applicato sia a:

• prestiti personali, che rappresentano probabilmente ancora la forma di prestito più diffusa,

soprattutto grazie alla flessibilità del peer to peer lending e al costo (tassi passivi praticati)

sicuramente più basso rispetto, ad esempio, a quello applicato per l’utilizzo di carte di credito. A

ciò si aggiunga che, oltre ai prestiti al consumo, in molti casi le persone fisiche fanno ricorso al

P2P anche per esigenze di consolidamento del proprio debito personale, al fine di convogliare

diverse linee di credito in un unico prestito a tasso fisso;

• prestiti aziendali, quale tipologia che inizialmente rappresentava una nicchia nel panorama del

crowdlending e che ha assunto un ruolo sempre più significativo, con importi sempre più

rilevanti. Come già accennato, infatti, a seguito della crisi finanziaria, la ricerca di canali di

finanziamento alternativi a quello bancario è diventata una necessità, più che un’opportunità,

che in molti casi ha trovato una soluzione nello strumento del peer to peer lending.

Simmetricamente a quanto avviene per l’equity crowdfunding, seppur in quest’ultima

circostanza si parla di capitale proprio e non di credito, in molti casi il P2P può essere utilizzato

anche da imprese in fase di start up o che non dispongono di un track record adeguato per

l’accesso alle fonti di finanziamento offerte dai canali tradizionali6. Altro aspetto positivo che sta

stimolando il ricorso delle aziende verso questa forma di finanziamento riguarda la possibilità di

4 Indagine P2P Lending Italia – IV trimestre 2018. 5 Comunicazione della Commissione “Completing Capital Markets Union by 2019 – time to accelerate delivery”, COM(2018) 114 final, 8 Marzo 2018. 6 Alcune delle principali piattaforme richiedono un’anzianità di soli sei mesi.

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accedere al credito anche senza offrire garanzie, come meglio specificato di seguito: alcune

piattaforme, infatti, offrono non-collateral loans per importi che arrivano anche a 100.000 euro

e, nel caso in cui le garanzie siano effettivamente richieste, spesso sono fornite sotto forma “di

fattura”, con conseguente canalizzazione dei flussi provenienti dalla gestione operativa.

Una volta individuate le tipologie di prestito, focalizziamo brevemente l’attenzione sugli strumenti

finanziari utilizzabili, ovvero:

• mutui e rifinanziamenti per l’acquisto di immobili: tale tipologia, sviluppatasi soprattutto nella

realtà anglosassone, sta iniziando a diffondersi anche in Europa. Generalmente, al prenditore è

richiesto il versamento di un acconto pari ad almeno il 10% del prezzo di acquisto dell’immobile,

senza alcun obbligo di sottoscrizione di un’assicurazione. Inoltre, nella maggior parte dei casi le

piattaforme non addebitano origination fees o penalità per estinzioni anticipate, garantendo la

chiusura delle istruttorie per i prestiti entro 30 giorni. Queste sono solo alcuni tra gli elementi

per cui le piattaforme stanno rendendo lo strumento in questione molto competitivo;

• finanziamenti per supportare lo sviluppo aziendale: in molti casi, soprattutto per le imprese, è

possibile fare ricorso al P2P – più flessibile rispetto ad altri strumenti – per operazioni diverse

dall’acquisto di immobili, quali acquisto di macchinari. Inoltre, anche per le imprese, il lending

crowdfunding può, al verificarsi di determinate condizioni, trovare un utilizzo adeguato in

operazioni di ristrutturazione del debito, tese a garantire una maggiore omogeneità e

correlazione tra fonti e impieghi nella gestione e nella crescita aziendale;

• liquidità a breve: il peer to peer lending è spesso utilizzato anche per far fronte ad esigenze di

provvista finanziaria di breve periodo e sostenere la gestione del circolante dell’impresa (es.:

acquisto scorte, ecc.).

• invoice trading: si tratta di uno strumento che “consiste nella cessione di una fattura

commerciale attraverso un portale Internet che seleziona le opportunità, e sostituisce il

tradizionale 'sconto' della fattura attuato dalle banche per supportare il capitale circolante. Gli

investitori anticipano l'importo della fattura, al netto della remunerazione richiesta”7. Tale

strumento, il cui utilizzo è destinato prevalentemente all’ambito business, si sta diffondendo in

misura sempre più significativa tra le imprese. Esso non rappresenta una vera e propria modalità

di raccolta di capitale anche se, dal punto di vista meramente finanziario, le caratteristiche sono

simili, in quanto attraverso l’invoice trading un’azienda può cedere su piattaforme web una

fattura commerciale allo scopo di smobilizzare attivo corrente e migliorare la gestione del

circolante8. A tal proposito, è bene ricordare che le imprese non potendo sempre godere di tassi

particolarmente vantaggiosi, fanno sovente ricorso a questo tipo di “smobilizzo di fatture”

soprattutto per la rapidità di erogazione di liquidità da parte degli istituti di credito, che avviene

7 Politecnico di Milano, 2° Report italiano sul CrowdInvesting, Politecnico di Milano - School of Management, 2017, p. 6. 8 In seguito all’inserimento della fattura sulla piattaforma, gli investitori possono acquistare tramite diversi meccanismi, quali asta al rialzo, offerta competitiva o acquisto diretto da parte della piattaforma e cartolarizzazione tramite asset backed securities.

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senza richiesta di garanzie e senza alcuna segnalazione alla Centrale Rischi9. Va sottolineato, ad

ogni modo, come le piattaforme svolgano comunque un’analisi del merito creditizio sia

dell’impresa che cede la fattura, sia del creditore ceduto, al fine di non esporre gli investitori a

rischi eccessivi o non conosciuti. Le verifiche in questione sono volte anche a controllare, ad

esempio, che i crediti in questione non siano stati già oggetto di cessione (ad esempio presso

banche).

In definitiva, i principali aspetti (key features) che contraddistinguono le operazioni di P2P sono stati

definiti anche dalla Commissione Europea, che li ha sintetizzati come segue10:

• più ampie possibilità di accesso al credito rispetto all’utilizzo del solo canale bancario;

• maggiore flessibilità in termini di tassi di interesse rispetto a prestiti bancari ordinari: se la

campagna di crowdlending ha successo potrebbe addirittura nascere una vera e propria

competizione tra gli investitori per offrire tassi più competitivi;

• tempistica in molti casi più rapida rispetto a quella offerta dalle banche11;

• la dimensione dei prestiti può variare in un range molto ampio partendo anche da importi

contenuti, che incoraggiano la partecipazione di un’elevata quantità di lenders;

• normalmente, il prestito è ripagato attraverso un addebito diretto a favore della piattaforma, che

a sua volta distribuisce le somme ai vari investitori (infra);

• i requisiti di disclosure sono simili a quelli delle banche, con la differenza di essere pubblicizzati e

resi noti a tutti i crowdlenders.

2.1 L’Evoluzione del peer to peer lending

Il P2P, inizialmente orientato a finanziamenti di piccolo importo destinati ai privati, come detto, nel

corso del tempo ha conosciuto una crescita significativa, sia in termini di platea di soggetti

interessati, che di importo delle transazioni.

L’idea di “disintermediare” i prestiti è stata sviluppata per la prima volta in Inghilterra dal sito web

Zopa, che dal 2005 ad oggi ha erogato quasi 3 miliardi di sterline in prestiti senza ricorrere al credito

delle banche. Il mercato mondiale, nel 2018, ha fatto registrare un valore totale di transazioni di

crowdlending (segmento business) pari a oltre 380 miliardi di dollari, con il dato più elevato raggiunto

in Cina (oltre 425 miliardi).

9 Come in una normale operazione di anticipo fatture, nell’ambito dello strumento in questione, la remunerazione dell'investitore è rappresentata dalla differenza tra il valore di liquidazione della fattura ed il relativo prezzo di acquisto. Il rendimento si muove, a livello globale, in un range compreso tra il 6% e il 9% annuo. Un ulteriore vantaggio per gli investitori è rappresentato dal breve lasso di tempo in cui può realizzarsi il guadagno dell’operazione, connesso generalmente ai tempi di pagamento della fattura e quindi, di norma, inferiore ad un anno. 10 Cfr. European Commission, Internal Market, Industry, Entrepreneurship and SMEsTools and Databases, Guide on crowdfunding - “Peer to peer lending”. 11 Piattaforme quali www.avant.com assicurano l’erogazione dei fondi addirittura entro il giorno successivo l’approvazione del prestito.

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Secondo un report di AltFi Data, nel terzo trimestre 2018 il P2P lending in Europa è cresciuto più di

quanto previsto, con il Regno unito che ha fatto segnare un +11% rispetto al volume di erogato che ci

si aspettava e l’Europa continentale che ha registrato un +10%. L’erogato del Regno Unito, che guida

la classifica globale, ha sfiorato il miliardo e 400 milioni nell’ultimo trimestre 2017, con un dato

cumulativo che ha superato i 14 miliardi. In Europa tra ottobre e dicembre si sono prestati a individui

e imprese 465 milioni, con un erogato complessivo dall’avvio del mercato del P2P di 3,4 miliardi di

euro.

È chiaro che lo strumento in questione ha conosciuto un momento di grande sviluppo anche grazie

ad alcuni elementi di tipo macroeconomico, sia contingenti che strutturali.

Tra i fattori congiunturali che hanno contribuito alla diffusione del P2P, un ruolo fondamentale è

stato giocato certamente dal credit crunch, che ha visto una riduzione dell’offerta monetaria da parte

delle banche. Soprattutto nel mondo anglosassone, infatti, le piattaforme hanno registrato un

interessamento da parte dei prestatori e dei prenditori, in relazione al calo dei prestiti alle PMI

causato dalla necessità delle banche, in seguito alla crisi finanziaria globale, di ridurre la rischiosità

dei propri attivi. Alcuni paesi (quali il Regno Unito), proprio per contrastare la contrazione dei

finanziamenti concessi alle piccole e medie imprese hanno adottato misure di sostegno al peer to

peer direttamente attraverso investimenti pubblici o mediante l’introduzione di agevolazioni fiscali

per gli investitori. Oltre a ciò, la diffusione delle piattaforme è stata stimolata dal fatto che il basso

livello congiunturale dei tassi di interesse ha contribuito anche a sostenere la domanda – da parte di

risparmiatori e investitori istituzionali – di strumenti d’investimento alternativi, caratterizzati da

profili di rendimento più elevati rispetto al rischio di insolvenza sostenuto nell’ambito dei

finanziamenti concessi tramite procedure di P2P.

Tra i fattori strutturali, sono da annoverare in primo luogo quelli legati al contesto economico, sociale

e tecnologico dei paesi occidentali, atteso che ormai una percentuale sempre più elevata di

popolazione ha accesso a Internet e che il settore del FinTech sta registrando percorsi di sviluppo

molto significativi12, consentendo anche alle piattaforme di poter contare su un’ampia disponibilità di

personale altamente specializzato, sia nel campo delle nuove tecnologie sia in quello della finanza.

Altro importante elemento strutturale che ha contribuito allo sviluppo del P2P, soprattutto nelle

realtà anglosassoni, riguarda l’elevato livello di credito al consumo erogato tramite carte di credito,

che spesso sconta tassi di interesse molto elevati; il che ha indotto in molti casi le famiglie a fare

ricorso a tale strumento allo scopo di consolidare le posizioni debitorie in essere.

Il successo e la diffusione del peer to peer lending sono dovuti, come detto, anche alla grande

flessibilità dello strumento, che, soprattutto in ambito aziendale, può essere utilizzato per una

gamma di operazioni operative e finanziarie molto ampia, probabilmente più estesa rispetto ad altri

12 Secondo quanto indicato dai dati raccolti dall’Osservatorio Fintech & Insurtech della School of Management del Politecnico di Milano, ad esempio, nel 2018 si contano 1.210 startup nel settore a livello globale con almeno 1 milione di dollari di finanziamento, in forte aumento (+66%) rispetto a due anni fa, capaci di raccogliere 43,7 miliardi di dollari, contro i 25,7 del 2017, con un incremento di circa il 70%. Per quanto riguarda il contesto italiano, nel 2018 sono stati raccolti complessivamente circa 198,65 milioni di euro, un importo di 4 volte superiore rispetto al 2017.

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strumenti di finanziamento crowd-based, quali l’equity e il reward-based crowdfunding, come

sintetizzato nella tabella seguente.

Tabella 1 - Opportunità di utilizzo di strumenti crowd-based

Equity crowdfunding

Reward-based crowdfunding

Peer to peer lending

Pre-trading X √ X

Pre-profit √ √ X

Profitable growing business √ X √

Established and steadily growing √ X √

Established stable business √ X √

Launching new product / service / brand √ √ √

Making acquisitions X X √

Expanding into new territories √ √ √

Investing in new facilities X X √

Looking to refinance √ X √

In need of capital restructuring √ X √

Fonte: Institute of Chartered Accountants in England and Wales – elaborazione per la Commissione Europea.

A livello internazionale, i dati, i trend e gli eventi in corso inducono a pensare che lo sviluppo

conosciuto finora sia destinato a durare anche nel prossimo futuro13, come dimostra l’interesse per il

settore anche da parte delle cosiddette FAANG (le 5 grandi big della tecnologia americana: Facebook,

Apple, Amazon, Netflix e Google).

In Italia, l’erogato complessivo delle dieci piattaforme monitorate in una recente ricerca ha superato i

180 milioni di euro solo nel terzo trimestre 2018, registrando un incremento annuo dell’84,6% anno

su anno. Il traguardo del miliardo di euro dall’inizio dell’attività è stato sfiorato già a fine settembre,

con tre mesi di anticipo rispetto alle previsioni. A fine settembre, infatti, l’erogato complessivo dalle

piattaforme di credito alternativo italiane è stato di 948,1 milioni di euro: una crescita del 23,4%

rispetto a fine giugno 2018 e di oltre il 200% rispetto a settembre 2017.

L’ultimo trimestre del 2018 ha confermato il trend, mostrando risultati ancora più significativi, con un

erogato pari a 256 milioni di euro (+42% rispetto al terzo trimestre e +90% rispetto al quarto

trimestre del 2017), valore di gran lunga superiore al periodo precedente.

Grazie a un tale andamento, l’erogato complessivo del solo anno 2018 si è attestato a 763 milioni,

con un aumento del 125% rispetto ai 340 milioni erogati dalle stesse piattaforme nel 2017.

13 Basta fare riferimento alla recente quotazione alla Borsa di Londra di Funding Circle, il leader di mercato nel Regno Unito.

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Figura 1 - Evoluzione peer to peer lending (analisi per trimestre)

Fonte: Indagine P2P Lending Italia – IV trimestre 2018.

Il trend sopra analizzato ha portato l’erogato complessivo da inception a poco più 1,2 miliardi di euro,

nell’ambito dei quali 209,3 milioni sono relativi alle quattro piattaforme operanti nel segmento

prestiti personali, mentre i rimanenti 995,5 milioni si riferiscono alle sei piattaforme specializzate nei

prestiti alle imprese. L’esame dei dati disaggregati di questo segmento mostra per i prestiti alle

Imprese (a medio e lungo termine) una crescita dei volumi a 88,3 milioni di euro, mentre il sub-

segmento “sconto fatture” mostra una crescita dell’erogato da inception a oltre 907 milioni di euro.

Figura 2 - Evoluzione peer to peer lending (analisi complessiva da inception)

Fonte: Indagine P2P Lending Italia – IV trimestre 2018.

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Dall’inizio dell’attività sul mercato, il numero delle operazioni effettuate nei segmenti prestiti

personali e prestiti a medio termine alle imprese è stato pari a 28.045, di cui, rispettivamente, 24.667

a persone fisiche e 667 alle imprese. Il taglio medio dei prestiti è stato pari a:

• 8.089 euro per i prestiti a persone fisiche;

• 203.313 euro per l’ambito business.

Il mercato nazionale, dunque, mostra un trend di grande interesse che, verosimilmente, sarà

destinato a durare anche in futuro, atteso che sono ancora poche le imprese che hanno fatto ricorso

al P2P lending o a canali simili. A tale proposito, probabilmente, può essere necessario anche

procedere a specifiche azioni di informazione ed educazione finanziaria verso imprenditori,

risparmiatori e potenziali investitori, i quali spesso non sono a conoscenza di simili opportunità di

investimento e non sanno come gestire al meglio le asset class in questione, anche in un’ottica

maggiormente proattiva di wealth planning e wealth management.

3. Disciplina giuridica, riferimenti normativi e regolamentari

In Italia il peer to peer lending è operativo dal 2008, ma solo negli ultimi anni sta riscontrando una

significativa diffusione, anche a causa dell’iniziale scarsa chiarezza del quadro regolamentare,

parzialmente sanata ad opera di recenti provvedimenti nazionali e comunitari. Già nel 2009, infatti,

alcuni operatori avevano iniziato l’attività, previa iscrizione presso l’albo generale degli intermediari

finanziari ex art. 106 T.U.B.14, ma l’eventuale ampliamento del mercato fu bloccato dall’intervento della

Banca d’Italia15, che ne sancì sospensione adducendo come motivazione la violazione delle norme del

D.Lgs. 385/1993 in termini di raccolta del risparmio presso il pubblico, in quanto le piattaforme, una

volta ricevute le somme dagli investitori, non procedevano alla collocazione di tali crediti in appositi

conti separati da quelli della società, ma ne acquistavano al contrario titolarità e proprietà, ponendo

automaticamente l’investitore nella medesima situazione di un comune depositante.

Più nello specifico, le contestazioni di Banca d’Italia si concentrarono dunque sulla violazione dell’art.

10 del T.U.B. (che riserva in via esclusiva alle banche “la raccolta di risparmio tra il pubblico e

l'esercizio del credito”) e dell’art. 11, che contiene la definizione dell’attività di raccolta del risparmio

presso il pubblico. In base alle norme citate le attività in questione sono vincolate ad un’espressa

riserva di legge e, di conseguenza, sono escluse dall’ambito di operatività degli operatori finanziari

esercenti servizi di investimento iscritti nell’albo di cui all’art. 106 del TUB16.

14 Sono tenuti all’iscrizione nell’elenco coloro i quali svolgono “L'esercizio nei confronti del pubblico dell'attività di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma”. 15 Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, Dipartimento del Tesoro, Direzione V, no. 258/385-C. 16 In base a quanto fin qui considerato, e dovendo certificare l’assenza di alternativi, possibili, riferimenti normativi grazie ai quali operare un lavoro interpretativo tale da poter ricomprendere il peer-to-peer lending nei limiti giuridici ammessi dall’ordinamento, la Banca d’Italia optò addirittura per la cancellazione dell’operatore peer-to-peer dall’elenco degli intermediari finanziari di cui all’art. 106 T.U.B.

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Il momento di stallo conseguente agli interventi della Banca d’Italia è stato parzialmente superato grazie

all’introduzione della Direttiva Europea n. 2007/64/EC17 (“PSD - Payment Service Directive”), recepita

nell’ordinamento nazionale ad opera del D.Lgs. 11/201018, che ha iniziato a definire una prima cornice

giuridica all’interno della quale incardinare il peer to peer lending con un certo grado di certezza normativa.

In questo contesto, tuttavia, è intervenuta nuovamente la Banca d'Italia che nel 2016, con un apposito

provvedimento,19 ha dettato disposizioni per la raccolta del risparmio dei soggetti diversi dalle banche,

dedicando una “sezione specifica anche al fenomeno del social lending (o lending based crowdfunding)”,

fornendo indicazioni e chiarimenti agli operatori sui limiti entro i quali tale strumento può essere utilizzato

nel rispetto delle regole sulla riserva di attività di raccolta del risparmio tra il pubblico. A tale proposito, il

provvedimento citato rimarca come tale attività sia in linea di principio vietata sia ai gestori sia ai

prenditori, fatte salve alcune eccezioni atteso che, peraltro, valgono anche per detti soggetti le deroghe al

divieto di raccolta di risparmio tra il pubblico previste dal succitato art. 11 del T.U.B. In particolare, per

quanto riguarda i gestori, non costituisce raccolta di risparmio tra il pubblico:

• la ricezione di fondi da inserire in conti di pagamento utilizzati esclusivamente per la prestazione

dei servizi di pagamento dai gestori stessi, se autorizzati a operare come istituti di pagamento,

istituti di moneta elettronica o intermediari finanziari di cui all’art. 106 del T.U.B., autorizzati a

prestare servizi di pagamento in base all’art. 114-novies, comma 4, del T.U.B.;

• la ricezione di fondi connessa all’emissione di moneta elettronica effettuata dai gestori

autorizzati.

Per quanto riguarda, invece, i prenditori, in base alle indicazioni della Banca d’Italia, non deve essere

considerata raccolta di risparmio tra il pubblico:

• l’acquisizione di fondi effettuata in base a trattative personalizzate con singoli finanziatori.

Al riguardo, il requisito della personalizzazione si considera rispettato laddove i prenditori e i

finanziatori siano in grado di incidere con la propria volontà sulla determinazione delle clausole

del contratto stipulato e il gestore del portale si limiti a svolgere una mera attività di supporto

allo svolgimento delle interlocuzioni precedenti alla formazione del contratto20. Al fine di non

incorrere in un’attività che possa configurarsi come esercizio abusivo della raccolta del

risparmio, i prenditori si avvalgono esclusivamente di piattaforme che assicurano il carattere

personalizzato delle trattative e sono in grado di dimostrare il rispetto di tale condizione anche

attraverso un’adeguata informativa pubblica;

17 Directive 2007/64/EC Of The European Parliament And Of The Council of 13 November 2007 on payment services in the internal market amending Directives 97/7/EC, 2002/65/EC, 2005/60/EC and 2006/48/EC and repealing Directive 97/5/EC. 18 Decreto legislativo del 27/01/2010 n. 11 - “Attuazione della direttiva 2007/64/CE, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, recante modifica delle direttive 97/7/CE, 2002/65/CE, 2005/60/CE, 2006/48/CE, e che abroga la direttiva 97/5/CE”. 19 “Provvedimento recante disposizioni per la raccolta del risparmio dei soggetti diversi dalle banche” dell’8 novembre 2016 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, Serie generale n.271, del 19 novembre 2016). 20 Tale condizione può considerarsi rispettata nel caso in cui il gestore definisca un regolamento contrattuale standard che rappresenti solo un elemento di partenza per le trattative, che devono essere in ogni caso svolte autonomamente dai contraenti, eventualmente anche avvalendosi degli strumenti informatici messi a disposizione dalla piattaforma.

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• l’acquisizione di fondi presso soggetti sottoposti a vigilanza prudenziale, che operano nei settori

finanziario, bancario, assicurativo, mobiliare e previdenziale.

Pur non essendo individuati in maniera puntuale i limiti di importo, si suggerisce la definizione per i

prenditori di un tetto massimo, di importo contenuto, all’acquisizione di fondi tramite portale on line

di P2P lending, in maniera coerente con la ratio sottesa all’impostazione della Banca d’Italia, tesa a

impedire ai soggetti non bancari di raccogliere fondi per ammontare rilevante presso un numero

indeterminato di risparmiatori21.

A livello nazionale, ad ogni modo, giova sottolineare alcuni recenti interventi contenuti nella Legge di

Bilancio per il 201922, laddove all’art. 1, commi 236 e 238, è stato modificato il Testo Unico in materia

di intermediazione finanziaria23 (intervenendo in primis sull’art. 1, comma 5-novies), stabilendo in

maniera puntuale che le piattaforme on-line non sono più destinate in via esclusiva alla raccolta di

capitale di rischio, ma anche “di finanziamenti tramite obbligazioni o strumenti finanziari di debito da

parte delle piccole e medie imprese”. Tale impostazione è ripresa anche attraverso una modifica

all’art 100-ter, comma 1-ter, del TUF, in cui è inserito un richiamo alla possibilità di emettere

obbligazioni o titoli di debito nei limiti indicati dal codice civile da parte di investitori istituzionali o

particolari categorie di investitori che tramite piattaforma sono controllati dalla Consob.

A livello internazionale, d’altro canto, si registra un basso livello di omogeneità dal punto di vista

normativo e regolamentare, oltre che in relazione al tipo di attività che le piattaforme di lending

crowdfunding possono svolgere. Come si evince da una recente indagine che ha coinvolto i principali

paesi dell’OCSE, mentre alcuni frameworks normativi restringono il perimetro operativo dei gestori alla

semplice intermediazione creditizia, altri esplicitamente stabiliscono una soglia massima per i prestiti,

consentendo la creazione di appositi fondi di garanzia e la gestione di mercati secondari.

In questo modo, si permette alle piattaforme di investire nei finanziamenti da loro stesse intermediati.

Tabella 2 – Attività ammesse per le piattaforme di P2P Lending

Austria Belgio Finlandia Francia Israele Germania UK Portogallo

Soglia max (milioni) € 1,5 € 0,3 Nessuno € 1 / 2,5 NIS 1/6 € 2,5 £ 5 € 1

Investire in facilitated loans

SI SI SI NO SI/NO24 NO SI NO

Automated lending NO Non

regolato Non

Regolato Non

Regolato SI

Non Regolato

SI Non

Regolato

Mercato secondario NO NO NO NO SI/NO NO SI Non

Regolato

Fondi garanzia NO Non

Regolato NO

Non Regolato

Non Regolato

Non Regolato

SI Non

Regolato

Fonte: Elaborazione propria da O. Havrylchyk, “Regulatory framework for the loan-based crowdfunding platforms”, OECD

working paper 1513, 2018.

21 Restano ferme le possibilità di raccolta senza limiti da parte di banche che esercitano attività di social lending attraverso portali on-line. 22 Legge 30 dicembre 2018, n. 145. 23 Decreto legislativo del 24 febbraio 1998, n. 58. 24 Il tutto si traduce in un chiaro regolamento adottato dalle single piattaforme.

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3.1 Recenti interventi comunitari

Le considerazioni sopra sviluppate sono state verosimilmente le motivazioni che hanno spinto la

Commissione Europea, nel corso del 2018, a divulgare una Comunicazione che ha dato il via a una

pubblica consultazione. Il tutto finalizzato alla creazione di un quadro normativo pan-europeo

omogeneo relativo alla gestione delle piattaforme di crowdfunding (anche quelle relative al lending)

e a una maggiore protezione per gli investitori25. Si tratta di definire un più ampio progetto che

prevede una serie di provvedimenti volti ad approfondire l’Unione dei mercati dei capitali26.

L’obiettivo dichiarato è il superamento dell’attuale frammentazione causata dall’eterogeneità delle

normative nazionali, che crea notevoli costi di conformità giuridica per gli investitori al dettaglio i

quali, nel determinare quali norme si applichino ai servizi di crowdfunding transfrontalieri, si trovano

spesso di fronte a difficoltà di dimensioni sproporzionate rispetto al loro investimento. Pertanto, la

Commissione Europea intende fornire l’opportunità di perseguire i propri scopi in un ambiente

stabile e omogeneo dal punto di vista regolamentare alle piattaforme che intendono intraprendere

un processo di scale up, internazionalizzando l’attività e estendendola a livello europeo.

Le autorizzazioni concesse nel quadro delle norme comunitarie27 dovrebbero garantire copertura

normativa alla prestazione di servizi, sia all’interno di un singolo Stato membro sia a livello

transfrontaliero. Se l’operatore opterà per l’applicazione delle nuove norme, si vedrà revocata

l’autorizzazione concessa ai sensi della normativa nazionale e gli sarà rilasciata una nuova

autorizzazione nell’ambito del Regolamento europeo che permetterebbe ai fornitori di servizi di

crowdfunding di operare in tutti gli Stati membri.

Il nuovo quadro normativo dovrebbe anche mitigare i problemi di azzardo morale e selezione avversa

che in alcuni casi potrebbero determinarsi in operazioni di P2P, attraverso l’allineamento di interessi

tra i finanziatori e le piattaforme, i cui sistemi di risk management dovrebbero trovare un

rafforzamento, anche grazie alla definizione di requisiti minimi in termini di capitale e alla definizione

di adeguate garanzie28. In tema di tutela degli investitori, in base al considerando 15 del nuovo

Regolamento, “per mantenere un livello elevato di tutela degli investitori, ridurre i rischi connessi al

crowdfunding e assicurare un trattamento equo di tutti i clienti, i fornitori di servizi di crowdfunding

dovrebbero essere dotati di dispositivi volti ad assicurare che i progetti siano selezionati in modo

professionale, imparziale e trasparente e che i servizi di crowdfunding siano forniti nello stesso

25 Comunicazione della Commissione Europea, “Proposta di Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio relativo ai fornitori europei di servizi di crowdfunding per le imprese”, COM(2018) 113 final, 8 marzo 2018. 26 L’iniziativa in questione rientra nel quadro della priorità della Commissione relativa alla creazione di un’Unione dei mercati dei capitali, che è volta ad ampliare l’accesso ai finanziamenti per le imprese innovative, le start-up e altre aziende non quotate. Si veda Comunicazione della Commissione Europea, “Proposta di Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2014/65/UE relativa ai mercati degli strumenti finanziari”, COM(2018) 99 final, 8 marzo 2018. 27 Da parte dell’European Securities and Markets Authority (ESMA). In base al considerando 27 del Regolamento in approvazione, per facilitare la trasparenza per gli investitori al dettaglio relativamente alla prestazione di servizi di crowdfunding, l'ESMA dovrebbe istituire un registro pubblico e aggiornato di tutti i fornitori di servizi di crowdfunding autorizzati e delle piattaforme che operano nell'Unione. 28 Cfr. O. Havrylchyk e M. Verdier, “The financial intermediation role of the P2P lending platforms”, Comparative Economic Systems, 2018, Vol. 60, No. 1, pp. 115-130.

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modo”. L’art. 7-bis della bozza di nuova norma, d’altro canto, evidenzia come per garantire che le

piattaforme di crowdfunding allineino i loro incentivi a quelli degli investitori, è incoraggiato il ricorso

a meccanismi di incentivazione e che i portali possono partecipare al finanziamento di un progetto,

entro i limiti del 2% del capitale accumulato per l’iniziativa.

Sempre in tema di esigenze di tutela dei finanziatori, il Regolamento stabilisce che, al fine di

consentire ai potenziali investitori di comprendere chiaramente la natura, i rischi, i costi e gli oneri

dei servizi di crowdfunding, i fornitori di tali servizi dovrebbero fornire ai loro clienti “informazioni

chiare e disaggregate”.

Tra gli elementi di maggiore novità dal punto di vista operativo, gli attuali lavori del Parlamento

Europeo hanno portato a un innalzamento ad 8 milioni della soglia massima dei prestiti29

(inizialmente quantificata in un milione). Inoltre, la proposta normativa punta a introdurre, anche per

le piattaforme di crowdlending, una sorta di vero e proprio marchio europeo che definisca il rispetto

dei requisiti stabiliti dal Regolamento.

4. Elementi operativi e funzionamento delle piattaforme

Poiché, soprattutto per ciò che concerne il segmento delle piccole e medie imprese, la possibilità di

accedere a capitale di debito si basa su un meccanismo simile all’emissione di obbligazioni da parte di

società più strutturate, le dinamiche che regolano il mercato dei bond sono state in molti casi un

elemento di riferimento fondamentale par la creazione delle prime piattaforme che, come detto,

avevano come principale riferimento il mercato anglosassone30.

Oltre ad alcuni degli aspetti operativi in precedenza menzionati, grazie alle nuove tecnologie,

attualmente i portali possono assolvere ad alcune delle funzioni generalmente effettuate da banche

e intermediari finanziari tradizionali a favore degli investitori, ovvero:

• analisi e valutazione del merito creditizio del richiedente il prestito;

• controllo del rischio di credito dei prestatori attraverso un’adeguata diversificazione e

suddivisione degli investimenti;

• riduzione del rischio di liquidità mediante l’accesso a un mercato secondario nell’eventualità in

cui l’investitore voglia liquidare le somme finanziate.

Le richieste di prestiti P2P possono essere effettuate solo in seguito all’iscrizione alla piattaforma

online di una società o di un ente di social lending. I gestori della piattaforma possono adottare

modelli operativi “che facilitano l'incontro tra domanda e offerta di finanziamenti” tra loro molto

29 Secondo la Relazione del Parlamento Europeo al provvedimento in esame, l’importo “rappresenta il valore massimo fino al quale gli Stati membri possono esentare le offerte al pubblico di titoli dall'obbligo di pubblicazione del prospetto, conformemente all'articolo 3 del regolamento (UE) 2017/1129 del Parlamento europeo e del Consiglio. Nonostante sia necessario un elevato livello di tutela degli investitori, tale soglia dovrebbe essere in linea con le prassi dei mercati nazionali al fine di rendere la piattaforma dell'Unione interessante per le attività transfrontaliere di finanziamento alle imprese”. 30 Cfr. U. Atz e D. Bholat, “Peer-to-peer lending and financial innovation in the United Kingdom”, 2016, Staff Working Paper No. 589, Bank of England.

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eterogenei e diversificati. Tuttavia, pur non essendo possibile offrire un elenco tassativo degli step

che caratterizzano l’attività della piattaforma, si possono in ogni caso evidenziare degli elementi

comuni:

1) raccolta delle domande di finanziamento provenienti dai potenziali debitori, con l'indicazione

delle informazioni essenziali sul progetto da finanziare;

2) selezione dei potenziali debitori sulla base del loro merito di credito;

3) assegnazione di un rating relativo al livello di probabilità che il prestito venga ripagato;

4) valutazione sulla possibilità di finanziare l’intero o anche solo una quota del prestito richiesto;

5) gestione dei flussi di pagamento tra debitori e investitori;

6) utilizzo di procedure standardizzate e automatizzate;

7) erogazione dei servizi attraverso canali digitali;

8) remunerazione mediante commissioni proporzionali all'importo del debito e dell'ammontare

investito;

9) attuazioni di azioni di recupero crediti in caso di insolvenza del prenditore.

Come accennato, ad ogni richiedente è assegnato un rating, cioè un giudizio sul suo livello di

affidabilità, interrogando le centrali rischi private (CRIF, ecc.), in modo del tutto analogo a quanto

fanno le banche e le società finanziarie, cercando in tal modo di supplire al rapporto di fiducia

esistente in un rapporto basato sulle relazioni personali. Per effettuare la valutazione in questione, la

quasi totalità delle piattaforme ricorre ai dati forniti dai credit bureau generalmente utilizzati dalle

banche per ottenere informazioni sulla storia creditizia dei potenziali debitori.

Com’è lecito attendersi, livelli di rating più bassi conducono generalmente all’applicazione di tassi di

interesse più alti a favore dei prestatori, allo scopo di compensare e remunerare in modo adeguato il

rischio sostenuto.

In caso di morosità di uno o più richiedenti, la piattaforma attiva dei programmi di recupero crediti a

nome e nell’interesse di tutti i prestatori coinvolti. Al fine di mitigare il rischio di insolvenza, il lender,

può, eventualmente, effettuare azioni per diversificare l’investimento. Infatti, la somma che intende

offrire potrebbe non essere erogata a un singolo richiedente ma suddivisa per una pluralità di

richiedenti diversi. In alcuni casi, le piattaforme web di social lending offrono anche la possibilità ai

finanziatori di cedere i propri crediti ad altri prestatori, in una sorta di mercato secondario, per

rientrare rapidamente dall’investimento in caso di necessità.

Per quanto riguarda i rapporti con i richiedenti, i finanziamenti a cui questi ultimi possono accedere

sono generalmente di importo compreso tra mille e un milione di euro, che prevedono il pagamento

di rate comprendenti quota capitale e quota interessi. La durata può oscillare tra pochi mesi a cinque

anni, pur essendo sempre possibile estinguere anticipatamente il prestito senza spese.

Per ciò che concerne le garanzie, come meglio specificato di seguito, non sempre ne è fatta richiesta,

anche se recentemente si sta diffondendo anche la possibilità di ottenere prestiti garantiti,

soprattutto in relazione all’acquisto di immobili residenziali.

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In relazione al rapporto con gli investitori, le piattaforme gestiscono in maniera autonoma ed

eterogenea il matching tra domanda e offerta di liquidità, pur presentando degli elementi comuni,

individuati anche dalla Banca d’Italia:

• la piattaforma o il richiedente stabiliscono il tasso d’interesse di riferimento e gli investitori

definiscono la quota di debito che sono disposti a finanziare e il relativo tasso in un’asta

competitiva. Una volta raggiunto l’importo da finanziare, il debitore riconoscerà un valore medio

dei tassi offerti, ponderato per le rispettive quantità31;

• il portale stabilisce il tasso d’interesse in base al rating del debitore e gli investitori decidono chi

finanziare e per quale importo. Nella maggior parte dei casi, le piattaforme che adottano tale

modello consentono agli investitori di ripartire e suddividere automaticamente il proprio

investimento, sulla base del proprio profilo rischio-rendimento, della durata e dell’importo

complessivo dell’investimento, che viene suddiviso dalla piattaforma in capo a più debitori32;

• gli investitori non scelgono direttamente i soggetti da finanziare, i quali sono individuati in

maniera automatica dal portale in base alle preferenze espresse in termini di profilo rischio-

rendimento e di durata del finanziamento33. In molti casi, per compensare questa limitazione

nella scelta dei debitori, i prestiti sono garantiti da un fondo di salvaguardia destinato alla

copertura di eventuali perdite fino a capienza34.

• gli investitori acquistano quote di un fondo di investimento (che può essere anche quotato in

borsa) che a sua volta finanzia prestiti attraverso il portale35.

Ad ogni modo il rischio di credito e l’alea tipicamente connessa alla gestione di un finanziamento

(rischio di insolvenza, tasso di interesse e liquidità) rimangono in capo ai finanziatori.

Ulteriore aspetto operativo da menzionare, per cui si registra una forte eterogeneità tra le diverse

piattaforme, è rappresentato dalla gestione dei flussi finanziari e dei pagamenti, atteso che numerosi

portali, nell’ambito delle proprie attività di servizio, si occupano anche dell’eventuale recupero degli

insoluti relativi alla mancata restituzione dei finanziamenti da parte del prenditore.

Tuttavia, anche in quest’ambito, che riguarda fondamentalmente il business model delle piattaforme,

è possibile stabilire dei tratti comuni, che consentono di individuare generalmente tre modelli di

servizio36:

31 Questo modello, molto diffuso fino a qualche tempo fa, è stato progressivamente abbandonato dalla maggior parte delle piattaforme in quanto ritenuto eccessivamente complesso da gestire per l’investitore medio. 32 Questa modalità operativa è la più diffusa negli USA e, nel Regno Unito, è quella prevalente per i prestiti alle PMI. 33 Tale modalità operativa è molto diffusa tra le piattaforme per prestiti a famiglie nel Regno Unito. 34 Il valore di tale fondo è determinato in base alle perdite attese, è alimentato da commissioni aggiuntive pagate dai debitori e/o dai finanziatori ed è gestito da una società terza. 35 Questo è il modello più recente, adottato da una piattaforma attiva in Francia (per i prestiti alle famiglie) e da un’altra operante nel Regno Unito, negli USA e in alcuni paesi dell’Europa continentale. 36 Cfr. E. Kirby e S. Worner, “Crowd-funding: An Infant Industry Growing Fast”, Staff Working Paper of the International Organisation of Securities Commissions (IOSCO) Research Departement, 2014, No.3; Cfr. AA.VV. “ll mercato del peer-to-peer lending nel mondo e le prospettive per l’Italia”, ABI, Bancaria, n.3/2016.

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1) modello notary, nell’ambito del quale, ancorché la piattaforma metta in contatto richiedenti e

finanziatori, i fondi sono raccolti direttamente da questi ultimi utilizzando una banca

depositaria, che eroga il finanziamento solo al raggiungimento del target previsto (la raccolta

avviene praticamente secondo il modello “all or nothing”). Sarà successivamente la banca stessa

a trasferire il prestito alla piattaforma, la quale emette un titolo di debito per il valore

corrispondente alla parte del prestito effettivamente finanziata dall’investitore, il quale riceve

un rendimento in base al piano di ammortamento del prestito;

2) il modello client segregated account, in relazione al quale la piattaforma agisce come mero

punto di incontro tra domanda e offerta, effettuando il matching tra investitori e richiedenti e

raccogliendo le risorse all’interno di un fondo di pagamento al di fuori della disponibilità della

piattaforma. I fondi raccolti, di conseguenza, rimarranno separati rispetto alla società di gestione

del portale e, anche nel caso di un eventuale fallimento della piattaforma, il rapporto tra

finanziatore e debitore non ne risentirà in alcun modo. In questo schema, come detto,

l’operatore P2P svolge solo una funzione di intermediazione, in quanto i flussi finanziari tra i

diversi soggetti sono gestiti attraverso i propri conti, senza intrattenere rapporti giuridici con la

società che gestisce il portale37;

3) il modello guaranteed return, il quale esalta il ruolo della piattaforma, che raccoglie i fondi

presso i finanziatori attraverso depositi, applicando un tasso di remunerazione garantito,

parametrato sulla base del rischio di credito del debitore, e provvede a erogare i finanziamenti

ai debitori38.

In ogni caso, come meglio specificato di seguito, a prescindere dal modello di servizio adottato, una

delle caratteristiche fondamentali delle operazioni di P2P, soprattutto dal lato dei finanziatori, che

non devono necessariamente soddisfare per intero la richiesta di un singolo operatore, ma possono

allocare le proprie risorse in maniera diversificata tra più richiedenti.

Per quanto riguarda, concretamente, l’erogazione del credito, le procedure seguite sono

fondamentalmente di due tipologie39:

• quando le offerte degli investitori raggiungono l’importo richiesto dal debitore, la piattaforma

mette a disposizione dei vari soggetti servizi necessari alla stipula dei singoli contratti di

finanziamento, in seguito alla quale i fondi offerti dai finanziatori, custoditi in depositi presso

una banca terza, sono messi a disposizione del richiedente40;

• una volta raggiunto un importo di offerte pari a quello indicato dal debitore, la piattaforma dà

disposizione a una banca partner di erogare un finanziamento al richiedente. Successivamente, il

portale procede all’acquisto di tale prestito, mantenendolo nel proprio bilancio. Il credito viene

37 Ad ogni modo, il soggetto che gestisce la piattaforma generalmente percepisce commissioni da parte sia dei finanziatori sia dei debitori, remunerando così i costi amministrativi sostenuti. 38 Cfr. U. Filetto, “Peer-to-Peer lending: mito o realtà?”, ABIServizi, Bancaria Editrice, Roma, 2016. 39 Cfr. “Il lending-based crowdfunding: opportunità e rischi”, cit. 40 Questo modello è il più diffuso in Europa e implica che i rischi sostenuti dai finanziatori siano solamente quelli legati al contratto di debito.

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finanziato per mezzo dell’emissione di titoli di debito41 il cui rendimento dipende dal pagamento

delle rate da parte dei debitori. Nell’ambito di tale modello operativo, dunque, gli investitori

sostengono un doppio rischio di credito, vale a dire non solo quello dei debitori, ma anche

quello della piattaforma.

In cambio dell’erogazione dei propri servizi, le piattaforme P2P applicano, a carico del richiedente

e/o del prestatore, delle commissioni di istruttoria della pratica di fido e di servizio. Queste

commissioni, pur essendo generalmente inferiori a quelle praticate dalle banche (infra), potrebbero

variare tra lo 0,5% e il 2,5% dell’ammontare del prestito a seconda della piattaforma.

Altro aspetto operativo da tenere in considerazione riguarda il grado di protezione dal rischio di

insolvenza offerto dai diversi operatori, in base al quale è possibile distinguere i portali in:

• protetti (protected platform), nel caso in cui sia prevista da parte della piattaforma, la

costituzione di un fondo di mitigazione del rischio al quale gli investitori potranno fare ricorso

in caso di mancato pagamento di una o più rate da parte del debitore42;

• garantiti (secured platform), nell’eventualità in cui il debitore stesso fornisca garanzie (reali o

personali) a favore degli investitori;

• non garantiti (unsecured platform), nel caso in cui non sia prevista alcuna forma di tutela del

finanziatore, sia con riferimento al fondo di mitigazione che alla presenza di eventuali

garanzie.

5. Gli aspetti fiscali

A decorrere dal 1° gennaio 2018, per le persone fisiche, i proventi derivanti da peer to peer lending

sono assimilati a redditi di capitale (art. 44, comma 1, lett. d-bis) del TUIR) e, pertanto, tassati

assoggettandoli a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta con aliquota del 26%. In precedenza, per le

persone fisiche, le somme erano sottoposte alle ordinarie aliquote progressive IRPEF, scontando

conseguentemente l’aliquota marginale del soggetto percettore dal 23% al 43%. La modifica al

regime fiscale è avvenuta ad opera della Legge di bilancio per il 201843, attraverso un duplice

intervento:

• modifica all'articolo 44, comma 1, del TUIR44, tramite l'inserimento della nuova lett. d-bis), in

base alla quale sono da considerarsi come redditi di capitale i “proventi derivanti da prestiti

41 Che rappresentano una passività per la piattaforma. 42 Come in precedenza evidenziato, una simile forma di protezione non rappresenta una vera e propria assicurazione né una completa copertura rispetto al rischio di credito relativo ai prestiti sottoscritti. Il fondo è alimentato in maniera graduale attraverso le commissioni corrisposte dai richiedenti (il cui valore è commisurato al profilo di rischio) e, di conseguenza, la sua capacità di rimborso dipende dalla capienza rispetto al valore delle eventuali posizioni insolventi. Dal punto di vista operativo, generalmente, il fondo in questione agisce solo dopo almeno 12 mesi dal manifestarsi dell’insolvenza, in seguito all’esperimento di tutti i tentativi di recupero del credito. 43 Lettera inserita dall’art. 1, comma 43, della legge n. 205 del 27 dicembre 2017. 44 Ad opera dell’articolo 1, comma 43, della legge 205/2017.

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erogati per il tramite di piattaforme di prestiti per soggetti finanziatori non professionali

(piattaforme di Peer to Peer Lending) gestite da società iscritte all'albo degli intermediari

finanziari di cui all'articolo 106 del testo unico delle leggi in materie bancaria e creditizia di cui al

decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, o da istituti di pagamento rientranti nell'ambito di

applicazione dell'articolo 114 del medesimo testo unico di cui al decreto legislativo n. 385 del

1993, autorizzati dalla Banca d'Italia”;

• individuazione dei gestori delle piattaforme quali sostituti d'imposta, i quali operano una

ritenuta alla fonte a titolo d'imposta sui redditi di capitale corrisposti a persone fisiche, in base al

disposto dell’art. 26, comma 1, del D.P.R. 600/197345.

Discorso a parte meritano gli aspetti fiscali del P2P in ambito no-profit, a seguito dell’emanazione del

D.Lgs. 117/2017, che ha introdotto nel nostro ordinamento il Codice del Terzo Settore46, all’interno

del quale l’art. 78 è rubricato specificamente “Regime fiscale del social lending”.

Anche tale norma stabilisce che i gestori di piattaforme web che svolgono attività di social lending,

finalizzato al finanziamento e al sostegno delle attività di interesse generale47, al cui perseguimento

sono istituzionalmente deputati gli enti del Terzo settore, devono agire in qualità di sostituti di

imposta e applicare agli importi percepiti a titolo di remunerazione dai soggetti che prestano fondi

attraverso tali piattaforme una ritenuta alla fonte a titolo di imposta, ai sensi dell’art. 26, comma 4

del D.P.R. 600/1973. In questo caso, l’aliquota prevista è quella stabilita per le obbligazioni e gli altri

titoli indicati dall’art. 31 del D.P.R. 601/1973 (tra i quali figurano anche i titoli di stato), quantificata

nella misura del 12,50%.

6. Vantaggi e limiti per i lenders (o prestatori)

A livello Europeo, in un momento di bassi tassi di interesse dei titoli di stato, i cui rendimenti reali a

volte in questi anni hanno faticato a offrire valori soddisfacenti oltre l’inflazione, alcuni risparmiatori

hanno orientato l’impiego dei propri fondi verso forme di investimenti più rischiose ma che

consentono una migliore remunerazione. Pur con le criticità di valutazione derivanti dalla difficoltà

nell’individuare investimenti alternativi con le stesse caratteristiche, alcune ricerche48 mostrano

come, tra il 2007 e il 2013, i rendimenti, al netto delle perdite degli investimenti nelle principali

piattaforme di credito al consumo statunitensi, abbiano mostrato performance più elevate di circa il

3% rispetto al rendimento indicato dal Barclays Capital Fixed ABS Idex49.

45 La nuova ritenuta sarà operata dai gestori delle piattaforme, nel caso in cui si tratti di società iscritte all’albo degli intermediari finanziari di cui all’art. 106 del TUB o da istituti di pagamento rientranti nell’ambito di applicazione dell’art. 114 autorizzati dalla Banca d’Italia. 46 In attuazione dell'art. 1, comma 2, lett. b), della legge 6 giugno 2016, n. 106. 47 Citate all’art. 5 del decreto. 48 A. Morse, “Peer-to-Peer Crowdfunding: Information and the Potential for Disruption in Consumer Lending”, 2015, NBER Working Paper n. 20899. 49 Un indice del rendimento dei titoli derivanti da operazioni di cartolarizzazioni di crediti al consumo.

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La possibilità di ridurre i costi di intermediazione50 e gli altri oneri connessi al ribaltamento degli

overheads delle banche51, d’altronde, consente anche di ottenere tassi di interesse più favorevoli,

pur a parità di profili di rischio.

Inoltre, giova sottolineare come, sempre dal 2018, i prestiti erogati tramite piattaforme P2P rientrino

tra le tipologie di investimento che possono essere inserite in un piano individuale di risparmio (PIR).

Come per i redditi derivanti dagli altri investimenti inseriti in un PIR, anche gli interessi derivanti da

tale tipologia di prestiti sono esenti da imposizione laddove siano rispettate alcune condizioni52. Ne

deriva che, in tal caso, rispettando i requisiti stabiliti dalla legge, soprattutto in termini di periodo

possesso dell’investimento, un interesse attivo lordo corrisponderà a un valore netto di pari importo.

L’assimilazione della tassazione dei guadagni da P2P a quanto previsto per la tassazione delle rendite

finanziarie, in definitiva, rende di fatto più conveniente scegliere di investire i propri risparmi

nell’erogazione di prestiti tra privati online53.

Altro aspetto da tenere in considerazione per i finanziatori riguarda anche la maggiore possibilità di

diversificazione degli investimenti consentita dall’utilizzo del P2P, grazie al quale è possibile

impiegare risorse in maniera diretta (e non solo attraverso titoli derivanti da operazioni di

cartolarizzazione) in asset class (i prestiti al consumo e quelli alle PMI) altrimenti acquistabili solo in

maniera mediata e indiretta.

Oltre agli aspetti positivi e alle opportunità fin qui evidenziate, appare utile riportare altresì alcune

criticità che meritano particolare attenzione, soprattutto in prospettiva di un ulteriore sviluppo del

mercato del P2P.

In particolare, devono essere tenuti in considerazione anche alcuni limiti per i lenders, a partire da

una più elevata esposizione alla possibilità di default del richiedente54, ancorché le piattaforme più

strutturate abbiano ormai sviluppato l’offerta di fondi di compensazione che agiscono in caso di

mancato pagamento da parte del prenditore.

I prestatori, inoltre, al fine di valutare al meglio il proprio ritorno, dovranno approfondire le

condizioni praticate in quanto alcuni portali, ad esempio, non comunicano in maniera esplicita

l’importo delle proprie fee di gestione (che in alcuni casi raggiungono anche l’1% su base annua),

commissioni per incasso rata, e così via. Altro elemento da tenere in considerazione riguarda la

possibilità di ritirare i fondi offerti prima della scadenza concordata: in molti casi, tale operazione è

consentita, seppure dietro pagamento di una commissione/penale.

50 Cfr. “Il lending-based crowdfunding: opportunità e rischi”, cit. 51 Secondo alcune ricerche, il costo connesso alla gestione delle filiali fisiche raggiunge il 3% dell’attivo totale degli istituti finanziari. Sul punto si veda S.G. Hanson, A. Shleifer, J.C. Stein e R.W. Vishny, “Banks as Patient Fixed-Income Investors”, Journal of Financial Economics, 2015, Vol. 117 N. 3, pp. 449–469. 52 Cfr. N. Lucido e R. De Luca, “I piani individuali di risparmio: quadro normativo e aspetti operativi”, Fondazione Nazionale Commercialisti, marzo 2018. 53 Fino al 2017, infatti, a fronte di un interesse attivo lordo del 6%, il rendimento netto oscillava da un minimo del 3,42%, (per i soggetti ai quali si applica l’aliquota del 43%) a un massimo del 4,62% (per i soggetti con aliquota del 23%). Con le nuove regole, a un tasso attivo di interesse lordo del 6% corrisponderà un rendimento netto del 4,44%. 54 Al fine di evitare una eccessiva esposizione, alcune piattaforme suddividono in tagli di minori dimensioni le somme prestate allocandole su più prenditori, al fine di diversificare e mitigare il rischio in capo al singolo prestatore.

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Per quanto non si tratti di una vera e propria criticità, è bene sottolineare che uno degli aspetti da

non sottovalutare è rappresentato dalla non sempre adeguata informazione di alcune piattaforme.

Ne consegue che, dal lato della piattaforma, vi è la possibilità di assegnare risorse monetarie a

soggetti che non sono nelle condizioni di garantire un rating finanziario soddisfacente o con un

merito creditizio basso, mentre, dal lato dell’investitore, che questi si trovi a dover scontare un più

elevato rischio di insolvenza, con relative conseguenze anche a livello macroeconomico

nell’allocazione del risparmio55.

Una simile dinamica potrebbe svilupparsi come conseguenza del fatto che i portali LBC, non

risentendo direttamente dal rischio di credito, potrebbero operare non ponendo la giusta attenzione

nella fase di valutazione del rating creditizio dei prenditori, con effetti deleteri sulla dinamica di

liquidabilità per i finanziatori.

7. Vantaggi e limiti per i borrowers (o prenditori)

Come in precedenza sottolineato, una delle principali conseguenze dello sviluppo del mercato del

P2P riguarda i significativi benefici prodotti in termini di disponibilità e differenziazione dei

finanziamenti sia per le famiglie sia per le PMI, ampliando l’offerta di credito56. Tali vantaggi sono

rivolti soprattutto a favore di soggetti che necessitano di finanziamenti di importo contenuto, in

molti casi rifiutati dalle banche, soprattutto in relazione agli elevati costi fissi connessi al processo di

erogazione del credito, che li rende poco remunerativi per gli istituti di credito57.

Tali aspetti sono di grande rilevanza per consentire in ogni caso l’accesso alle risorse finanziarie

necessarie per supportare consumi e investimenti soprattutto in circostanze – come quelle vissute

durante la crisi globale del 2008 – in cui i canali bancari tradizionali operarono una forte contrazione

dei prestiti.

A ciò si aggiunga che la frequente natura uncollateralized (senza richiesta di garanzie) dei prestiti

accesi in questi mercati online (supra) li rende particolarmente attrattivi soprattutto per imprese di

piccole dimensioni e privati, che altrimenti dovrebbero ricorrere ad altre tipologie di finanziamenti

ovvero a un maggiore utilizzo di strumenti di pagamento che spesso scontano tassi molto elevati58.

Un altro vantaggio per i richiedenti è dato dalla natura completamente digitale dei prestiti accesi

tramite P2P, da cui consegue una riduzione degli oneri da sostenere in termini di istruttoria e

lavorazione delle pratiche, e quindi, minori costi generali sopportati dalle piattaforme. L’utilizzo della

tecnologia digitale, inoltre, consente di comprimere significativamente e notevolmente il tempo che

55 Secondo alcune ricerche, infatti, in molti casi i finanziatori non hanno piena contezza degli effettivi rischi derivanti dall’investimento in prestiti erogati attraverso piattaforme di peer to peer lending. Si veda, ad esempio, Deloitte, “Marketplace Lending. A Temporary Phenomenon?”, 2016. 56 Cfr. C. de Roure, L. Pelizzon e P. Tasca, “How Does P2P Lending Fit Into the Consumer Credit Market?”, 2016, Deutsche Bundesbank Discussion Paper N. 30. 57 Cfr. Goldman Sachs, Report “The Future of Finance. The Rise of the New Shadow Bank”, Marzo 2015. 58 Cfr. W. Adams, E. Liran, J. Levin, “Liquidity Constraints and Imperfect Information in Subprime Lending,” American Economic Review, 2009, Vol. 99 N. 1, pp. 49-84.

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intercorre tra il momento della richiesta di finanziamento e la sua effettiva concessione: tale profilo è

considerato come uno dei principali vantaggi dello strumento in questione dalla maggior parte dei

richiedenti59.

I vantaggi dovrebbero tradursi anche in minori tassi di interesse, soprattutto in determinati settori,

come dimostrato da alcune ricerche che, seppur effettuate su campioni non eccessivamente ampi,

confermano la possibilità, attraverso l’utilizzo del P2P, di ridurre i tassi corrisposti dai debitori, sia per

quanto riguarda il segmento del credito al consumo60 che in relazione a finanziamenti ordinari, anche

se di dimensioni contenute61.

Ovviamente, pur in un contesto che complessivamente sembra molto positivo per chi richiede

finanziamenti, è necessario prestare attenzione ad alcuni aspetti che meritano un approfondimento,

al fine di mitigare eventuali criticità potenzialmente connesse al ricorso al crowdlending. A maggior

ragione in considerazione del fatto che il mercato peer to peer è popolato di soggetti non

necessariamente esperti in tematiche finanziarie, la cui capacità di giudicare il rischio di credito con le

informazioni disponibili è vitale per il funzionamento di questi mercati.

Uno dei principali riferimenti è sicuramente quello delle asimmetrie informative che si generano in

relazione, ad esempio, alla solidità e affidabilità dei prenditori. Tra le funzioni più importanti assolte

dai mercati del credito tradizionali, infatti, si rileva certamente quella di effettuare un primo

screening dei richiedenti e allocare il credito in maniera efficiente sulla base della credibilità e del

merito creditizio dell’emittente. Il tutto in relazione al ruolo istituzionale ricoperto delle banche

all’interno del contesto macro-economico oltreché in funzione al know-how acquisito dai predetti

soggetti in ambito finanziario62.

8. Conclusioni: le prospettive del peer to peer lending

Come fin qui sottolineato, il fenomeno del peer to peer lending ha conosciuto negli ultimi anni

un’espansione molto significativa, sia in termini di importi finanziati che, soprattutto, in relazione alla

consapevolezza delle potenzialità dello strumento.

Nell’ambito del presente documento, sono state analizzate le tante opportunità e i numerosi

vantaggi connessi all’utilizzo del P2P, pur non sottacendo o trascurando alcuni elementi di criticità

che non possono essere ignorati e che devono essere valutati con prudenza da parte dei diversi

soggetti coinvolti. Proprio in tema di gestione e mitigazione dei possibili rischi relativi al ricorso al

crowdlending, inizia ad essere sempre più pressante la necessità, oltre agli interventi della Banca

d’Italia, di una regolamentazione (nazionale e sovranazionale) che, pur senza essere eccessivamente

59 Cfr. Nesta, University of Cambridge, ACCA e PWC, “Understanding alternative finance. The UK Alternative Finance Industry Report 2014”. 60 Cfr. Y. Demyanyk e D. Kolliner, “Peer-to-Peer Lending Is Poised to Grow”, Economic trends, Federal Reserve of Cleveland, 2014. 61 Cfr. Deloitte, cit., 2016. 62 Cfr. D.W. Diamond, “Financial Intermediation and Delegated Monitoring”, Review of Economic Studies, 1984, Vol. 51, N. 3, pp. 393-414.

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stringente, definisca in maniera più chiara le modalità di gestione di uno strumento che, come

accennato, sta trovando una diffusione sempre più ampia. Come in precedenza evidenziato, d’altra

parte, in Italia, pur in mancanza di una specifica e organica regolamentazione, il P2P rimane in ogni

caso disciplinato dalle norme che regolano alcune attività per le quali vige una riserva di legge (ad

esempio, la raccolta del risparmio tra il pubblico, l’attività bancaria, l’erogazione di finanziamenti nei

confronti del pubblico, la mediazione creditizia, e così via)63 anche se iniziano a emergere interventi

normativi specifici, a testimonianza della crescente considerazione dello strumento, come si evince

dai riferimenti inseriti nella Legge di Bilancio per il 2019.

Pur in un simile contesto, tuttavia, potrebbe essere opportuno definire in maniera più puntuale un

framework normativo ad hoc (anche di livello sovranazionale), soprattutto al fine di evitare che

l’espansione del credito avvenga in maniera indiscriminata, sia con riferimento ai limiti di erogazione,

piuttosto che, dal lato della domanda di mezzi monetari, concedendo finanziamenti a soggetti il cui

rischio di insolvenza appaia eccessivamente elevato. Dal lato dell’offerta di risorse finanziarie, inoltre,

sarebbe opportuno stabilire una pur minima verifica in capo agli investitori, per valutare la loro

capacità di assorbire eventuali perdite senza pericoli di tipo sistemico.

A ciò si aggiunga che lo scopo fondamentale di un intervento normativo dovrebbe essere anche

quello di incrementare il livello di trasparenza e ridurre le asimmetrie informative presenti tra i vari

soggetti, al fine di rendere il mercato più efficiente e consentire una ottimale allocazione del

risparmio. Tale azione potrebbe rivelarsi necessaria in un futuro sempre più prossimo, attese le

crescenti dimensioni del fenomeno del peer to peer lending, che si prevede in forte espansione anche

per il futuro64. L’intervento in questione potrebbe partire anche dall’analisi di quanto già avvenuto in

ambito internazionale65, laddove in molti casi le specifiche normative hanno stabilito requisiti

leggermente più stringenti, rafforzando le barriere all’ingresso nel settore, soprattutto per ciò che

concerne le piattaforme.

In base alle considerazioni fin qui svolte è da valutare in maniera positiva il processo intrapreso dalla

Commissione Europea con l’emanazione di una proposta di Regolamento unitario per tutti gli

strumenti afferenti allo strumento del crowdfunding inteso in senso lato, nell’ambito del quale

rientra anche in P2P. L’intervento normativo di matrice comunitaria, infatti, dovrebbe consentire un

maggiore sviluppo del lending crowdfunding, permettendo agli operatori di espandere la propria

attività di supporto alle PMI, offrendo agli investitori più ampie possibilità di impiego dei capitali, e

sosterrebbe l’obiettivo della Commissione Europea di rafforzare i finanziamenti non bancari come

fonte alternativa di liquidità, soprattutto per le piccole e medie imprese.

63 Di conseguenza, le società che gestiscono portali di P2P comunque sottoposte ad un regime regolamentari e soggette a controlli: nella maggior parte dei casi esse sono autorizzate ad operare come istituti di pagamento, in modo da garantire la netta separazione tra il patrimonio dell’azienda e quello degli investitori. 64 Secondo alcune ricerche, in futuro il fenomeno potrebbe addirittura stravolgere il mercato del credito per famiglie e PMI, ridimensionando in maniera rilevante il ruolo delle banche. Si veda, ad esempio, McKinsey Global Banking Annual Review, “The Fight for the Customer”, 2015. 65 Negli Stati Uniti, ad esempio, affinché investitori non qualificati (reddito inferiore a $ 200.000 o patrimonio inferiore a un milione) possano partecipare all’attività di P2P, le piattaforme devono effettuare un apposito processo di registrazione presso la Security and Exchange Commission (SEC) delle passività che emettono a fronte dei prestiti.