IL PARERE DEGLI ESPERTI Babykiwi, cresce l interesse della … · 2017-12-01 · buzione...

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abbandonata ed era passata in secon- do piano, forse perché il mercato non era ancora pronto». E invece ora sembra proprio esserlo. «Sì, ora la varietà è forse anche miglio- re rispetto al passato, si eleva sia dal punto di vista qualitativo sia commer- ciale e porta a sviluppare una battuta di cassa importante, in linea con l’ag- gregato dei frutti di bosco». Vendite in deciso aumento All’interno di una categoria dove, in linea di massima, ci spiega Fabiani, le battute di cassa delle confezioni so- no in generale abbastanza limitanti dal punto di vista quantitativo, dicia- mo quindi «cautelative», le vendite dei babykiwi negli ultimi due anni sono decisamente cresciute: «L’incremento è stato proporzionalmente legato alla curiosità, quindi ci sono stati aumen- ti importanti». I motivi sono molti e Fabiani, oltre a rimarcare l’aspetto organolettico, ne sot- tolinea altri non certo secondari quan- do si parla di esposizione in un punto vendita: «Danno una variante di colore interessante: mentre per il restante re- parto ortofrutta abbiamo un mare ver- de interrotto dal giallo e rosso, in questo caso a livello cromatico è esattamente il contrario e con i kiwiberry abbiamo una macchia verde in mezzo a rosa e blu». Arricchimento di gamma Insomma un’arricchimento di una gamma sicuramente positivo, stando ai riscontri ottenuti sino a ora, che va in linea con l’interesse generale per la categoria dei berry. «Oggi i piccoli frutti sono presenti nei Babykiwi, cresce l’interesse della produzione e della Gdo di Alessandro Franceschini Q uella dei berry è forse una delle categorie ortofruttico- le più dinamiche degli ultimi anni e sta vivendo un perio- do decisamente interessante dal punto di vista dei consumi rispetto al passato. I motivi? Non ce n’è uno solo, ma l’i- dea di poter arrivare nel breve a vede- re dati simili a quelli presenti nel Nord Europa o nel Regno Unito, dove il con- sumo di piccoli frutti è da sempre molto sostenuto, appare forse un’utopia. È si- curamente interessante osservare come oggi questa nutrita famiglia di referenze sia percepita agli occhi dei consumato- ri non più come un riempitivo, quanto una scelta ben mirata, anche per meri- to delle qualità nutrizionali presenti in questi frutti, che li hanno fatti entra- re di diritto all’interno di quel trend di consumo che prende il nome di «Super- food», oggi decisamente di tendenza. Il nuovo berry Spazio, quindi, in primis a mirtilli e lamponi e a ruota, poi, a more, ribes e uva spina. Ma non solo: da qualche anno a questa parte nella famiglia si è aggiunto un nuovo frutto comune- mente chiamato babykiwi o kiwiber- ry, ovvero l’ Actinidia arguta. In commercio il caso sicuramente più famoso è quello del Nergi, brand di proprietà della francese Sofruileg e in Italia gestito in esclusiva dalla pie- montese Ortofruit Italia. Ma non è l’u- nico e l’interesse cresce anche da par- te di nomi di riferimento del settore ortofrutticolo. La visione di Coop Italia «In realtà è una novità antica» ci spiega Germano Fabiani, responsabi- le reparto frutta presso il leader della grande distribuzione in Italia, vale a dire Coop. «Oltre venti anni fa era stato fatto il tentativo di provare a vendere Actinidia arguta, ma poi l’idea era stata IL PARERE DEGLI ESPERTI Da qualche anno a questa parte la famiglia dei berry si è arricchita di un nuovo ingresso con l’ Actinidia arguta, ovvero il babykiwi. C’è curiosità da parte del consumatore e l’interesse di tutta la filiera aumenta sempre di più 50 43/2017 L’Informatore Agrario • FRUTTICOLTURA

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abbandonata ed era passata in secon-do piano, forse perché il mercato non era ancora pronto».

E invece ora sembra proprio esserlo. «Sì, ora la varietà è forse anche miglio-re rispetto al passato, si eleva sia dal punto di vista qualitativo sia commer-ciale e porta a sviluppare una battuta di cassa importante, in linea con l’ag-gregato dei frutti di bosco».

Vendite in deciso aumento

All’interno di una categoria dove, in linea di massima, ci spiega Fabiani, le battute di cassa delle confezioni so-no in generale abbastanza limitanti dal punto di vista quantitativo, dicia-mo quindi «cautelative», le vendite dei babykiwi negli ultimi due anni sono decisamente cresciute: «L’incremento è stato proporzionalmente legato alla

curiosità, quindi ci sono stati aumen-ti importanti».

I motivi sono molti e Fabiani, oltre a rimarcare l’aspetto organolettico, ne sot-tolinea altri non certo secondari quan-do si parla di esposizione in un punto vendita: «Danno una variante di colore interessante: mentre per il restante re-parto ortofrutta abbiamo un mare ver-de interrotto dal giallo e rosso, in questo caso a livello cromatico è esattamente il contrario e con i kiwiberry abbiamo una macchia verde in mezzo a rosa e blu».

Arricchimento di gamma

Insomma un’arricchimento di una gamma sicuramente positivo, stando ai riscontri ottenuti sino a ora, che va in linea con l’interesse generale per la categoria dei berry.

«Oggi i piccoli frutti sono presenti nei

Babykiwi, cresce l’interesse della produzione e della Gdo

di Alessandro Franceschini

Q uella dei berry è forse una delle categorie ortofruttico-le più dinamiche degli ultimi anni e sta vivendo un perio-

do decisamente interessante dal punto di vista dei consumi rispetto al passato.

I motivi? Non ce n’è uno solo, ma l’i-dea di poter arrivare nel breve a vede-re dati simili a quelli presenti nel Nord Europa o nel Regno Unito, dove il con-sumo di piccoli frutti è da sempre molto sostenuto, appare forse un’utopia. È si-curamente interessante osservare come oggi questa nutrita famiglia di referenze sia percepita agli occhi dei consumato-ri non più come un riempitivo, quanto una scelta ben mirata, anche per meri-to delle qualità nutrizionali presenti in questi frutti, che li hanno fatti entra-re di diritto all’interno di quel trend di consumo che prende il nome di «Super-food», oggi decisamente di tendenza.

Il nuovo berrySpazio, quindi, in primis a mirtilli e

lamponi e a ruota, poi, a more, ribes e uva spina. Ma non solo: da qualche anno a questa parte nella famiglia si è aggiunto un nuovo frutto comune-mente chiamato babykiwi o kiwiber-ry, ovvero l’Actinidia arguta.

In commercio il caso sicuramente più famoso è quello del Nergi, brand di proprietà della francese Sofruileg e in Italia gestito in esclusiva dalla pie-montese Ortofruit Italia. Ma non è l’u-nico e l’interesse cresce anche da par-te di nomi di riferimento del settore ortofrutticolo.

La visione di Coop Italia«In realtà è una novità antica» ci

spiega Germano Fabiani, responsabi-le reparto frutta presso il leader della grande distribuzione in Italia, vale a dire Coop. «Oltre venti anni fa era stato fatto il tentativo di provare a vendere Actinidia arguta, ma poi l’idea era stata

● IL PARERE DEGLI ESPERTI

Da qualche anno a questa parte la famiglia dei berry si è arricchita di un nuovo ingresso con l’Actinidia arguta, ovvero il babykiwi. C’è curiosità da parte del consumatore e l’interesse di tutta la fi liera aumenta sempre di più

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depliant promozionali e sono in vendita con formati differenti, due aspetti un tempo impensabili». Si è instaurato una sorta di circuito virtuoso e c’è quindi entusiasmo: ci crede la grande distri-buzione organizzata e ci crede quindi anche la produzione. «Si guarda al Nord Europa: non so quanto da noi in Italia lo stile di consumi andrà in quella di-rezione, sicuramente non alla loro ve-locità. I Paesi anglosassoni, ad esempio, consumano berry tutto l’anno. Ma sarei comunque lieto cambiare idea».

Politica di marchio:fondamentale

«Anche in questo caso, per un prodot-to particolare come il kiwiberry, la poli-tica di marchio è sempre fondamenta-le» ci spiega questa volta Ilenio Bastoni, direttore generale di un nome di rife-rimento dell’ortofrutta italiana come Apofruit Italia. Anche loro ci stanno non solo pensando, ma realmente provan-do con dei test su diverse selezioni. «Il tutto va inquadrato nel nostro proget-to dei piccoli frutti, dedicato principal-mente a lamponi e mirtilli. Il babykiwi si inserisce in questo contesto come un completamento della nostra offerta».

Progetto in veloce sviluppo

Al momento un nome e cognome concreto non c’è «ma ci sono già tanti aspetti in via di valutazione − continua Bastoni −. Già quest’anno abbiamo rac-colto i primi frutti e quindi il progetto procede velocemente».

Qualità prima di tutto

L’attenzione da parte di Apofruit è al momento focalizzata a molti fatto-ri e tra questi, ci tiene a sottolineare Bastoni, quello organolettico: «Aspet-to che vale anche per tutti gli altri frutti».

C’è poi un aspetto delicato, vale a di-

re quello dell’epoca di maturazione: «Stiamo valutando la coltivazione da Sud a Nord dell’Italia per allungare la commercializzazione. Per avere suc-cesso bisogna avere un calendario di commercializzazione ampio».

La conservabilità è un altro fattore da tenere in considerazione «perché è un prodotto più deperibile, quindi non ha un periodo di gestione lungo ed è necessario legare questo aspetto alla parte industriale».

La pezzatura ideale? «Frutti che ri-mangono nella fascia dei 10-18 g sono i più interessanti, hanno le dimensio-ni di un’oliva. Ma non basta, bisogna poi guardare le polpe differenti, an-che questa è una caratteristica da va-lutare».

Grande fermentoInsomma, come per tutte le nuove

varietà c’è un grande studio alle spalle e la meticolosità di sondare tutti i det-tagli per poter fare realmente la dif-ferenza è ormai un obbligo: il merca-to è sicuramente avido di novità, ma al tempo stesso altrettanto esigente e selettivo.

Alessandro Franceschini

Cambio di approccio per il minikiwi

di Pietro Bertanza

T ra la metà e la fi ne degli anni 80 vi è stato un elevato inte-resse verso la coltivazione del babykiwi, Actinidia arguta, ma

qualcosa non è andato come doveva. Ora stiamo assistendo a un rinnovato interesse verso questa coltura che, se adeguatamente gestita, può dare soddi-sfazioni all’agricoltore. Ma vediamo co-sa è cambiato nel corso di questi anni.

Un cambio di approccio«Per produrre Actinidia arguta − ci ha

spiegato l’agronomo Ferdinando Cos-sio − e trarre un valido reddito è ne-

cessario non incorrere negli errori che sono stati fatti 30 anni fa, ovvero trat-tare il babykiwi come un “normale” kiwi. Sembra strano, ma per riuscire a coltivare in maniera ottimale l’argu-ta è necessario trattarla come un ber-ry alla stregua di fragole, lamponi e mirtilli. Basti pensare che gli svantag-gi − ha continuato Cossio − di coltiva-re un babykiwi per un actinidicoltore diventano vantaggi per un produttore di piccoli frutti, infatti l’Actinida arguta risulta, in primis, più facilmente gesti-bile in campo e conservabile rispetto a fragole, lamponi, mirtilli.

E solo di recente, dopo il 2012, in par-te anche a causa dei problemi con il cancro batterico dell’actinidia e la di-

saffezione verso altre frutticole, in par-ticolare il pesco, si è riscontrato un ri-sveglio di interesse verso i babykiwi.

Attualmente ci sono varie piccole iniziative di sviluppo − ha continuato Cossio −, frammentarie sul territorio nazionale, sia da parte di vecchi pro-

● INTERVISTA A FERDINANDO COSSIO

I principali coltivatori di kiwiberry in Italia ● Sant’Orsola Coop (Trento)

● Ortofruit Italia (Cuneo)

● Agricoltori privati nell’area di Verona

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duttori, come la cooperativa di S. Or-sola di Pergine Valsugana (Trento), sia da parte di alcuni nuovi agricoltori. Tra questi merita di essere evidenziata la cooperativa Ortofruit Italia di Saluzzo (Cuneo), che recentemente ha piantato circa 80 ettari di Nergi e sta riscuoten-do risultati promettenti».

Le varietà principali In Italia si stimano attualmente cir-

ca 100 ettari coltivati con Actinida argu-ta principalmente dislocati nelle aree del Nord del Paese (Trentino, Veneto e Piemonte in particolare). «Molta atten-zione deve essere dedicata alla scel-ta varietale − ha spiegato Cossio − in quanto ogni varietà si adatta in ma-niera abbastanza diversifi cata ai vari ambienti di coltivazione.

Tra le varietà più indicate per i terri-tori nazionali possiamo ricordare Ge-neva, Weiki, Orsola, Ananasnaya, per quanto riguarda le varietà verdi. Inve-ce tra le rosse si possono citare Ken’s

Red e Weiki purpurea − ha evidenzia-to Cossio.

Per quanto riguarda le varietà gesti-te con la formula del club va ricordato per l’Italia Nergi, marchio di proprietà di Sofruileg e gestito in esclusiva dalla piemontese Ortofruit Italia.

Grazie alle varietà presenti attual-mente, il calendario di maturazione − ha evidenziato Cossio − va da metà-fi ne agosto sino ai primi di ottobre».

La gestione agronomica«Per quanto riguarda la gestione agro-

nomica − ha continuato Cossio − questa specie non richiede particolari inter-venti se non le classiche concimazio-ni e irrigazione nel periodo estivo. Dal punto di vista fi tosanitario, a oggi non si sono riscontrate particolari proble-matiche se non qualche attacco da par-te di acari in prossimità della raccolta.

Per la forma di allevamento attual-mente si consiglia la pergoletta doppia con un sesto di impianto di 4,5 × 2 m, ma

sono allo studio anche forme a spalliera. Aspetto che deve essere tenuto in

debita considerazione al momento dell’impianto è quello dell’asfi ssia ra-dicale, per questo si consiglia di effet-tuare una lavorazione con baulatura del frutteto».

L’obiettivo al quale puntare

Se dovessimo pensare a un obietti-vo a cui puntare − ha specifi cato Cos-sio − sicuramente sarebbe quello di ottenere frutti dai 10 ai 12 g, buccia che non si rovina (macchie necroti-che in particolare), qualità organoletti-che ottimali e una produzione di circa 20 t/ha. Dal punto di vista commercia-le, invece, l’agricoltore dovrebbe riu-scire a vendere a circa 8-10 euro/kg con un prezzo di vendita in Gdo del-la vaschetta da 125 g di circa 2 euro (22-25 euro/kg ndr)».

La questione ricerca «Oltre al rilancio della produzione

e delle attività commerciali del kiwi-berry, in Italia stiamo anche portando avanti diverse ricerche per il migliora-mento varietale.

Quindi possiamo prevedere un ruo-lo importante dell’Italia nei prossimi anni a livello europeo sia per la com-mercializzazione del frutto sia per la nascita di nuove varietà» ha conclu-so Cossio.

Pietro Bertanza

Per commenti all’articolo, chiarimenti o suggerimenti scrivi a:[email protected]

Sono molte le varietà disponibili di babykiwi, resta fondamentale testarle in campo.

Geneva Ken’sRed Orsola

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è rappresentato dalla scotta (ciò che residua dal siero dopo la produzio-ne della ricotta), meno ricca di grassi (0,07%) e proteine (0,4%) rispetto al sie-ro, per la quale è ipotizzabile un even-tuale reimpiego come integrazione ali-mentare, in particolare come surrogato dell’acqua di abbeverata. La stima dei consumi di acqua della vacca in latta-zione si aggira mediamente intorno a 80 L/capo al giorno e dipende da molti fattori, tra cui principalmente la tem-peratura ambiente, la quantità di latte prodotto e la sostanza secca ingerita (Meyer et al., 2004; Kramer et al., 2008; Kume et al., 2010).

Quanto valgono le proteine del siero

Il valore biologico delle proteine del siero e della scotta è superiore a quel-lo delle proteine dell’uovo, della soia e della caseina. Il loro contenuto di ami-

noacidi essenziali a catena ramifi cata (isoleucina, leucina e valina), con fun-zione di regolatori del metabolismo, è più elevato di quello di altre proteine. Le proteine del siero rappresentano una fonte ricca e bilanciata di amino-acidi solforati (metionina, cisteina). Il glutatione, la cui importanza come an-tiossidante intracellulare è nota, con-tiene cisteina (Smithers, 2008). Inoltre il siero e la scotta contengono anche peptidi bioattivi (Chianese et al., 1997; Caroli et al., 2011), che conferiscono un ulteriore valore aggiunto.

Emerge, quindi, che le caratteristi-che nutrizionali del siero vanno anche oltre il contenuto dei principali com-ponenti e gli effetti dei componenti minori sulla salute degli animali e sui prodotti sono poco noti.

Siero nell’alimentazione animale: i vantaggi...

L’impiego del siero/scotta presenta dei vantaggi in materia di sostenibi-lità e incremento dell’effi cienza eco-nomica.

In sintesi i vantaggi: ● riduzione dei costi di alimentazio-

ne (circa il 60% dei costi dell’azienda zootecnica);

● risparmio idrico in caso di sostitu-zione dell’acqua di abbeverata con sie-ro/scotta;

● riduzione dei costi fi ssi di smalti-mento/conferimento dei refl ui del ca-seifi cio;

● aumento dell’effi cienza dell’azienda (un’azienda è effi ciente quando utilizza al meglio le risorse disponibili).

Utilizzo di siero e scottanell’alimentazione dei vitelli

di S. Di Giovanni, D.M. Zilio, P. De Santis, B.M. Varcasia,

C. Tripaldi

C i sono molte valide ragioni , al di là degli aspetti legisla-tivi (vedi riquadro pubblicato online all’indirizzo riportato

a fi ne articolo) per trasformare il siero da refl uo con elevato carico inquinan-te a sottoprodotto da poter utilizzare nell’alimentazione degli animali, in particolare dei ruminanti.

L’uso del siero è una pratica nota da tempo e trova la sua massima espres-sione nei grandi allevamenti suini del-la Pianura Padana annessi ai caseifi ci. Per i ruminanti l’utilizzo del siero li-quido non risulta essere molto diffuso. Tale pratica riguarda prevalentemente i giovani animali, in particolare come sostitutivo del latte materno o come integrazione dei mangimi di svezza-mento e accrescimento, in forma di solito disidratata. Per i vitelloni e i bo-vini adulti l’analisi della bibliografi a disponibile riferisce di alcune prove dove il siero tal quale è stato testato sia in miscelata con la razione sia in sostituzione dell’acqua di abbeverata, con risultati interessanti, anche se da valutare caso per caso in funzione del-la realtà operativa in cui si interviene (Anderson et al., 1975; ZoBell e Burrel, 2002; ZoBell et al., 2004; Ben Salem e Fraj, 2007).

Sulla base di dati bibliografi ci deri-vanti da diversi lavori, si può afferma-re che il siero presenta una compo-sizione chimica variabile, tuttavia in media risulta contenere circa il 7% di sostanza secca ed essere ricco di lat-tosio, 4-5%, in quantità paragonabili a quelle del latte. Inoltre, contiene circa l’1% di sostanze azotate, 0,5% di gras-si ed è anche una fonte di minerali e vitamine. Il suo valore nutritivo è pari a circa 0,09 ufl /kg. La digeribilità della sostanza secca del siero nei ruminan-ti è molto elevata e arriva fi no all’87%, quando il siero costituisce il 30% degli alimenti ingeriti (Anderson et al., 1975).

Un ulteriore residuo del caseifi cio

● PROVE DI ACIDIFICAZIONE E SOMMINISTRAZIONE DI DUE SOTTOPRODOTTI DEI CASEIFICI

I sottoprodotti dei caseifi ci possono essere impiegati nell’alimentazione dei vitelli da carne in sostituzione del latte materno o durante lo svezzamento e accrescimento. Il pH di questi prodotti infl uenza la loro conservabilità: con temperature non superiori a 45 °C e inoculando con Lactobacillus helveticus si ottiene una buona acidifi cazione

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