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Alma Mater Studiorum · Università di Bologna

FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI

Corso di Laurea Triennale in Fisica

IL PARADOSSO EPR

E

IL TEOREMA DI BELL

Relatore:Prof.FRANCESCO RAVANINI

Presentata da:TRONG NHAN NGUYEN

II Sessione

Anno Accademico 2009/10

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Indice

Introduzione 1

1 Il Paradosso di Einstein-Podolsky-Rosen 4

1.1 Entanglement . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51.2 Completezza, Realismo e Località . . . . . . . . . . . . . . . . 61.3 Formulazione del Paradosso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

1.3.1 Il Paradosso secondo Bohm - Aharonov . . . . . . . . 12

2 Il Teorema di Bell 14

2.1 Disuguaglianze di Bell . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 152.1.1 Le Disuguaglianze secondo CHSH . . . . . . . . . . . . 192.1.2 Un Esperimento Mentale . . . . . . . . . . . . . . . . . 21

2.2 L'esperimento di Alain Aspect . . . . . . . . . . . . . . . . . . 252.3 Il Teorema di Non-Comunicazione . . . . . . . . . . . . . . . 28

3 Le Interpretazioni della Meccanica Quantistica 31

Bibliogra�a 35

Ringraziamenti 37

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Introduzione

Verso la �ne del XIX◦ secolo, i �sici di tutto il mondo credevano di esserepressapoco giunti al compimento della conoscenza scienti�ca, con la �sicaclassica.

Agli albori del XX◦ secolo, scoprirono che non era così. La risoluzionedel problema dello spettro di corpo nero (Planck), la scoperta dell'e�ettofotoelettrico (Einstein) e la costruzione di un modello atomico consistente(Bohr) gettarono le fondamenta per la formulazione di una nuova teoria chemirava a spiegare ciò che avviene nel mondo microscopico delle particelle.Nel biennio 1925-26, Schrödinger e Heisenberg svilupparono rispettivamentee in separata sede la meccanica ondulatoria e la meccanica delle matrici, dueelaborazioni equivalenti della meccanica quantistica, la cui assiomatizzazionede�nitiva avvenne di lì a qualche anno grazie ai sostanziosi contributi diDirac, Von Neumann e Weyl.

Questa teoria mostra la duplice natura ondulatoria-corpuscolare delleparticelle elementari, conferma la presenza di livelli discreti di energia co-me ipotizzato da Planck, e conferisce un limite inferiore a quanto possiamoindagare del mondo �sico a causa del principio di indeterminazione. Ma ilcarattere più peculiare della meccanica quantistica è sicuramente l'introdu-zione della funzione d'onda ψ, soluzione dell'equazione di Schrödinger e rap-presentazione dello stato �sico di un sistema quantistico di cui è la completadescrizione.

Matematicamente questo oggetto è espresso da un vettore, ovvero unafunzione in uno spazio di Hilbert separabile. Ma sull'interpretazione di co-sa ciò signi�chi al di fuori dell'astrazione geometrica, è tutt'oggi oggettodi dibattito. Esiste una formulazione standard, assiomatizzata e insegnatacomunemente in tutte le università del mondo e conosciuta come Interpre-

tazione di Copenaghen, che attribuisce alla funzione d'onda una natura pro-babilistica, insondabile e aleatoria �no all'atto della misurazione, causa delcollasso in uno e uno solo stato.

Le a�ermazioni probabilistiche della meccanica quantistica diventanoquindi irriducibili e non da ricondurre ad una nostra mancata conoscenzadi qualche variabile nascosta.Da sempre fautore di un vivo determinismo [6], Albert Einstein non era di questo avviso; ritenendo la meccanica quantisti-

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ca una teoria incompleta poiché avrebbe comportato una �azione istantaneaa distanza�, pubblicò nel 1935 insieme ai colleghi Boris Podolsky e NathanRosen l'articolo: �Can Quantum-Mechanical Description of Physical Reality

Be Considered Complete?� [3] in cui con un esperimento ideale espone ciòche ai posteri diverrà noto come il paradosso EPR, evidenziando come lateoria dei quanti violerebbe il principio di località.

Si dovranno aspettare 30 anni quando, nel 1965, il �sico irlandese JohnBell dimostrerà un teorema [1] per cui nessuna teoria �sica a variabili na-scoste locali può riprodurre le predizioni della meccanica quantistica. Lediseguaglianze di Bell, diretta conseguenza del teorema omonimo, permet-teranno per la prima volta veri�che sperimentali dell'e�ettiva non-localitàquantistica.

Varie furono le esperienze che portarono alla dimostrazione della vìolazio-ne delle diseguaglianze di Bell, ma ci si limiterà a riproporre l'esperimentoforse più celebre e decisivo di questo scontro di pensiero, quello di AlainAspect.

Tra i formalismi alternativi più famosi ricordiamo principalmente l'e-sotica Interpretazione a Molti Mondi di Everett, la deterministica Teoria

dell'Onda Pilota di De Broglie-Bohm, e altre minori.

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Capitolo 1

Il Paradosso di

Einstein-Podolsky-Rosen

Nel volume 47 del Physical Review, datato 1935, appare un articolo aopera di Einstein, Podolsky e Rosen (in seguito EPR) [3] che contesta lacompletezza del formalismo quantistico come valutato dall'Interpretazionedi Copenaghen. Il paradosso EPR che emerge dall'elaborato è un esperi-mento mentale che dimostra come una misura eseguita su una parte di unsistema quantistico possa propagare istantaneamente un e�etto sul risultatodi un'altra misura, compiuta successivamente su un'altra parte dello stessosistema quantistico, qualsivoglia sia la distanza separante le due parti.

EPR sostengono che in una teoria che voglia de�nirsi completa, dev'esser-vi un elemento in corrispondenza a ciascun elemento della realtà. Condizionesu�ciente per la realtà di una grandezza �sica è la possibilità di preveder-la con certezza senza perturbare in alcun modo il sistema. In meccanicaquantistica, quando si hanno due grandezze �siche espresse da due operatoriche non commutano, la conoscenza dell'una preclude la conoscenza dell'al-tra; in particolare, più precisione si richiede da una misura, più imprecisasarà l'altra a meno che essa non sia espressa da un operatore commutantecol primo. E' il processo di misura stesso che va ad alterare l'esattezza delsecondo valore. Questo altro non è che il Principio di Indeterminazione diHeisenberg, che in altre parole a�erma come sia impossibile avere valori pre-vedibili di due grandezze �siche, se a queste corrispondono due operatori chenon commutano tra di loro. Dunque,

• o è incompleta la descrizione della realtà fornita dalla meccanica quan-tistica;

• o queste due grandezze non possono essere simultaneamente reali.

E' facile mostrare che una delle due a�ermazioni deve essere per forza vera,poiché non sono ammesse altre soluzioni disponibili. Infatti, se entrambe

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risultassero false (cioè, la meccanica quantistica è una teoria completa, e legrandezze �siche corrispondenti a due operatori A e B commutanti hannorealtà simultanea) cadremmo in un assurdo poiché verrebbe vìolato il prini-cipio di indeterminazione. Da ciò se ne deduce che le due espressioni logichesono complementari: se si assume vera la prima, risulta falsa la seconda eviceversa. EPR crea il paradosso ipotizzando la completezza della funzioned'onda e allo stesso tempo deducendo la realtà �sica di due grandezze i cuirispettivi operatori non commutano. Come già detto, si cade in assurdo.Ne consegue che al momento attuale la descrizione della realtà fornita dauna funzione d'onda non è completa, ed esistono variabili nascoste locali cheandrebbero a ri�nire questa nostra conoscenza parziale.

Il paradosso si avvale di un fenomeno predetto dalla meccanica quanti-stica e conosciuto come entanglement quantistico, accanto all'assunzione ditre ipotesi:

• il principio di realtà;

• il principio di località;

• la completezza della meccanica quantistica.

Al �ne di risolvere il paradosso si è costretti a lasciar cadere una delle treipotesi, ma considerando le prime due ovvie, non si può che giungere allaconclusione che la meccanica quantistica sia una teoria incompleta. Ogniteoria che abbia come obbiettivo il fornire una descrizione oggettiva dellarealtà, difatti, deve sottostare alla località da cui consegue la causalità. Ma,come si avrà modo di vedere in seguito, la natura non-locale del mondo deiquanti non vìola in alcun modo la relatività.

1.1 Entanglement

L'entanglement è un fenomeno puramente quantistico, cioè privo di una con-troparte classica, in cui lo stato quantico di un insieme di due o più sistemi�sici dipende dagli stati di ciascuno dei sistemi che compongono l'insieme.Matematicamente ciò è espresso nel modo seguente:

De�nizione 1 : siano A e B due sistemi non interagenti appartenenti ai

rispettivi spazi di Hilbert HA e HB, e siano |ψ〉A e |φ〉B i due stati in cui si

trovano i nostri sistemi. Allora lo stato del sistema composto, appartenente a

HA⊗HB, sarà |ψ〉A |φ〉B. Gli stati del sistema composto che possono essere

scritti in questa maniera vengono chiamati stati separabili.Non tutti gli stati di un sistema composto sono tuttavia stati separabili;

siano {|i〉A} e {|j〉B} una base nei rispettivi spazi di Hilbert. Grazie alla

decomposizione di Schmidt, qualsiasi stato nello spazio composto può allora

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essere scritto come

|ψ〉AB =N∑i=1

ci |i〉A |i〉B

Lo stato risulta separabile se esiste un i per cui il coe�ciente 1, e tutti gli

altri cj = 0, j 6= i, cioè se e solo se lo stato è separabile

|ψ〉AB = |i〉A |i〉B

Ogni stato per cui esiste più di un ci 6= 0 viene detto stato entangled. Unostato per cui ci = 1√

N,∀i è detto maximally entangled.

Ad esempio, dati due rispettive basi {|0〉A , |1〉A} ∈ HA e {|0〉B , |1〉B} ∈ HB,uno stato entangled dello spazio composto è rappresentato da

1√2

(|0〉A |1〉B − |1〉A |0〉B)

in cui è possibile notare come sia impossibile attribuire separatamente o alsistema A o al sistema B uno stato quantico de�nito senza chiamare in causal'altro.

Esistono vari modi di realizzare uno stato entangled di due sistemi. Isottoprodotti di un decadimento di particelle, ad esempio, devono obbedirea diverse leggi di conservazione e si può avere che due di queste abbiano unacorrelazione o una anti-correlazione in spin. Si possono creare anche fotonientangled in polarizzazione come risultato dell'annichilimento di un elettronee di un positrone. Il singoletto di spin di due elettroni attorno a un nucleoatomico è uno stato entangled.

Oltre al suo uso nel paradosso, l'entanglement ha al giorno d'oggi nu-merose applicazioni nella teoria quantistica dell'informazione, come il te-letrasporto quantistico o la creazione dei computer quantistici. E' altresìpossibile, tramite l'entanglement, l'invio di due bit classici di informazionecon un unico qubit, e questo processo è chiamato codi�cazione superdensa.

1.2 Completezza, Realismo e Località

Nella considerazione del successo di una teoria �sica, oltre al potere predit-tivo che esprime la validità della stessa, EPR a�erma che ci si possa porredue domande: se la teoria sia corretta, e se la descrizione che essa forniscesia completa. Mentre la prima domanda ha risposta nel grado di previsionee di accuratezza di fenomeni sperimentali, e quindi si basa sul confronto trai risultati della teoria e l'esperienza umana, la seconda necessita di una de�-nizione di completezza; a�nché una teoria possa de�nirsi completa, ciascunelemento della realtà �sica deve avere una controparte in essa. Nè più, nèmeno.

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Il realismo, nel senso usato dai �sici, non si pone sullo stesso piano delrealismo in meta�sica, che ha la pretesa che esista in qualche senso un mon-do indipendente dalla nostra mente, un mondo a priori. Ben lungi dal voleressere una de�nizione esauriente di realtà, il realismo di EPR consiste nel-la possibilità di stabilire con certezza (ovvero con probabilità uguale a 1)il valore di una grandezza �sica senza perturbare in alcun modo il sistema.In tal caso la grandezza �sica in questione corrisponde ad un elemento direaltà. Gli elementi della realtà �sica non possono quindi essere determinatida considerazioni �loso�che a priori, ma debbono essere trovati ricorrendoai risultati di esperimenti e di misure. Tutti gli oggetti devono possedere deivalori preesistenti per ogni possibile misurazione, prima che questa misura-zione venga e�ettuata. A riguardo ad Einstein piaceva dire che la luna è

lassù anche se nessuno la sta guardando.

Con principio di località si vuole a�ermare che oggetti distanti non pos-sono avere in�uenza diretta l'uno sull'altro: un oggetto è in�uenzato diret-tamente solo dalle sue immediate vicinanze. Questo avviene a causa dell'e-sistenza di un limite superiore nella velocità di propagazione di un segnale,limite che coincide con c, velocità della luce nel vuoto. L'ultima conside-razione è diretta conseguenza della relativià ristretta; dallo spazio e tempoassoluti della relatività galileiana, in cui c era supposto in�nito e per cuiquindi due sistemi di riferimento inerziali, l'uno in moto rettilineo uniformerispetto all'altro, traslano unidimensionalmente secondo le trasformazioni:

t′ = tx′ = x+ v0ty′ = yz′ = z

si passò alla concezione di uno spazio quadridimensionale, lo spazio-tempo diMinkowski, in cui la stessa traslazione unidimensionale viene regolata dalletrasformazioni di Lorentz:

t′ = γ(t− vc2x)

x′ = γ(x− vt)y′ = yz′ = z

γ =1√

1− v2

c2

riconducibili alle classiche trasformazioni di Galileo ponendo v � c.Si noti inoltre che, mentre in uno scenario di spazio e tempo assoluti la

distanza tra due eventi separati nello spazio e nel tempo

dσ2 = dx2 + dy2 + dz2

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dt′2 = dt2

è invariante per le trasformazioni di Galileo (poiché i concetti di spazio etempo sono slegati), questo non è più vero nel caso la velocità della luceabbia una velocità �nita: attraverso le trasformazioni di Lorentz, ciò che orarisulta invariante è la distanza

dτ2 = dt2 − dx2 − dy2 − dz2

Tale modi�ca in apparenza insigni�cante cela in realtà un cambiamento pro-fondo nella natura della metrica spazio-temporale, che passa da quella eucli-dea ad una non euclidea in cui la norma dei vettori non è più necessariamentede�nita positiva.

Figura 1.1: Diagramma spazio-temporale in tre dimensioni

Un modo pratico per visualizzare la geometria dello spazio-tempo comeemerge dalle trasformazioni di Lorentz, e ricondursi quindi al concetto dilocalità, è quello di ricorrere ai diagrammi spazio-temporali. Non essendotuttavia intuitiva l'immaginazione di iperconi e iperpiani quadridimensionali,si riducano di uno le dimensioni spaziali e si consideri il luogo dei punti percui x2 + y2 = ct2. Questo altro non è che un doppio cono retto circolare convertice nell'osservatore(o in un evento designato) e il cui asse coincide conl'asse del tempo (si veda la Fig.1.1). Il cono aperto nella direzione positivadel tempo rappresenta il possibile futuro dell'osservatore nello spazio-tempo.

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Ogni segnale che egli spedirà, ogni evento causale avrà il suo e�etto all'in-terno di questo cono, con la super�cie del cono come limite estremo nel casoil segnale si propaghi alla velocità della luce. Analogamente, ogni segnaleche può ricevere, deve necessariamente partire da una sorgente all'internodel suo cono luce inferiore. L'intervallo τ2 tra l'osservatore e un evento Qpuò quindi essere positivo, negativo o nullo a seconda che l'evento Q si troviall'interno del suo cono luce, sul suo cono luce, o all'esterno.

Il vettore può essere classi�cato quindi come segue

se τ2 > 0⇒ è di tipo tempo

se τ2 = 0⇒ è di tipo luce

se τ2 < 0⇒ è di tipo spazio

Il principio di località a�erma quindi che due eventi separati nel pre-sente, ovvero essenti l'uno al di fuori del cono luce dell'altro, non possanoin�uenzarsi causalmente se non in un futuro in cui i due rispettivi coni s'in-tersecheranno. E' un concetto che si richiama fortemente all'intuizione �sicadell'esperienza umana macroscopica, e EPR lo considerava ovvio.

1.3 Formulazione del Paradosso

L'articolo originale di EPR propone come grandezze �siche da analizzare ilmomento lineare e la posizione, ma tale scelta non è vincolante. Si possonoconsiderare molti altri osservabili tra loro entangled, come ad esempio lo spindelle particelle o la polarizzazione dei fotoni. Quest'ultima in particolarerisulta più semplice da preparare sperimentalmente e viene ed è stata perquesto impiegata nella gran parte delle esperienze a riguardo.

Si prenda una particella con un solo grado di libertà, in uno spazio quindiunidimensionale. Il concetto fondamentale della teoria è quello di stato, chesi suppone completamente caratterizzato dalla funzione d'onda ψ, la qualeè una funzione delle variabili scelte per descrivere il comportamento dellaparticella. In corrispondenza ad ogni grandezza A �sicamente osservabile, viè un operatore, che può essere indicato con la stessa lettera.

Se ψ è autofunzione dell'operatore A, ovvero se:

Aψ = aψ (1.1)

allora la grandezza �sicaA possiede con certezza il valore numerico a ogni vol-ta che la particella è descritta da ψ. In accordo con il principio di realtà, esi-ste quindi per questa particella un elemento della realtà �sica corrispondentealla grandezza A.

Si prenda ora, per esempio,

ψ = ei~p0x (1.2)

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dove p0 è un numero costante e x la variabile indipendente. Consideratol'operatore corrispondente al momento lineare di una particella

p = −i~ ∂

∂x(1.3)

si ottiene

pψ = −i~∂ψ∂x

= p0ψ (1.4)

e quindi, nello stato dato dall'equazione 1.2, il momento assume il valore p0

con certezza. Il momento della particella ha di conseguenza realtà �sica.Se invece non valesse l'equazione 1.1, non si può più parlare della gran-

dezza A come se avesse un valore de�nito. In questo caso accade per laposizione della particella, a cui è associato l'operatore di moltiplicazione x,e per cui:

xψ = xψ 6= aψ (1.5)

Secondo la meccanica quantistica si può assumere solo che la probabilitàrelativa che una misura della posizione fornisca un valore compreso fra a e bsia:

P (a, b) =∫ b

aψ∗ψdx =

∫ b

adx = b− a (1.6)

Come si può notare, la probabilità non dipende solamente da a, ma dal-la di�erenza b− a: tutti i valori della posizione hanno la stessa probabilità.Non è possibile dunque predire con certezza la posizione della particella nellostato 1.2, ma è necessario attuare una misura diretta. Misura che, secondola teoria della meccanica quantistica, in�uenza lo stato della particella po-nendolo in un autostato della posizione (e non più del momento, causandoquindi indeterminazione su di esso). Si può quindi a�ermare che quando ilmomento di una particella è noto, la sua posizione non possiede realtà �sica.

Siano ora dati due sistemi I e II, di cui siano noti i rispettivi stati primadell'istante iniziale, che interagiscono per un certo intervallo di tempo dopoil quale non vi è più alcuna interazione. Il sistema composto I + II è oraentangled, e sia de�nito dalla funzione d'onda Ψ, calcolabile tramite l'equa-zione di Schrödinger in ogni istante di tempo successivo all'interazione. Aquesto punto tuttavia non è più possibile ricavare lo stato di I o di II.

Si prenda in considerazione la grandezza �sica A, relativa al sistema I,che avrà autovalori a1, a2, a3, ... e autofunzioni u1(x1), u2(x2), u3(x3), ... Lafunzione d'onda Ψ dopo l'interazione potrà essere quindi scritta come:

Ψ(x1, x2) =∞∑n=0

ψn(x2)un(x1) (1.7)

Si voglia ora misurare A, e si supponga che assuma il valore ak. Inmeccanica quantistica solitamente, dopo una misura, lo stato del sistema

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viene proiettato tramite un operatore di proiezione sull'autospazio relativoall'autovalore trovato. Quindi il sistema I viene proiettato nello stato uk(x1),mentre il sistema II si deduce venga proiettato nello stato ψk(x2), e si otterràdi conseguenza:

Ψ(x1, x2) = ψk(x2)uk(x1) (1.8)

La deduzione è lecita poiché la funzione d'onda del sistema composto puòessere espressa come prodotto delle funzioni d'onda dei singoli sottosistemise questi sono indipendenti.

Considerando invece un'altra grandezza B, sempre relativa al sistemaI, con autovalori b1, b2, b3, ... e autofunzioni v1(x1), v2(x2), v3(x3), ..., si puòscrivere analogamente a 1.7:

Ψ(x1, x2) =∞∑m=0

ϕm(x2)um(x1) (1.9)

E ancora, assumendo bj il valore misurato della grandezza B, si ha che

Ψ(x1, x2) = ϕj(x2)vj(x1) (1.10)

Con le medesime considerazioni attuate in precedenza per la grandezza A el'autovalore aj .

Se ne conclude quindi che, tramite un processo di misurazione sul sistemaI, sia possibile lasciare il sistema II in due stati con funzioni d'onda diverse:ψk e ϕj , appartenenti alla stessa realtà. D'altra parte, poiché all'istante dellamisura i due sistemi non interagiscono più, il secondo sistema non può subirealcuna modi�cazione reale in conseguenza di operazioni e�ettuate sul primosistema.

Per lo scopo pre�ssato è interessante valutare il caso in cui ψk e ϕjsiano autofunzioni di due operatori che non commutano, come ad esempio ilmomento lineare e la posizione.

Siano i due sistemi due particelle, e che la funzione d'onda Ψ del sistemacomposto sia:

Ψ(x1, x2) =∫ +∞

−∞e

i~ (x1−x2+x0)pdp (1.11)

dove x0 è una costante. Sia P1 il momento della prima particella: come vistoin precedenza, la sua autofunzione sarà:

up(x1) = ei~px1 (1.12)

corrispondente all'autovalore p. Considerando che il momento ha uno spettrocontinuo, l'espansione in 1.7 diventa

Ψ(x1, x2) =∫ +∞

−∞ψp(x2)up(x1)dp (1.13)

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doveψp(x2) = e

i~ (x0−x2)p (1.14)

è l'autofunzione dell'operatore P2 associato al momento della seconda parti-cella, corrispondente all'autovalore −p.

Si analizzi ora l'altra grandezza �sica, la posizione X1 della prima parti-cella, la cui autofunzione, che corrisponde all'autovalore x, è

vx(x1) = δ(x1 − x). (1.15)

In tal caso l'equazione 1.9 risulta

Ψ(x1, x2) =∫ +∞

−∞ϕx(x2)vx(x1)dx (1.16)

dove

ϕx(x2) =∫ +∞

−∞e

i~ (x−x2+x0)pdp = 2π~δ(x− x2 − x0) (1.17)

autofunzione dell'operatore associato alla posizione della seconda particellacon autovalore x+ x0.

E' immediato mostrare che gli operatori P e X non commutano. Ed è quiche sorge il paradosso. Misurando o il momento o la posizione del primo siste-ma, si è in grado di prevedere con certezza, e senza in alcun modo perturbareil secondo sistema, o il valore della grandezza P o il valore della grandezzaX che questa ha. Secondo il principio di realtà prima enunciato, entrambele quantità sono quindi elementi di realtà. Ma non solo! Esse appartengonoalla stessa realtà, sebbene i rispettivi operatori non commutino. Riprenden-do ora le a�ermazioni considerate a inizio capitolo, si è appena dimostratoche l'a�ermazione sull'impossibilità che due grandezze non compatibili sianosimultaneamente reali è falsa.

Dunque, a EPR non rimase che assumere che la meccanica quantisticasia una teoria incompleta.

1.3.1 Il Paradosso secondo Bohm - Aharonov

Nel 1957 David Bohm e Yakir Aharonov proposero una variante del para-dosso EPR [4] , in cui la derivazione di fondo rimane la stessa e cambianoinvece i sistemi e le grandezze �siche in gioco. Bohm e Aharonov analizzanoun sistema quantistico dal punto di vista delle sue variabili di spin. Questoapproccio non solo è più snello matematicamente, ma è anche più accessibilea livello sperimentale.

Si consideri una molecola biatomica con spin totale nullo, i cui atomi U eV sono i due sistemi presi in considerazione. Ognuno di loro avrà quindi spin

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12 . La funzione d'onda del sistema composto è data dallo stato di singolettodi spin, cioè da

|ψ〉 =1√2{|+〉Uz |−〉

Vz − |−〉

Uz |+〉

Vz } (1.18)

dove per |±〉Uz e |±〉Vz si intende rispettivamente lo stato della prima e dellaseconda particella con spin ±~

2 nella direzione lungo l'asse z.Si ripeta il procedimento EPR; si allontanino i due atomi con un me-

todo che non modi�chi lo spin totale, e si considerino i singoli sistemi cosìentangled una volta che si trovino ad una distanza tale da non poter l'unopiù interagire con l'altro. Detto questo istante t0, è evidente come, poiché lospin totale deve rimanere zero, se si compie la misura su uno dei due atomi,immediatamente si verrà a conoscenza dello spin dell'altro atomo, che saràopposto.

In Meccanica Quantistica si ricorda inoltre che una sola componente allavolta dello spin di ciascun atomo può avere un valore ben de�nito. La misuradello spin lungo un asse, genera l'indeterminazione sulle altre, rendendole difatto scorrelate. La chiave della risoluzione di Bohm - Aharonov sarà quindiproprio nel considerare due assi di orientazione dello spin, per cui, comeappena detto, gli operatori corrispondenti non commutano tra di loro.

Non ci si intende so�ermare in questa sede sulla dimostrazione del para-dosso da parte di Bohm - Aharonov, in quanto, a parte l'utilizzo della formamatriciale, i passaggi e le conclusioni sono esattamente le stesse.

Riepilogando con altre parole, quando viene formato uno stato entan-gled di due particelle, o queste sono create con spin opposti ma decisamentede�niti lungo tutti gli assi, o sono legate in un modo per cui ognuna cono-sce lungo quale asse è stata misurata l'altra, e si pone di conseguenza nellostato opposto lungo quell'asse (a�nché ogni particella non porti più infor-mazioni ricavate da osservabili non compatibili). Dato che dalla secondaopzione conseguirebbe la vìolazione del principio di località, per risolvere ilparadosso a EPR non rimase che assumere che ogni particella abbia in sédegli stati predeterminati, e che la conoscenza totale di essi è derivata dallaconoscenza delle variabili nascoste locali che esulano dalla funzione d'onda.Ergo, la meccanica quantistica, nonostante il successo in numerosi scenarisperimentali e l'eccezionale potere predittivo, è una teoria incompleta.

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Capitolo 2

Il Teorema di Bell

Alla �ne del precedente capitolo si è visto come EPR giunse alla conclu-sione che la teoria della meccanica quantistica sia una teoria incompleta. Ciòportò, negli anni che seguirono, ad un vivo dibattito tra i fautori del deter-minismo, convinti della possibilità di dover ampliare il bagaglio quantisticoin una teoria a variabili nascoste locali, e coloro che invece sostenevano l'in-determinismo minando la concezione del paradosso proprio perché secondoloro erano i presupposti ad essere errati.

Ci furono vari e numerosi tentativi da ambo le parti di conciliare que-sto divario con teorie alternative, ma ci fu bisogno di attendere il 1964,quando il �sico irlandese John Stewart Bell pubblicò l'articolo �On the

Einstein-Podolsky-Rosen Paradox�, in cui fornì un elegante soluzione veri-�cabile sperimentalmente atta ad assodare la natura più o meno correttadelle a�ermazioni di EPR.

Il teorema di Bell, nella sua forma più semplice, a�erma:

Nessuna teoria �sica a variabili locali nascoste può riprodurre le

predizioni della meccanica quantistica.

In cui, con `predizioni' si intende la distribuzione probabilistica di una seriedi misure in opportune condizioni. Il paradosso EPR presume il realismolocale, ovverosia le nozioni intuitive che gli attributi delle particelle abbianovalori de�niti indipendentemente dall'atto di osservazione, e che gli e�etti�sici abbiano una velocità di propagazione �nita. Bell dimostrò che questorealismo locale impone delle restrizioni su certi fenomeni, restrizioni nonrichieste e dunque vìolate dalla meccanica quantistica.

Queste restrizioni vengono chiamate Disuguaglianze di BellEd è proprio l'esistenza di queste disuguaglianze a permettere la veri�-

ca sperimentale sulla presenza o meno di variabili nascoste, tramite misureattuate su coppie entangled di particelle. Gli esperimenti condotti �no aigiorni odierni dimostrano una palese vìolazione delle disuguaglianze di Bell;

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al di là delle dissertazioni puramente matematiche si possiede così una pro-va empirica contro il realismo locale, rivelando che alcune delle �istantaneeazioni a distanza� previste da EPR, di fatto, accadono realmente.

Nonostante quindi l'evidenza di un forte aspetto non localistico nellaNatura, ciò non implica che le leggi della relatività ristretta vengano vìolate.Difatti, grazie al teorema di non-communicazione, risulta impossibile perdue sperimentatori trasmettersi informazioni a velocità maggiore della lucetramite questi particolari e�etti quantistici.

2.1 Disuguaglianze di Bell

Nell'articolo del 1964 [2], Bell riprende la versione del paradosso secondoBohm-Aharonov. Si considerino perciò una coppia di particelle con spin 1

2 ,in un sistema formante un singoletto e in moto unidimensionale in direzioniopposte. La possibilità di misurare gli spin σ1 e σ2 lungo assi scelti daglisperimentatori è attuabile tramite magneti di Stern-Gerlach. Si suppongadi misurare lo spin lungo una direzione indicata dal versore a. Secondo leregole della meccanica quantistica, se la misura della proiezione dello spinσ1 · a fornisce il risultato +1, allora la misura di σ2 · a deve produrre −1.

Questa può parere una contraddizione interna, dato che il principio diindeterminazione della teoria sostiene che la funzione d'onda non possa de-terminare il risultato di una misurazione individuale ma solo dettare unaprobabilità che una misura dia un certo valore o un altro. Da ciò Bell decisedi introdurre delle nuove variabili, indicate generalmente con λ, che rappre-sentino alcune proprietà intrinseche ad ogni coppia di particelle e che nonsiano contemplate dalla funzione d'onda proprio perché diverse da coppia acoppia. Le famose variabili nascoste sono quindi riassunte da Bell nella suatrattazione in λ. Un'eventuale misura non può quindi non prescindere daesse; il risultato A della misura di σ1 · a è determinato dal versore a e da λ,e analogamente il risultato della misura di σ2 · b è determinato dal versore be da λ:

A(a, λ) = ±1B(b, λ) = ±1 (2.1)

In cui l'ipotesi di località risiede nel fatto che A non dipende da b e, viceversa,B non dipende da a.

Se ρ(λ) rappresenta la distribuzione di probabilità del paramentro λ,assunto ad un solo valore e continuo, il valore di aspettazione del prodottodelle due componenti σ1 · a e σ2 · b è dato da:

P (a, b) =∫ρ(λ)A(a, λ)B(b, λ)dλ (2.2)

A�nché la teoria a variabili nascoste rappresenti in e�etti un complementodella meccanica quantistica, bisogna dimostrare che essa sia coerente con

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quest'ultima, e che quindi il valore P (a, b) deve essere uguale al valore diaspettazione delle previsioni quantomeccaniche, che per lo stato di singolettorisulta essere:

〈σ1 · a σ2 · b〉 = −a · b (2.3)

Ma nel procedere della sua dissertazione, Bell scoprirà che le due espressioninon si equivalgono.

Si considerino tre versori a, b e c in direzioni a piacere. Ricordando cheσ1 e σ2, misurati lungo una stessa direzione, danno valori uguali e opposti

A(n, λ) = −B(n, λ) ∀n (2.4)

e sostituendo nella de�nizione del valore di aspettazione 2.2 per ognuna delletre combinazioni di a, b e c, si ottengono le espressioni:

P (a, b) = −∫A(a, λ)A(b, λ)ρ(λ)dλ (2.5)

P (a, c) = −∫A(a, λ)A(c, λ)ρ(λ)dλ (2.6)

P (b, c) = −∫B(b, λ)A(c, λ)ρ(λ)dλ (2.7)

E' come se si considerassero le correlazioni di misura della stessa particellatra due assi di�erenti. Il risultato di σ2 può essere ricavato di conseguenzapoiché uguale e opposto a quello misurato. Dopo questa ri�essione si puòvalutare quanto segue:

P (a, b)− P (a, c) =∫A(a, λ)A(b, λ)[A(b, λ)A(c, λ)− 1]ρ(λ)dλ (2.8)

Osservando che ∀n:−1 ≤ A(n, λ) ≤ +1, (2.9)

si ottiene la disuguaglianza

|P (a, b)− P (a, c)| ≤∫

[1−A(b, λ)A(c, λ)]ρ(λ)dλ, (2.10)

da cui, riconoscendo l'espressione di P (b, c) nel termine a secondo membro,si ricava la seguente disuguaglianza:

|P (a, b)− P (a, c)| ≤ 1 + P (b, c) (2.11)

che pone una condizione sui valori di aspettazione a variabili nascoste, cal-colati lungo le tre direzioni considerate. In generale, il membro a sinistra diquest'ultima disuguaglianza è dell'ordine di |b− c| per |b− c| piccolo, dunqueP (b, c) non può essere stazionario al valore minimo (−1 in b = c), e non

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può quindi eguagliare il risultato della meccanica quantistica. Si è appenadimostrato come l'espressione 2.2 non possa essere ricondotta alla 2.3.

Si faccia ora il procedimento inverso, cioè valutare se l'espressione dellameccanica quantistica possa ricondursi in qualche modo al valore di aspet-tazione in 2.2.

Dato che le misure e�ettuate rientreranno sempre e comunque in unmargine di errore, si faccia una serie di esperimenti e si considerino quindile medie

P (a, b) e −a · b.

Si supponga ora che ∀a, b, la di�erenza sia limitata in modulo da ε

|P (a, b) + a · b| ≤ ε (2.12)

Si mostrerà che ε non può essere reso piccolo a piacere.Si ipotizzi anche che ∀a, b sia pure

|a · b− a · b| ≤ δ (2.13)

Allora|P (a, b) + a · b| ≤ ε+ δ (2.14)

A questo punto la 2.2 diventa

P (a, b) =∫ρ(λ)A(a, λ)B(b, λ)dλ (2.15)

dove|A(a, λ)| ≤ 1 e |B(b, λ)| ≤ 1 (2.16)

Se ora a = b, si ottiene∫ρ(λ)[A(b, λ)B(b, λ) + 1]dλ ≤ ε+ δ (2.17)

e di conseguenza

P (a, b)− P (a, c) =∫ρ(λ)A(a, λ)B(b, λ)[1 +A(b, λ)B(c, λ)]dλ−

−∫ρ(λ)A(a, λ)B(c, λ)[1 +A(b, λ)B(b, λ)]dλ

Sfruttando le due condizioni 2.16

|P (a, b)− P (a, c)| ≤∫ρ(λ)[1 +A(b, λ)B(c, λ)]dλ+ (2.18)

+∫ρ(λ)[1 +A(b, λ)B(b, λ)]dλ.

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E quindi, dalla 2.15 e 2.17

|P (a, b)− P (a, c)| ≤ 1 + P (b, c) + ε+ δ. (2.19)

In�ne, utilizzando la disuguaglianza 2.10

|a · c− a · b| − 2(ε+ δ) ≤ 1− b · c+ 2(ε+ δ) (2.20)

cioè|a · c− a · b|+ b · c− 1 ≤ 4(ε+ δ) (2.21)

Si prenda ad esempio a · c = 0 e a · b = b · c = 1√2; sostituendo nell'ultima

espressione, essa diventa quindi

4(ε+ δ) ≥√

2− 1 (2.22)

Da qui se ne conclude che per valori �niti e piccoli di δ, ε non può esserearbitrariamente piccolo. Così il valore medio quantistico non può esserericondotto a 2.2 in modo né accuratamente né arbitrariamente vicino. Ledue teorie non sono quindi tra loro compatibili.

Alla luce di questi fatti, può essere quindi ragionevole asserire che un'e-ventuale teoria a variabili nascoste che vuole in qualche modo essere compa-tibile con l'interpretazione della meccanica quantistica �nora adottata, deveessere necessariamente non locale (poiché la meccanica quantistica vìola lediseguaglianze di Bell così come la vìolano due funzioni come A(n1, n2, λ) eB(n1, n2, λ), cioè con funzioni che dipendono anche dall'asse di misura del-l'altro componente al primo correlato), ovvero tale da permettere che ognimisurazione e�ettuata su un sistema in�uenzi le misurazioni e�ettuate sualtri sistemi comunque distanti.

Ciò che è stato esposto �nora non va comunque contro l'ideazione diuna teoria realistica a variabili nascoste; Bell dimostra semplicemente cheeventuali variabili nascoste locali sono in contraddizione con le previsioniquantistiche (sperimentalmente corrette), e quindi non possono essere con-siderate come il completamento della teoria quantomeccanica. Le opzionia questo punto sono due: accettare la meccanica quantistica per come è, oformulare una nuova teoria a variabili nascoste non locali che sia comunquecoerente con i risultati ottenuti grazie alla prima, nonché avente riscontro emaggior potere predittivo a livello sperimentale.

Il punto cruciale rimane comunque questo nuovo sguardo alla Natura checi circonda, che per la prima volta si mostra palesemente non locale. Siè così costretti a rinunciare al principio di località così intuitivo e così �inscala umana�, e accettare che il mondo dei quanti si erge al di sopra di ogniprospettiva convenzionale.

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2.1.1 Le Disuguaglianze secondo CHSH

I �sici John Clauser, Michael Horne, Abner Shimony e Richard Holt(dallecui iniziali dei cognomi proviene la sigla CHSH) attuano una rivisitazionedelle disuguaglianze di Bell che rendono nota alla comunità scienti�ca inun articolo datato 1969 [10] . Essi generalizzano le disuguaglianze di Bell inmodo da poterle veri�care in esperimenti realizzabili. La riformulazione delledisuguaglianze è basata difatti su una combinazione di quattro coe�cientidi correlazione di polarizzazione misurati in quattro diverse orientazioni deipolarizzatori.

Consideriamo un ensemble di coppie correlate di particelle che si muo-vono in due direzioni opposte in modo tale che una entri nell'apparato Ia el'altra nell'apparato IIb, in ciascuno dei quali una particella ha la possibilitàdi selezionare uno di due canali identi�cati con ±1. I risultati di tali raccoltesono rappresentati da due funzioni A(a, λ) e B(b, λ), dove λ sono le variabilinascoste che contengono l'informazione grazie alla quale abbiamo la correla-zione tra risultati, mentre a e b sono i parametri variabili dei due apparatidi misurazione.

De�niamo la funzione di correlazione come

E(a, b) =∫

Γρ(λ)A(a, λ)B(b, λ)dλ (2.23)

dove Γ è lo spazio totale delle variabili nascoste λ.Utilizzando la de�nizione 2.23, si ha

|E(a, b)− E(a, c)| ≤∫

Γρ(λ)|A(a, λ)B(b, λ)−A(a, λ)B(c, λ)|dλ =

=∫

Γρ(λ)|A(a, λ)B(b, λ)|[1−B(b, λ)B(c, λ)]dλ =

=∫

Γρ(λ)[1−B(b, λ)B(c, λ)]dλ =

= 1−∫

Γρ(λ)B(b, λ)B(c, λ)dλ. (2.24)

Supponiamo che per qualche parametro b′ abbiamo E(b′, b) = 1 − δ,dove 0 ≤ δ ≤ 1. Ipotizziamo inoltre δ → 0, che costituisce il caso speri-mentalmente più interessante. Ora, se dividiamo la regione Γ in due partiΓ± = {λ|A(b′, λ) = ±B(b, λ)}, abbiamo

∫Γ−ρ(λ)dλ = 1

2δ. Pertanto∫Γ ρ(λ)B(b, λ)B(c, λ)dλ =

=∫

Γ ρ(λ)A(b′, λ)B(c, λ)dλ− 2∫

Γ−ρ(λ)A(b′, λ)B(c, λ)dλ ≥

≥ E(b′, c)− 2∫

Γ−ρ(λ)|A(b′, λ)B(c, λ)|dλ = E(b′, c)′δ =

= E(b′, c) + E(b′, b)− 1 (2.25)

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e quindi|E(a, b)− E(a, c)| ≤ 2− E(b′, b)− E(b′, c). (2.26)

Sperimentalmente l'apparato di misurazione potrebbe essere costruitoda un �ltro seguito da un rilevatore e quindi i valori ±1 corrispondono allarilevazione o alla non-rilevazione delle particelle, in questo modo possiamoveri�care la disuguaglianza 2.26 applicandola direttamente ad esperimenti diconteggio.

Se utilizziamo dei fotoni però questa modalità non porta ad una vera epropria veri�ca della 2.26 perché i fotomoltiplicatori hanno un'e�cienza piùpiccola. Possiamo dunque interpretare A(a, λ) = ±1 e B(b, λ) = ±1 comel'uscita o la non-uscita dei fotoni dai rispettivi �ltri, che potrebbero esseredei polarizzatori lineari.

Introduciamo a questo punto un ulteriore parametro, indicato con∞, cherappresenta la rimozione dell'apparato di misurazione: chiaramente avremoA(∞) e B(∞) uguali a +1.Facciamo poi un'altra ipotesi secondo la quale se una coppia di fotoni emergedai due polarizzatori Ia e IIb la probabilità della loro rilevazione congiunta èindipendente dai paramentri a e b. Così se il �usso di fotoni all'interno deidue polarizzatori è costante e indipendente da a e b, allora il conteggio di coin-cidenze R(a, b) è proporzionale a w(A(a)+, B(b)+), dove w(A(a)±, B(b)±) èla probabilità che A(a) = ±1 e B(b) = ±1.Ponendo

R0 = R(∞,∞) R1(a) = R(a,∞) R2(b) = R(∞, b)

e utilizzando le formule

E(a, b) = w(A(a)+, B(b)−) + w(A(a)−, B(b)−)−

−w(A(a)+, B(b)−)− w(A(a)−, B(b)+)

w(A(a)+, B(∞)+) = w(A(a)+, B(b)+) + w(A(a)+, B(b)−)

w(A(∞)+, B(b)+) = w(A(a)+, B(b)+) + w(A(a)−, B(b)+)

w(A(∞)+, B(∞)+) = E(a, b) + 2w(A(a)+, B(b)−) + 2w(A(a)−, B(b)+)

otteniamo

E(a, b) =4R(a, b)R0

− 2R1(a)R0

− 2R2(b)R0

+ 1 (2.27)

Supponendo in�ne che R1(a) e R2(b) siano delle costanti R1 e R2 trova-bili sperimentalmente, a questo punto siamo in grado di riscrivere la disu-guaglianza 3.24 in termini di quantità sperimentali

|R(a, b)−R(a, c)|+R(b′, b) +R(b′, c)−R1 −R2 ≤ 0. (2.28)

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2.1.2 Un Esperimento Mentale

Si ripropone brevemente il percorso che, attraverso il paradosso EPR, haportato Bell alle sue disuguaglianze, riproponendole in seguito in una chiaveleggermente più numerica.

Nella versione ottica dell'esperimento concettuale di Einstein, Podolsky eRosen secondo la variante di Bohm (vedi Fig.2.1), una sorgente emette coppiedi fotoni in uno stato simile a quello di singoletto per una coppia di particellea spin 1

2 . Quindi si può dire che lo stato che descrive la polarizzazione deidue fotoni è dato dal ket

|Ψ(ν1, ν2)〉 =1√2

(|x, x〉+ |y, y〉) (2.29)

dove |x〉 e |y〉 sono stati di polarizzazione lineare, mentre ν1 e ν2 sono

Figura 2.1: Variante ottica dell'esperimento mentale di EPR [5] .

le diverse frequenze dei due fotoni emessi che si propagano in due direzioniopposte. E' evidente lo stato entangled dei due fotoni, per cui non è possibileassegnare una polarizzazione ai singoli fotoni, ma bisogna valutare il sistemanel suo complesso.

Una volta che i due fotoni sono separati, si supponga di e�ettuare dellemisure di polarizzazione lineare tramite due polarizzatori ognuno seguito dadue rilevatori. Il polarizzatore I, che si prende orientato lungo la direzionea fornirà i risultati +1 o -1 a seconda che la polarizzazione del fotone siarispettivamente parallela o perpendicolare alla direzione scelta per il pola-rizzatore. Allo stesso modo agisce il polarizzatore II che si ipotizzi essereorientato lungo b.

E' noto che la meccanica quantistica prevede delle correlazioni tra lemisure e�ettuabili sui due fotoni.Per misure singole è previsto esservi un 50% di probabilità di ottenere o unoo il valore opposto di polarizzazione rispetto ad un asse stabilito.

P (a+) = P (a−) =12

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P (b+) = P (b−) =12

dove P (a±) è la probabilità di ottenere il risultato ±1 per una misura sulfotone ν1 e, analogamente, P (b±) è la probabilità di ottenere ±1 per il fotoneν2.Per misure in coincidenza invece la meccanica quantistica prevede

P (a+, b+) = P (a−, b−) =12

cos2 θab

P (a+, b−) = P (a−, b+) =12

cos2 θab

dove P (a±, b±) rappresentano le probabilità di ottenere risultati rispettiva-mente per ±1 per misure congiunte sui fotoni ν1 e ν2, mentre θab è l'angolocompreso tra le due direzioni a e b.

In questo contesto diventa molto utile la funzione di correlazione de�nitanel seguente modo

E(a, b) := P (a+, b+) + P (a−, b−)− P (a+, b−)− P (a−, b+). (2.30)

Secondo le previsioni della meccanica quantistica si arriva quindi ad ottenere:

EQM (a, b) = cos 2θab (2.31)

Secondo Einstein queste correlazioni tra le misurazioni appena descrittesu fotoni separati spazialmente possono essere spiegate in termini di proprie-tà comuni ad entrambi i membri delle coppie emesse dalla sorgente.Si prenda in considerazione, a titolo di esempio, il caso di completa correla-zione, cioè θab = 0 in modo che E(a, b) = 1. Dunque se si ottiene il valore+1 per il fotone ν1, allora sicuramente, sempre secondo le previsioni dellameccanica quantistica, anche il fotone ν2 avrà il valore +1 senza tuttaviacompiere alcuna misura su di essa. Perciò sembrerebbe d'obbligo ammette-re l'esistenza di qualche proprietà, detta variabile nascosta, che determinaquesta particolare coppia di fotoni, variabili nascoste di�erenti da coppia acoppia.

Bell, partendo da teorie che spiegherebbero la meccanica quantistica intermini di tali parametri aggiuntivi e assumendo il principio di località, ar-riva a una coppia di disuguaglianze che non sempre tuttavia corrispondonoalle previsioni della sola teoria quantistica.Si de�nisca di nuovo la funzione di correlazione E(a, b) nella maniera seguen-te:

E(a, b) =∫ρ(λ)A(a, λ)B(b, λ)dλ (2.32)

dove ρ(λ) è la distribuzione di probabilità delle variabili nascoste λ, mentreA(a, λ) e B(b, λ) sono i risultati delle misure che dipendono dall'orientazione

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dei polarizzatori e dai parametri che caratterizzano la coppia su cui si e�ettuala misura.

Viene de�nita ora un'altra quantità che risulta utile per riscrivere ledisuguaglianze di Bell in modo da poter essere applicate negli esperimenti:

s(a, a′, b, b′, λ) := A(a, λ)B(b, λ) +A(a′, λ)B(b, λ)+

+A(a′, λ)B(b′, λ)−A(a, λ)B(b′, λ) =

= A(a′, λ)[B(b, λ) +B(b′, λ)] +A(a, λ)[B(b, λ)−B(b′, λ)].

Notando che i risultati di A e B possono assumere solo i valori ±1, allorala quantità appena de�nita è pari a ±2. Se ora si integra sullo spazio del-le variabili nascoste, cioè mediando su tutti i parametri λ, si ottengono leseguenti disuguaglianze, note come disuguaglianze di BCHSH (dal nome dei�sici Bell, Clauser, Horne, Shimony e Holt):

−2 ≤∫ρ(λ)s(a, a′, b, b′, λ)dλ ≤ 2 (2.33)

dove si può porre

S(a, a′, b, b′, λ) =∫ρ(λ)s(a, a′, b, b′, λ)dλ =

= E(a, b) + E(a′, b) + E(a′, b′)− E(a, b′)

Questa è la generalizzazione delle disuguaglianze di Bell basata su unacombinazione di quattro coe�cienti di correlazione tra le misure di polarizza-zione in quattro diverse orientazioni. La 2.33 tuttavia, in alcune particolarisituazioni è in con�itto con la meccanica quantistica. Infatti, ponendo adesempio θab = θba′ = θa′b′ = π

8 e θab′ = θab + θba′ + θa′b′ , si osserva che

assegnando a E(a, b), E(a, b′), ... i loro valori quantomeccanici, si ottiene

SQM = 2√

2

quantità che vìola evidentemente il limite superiore della disuguaglianza 2.33.

Si voglia ora cercare il range in cui le disuguaglianze vengono vìolate,ovvero il massimo divario tra le previsioni della meccanica quantistica e ledisuguaglianze di Bell.Il valore estremo che SQM può assumere, si ha quando

θab = θba′ = θa′b′ = θ

Utilizzando la relazione 2.31 si ottiene allora

SQM = 3 cos 2θ − cos 6θ

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Figura 2.2: Direzioni che portano alla massima discrepanza tra ledisuguaglianze di Bell e la meccanica quantistica [5] .

Per determinare il massimo e il minimo valore assunto dalla quantitàSQM si ponga la derivata di S rispetto a θ uguale a zero, ottenendo cosìgli angoli per cui si ha il massimo con�itto tra la teoria quantistica e ledisuguaglianze di BCHSH. Quindi

dSQMdθ

= 6 sin 6θ − 6 sin 2θ = 0

che vale per (vedi Fig.2.2)

θ =π

8= 22, 5◦

θ =38π = 67, 5◦

In conclusione, si può a�ermare che il teorema di Bell mette in luce uncon�itto tra le teorie a variabili nascoste e certe previsioni quantomeccaniche,fornendo un criterio quantitativo per quanti�care gli estremi di quando si haquesto divario.

Riepilogando, le assunzioni fondamentali alla base della trattazione sonosostanzialmente tre: la presenza di variabili nascoste, il determinismo, e ilprincipio di località. Questa triade, presa così com'è, dà luogo ad un'incoe-renza se accostata al �anco della meccanica quantistica e delle sue previsioni;tuttavia le prime due ipotesi non possono essere messe in discussione in quan-to rappresentano l'ossatura stessa di questo modello, mentre la terza ipotesi,quella di località, pare così ovvia e naturale che sembrerebbe assurdo volerlanegare. Eppure, se si vuole completare la meccanica quantistica con una

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teoria a variabili nascoste, non potendo rinunciare alle prime due ipotesi, siè costretti ad andare contro l'intuizione ed elaborare una teoria non locale.Rinunciando difatto a questa condizione, la disuguaglianza cade in accordocon la meccanica quantistica.

2.2 L'esperimento di Alain Aspect

Tra i vari esperimenti compiuti al �ne di comprovare o meno la presenzadi una vìolazione da parte della Natura delle disuguaglianze di Bell, degnidi nota sono quelli progettati dal �sico Alain Aspect nel 1982 e dintorni[7]. Aspect, insieme ai suoi colleghi, cercò di creare apparati sperimentalipiù complessi in confronto a quelli usati �no ad allora, e fecero tre diversiesperimenti sfruttando però la stessa sorgente:

• l'esperimento con polarizzatori ad un canale

• l'esperimento con polarizzatori a due canali

• l'esperimento con polarizzatori variabili nel tempo

Quest'ultimo in particolare verrà considerato e analizzato in questa sede neldettaglio, poiché può essere considerato come l'esperimento più preciso ede�cace, a cui gli altri due si possono ricondurre.

Come sorgente comune a tutte e tre le apparecchiature, Aspect utilizzòl'eccitazione a due fotoni della cascata atomica del calcio

4p2(1S0)→ 4s4p(1P1)→ 4s2(1S0)

processo ad alta e�cienza e molto stabile che emette due fotoni visibili ν1 eν2 entangled in polarizzazione (vedi Fig.2.3).

L'eccitazione della cascata viene fatta con due diversi laser aventi po-larizzazioni parallele e focalizzati perpendicolarmente sul fascio atomico dicalcio. Un primo ciclo di retroazione controlla la lunghezza d'onda del laserper avere il massimo segnale di �uorescenza, un secondo ciclo invece control-la la potenza del laser per stabilizzare l'emissione di fotoni.In questo modo Aspect riuscì ad ottenere una sorgente la più stabile ed ef-�ciente possibile con una velocità di cascata di 4 × 107 coppie di fotoni alsecondo utilizzando solo 40mW per ciascun laser. Inoltre, con la dicitura �adun canale�, s'intende il porre di fronte a ciascun polarizzatore un polariz-zatore lineare che trasmette i fotoni polarizzati parallelamente agli assi delpolarizzatore stesso, bloccando invece quelli polarizzati perpendicolarmente:in tal caso viene misurato solo il valore + per ciascun fotone delle coppieemesse dalla sorgente.

Matematicamente, quindi, l'utilizzo di polarizzatori ad un solo canalepermette di determinare il solo risultato R(a+, b+) = R(a, b) poiché non si

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Figura 2.3: Eccitazione a due fotoni della cascata atomica del calcio utilizzatacome sorgente per gli esperimenti di Aspect [5] .

sa se il risultato -1 per un fotone sia dovuto e�ettivamente al fatto che lasua polarizzazione è ortogonale agli assi del polarizzatore o se è dovuto aduna scarsa e�cienza del sistema di conteggio. Si richiedono quindi raccolteausiliari di dati con uno o entrambi i polarizzatori rimossi, trovando in questomodo le seguenti quantità:

R(∞,∞) = R0 R(a+,∞) = R1(a) R(∞, b+) = R2(b)

Ed elaborando opportunamente la generalizzazione del teorema di Bell, siottiene la seguente disuguaglianza

−1 ≤ S =1R0

[R(a, b) +R(a′, b) +R(a′, b′)−R(a, b′)−R1(a′)−R2(b)] ≤ 0

(2.34)Questa lieve digressione è necessaria poiché nell'esperimento con i pola-

rizzatori variabili nel tempo si farà uso di questa disuguaglianza (per cui ilrange da vìolare è [-1,0]), anziché di quella BCHSH (con range [-2, 2]).

Come introdotto in precedenza, l'esperimento più interessante esegui-to da Aspect è quello in cui sono stati utilizzati polarizzatori a disposizionevariabile. Fondamentale è l'importanza di esperimenti di questo tipo dal mo-mento che l'assunzione del principio di località è sì ragionevole e intuitiva,ma non è prescritta da alcuna legge �sica (se non dalla relatività ristrettama, come si avrà modo di vedere, questa non verrà intaccata). Infatti sipotrebbe pensare che gli analizzatori �ssi possano essere disposti lungo lerispettive direzioni su�cientemente in anticipo da consentire loro di comuni-care mediante uno scambio di segnali con velocità minore o uguale a quella

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della luce. Se tali interazioni esistessero, non varrebbero più le disuguaglian-ze di Bell (che hanno proprio come ipotesi la non dipendenza di una misurada come è disposta l'apparecchiatura dell'altra).

Figura 2.4: Esperimento a disposizione variabile con commutatori ottici (CIe CII), ognuno seguito da due polarizzatori orientati in due diverse direzioni[5] .

Nell'apparato sperimentale utilizzato e mostrato in �gura 2.4, ciascun po-larizzatore è sostituio da un'apparecchiatura composta da un dispositivo dicommutazione seguito da due polarizzatori posizionati in due diverse posizio-ni: a e a′ dal lato I e b e b′ dal lato II. Ciascuna apparecchiatura corrispondead un polarizzatore variabile commutato rapidamente tra due orientazioni.Infatti la commutazione tra i due canali, e quindi il cambiamento di orienta-zione dell'equivalente polarizzatore variabile, avviene in 10ns. Consideratoche tale intervallo di tempo e il tempo di vita medio del livello intermediodella cascata atomica (5ns) sono piccoli in confronto a L

c (40ns), la rilevazio-ne di un evento su un lato e il corrispondente cambiamento di orientazionesull'altro lato sono separati da un vettore di tipo spazio (ovvero sono dueeventi in posizioni opposte rispetto a un vettore di tipo luce).

La commutazione della luce è e�ettuata da interazione acustico-otticacon un'onda stazionaria ultrasonica nell'acqua. L'angolo di incidenza (an-golo di Bragg) e la potenza acustica sono regolati in modo da ottenere unacommutazione completa.Tuttavia, con i grandi fasci utilizzati, la commutazione non era completapoiché l'angolo di incidenza non era esattamente l'angolo di Bragg. Dunque,per ottenere una miglior commutazione, fu ridotta la convergenza dei fasci, epertanto il tasso di coincidenze rilevate è minore rispetto a quello degli espe-rimenti precedenti. Tutto ciò ha portato a tempi di misurazione maggiori erisultati che vìolano ancora una volta la disuguaglianza 2.34 e che sono incompleto accordo con la meccanica quantistica. Infatti Aspect e colleghi per

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misurazioni ad angoli θab = θba′ = θa′b′ = 22.5◦ hanno trovato il risultato

Sexp = 0.101± 0.020

quando il valore predetto dalla meccanica quantistica è

SQM = 0.112

Gli esperimenti di Aspect sono una prova fondamentale e sperimentaledel disaccordo tra la meccanica quantistica e le teorie a variabili nascostelocali, e questo in particolare che è stato mostrato lascia intravedere comesiano impossibili comunicazioni superluminali.

Si supponga di fare misure di correlazione di spin di due particelle se-parata macroscopicamente. I due osservatori I e II decidono di misurare lacomponente Sz; allora, senza chiedere nulla, l'osservatore II sa esattamenteil risultato della misura del primo osservatore. Questo però non signi�ca chei due osservatori stiano comunicando in quanto il secondo osservatore rica-va dalle proprie misure solamente una sequenza di segni positivi o negativisenza avere nessuna informazione utile.

Si potrebbe pensare che i due comunichino se uno di essi cambia improv-visamente l'orientazione dell'analizzatore. Si ipotizzi allora che l'osservatoreI misuri Sx, mentre l'osservatore II Sz. I risultati delle misure dei due osser-vatori sono completamente scorrelati, cioè non avviene nessuna trasmissionedi informazioni tra i due. Se ora anche l'osservatore I decide di misurare Sz,allora si nota una completa correlazione tra le misure dei due osservatori.Tuttavia il secondo osservatore non può sapere che il primo ha cambiato l'o-rientazione di misura e ciò che osserva dai suoi risultati è una serie di segnipositivi e negativi. Quindi, anche in questo caso, non vi è alcuna informa-zione trasmessa. Questo porta alla conclusione che misurazioni di semplicecorrelazione di spin o di polarizzazione non possono essere utilizzate per tra-smettere informazioni e, dato l'esperimento analizzato, in particolare nonsono possibili comunicazioni a velocità maggiore della velocità della luce.

Matematicamente, ciò è mostrato nel seguente paragrafo.

2.3 Il Teorema di Non-Comunicazione

Il teorema di non-comunicazione si colloca all'interno dell'ambito dellateoria dell'informazione quantistica, e a�erma semplicemente che lo scambioistantaneo di informazioni tra due osservatori è impossibile. Questo enun-ciato risulta particolarmente in linea con la trattazione esposta �no ad ora,poiché, con la violazione delle disuguaglianze di Bell e la conseguente caduta

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del realismo locale, si può essere portati a pensare ad una possibile comuni-cazione superluminale.

Le ipotesi di partenza sono le stesse di qualsiasi esperimento di Bell; unsistema di due elementi entangled che si dirigono in direzioni opposte, e dueosservatori che compieranno le misure.

Teorema 1 (di non-communicazione) In un test di Bell, la statistica

delle misure di un osservatore non è soggetta all'in�uenza di qualsiasi cosa

faccia l'altro osservatore localmente.

Dimostrazione: i due sperimentatori, che per comodità verranno chiamatiA e B, e�ettuano le loro misure sul sistema composto S, appartenente allospazio di Hilbert composto H = HA ⊗HB. Si assuma inoltre di lavorare inspazi �nito-dimensionali per evitare problemi di convergenza. Lo stato delsistema composto è dato da un operatore densità in H.Ogni operatore densità σ ∈ H può essere scritto nella forma

σ =∑i

Ti ⊗ Si

dove Ti e Si sono operatori su HA e HB. La dimostrazione procede nelconsiderare il sistema completo non separabile (se così non fosse, risulta ovvioche ogni misura da parte di A lascia inalterato lo stato di B, grazie proprioalla separabilità). Si supponga che A e�ettui una misura sul sottosistemache le giunge. In generale, ciò viene descritto dall'azione di un operatorequantistico sullo stato complessivo nel modo che segue

P (σ) =∑k

(Vk ⊗ IHB)?σ(Vk ⊗ IHB

)

dove le Vk sono chiamate matrici di Kraus, che soddisfano la relazione∑k

VkV?k = IHA

.

Il termine IHBdell'espressione (Vk ⊗ IHB

) implica che l'apparato di misuradi A non interagisce col sottosistema di B. Si assuma ora che il sistema com-posto si trovi in uno stato σ e di trattare l'argomento non relativisticamente(ovvero, con velocità classiche). Immediatamente, dopo che A e�ettua lasua misura, lo stato correlato di B è dato dalla traccia parziale dello statocomplessivo riferito al sottosistema di A. In simboli, lo stato di B dopo lamisura di A è il seguente:

trHA(P (σ))

dove trHAè la traccia parziale considerata in riferimento al sottosistema di

A. Calcolando direttamente:

trHA(P (σ)) = trHA(∑k

VkV?k = IHA

)

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= trHA(∑k

∑i

V ?k TiVk ⊗ Si)

=∑i

∑k

tr(V ?k TiVk)Si

=∑i

∑k

tr(TiVkV ?k )Si

=∑i

tr(Ti∑k

VkV?k )Si

=∑i

tr(Ti)Si

= trHA(σ) (2.35)

In altre parole, per B è indi�erente che venga fatta o meno la misura su Aperché in ogni caso egli la vede sempre come se non ci fosse stato fatta sopraalcuna misura. Da ciò si desume che B (e così analogamente A) non puòavere alcuna informazione su come l'altro abbia fatto la misura né tantomenose l'abbia fatta. Quindi la comunicazione istantanea dati questi presuppostirisulta impossibile. Ma ciò non riguarda solo la comunicazione, ma qualsiasidato si voglia sapere dell'altro. Ogni osservatore è da questo punto di vistaisolato dall'altro, e non saprà, se non per vie relativistiche convenzionali, see quale tipo di misura abbia attuato il suo collega; il pattern di dati che unoriceve non mostrerà nulla riguardo alle azioni dell'altro.Alcuni esperimenti odierni sembrano suggerire invece il contrario, ma è im-possibile al giorno d'oggi veri�care sperimentalmente se il trasferimento diqualsiasi tipo di informazione sia e�ettivamente istantaneo.

Nel 1981, il �sico Nick Herbert propose un gedankenexperiment, noto co-me Progetto FLASH (First Laser Ampli�ed Superluminal Hookup), al �ne diottenere una comunicazione superluminale sfruttando la non località quan-tistica. Nel 2007 un team di ricerca completamente italiano ha dimostratoaccuratamente e sperimentalmente con una strutturazione EPR del proble-ma, come il tentativo di una qualsiasi comunicazione FTL (faster than lightcommunication) tramite entanglement sia purtroppo destinato al fallimento[9] .

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Capitolo 3

Le Interpretazioni della

Meccanica Quantistica

Quest'ultimo capitolo vuole essere una conclusione generale a quantotrattato �nora, ponendo l'interrogativo su quale importanza abbia l'argo-mento preso in esame, non solo a livello storico, ma anche spostando l'at-tenzione su una questione più profonda e di natura ontologica. Il tono usatod'ora in poi sarà volutamente più divulgativo e super�ciale, giusto per dareuna visione d'insieme del quadro generale, in quanto un approccio più rigo-roso possiederebbe materiale per un altro paio di tesi almeno [11] .

Siamo partiti, lo ricordiamo, dall'articolo di EPR che nel 1935 contestò lacompletezza della meccanica quantistica, minandone l'espressione alla basedell'interpretazione che la reggeva -l'Interpretazione di Copenaghen, unicapresente a quel tempo- ad opera di Bohr e Heisenberg. A questo punto èlecito chiedersi cosa sia una interpretazione e perché ce ne sia bisogno.

Un'interpretazione della meccanica quantistica è un'asserzione che tentadi interpretare le informazioni che la meccanica quantistica fornisce riguardola comprensione del mondo �sico. Il suo scopo, quando una teoria è cosìastratta che l'intuizione fatica a comprenderla, è di riesprimere i fenomeni,le condizioni iniziali sperimentali e le misure che ricaviamo in termini di unformalismo matematico fondamentale.Mentre per la meccanica classica e per l'elettromagnetismo le proprietà di unpunto materiale sono descritte da numeri reali o da funzioni su domini di dueo tre dimensioni, avendo così un diretto signi�cato spaziale, immaginabile eintuitivo sulla realtà che tentiamo di pro�lare, la struttura matematica dellameccanica quantistica è basata su oggetti più astratti, come i ket, gli ope-ratori, agenti su uno Spazio di Hilbert separabile e solitamente in�nito (manon necessariamente). Dare un nome �sico, trovare una corrispondenza traelementi matematici e una realtà ine�abile che ci circonda è il compito di una

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Page 33: IL PARADOSSO EPR E IL TEOREMA DI BELL Bell dimostrerà un teorema [1] per cui nessuna teoria sica a ariabiliv na-scoste locali può riprodurre le predizioni della meccanica quantistica.

interpretazione. A complicare il problema vi è inoltre la natura prettamenteprobabilistica della teoria, in contrasto tuttavia con i dati esatti che ottenia-mo quando tentiamo di veri�carne le precise e corrette previsioni. Si arrivaa discutere su cosa signi�chi compiere una misura, o su che ruolo abbia unosservatore cosciente in tutto ciò (celebre a riguardo l'esempio del gatto diSchrödinger, o dell'amico di Wigner), se la non-località derivata dalla teoriasia un'e�ettiva proprietà della Natura o solamente una nostra prospettivaquadridimensionalmente distorta di una realtà ben più articolata. Questee altre questioni insolute rappresentano un ostacolo per un'interpretazionechiara e diretta della teoria, tanto che ancora oggi è materia di dibattito eoggetto di studio e sperimentazioni da parte di �sici e �loso� della scienzaper convalidare l'una o l'altra interpretazione.

L'Interpretazione di Copenaghen è de�nita anche interpretazione stan-dard, ed è quella che oggigiorno viene notoriamente insegnata in tutte leuniversità, tanto che spesso è presentata come l'unica possibile. Nessunomette in dubbio le capacità predittive e la precisione (alla decima cifra de-cimale) a cui può giungere, eppure in meno sono a conoscenza del fatto cheessa presenti alcune incongruenze fenomenologiche, di ciò che accade nellarealtà.Utilizzando come esempio l'esperimento di Young della doppia fenditura, no-nostante si spari un fotone alla volta ed essi colpiscano uno a uno lo schermo,nel complesso si otterrà la �gura d'interferenza tipica delle onde. E così seutilizziamo un elettrone, o una molecola di fullerene (data la dualità onda-corpuscolo di qualsiasi oggetto). La meccanica quantistica stabilisce soltantoin modo probabilistico il punto in cui ogni particella colpirà lo schermo eidenti�ca le zone chiare e le zone scure come quelle per cui la probabilità diessere colpite da una particella è rispettivamente, alta oppure bassa; non è ingrado di prevedere in modo esatto dove un determinato corpuscolo andrà acolpire. Queste a�ermazioni, a detta dell'Interpretazione di Copenaghen, so-no irriducibili, cioè non ri�ettono una nostra conoscenza limitata di qualchevariabile nascosta contenente chissà quali condizioni iniziali, ma la funzioned'onda ci o�re tutto ciò che possiamo sapere: i risultati delle misurazioni divariabili coniugate sono fondamentalmente non deterministici.Oltretutto la meccanica quantistica studia esclusivamente quantità osser-vabili, ottenibili mediante processi di misurazione. Non ha senso chiedersidove la particella fosse prima che ne misurassi la posizione, dato che è pro-prio l'atto di misura che causa il `collasso della funzione d'onda', facendoladiventare deterministica dalla sua condizione precedente di sovrapposizioneprobabilistica degli stati permessi.

Le critiche a riguardo furono numerose. In primis in cosa consistesse que-sto collasso che a detta dell'interpretazione era un evento indeterministicoe istantaneo; oltretutto c'era da valutare cosa si intendesse per misura. Unessere umano che prende coscienza del dato, un animale, un altro elettro-

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ne?, onde evitare il propagarsi a livello macroscopico di una sovrapposizione`estrema' della funzione d'onda prima che questa venga misurata. Ci si chie-deva perché mai bisognasse utilizzare la meccanica quantistica per descriverel'oggetto in questione, ma la �sica classica per l'apparato di misura (nono-stante anche questo sia composto da molecole, atomi, elementi appartenential dominio della meccanica quantistica). Ci furono e, ci sono tuttora, ten-tativi più o meno fortunati di rispondere a queste domande, ed è in questocontesto di tumulto che dobbiamo porre l'argomentazione di EPR. Oltre alceleberrimo � Dio non gioca a dadi �, Einstein non riusciva a concepire comela Natura consentisse una simile azione istantanea a distanza, violando ap-parentemente le leggi della relatività ristretta (ma come abbiamo visto, nonè così).

Un'altra interpretazione degna di nota è l'Interpretazione a Molti Mondi

di Hugh Everett III, formulata nel 1957, e tanto elegante quanto potenzial-mente `assurda'. Infatti ciò che si limita a fare questa interpretazione èsemplicemente togliere il postulato del collasso della funzione d'onda: tuttii sistemi isolati evolvono secondo l'equazione di Schrödinger.Questa semplice frase indica che, ogniqualvolta compiamo una misura, lafunzione d'onda non collassa in un singolo risultato, anzi assume sponta-neamente ogni valore che le è consentito assumere. Cosa signi�ca ciò? Im-maginiamo un bivio. E immaginiamo di scegliere la via sinistra. Ebbene,in un altro universo, al nostro parallelo, noi avremo preso il sentiero di de-stra. E così via, ad ogni misura avviene una diramazione continua in più epiù universi cosicché ogni evoluzione possibile di qualsiasi stato è avvenuta,avviene ed avverrà. Questi universi paralleli che si separano mano a manosono intangibili gli uni agli altri; il nostro io è cosciente solo di uno di questiuniversi e continua a vivere lungo quella linea, interpretando il fenomenodella misura come il collasso della funzione d'onda in un valore preciso, macasuale.Questo rende l'Interpretazione a Molti Mondi tecnicamente un'interpretazio-ne deterministica; solo tecnicamente perché, anche se ora siamo a conoscenzadell'assenza del collasso della funzione d'onda, che quindi assume ogni va-lore possibile, analizzando il tutto da più vicino si vede come di fatto noncambi nulla. L'interpretazione risulta deterministica solo dal punto di vi-sta della funzione d'onda universale, ossia per un ipotetico osservatore chepotesse seguire l'evoluzione di tutti i mondi. Secondo un osservatore di unsingolo universo la teoria rimane tuttavia indeterministica come insegna l'in-terpretazione ortodossa. Si può precisare però che le due indeterminazioninon saranno propriamente uguali; se a quella dell'Interpretazione di Copena-ghen l'indeterminazione risulta ontologica poiché parte della Natura stessa,in quella a Molti Mondi diventa `solamente' gnoseologica, in quanto inaces-sibile al nostro sapere.Le critiche mosse a questa interpretazione riguarda al meccanismo �sico se-

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condo il quale i mondi si diramerebbero, e neppure come questo possa ri-sultare in accordo con principi altamente condivisi come la conservazionedell'energia e altri.

Nel 1952 David Bohm riprese la teoria dell'onda pilota del 1927 di Louisde Broglie, andando ad elaborare ciò che venne poi nota ai posteri comeInterpretazione di Bohm. E' degna di menzione poiché fu una delle primeteorie a sfruttare e approfondire l'idea delle variabili nascoste. In questo casoperò, su una base non locale [8] .E' una descrizione oggettiva e deterministica della realtà, con il tentativo disanare molti dei paradossi che si andava incontrando con l'interpretazioneclassica, quali quello del gatto di Schrödinger, l'EPR stesso, e valicando ilproblema della misura o del collasso della funzione d'onda.Anche l'Interpretazione di Bohm prende spunto dall'esperimento di Young adoppia fenditura. Egli sostiene che ad ogni particella vada associata un'ondache guidi il moto della particella, da cui il termine onda pilota. Ed è l'ondaad interferire passando da entrambe le fenditure, e non la particella con sestessa. Matematicamente tale onda pilota è descritta dalla classica funzioned'onda della meccanica quantistica, corretta però aggiungendo un fattore cherende conto dell'in�uenza pilotante sul moto delle particelle. Tale in�uenzadell'onda pilota viene quantitativamente de�nita introducendo il potenzialequantistico, che agisce su una particella in modo analogo all'e�etto delle par-ticelle con i campi osservato in �sica classica. L'onda pilota evolve in accordocon l'equazione di Schrödinger; con questa interpretazione l'universo non sisepara ad ogni misura ed è sia oggettiva che deterministica, a di�erenza delledue teorie elencate in precedenza.Bohm chiamò la variabile nascosta, o onda pilota, forza di potenziale quan-tistico. L'equazione di Schrödinger modi�cata viene ricavata dall'originalesuddividendola in due equazioni accoppiate che prendono in considerazionei termini reali e immaginari separatamente. Non c'è alcun collasso, poichéla particella possiede in modo predeterminato tutto ciò che deve avere, e ilsuo moto è gestito dall'onda pilota.

Su queste e altre interpretazioni minori, quali l'ampliamento dell'Inter-pretazione di Copenaghen, o talune che chiamano in causa la mente dell'os-servatore come trigger del processo di misura, vige comunque ancora il pro-blema di come in Natura non assistiamo a livello macroscopico alla sovrap-posizione di stati distinti, come invece avviene nel mondo sub-microscopico.In altre parole, dove si pone il con�ne tra il mondo classico e il mondo quan-tistico?La risposta è fornita grazie a un processo pionerizzato da Zurek nel 1982 enoto come decoerenza quantistica, per cui le funzioni d'onda dei vari elettro-ni e atomi costituenti un sistema, diventano ortogonali tra loro -o almenotendono rapidamente a diventare ortogonali- per due stati di�erenti di un

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corpo macroscopico; a causa dei moti e degli urti interni, la natura quan-tistica viene in qualche modo dispersa nell'ambiente, in modo che continuiad esistere magari una totale sovrapposizione della funzione d'onda, ma cherimanga al di là di ciò che è misurabile.Da ultimo, vorrei nuovamente sottolineare l'importanza di una interpreta-zione corretta. Al di là della maggior parte dei �sici che sostengono cheun'interpretazione non è nulla di più di un'equivalenza tra insiemi di regoleper operare sui dati sperimentali (suggerendo quindi che l'intera opera diinterpretazione non sia necessaria), sostengo che avere una visione prima ditutto chiara su cosa e con cosa si stia e�ettivamente lavorando possa aprirenumerose prospettive e nuovi punti di vista per evolvere più profondamentenella teoria. Con l'ironica Interpretazione Zero riassunta tramite l'aforismadi David Mermin: � Zitto e calcola! �, spesso gran parte del mondo scienti-�co sceglie di `non perdersi' dietro inutili pensieri su cosa funzioni e perchéfunzioni, riducendosi ad una macchina poco più creativa ma meno veloce diun qualsiasi computer. L'animo del �sico dovrebbe invece essere spinto dallacuriosità riguardo alla Natura che si muove attorno a lui, dal cosa, dal come,e dal perché. Ed è proprio questo spirito, come spinse i nostri predecessori ainterrogarsi più e più volte de rerum natura, a dovere alimentare l'immagi-nazione di ognuno, e a indurci a chiedere se la luna è ancora lassù anche orache non la stiamo guardando.

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Bibliogra�a

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Ringraziamenti

Questo è un piccolo passo per l'umanità (anzi, forse addirittura un passoall'indietro), ma un balzo enorme per un uomo. Con oggi si chiude un primociclo di studi che ha visto i suoi alti e i suoi bassi, e la cui meta ho cosìcaricato di signi�cato. Ma questo traguardo, per quanto importante o insi-gni�cante che sia, non sarebbe stato possibile da raggiungere senza l'aiuto eil supporto delle persone che ho incontrato e che mi sono state vicine durantequesto lungo percorso. E' di cuore quindi che voglio ringraziare coloro cheprincipalmente hanno segnato ad oggi la mia carriera in quanto studente, eformato in quanto persona.

Grazie al professor Francesco Ravanini, per la continua pazienza e cor-diale disponibilità nonostante il progetto della tesi fosse già in avviamentosenza frutto da più di un anno. Grazie per il suo interesse e partecipazionenel coinvolgermi nel suo lavoro, dimostrandosi sempre reperibile, ed e�etti-vamente mai lasciato a me stesso.

Grazie ai miei genitori, nonostante il tedio, la pesantezza, i rinfacciamen-ti, le minacce, e beh...direi che esistono apposta proprio per questo. Senzail loro inconscio motivarmi tramite psicologia inversa (lo scrivo complicatocosì non capiscono) probabilmente non sarei dove sono ora. O forse sì.

Grazie ai miei colleghi universitari, nonché amici, Asso e Soncio. Il loroinsostituibile supporto, gli appunti e le delucidazioni esempli�catrici hannoconsentito l'avanzare e il compimento della mia carriera. Grazie per i consi-gli, e per esserci stati quando ne avevo bisogno. Grazie per le chiacchierate,per gli incitamenti, per la compagnia in treno. E' stato un onore e un piacere`viaggiare' con voi.

Grazie ai miei amici. Sono stati più di una famiglia per me negli ultimianni. Grazie alla Compagnia del Goblin, a Tuan, alla Rita, a Manu, a Johan.Nei momenti di maggior sconforto, hanno avuto la pazienza di consigliarmie ascoltarmi, senza giudicare. Non è un dono di tutti.Dalle interminabili nottate in auto a confrontarci, ai Petrella Tour, dai giri incentro, alle fungate. Chiedo scusa se non sono stato né riuscirò mai ad essere

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l'amico perfetto, ma sappiate che ho un grande debito nei vostri confronti esiete gente di cui il mondo avrebbe più bisogno. Ammetto sinceramente dinon sapere che �ne avrei fatto senza di voi.

E in�ne grazie a Lara, compagna di vita in un tempo che fu. Le espe-rienze, gli errori, il tempo, mi hanno insegnato qualcosa che né la �sica néla medicina insieme possono aspirare mai ad insegnare.

Cadere, e poi rialzarsi.Al ricordo che ho di lei, ancora una volta, grazie.

E' vero, ho impiegato quattro anni per concludere un ciclo di studi chene prevedeva tre, e non me ne vanto. Oltretutto mi attendono nei tempi avenire altri due anni di laurea magistrale, e i giorni bui non tarderanno abussare di nuovo alla porta. E' un destino comune a molti. Ma, vedete, l'ideadi poter �nalmente voltare pagina su un capitolo della mia vita di un passatoin cui sono state le paure, le insicurezze, le ancore emotive a comandare imiei pensieri e le mie azioni, è un'esperienza di una libertà totalizzante. E'una ventata di speranza.

Vivete pienamente la vostra vita. Non lasciate che sia il pilota auto-matico a viverla per voi, né permettete ai vostri timori, alle vostre cicatricidi impedirvi di credere ciò in cui volete credere. Il biglietto per il futuro èsempre bianco, sta a voi riempirlo con le storie e con le persone di cui voletepopolarlo.

E allora giriamo pagina.

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Page 40: IL PARADOSSO EPR E IL TEOREMA DI BELL Bell dimostrerà un teorema [1] per cui nessuna teoria sica a ariabiliv na-scoste locali può riprodurre le predizioni della meccanica quantistica.