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EDITORIALE

LLa Commissione europea, nelle sue stime di crescita per quest’anno e per il prossimo, conferma, dunque, l’amaro ultimo posto delnostro Paese tra gli Stati membri. Le previsioni parlano di un aumento del prodotto interno lordo italiano dello 0,9 per cento nel2017 e dell’1,1 per cento nel 2018. Perfino la Grecia quest’anno dovrebbe crescere, in percentuale, tre volte l’Italia. Il Portogalloquasi il doppio. E la Spagna ha chiuso il 2016 con una crescita del Pil quasi quattro volte quella italiana. A ciò si sommano le preoc-cupazioni per il trend di altre due emergenze nazionali: il debito pubblico e la disoccupazione. Per il primo, le prospettive sono diulteriore rialzo, nonostante i proclami ottimisti dei governi degli ultimi anni: secondo Bruxelles, nel 2018 questa zavorra che limitagli investimenti potrebbe toccare il 133,3 per cento del Pil (che la Commissione europea imputa al sostegno del settore bancarioda parte del governo, cioè all’ormai celebre “scudo” da 20 miliardi di euro), contro il 132,8 “reale” del 2016 e una previsione italianaal 130,1 nel 2018 contenuta nel Documento programmatico di bilancio. Non andranno meglio i numeri della disoccupazione, cheper il 2017 indicano una sostanziale stabilità all’11,6 per cento, rispetto ad un calo medio della zona euro dello 0,5 per cento. Ma la gracilità del nostro apparato economico è ben personificata, in questa fase, anche da altri fattori quali le difficoltà del sistemabancario, affrontate con colpevole ritardo, e l’intermittente allarme dello spread, raddoppiato in meno di un anno. E per non farcimancare alcunché, su questo quadro poco esaltante pende la rilevante spada di Damocle di una procedura comunitaria per debitoeccessivo. Scatterà in primavera qualora siano ritenute insufficienti le contromisure adottate dal ministro Padoan, cioè gli interventicorrettivi richiesti dalla stessa Commissione per 3,4 miliardi di euro (forse meno, i dati dell’Istat sul Pil del 2016 potrebbero far scen-dere l’impegno di circa 500 milioni di euro). Al di là dei numeri – impietosi - secondo noi emergono indiscutibili responsabilità di politica economica e fiscale in capo agli ultimigoverni, nonostante siano stati avvantaggiati da una favorevole congiuntura internazionale (buone dinamiche dell’euro, crollo deicosti energetici, quantitative easing adottato all’inizio del 2015 dalla Banca centrale europea di Mario Draghi, intervento che ha con-tribuito a determinare un risparmio di 17 miliardi di euro solo nel 2016 e di ben 47,5 miliardi nell’ultimo quadriennio per interessi suldebito) e nazionale (esiti positivi del programma di contrasto all’evasione fiscale, 19 miliardi di maggiori entrate nel solo 2016).In sostanza s’è persa l’occasione per orientare le risorse economiche al rilancio della crescita per mezzo di un preciso disegno or-ganico in una prospettiva generale, in cui noi riteniamo sia centrale la ripresa della produzione attraverso il sostegno all’innovazionee all’internazionalizzazione delle imprese, il miglioramento dell’istruzione professionale e della formazione (con particolare attenzionea quella continua, anche per ridurre il mismatch, cioè lo squilibrio tra domanda e offerta nel mercato del lavoro), la sburocratizzazionedella macchina amministrativa e della giustizia (elemento di freno degli investimenti internazionali), la digitalizzazione della pubblicaamministrazione, il rilancio dell’edilizia attraverso la manutenzione e la riqualificazione dell’esistente, la lotta all’evasione e alla cri-minalità, ecc. Viceversa, more solito, le risorse sono finite, oltre che per l’abituale mantenimento dei privilegi e per garantire l’ap-parato bancario e finanziario, in azioni frammentarie e dal grande effetto mediatico, guidate da una forsennata ricerca di consenso.Esemplari le esose e confuse politiche dei “bonus” finiti nelle tasche di lavoratori dipendenti, certamente già privilegiati rispettoalle enormi sacche di precariato (provvedimenti risultati per giunta insufficienti nel rilanciare i consumi delle famiglie, per la Bancad’Italia la transizione in consumi non ha superato il 40 per cento). O l’eliminazione di tasse sulla prima casa, indubbiamente apprez-zabili per le ricadute sociali, ma meno per quelle macroeconomiche. O ancora gli sgravi fiscali per le ristrutturazioni, senza tracciareuna strategia complessiva di trasformazione ecologica dell’economia.Di contro, sono cresciute le disuguaglianze e si sono allargati i bacini di emarginazione e di povertà. E nel lavoro deregolamentato,sono esplosi i fenomeni della Gig Economy, i cosiddetti “lavoretti”, e dei vouchers, volati oltre quota 71 milioni nel 2015 secondo idati dell’Inps. Certo, non sono mancate apprezzabili iniziative a favore delle imprese, dall’eliminazione dall’Irap dei redditi di lavoroall’assegnazione agevolata dei beni ai soci, dalla riduzione dell’aliquota Ires al 24 per cento alla decontribuzione per i nuovi assunti,che però nella temporaneità ha avuto un effetto meteora. Le misure di detassazione e di incentivazione fiscale, anche qui con unalogica a pioggia e senza una strategia costante e coraggiosa, hanno sostanzialmente fallito nel far recuperare al Paese quel 25 percento di imprese perso negli anni più acuti della crisi. Ma la cura del tessuto produttivo resta l’unica via d’uscita dalla recessione edalla deflazione per rilanciare la crescita, l’occupazione e, di conseguenza, i consumi.

DOMENICO MAMONE - Presidente dell’Unione Nazionale Sindacale Imprenditori e Coltivatori

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Domenico MamonePresidente Nazionale UNSIC

Il nododella crescita

DOMENICO MAMONE

Presidentedell’UnioneNazionaleSindacaleImprenditorie Coltivatori

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Uno sguardo allo scenarioeconomico dell’agricoltura

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EDITORIALE

PUNTO DI VISTA

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Il nododella crescita

Taranto:il Distretto Urbano

11 MONDO UNSIC

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22 UNSICOOP

Il mondo targato2050

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Ebint, arriva l’ente bilateraledel Terziario

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18 CAF UNSIC

La venditaa domicilio

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17 PATRONATO ENASC

Indennitàed esodati

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13 MONDO ECONOMICO

21 CAA UNSIC

Contadinihi tech

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Milleproroghe5

20 ENUIP

Progetto“Giovani senza Frontiere”

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IUS IURIS

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23 UNSICOLF

Tabella minimi retributivicolf e badanti 2017

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28 LAVORO & PREVIDENZA

Accesso ai dati del “Cruscottoinfortuni” da parte dei RLSper il tramite delle aziende

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24 BANDI & PROGETTI

Lombardia,bando per il verde

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INFOIMPRESAPeriodico

dell’Unione NazionaleSindacale Imprenditori e Coltivatori

Direttore responsabileDomenico Mamone

RedazioneSara Di Iacovo - Francesca Gambini - Fortunata Reggio

Luca Cefisi - Giampiero Castellotti - Giuseppe Tetto

Progetto Grafico - ImpaginazioneFortunata Reggio

Sede legale e Redazione

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Registr. Tribunale di RomaN° 76/2003 del 5/03/2003

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PUNTO DI VISTA

punti di debolezza del settore agri-colo che spiegano un certo ritardostrutturale sono ben noti: dimen-

sione media bassa, sottocapitalizza-zione, scarsa apertura ai mercati, sianel senso di ridotta competizione chenel senso di limitatezza dei mercati disbocco, limiti di carattere organizza-tivo. I dati Istat ci segnalano, tuttavia,un’agricoltura in ripresa che cresce piùche le altre branche economiche. Nelquadro di un’economia italiana sostan-zialmente ferma, addirittura in reces-sione, l’agricoltura dimostra una certadinamicità con indicatori positivi. In-fatti nel 2015, in particolare e con ri-flessi importanti nel 2016, è in ripresail valore aggiunto del settore agricoloa prezzi correnti. Ammonta infatti a33,1 miliardi di euro, pari al 2,3% delvalore aggiunto nazionale.Il contributo che il settore agricolofornisce alle economie locali è quindicruciale: la dimensione relativa puòanche essere limitata, ma i sistemieconomici territoriali hanno forte ne-cessità di un robusto comparto agri-colo e agroindustriale. Nel casodell’agricoltura ci troviamo in generedi fronte ad un sistema produttivopoco coeso e poco radicato nel con-testo sociale. L’essere imprenditoreviene appreso sul campo, general-mente in una impresa di tipo familiareche viene portata avanti dai figli, lamanodopera viene selezionata conmeccanismi extra-mercato semprenello stretto giro delle relazioni socialidell’imprenditore. Non è difficile, so-prattutto nei contesti poco sviluppatiassistere a colonizzazioni che stravol-gono il contesto produttivo e anchesociale di un territorio e rischiano difarlo diventare impermeabile al cam-biamento, poco aperto ai mercati

esterni, poco capace di investire in ca-pitale umano ed innovazione, in defini-tiva poco competitivo. La piccola,spesso micro-dimensione delle im-prese, è un altro elemento di debolezzadi questo quadro. Una micro-dimen-sione che sicuramente lascia intrave-dere il tentativo di una mioperiduzione dei costi del lavoro per re-cuperare quella competitività che in-vece andrebbe cercata con altristrumenti e in particolare investendoin conoscenza, capitale umano e in-novazione. Alla luce di queste inda-gini il sistema produttivo apparecome un sistema che ha paura di cre-scere, ha paura di confrontarsi con ilmercato in una perversa “sindromeda “Peter Pan” che impedisce di sfrut-tare i punti di forza che pure esistono.Questo dato non può non far riflet-tere in quanto si spiega con la pre-senza di un numero significativo diimprese, spesso, con zero dipendenti.Un’impresa di questo tipo dovrebbeessere una eccezione, mentre in que-sto contesto territoriale sembra essereuna tipologia abbastanza frequente econ ogni probabilità questo tipo di si-tuazione nasconde il ricorso a forme dilavoro nero, irregolare e/o informale.Un altro elemento significativo è la ca-renza di reti e di sinergie fra le imprese.Un sistema di piccole imprese forte-mente integrato può sicuramente es-sere competitivo.L’esperienza dei distretti industriali(agroalimentari) è in fondo un’espe-rienza basata su piccole imprese le-gate da forti relazioni e organizzate inrete. La capacità di costituire reti e si-nergie non è ovviamente innata, ma èfrutto di investimenti in capitaleumano, in conoscenza condivisa e inreti di fiducia. La pubblica Ammini-

strazione che potrebbe e dovrebbeavere un ruolo fondamentale in ciònel suscitare la capacità di costituirereti e sinergie, troppo spesso diventainvece un elemento di freno. Unadelle maggiori cause che portano adun abbassamento del livello di fiduciava ricondotto a comportamenti sba-gliati, se non qualche volta perversi,della pubblica amministrazione, cheanziché favorire lo sviluppo, si rilevainvece come un fattore di freno. Do-vere istituzionale e mission dell’UN-SIC allora può diventare quello diesser una sorta di catalizzatore/facili-tatore di processi per la creazione direti e di sinergie d’impresa, ad esem-pio nel promuovere “contratti di rete”e “reti di imprese”, sostituendosi aduna pubblica amministrazione spessoincapace ed inadeguata. La costru-zione dei Distretti agroindustriali, lereti di impresa, soprattutto nelle areedeboli del paese, potrebbe essereuna politica che, proposta, sviluppataed accompagnata dall’UNSIC, potràtrovare sponde operative nel Governoe nelle Regioni. Quella della creazionedelle reti d’impresa e dei distrettiagroindustriali è una politica fonda-mentale per creare un’agricoltura mo-derna, un’agricoltura che creasviluppo e che partecipa in manieraattiva ai processi di affrancamentoterritoriale, sopperendo altresì al pro-blema della redditività dell’impresaagricola, oggi ai minimi termini. L’UNSIC quindi metterà in campotutte le sue energie e le sue compe-tenze per superare un modo tradizio-nale e ormai inadeguato ai tempi difare agricoltura e costruire l’agricol-tura 2.0, agricoltura che diventa si-stema, fatta di reti di imprese e didistretti.

Uno sguardo allo scenario economicodell’agricoltura

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olte vetture per il treno delMilleproroghe, il decretotuttofare che ormai da

oltre un decennio funge da tappabu-chi, soluzione in extremis e ancora disalvezza per le tante questioni chenon hanno trovato soluzione nel-l’anno passato o che si prevede nonla potranno trovare in quello futuro.Proroghe che sono una resa all’im-possibile, o magistrali esercizi del-l’arte del possibile, fate voi. Si puòcominciare a leggere il Milleproroghevotato dalle Camera a febbraio con gliaspetti fiscali: Più che una proroga,un aggiustamento riguarda lo “speso-metro”, la comunicazione periodicadelle fatture emesse e ricevute, cheda quattro trimestrali diventano duesemestrali, per rispondere al moto diinsofferenza degli operatori del fisco,pur sempre oberati di scadenze no-nostante il gran parlare di semplifica-

zione fiscale. Sempre in materia diIva, prorogata la detrazione al 505 perl’acquisto di case in classe energeticaA e B, ma solo se direttamente dalleimprese costruttrici, cioè case nuove.Prorogata, cioè rimandata, la “lotteriadello scontrino”, l’idea di una bancadati che raccolga le letture ottichedegli scontrini di pagamenti tracciabili(acquisti con carta magnetica) e pre-veda l’estrazione periodica di un pre-mio…pare che in Portogallo, peresempio, funzioni e abbia abbattutol’evasione fiscale alle casse: sarebbedovuta partire “in via sperimentale” amarzo, se ne riparla a novembre.Sempre in tema di fisco, dal l’anno fi-scale 2016 cade l’obbligo di riportaregli estremi di registrazione del con-tratto di locazione nonché quelli delladenuncia dell’immobile, obbligo cheera vincolante per certificare i redditida locazione. L’esito più clamoroso

del Milleproroghe di quest’anno nonè però negli aspetti fiscali, ma inun’altra proroga, che maschera unanon-decisione: non si fa, per ora, laprevista restrizione all’impiego dellemacchine a noleggio con conducentee della app Uber per trovare passaggisullo smartphone, e questo ha fattoscendere in strada la combattiva cor-porazione dei taxisti, che considerainaccettabile ogni concorrenza, converi e propri blocchi stradali.Si può concludere con un grandeclassico, il Sistri, il sistema di con-trollo della tracciabilità dei rifiuti, cheda anni dovrebbe togliere spazio alleecomafie e alle mille inefficienze deiComuni. Ebbene, per il quarto annovengono sospese le previste par-tenze della tenuta dei registri e dellesanzioni, riconoscendo che a metteresotto controllo il ciclo dei rifiuti nonsiamo pronti.

Milleproroghe 2017:l’ultimo treno dell’anno

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avveniristica pista ciclabile,lunga 7,6 chilometri, è so-spesa nel vuoto. Per duemila

ciclisti dagli occhi a mandorla sonoassicurate pedalate sostenibili convista mozzafiato. È soltanto una delleultime modernissime infrastrutturerealizzate nella Cina odierna, tra cittàche sorgono dal nulla e tecnologiaforsennata. La soprelevata che do-mina Xiamen, città di 3,5 milioni diabitanti di fronte all’isola di Taiwan, èaddirittura firmata da due studentiuniversitari. Restando nella Cinaorientale, ma nell’estremo nord, c’è laprovincia di Liaoning. Era un grandeterritorio industriale. Oggi rappre-senta il rovescio della medaglia ri-spetto ai proclami di sviluppoirrefrenabile: ben 125 imprese hannoinfatti presentato istanza di falli-mento. In un contesto torbido:stanno emergendo storie di dati falsisulla crescita per ottenere sussidi sta-tali e prestiti bancari. Un castello dicarta, insomma.Sono queste le due facce della com-plessa Cina di oggi. Un’enorme re-pubblica, tra arcaicismi e modernità,con un reddito pro capite cresciuto ditredici volte dal 1990 ad oggi. È que-sto il Paese dove da martedì 21 a do-menica 26 febbraio sarà in visita - suinvito del presidente cinese Xi Jinping- il nostro presidente della Repub-blica, Sergio Mattarella. Seguito dapolitici, economisti, imprenditori, as-sicuratori, banchieri, finanzieri del“made in Italy”. Parteciperanno tuttial quarto Business Forum “Italia-Cina”. Tra gli altri ci saranno il ministrodell’Economia, Pier Carlo Padoan, ilvicegovernatore di Bankitalia, Salva-tore Rossi, e l’amministratore dele-gato della Pirelli, Marco Tronchetti

Provera. L’appuntamento è particolar-mente importante. Perché cade apoco più di un mese del quarantaset-tesimo Forum economico di Davos,sulle nevi svizzere, dove Xi Jinping, inun inconsueto scambio di ruoli con ilprotezionista Trump, si è offerto almondo come portabandiera della glo-balizzazione e dell’economia verde.Praticamente l’ultimo grande regimecomunista – il partito in Cina ha 80milioni di iscritti – difende il liberoscambio nel momento in cui in Eu-ropa e negli Stati Uniti ritornano i na-zionalismi economici. E mentrel’Europa brancola nel buio, da Pe-chino seminano cifre: “Nei prossimicinque anni importeremo beni per ot-tomila miliardi di dollari, attraendo ca-pitali stranieri per 600 miliardi einvestendo nel mondo 750 miliardi”.È chiaro che la Cina ha bisogno deimercati mondiali per sostenere lapropria produzione. E soprattutto permantenere il Pil sopra il 6 per cento,almeno ufficialmente, perché –guarda caso – le percentuali del Pilcorrispondono sempre con le previ-sioni firmate dal partito: 6,9 nel 2015,6,7 nel 2016, stima di un 6,5 nel 2017(comunque il dato più basso degli ul-timi tre decenni). Un crollo delleesportazioni sarebbe letale. Il Dra-gone necessita principalmente delmercato americano, particolarmentedinamico. Ma si alimenta anche conquello europeo, per quanto un bel po’emaciato. Le letture di questi slancimandarini sono però controverse. La Cina continua indubbiamente arappresentare una delle più appetibilioccasioni per imprese italiane di tuttele dimensioni. C’è l’enorme mercatodella nuova classe media in un Paeseda 1,3 miliardi di residenti. Ci sono

opportunità nel clean-tech, nell’aero-spaziale, nei servizi sanitari, dove pos-siamo dire la nostra. Oltre,ovviamente, all’agro-alimentare. Nonmancano, però, le difficoltà. Adesempio resta il nodo delle garanziesugli investimenti o dell’affidabilitàdelle istituzioni finanziarie e politiche.C’è la concorrenza di aziende stataliche godono di sussidi. L’inquina-mento e l’opacità delle regole costi-tuiscono problemi ormai atavici. E cisono soprattutto squilibri macroeco-nomici che rischiano di esplodere, traun’economia basata essenzialmentesu produzione, esportazione e investi-menti in imponenti infrastrutture ri-spetto ad un modello più bilanciato edisciplinato in termini di spesa pub-blica, consumi interni e indebita-mento.Certo, la leva strategica su cui pun-tare per il rilancio dell’economia ita-liana non può ignorare la strada delSol Levante. In fondo ciò che sta av-venendo nel mondo del calcio è em-blematico di scelte quasi obbligate.Oltre Inter e Milan, parlano manda-rino Benelli, Cerreti, Krizia, Om car-relli, Pirelli. E i cinesi sono presentianche nel capitale di Enel, Eni, Gene-rali, Intesa, Mediobanca, Mps, Uni-credit. Le risorse, quelle sonanti,sono ad Est. Si sa.Resta comunque un rischio: che i co-lonizzatori in trasferta sulla Via dellaseta possano finire colonizzati. Lo spi-rito di conquista degli orientali ha lastoria recente dalla sua parte. Negliultimi anni molte nostre produzionisono scomparse proprio per la con-correnza cinese, vincente principal-mente per il raffronto sul costo dellavoro. Ed è questo il vero nodo: ilproblema delle regole. Le nostre

Quale finaleper la favola del dragone?

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aziende rispettano norme moltochiare (ed esose) in termini di fisca-lità, di risorse umane, di sicurezza sullavoro. Nel continente asiatico questonon sempre avviene. In fondo lo ve-diamo anche in casa nostra: i settoridel commercio all’ingrosso e al detta-glio e dei servizi hanno registratol’esplosione della presenza cinese unpo’ in tutta Italia. Il nuovo ha annien-tato il tessuto economico tradizionalegrazie ai maggiori capitali iniziali, tal-volta di provenienza oscura, ai prezziconcorrenziali dei generi (frutto di uncosto del lavoro più favorevole), al-

l’assortimento decisamente varie-gato, ai tempi di apertura dei negozi,gestiti per lo più a livello familiare.Oggi i cinesi che vivono nel nostroPaese hanno oltrepassato le 300milaunità e si sono orientati anche versonuovi settori come i parrucchieri e leagenzie di viaggio, mantenendo laroccaforte della ristorazione.Al di là delle comunità cinesi di casanostra, dove dopo tante difficoltà siregistrano buoni esempi di integra-zione per le nuove generazioni, benvengano i grandi confronti istituzio-nali e gli approfondimenti di natura

imprenditoriale tra Italia e Cina. Macon pragmatismo e senza facili entu-siasmi. Diversi analisti vanno, infatti,cauti nel leggere la crescita cinese. Ilsinologo Minxin Pei, ad esempio, inun suo recente libro prevede possibilisconvolgimenti a causa di un sistemafortemente corrotto dalla diffusa e si-stemica complicità tra imprenditori epolitici, che probabilmente segneràpresto la fine dell’egemonia del Par-tito comunista. Insomma, la do-manda è quanto mai scontata diquesti tempi: la favola del Dragone èdestinata ad un amaro finale?

Il capo dello Stato Sergio Mattarella con il presidente cinese Xi Jinping (www.quirinale.it)

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a che cos’è questa direttivaeuropea (molto erronea-mente chiamata “Bolke-

stein”) che scatena l’ira di ambulanti,taxisti, balneari e molti altri operatorieconomici ? Tutto cominciò nel 2004,quando la Commissione Europea aBruxelles promosse una direttiva sui“servizi nel mercato interno”, cioè nelmercato unico dei paesi dell’UnioneEuropea. Frits Bolkestein era nel2004 il Commissario al mercato in-terno, e quindi è logico che la diret-tiva prendesse il nome dal suopromotore. Dovremmo però dire piut-tosto la bozza della direttiva, perchénon appena questa venne presentata,suscitò un vespaio di polemiche eproteste. Per capirci, dobbiamo con-siderare che Bolkestein, un politicoolandese serio e rispettato, aveva edha, com’è giusto, le sue idee: quelledi un convinto liberale.Per lui, quindi, i servizi in Europa do-vevano essere, appunto, sottopostiad una drastica liberalizzazione,dando grande libertà agli operatorieconomici di tutta Europa di proporrela loro offerta di servizi in tutto il mer-cato europeo. Questo, per Bolkesteine i governi e partiti che in Europa con-dividevano la sua visione, avrebbeportato più concorrenza, maggiori op-portunità per le imprese, minori costiper i consumatori. La direttiva preve-deva il cosiddetto “principio delpaese di origine”, che in poche parolevuol dire che se un’azienda lettonevuole proporre i suoi servizi in tuttaEuropa, può farlo secondo la leggelettone anche se lavora in Italia. I cri-tici della direttiva ebbero gioco nel di-mostrare che si trattava di un’ideaastratta di libera concorrenza: in re-altà, un’azienda lettone che venisse in

Italia a proporre certi servizi, se man-tenesse la legge lettone, potrebbetrovarsi in una posizione di vantaggiosleale rispetto alle aziende indigene,perché diversi, ed eventualmentemeno onerosi, sarebbero certi tributi,certe prestazioni previdenziali per i di-pendenti, certi requisiti. I sostenitoridella direttiva argomentarono che allalunga tutto questo avrebbe piuttostofavorito l’armonizzazione delle regolee spinto i diversi paesi ad uniformarsisu una sorta di “buona media”. Inogni caso, a novembre 2004 la Com-missione terminò il suo mandato,Bolkestein tornò in Olanda, e la nuovaCommissione e il Parlamento Euro-peo rieletto quell’anno si misero ala-cremente al lavoro per modificaresignificativamente quella bozza.Il “principio del paese di origine”venne fatto scomparire. Vennero in-serite due condizioni abbastanza “pe-santi” nella nuova direttiva: al punto14 e 86, una serie di “chi toccamuore” per garantire che gli stati eu-ropei dove vi sono maggiori garanziesociali (di solito, gli stati della parteoccidentale dell’Europa, e soprattuttoFrancia, Benelux, paesi scandinavi edi lingua tedesca, e in gran parteanche l’Italia) non subissero interfe-renze nella loro normativa nazionalesulle condizioni di lavoro e di occupa-zione e sulla sicurezza sociale.Anche la sanità pubblica veniva postaal riparo dal campo di applicazionedella direttiva, e in genere i serviziconsiderati di interesse pubblico.Alla fine, nel 2006, un nuovo testo,considerato un compromesso, venneapprovato dal Parlamento Europeo,su proposta finale dell’eurodeputatasocialdemocratica tedesca EvelyneGebhardt. Si trattò di un compro-

messo che teneva insieme le ragionidei liberali, che comunque ottennerola libertà di operare in tutta Europasaltando i confini nazionali, e quelledei socialisti, che videro protetti i la-voratori e impiegati di ciascun statodal rischio di una concorrenza al ri-basso da parte di operatori esteri.A prima vista, parve anche che le re-gole di competizione fossero abba-stanza bilanciate: certo, gli operatorinazionali avrebbero dovuto vedersela,da allora in poi, con una concorrenzaeuropea, ma questo apparve perfet-tamente logico, si parla infatti di fareun’Europa unita, e poi la concorrenzaè un rischio ma anche un’opportunità,ed è senz’altro il mestiere dell’im-prenditore quello di rischiare per co-gliere le occasioni.Ci sono però alcune categorie, e pro-babilmente alcuni paesi, che subi-scono maggiormente l’impatto dellanovità. Parlando dell’Italia, occorreconsiderare le tradizioni e le caratte-ristiche dell’economia, e anche dellacultura, nazionale. L’Italia è il paesedel “piccolo è bello”, e anche, oc-corre dirlo, il paese dei campanili edelle corporazioni, senza dare perforza a questa parola un significatodeteriore, ma per intendere anchequanto sia radicata in Italia la culturadella trasmissione di un lavoro dipadre in figlio. In pratica, si è visto checerte categorie in Italia erano partico-larmente in affanno ad aprirsi all’Eu-ropa, perché le piccole dimensionidell’azienda familiare tanto tipica in Ita-lia le rendevano inadatte a competere,e molto vulnerabili. È il caso, tra glialtri, degli stabilimenti balneari, che dalungo tempo in Italia costituivano unacategoria in fondo abbastanza pro-tetta, ben connessa con le ammini-

Taxie mostri

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strazioni locali, e insomma abituati aconsiderare la loro concessione pub-blica sull’arenile come qualcosa dimolto simile a una proprietà, o al-meno a una concessione di lungo pe-riodo che sarebbe stato possibilecontrollare e persino trasmettere aifigli. Con la direttiva europea, irrom-pono criteri molto più stringenti perl’assegnazione delle concessioni, esoprattutto, nel mondo globalizzato,gli esercenti balneari, specialmentedelle località italiane di maggior pre-stigio, da Forte dei Marmi al Lido diVenezia, tanto per dire, hanno vistoavvicinarsi lo spauracchio di grandiimprese, interessate a mettere piedein Italia, e dotate di capitali, compe-tenze, capacità tali da spaventarli. Sulpiano dell’economia, si tratta, se vo-gliamo, di un esempio da manuale dirazionalizzazione del mercato, doveuna platea numerosa di piccoli opera-tori viene “razionalmente” diradatadalla vittoria dei migliori.Ma anche una rivoluzione traumaticaper tanti operatori da sempre chiusinella loro dimensione locale. Eccoquindi il complicato balletto delle pro-roghe. Ancor più grave l’ansia deivenditori ambulanti italiani, che sono,

nel nostro Paese, di solito (ma nonsempre!) piccoli e piccolissimi opera-tori, spaventati dal dover competeresulle licenze con aziende più grandi.Particolarmente complesso poi ilcaso dei tassisti: se il servizio taxidebba aprirsi alla concorrenza, op-pure essere considerato pubblico ser-vizio, e quindi “protetto” con normenazionali, che, in Italia, vuol dire con-tinuare col numero chiuso delle li-cenze. Inoltre, occorre interpretare ladirettiva e capire se, anche se i taxisiano considerati pubblici e protetti,questo voglia dire addirittura arre-stare lo sviluppo di servizi urbani pri-vati, come chiedono i taxisti, e questoè un passo ulteriore, che non avvienedi solito nel campo dei servizi (per ca-pirsi, la sanità pubblica è protettadagli effetti della Bolkestein, e quindiuna clinica che abbia una conven-zione col Servizio sanitario nazionaleè più garantita, ma non al punto diproibire a un’altra di proporre sanitàprivata a suo rischio d’impresa).Insomma, anche ammettendo il nu-mero chiuso dei taxisti per superiorifinalità pubbliche di garanzia dellaqualità del servizio, arrivare alla proi-bizione della famosa Uber e dei nuovi

servizi di “car sharing” appare moltocomplicato. Del resto, la novità tecno-logiche sono molto difficili da arre-stare: lo sanno bene le compagnietelefoniche, che cercarono a suotempo di non abbattere il costo degliSms, finché gli utenti non sono pas-sati in massa a Whatsapp e alle altreapplicazioni di messaggistica senza li-mite di messaggi per costo di con-nessione. In conclusione, l’Italia starallentando l’applicazione della diret-tiva, usando, nei confronti di Bruxel-les, a difesa di usi e tradizioni italiane,un altro grande classico nazionale: ilcavillo, il rinvio, la proroga.Sarà però molto difficile, per ragionigiuridiche o tecnologiche, escludereall’infinito ambulanti, balneari e taxistida un processo epocale di riformeche investe l’intera Europa.In ultimo, se Frits Bolkestein non hain effetti creato la direttiva, perchétutti la chiamano così, quando sa-rebbe più corretto, magari, chiamarladirettiva Gebhardt? Probabilmente, ilpunto è tutto nel suono, involontaria-mente minaccioso, del nome delserio politico olandese: Bolkesteincome il mostro di Frankestein, qual-cosa che fa paura.

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eparare nettamente previ-denza e assistenza nel maremagnum della spesa pensio-

nistica. E’ un dato imprescindibile perfare chiarezza e per riordinare laspesa sociale nel nostro Paese. Èquanto emerge dal quarto Rapportoprodotto dall’Ufficio studi di ItinerariPrevidenziali di Alberto Brambilla, re-altà che da un decennio svolge atti-vità di ricerca, formazione einformazione nell’ambito del welfaree dei sistemi di protezione sociale, siapubblici sia privati. Il quadro d’in-sieme che emerge dal Rapporto in-dica la rilevanza del conto che ognianno paga l’Inps, cioè 307 miliardi dieuro. Includendo l’intera assistenzasociale, cioè anche le spese sanitarie,si arriva a ben 447,3 miliardi, pari al54,13 per cento dell’intera spesa pub-blica. Tuttavia - questo il vulnus - dellaquota comunemente chiamata“spesa pensionistica”, circa un terzo- cioè 103 miliardi - finisce in elargi-zioni assistenziali o integrazioni direddito. Una rilevante fetta che quindiha poco a che vedere con i classicitrasferimenti per le pensioni, copertiin buona parte dai relativi contributi.Ciò spinge ad alcune considerazioni.La prima, centrale, è che l’assistenza,diritto ovviamente sacrosanto del cit-tadino, in Italia abbia però un pesotroppo rilevante nel calderone della“spesa pensionistica” e, di fatto,“spendiamo di più di quello che ci pos-siamo permettere”, come scrive a mar-gine del Rapporto lo stesso professorAlberto Brambilla. Pertanto sarebbeopportuno un esame approfondito delcomplesso e a volte arcaico sistemadell’assistenza pubblica nel nostroPaese. Su questo punto, lo studio faemergere minuziosamente l’ecces-

sivo squilibrio tra spesa e numero diprestazioni assistenziali rispetto aquelle previdenziali. In soldoni, le pen-sioni, al netto delle tasse, assorbono168,5 miliardi, finanziate da 172,2 mi-liardi di contributi (pertanto il bilancioè attivo), Viceversa la spesa assisten-ziale ha toccato, appunto, 103,6 mi-liardi nel 2015, pari a circa il 60 percento dell’intera spesa per pensioni eall’annullamento del gettito di tutte leimposte dirette (Irpef, Irap, Ires, Isos)e dei contributi, lasciando solo le im-poste indirette per finanziare il funzio-namento del Paese. Crediamo, pertanto, che la lungimi-ranza – con un’attenzione particolareai giovani – suggerisca d’intervenireper rafforzare il sistema previdenzialee per razionalizzare quello dell’assi-stenza, contrastando soprattutto que-gli abusi degli uni che determinanosituazioni incresciose per gli altri, chenecessitano realmente di assistenza.E’ risaputo come buona parte diquella spesa sia frutto di logiche piùassistenzialiste che assistenziali.Pur nella consapevolezza che la realtàdemografica – crescente percentualedi anziani - possa in qualche modogiustificare l’onerosità delle risorseimpegnate, il confronto tra i diversi si-stemi-Paese sul fronte dell’assistenzasociale conferma “l’anomalia” deldato italiano. Al di là delle differenzequalitative delle prestazioni tra gliStati, confronto che ci penalizza perla nostra atavica “disorganizzazione”(usando un eufemismo), resta il fattoche l’Italia, impegnando ben il 30 percento del proprio Pil per la spesa so-ciale, sia ai vertici della classifica eu-ropea, addirittura davanti alla Sveziao all’Olanda (dati Eurostat). Se, comesostengono i crudi numeri, spen-

diamo troppo (e male) per il nostrowelfare, nel contempo incassiamopoco (e male) per finanziarlo. Il gettitoIrpef, che alimenta la parte di welfarenon pensionistica, risente dei dannigenerati dalla diffusa evasione fi-scale: non è credibile che soltanto30,7 milioni di italiani (su 60,5 milioni)dichiarino redditi, mentre una parteconsistente di cittadini viva con en-trate inferiori alle pensioni minime. Un altro punto di vulnerabilità, anchequesto atavico, è rappresentato daidifferenti bilanci tra i territori, dove ilSud consuma circa il doppio diquanto paga.Due valutazioni prima di chiudere.La prima: le tante incongruenze diquesta situazione non debbono certoessere prese a pretesto per metterein discussione un pilastro di solida-rietà sociale e un sacrosanto dirittodei cittadini come l’assistenza socialea fronte delle solite politiche di taglilineari che spesso si traducono in ma-celleria sociale. Certo, è necessariointervenire subito proprio per correg-gere le evidenti distorsioni (spessofonte di disuguaglianze), evitando chetale quadro possa degenerare alprossimo rialzo dei tassi.La seconda: il fatto che il mero “con-tenitore previdenziale”, quello dei solivitalizi, presenti una buona sostenibi-lità economica con un saldo più chepositivo tra entrate contributive eduscite (attualmente 3,7 miliardi dieuro) non deve farci dimenticare ledifformità, soprattutto in chiave gene-razionale, tra aree di superprivilegiatie la crescente platea di pensionati alminimo. Occorre, su questo versante,intervenire preventivamente per ga-rantire nel futuro non miraggi, mapensioni con il requisito della dignità.

Spesa pensionistica,il peso dell’assistenza

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arlare di pianificazione evalorizzazione commer-ciale delle nostre città ed

escludere da questo processo che siannunciava partecipativo una partedella rappresentatività di questa cate-goria e l’intera voce dell’artigianato ècome pretendere che in condominiosi faccia solo quello che vuole il con-dominio più anziano. La firma di oggia Bari del protocollo d’intesa tra Re-gione e alcune associazioni di catego-ria del commercio è lo strappo cheesclude dai processi previsti dal Di-stretto Urbano del Commercio unabuona parte delle imprese pugliesi etarantine in particolare”. Così il segre-tario provinciale dell’UNSIC (UnioneNazionale Sindacale Imprenditori eColtivatori) di Taranto, Cisberto Zac-cheo, in riferimento al passaggio suiDUC che si consumerà oggi in Re-gione spianando la strada verso ibandi previsti per il settore. Lo stru-mento pensato dall’Assessore regio-nale Loredana Capone viene dunqueimpugnato dall’UNSIC che pur ricono-scendo la prospettiva dei Distretti,evidenza come sia nella fase pro-grammatoria sia in quella successivache dovrà indicare come spendere lerisorse, si sia ragionato in termini dirappresentatività non più esclusivenel mondo del commercio.I DUC secondo la normativa regionaledovrebbero finanziare la redazione dipiani operativi per i Comuni e di veree proprie opere o iniziative previstedagli stessi piani – dice Zaccheo – nelcaso di Taranto esiste già un lavoro dianalisi e elaborazione progettuale re-datto in questi anni dalla Camera diCommercio e consegnato al Comunecapoluogo nell’agosto scorso. Siamodunque in presenza di uno studio già

finanziato sulle policy per lo spazio ur-bano che dopo la firma di oggi vor-remmo capire che fine farà. Temadunque che interseca quello delle ri-sorse. Non si spiega in questo sensol’idea di rifinanziare uno studio già esi-stente – dice Zaccheo – così comenon si trova coerenza nelle sommedella grande distribuzione (per Ta-ranto ingenti risorse provenienti dal-l’ampliamento Ipercoop – ndr)pensate come compensazione da ri-conoscere al tessuto commerciale diquelle città che ne avevano subitoconseguenze inserite invece nelle ri-sorse per i DUC e quindi spalmate sututto il territorio regionale, tra comunirealmente intaccati nel commerciourbano, come Taranto, e quelli com-pletamente avulsi dal fenomeno.Un elemento che sa anche di uncerto strabismo da parte di associa-zioni di categoria che a Taranto mi-nacciano di abbandonare i tavoli diprogrammazione, annunciano batta-glie dure contro la GDO ma poi a queltavolo siedono senza nessun tipo dielemento critico. Vi è poi un pro-blema di partecipazione che secondol’UNSIC non può essere eluso. Lestrade del commercio tarantino nonsono più esclusivo appannaggio diuna o due associazioni di categoriache addirittura in altre province pu-gliesi sono assolutamente scom-parse resta pertanto incomprensibile– continua il responsabile dell’UNSIC– l’individuazione dei CAT (Centri As-sistenza Tecnica) di Confesercenti eConfcommercio quali luoghi deputatialle attività istruttorie che insieme aiComuni dovranno riguardare adesempio il miglioramento dell’arredourbano, la riqualificazione delle areemercatali, la valorizzazione delle bot-

teghe, anche quelle artigiane clamo-rosamente escluse da questo pro-cesso, e persino la valorizzazionedelle peculiarità turistiche e dell’im-magine complessiva delle città. Im-maginavamo una identità territorialein cui tutti si potessero riconoscere ein cui tutte le rappresentanze delcommercio e dell’artigianato aves-sero pari dignità – conclude Zaccheo– registriamo invece l’ennesima di-stanza tra noi e l’Assessore Caponeche nuovamente invitiamo a Tarantoper confrontarsi con tutte le voci diquesta città, e toccare con mano sto-ria e riconoscibilità di aziende com-merciali e artigiane di grande rispetto.Inoltre, per Unsic Taranto, “la firmadel protocollo d’intesa tra Regione ealcune associazioni di categoria delcommercio è lo strappo che escludedai processi previsti dal Distretto Ur-bano del Commercio una buonaparte delle imprese pugliesi e taran-tine in particolare”.Così il segretario provinciale dell’UN-SIC (Unione Nazionale Sindacale Im-prenditori e Coltivatori) di Taranto,Cisberto Zaccheo, in riferimento alpassaggio sui DUC che spiana lastrada verso i bandi previsti per il set-tore. Lo strumento pensato dall’As-sessore regionale Loredana Caponeviene dunque impugnato dall’UNSICche pur riconoscendo la prospettivadei Distretti, evidenza come sia nellafase programmatoria sia in quellasuccessiva che dovrà indicare comespendere le risorse, si sia ragionatoin termini di rappresentatività non piùesclusive nel mondo del commercio.I DUC secondo la normativa regionaledovrebbero finanziare la redazione dipiani operativi per i Comuni e di veree proprie opere o iniziative previste

Il Distretto UrbanoL’UNSIC di Taranto denuncia il vuoto di rappresentatività

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MONDO UNSIC

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dagli stessi piani – dice Zaccheo – nelcaso di Taranto esiste già un lavoro dianalisi e elaborazione progettuale re-datto in questi anni dalla Camera diCommercio e consegnato al Comunecapoluogo nell’agosto scorso. In me-rito alle risorse “non si spiega l’ideadi rifinanziare uno studio già esistente– dice Zaccheo – così come non sitrova coerenza nelle somme dellagrande distribuzione (per Taranto in-genti risorse provenienti dall’amplia-mento Ipercoop), pensate comecompensazione da riconoscere altessuto commerciale di quelle cittàche ne avevano subito conseguenze,e inserite invece nelle risorse per i

DUC e quindi spalmate su tutto il ter-ritorio regionale, tra comuni real-mente intaccati nel commerciourbano, come Taranto, e quelli com-pletamente avulsi dal fenomeno. Vi èpoi un problema di partecipazioneche secondo l’UNSIC non può essereeluso. Le strade del commercio taran-tino non sono più esclusivo appan-naggio di una o due associazioni dicategoria che addirittura in altre pro-vince pugliesi sono assolutamentescomparse resta pertanto incompren-sibile – continua il responsabile del-l’UNSIC – l’individuazione dei CAT(Centri Assistenza Tecnica) di Confe-sercenti e Confcommercio quali luoghi

deputati alle attività istruttorie che in-sieme ai Comuni dovranno riguardaread esempio il miglioramento dell’ar-redo urbano, la riqualificazione dellearee mercatali, la valorizzazione dellebotteghe, anche quelle artigiane cla-morosamente escluse da questo pro-cesso, e persino la valorizzazione dellepeculiarità turistiche e dell’immaginecomplessiva delle città. Registriamo –conclude Zaccheo – l’ennesima di-stanza tra noi e l’Assessore Caponeche nuovamente invitiamo a Tarantoper confrontarsi con tutte le voci diquesta città, e toccare con mano storiae riconoscibilità di aziende commer-ciali e artigiane di grande rispetto.

ell’anno 2050 l’Italia scen-derà al ventunesimo postotra gli Stati mondiali per ric-

chezza prodotta. Ma a subire l’ineso-rabile declino sarà un po’ tuttal’Europa, con la Germania che pas-serà dall’attuale quinto al nono postoe la Francia che sarà fuori dalla topten. Soltanto il Regno Unito potrebberimanere stabile, scalando una solaposizione (dal nono al decimo posto).E’ quanto emerge, a grandi linee, dauno studio di Pricewaterhouse- Coo-pers (Pwc), la nota multinazionale direvisione, che ha analizzato i 32 Paesicon le economie più rilevanti, quelleche rappresentano complessiva-mente circa l’85 per cento del Pilmondiale. Se l’Europa piange, ridonole economie emergenti. L’India po-trebbe raggiungere il secondo dall’at-tuale terzo posto nella classifica dellemaggiori economie, l’Indonesia sca-lerebbe ben quattro posizioni (dall’ot-tavo al quarto posto), il Brasile due

posizioni (dal settimo al quinto posto)e un sorprendente Messico conqui-sterebbe il settimo posto. Se la Cinaradicherebbe la sua prima posizione,il Giappone crollerebbe dal quartoall’ottavo posto e gli Stati Uniti dal se-condo al terzo. Stabile la Russia alsesto posto. Va detto, però, chel’economia mondiale nel suo insiemepotrebbe più che raddoppiare in ter-mini di dimensioni entro il 2050, me-rito principalmente della produttivitàsostenuta dalle nuove tecnologie.Del resto da qui al 2050, secondo laPwc, il Giappone registrerebbe unacrescita media annua dello 0,9 percento, l’Italia dell’uno per cento, laGermania dell’1,3, la Francia dell’1,6,il Canada e gli Stati Uniti dell’1,8 e unasorprendente Gran Bretagna, a provadi Brexit, dell’1,9 per cento, cioè piùdi qualsiasi altro membro del G7, te-nendo testa ai mercati emergenti.John Hauksworth, capo economistadella Pwc, lega questa proiezione a

“fattori demografici favorevoli per ilRegno Unito e a un’economia relati-vamente flessibile rispetto agli stan-dard europei”. Mentre l’Italiaarretrerebbe al ventunesimo postodall’attuale dodicesimo, si farebberospazio nuove economie come la Ni-geria (dal ventiduesimo al quattordi-cesimo posto), le Filippine (dalventottesimo al diciannovesimo) e ilVietnam (dal trentaduesimo al vente-simo posto). Bene anche la Turchia.Il Rapporto, però, sottolinea come leeconomie emergenti avrebbero biso-gno di migliorare istituzioni e infra-strutture per realizzare pienamente ilpotenziale di crescita a lungo ter-mine. Inoltre deplora il protezionismoe promuove lo sviluppo delle tecno-logie verdi per un futuro più sosteni-bile.

Per scaricare il Rapporto:www.pwc.com/gx/en/issues/economy/the-world-in-2050.html

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MONDO ECONOMICO

Il mondotargato 2050

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ualcuno parla di “bene-rifu-gio”. O del miglior investi-mento per il futuro. Di certo

i primi dati diffusi dal ministero del-l’Istruzione sulle iscrizioni on-line (chesi sono chiuse nei giorni scorsi) allescuole superiori non lasciano spazioa dubbi: i licei hanno ripreso a tiraretra le opzioni che, per l’anno scola-stico 2017/18, riguarderanno 475.553ragazzi. Se nel 2012 le scelte di unliceo quale passaggio obbligato per ilfuturo riguardavano il 47,4 per centodei quattordicenni, da quattro anniquesta percentuale ha superato il 50per cento e per il 2017/18 ha rag-giunto il 54,6 per cento, addiritturacon un punto e mezzo in più rispettoallo scorso anno.Se lo scientifico conquista uno 0,6per cento in più, passando dal 24,5 al25,1 per cento, colpisce soprattutto ilboom del classico, dal 6,1 al 6,6 percento. Un dato che viene letto daglianalisti, appunto, come il bisogno diuna “certezza”, di una preparazione

solida che possa costituire il migliorestrumento possibile nell’affrontare lacrisi. In linea con la riscoperta di una“cultura alta”, che possa perlomenocontrastare derive ormai globali.Dario Antiseri qualche anno fa scri-veva che nel classico si propongonoveri problemi da risolvere e non sem-plici esercizi da eseguire. E il filologoe storico Luciano Canfora, più “movi-mentista” del collega liberale, ha evi-denziato come questa scuola insegni“a ragionare e a resistere”. Stron-cando chi, pragmaticamente, ritienegli studi umanistici una materia de-sueta e una fabbrica di disoccupati afronte della logica americana del“saper fare”.Comunque la si pensi, il ritorno deilicei classici e scientifici nelle sceltedi ragazzi e famiglie rappresenta cer-tamente un dato positivo per il futuro.Si spera, infatti, che questo orienta-mento torni ad alimentare soprattuttogli atenei italiani, afflitti da un calo diiscrizioni (e di qualità) da più di qual-

che anno. Tutto ciò sta avvenendoall’indomani di due fenomeni edito-riali che hanno fatto molto discutere:la conquista del primo posto nelleclassifiche dei saggi più venduti daparte del libro “La lingua geniale. 9 ra-gioni per amare il greco” scritto dallaprofessoressa toscana Andrea Mar-colongo per Laterza, che si avvia altraguardo delle 100mila copie.Seguito a ruota, al secondo posto, da“Viva il latino. Storie e bellezza di unalingua inutile” di Nicola Gardini, editoda Garzanti. Per la cronaca, il boom diclassico e scientifico ha raffreddatogli slanci per scelte alternative. Sono,infatti, più o meno stabili il linguistico(9,2 per cento, come l’anno scorso),l’artistico (4,2 per cento, più 0,1), ilmusicale (fermo allo 0,8 per cento).E il boom dei licei ridimensiona, diconseguenza, i professionali (dal 16,5al 15,1 per cento), mentre tengono –per quanto in discesa – i tecnici (30,3per cento) e gli istituti economici(11,2).

Ritornoal “classico”

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iente lista dei “bidonisti” delMonte dei Paschi di Siena. Incompenso il voto di fiducia

del Senato ha garantito il fondo da 20miliardi per puntellare il sistema ban-cario italiano, di fatto nazionalizzandole banche in difficoltà. La prima spesaprevista sarà di circa otto miliardi dieuro, con cui il Tesoro diventerà azio-nista al 70 per cento dell’ex colossosenese.È poi abbastanza probabile l’ingressodello Stato nei due istituti veneti (Pop-Vicenza e Veneto Banca) con circatre-quattro miliardi e altri quattro mi-liardi se salterà il fondo Atlante.L’ingresso del Tesoro potrebbe avere– il condizionale è d’obbligo – conse-guenze poco piacevoli per i verticidelle banche salvate con denaro pub-blico: in pratica si potrà chiedere la ri-

mozione dei banchieri o fissare untetto agli stipendi del consiglio di am-ministrazione e dell’alta dirigenza.L’aiuto dello Stato potrà arrivare, oltreche con la ricapitalizzazione preven-tiva (è il caso del Monte dei Paschi diSiena), anche con speciali garanziesulla liquidità che potranno esserechieste allo Stato senza presentareun piano di ristrutturazione se le pas-sività saranno rimborsate entro duemesi.C’è poi anche l’agevolazione fiscale:il cosiddetto burden sharing, cioè ilmeccanismo che spinge le banche achiedere l’intervento pubblico saràneutrale sul piano tributario. Una no-vità riguarda i rimborsi agli obbligazio-nisti delle quattro banche salvate anovembre 2015 (Banca Etruria, BancaMarche, CariChieti e Carife): viene

ampliata la platea dei beneficiari chepotranno richiedere il risarcimentoforfetario, includendovi i coniugi oconviventi more uxorio e i parenti deiconsumatori fino al secondo grado diparentela. Secondo il ceo di Medio-banca, Alberto Nagel, il fondo salva-banche da 20 miliardi di euro attivatodal governo sarà sufficiente a stabiliz-zare il sistema bancario italiano.“Oggi non abbiamo altre situazioniche dal punto di vista del capitale odella stabilità destano allarmi – ha ag-giunto il rappresentante di Medio-banca in un briefing sui conti delprimo semestre, tuttavia, ha ag-giunto, restano tematiche della reddi-tività e della pulizia dei bilanci.L’aumento di capitale di Unicredit do-vrebbe rappresentare un altro tas-sello positivo sul fronte del capitale.

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Salvataggimessi in banca

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ono i cambiamenti climatici apreoccupare maggiormenteun campione di 750 esperti

nella lista delle trenta più rilevanti mi-nacce globali del 2017. È quantoemerge dal 12esimo “Global risks re-port”, pubblicato dal World economicforum. Nonostante i passi avanticompiuti proprio nell’anno appenatrascorso su questo fronte (si pensiall’accordo di Parigi), i rischi a mag-gior impatto globale sono prevalente-mente di natura ambientale, legati –

oltre al clima – all’acqua e ai disastrinaturali. Nei primi cinque posti dellaclassifica delle minacce globali solola paura delle armi di distruzione dimassa è estranea alle motivazioni dicarattere ambientale.I rischi climatici – secondo il Rapporto- sono interconnessi con altre emer-genze globali e disuguaglianze sociali,creando condizioni che potrebbero ali-mentare migrazioni epocali (si parla di21,5 milioni di “profughi climatici”, se-condo l’Unhcr) e rischi geopolitici e

sociali. Margareta Drzeniek-Hanouz,responsabile del World economicforum per la competitività, spronatutti i leader del mondo ad “identifi-care i modi per superare le differenzepolitiche o ideologiche e lavorare in-sieme per risolvere le sfide più criti-che. Lo slancio che si è avuto del2016 per affrontare il cambiamentoclimatico dimostra che questo è pos-sibile e offre la speranza perun’azione collettiva a livello internazio-nale”.

Paura (globale)del clima

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ndennità: quest’anno l’importodell’indennità di accompagna-mento sarà pari a 515,43 euro

mensili. Piuttosto ingannevole quindil’annuncio che si può trovare qua e làsul web di un aumento di questa pre-stazione assistenziale, che spetta agliinvalidi civili totali che si trovino nondeambulanti o inabili: infatti è solo dipochi euro la differenza con il 2016.Per ricevere l’indennità non è previstauna limitazione di reddito o anagra-fica, cioè è erogata “al solo titolo dellaminorazione”, indifferentemente daaltre condizioni. Il principio universalesottolinea il dovere dello Stato di farsicarico di quei cittadini o cittadine chesoffrano di una minorazione.Ma i limiti della disponibilità generalefa sì che il contributo appaia tropporidotto per un’effettiva ed efficace as-sistenza, risultando insufficiente spe-cialmente per coloro che si trovano agodere di un reddito basso. Si pro-

pone quindi da molte parti di trasfor-mare l’indennità di accompagna-mento secondo un criterio di giustiziadistributiva, di più ai redditi bassi, enon erogarla a chi abbia redditi signi-ficativi. Un’altra via è di incrementareil fondo per l’autosufficienza con con-tributi, del resto nel pubblico impiegoquesto già esiste, ma potrebbe es-sere un sistema di finanziamento me-glio esteso. Esodati: con il 2 marzo,si è conclusa la cosiddetta ottavaEsodati: con la scadenza del 2 marzoper la pensione siamo arrivati alla co-siddetta “ottava salvaguardia”.Gli esodati, coloro che sono cadutinella “trappola” dell’allungamentodell’età pensionabile con la riformaFornero dopo aver sottoscritto un ac-cordo di pensionamento anticipatocon il loro datore di lavoro, hanno co-stituito, loro malgrado, un rompicapoburocratico, tra il dovere di sanareun’ingiustizia e la necessità di rispet-

tare la legge così come era stata ora-mai modificata. Gradualmente, conl’”ottava salvaguardia”, si che arriva ainteressare altre 32mila persone sinoranon protette da precedenti correzionidelle regole. Dovrebbero essere coin-volti 6.800 lavoratori in mobilità cheavrebbero avuto la soglia della pen-sione (beninteso, prima della riformaFornero) fino a trentasei mesi dopo ladata della loro mobilità (la settima sal-vaguardia copriva fino a dodici mesi);e altri 25000 lavoratori circa, di catego-rie particolari già indicate nella salva-guardia precedente, che sarebberoarrivati alla pensione al 2021.Il problema è: l’ottava salvaguardiasarà l’ultima? Probabilmente no. Per-ché il sistema di salvaguardie, spo-stando sempre in avanti il confine deigarantiti, non ha solo sanato le ingiu-stizie, ma creato aspettative in un nu-mero crescente di persone, lavoratorianziani di difficile collocamento.

Indennità ed esodatiAlcuni temi per il patronato nel 2017

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PATRONATO ENASC

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a vendita a domicilio è unaforma speciale di vendita aldettaglio e di offerta di beni e

servizi effettuata mediante la raccoltadi ordinativi di acquisto presso il do-micilio del consumatore finale. Sitratta, quindi, di una particolare formadi commercio realizzata mediante illavoro di un incaricato alle venditeche normalmente agisce senza alcunvincolo di subordinazione nei con-fronti dell’impresa mandante e fuoridall’inquadramento degli agenti dicommercio. I venditori a domicilio perpoter esercitare l’attività devono es-sere in possesso di un incarico, pro-vato per iscritto, sia nel caso in cuiesercitino in maniera autonoma, sianel caso in cui lo facciano attraversoun contratto di lavoro dipendente.I venditori a domicilio non possono innessun caso avere l’obbligo di acqui-stare materiali o altri beni commercia-lizzati o distribuiti dall’impresa affidante,salvo per i beni e i materiali che servi-ranno da campionario per la vendita.L’incaricato alla vendita a domicilio nonha, salvo autorizzazione scritta, la fa-coltà di riscuotere il corrispettivo o dioperare sconti o dilazioni sui paga-menti. Il compenso dell’incaricato allavendita che non abbia un vincolo di su-bordinazione con l’impresa mandanteè costituito dalle provvigioni sugli affarieseguiti. In pratica, maggiore sarà il vo-lume degli affari conclusi, maggiore èil compenso spettante al venditore, se-condo percentuali di provvigione chevariano da settore a settore. In meritoall’attività dei venditori a domicilio, ilD.Lgs. n. 114/98, all’articolo 19, pre-vede che obbligatoriamente l’aziendamandante debba fornire all’incaricatoalle vendite a domicilio un appositotesserino di riconoscimento, ele-

mento imprescindibile per l’attività divendita porta a porta: senza di essol’attività di vendita a domicilio nonpuò essere esercitata. Il tesserino diriconoscimento deve essere nume-rato ed aggiornato annualmente, edeve contenere la fotografia dell’inca-ricato alle vendite, con l’indicazionedella sede e dei prodotti oggettodell’attività dell’impresa mandantecon la firma del responsabile dellastessa impresa. Il tesserino, natural-mente, deve essere esposto in modovisibile durante le operazioni di ven-dita e deve essere ritirato in caso dirinuncia o revoca dell’incarico delvenditore. L’articolo 5 del D.Lgs. n.114/98 prevede alcuni requisiti, da ve-rificare in negativo, per poter eserci-tare un’attività di tipo commerciale.In particolare, non possono effettuarel’attività di commercio al dettaglio,quindi di vendita a domicilio, i sog-getti che si trovano in una delle se-guenti fattispecie: soggetti dichiaratifallito, sino alla data di chiusura delfallimento; soggetti che abbiano ri-portato una condanna per delitto peril quale è stata prevista una pena noninferiore a tre anni di detenzione; sog-getti che abbiano riportato una con-danna per ricettazione, riciclaggio,insolvenza fraudolenta, bancarottafraudolenta, usura, estorsione, ra-pina, reati contro l’igiene e la sanitàpubblica; soggetti che abbiano ripor-tato condanne per delitti di frodenella preparazione o nel commerciodegli alimenti. Per queste categorie disoggetti il divieto di esercizio di atti-vità commerciali permane per cinqueanni da quando la pena è stata scon-tata e non si applica se è stata con-cessa la sospensione condizionaledella pena. Dopo aver visto i principali

adempimenti da un punto di vista am-ministrativo relativi all’attività dei ven-ditori a domicilio, ci soffermiamoadesso sulla disciplina fiscale, conparticolare riguardo alla determina-zione delle imposte sui redditi e sullaattività occasionale e professionaledel venditore, e dei suoi risvolti da unpunto di vista Iva. L’attività svolta daivenditori a domicilio, rientra nella di-sciplina fiscale degli agenti e rappre-sentanti di commercio. In particolare,come disciplinato dall’articolo 25-bisdel DPR n. 600/73, le provvigioni per-cepite dai soggetti che effettuano at-tività di vendita a domicilio sonosoggette all’applicazione di una rite-nuta a titolo di imposta del 23%.Tale ritenuta deve essere applicatasull’ammontare delle provvigioni per-cepite ridotte del 22% a titolo di de-duzione forfettaria delle spese legatealla produzione del reddito. Pertanto,il reddito imponibile netto dei vendi-tori a domicilio si determina sottra-endo dall’importo dell’imponibilelordo, comprensivo di premi, provvi-gioni e incentivi, la deduzione forfet-taria del 22%. Volendo essere quantopiù pratici possibile, possiamo cosìriassumere: provvigioni nette = Prov-vigioni premi e incentivi lordi * 78%.Il valore delle provvigioni nette, rap-presenta la base imponibile per l’ap-plicazione della ritenuta a titolo diimposta del 23% (pari all’aliquota pre-vista per il primo scaglione dell’Irpef),che l’azienda mandante è tenuta adoperare sulla provvigione del vendi-tore a domicilio. L’applicazione dellaritenuta a titolo di imposta, ha comeconseguenza che i venditori a domi-cilio sono esonerati dalla presenta-zione della dichiarazione dei redditi.L’esonero è valido nel caso in cui il

La venditaa domicilio

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CAF UNSIC

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venditore non abbia percepito nellostesso anno di imposta anche altre ti-pologie reddituali, altrimenti la dichia-razione dei redditi dovrà esserepresentata, ma avendo cura di non in-dicarvi le provvigioni percepite per losvolgimento di tale attività. Oltre al-l’esonero dalla dichiarazione dei red-diti i venditori a domicilio sonoesonerati anche dall’applicazionedella disciplina Irap e dagli studi disettore (Circolare n. 110/E/1999 del-l’Agenzia delle Entrate). La societàmandante, che opera in qualità di so-stituto d’imposta, è chiamata ad ope-rare una ritenuta a titolo di impostanel momento in cui viene effettuato ilpagamento al soggetto incaricatodelle vendite, ed indipendentementedalla modalità di svolgimento dell’at-tività di quest ultimo (occasionale oabituale, come vedremo tra poco).Entro il giorno 16 del mese succes-sivo a quello del pagamento delleprovvigioni dovute agli incaricati, lasocietà committente è tenuta a ver-sare le relative ritenute tramite il mo-dello F24 utilizzando il codice tributo1038 nella sezione erario. I compensiannuali corrisposti agli incaricati allevendite a domicilio e le relative rite-nute dovranno essere riepilogati conla consegna a ciascun percipientedella relativa Certificazione Unicacome previsto dall’articolo 4, comma6-quater del DPR n. 322/98 (entro il28 febbraio dell’anno successivo aquello in cui i compensi sono statierogati). L’azienda committente dovràinoltre comunicare all’Amministra-zione finanziaria, tramite la dichiara-zione modello 770 in qualità disostituto d’imposta, le provvigionicorrisposte agli incaricati, la base im-ponibile per il calcolo delle ritenute ele ritenute operate.Per l’attività occasionale dei venditoria domicilio la normativa fiscale pre-vede che l’attività dei venditori a do-micilio possa essere esercitata informa occasionale o professionale, aseconda del rispetto di alcuni requisiti

che adesso andremo ad analizzare.L’articolo 3 della Legge n. 173/2005prevede che l’attività svolta dal vendi-tore porta a porta sia considerata dicarattere occasionale sino al conse-guimento di un reddito netto annuo,derivante da tale attività, non supe-riore ad €. 5.000. Tale reddito deveessere considerato tenendo contodella percentuale di deduzione forfet-taria del 22%. In pratica la soglia deicompensi percepiti per svolgere l’at-tività di venditori a domicilio a carat-tere occasionale è pari a €. 6.426,10(€ 6.410,26 * 78% = € 5.000). Il ven-ditore a domicilio occasionale, quindi,fino al raggiungimento del suddettolimite sarà esonerato sia dall’aperturadella partita Iva, che dall’applicazionedell’Iva sui compensi percepiti. Perquesti soggetti, quindi, sarà suffi-ciente rilasciare una ricevuta alla so-cietà mandante per l’importo delleprovvigioni spettanti, su cui indicarel’importo della deduzione forfettaria edella ritenuta a titolo di imposta che,come abbiamo visto, sarà versata a

cura della società mandante chefunge da sostituto d’imposta. Il ven-ditore a domicilio che supera la sogliadelle provvigioni lorde sopra indicatadi €. 6.426,10 è tenuto, obbligatoria-mente, all’apertura della partita Iva,entro i 30 giorni successivi.Tale adempimento, lo ricordiamo, èassolutamente obbligatorio e non de-rogabile, in quanto da questo mo-mento egli è tenuto ad assoggettaread Iva tutti i compensi che eccedonoil limite, così come indicato nella Ri-soluzione n. 18/E/2006 dell’Agenziadelle Entrate.È importante precisare che, qualora ilvenditore a domicilio, riscontrasse ilmancato superamento della soglia inun determinato periodo d’imposta,eventualmente dovuto a fattori con-tingenti e inerenti l’attività svolta, nonsi determina la perdita della soggetti-vità passiva ai fini Iva, in quanto il con-tribuente che inizia ad esercitare lavendita diretta a domicilio quale atti-vità abituale e professionale, nonpotrà più considerarsi.

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i è concluso il progetto pro-mosso dall’Enuip: Giovanisenza frontiere” che preve-

deva educazione ai diritti del citta-dino, interventi di animazione sulterritorio e animazione culturale versoi giovani. Nello specifico, le aree di in-tervento del progetto sono relativeall’educare i giovani alla pace ed al ri-spetto reciproco, andando al di làdella mera logica dell’accettazionedell’altro, ma vedendo in esso unsoggetto che può contribuire all’arric-chimento personale: si passa cosìdalla cultura della tolleranza a quelladella valorizzazione del diverso.I giovani con età medi adi 24 annierano 52 donne e 30 uomini cui sonostate impartite lezioni per compren-dere le problematiche territoriali,quelle dei giovani nello specifico con-testo di riferimento e i servizi attivi sulterritorio, i diritti ed i doveri di ogni cit-tadino, il concetto di cittadinanza at-tiva, il ruolo della mediazione neiconflitti, le problematiche legati al-l’immigrazione e ai processi di inte-grazione. Importantissimo è statoanche illustrare la metodologia della

peer education, gli strumenti e me-todi di promozione sul territorio, l’im-patto e conseguenze delle guerre edei conflitti e acquisire gli strumentidi valutazione e monitoraggio. Lecompetenze acquisite li hanno portatia saper organizzare eventi promozio-nali ed iniziative corsuali/seminariali edi animazione territoriale, progettareiniziative rivolte ai giovani e finalizzatiall’inclusione sociale ed integrazione,cercare ed individuare possibili fonti difinanziamento (Bandi ed avvisi, Spon-sor) per le iniziative da realizzare, ope-rare in un’ottica di qualità e dimiglioramento continuo per poi farneun report. Gli altri enti coinvolti sonostati: l’UNSIC, Associazione fondatricee promotrice dell’ENUIP, che ha colla-borato supporto il progetto, il patro-nato ENASC che ha collaborato sututte le sedi di progetto, nel pubbliciz-zare e promuovere le iniziative previ-ste, nel promuovere, organizzare epartecipare ad eventi di animazionesul territorio, nell’organizzare incon-tri/seminari e nel redigere materiali di-vulgativi relativi ai diritti e doveridell’essere cittadini. Inoltre la CON-

FIAL, Confederazione Italiana Auto-noma Lavoratori, in particolare nelsuo Comparto Scuola, ha collaborato– su tutte le sedi di progetto - nel pub-blicizzare e promuovere il progetto trai propri iscritti e partner attraverso ipropri canali comunicativi e la parte-cipazione agli eventi ed incontri disensibilizzazione organizzati, nel for-nire informazioni sui diritti in qualitàdi cittadini, e nell’organizzazione di in-contri e seminari su di essi nell’am-bito dei territori di riferimento.Tra gli enti anche la cooperativa so-ciale l’ICARUM, Ente di formazioneaccreditato per la formazione, che hacollaborato in particolare nelle sedi diprogetto del Lazio, pubblicizzando epromuovendo il progetto tra i giovaniattraverso i propri canali comunicativie la partecipazione agli eventi ed in-contri di sensibilizzazione organizzati.L’ENUIP, in qualità di ente di primaclasse accreditato all’Albo nazionaledel Servizio Civile, ha inviato all’Uffi-cio nazionale di Servizio civile il Rap-porto di valutazione dei progettirealizzati tra i 3 novembre 2015 e il 2novembre 2016.

Progetto“Giovani senza Frontiere”

ENUIP

S

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Contadinihi-tech

i chiama “agricoltura di preci-sione” perché, rispetto alpassato, nulla sarà più ca-

suale, nemmeno la posizione di unseme. O la quantità di acqua per in-naffiare l’insalata. Niente sarà più af-fidato unicamente alla forza dellebraccia. A roncole e zappe. Al sudoredella fronte. E casomai a qualchecane abile nel fare il vigile urbano conmandrie e greggi in transumanza. Lenuove tecnologie dovranno fornire lamigliore (o unica) risposta agli stravol-gimenti in corso. Alle stagioni chenon sono più le stesse, tanto per ri-badire un concetto ormai consumato(ma reale). Alla popolazione mondialeche aumenta di numero troppo infretta. Ad un’agricoltura ormai globa-lizzata. Ecco allora l’irruzione di tele-camere, sensori, mappe Gps,stampanti 3D, magnetometri, stru-menti di telerilevamento e gli imman-cabili e affascinanti droni al serviziodei nuovi contadini hi-tech. Tutta cul-tura tecnologica e computer. App &ravanelli di giornata. I più sofisticatimarchingegni per migliorare la resa diun prodotto, la sua qualità o per indi-viduare in anticipo le malattie deglianimali. È l’agricoltura dai nomi diffi-cili. Acquaponica, aeroponica, idropo-nica. Governata dai cosiddetti“attuatori”, cioè da dispositivi elettroi-draulici che garantiscono la differen-ziazione degli interventi, su specificheporzioni di terreno o su singolepiante. Agricoltura ormai coltivatafuori dal suolo, persino in altezza, conorti pensili che richiamano memorieclassiche di Babilonia. Ruralità com-puterizzata o ottimizzata a furia di datie algoritmi per schedano nel dettagliola zootecnia del nuovo millennio. Lanuova frontiera dell’universo verde è

già cominciata e i benefici potrannoessere rilevanti, soprattutto sul frontedel risparmio energetico e idrico,della produttività, nonché della soste-nibilità ambientale. Tutto è dominatoda una delega storica: l’innovazioneassicura l’esecuzione automatica dimansioni per secoli svolte con faticadall’uomo: una “vendemmiatrice arateo variabile” sceglie la migliore uvacollocandola in un cassone separato,mentre altri macchinari possono ef-fettuare potature differenziate, unapianta sì e una no. Ma gli orti 2.0 pos-sono finire persino nelle abitazioni,sui tetti condominiali, negli ospedali,nelle scuole, addirittura nei mercatirionali, secondo una logica di auto-produzione sempre più vicina al con-sumatore finale. Dai chilometri zero aimetri zero. Oltre ai campi, sono le

serre a testimoniare i risultati ottenutidalle nuove tecnologie. Piccoli spazipossono assicurare grandi esiti in ter-mini di rendimento. Non mancano mi-nuscoli mulini domestici, frantoicasalinghi, persino mini-distillerie perliquori fai-da-te. La domotica, poi,apre nuovi scenari. E la rivoluzione ru-rale, assicurano gli esperti, avrà rica-dute anche sulla gastronomia.Il ministro delle Politiche agricole, Mau-rizio Martina, pone grande attenzioneal comparto. Ed ha fissato l’obiettivo inuna percentuale: l’agricoltura di preci-sione dovrà, nel minor tempo possi-bile, coprire almeno il 10 per centodella superficie coltivata. Un po’ comel’Industria 4.0 segnerà la trasforma-zione del settore manifatturiero. Mezziagricoli, campi e stalle sono avvertiti:la rivoluzione digitale è in arrivo.

CAA UNSIC

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ra Unsic e Unsicoop per laparte datoriale e la Federa-zione dei lavoratori del terzia-

rio dell’Ugl sta muovendo i primipassi operativi l’Ebint, un nuovo enteparitetico, espressione della gestionebilaterale del Contratto collettivo na-zionale di lavoro del settore. Ebintpromuove la formazione dei lavora-tori, iniziative per la salute e la sicu-rezza sul lavoro, assiste nella stipuladegli accordi individuali in vista delmiglioramento delle relazioni inazienda e della qualità del lavoro edella vita. Un ente bilaterale è quindil’espressione congiunta di un modopiù moderno di gestire e rendere vivoed efficace il Contratto.Con la bilateralità si pensa dunque adaffrontare una serie di bisogni e dirittisociali con un’azione diretta di re-sponsabilità e collaborazione delleparti sociali, che vanno oltre la sem-plice negoziazione salariale per impe-gnarsi in molti altri ambiti di comuneinteresse. L’ente bilaterale ha una suanatura mutualistica e solidale, oltreche trasversale tra datori di lavoro e

lavoratori, perché finanziato congiun-tamente dalle due parti, e il suo prin-cipale scopo è appunto di affrontaree risolvere problemi comuni, non sol-tanto quelli dei dipendenti, che pos-sono certamente essere percepiticome il lato più debole, e che rice-vono dall’ente bilaterale accesso aservizi e sostegni, in caso di malattia,necessità di istruzione, problemi inazienda che possano essere gestitiandando oltre la “forbice” tra conflittoe disciplina. Anche i problemi impren-ditoriali, infatti, sono sostenuti dallostrumento dell’ente bilaterale, che sioccupa di studi e ricerche, rappresen-tare presso le istituzioni in manieracongiunta e unita certi interessi co-muni alle aziende nel loro complesso,per esempio effettuando attività dicertificazione, Ma l’orizzonte può es-sere più ampio: elaborare nuove cul-ture. Per esempio, l’ente bilaterale haun ruolo potenzialmente fondamen-tale nelle nuove frontiere del lavoro, lavalorizzazione e la promozione dellaparità di genere, l’integrazione dellenuove professionalità, insomma nel-

l’esaltare il ruolo dell’azienda comeluogo di elaborazione di idee pro-getti, che alla fine ricadranno positi-vamente anche sulla produzione, mapersino sulla società nel suo com-plesso. In questo senso, è significa-tiva la partecipazione di Unsicoop,una centrale cooperativa, che ha nellasua cultura d’origine l’idea e il valoredella collaborazione tra le diverse fun-zioni del lavoro.Nel momento in cui una cooperativaassume dipendenti, per le diverse ne-cessità tecniche e produttive, ricosti-tuendo necessariamente una duplicitàdi livello e una potenziale conflittualitàcon i soci, l’ente bilaterale può ricosti-tuire una cornice solidale, aprendonuovi spazi di condivisione e parteci-pazione alle sorti comuni.In prospettiva, in una fase del cicloeconomico in cui si assottigliano le ri-sorse per il welfare, l’ente bilateralepuò fungere anche da ammortizzatoresociale per le situazioni di crisi azien-dale, costituendo fondi di solidarietà,oltre che canali di accesso a sanità oprevidenza integrative.

Ebint,arriva l’ente bilaterale del Terziario

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UNSICOOP

ggiornate, come da consue-tudine annuale, le retribu-zioni minime di colf e

badanti, in base alla variazione delcosto della vita. I nuovi valori ven-gono fissati da una commissione na-zionale che riunisce sindacati eassociazioni dei datori di lavoropresso il Ministero del Lavoro e dellePolitiche Sociali. Le retribuzioni mi-nime contrattuali e i valori convenzio-nali del vitto e dell’alloggio hannodecorrenza dal 1° gennaio di ciascunanno, se non diversamente stabilito.

Gli importi vengono stabiliti secondole categorie previste dal CCNL lavorodomestico. Si parte quindi dai colla-boratori domestici alle prime armi (liv.A) per arrivare a chi, dopo un’ade-guata formazione professionale, assi-ste persone non autosufficienti (liv.DS). C’è poi una distinzione tra convi-venti (anche part-time), non convi-venti e lavoratori che assicuranoassistenza o presenza notturna.Per dati sul passato, il riferimento è ilsito del Ministero del Lavoro e dellePolitiche Sociali. E’ bene ricordare

che al minimo retributivo fissato perlegge per lo specifico livello di inqua-dramento del lavoratore, è obbligato-rio aggiungere gli scatti di anzianitàprevisti per ogni biennio di serviziosvolto presso lo stesso datore di la-voro, la quota vitto e alloggio se con-vivente e gli eventuali superminimiovvero aumenti per merito. Qui di se-guito puoi scaricare la tabella che ab-biamo predisposto e che riporta iminimi retributivi fissati dalla Com-missione Nazionale con decorrenza 1Gennaio 2017.

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Tabella minimi retributivicolf e badanti 2017

UNSICOLF

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BANDI & PROGETTI

a Regione Lombardia ha pub-blicato un bando sulle infra-strutture verdi a rilevanza

ecologica. Sono disponibili quattro mi-lioni di euro per persone fisiche o giu-ridiche di diritto privato, micro, piccolee medie aziende, Comuni, loro asso-ciazioni, consorzi e unioni, enti gestoridi parchi e riserve regionali, consorzi dibonifica, proprietari di terreni in ambitidi pianura e collina. Otto le tipologie di

progetto finanziabili: bosco, sistemaverde a prevalenza di bosco, conbosco o lineare. La spesa massimaammissibile è pari a 30mila euro/ettaroper la realizzazione e 12mila per la ma-nutenzione triennale; recupero bru-ghiera, spesa 250mila euro a progetto;ripristino suolo fertile in regime de mi-nimis, 200mila euro a progetto; acqui-sto terreni, solo beneficiari pubblici,per realizzare le tipologie di intervento

precedenti, spesa 200mila e 1.500euro per spese notarili,:combinazionedegli interventi indicati precedente-mente fino a 400mila euro. La superfi-cie minima varia secondo la tipologiad’intervento, mentre quella massima èdi 20 ettari e contributo fino al 100%della spesa ammessa.La domanda andrà inoltrata alla e-mail:[email protected],dal 1 settembre al 30 ottobre 2017.

Lombardia,bando per il verde

assessorato alle Politicheagricole e forestali della Re-gione Molise ha reso noto

che sul Bollettino ufficiale regionalenumero 5 del 9 febbraio 2017, in edi-zione straordinaria, è stato pubblicatoil bando relativo al Programma regio-nale annuale 2017, quale stralcio delProgramma triennale di sviluppodell’apicoltura 2017-2019.Il bando, tenendo conto che l’attivitàapistica è in forte crescita nella re-gione, anche come integrazione delreddito aziendale, intende favorire losviluppo qualitativo e quantitativo del-l’apicoltura su tutto il territorio moli-sano, nel rispetto dei principi di tuteladell’ambiente e della salute del con-sumatore, in armonia e secondo lelinee guida indicate nelle specifichedisposizioni di settore. “In Molisel’apicoltura è un’attività strettamentelegata alle produzioni agricole tipiche

del territorio regionale e rappresenta,il più delle volte, un’importante fontedi integrazione al reddito aziendale –conferma una nota della Regione. “Ilsettore è in una fase di crescita signi-ficativa grazie anche alla tendenza adaderire a forme associative da partedegli operatori del comparto – con-clude la notaPossono aderire al bando, che mettea disposizione circa 46mila euro perl’annualità 2017, secondo la riparti-

zione impartita dal ministero delle Po-litiche agricole, apicoltori e produttoriapistici anche in forma associata. E’prevista una finestra per le Organizza-zioni dei produttori e gli enti di ricercapubblici. Le domande vanno presen-tate entro il prossimo 15 marzo 2017. La pubblicazione integrale del bandoè consultabile sul Bollettino ufficialee sul nuovo sito del Psr Molise 2014-2020 all’indirizzo web: (http://psr.re-gione.molise.it).

Molise, 46mila europer il settore apistico

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a misura si propone di crearelo sviluppo di nuove attivitàeconomiche nel settore della

pesca attraverso i giovani pescatori,in linea con l’obiettivo tematico di mi-gliorare la competitività delle Pmi. Lamisura ha l’obiettivo di promuovere lacreazione e lo sviluppo di nuove atti-vità imprenditoriali nel settore dellapesca, a opera di giovani pescatori,mediante il sostegno economico perle indagini di mercato preliminari, l’ac-quisto del peschereccio e l’avvia-mento dell’impresa.In linea con gli orientamenti del POFEAMP e della politica comune dellapesca è stato stabilito di favorire, at-traverso i criteri di selezione, i pesca-tori più giovani che intendonoacquistare un peschereccio della

pesca costiera artigianale. Il sostegnoè orientato a sviluppare imprese con-dotte da pescatori in grado di sfrut-tare le innovazioni e la conoscenzaper migliorare la qualità della produ-zione anche con la riscoperta delletecniche di cattura tradizionali e dei“mestieri dimenticati” e di valorizzarespecie ittiche minori nel rispetto degliecosistemi marini, pur producendoreddito. Possono beneficiare delleagevolazioni i pescatori persone fisi-che o le persone fisiche rispondentiai requisiti.Il pescatore persona fisica richie-dente deve avere un‘età inferiore a 40anni e ha esercitato l’attività di pescaprofessionale per almeno cinque annialla data di presentazione della do-manda di sostegno; - la persona fi-

sica richiedente deve avere un’età in-feriore a 40 anni e possedere un di-ploma di secondo grado a indirizzonautico, oppure un diploma di laureain discipline nautiche, oppure un di-ploma di secondo grado e aver soste-nuto un corso di formazione dialmeno 100 ore ad indirizzo nautico,alla data di presentazione della do-manda di sostegno; - il richiedentealla data di presentazione della do-manda non risulta essere o esserestato proprietario di imbarcazione.La misura finanzia investimenti voltiesclusivamente alla prima acquisi-zione di un peschereccio usato.La tempistica di realizzazione dell’in-tervento è fissata in mesi 12 dallaconcessione, la domanda entro il 15giugno 2017 ore 14.00.

Sicilia,misure giovani pescatori

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ubblicato il decreto 3 gennaio2017 del Ministero dello Svi-luppo economico contente le

“Misure volte a favorire i processi dicrescita dimensionale e di rafforza-mento della solidità patrimoniale diconsorzi di garanzia collettiva deifidi”. Per la concessione dei contributiè utilizzata una quota delle disponibi-lità del Fondo, nel limite dell’importodi € 225.000.000. Con l’obiettivo di sostenere l’accessoal credito delle PMI, il MISE finanziala costituzione, presso i cosiddetti“confidi” di un apposito fondo rischi,che i medesimi confidi utilizzerannoper concedere nuove garanzie allePMI associate. Le garanzie rilasciate dal confidi a va-lere sul fondo rischi devono: a) essere concesse, direttamente, aisoggetti beneficiari finali b) riguardare specifiche operazioni fi-nanziarie, anche all’interno di portafo-gli, con importo e durata definiti; c) essere rilasciate in misura non su-periore all’80% dell’importo della sot-tostante operazione finanziaria; d) essere rilasciate a fronte del paga-mento di un premio agevolato; e) poter essere escusse al verificarsidelle specifiche condizioni stabilitenel contratto di garanzia. L’attività di concessione di garanzieda parte dei confidi a valere sul fondorischi terminerà con il completo esau-rimento del fondo rischi. La contribuzione da parte del Mini-stero al fondo rischi può essere ri-chiesta da: a) confidi iscritti, alla data di presen-tazione della richiesta, all’albo degliintermediari finanziari di cui all’art.106 del TUB; b) confidi coinvolti in operazioni di fu-

sione finalizzate alla nascita di ununico soggetto, avente i requisiti perl’iscrizione nell’albo degli intermediarifinanziari di cui all’art. 106 del TUB. c) confidi che, alla data di presenta-zione della richiesta, abbiano stipu-lato contratti di rete finalizzati almiglioramento dell’efficienza e del-l’efficacia operativa dei confidi ade-renti e che, alla medesima data,abbiano erogato, nel loro complesso,garanzie in misura pari ad almeno 150milioni di euro. Le garanzie rilasciate dai soggetti ri-chiedenti a valere sul fondo rischisono concesse in favore di PMI ope-ranti in tutti i settori di attività econo-mica. I soggetti beneficiari finali, aifini dell’accesso alle garanzie, non de-vono risultare in liquidazione o sotto-posti a procedura concorsuale perinsolvenza. Al via i finanziamenti per i Progetti diricerca, annualità 2017Pubblicato dall’Assessorato dellaPubblica Istruzione un avviso di chia-mata per il finanziamento di Progettidi Ricerca relativi all’anno 2017, conl’obiettivo di:- investire nell’istruzione, nella forma-zione e nella formazione professionaleper le competenze e l’apprendimentopermanente;- migliorare la qualità e l’efficacia del-l’istruzione superiore e di livello equi-valente e l’accesso alla stessa, al finedi aumentare la partecipazione e itassi di riuscita specie per i gruppisvantaggiati;- innalzare i livelli di competenze, dipartecipazione e di successo forma-tivo nell’istruzione universitaria e/oequivalente.La finalità dell’avviso è quella di finan-ziare proposte progettuali articolate in

progetti di ricerca in ambiti scientificicoerenti con le linee strategichedel Pnr e della Smart specialisationregionale, afferenti alle Aree di Spe-cializzazione (AdS) su cui la RegioneSardegna intende concentrare le ri-sorse per il periodo di programma-zione 2014-2020 in materia di Ricercae Innovazione. Le proposte proget-tuali, articolate in uno o più progettidi ricerca, dovranno essere presen-tate da Università statali e Universitànon statali legalmente riconosciutedal Miur, Istituti di istruzione universi-taria a ordinamento speciale, Istitu-zioni di formazione e ricerca avanzata,Enti di ricerca pubblici e privati di altaqualificazione, con almeno una sedeformativa in Sardegna per ogni pro-getto di ricerca per il quale si pre-senta la proposta progettuale.Ogni progetto di ricerca avrà un con-tratto almeno di durata triennale.Destinatari delle azioni sono i resi-denti in Sardegna alla data di sotto-scrizione del contratto di ricerca, cheabbiano conseguito il titolo di dottoredi ricerca in Italia o all’estero.Le proposte progettuali dovrannopervenire tramite raccomandata op-pure tramite consegna a mano all’in-dirizzo Regione Autonoma dellaSardegna, Assessorato della PubblicaIstruzione, Beni culturali, Informa-zione, Spettacolo e Sport – DirezioneGenerale della Pubblica Istruzione -Servizio Università e Politiche giova-nili – Viale Trieste n. 186 - 09123 Ca-gliari, entro le ore 13:00 del 20 marzo2017.

Interventi a favoredei consorzi di garanzia collettiva dei fidi

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n bando per sostenere arti-gianato e privati, favorirel’occupazione e gli investi-

menti, supportare i giovani nell’acqui-sto della casa e nello sviluppo dellanuova imprenditoria nel triennio2016-2018. E’ “Young Home”, dedi-cato ai giovani under 40 delle pro-vince di Arezzo, Firenze e Grosseto,con reddito Isee non superiore a35mila euro. Tra gli obiettivi dell’inizia-tiva c’è quella di favorire i giovaninell’acquisto della propria abitazione

tramite l’erogazione di un contributo,fino ad un massimo di 3.000 euro, afronte delle spese accessorie (spesedi istruttoria, di perizia, imposta sosti-tutiva, oneri notarili, imposte ipo-ca-tastali ed eventuali commissionidell’agenzia immobiliare) relative al-l’acquisto e al mutuo acceso pressoBanca Cr Firenze.Lo stanziamento per questo bando èdi 300mila euro, la scadenza per lapresentazione delle domande di am-missione è il 31 maggio 2017. Le filiali

Imprese, Retail e Personal di BancaCr Firenze presenti nelle province diArezzo, Firenze e Grosseto sono a di-sposizione per indirizzare corretta-mente le richieste di informazione erilasciare tutta la documentazione ne-cessaria alla presentazione della do-manda di ammissione ai bandi, chedovranno essere inviate al sitowww.osservatoriomestieridarte.it/bandi, oppure consegnate presso laFondazione Cassa di Risparmio di Fi-renze (via Bufalini 6, Firenze).

Toscana:300 mila euro dal bando “Young home”

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Inail ha pubblicato la circolaren. 45 del 30 novembre 2016,con la quale fornisce chiari-

menti in merito alle figure deputatealla fruizione del servizio di accessoal “Cruscotto infortuni” per la verificadei dati. L’Inail, al fine di offrire agli or-gani preposti all’attività di vigilanzanonché ai datori di lavoro e loro inter-mediari uno strumento, accessibilecon specifiche credenziali e alternativodell’abolito Registro infortuni cartaceo,ha realizzato un nuovo applicativo in-formatico denominato “Cruscotto in-fortuni” (vedasi circolari Inail n. 92 del23 dicembre 2015 e n. 31 del 2 set-tembre 2016).Nel “Cruscotto infortuni” è possibileconsultare, tramite i servizi online delportale istituzionale Inail www.inail.it,gli stessi dati presenti nell’abolito Re-gistro infortuni, relativi agli infortuni

occorsi, a partire dal 23 dicembre2015, ai dipendenti prestatori d’operae denunciati dal datore di lavoro al-l’Inail stesso, ai sensi del richiamatoart. 53 del d.p.r. 1124/1965 e succes-sive modificazioni. In tale contesto, alfine di fornire istruzioni riguardanti leattribuzioni riconosciute ai Rappre-sentanti dei lavoratori per la sicurezza(RLS), relativamente all’utilizzo delnuovo applicativo informatico “Cru-scotto infortuni”, precisa che – gliRLS non risultano inclusi tra i destina-tari ammessi alla consultazione di-retta dell’applicativo informaticodenominato “Cruscotto Infortuni”,creato dall’Istituto per finalità gestio-nali e rivolto essenzialmente agli or-gani preposti all’attività di vigilanza,come espressamente precisato conla soprarichiamata circolare 92/2015.Ciò non toglie il diritto degli RLS di ri-

cevere per il tramite dei datori di la-voro le informazioni e i dati sugli in-fortuni e le malattie professionali.Grava, pertanto, sui datori di lavorol’obbligo di favorire la fruibilità dellepredette informazioni da parte degliRLS, ad esempio, mediante visualiz-zazione o stampa di copia delleschermate dell’applicativo, come pe-raltro già avveniva con l’abrogato Re-gistro cartaceo. Si evidenzia, tuttavia,che nulla è mutato rispetto all’obbligodel datore di lavoro di denunciare al-l’Inail gli infortuni occorsi ai dipen-denti prestatori d’opera. Inoltre, restainteso che gli infortuni avvenuti indata precedente a quella del 23 di-cembre 2015 saranno consultabilinell’abolito Registro infortuni carta-ceo il cui obbligo di conservazionepermane a carico degli stessi datoridi lavoro per i successivi 4 anni.

Accesso ai dati del “Cruscotto infortuni”da parte dei RLS per il tramite delle aziende

LAVORO & PREVIDENZA

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Inps, con proprio messaggion. 5206 del 23 dicembre2016, ha comunicato che è

stata ultimata l’elaborazione dell’im-posizione contributiva per tutti i sog-getti iscritti alla gestione nel corsodell’anno 2016 e non già interessatida imposizione contributiva.A seguito della predetta attività sonostati predisposti i modelli “F24” neces-sari per il versamento della contribu-zione dovuta secondo le disposizionidella circolare n°15/2016. Detti modelliF24 sono disponibili, in versione pre-compilata, nel Cassetto Previdenziale

per Artigiani e Commercianti alla se-zione Posizione assicurativa – Dati delmodello F24, dove è possibile consul-tare anche il prospetto di sintesi degliimporti dovuti con le relative sca-denze e causali di pagamento. Inol-tre, nel rispetto di quanto comunicatocon Circolare n° 24 del 8.2.2013, cheprecisa che “l’Istituto, a partire dal-l’anno 2013, non invierà più le comu-nicazioni contenenti i dati e gli importiutili per il pagamento della contribu-zione dovuta…”, le comunicazioni dicui trattasi saranno disponibili, semprenel Cassetto, anche alla sezione Co-

municazione bidirezionale – ModelliF24, con la riproduzione della stessalettera che prima del 2013 venivaspedita a mezzo posta. È previsto,inoltre, l’invio di email di alert ai tito-lari di posizione assicurativa, ovveroloro intermediari delegati, per i qualisi è in possesso di recapito email.L’accesso ai Servizi del Cassetto Pre-videnziale per Artigiani e Commer-cianti avviene tramite PIN delsoggetto titolare di posizione contri-butiva, ovvero di un suo intermediarioin possesso di delega in corso di va-lidità.

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Gestione Artigiani e Commercianti: imposizionecontributiva, 4° emissione in corso anno d’imposta 2016

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IUS IURIS

i fini della configurabilità delmobbing lavorativo devonoricorrere:

a) una serie di comportamenti di carat-tere persecutorio - illeciti o anche lecitise considerati singolarmente - che,con intento vessatorio, siano posti inessere contro la vittima in modo mira-

tamente sistematico e prolungato neltempo, direttamente da parte del da-tore di lavoro o di un suo preposto oanche da parte di altri dipendenti, sot-toposti al potere direttivo dei primi;b) l’evento lesivo della salute, della per-sonalità o della dignità del dipendente;c) il nesso eziologico tra le descritte

condotte e il pregiudizio subito dallavittima nella propria integrità psico-fi-sica e/o nella propria dignità;d) l’elemento soggettivo, cioè l’in-tento persecutorio unificante di tutti icomportamenti lesivi.(CASSAZIONE SEZIONE LAVORO N. 2012 DEL 26GENNAIO 2017, PRES. MACIOCE, REL. TRICOMI).

Nel mobbing l’intento persecutoriounifica tutti i comportamenti lesivi

a mera inerzia del lavoratoredopo la scadenza del contrattoa termine è di per sé insuffi-

ciente a far considerare sussistenteuna risoluzione del rapporto permutuo consenso in quanto, affinchépossa configurarsi una tale risolu-zione, è necessario che sia accertata -sulla base del lasso di tempo tra-scorso dopo la conclusione dell’ultimocontratto a termine, nonché del com-portamento tenuto dalle parti e dieventuali circostanze significative -una chiara e certa comune volontàdelle parti medesime di porre defini-tivamente fine ad ogni rapporto lavo-rativo, sicché la valutazione delsignificato e della portata del com-plesso di tali elementi di fatto com-pete al giudice di merito, le cuiconclusioni non sono censurabili insede di legittimità se non sussistanovizi logici o errori di diritto.(CASSAZIONE SEZIONE LAVORO N. 1552DEL 20 GENNAIO 2017, PRES. DI CERBO,REL. CINQUE).

La mera inerzia del lavoratore è insufficientea configurare il mutuo consenso

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ostituisce elemento costitu-tivo della cessione del ramo diazienda prevista dall’art. 2112

c.c., anche nel testo modificato dalD.Lgs n. 276 del 2003, art. 32, l’autono-mia funzionale del ramo ceduto, ovverola capacità di questo, già al momentodello scorporo dal complesso cedente,di provvedere ad uno scopo produttivocon i propri mezzi, funzionali ed organiz-zativi e quindi di svolgere - autonoma-mente dal cedente e senza integrazionidi rilievo da parte del cessionario - il ser-vizio o la funzione cui risultava finalizzatonell’ambito dell’impresa cedente al mo-mento della cessione, indipendente-mente dal coevo contratto di fornitura diservizi che venga contestualmente sti-pulato tra le parti.L’autonomia funzionale del ramo diazienda ceduto può non coincidere conla materialità dello stesso, ma comun-que l’autonomia dell’entità ceduta deveessere obiettivamente apprezzabile, siapure con possibili interventi integrativiimprenditoriali ad opera del cessiona-rio, al fine di verificarne l’imprescindi-bile requisito comunitario della sua

conservazione. L’art. 1 lett. b) della di-rettiva 2001/23 stabilisce, infatti, che “èconsiderato come trasferimento ai sensidella presente direttiva quello di una en-tità economica che conserva la propriaidentità, intesa come insieme di mezziorganizzati al fine di svolgere un’attivitàeconomica, sia essa essenziale o acces-soria“. Ciò suppone una preesistenterealtà produttiva funzionalmente auto-noma (comma 5 art. 2112 c.c. come so-stituito dall’art. 32 comma 1 d.lgs n.276/2003) e non anche una strutturaproduttiva creata ad hoc in occasionedel trasferimento (ex aliis Cass. n.21697 del 13.10.2009; n. 21481 del9.10.2009; n. 20422 del 3.10.2012).La ratio è quella di evitare che le partiimprenditoriali possano creare, in occa-sione della cessione, strutture produt-tive che, in realtà, costituirebberol’oggetto di una forma incontrollata diespulsione di frazioni non coordinatefra loro, unificate soltanto dalla volontàdell’imprenditore e non dall’inerenzadel rapporto ad un’entità economicadotata di autonoma ed obiettiva funzio-nalità (Cass. n. 19740 del 17.7.2008 e n.

21481/2009 cit.). La Corte di Giustizia,cui compete l’interpretazione del dirittocomunitario, ha affermato che, proprioper garantire una protezione effettivadei diritti dei lavoratori in una situazionedi trasferimento, obiettivo perseguitodalla direttiva 2001/23, il concetto diidentità dell’entità economica non puòriposare unicamente sul fattore relativoall’autonomia organizzativa (Corte diGiustizia 12.2.2009 C-466/07 Dietmar,punto 43) e che l’impiego del termine“conservi” nell’art. 6, par. 1 commi 1 e4 della direttiva “implica che l’autono-mia dell’entità ceduta deve, in ognicaso, preesistere al trasferimento“(Corte di Giustizia 6.3.2014, C-458/12,Amatori, punti 30 e 32) pur non ostandoche uno stretto vincolo di committenzaed una commistione del rischio di im-presa non possa costituire di per séostacolo all’applicazione della direttiva2001/23 (sentenza CG citata, Amatori,punto 50).

(CASSAZIONE SEZIONE LAVORO N. 1316 DEL

19 GENNAIO 2017, PRES. DI CERBO, REL.CINQUE)

La cessione di ramo d’azienda supponeuna preesistente realtà’ funzionalmente autonoma

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i fini della configurabilità delmobbing lavorativo devonoricorrere: a) una serie di

comportamenti di carattere persecuto-rio - illeciti o anche leciti se consideratisingolarmente - che, con intento ves-satorio, siano posti in essere contro lavittima in modo miratamente sistema-

tico e prolungato nel tempo, diretta-mente da parte del datore di lavoro odi un suo preposto o anche da parte dialtri dipendenti, sottoposti al potere di-rettivo dei primi; b) l'evento lesivo dellasalute, della personalità o della dignitàdel dipendente; c) il nesso eziologicotra le descritte condotte e il pregiudizio

subito dalla vittima nella propria inte-grità psico-fisica e/o nella propria di-gnità; d) l'elemento soggettivo, cioèl'intento persecutorio unificante di tuttii comportamenti lesivi.Della integrità psicofisica (CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO N. 2012 DEL 26 GENNAIO

2017, PRES. MACIOCE, REL. TRICOMI).

Nel mobbing l'intento persecutoriounifica tutti i comportamenti lesivi

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n tema di licenziamento collettivoper riduzione di personale, anchequalora il progetto di ristruttura-

zione aziendale si riferisca in modoesclusivo ad un’unità produttiva o aduno specifico settore dell’azienda, laplatea dei lavoratori interessati puòessere limitata agli addetti ad un de-terminato reparto o settore solo sulla

base di oggettive esigenze aziendali,in relazione al progetto di ristruttura-zione dell’impresa. Tuttavia il datoredi lavoro non può limitare la scelta deilavoratori da porre in mobilità ai solidipendenti addetti a tale reparto osettore se essi siano idonei - per ilpregresso svolgimento della propriaattività in altri reparti dell’azienda - ad

occupare le posizioni lavorative di col-leghi addetti ad altri reparti, con laconseguenza che non può essere ri-tenuta legittima la scelta di lavoratorisolo perché impiegati nel repartooperativo soppresso o ridotto.(CASSAZIONE SEZIONE LAVORO N. 22788DEL 9 NOVEMBRE 2016, PRES. AMOROSO,REL. BALESTRIERI).

La platea dei lavoratori licenziatipuò essere limitata a un determinato settore

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n materia di pubblico impiego con-trattualizzato non si applica l'art. 2103c.c., essendo la materia disciplinata

compiutamente dal D.Lgs. n. 165 del2001, art. 52 (come già detto, nel testoanteriore alla novella recata dal D.Lgs. n.150 del 2009, art. 62, comma 1, inappli-cabile ratione temporis al caso in esame)- che assegna rilievo, per le esigenze diduttilità del servizio e di buon andamentodella P.A., solo al criterio dell'equivalenzaformale con riferimento alla classifica-zione prevista in astratto dai contratti col-lettivi, indipendentemente dallaprofessionalità in concreto acquisita,senza che possa quindi aversi riguardoalla citata norma codicistica ed alla rela-tiva elaborazione dottrinaria e giurispru-denziale che ne mette in rilievo la tuteladel c.d. bagaglio professionale del lavo-ratore, e senza che il giudice possa sin-dacare in concreto la natura equivalentedella mansione (Cass. n. 17396/11; Cass.n. 18283/10; Cass. Sez. Un. n. 8740/08;v. più recentemente, Cass. n. 7106 del2014 e n. 12109 e n. 17214 del 2016).Dunque, non è ravvisabile alcuna viola-

zione dell'art. 52 d.lgs. n. 165/01 qualorale nuove mansioni rientrino nella mede-sima area professionale prevista dal con-tratto collettivo, senza che il giudicepossa sindacare in concreto la naturaequivalente delle medesime mansioni.Restano, dunque, insindacabili tantol'operazione di riconduzione in una cate-goria di determinati profili professionali,essendo tale operazione di esclusivacompetenza dalle parti sociali, quantol'operazione di verifica dell'equivalenza so-stanziale tra le mansioni proprie del pro-filo professionale di provenienza e quelleproprie del profilo attribuito, ove entrambisiano riconducibili nella medesima decla-ratoria. Condizione necessaria e suffi-ciente affinché le mansioni possanoessere considerate equivalenti è la meraprevisione in tal senso da parte della con-trattazione collettiva, indipendentementedalla professionalità acquisita, evidente-mente ritenendosi che il riferimento al-l'aspetto, necessariamente soggettivo,del concetto di professionalità acquisita,mal si concili con le esigenze di certezza,di corrispondenza tra mansioni e posto in

organico, alla stregua dello schematismoche ancora connota e caratterizza il rap-porto di lavoro pubblico (cfr. Cass. n.11835 del 2009). Tale nozione di equiva-lenza in senso formale, mutuata dalle di-verse norme contrattuali del pubblicoimpiego, comporta che tutte le mansioniascrivibili a ciascuna categoria, in quantoprofessionalmente l'equivalenti, sono esi-gibili e l'assegnazione di mansioni equi-valenti costituisce atto di esercizio delpotere determinativo dell'oggetto delcontratto di lavoro. Resta comunquesalva l'ipotesi che la destinazione ad altremansioni comporti il sostanziale svuota-mento dell'attività lavorativa.Trattasi di questione che, tuttavia esuladall'ambito delle problematiche sull'equi-valenza delle mansioni, configurandosinella diversa ipotesi della sottrazionepressoché integrale delle funzioni dasvolgere, vietata anche nell'ambito delpubblico impiego.Si applica il criterio dell'equivalenzaformale (CASSAZIONE SEZIONE LAVORO N.2011 DEL 26 GENNAIO 2017, PRES. MA-CIOCE, REL. BLASUTTO).

Tutela della professionalitànel pubblico impiego

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