Il Mosaico n. 41

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1 a vita di ogni città è scandita dall’esistenza e dalla pro- gressiva attuazione di piani strategici coordinati, parte- cipati e di lunga durata, capaci di leggere il futuro e, allo stesso tempo, flessibili per consentire adeguamenti in corsa. Da molti anni, troppi, per tante ragioni, Bologna non è stata in grado di crescere muovendosi lungo questo diffi- cile sentiero. In questo numero presentiamo alcuni contri- buti alla riflessione di tutti. Ma è tempo di agire. A proposito di scelte sbagliate e di come si dovrebbe- ro cogliere “in positivo” le occasioni che la storia ci pre- senta…. … Una buona occasione. Osservava Terzani, all'indomani degli attentati alle Twin Towers di New York, alla vigilia dell'attacco all'Afghanistan, che «Non c'è niente di più pericoloso in una guerra che sottovalutare il proprio avversario, ignorare la sua logica e, tanto per negargli ogni possibile ragione, definirlo un "paz- zo"». Dieci anni fa, appunto, ci gettavamo a capofitto in una guerra da cui fatichiamo ad uscire, nella convinzione di poter regolare definitivamente conti antichi e moderni, in quell'eterno conflitto che da almeno mille anni oppone l'Occidente "cristiano" all'Oriente "musulmano". di fatto, complice la crisi economica che obbliga a pensar di più a casa propria, che a rigovernar l'altrui, ci stiamo accorgen- do d'aver sperperato denaro e vite e d'aver seminato in quei popoli che ci ostiniamo a non capire, diffidenza ed odio. In questi anni, noi che diciamo d'esser tolleranti, abbia- mo scritto pagine di vera intolleranza; è cresciuta nelle nostre comunità la malapianta del pre- giudizio, non distinguendo tra l'Islam e certe sue espressioni estreme; non separando le responsabilità dei leader, spesso nostri ex amici, da quelle dei popoli. Il paradigma del "conflitto di civiltà" si è ritorto contro di noi e, come nel Visconte Dimezzato di Calvino, ha prevalso il Medardo feroce sulla sua metà pacifica. Ora si presenta la buona occasione di creare una rete di rapporti amichevoli col nuovo mondo arabo che sta emergendo dalle rivoluzioni che stanno interessando diversi Paesi. Dei leader che si lanciarono nel duplice conflitto in Afghanistan ed Iraq, con l'uscita di scena di Berlusconi, non ne è rimasto in carica nemmeno uno; per di più, la "primavera araba", anche se in modo non sempre lineare, ci ha dimostrato che anche quei popoli possono aspirare alla libertà ed ottenerla senza ricorrere ai bombardieri americani. Sapremo cogliere la favorevole circostanza o prevar- ranno tra noi i seminatori di discordia che tanto han carat- terizzato l'ultimo decennio? Pier Luigi Giacomoni In questo numero: In questo numero: Città metropolitana: un’Araba Fenice? Sergio Caserta e Matteo Lepore alle pp. 2 e 3 La fatica del PD: il caso dei ticket sanitari regionali, Giu- seppe Paruolo a p. 4 A Calderara di Reno: tavoli partecipati per l’economia, Irene Priolo a p. 5 Dossier - SFM vs People Mover: le scelte e gli “stop&go” degli ultimi 20 anni, Ugo Mazza alle pp. 6-10 Legge elettorale, che passione… Roberto Lipparini alle pp. 10 e 11 Il Volontariato: una enorme ricchezza, Giancarlo Funaioli a p. 12 La marea “nera” sull’Europa, Pierluigi Giacomoni a p. 14 Quirico Filopanti: Scienziato, Professore, Politico, Citta- dino, Gianluigi Parmeggiani a p. 15 Il Mosaico,1994-2011: 40 numeri Quale futuro? a p. 16 Sostenere questo giornale significa innanzitutto leg- gerlo, poi farlo conoscere, inviare contributi, lettere e suggerimenti per e-mail all’indirizzo [email protected] oppure contattandoci telefonicamente allo 051/492416 (Anna Alberigo) o allo 051/302489 (Andrea De Pasquale) Ma significa anche abbonarsi! INVIATECI CONTANTE IN BUSTA CHIUSA ALL'INDIRIZZO: Associazione Il Mosaico c/o Andrea De Pasquale via Spartaco 3 40139 Bologna Strategie cercasi, urgente! INVERNO 2011 NUMERO 41 L Il Mosaico n. 41 Abbiamo bisogno del vostro sostegno economico: abbonatevi!

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Inverno 2011

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a vita di ogni città è scandita dall’esistenza e dalla pro-gressiva attuazione di piani strategici coordinati, parte-cipati e di lunga durata, capaci di leggere il futuro e,

allo stesso tempo, flessibili per consentire adeguamenti incorsa. Da molti anni, troppi, per tante ragioni, Bologna nonè stata in grado di crescere muovendosi lungo questo diffi-cile sentiero. In questo numero presentiamo alcuni contri-buti alla riflessione di tutti. Ma è tempo di agire.

A proposito di scelte sbagliate e di come si dovrebbe-ro cogliere “in positivo” le occasioni che la storia ci pre-senta….

… Una buona occasione.

Osservava Terzani, all'indomani degli attentati alle TwinTowers di New York, alla vigilia dell'attacco all'Afghanistan,che «Non c'è niente di più pericoloso in una guerra chesottovalutare il proprio avversario, ignorare la sua logica e,tanto per negargli ogni possibile ragione, definirlo un "paz-zo"». Dieci anni fa, appunto, ci gettavamo a capofitto inuna guerra da cui fatichiamo ad uscire, nella convinzionedi poter regolare definitivamente conti antichi e moderni,in quell'eterno conflitto che da almeno mille anni opponel'Occidente "cristiano" all'Oriente "musulmano". di fatto,complice la crisi economica che obbliga a pensar di più acasa propria, che a rigovernar l'altrui, ci stiamo accorgen-do d'aver sperperato denaro e vite e d'aver seminato in

quei popoli che ci ostiniamo a non capire, diffidenza edodio.

In questi anni, noi che diciamo d'esser tolleranti, abbia-mo scritto pagine di vera intolleranza; è cresciuta nelle nostre comunità la malapianta del pre-giudizio, non distinguendo tra l'Islam e certe sue espressioni estreme; non separando le responsabilitàdei leader, spesso nostri ex amici, da quelle dei popoli. Ilparadigma del "conflitto di civiltà" si è ritorto contro di noie, come nel Visconte Dimezzato di Calvino, ha prevalso ilMedardo feroce sulla sua metà pacifica.Ora si presenta la buona occasione di creare una rete dirapporti amichevoli col nuovo mondo arabo che staemergendo dalle rivoluzioni che stanno interessandodiversi Paesi.

Dei leader che si lanciarono nel duplice conflitto inAfghanistan ed Iraq, con l'uscita di scena di Berlusconi,non ne è rimasto in carica nemmeno uno; per di più, la"primavera araba", anche se in modo non sempre lineare,ci ha dimostrato che anche quei popoli possono aspirarealla libertà ed ottenerla senza ricorrere ai bombardieriamericani.

Sapremo cogliere la favorevole circostanza o prevar-ranno tra noi i seminatori di discordia che tanto han carat-terizzato l'ultimo decennio?

Pier Luigi Giacomoni

In questo numero: In questo numero:

Città metropolitana: un’Araba Fenice? Sergio Caserta eMatteo Lepore alle pp. 2 e 3

La fatica del PD: il caso dei ticket sanitari regionali, Giu-seppe Paruolo a p. 4

A Calderara di Reno: tavoli partecipati per l’economia,Irene Priolo a p. 5

Dossier - SFM vs People Mover: le scelte e gli “stop&go”degli ultimi 20 anni, Ugo Mazza alle pp. 6-10

Legge elettorale, che passione… Roberto Lipparini allepp. 10 e 11

Il Volontariato: una enorme ricchezza, GiancarloFunaioli a p. 12

La marea “nera” sull’Europa, Pierluigi Giacomoni a p. 14

Quirico Filopanti: Scienziato, Professore, Politico, Citta-dino, Gianluigi Parmeggiani a p. 15

Il Mosaico,1994-2011: 40 numeri Quale futuro? a p. 16

Sostenere questo giornale significa innanzitutto leg-gerlo, poi farlo conoscere, inviare contributi, lettere

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inisce un’amministrazione e necomincia un’altra, passa il Com-missario così come le stagioni si

susseguono tutte diverse e tutte ugua-li, ma a Bologna una questione sta lì asegnare il trascorrere del tempo,come un’Araba "infelice", sogno oprogetto, realtà o finzione, l’agogna-ta e sempre proclamata “città metro-politana” muore e rinasce dalle sueceneri ogni volta.

Eppure come in altri aspetti Bolo-gna era stata l'avanguardia dellapubblica amministrazione, negli anni‘60, si prospettava un coordinamentodegli enti locali del territorio provincia-le, mentre s’istituivano, prima città inItalia, i quartieri.

La consapevolezza della necessitàdi un nuovo assetto politico-istituziona-le che superasse i confini municipaliera già espresso in forma di progettonel 1993. Basta leggere alcuni articolipiù significativi dell'accordo istituzio-

nale, ancora agli atti nel sito dellaconferenza metropolitana dei Sindaci:

Progetto Città MetropolitanaProposta del Comune di Bologna

e della Provincia di Bologna, 23 set-tembre 1993Premesse, obiettivi e criteri

1 .Premesse: “gli attuali assetti isti-tuzionali si presentano inadeguatirispetto all'esigenza di assicurare all'a-rea bolognese un governo all'altezzadelle domande dei cittadini e delcontesto regionale, nazionale edeuropeo. Il Comune di Bologna, anzi-tutto, si presenta, rispetto alle attualidinamiche ed alle istanze della socie-tà, troppo piccolo e, al tempo stesso,troppo grande...”

14. Ruolo e assetti dei quartieri delComune di Bologna“... si tratta di proseguire un itinerarioche, dalle prime esperienze parteci-pazionistiche degli anni '60, vanta

ormai tradizioni importanti; tendendoalla costituzione dei quartieri in comu-ni metropolitani ...”

15. Conclusione del processo dicostituzione della Città Metropolitana(CM): il superamento del Comune diBologna

“Realizzato il disegno di areavasta, il processo potrà così conclu-dersi con una complessiva semplifica-zione del governo metropolitano; incui potrà ritenersi superato lo stessoruolo, nei termini attuali, del Comunedi Bologna (e della Provincia)...”

A leggerlo mostra tutta la suachiara linearità, questo accordo èrimasto, non da solo purtroppo, neicassetti delle buone intenzioni.

Dopo la rovinosa sconfitta delcentrosinistra nel “99 e l’avvento dellaprima amministrazione civica di cen-trodestra della storia post- resistenzia-le di Bologna, il progetto fu accanto-

Sergio Caserta, ex consigliere provinciale del gruppo DS (poi Sinistra Democratica) ci ha inviato questo stimolantecontributo su un tema dibattuto da anni, ma sempre senza sbocco concreto, riportato all’urgente attualità ancheda una nuova proposta presentata dal sindaco Merola. Abbiamo chiesto all’assessore comunale Matteo Lepore

di fornirci un suo parere. Ha cortesemente accettato, perciò li presentiamo affiancati.

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Un nuovo inizioppeerr llaa ccoommuunniittàà mmeettrrooppooll ii ttaannaa

n apertura, vorrei dire che chi nonsono appassionato o esperto diingegneria istituzionale o politica, e

ciò non per scarsa considerazione ver-so il tema, quanto piuttosto per l’abu-so che spesso si fa in materia, anche inmodo approssimativo.

Se confrontiamo il caso italianocon quello degli altri paesi europei,appare chiaro lo scarto che esiste neldibattito tra le parole e fatti.

In Francia, per fare un esempio, lalegge che riconosce lo status di cittàmetropolitane a Parigi, Lione e Marsi-glia è del 1982. Il legislatore francesedotò allora le nuove istituzioni di sinda-co, consiglio municipale e giunta qua-li organi di governo. Nel 2002 furonopoi riconosciute dall’ordinamentoanche le “comunità urbane” per legrandi città, le quali avevano in realtàavuto origine nel 1990 come ambiti uti-li per dotare le aree intermedie (metro-politane, diremmo noi) di uno strumen-to più efficace di consultazione politi-co-amministrativa. Alle comunità urba-

ne si affiancarono anche le “comunitàdi agglomerati” e le “comunità dicomuni”, per le città medie e piccoledotate tutte di consigli di vicinato.

...ad esempio Lione

Mi è capitato personalmente dipartecipare a una missione a Lione, edi incontrare una dei quaranta vice-presidenti di “Grand Lyon”. Oramai datrent’anni una città di quelle dimensio-ni agisce e ragiona su livelli istituzionalid’area vasta, raggruppando 58comuni e governando su un milione eduecentomila francesi nel cuore dellaricca regione di Rhône-Alpes. Lacomunità urbana di Lione ha compe-tenza su un’ampia gamma di materie,che vanno dal sistema della viabilità aquello dell’acqua potabile, dai serviziigienico-sanitari alla raccolta e tratta-mento dei rifiuti domestici, dalle politi-che dei trasporti e dei parcheggi aquelle relative alla pianificazione terri-toriale e all’edilizia sociale, fino a com-

prendere l’ambito sviluppo economi-co e quello delle relazioni internaziona-li. Alcune delle funzioni relative a talimaterie sono affidate, a loro volta, adagenzie esterne (acqua potabile, edi-lizia sociale, trasporto pubblico, par-cheggi, fiere).

Ora, Lione è solamente un caso dicomunità urbana: in realtà si potrebberagionare di molti altri casi realizzati inGermania o in Olanda, trovandoun’ampia gamma di soluzioni, dallostatus di città metropolitana a quello diregione metropolitana. Ma ciò checonta è che il comune denominatoredi queste istituzioni, il fulcro di questeesperienze, non è mai l’impianto delsistema di governo e della rappresen-tanza originato da una legge elettora-le, bensì il riparto delle funzioni ammini-strative tra i diversi livelli, metropolitanoe sub-metropolitano, basato sulla con-siderazione della “massa critica” e del-le dimensioni territoriali più idonee agestire le dinamiche economiche esociali di questi anni.

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nato perché assolutamente oppostoagli indirizzi dell’amministrazione piùmunicipale che mai, guidata dal Sin-daco Giorgio Guazzaloca.

Con la vittoria di Sergio Cofferati,la CM, sembrò risorgere, si formò un“tavolo istituzionale tra Regione, Pro-vincia e Comune di Bologna (suppor-tato da un qualificato team tecnico),per approfondire il percorso e la strut-tura costitutiva della nuova istituzionemetropolitana. Cofferati non se neinteressò punto, e molto condizionò la“sorda” opposizione del potente“Ducato di Imola”, il progetto fu mes-so di nuovo “ in sonno”.

Durante la breve ed infelice sta-gione del Sindaco Del Bono, la CMricomparve nei programmi elettorali enelle dichiarazioni di principio, masempre come un obiettivo sfumatonei tempi ed ancor di più nei modi,anche se tra i sostenitori convinti edecisi di questa scelta c’era e c’èl’ex-Sindaco Guido Fanti, animatoreindefesso di un gruppo di esperti ericercatori di alto livello,urbanisti,amministrativisti, economisti e sociolo-gi, tra gli altri Pierluigi Cervellati, PaolaBonora, i vertici sindacali locali, Lucia-no Vandelli.

Il team aveva contribuito attraver-so una serie di proposte concrete, sin-tetizzate in un documento d’indirizzoper punti, a costruire l’ossatura com-plessiva di una possibile nuova istitu-zione, quasi una città ideale, fondata

sulla partecipazione dei cittadini allescelte, il decentramento, l’innovazio-ne istituzionale in tutti i campi, perdeterminare quel salto di qualità cheBologna da tempo aspetta invano. Ildocumento fu presentato al “Sindacobreve” ed accolto con fredda distra-zione; sappiamo com'è finita.

La situazione oggiLa giunta Merola, ha avanzato

una nuova proposta, di livello istituzio-nale diverso, una struttura di coordi-namento dei comuni metropolitaniche superi la Provincia mantenendoaltresì le attuali articolazioni comunali.

Questo progetto manca del respi-ro programmatico (politico), urbanisti-co ed infrastrutturale necessario: inprimo luogo, la città metropolitana oè un grande processo di cambiamen-to non solo dei confini di Bologna, maanche della sua fisionomia, un siste-ma di “città di città', una nuova istitu-zione che contemperi unificazione,razionalizzazione e decentramentodell’azione di governo, oppure, senzail contemporaneo formarsi di munici-palità veramente dotate di autono-mia, sia nel perimetro urbano che nel-le unioni comunali, resta una petizio-ne di principio.

Il secondo punto riguarda la collo-cazione dei principali poli direzionali(aeroporto, Fiera, Policlinico ecc): o,anche se nei tempi necessari e con lerisorse oggi mancanti (quante occa-

sioni si sono perse!), si ricollocano nel-la dimensione più ampia, al di fuoridegli attuali confini, oppure Bolognaresterà una cittadella assediata econgestionata senza respiro.

In terzo luogo le infrastrutture: c'èuna prima fondamentale funzioneche connota e invera una dimensio-ne metropolitana, il suo sistema di tra-sporti: il Servizio Ferroviario Metropoli-tano (SFM) è l'unica vera infrastrutturagià operante che qualifica la CM.Anzi, possiamo dire che la “crea” per-ché è del tutto coerente con la con-cezione di una città non come“banale” continuum urbano, mainsieme di realtà connesse.

Come si fa a continuare a relega-re questo fondamentale progetto nel-la scala bassa degli obiettivi di gover-no, preferendogli, soluzioni trasportisti-che di rango e funzionalità inferiore,se non dubbia, come il Civis ed il Peo-ple Mover?

Si sente parlare di “piano strategi-co”, già sarebbe importante che nonrestasse un dibattito tra i “soliti poteri”e che si ascoltasse l'opinione dei por-tatori di diverse culture, soprattuttoquelle sensibili ai temi ambientali, percoltivare magari l'utopia concreta diridurre la sua “impronta ecologica”,come concretamente si progetta e siattua in tante città d'Europa, davveroun bel passo avanti!

Sergio Caserta

Non casualmente, la stessa UnioneEuropea si avvia a ridefinire il quadronormativo per i prossimi fondi struttu-rali, e i programmi di politiche per ilciclo 2014-2020, dando maggioreimportanza alle aree urbane. Si tratta,quindi, di cogliere il ruolo che questinuovi livelli intermedi possono giocarenel nostro paese, specialmente negliambiti dello sviluppo e degli assettiproduttivi, e della qualità della vita,anche in ragione del fiorire, e del dif-fondersi, di nuovi bisogni e fenomeni.

… rispondendo a Caserta

Tutto giusto, dunque, quantoafferma Sergio Caserta in merito allanecessità di uno sguardo largo per ipoli direzionali, l’urbanistica e le infra-strutture a Bologna. Mi permettereiperò di aggiungere che ciò deveriguardare anche le politiche per ilwelfare e la sanità, o la cultura. E’vero, serve un progetto politico perguidare un salto di qualità nel ragio-nare sulla città metropolitana: nesono convinto tanto quanto reputosia giunto il momento di volgere losguardo verso l’orizzonte del futuro, enon solo alle orme di chi ci precede.

Le linee di mandato del Sindaco

Merola da questo punto di vista par-lano chiaro e l’avvio stesso del PianoStrategico ci porta nella direzionerichiesta da Caserta. Aprendo il per-corso del primo Piano Strategicobolognese, la Presidente Draghetti e ilSindaco hanno infatti entrambi parla-to di un allargamento del modello digovernance territoriale: la politicanon viene meno alle proprie respon-sabilità, ma riconosce che, per affron-tare le sfide del futuro, occorre co-progettare insieme ai soggetti socialie ai cittadini. E così si intende fare,attraverso il Forum del Piano Strategi-co e i tavoli di lavoro tematici, dedi-cati proprio agli argomenti citati daCaserta e da me, mettendo a puntoprogetti prioritari da finanziare conrisorse del pubblico e del privato. Ericordo, a questo proposito, che l’esi-to del Piano non sarà l’agenda dellecose da fare per il Comune, ma pertutti i protagonisti e gli asset del siste-ma urbano.

Nello specifico della riforma delleistituzioni metropolitane, affinché iltutto avvenga con efficacia, il miopensiero è quindi che occorrerà parti-re dalla sostanza, e cioè dalle funzioniche in capo ad essa vorremo collo-care. Pensiamo a un ente che, pur

essendo titolare di competenze signi-ficative, operi in fortissima connessio-ne con il livello comunale e associati-vo, riservandosi un ruolo di regia e dipropulsione del sistema locale.

Dunque, pensiamo a cosa miglio-rerà per i cittadini e non solo a cosa siaritenuto giusto, in teoria, dagli appas-sionati dell’ingegneria istituzionale.

In conclusione, mi si consenta unabreve commento al riferimento diCaserta al Servizio Ferroviario e Peo-ple Mover. E’ certamente vero che ilServizio Ferroviario rappresenta un’in-frastruttura di carattere metropolita-no, ancorché incompleta, ma mi per-metto di aggiungere nella lista ancheil People Mover, che, al contrario diquanto affermano i suoi detrattori,non sarà una “giostra”, ma un vettoredi collegamento delle due principaliporte di accesso al sistema urbanometropolitano e regionale, e cioèl’aeroporto e la stazione Alta velocità.

In conclusione, vorrei dire all'ami-co Caserta che la storia è ancora tut-ta da scrivere, ma che questa volta ci"affretteremo lentamente" per realiz-zare quanto detto in modo risoluto epartecipato.

Matteo Lepore

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n una fase drammatica per l’Ita-lia e a fronte di una ormai con-clamata inadeguatezza della

destra al governo, resta alta unacerta diffidenza da parte degli elet-tori nei confronti del PD, che faticaad intercettare l’emorragia di con-sensi in uscita da PDL e Lega.

Nel chiedersi perché, spesso assi-stiamo ad un dibattito in cui ognunocerca di tirare la coperta dalla pro-pria parte. Per alcuni il tema è: parti-to leggero o partito pesante; c’è chiincolpa la possibile alleanza conCasini e chi quella con Vendola e DiPietro, chi punta sul ricambio gene-razionale e chi difende l’esperienza,chi vede il PD troppo a sinistra e chinon abbastanza, e così via.

Si rischia così di dimenticare chela vocazione del PD è intrinseca-mente plurale ed orientata al futuro.O il PD risulterà davvero riformista eplurale oppure sarà percepito comeuna forza conservatrice e divisa.Essere riformista e plurale non è peròquestione da definire in qualcheassemblea: va conquistato sul cam-po giorno per giorno, coi fatti. Perquesto è un bene quando ci si con-centra e si discute di idee e progetti,ed è un peccato quando si perdonobuone occasioni per fare passiavanti. Un esempio di occasione(finora) mancata è quella dei ticketsanitari regionali dell’Emilia Roma-gna.

Va certo ricordato che è stato ilgoverno nazionale ad introdurre i tic-ket sulla sanità, in forma bruta eduguale per tutti, e del governo Berlu-sconi non si può che dire tutto il malepossibile. E va ricordato che laRegione Emilia Romagna ha merito-riamente rifiutato di applicare i ticketgovernativi impegnandosi a renderlipiù equi, per questo introducendoscaglioni basati su fasce di reddito.Perfetto, se non fosse per un aspettoche è stato purtroppo trascurato: siè preso il reddito familiare complessi-vo come riferimento.

Per capirci, è un po’ come se perentrare a teatro ci fosse un cartelloall’ingresso che avvisa: biglietto sin-golo 10 euro, sconto per famiglie 15euro (a testa!). Questo è infatti l’ef-fetto del provvedimento: le famiglie

devono sommare i redditi di tutti icomponenti, finendo quindi in unafascia di reddito più alta di chi è sin-gle oppure convivente ma non spo-sato, e chi ha figli è trattato esatta-mente come chi non ne ha. Sullabase di questo reddito ognuno deimembri della famiglia deve pagareun ticket più alto: una cosa senzaalcun senso.

Esaminiamo attenuanti ed obie-zioni. Si è citato come riferimento unprecedente legislativo del 1993, mala legge 537/1993 era un collegato-omnibus alla finanziaria dell’epocae non una legge quadro in camposanitario; poi è vero che nel comma16 dell’articolo 8 per determinareuna quota di esenzione si usava ilreddito complessivo familiare, manello stesso comma era presenteanche una gradualità per tenerconto di coniuge o figli a carico; infi-ne, è proprio dagli sbagli del passa-to che dovremmo liberarci, dunqueattenuante respinta.

Si è poi detto che l’ideale sareb-be stato utilizzare l’ISEE, ma che erauna cosa complicata e che avreb-be richiesto tempo (e denaro), dun-que si è rimandata la sua eventualeadozione ad un momento successi-vo. Condivido l’osservazione a talpunto che credo che non sia la scel-ta migliore neanche in un secondotempo. L’ISEE è una prospettiva diequità importante perché tieneinsieme reddito, patrimonio e caricofamiliare: va affinato, semplificato,verificato (le forme di elusione dellaparte patrimoniale sono purtroppoagevoli e diffuse) ed utilizzato ognivolta che la contribuzione riguardi lefamiglie. Ma nel caso delle presta-zioni sanitarie le prestazioni riguarda-no i singoli cittadini!

Questo passaggio è fondamen-tale, per due motivi. Primo, è chiaroil limite dell’ISEE quando il contributoriguarda più di un componente del-la famiglia e non il nucleo familiarenel suo insieme: altrimenti perché neinidi ci sarebbe lo sconto sul secondofiglio? Secondo, nello specifico sani-tario i ticket sono anche un modoper promuovere l’appropriatezza (siricordi che le esenzioni per patologiesono fatte salve) e sganciare i ticket

da una misura “a persona” vanificaquest’obiettivo o addirittura produ-ce l’effetto contrario.

Proposta: basarsi sulreddito pro-capite

La domanda centrale resta que-sta: non bastava definire gli scaglio-ni sul reddito pro-capite? Siamoancora in tempo: non si può cam-biare e fare così? Nelle settimanepassate, insieme a diverse altre per-sone ho promosso un appello chetrovate su pdplurale.blogspot.org, erinnovo in queste righe l’invito allaRegione. Credo davvero che sia uncaso in cui il reddito pro-capite (red-dito familiare diviso numero di com-ponenti) sia la miglior soluzione: nes-sun aumento della complicazione,massima equità, un segnale impor-tante che metterebbe a tacere ognitipo di contestazione. O no?

Nel punto di domanda finale c’èin realtà la ragione della mia preoc-cupazione. Che emerge non solodalla scelta fatta, ma anche dallerisposte ufficiali improntate alla pru-dente promessa di studiare migliora-menti “a partire dall’ISEE” e anzituttoper “le famiglie numerose e più fra-gili”.

Ma qui c’è un problema di equi-tà che riguarda tutte le famiglie,ovvero tutti i cittadini tranne i singlesenza figli, e sarebbe davveroopportuno maggiore coraggio. Nonè detto che il reddito pro-capite(quoziente familiare) vada bene intutti i casi, ma se c’è un caso in cui èsenz’altro equo ed opportuno èquello dei ticket sanitari. Non ho tro-vato finora nessuno a cui ho propo-sto questo ragionamento che miponesse obiezioni, e sarei grato diconoscere le motivazioni di chi nonfosse d’accordo. E se nessuno haobiezioni, allora perché tanti tenten-namenti?

Difficile capire cosa e chi stia fre-nando, ed è tornando alle fatichedel PD di cui dicevo all’inizio che sol-lecito il mio partito e la Regione Emi-lia Romagna ad avere coraggio.

Giuseppe Paruolo

In un’epoca di crisi generale economica, ma anche sociale e di partecipazione, i partiti non riescono più a svolgere la funzione per cui la Costituzione stessa ne ha definito l'esistenza

e l’importanza. Al di là delle parole, è sulle scelte concrete che si costruisce l'identità di un partito e il futuro di un progetto.Discutiamo qui un problema molto specifico che interessa tutti.

PPDD,, mmeennoo mmiiooppiiaa ee ppiiùù ccoorraaggggiioo:: il caso dei ticket sanitari regionali

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uando nel giugno 2009 miinsediai, i primi dati in evi-denza furono i cassintegrati

del tessuto produttivo calderarese:superavamo anche il Comune diBologna. Ironicamente pensai: “hovinto l’appalto ed ora che si fa?”.

Iniziava così la mia sfida da ammi-nistratore pubblico, nel periodo forsepiù difficile dal punto di vista econo-mico dal 1929 ad oggi e più difficiledal punto di vista politico, almenodopo l’ingresso nella secondarepubblica.

E così non rimaneva altro che rim-boccarsi le maniche ed iniziare acostruire un nuovo pensiero di svilup-po economico per il territorio, chenon fosse legato a logiche di medioperiodo, all’urgenza del singoloimprenditore, al guadagno dell’ur-banistica a favore della finanza, mafosse guidato dall’obiettivo di unacrescita futura con assetti nuovi dadarsi.

Ecco questo è quello che ancoraoggi sto facendo, perché la costru-zione, o meglio la ri-costruzione, di unpensiero va contestualizzata e collo-cata in rapporto strategico con leprospettive di un’area vasta, con laqualità che si vuole dare al propriopaese in funzione dei servizi che ero-ghiamo, con l’identità che si vuolesviluppare o mantenere, con unalogica locale che prescinde da quel-la globale, ma che allo stesso tempone è pervasa.

Tutto questo ha significato torna-re a parlare con in singoli imprendito-ri, con i piccoli artigiani, con le asso-ciazioni di categoria, con i lavoratorie con i sindacati, con gli amministra-tori e persino con le forze dell’ordine,perché l’immediata conseguenzadello spopolamento produttivo è ildegrado urbano e l’insorgenza diproblemi di sicurezza.

In taluni casi il confronto è statoall’origine di un tavolo di salvaguar-dia per tutelare posti in esubero, inaltri casi è stato il frutto di momenticonviviali a casa di piccoli artigianiche, in altri casi ancora sono stateriunioni assai accese finalizzate adevidenziare carenze o mancateattenzioni dell’amministrazione.

Tutto questo sempre con lo stessoobiettivo: creare nuove politiche disviluppo economico del territorio etornare a portare il lavoro come un

valore al centro degli interventi damettere in atto.

Attività che hanno richiesto moltaenergia e che ne richiederannoaltrettanta, ma che hanno segnato ilsolco delle linee programmatiche dimandato della mia amministrazione,anche se di fronte ad una crisi di cosìgrande proporzione gli strumenti inpossesso sono assai limitati rispetto aquello che un intervento di politicaindustriale nazionale può fare.

Quindi siamo partiti con interventidi sostegno al reddito per le famiglie,interventi di reinserimento nel merca-to del lavoro attraverso borse e vou-cher, interventi di sostegno alleimprese con manovre di defiscalizza-zione per le imprese in fase di start-up, interventi di accompagnamentoalla creazione di nuova impresa, madirei che soprattutto abbiamo lavo-rato per l’individuazione di una visioncollettiva: condivisione delle strategiee delle piattaforme con le impresestesse, finalizzata alla comprensioneche in momenti di debolezza lacoesione è un punto di forza, che aiu-ta a migliorare ad accrescere lacreatività ed i livelli di prestazione.

Per fare questo abbiamo attivatodei veri e propri laboratori partecipa-ti con gli artigiani e gli imprenditoridella nostra area industriale più gran-de e contestualmente più in difficol-tà: il Bargellino, ambito produttivo di2milioni di mq in cui molte impreselegate alla filiera della meccanicahanno chiuso. L’obiettivo del proces-so partecipato, affidato ad una“voce fuori campo” un desiner pro-

fessionista docente dell’accademiadi belle arti, è stato quello di leggerei bisogni dell’ambito, le strategie daattuare, le possibili politiche di svilup-po futuro, legando i workshop all’atti-vità che l’amministrazione comunaleattraverso i propri strumenti può met-tere in campo.

I risultati ottenuti sono stati impor-tanti sia dal punto di vista contenuti-stico che metodologico:

● sono emersi gli ingredienti damettere all’interno di un progetto diriqualificazione urbana da sviluppareattraverso un masterplan che conter-rà le indicazioni ottenute come ele-menti di attuazione. Di conseguenzal’amministrazione ha presentatorichiesta di finanziamento, parteci-pando al bando regionale pubblicosulle riqualificazioni urbane che han-no come obiettivo la creazione di“smart city” ovvero di città intelligen-ti, in grado di produrre alta tecnolo-gia, ridurre i consumi energetici degliedifici, promuovere trasporti puliti emigliorare in generale la qualità dellavita degli abitanti. Portando così asintesi il lavoro fatto all’interno deilaboratori, che è stato contestual-mente traslato nel bando per il PianoOperativo Comunale, obiettivo: nonconsumo del suolo, ma rigenerazionedell’esistente.

● il lavoro di gruppo ha incentiva-to gli imprenditori e gli artigiani acostituirsi in comitato come punto diriferimento organico, di confronto eincontro, per la realizzazione di politi-che attive sull’ambito produttivo.Attualmente hanno già aderito in 35.

Quest’ultimo direi è stato sicura-mente di gran lunga il risultato piùimportante, perché in un momentocosì difficile, il tentativo di ricomporrele differenze di vedute per un benesuperiore alle singole specificità, rap-presenta il principale valore di unacomunità: l’assunzione di responsabili-tà collettive. Significa tornare alladefinizione di una agenda di priorità,facendo scelte difficili, anche di cam-biamento, ma che possono e devonoessere condivise, nella considerazioneche le grandi invenzioni sono semprevenute alla luce come il risultato dipercorsi convergenti e mai come ilfrutto di un’avventura solitaria.

Irene PrioloSindaco di Calderara di Reno

Lo sviluppo economico e l’incremento delle opportunità di lavoro rappresentano il cardineper offrire ai cittadini condizioni di vita migliori (casa, salute, istruzione, dignità, etc.) o, quantomeno,

per ridurre l’impatto devastante di una crisi di cui si stenta a vedere i confini ed i rimedi. I sindaci sono in prima linea sul fronte. Che cosa fanno? A Calderara di Reno ad esempio…

È nella natura delle grandi ideereggersi sulle spalle dei giganti

che le hanno precedute:tutte le innovazioni importanti

sono essenzialmente il frutto di una rete.

Steven Johnson

Q

GGoovveerrnnaarree ai tempi della crisi

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6 Il Mosaico n. 41

1. Una scelta che viene da lontano

Di questa questione si cominciò aparlare molti anni fa e in particolarenegli anni ’90 in occasione della dis-cussione sul Progetto della linea diAlta Velocità Roma-Milano quandoemerse l’idea di realizzare la Stazionedell’Alta Velocità all’Aeroporto e delcollegamento ferroviario specificocon la Stazione Centrale.

La discussione evidenziò la neces-sità dello sviluppo della rete ferrovia-ria con il RADDOPPIO delle linee abinario unico e il QUADRUPLICAMEN-TO delle linea Milano-Palermo, così sisperava.

Si voleva, in buona sostanza, cheogni soldo speso per potenziare leferrovie e per la loro qualità e veloci-tà riguardasse l’intera rete, tutti i trenie tutti i viaggiatori, non solo alcuni.

L’ipotesi della Stazione di AVall’Aeroporto fu così scartata per evi-tare ogni “separazione” tra il sistemaferroviario esistente, compresa la sta-zione storica, e il nuovo sistema adalta velocità per cui si decise di con-centrare tutte le linee nella StazioneCentrale di Bologna, punto forte del-la rete nazionale e di integrazionecon le linee locali, anche per rinno-varla profondamente.

2. La discussione nelle assemblee coni cittadini sull’Alta Velocità (AV)

Quando arrivò il mare di carteprogettuali dalle FFSS i tecnici comu-nali cominciarono uno studio appro-fondito, dimostrandosi all’altezza diun compito non certo facile e di unaautonomia culturale e tecnica chefece onore al Comune di Bologna.

Sulla base degli studi FFS si avvia-rono le prime assemblee: ricordoancora la sorpresa dei tecnici delleFerrovie di fronte a interventi argo-mentati e fondati dei cittadini.

Il loro “project financing” non con-vinceva (anche grazie ai libri di IvanCicconi sulla TAV oggi si apprezzameglio il “buon senso” di allora) e inassemblea si decise di cambiare ilprogetto per ridurre gli impatti sul ter-ritorio e per l’uso delle ferrovie esi-stenti per la mobilità locale.

Emerse con chiarezza che “quelprogetto” non era sostenibile per cuiin Giunta decidemmo di respingere ilprogetto AV e di chiedere una nuovaprogettazione e un impegno di FFSSper:

– l’arrivo in galleria e la stazionesotterranea per la nuova linea velo-ce;

– utilizzare i binari in superficie per itreni locali e regionali;

– concordare un progetto di SER-VIZIO FERROVIARIO METROPOLITANOcon l’utilizzo di tutte le linee che con-vergono in Stazione e con nuove fer-mate dentro e fuori Bologna;

– il collegamento con Fiera eAeroporto tramite le linee ferroviarieesistenti.

3. La scelta del Servizio FerroviarioRegionale (SFM)

Nel corso di quel dibattito era cre-sciuta anche una visone alternativache, anche sulla base delle esperien-ze europee, puntava sulla “ALTACAPACITÀ” dimostrando che il verobusiness per le ferrovie stava nellamobilità delle persone nelle areemetropolitane e regionali.

La Giunta, il Consiglio e i tecnicicomunali lavorarono per un progettoche integrasse il Sistema FerroviarioMetropolitano con le linee veloci: fupreparato un Patto da sottoscriverein modo formale, tale da garantirel’una e l’altra: la mobilità nazionale equella locale.

I tecnici del Comune lavoraronocon grande capacità e prepararonoun progetto di massima che via viaprese corpo e sulla base del quale fu

elaborata la delibera che fu appro-vata dal Consiglio Comunale alla finedel mandato 85-90.

Il Progetto del SFM integrava lelinee FFS con quelle della Veneta edella Bazzanese per cui otto linee araggiera convergevano alla StazioneCentrale nel cuore di Bologna; tuttal’area metropolitana era interessatae si prevedevano 13 nuove fermate,di cui 6 a Bologna.

La fase conclusiva era prevista nel2005, con la realizzazione della fer-mata sotterranea dell’AV.

Siamo ormai al 2012 e ancora ilavori non sono finiti: è amaro consta-tarlo ma il progetto mantiene ancorala sua validità, anzi nel tempo se ne èconsolidata la forte valenza strategi-ca.

4. Il TPL e i progetti di mobilità aBologna, tra evoluzione e involu-zione

Le diverse maggioranze politiche,alternatesi al governo della città, dal1995 al 2009 hanno inciso fortementesul TPL a Bologna e sulla evoluzione/involuzione dei sistemi infrastrutturalinell’area bolognese.

Mi sento di affermare che la man-canza di un accordo strategico tra leforze politiche maggiori e la frenesia“costruttrice” delle forze economichenon hanno aiutato la mobilità a Bolo-gna.

Il SFM, pur essendo un progetto da“costruire” non ha mai esaltato icostruttori bolognesi.

La Giunta Vitali lavorò per integra-re il SFM con il TRAM un sistema di tra-sporto urbano per ridurre l’inquina-mento e garantire un sistema dimobilità innovativo e a costo sosteni-bile.

La prima fase del progetto esecu-tivo riguardava il tratto Corticella-Centro-S. Lazzaro.

Ma il TRAM andò a “sbattere con-tro le Due Torri”.

La crescita nella eccellenza di Bologna, dal dopoguerra fino ai primi anni ’80, ha iniziato a declinare sempre piùanche per l’incapacità, oggi conclamata, di operare scelte strategiche, partecipate, innovative, coordinate e rea-lizzate nel settore delle infrastrutture, specialmente legate alla mobilità. Tanti sono coloro che potrebbero fornire unarivisitazione critica di questi anni, ciascuno ovviamente con pareri anche profondamente diversi. Ci è parso utile offri-re come spunto di riflessione il contributo che ci ha cortesemente inviato Ugo Mazza, storico esperto di questi temiavendo ricoperto cariche quali, fra l’altro, di assessore alla mobilità del comune di Bologna e presidente di ATC.

PPEEOOPPLLEE MMOOVVEERR//SSFFMM

SS toria di una strategia mancata

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Mentre in altre città europee iltram circola nelle zone pedonali sen-za protezione, per cui li hanno dotatidi un campanello tanto sono silenzio-si, in Italia - grazie alle norme alloraesistenti - il tram era parificato ad untreno per cui avrebbe dovuto circo-lare con barriere e fermate “pesanti”,che contrastano con i principi di tute-la del centro storico.

Anche per la giusta idea di coglie-re l’occasione per rinnovare le fogna-ture sollevò commercianti e abitanticontro i lavori per il TRAM: in partico-lare l’ASCOM alimentò la protesta.

Inoltre, autorevoli intellettualiimpegnati nella tutela del “centrostorico” protestarono contro il pas-saggio del TRAM alle Due Torri per ilforte impatto di mezzi moderni e del-le fermate.

Il Sindaco Vitali reagì duramentecontro queste posizioni e respinseanche la proposta di dare la prioritàalla tratta verso Borgo Panigale perpoi riflettere con calma sulle Due Torri.

Poi accompagnò questa intransi-genza con una scelta più concilianterinviando l’appalto per il TRAM adopo le elezioni del ’95, anche per uncorretto rispetto istituzionale.

Il centro-sinistra perse le elezioni etutto saltò.

Il Sindaco Guazzaloca, con la suamaggioranza Civici/centro destra,cambiò tutte le scelte:

– stracciò i progetti per il TRAM:era stata la sua battaglia come presi-dente dell’ASCOM;

– dirottò i finanziamenti ottenutidalla Giunta Vitali dal TRAM al CIVIS;

– fu progettato un METRO auto-matico (MAB) sull’asse nord-sud, cioèFiera/Colli-Staveco;

– propose una strada sui colli daCasalecchio a S. Lazzaro: e come sisa le strade portano case;

– il SFM fu sostanzialmente dimen-ticato e spostarono le risorse finanzia-rie sulle loro scelte.

Non si deve mai dimenticare, per-ciò, chi sono i padri del CIVIS e delMETRO.

Così come non si può dimenticareche il mondo economico, senzadistinzioni, guardava solo al businessdelle “costruzioni” dimenticandoopere più necessarie come il SFM.

La stessa Giunta Regionale fu“costretta” da tali pressioni a stanzia-re 25 milioni di euro per l tratta delMETRO Stazione-Fiera, dimenticandola già attiva stazione FS FIERA-MICHE-LINO.

Il Sindaco Guazzaloca non ebbela sensibilità istituzionale del SindacoVitali e fece gli appalti pochi mesi pri-ma delle elezioni scaricando sullanuova Amministrazione i danni dellesue scelte.

5. Cofferati sottovalutò sempre ilSFM e (perciò) partorì il PeopleMover

Il Sindaco Cofferati non sostennemai il Servizio Ferroviario Metropolita-no:

dimenticò la Stazione della Fiera-Michelino, e il collegamento ferrovia-rio con la Fiera;

non valorizzò mai le fermate delSFM in costruzione o già funzionanti incittà;

non parlò mai del potenziamentodel SFM e della sua fermata nei pressidell’Aeroporto.

Questo “vuoto” fu riempito dallepressioni per tecnologie interventibusiness.

Quando Cofferati, per moto pro-prio, o su proposta di altri o del mon-do imprenditoriale, parlò di un nuovocollegamento “separato” Stazione-Aeroporto dimostrò la sua lontananzadalla “logica di rete” che motiva ogniscelta per una mobilità ambiental-mente e finanziariamente sostenibile,nella costruzione, nella manutenzionee nella gestione annuale: sembravadi essere tornare alle logiche dell’AltaVelocità che il Consiglio Comunale diBologna bocciò.

In molti si fecero conquistare dallascelta “modernista” del PM: cosac’era di più moderno di una linea insopraelevata in una città che si ostinaa tutelare il centro storico, la collina ea voler usare un sistema di rotaie etreni del secolo scorso?

Segno dei tempi o nostra incapa-cità, non riuscimmo a far compren-dere che il SFM e il TPL erano un“bene comune” a cui destinare ognieuro pubblico, per tutti e non solo perchi “vola”.

I media bolognesi, attratti più dal-la polemica che dal ragionamento,non avviarono mai una loro indagineautonoma mettendo a confronto idati delle due ipotesi che si scontra-vano.

La discussione fu molto dura,anche se ristretta per la sua difficoltàtecnica, e fu falsata dalla propostadel Comune di attivare un projectfinancing tramite una gara tra privatiper cui il vincitore avrebbe dovutorealizzare e gestire l’opera per 35anni, che poi sarebbe diventata delComune. Come per l’Alta Velocità sidisse:“Senza spendere un euro pub-blico”.

Non tutti capirono quello che oggiè divenuto trasparente: il “projectfinancing all’italiana” è un nuovosistema per di privatizzazione dei pro-fitti e di pubblicizzazione delle perdite.

6. Project financing all’italiana: “amisura dei privati”

Il primo bando, rapidamente pub-blicato, ebbe un esito emblematicodel futuro: andò deserto.

Perché è successo? Non fu maidata una risposta credibile a questoesito inquietante.

Qualcosa “non tornava”: o leimprese avevano deciso un “cartellonegativo”, e allora il Bando dovevaessere ripubblicato senza modifiche,oppure il Bando era sbagliato perchéinsostenibile per i privati e allora anda-va rimessa in discussione la scelta delPM.

Invece la Giunta Cofferati, senzadare risposte a queste domande,decise di emanare un secondo ban-do di gara in cui ridusse le prescrizionitecniche, costruttive e gestionali alfine di ridurre le spese e aumentare gliutili per l’impresa vincitrice.

Nel maggio 2009 il ConsorzioCooperative Costruzioni vinse la garaper il PM.

L’assenza di imprenditori bologne-si e l’esito della seconda gara aprìuna forte discussione.

Perché dopo tante polemichecontro l’intreccio tra il sistema politicolocale e le coop rosse i “privati” nonhanno partecipato a una gara pen-sata per loro?

L’interrogativo è ancora senzarisposta: pensano che non fosse un“business”?

Anche recentemente, a un dibat-tito in Regione sul destino del TPLdopo i tagli del 70% al Fondo naziona-le ho chiesto perché mai le impresepresenti chiedessero di “privatizzare”quote di TPL su gomma e non denun-ciassero, in pari tempo, che ATC eraentrata in una società per la gestionedel PM, pensato come “infrastrutturaprivatizzata”.

La mia impressione per i tanti silen-zi e i sorrisini che mi venivano elargiti, èche i privati abbiano fatto i loro contie ritengano che il rischio economicosia troppo elevato.

7. Una proposta inascoltata: allunga-re il PM alla fiera e superare ilMETRO

Contrari a quel moncherino delPM dalla Stazione Centrale all’Aero-porto, si colse l’occasione del bandoandato a “vuoto” per presentare unaproposta per l’allungamento del PMdalla Stazione al CAAB, per servire la

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Fiera, il Pilastro e la Facoltà di Agraria.Si sarebbe così dotata l’area Nord

di un struttura innovativa per collega-re una zona priva di ferrovia con laStazione e si sarebbero create le con-dizioni per la sua sostenibilità econo-mica.

Inoltre, questa scelta superava laquestione del “tunnel” Fiera-Stazionee del METRO liberando i 25 milioni datidalla Regione e rendendo possibile ascelta del TRAM di superficie.

La proposta non fu presa in consi-derazione dalla Giunta Cofferati.Anzi le “male lingue” dissero che perevitare di buttare all’aria il METRO fumodificato l’arrivo in Stazione del PMe con ciò fu reso tecnicamenteimpossibile il prolungamento alla Fie-ra.

8. Il SFM è utile per chi vola e chino: è meglio del PM

Infatti, come ci spiegano i sosteni-tori del PM, i viaggiatori della Ryanaire dei voli Low Cost sono in crescita el’aeroporto dovrebbe attrarre i viag-giatori dell’area toscana.

E’ questo il problema: se la Ryanaircambiasse aeroporto e/o Firenze risol-vesse i problemi del suo aeroportocosa succederebbe alla società chegestirà il PM?

E’ quindi molto difficile, anche per-ché la crisi taglia le risorse delle fami-glie e i voli di piacere, prevedere quel-lo che potrà succedere nei 35 anniche dovevano essere a gestione pri-vata”.

Un forte calo della domandadarebbe problemi a tutti ma unacosa è farvi fronte con una linea“separata” come il PM che rischia ilfallimento, altra cosa è il SFM che èancorato alla domanda del territorioe che non subirebbe tracolli a frontedell’eventuale ridimensionamento deivoli.

L’argomento usato per sostenere ilPM è quello dei tempi per raggiunge-re l’aeroporto: 7minuti + 3,5 di attesaper il PM contro i 20/25 minuti delSFM,ma non cambiano 15 minuti discarto in un sistema dove bisognaessere in anticipo di 2 ore e l’ora diarrivo è sempre aleatoria.

Per fare un calcolo esatto biso-gnerebbe definire campioni similari estudiare la loro “catena della mobili-tà” per valutare tempi e costi dalmomento in cui si esce in strada almomento in cui si arriva al check-in osull’ultimo mezzo che porta all’aero-porto.

E perché non si valuta il limite stra-tegico del PM che ha l’unico accesso

alla Stazione Centrale, mentre il SFMha decine di fermate sul territorio equindi è molto più accessibile?

Si dovrebbe tenere conto che piùrotture di carico, con la fatica dellevalige, possono spingere i viaggiatoria scegliere di usare l’auto.

Infine ogni euro speso per il SFM èspeso per tutti i cittadini, ogni eurospeso per il PM è speso solo per chivola.

In una fase di risorse pubblichecalanti non ci pare che l’attesa dialcuni minuti in più giustifichi l’impiegodi risorse pubbliche per il PM a dannodel SFM: già succede, la coperta ècorta.

Spero che ci si renda conto checon le risorse pubbliche previste per ilPM si rafforzerebbe il SFM, risolvendocosì la questione dell’aeroporto epotenziando la mobilità su ferro pertutti i cittadini dell’area metropolitanadando un contributo alla riduzionedell’inquinamento dell’aria e delleemissioni di CO2 in un territorio che èfuori dalle “fuori dai limiti delle normeeuropee”.

9. Perché nasce la Marconi Express?

Anche la nascita della MARCONIEXPRESS S.p.A, costituita da CCC eATC, non è naturale.

Il CCC vinta la gara ha comincia-to a cercare i possibili soci per affron-tare l’avventura del PM e sembra cheabbia interpellato anche aziendefrancesi esperte di trasporto pubblicoricevendo un cortese diniego, conmotivazioni diverse.

La disponibilità di ATC apparequindi in controtendenza, seppur conil placet di Comune e Provincia conuna quota iniziale del 25% fonda conil CCC alla la Marconi Express S.p.A.

L’assetto societario nella primafase di progettazione e costruzioneprevede il CCC come socio maggio-ritario - che assegnerà i lavori allaCoop Costruzioni di Bologna, alla CESIe al CIPEA – mentre un anno dopol’avvio dell’esercizio, la maggioranzaassoluta passerà ad ATC.

Nei “Patti para sociali”, sconosciutifino a poco fa, sta scritto infatti:

- ATC dopo un anno dal collaudoacquisterà azioni dal CCC per passa-re al 75% e per tale quota rimborseràal CCC i capitali investiti e prenderà incarico le obbligazioni finanziarie;

- ATC dopo 4 anni dal collaudoacquisterà una altro 15% arrivandocosì al 90% della proprietà;

- ATC si impegna entro il 30 dicem-bre 2020 ad acquistare il restante 10%e a diventare l’unica proprietaria del-

la società “Marconi Express” assu-mendosi tutti gli impegni e gli onerifinanziari.

Quindi al 2021 il PM sarà totalmen-te “pubblico”, invece che nel 2045come prevedeva il bando di garadopo 35 anni dal suo avvio.

Se, come noi pensiamo, il PM fati-cherà a raggiungere il pareggio deicosti di gestione come farà ATC afare fronte agli impegni finanziari e deimutui da pagare?

E tante sono ancora le domandeancora senza risposta “a tono” diComune e Provincia:

- Perché coinvolgere ATC in unainfrastruttura “pensata” su misura perl’intervento dei privati?

- Perché anticipare di oltre 25 annila sua “pubblicizzazione” facendosicosì carico di tutti gli impegni verso lebanche e di un bilancio annuale chesarà difficilmente in pareggio?

- Perché assumersi un tale rischio inanni di duri tagli alle risorse pubblicheper il TPL?

E tante domande senza rispostecoerenti fanno salire il pessimismo e lacontrarietà.

10. PM, ATC e il finanziamento e letrasformazioni societarie nel TPL

ATC è una SpA pubblica, di pro-prietà del Comune (60%) e della Pro-vincia (37%), mentre le rimanenti quo-te sono del Comune e della Provincedi Ferrara, per cui ogni sua esposizionefinanziaria per il PM riguarderà i bilan-ci di questi Enti, già in grave difficoltàfinanziaria.

Nei prossimi anni i finanziamentistatali/regionali per ATC sarannotagliati di oltre il 50% per le scelte delGoverno, inaccettabili ma obbligate,con effetti drammatici sui servizi delTPL.

Come farà ATC a garantire i servizisul territorio e in pari tempo a far fron-te alle esposizioni finanziarie che glideriveranno dall’essere unica proprie-taria del PM

Per capirci, è bene richiamare lemodalità di finanziamento del TPL nel-la nostra Regione:

Enti Locali e Regione definisconoun “Accordo di Programma per i Ser-vizi Minimi”

Comuni e Provincia, a Bologna tra-mite la loro Agenzia SRM, definisconoil “Contratto di Servizio” sulla base delquale affidano il servizio tramite garapubblica;

I Comuni e le Province con proprierisorse possono ampliare i “servizi mini-mi”.

Le tariffe coprono il 35% dei costi; il

8 Il Mosaico n. 41

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65% è coperto dai contributi pubbliciora tagliati.

La situazione è talmente graveche si pensa di alzare la quota delletariffe al 50%.

In passato ATC concorreva dasola poi affidava servizi in sub-conces-sione.

Quest’anno, invece, ATC ha datovita al Consorzio “TPB SCRAL” la cuisede e la Presidenza sono in capo adATC, formato da ATC, FER e OMNIBUS,società a sua volta formata da ATC edalle coop Coerbus, Cosepuri e Sacache gestivano in sub-affidamentoalcune linee “leggere”.

A Bologna nel marzo 2011 la socie-tà “TPB SCRAL”, dopo aver vinto lagara, ha firmato il contratto per 9 annicon l’impegno di gestire la rete pro-vinciale con 37 400 000 Km-vettura.

Inoltre, OMNIBUS gestiva anche ilBLQ, il “BUS per l’aeroporto”, senzacontributi pubblici.

Ma ora ho appreso che dal 2001,per le scelte della Giunta di centro-destra, anche quella linea è inseritanel “contratto per i servizi minimi” ericeve contributi pubblici.

Questo cambia l’ottica della dis-cussione sul PM: infatti, per l’insistenzasul confronto con il BLQ sorge il dub-bio che abbiano pensato/sperato diricevere per il PM, come il BLQ, uncontributo pubblico annuale per il ser-

vizio in sé, oltre alla eventuale penaleper il Comune in contratto.

Per cui è bene fare tesoro delleparole dell’Assessore regionale Peri alConvegno sul TPL.

Su mia richiesta, nelle conclusionipubbliche, l’Assessore ha detto chia-ramente: “il People Mover non è tra i“servizi minimi” che saranno finanziatidalla Regione”.

Tra le tante cose, la Giunta dovràragionare anche su queste parole pri-ma di rendere pubbliche le sue valu-tazioni sul progetto esecutivo tecnico-finanziario del PM presentato dalCCC.

E le future trasformazioni societa-rie?

E’ previsto che a brevissimo ATC sifonda con FER per dare vita a unaunica società per la gestione del TPL,ferro e gomma, nel bacino bolognesee ferrarese.

Poi, più avanti questa nuovasocietà dovrebbe fondersi con lasocietà unica che si sta formando nel-l’area emiliana, facendo perno suModena e Reggio Emilia.

Poi ancora dovrebbero arrivare iltempo della fusione con la Aziendedella Romagna.

In pochi anni si dovrebbe giungeread una unica e grande Azienda pub-blica regionale per il TPL.

E’ del tutto evidente che la situa-

zione pubblica avrà evoluzioni com-plesse e che i problemi del PM e degliequilibri finanziari rischiano di essereoccultati in un processo così vasto percui lo stesso sistema di finanziamentopubblico sarà lontano dalla possibilitàdi controllo dei cittadini.

Il problema non sarà la dimensio-ne regionale, bensì la mancanza diuna “Agenzia Pubblica” che defini-sca gli obiettivi strategici, garantisca illoro controllo e attivi la partecipazio-ne attiva degli utenti alla definizionedelle scelte di qualità del servizio.

Si rischia il modello “HERA”, SpApubblica, in cui il management puntaa garantire la redditività delle azioniprima ancora che la qualità e lasostenibilità ambientale dei servizi edel territorio.

Non è cosa di poco conto, e il PMpotrebbe essere una occasione perdiscutere anche di questo.

11. Fuori ATC dalla MARCONIEXPRESS

Tutte questo ci riporta all’inizio: per-ché ATC dovrebbe essere coinvolta inquesta avventura?

La Giunta Cofferati ha scelto lamodalità del “project finacing” per lacostruzione e la gestione del PM per35 anni all’impresa privata che vince-rà la gara.

Si sosteneva che la città sarebbestata dotata di un moderno servizio dimobilità, senza spendere un europubblico, salvo quanto previsto nelbando, cioè il contributo del Comunedi circa un milione di euro se il nume-ro dei passeggeri non sarà quello pre-visto annualmente, oltre al contributoa fondo perduto deciso dalla Giuntaregionale di 27 milioni di euro.

E’ la presenza di ATC nella societàMARCONI EXPRESS che muta sostan-zialmente la natura dello stesso “pro-ject financing” perché con i “pattiparasociali” i rischi vengono scaricatidal CCC, impresa privata, all’ATCS.p.A., impresa a capitale interamen-te pubblico.

Si faccia il PM, ma “non con i soldidel TPL”, per parafrasare un sloganmolto efficace.

La MARCONI EXPRESS trovi partnerprivati sostitutivi e, se li trova, realizzipure il PM.

Pur avendo sempre considerato ilPM un errore strategico credo cheoggi si debba dire con nettezza che sici sono privati disponibili a investire e agestire il PM per 35 anni si approvi ilprogetto e si aprano i cantieri: saremofelici di viaggiare su un veicolomoderno.

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SCHEDA SUL PEOPLE MOVER

Dati tratti dal progetto presentato

Il “people mover” è un sistema di tra-sporto su monorotaia che si snoderàsu viadotto, salvo il sottopasso ferro-viario e i ponti sull'autostrada e sulfiume Reno.

Tipologia del Progetto: - lunghezza: 5,1 km; - due capilinea, "Aeroporto" e "Stazio-

ne Centrale";- una stazione intermedia "Lazzaretto"

con i centri di controllo e manuten-zione;

- utilizzo di pannelli solari e accumula-tori in fase di frenata per la produzio-ne di energia da utilizzare per leripartenze dei mezzi e, in caso diassenza di coerente;

Tipologia del sistema:- sistema ad automazione integrale

senza conducente;- controllo automatico dei veicoli, ele-

vati sistemi di sicurezza già sperimen-tati;

- sistema di automazione controllata avelocità e frenata regolabili;

- controllo e comunicazione terra-bor-do con telesorveglianza a circuitochiuso;

- sistema di gestione delle emergenze

e delle anomalie in tutta sicurezza;- eventuali anomalie che dovessero

verificarsi durante la marcia dei mez-zi, come per esempio un'improvvisasospensione della corrente elettrica;

- mezzi gommati per la riduzione delrumore e delle vibrazioni;

Tipologia dei mezzi:- veicoli di tipo bi-direzionale della lun-

ghezza di circa 17 metri; - veicoli con 50 posti; - capacità di trasporto di 560/570 pas-

seggeri all'ora per direzione; - tempo di percorrenza Stazione-Aero-

porto 7 minuti e mezzo circa;

Investimento complessivo: - 95,2 milioni di euro;- 18,7 milioni/Km;

Contributi pubblici:- 27 Mil/euro (IVA compresa) dalla

Regione Emilia-Romagna; - 2,7 Mil/euro (IVA esclusa) dalla Socie-

tà Aeroportuale;- 1,3 Mil/euro dal Comune se non si

raggiunge il minimo di passeggericoncordato.

Finanziamenti privati- 60 Mil/Euro dalla finanza di progetto,

cioè investitori e banche. Il CCC, vinta la gara nel 2009 ha cer-

cato altre imprese per realizzare egestire il PM.

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10 Il Mosaico n. 41

a questione dell’ammissibilità dei referendum elet-torali è antica, anzi precedente alla loro stessa pro-posizione. Molto in breve, tra i divieti previsti in

Costituzione alla proposizione dei referendum abrogati-vi, accanto alle leggi tributarie e di bilancio, di amnistiae indulto e a quelle di autorizzazione alla ratifica dei trat-tati internazionali, sembra che vi fosse stato previstoanche il limite delle leggi elettorali: in Assemblea Costi-tuente, all’atto della votazione finale su quello chesarebbe diventato l’art. 75, era infatti stato approvato

un preciso emendamento, presentato da 10 parlamen-tari del Partito Comunista, con il quale venivano previstele leggi elettorali tra quelle non abrogabili per via refe-rendaria. Poiché però il processo verbale della sedutaomise di far parola dell’emendamento comunqueapprovato, in sede di coordinamento finale del testocostituzionale la discrepanza tra verbale ed il testo alle-gato, pur riportante l’esito della votazione, indussero adescludere dal testo coordinato il limite rappresentatodalle leggi elettorali.

Il Comune la Provincia assumanoposizioni chiare:A. Fare uscire TOTALMENTE ATC dallasocietà MARCONI EXPRESS.

Sottolineo totalmente perché ora sicerca di fare apparire come un suc-cesso la riduzione delle quote ATC nel-la Marconi Express: no, ATC deve usci-re del tutto e lasciare lo spazio ai pri-vati.

Non si capisce perché ComuneProvincia non debbano prendere unadecisione netta e coerente con ledichiarazioni e lo spirito originale del“Project financig”.B. Escludere l’utilizzo di risorse pubbli-che per la gestione del PM

Il Comune e la Provincia devonoescludere ogni possibile finanziamen-to alla gestione e alla manutenzionedel PM e assumere la dichiarazionedell’assessore regionale Peri come vin-colante per il futuro anche per gli EntiLocali, salvo quanto previsto dal ban-do di gara.C. Chiarezza finanziaria e societaria

La discussione attuale sul futuro delTPL su ferro e su gomma prevede intri-cate trasformazioni e fusioni societarieper ridurre i costi del servizio pubblicoe per regimi ottimali di gestione.

Comune e Provincia devono assu-mere l’impegno che questa discussio-ne non riguarderà il PM fino a quandonon sanno passati i 35 anni di gestioneprivata, previsti dal bando di gara.

12. Nessun timore per il futuro: c’èsempre il SFM

Come si vede non c’è alcunaopposizione alla realizzazione del PM: iprivati procedano.

Se i privati non riusciranno nell’im-presa, l’Aeroporto non rimarrà isola-to perché resterà il BLQ e si potrà uti-lizzare il SFM completando la stazio-ne che è stata interrotta per fare ilPM.

Esiste infatti la stazione del SFMdenominata “Aeroporto”, in via Ben-civenni a cavallo delle due linee, lacui costruzione fu interrotta nel 2007e che può essere facilmente com-pletata e collegata con l’aeroportoche dista 1200 metri, e ancora menodal futuro accesso.

Tramite quelle due fermate l’Ae-roporto sarebbe collegato diretta-mente con almeno 16 fermate delSFM i cui passeggeri non dovrebberopassare per la stazione: una diffusio-ne degli accessi sul territorio chefarebbe solo bene, all’aeroporto eal SFM stesso, oltre che ai cittadini.

Come si vede, nessuno restereb-be a piedi.

13. Partecipare per incidere sulledecisioni

Istruttoria pubblicaLa vicenda del PM ha attivato

una forte attenzione dei cittadini ealcuni Comitati stanno raccogliendole firme, anche la mia, per attivareuna “Istruttoria pubblica” sul PM.

Sarà certamente una importanteoccasione per conoscere le inten-zioni della Giunta dopo la lungariflessione che sta svolgendo e di cuibisogna darle atto.

La speranza è che quella riflessio-ne non si fermi al PM ma coinvolgal’intero sistema di trasporto pubblico

nell’area metropolitana e urbanaper sapere cosa intendano fareComune e i Provincia di Bologna perfronteggiare i tagli dei finanziamentie tutelare il TPL anche per ridurre leemissioni di PM10 e di CO2 ed evita-re le multe salatissime che dovremoaltrimenti pagare.

Costituire il “Comitato provincialedegli utenti” di ATC

La legge regionale n.39/98 pre-vede un “Comitato degli utenti” inogni bacino del TPL.

Le Aziende devono convocare laprima riunione degli utenti, a partiredagli abbonati di cui hanno gli elen-chi, per la elezione del Comitato.

Il Comitato eletto deve essereautonomo e avere una propria vitademocratica basata sulla parteci-pazione degli utenti alle scelte stra-tegiche dell’azienda e al piano tarif-fario.

Mentre nel sistema ferroviario iComitati si sono insediati e funziona-no in modo autonomo nel TPL sugomma le Aziende, sulla base di unprotocollo concordato tra loro, han-no “scelto” i rappresentanti degliutenti e creato Comitati privi di ognibase rappresentativa.

Questa fase va superata dandovita a un Comitato degli utenti auto-nomo e rappresentativo.

Ugo Mazza

Bologna, 15 novembre 2011

Se nel prossimo mese di gennaio la Corte Costituzionale riterrà ammissibili i due nuovi quesiti elettorali che verranno sottoposti al suo esame, quella alla quale saremo chiamati in un fine settimana tra il 15 aprile ed il 15 giugno 2012 sarà la settima tornata di referendum in materia elettorale della storia repubblicana.

Il condizionale è però d’obbligo perché quelle che saranno, in rapporto ai due distinti quesiti, le decisioni della Corte sono assolutamente incerte.

II referendum eelleettttoorraall ii

DD

L

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11Il Mosaico n. 41

La Corte Costituzionale ha individuato, a fianco deilimiti espliciti, una serie di ulteriori limiti all’ammissibilitàdei referendum elettorali, di tipo implicito o logico. Ciòè avvenuto anche in occasione degli stessi referendumelettorali che si sono svolti nel 1991 e nel 1993, doveaccanto ai quesiti accolti altri furono respinti. Si ricordache gli altri referendum elettorali si svolsero invece nel1995, 1999, 2000 e 2009.

Sono limite implicito allo svolgimento dei referendumabrogativi, in particolare, le c.d. “leggi necessarie”,categoria nella quale vengono fatte rientrare (tra lealtre) le leggi che devono necessariamente esistere inquanto indispensabili al funzionamento degli organicostituzionali; tra queste certamente vi rientrano le leg-gi elettorali di Camera e Senato. Con riguardo a tali leg-gi la Corte Costituzionale ha già ritenuto inammissibile larichiesta di abrogazione totale, che sarebbe stata d’im-pedimento alla costante operatività dei predetti organicostituzionali. Ammissibili per contro le richieste di refe-rendum elettorale che eliminando solo alcune disposi-zioni consentono alla legislazione residua di garantire inogni caso il funzionamento del sistema.

Altro limite implicito individuato nella giurisprudenzaè la formulazione del quesito, che deve essere omoge-neo, chiaro ed univoco: il quesito deve essere tale daconsentire una risposta univoca (SI’/NO) perché solocosì il cittadino chiamato ad esprimersi lo potrà fare inmodo libero e consapevole; in altre parole il cittadinodeve comprendere l’oggetto del referendum, ne devecomprendere conseguenze e finalità. Inammissibile percontro una richiesta referendaria che includesse unamolteplicità di domande eterogenee, alle quali il citta-dino dovesse dare una risposta unica.

l quesito potrà per contro abbracciare una pluralitàdi disposizioni, ma è essenziale che esso esprima un prin-cipio abrogativo unitario, quali furono ad esempio quel-li della preferenza unica nel 1991 o quelli sulla quotaproporzionale per l’elezione di Camera e Senato del1999 e 2000.

I quesiti attuali

I due quesiti elettorali che la Corte sarà chiamata adecidere riguardano rispettivamente l’abrogazionetotale della legge 21 dicembre 2005 n. 270 “Modifichealle norme per l’elezione della Camera dei Deputati edel Senato della Repubblica” (c.d. Legge Calderoni)ovvero l’abrogazione delle sole disposizioni della stessalegge 270 che hanno sostituito le disposizioni delle leggi276 e 277 del 4 agosto 1993 riguardanti l’elezione dellaCamera dei Deputati e del Senato della Repubblica.

La legge 21 dicembre 2005 n. 270, come si ricorderà,venne già sottoposta il 21 e 22 giugno 2009 a tre refe-rendum abrogativi, che avrebbero dovuto svolgersil’anno prima ma che furono rinviati in considerazionedello scioglimento anticipato della legislatura. Tali refe-rendum, dichiarati invalidi avendovi partecipato solo il23,32% degli aventi diritto, riguardarono precisamente:1) l’abrogazione di tutte le norme che prevedono lapossibilità, per le liste concorrenti all’elezione dellaCamera dei Deputati, di collegarsi e di essere di conse-guenza attributarie del premio di maggioranza; 2) l’a-brogazione di tutte le norme che prevedono la possibi-lità per le liste concorrenti alla elezione del Senato, dicollegarsi e di essere di conseguenza attributarie delpremio di maggioranza; 3) l’abrogazione infine dellapossibilità per uno stesso candidato di presentare lapropria candidatura in più circoscrizioni alla Cameradei deputati.

Rispetto a quelli del 2009, i referendum per i quali

Cassazione e Corte Costituzionale dovranno pronun-ciarsi hanno certamente portata più ampia.

La legge 270/2005, con la quale si è votato nel 2006e nel 2008, sovvertì il sistema elettorale a prevalenzamaggioritaria delineato dalle leggi 4 agosto 1993 n. 276e n. 277, che erano state il risultato del referendum abro-gativo del 18 aprile 1993.

Con la legge del 1993, che gli odierni referendumvorrebbero far rivivere, i ¾ dei seggi (238 al Senato, 475alla Camera) venivano assegnati mediante collegi uni-nominali, con il criterio della maggioranza relativa; men-tre il restante ¼ (77 al Senato, 155 alla Camera) venivaassegnato con formula proporzionale. Alla Camera era-no previste due schede: con la prima si votava il candi-dato per il collegio uninominale, con l’altra si votava,senza indicazione di preferenza, per una delle liste pre-sentate (i 155 seggi del proporzionale venivano distribui-ti, su base nazionale, tra le liste che aveva riportato ilmaggior numero di voti, in ogni caso non inferiori al 4%che costituiva soglia di sbarramento, e con scorporo,parziale dei voti con i quali il candidati del gruppo sonorisultati eletti nei collegi uninominali). Al Senato l’elettorevotava solo per il proprio candidato al collegio uninomi-nale (i 77 seggi assegnati con il proporzionale venivanoattribuiti, su base regionale, ai candidati presentati neicollegi uninominali con il medesimo contrassegno, conscorporo dei voti utilizzati per l’assegnazione dei collegiuninominali).

La riforma del 2005 ha abolito i collegi uninominali esostituito al principio maggioritario corretto il principioproporzionale, con la correzione necessaria a garantirecomunque, con un corposo premio di maggioranza, laformazione di una ampia maggioranza parlamentare(alla Camera almeno 340 seggi – al Senato il premioscatta solo nessuna lista ha raggiunto il 55% dei voti; in talcaso, in ciascuna regione, alla lista che ha ricevuto ilmaggior numero di voti, viene comunque garantito il55% dei seggi).

Il sistema non prevede candidature individuali masolo liste di candidati; inoltre sono previste le soglie diseguenti sbarramento: 10% per le coalizioni su basenazionale, 4% per le liste non coalizzate, 2% per le listecoalizzate.

Perché il nuovo referendum?

Scopo dell’iniziativa referendaria è dunque quello diripristinare la legge elettorale del 1993 mediante abro-gazione delle norme del 2005 di modifica della primalegge; si tenga conto che la legge 270/2005 non fu vara-ta infatti come nuova legge organica per l’elezione diCamera e Senato, ma intervenne modificando in alcu-ne parti la disciplina del 1993. Cruciale sarà al riguardol’orientamento della Corte sul tema della “reviviscenza”della norma abrogata, tenendo conto che la giurispru-denza al riguardo è piuttosto scarsa.

L’unico principio che si può ritenere consolidato nel-la giurisprudenza della Corte in materia di referendumelettorali è quello dell’autoapplicabilità della normativaresidua: il referendum è ammissibile se la legislazioneche residua all’esito positivo del medesimo consenta dirinnovare il Parlamento anche il giorno dopo la procla-mazione del risultato.

Parrebbe ammesso dalla precedente giurisprudenzadi ammissibilità dei referendum elettorali anche il carat-tere inevitabilmente manipolatorio sulla legislazione deiquesiti proposti.

Roberto Lipparini

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12 Il Mosaico n. 41

egli anni ’60-‘70, quandoanche l’Italia fu pervasa daun forte vento di contestazio-

ne verso la società civile, si sviluppòanche una vasta riflessione intorno alvolontariato, che portò a riconsidera-re il valore ed i diritti di ogni singolapersona, la nascita di una cultura piùsolidaristica, la necessità di una politi-ca più rispondente ai bisogni sociali,la convinzione che non è doverososoltanto risolvere il problema concre-to, ma anche intervenire perché lesituazioni di difficoltà e/o ingiustizianon si ripetano. Sempre in quegli annisi andarono delineando in modosempre più chiaro le diverse modalitàcon cui si interveniva nel risolveresituazioni di disagio, e si andaronodefinendo i diversi campi di interven-to tra cooperazione sociale, associa-zionismo e volontariato.

Questo processo portò negli annisuccessivi ad avanzare varie propostedi legge che alla fine confluirono nel-la Legge 266 del 1991, che definisce ilrapporto tra amministrazione dellostato nei suoi vari livelli ed articolazionie le associazioni di volontariato. All’in-terno di questa legge (art 15) vengo-no costituiti i Centri Servizi per il Volon-tariato (CSV) proprio con lo scopo difavorire la valenza solidaristica esociale che ormai tutti i raggruppa-menti politici riconoscevano alle varieattività svolte dal volontariato. I CSVvengono finanziati con risorse prove-nienti dagli utili delle Fondazioni ban-carie, nella misura di 1/15 degli utili.

Rispetto alla legge quadro nazio-nale, le varie Regioni andarono a sot-tolineare le valenze territoriali di que-ste attività promulgando leggi sulla

materia. In Emilia-Romagna la LeggeR n.12 del 2005 svolge questa funzio-ne. Agli articoli 16 e 17 la legge ripren-de e ridefinisce il ruolo dei CSV pre-senti in regione.

I Centri Servizi in EmiliaRomagna e a Bologna

L’architettura istituzionale è piutto-sto articolata: ogni Centro provincialeviene affidato ad una organizzazionedi volontariato, o come è il caso ditutti i Centri dell’Emilia-Romagna, aduna associazione di associazioni, chedevono però essere tutte di volonta-riato. Queste associazioni hanno quin-di un’Assemblea, un Consiglio Diretti-vo, un Presidente, che sono titolati adecidere sull’attività del Centro. Aquesti organismi si affianca però,come previsto dalla legge nazionale,un Comitato di Gestione (compostoin maggioranza da membri designatidalle Fondazioni bancarie e in misuraridotta da associazioni di volontariatoed enti locali) che da un lato provve-de a ripartire tra le varie province ifondi assegnato in modo unitario allaregione, e dall’altro, svolge una fun-zione di controllo sulla gestione con-tabile dei CSV e sull’effettivo svolgi-mento delle attività a favore delleorganizzazioni di volontariato.

In Emilia-Romagna, tuttavia, esisteanche un altro soggetto titolato adintervenire sull’attività dei CSV, ed è ilComitato Paritetico di ogni provincia(composto appunto in modo parita-rio tra rappresentanti delle associazio-ni di volontariato e rappresentantidegli Enti locali) che fissa le prioritàper l’azione del Centro di servizio, in

particolare per la progettazionesociale.

A Bologna l’associazione che ha incarico il CSV si chiama ASVo e attual-mente annovera 48 associazionisocie. Si è inoltre ritenuto opportunodistinguere tra l’associazione chegestisce il Centro Servizi, ma che puòsvolgere anche altre attività, dal Cen-tro Servizi in quanto tale, che a Bolo-gna ha preso il nome di Volabo (la cuisigla è giustamente molto più cono-sciuta di ASVo).

Qualche cifra e molti progetti

Per il futuro le prospettive presen-tano aspetti preoccupanti. La riduzio-ne dei finanziamenti da parte delleFondazioni bancarie si possono riassu-mere in poche cifre: fino al 2009 lerisorse erano sempre state consistentie tendenzialmente crescenti, arrivan-do alla cifra (per le verità molto rile-vante rispetto al trend) di 2.605.645,98Euro. Nel giro di due anni si sono peròpiù che dimezzate, arrivando nel 2011ad attestarsi ad un valore leggermen-te inferiore al milione di Euro. Nel 2010è inoltre intervenuto un accordo traFondazioni bancarie, Co.Ge. Associa-zioni rappresentative di volontariato eCSV per ridefinire gli importi. In quel-l’accordo inoltre si modifica sostan-zialmente le modalità di definizionidegli importi da assegnare alla pro-gettazione sociale, che viene definitada un commissione regionale costitui-ta ad hoc.

In questa contingenza anche ilCSV di Bologna dovrà sicuramenteriorganizzare le proprie attività (cosain parte già attuata) e ridurre gli inter-venti.

Le attività svolte daVolabo

Negli ultimi anni (maggiori informa-zioni si trovano sul sito, in cui com-paiono anche i bilanci socialihttp://www.volabo.it/ ) il Centro haofferto servizi e consulenze alle orga-nizzazioni di volontariato nell’ambitogiuridico–legale, amministrativo-fisca-le, previdenziale e del lavoro, assicu-rativo, organizzativo e a supporto del-la qualità.

Il volontariato è un’enorme ricchezza troppo spesso sottovalutata anche perché a volte si ritiene un’offerta episodica e scoordinata. Esiste invece una legislazione che prevede, e in molti casa attua, un’opera preziosa di servizio e coordinamento che, se adeguatamente supportata e gestita, può incrementare in modo significativo la funzionalità ed efficacia degli interventi. Abbiamo chiesto a Giancarlo Funaioli, presidente di ASVO Bologna, di illustrarci la situazione..

II ll CCeennttrroo sseerrvviizz ii per il volontariato di Bologna

N

I compiti di un Centro Servizi sono indicati in modo piuttosto detta-gliato nell’articolo 17 comma 1 dellalegge 12/2005. E si possono così sintetiz-zare:● approntare strumenti ed iniziative per

la crescita della cultura della solida-rietà, la promozione di nuove iniziativedi volontariato e il rafforzamento diquelle esistenti;

● offrire consulenza e assistenza qualifi-cata;

● offrire iniziative di formazione a favoredegli aderenti a organizzazioni divolontariato

● offrire informazioni, notizie, documen-tazioni e dati sulle attività di volonta-riato, su esperienze e processi di svi-luppo;

● incentivare il ruolo e l'impegno civicodelle organizzazioni di volontariato;

● contribuire all'attuazione di progettipromossi e attuati dalle organizzazionidi volontariato

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13Il Mosaico n. 41

L’attività di formazione dei volon-tari delle associazioni ha riguardatonel 2010:

Corsi di Formazione: 20; Corsi di for-mazione-azione: 2; Pubblicazione dimateriali didattici: 4;

Percorsi Consulenza e progettazio-ne formativa: 11; Progetti su Ammini-stratore di sostegno provinciale einterprovinciale; Convenzioni di Vola-bo con azioni prevalenti nel campodella formazione: 6.

Le azioni per favorire la conoscen-za e la promozione del volontariatotra i giovani:

Collaborazioni con 13 scuole diBologna e provincia per promozionedel volontariato giovanile

Orientamento al volontariato per72 ragazzi (colloqui, ricerca, selezionee contatto con associazioni idonee)in un totale di 17 associazioni per ilprogetto SAYES. Formazione deivolontari all’accoglienza dei giovani(2 incontri di 2 ore) per il progettoSAYES svolta dagli operatori dell’Area.

Potenziamento del tutoraggio aragazzi problematici al fine di inserirlinella maniera più adeguata e di evi-tare abbandoni durante il percorsodel progetto SAYES

La progettazione sociale è unamodalità peculiare del sistema deiCSV dell’Emilia Romagna. E’ una atti-

vità che vuole favorire la capacitàdelle associazioni di leggere le istanzedel territorio e costruire risposte inno-vative a bisogni emergenti, sviluppan-do l’autonomia dell’associazione, lacollaborazione e la sinergia con gliattori del territorio attraverso il lavorodi rete, la promozione e la visibilità delvolontariato quale corpo intermediotra istituzioni e cittadini. La progetta-zione si distingue in due grandi cate-gorie: i progetti di rete e i progetti persingole realtà, o progetti di sviluppo.Questi ultimi sono rivolti a realtà asso-ciative piccole e nuove, ma anche aquelle associazioni che vogliono inno-vare la loro attività. Li contraddistin-gue tra l'altro il budget limitato.

I progetti di rete sono invece pro-mossi da più associazioni di volonta-riato che presentano un progettocomune, spesso coinvolgendo nelprogetto altri attori del terzo settore,enti locali, scuole. La rete mette insinergia le risorse umane e materialidelle singole organizzazioni, con loscopo diretto di produrre benefici – sualcuni obiettivi - per l'intera comunità.

Nel 2009 è stato introdotto in viasperimentale un Progetto Regionaledi contrasto alle povertà che, puravendo tema e obiettivi comuni, èstato declinato in azioni di ordine pro-vinciale.

I progetti realizzati da Volabo nel-l’ultimo biennio hanno coinvolto:

nel Progetto Regionale Povertà 230rganizzazioni di volontariato, 2 Asso-ciazioni di Promozione Sociale, 3 Altrisoggetti di Terzo Settore;

nella Progettazione 2010 (Progettidi Sviluppo, Sociali ed Interprovinciali)80 Organizzazioni di Volontariato, 11Associazioni di Promozione Sociale, 6Enti Locali, 2 Sindacati, 7 Altri soggettidi Terzo Settore;

nella Progettazione 2011 (Progettidi Sviluppo e Sociali) 45 Organizzazio-ni di Volontariato, 14 Associazioni diPromozione Sociale, 16 Enti Locali, 1Sindacato, 1 AUSL, 6 Altri soggetti diTerzo Settore.

La promozione del volontariato sulterritorio, inoltre, vede da anni l’orga-nizzazione di Volontassociate, con unnumero di eventi che quest’anno èarrivato a 19 iniziative, coinvolgendo17 Comuni della provincia e 2 quar-tieri, e 531 soggetti che hanno aderi-to, in massima parte associazioni divolontariato e del terzo settore. Infine,l’attività informativa che ha vistoanche la promozione di vari convegnidedicati alle esigenze più attuali delleAssociazioni, ma anche a temi dimaggior coinvolgimento del volonta-riato odierno.

Giancarlo Funaioli

CCAAPPIIRREE,,GGIIUUDDIICCAARREE,,AAGGIIRREE::ppeerr nnoonn ssuubbiirreeIncontri su Economia, Finanza, Lavorodedicati ai giovani (18-30 anni) presso l’auditorium del Villaggio delFanciullo, in via Scipione dal Ferro 4,alle ore 21

Si sono tenuti i primi due incontri nel2011. Vi proponiamo quelli del 2012:12 febbraioDa Fantozzi a Jobs: vivere un incubo o costruire un sogno?relatore don Matteo Prodi12 marzoServire la comunità o imboscarsi? relatrice Adele Mimmi23 aprileStato sociale: madre invadente, padre assente o nonno sordo?relatrice Elisabetta Gualmini14 maggioIl ruolo della politica rispetto agli attuali squilibri(relatore da definire)Per info [email protected]

IL CONTESTO - INDIGNAZIONE E PROTESTA

In questi mesi ho cercato di seguire,attraverso i giornali, i movimenti diprotesta dei ragazzi (Indignati, Insol-venti ecc.) scesi in piazza perché spa-ventati dalla crisi economica, ribelliall’idea di un debito da pagare, preoc-cupati e incerti per il proprio futuro.

Se da un lato sono rimasto colpitopositivamente dal loro essere in mag-gioranza culturalmente post-ideologici epoliticamente svincolati dagli schiera-menti (destra, sinistra, centro...),dall’altro sono rimasto un po’ allarma-to nel rilevare, nei loro slogan e dis-corsi, una certa confusione sul funzio-namento dell’economia, sulla natura eil ruolo delle imprese, sul concetto dilavoro.

Anche per questo, insieme ad alcuniamici impegnati in ambito parrocchiale,abbiamo organizzato un ciclo di 6 incontridi formazione su Economia, Finanza, Lavo-ro, specificamente rivolto a un pubbli-co di giovani. Si parla di debito, dicrisi, di impresa, di welfare, e natu-ralmente di Politica.

Andrea De Pasquale

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Il Mosaico n. 41

slo è una città tranquilla: nonaccade mai nulla che interes-si la stampa internazionale,

ad eccezione dell'assegnazione delPremio Nobel per la Pace o dei furti adanno dei dipinti di Edward Munch.

Il 22 luglio 2011, però, la quieta Osloè scossa da due eventi tragici. Alle 3 emezzo del pomeriggio una forte esplo-sione devasta il quartiere governativo,più tardi un folto gruppo di giovani,riuniti per un campeggio estivo orga-nizzato dal Partito Laburista, è falciatoda raffiche di mitra sparate da unuomo solo.

Bilancio: 77 morti, di cui 69 ragazzi.Diversi di loro sono minorenni.

L'autore della mattanza è AndersBehring Breivik, estremista di destra, perbreve tempo iscritto al Partito del Pro-gresso, una formazione politica che inNorvegia prende un sacco di voti. Neigiorni successivi alla strage si scopreche Breivik aveva messo per iscritto lesue idee allucinanti e le aveva carica-te sul web.

Nell'assumersi la responsabilità delmassacro, chiede che la Norvegiascacci gli immigrati, il re abdichi e s'in-stauri uno stato etico antimusulmano. Ilsuo exploit fa emergere all'attenzionegenerale una "marea nera" che insilenzio, ma inesorabilmente sta gua-dagnando terreno in tanta parte d'Eu-ropa.

Le anime della Destra.Diversi studiosi hanno identificato trecorrenti fondamentali del pensiero didestra che Piero Ignazi identifica così:una destra “legittimista e tradizionali-sta” che vuole reintegrare i principi del-l'ancien regime dopo la tempesta rivo-luzionaria del 1789; una destra “orleani-sta, di ispirazione liberale”, incubatricedei diritti politici e del libero mercato;una destra “bonapartista, autoritaria eplebiscitaria”, legittimata dalla volontàpopolare ma irrispettosa dei diritti edelle libertà. Questi tre percorsi, desun-ti dall'esperienza francese ma genera-lizzabili a tutto il contesto europeo, sipossono rintracciare ancora oggi sottole forme del tradizionalismo, del libera-lismo e dell'autoritarismo fascista.

IL TRADIZIONALISMO - Questa dottri-na - scrive Carlo Galli - «è connotatada una forte valenza monistica, staticae organicista: esiste un solo ordine per-fetto, naturalmente centrato su Dioche tuttavia è infinitamente distantedagli uomini così che il mondo appareabbandonato alle leggi ferree dellanatura». Per i teorici tradizionalisti, l'uo-mo è corrotto e quindi va governatoper evitare che crei danni a sé e aglialtri. E questo governo discende diret-tamente dalla volontà immutabile diDio e della natura. Da ciò discende uncristianesimo rituale, immutabile nei

secoli, da opporre al pluralismo religio-so o all'ateismo.

IL TORISMO - In questa correntecoabitano tendenze liberali e conser-vatrici. Così in questo ambito possonoconvivere il liberista e l'individualista,come chi rispetta l'autorità, la tradizio-ne, le gerarchie consolidate.

L'AUTORITARISMO - In questo filonesi colloca il nazifascismo che ha carat-terizzato la prima parte del XX secolo.Osserva Ignazi che «Incasellare il fasci-smo a destra non è comunque unaoperazione scontata. Innanzitutto vi èla rivendicazione di una appartenenzaalla sinistra da parte di alcune frangedel fascismo storico e del neofascismo:la sottolineatura del carattere antica-pitalista, socializzatore, rivoluzionario edi sinistra è sostenuta da intellettualidell'area neofascista italiana. InfattiRenzo de Felice ha distinto il fascismo indue tendenze di fondo, quella delfascismo-movimento (antiborghese,anticapitalista, rivoluzionaria e laica) equella del fascismo-regime (capitali-sta, clericale conservatrice). In secon-do luogo, alcuni autori hanno disgiuntonettamente i termini fascismo e destra:il fascismo fonde filoni dell'ideologiasocialista e anarcosindacalista da unlato e legittimista e nazionalista dall'al-tro, in modo da farne un unicum nellastoria delle idee». Tuttavia il disprezzoper le procedure democratiche, il cul-to del capo, della vigoria del corpo,della superiorità d'una "razza", predesti-nata al dominio sulle altre, ne fannouna risposta reazionaria all'ugualitari-smo e alle rivendicazioni delle classiemerse con la rivoluzione industriale.

La Destra oggi. Il 21° secolo,però, ha proposto una serie di teminuovi, in parte ignoti alla destra tradi-zionale. Se alcuni connotati sonocomuni, l'ostilità al multiculturalismo,all'onnipresenza dello Stato, alle proce-dure parlamentari, nonché il frequenterichiamo al popolo ed alla sua capaci-tà di decidere, altri sono specifici dellesingole realtà locali. In Scandinaviasono apparsi sulla scena partiti chehanno raccolto voti contro l'eccessivatassazione imposta dallo Stato perfinanziare il generoso welfare; in Olan-

da ci si oppone alla dottrina della "tol-leranza di Stato" praticata negli ultimi40 anni; in Belgio si vuole la separazio-ne delle due comunità linguistiche, lafiamminga e la francofona. All'Est,come reazione al crollo del comuni-smo, è riapparso lo sciovinismo nazio-nalista, come in Ungheria.

In Svizzera e in Austria invece si èpuntato tutto sull'orgogliosa riafferma-zione della neutralità, come difesa dal-l'invadenza della U.E.

Ovunque ci si è affidati a leadercarismatici dall'eloquenza travolgentee persuasiva, capaci di "bucare loschermo", di cavalcare i sentimentid'avversione alla politica, vista comeun "teatrino inconcludente".

Questa nuova destra ha presoanche a prestito certe parole d'ordinedel movimento no global, poiché,contro la società multietnica e multi-culturale, si batte per la difesa d'unaspecificità nazionale, orgogliosamenteattaccata alle tradizioni, di cui anche ilcristianesimo farebbe parte.

Solo la Gran Bretagna e l'Irlanda,per il momento, appaiono immuniall'avanzata dell'estrema destra. Inrealtà non sono mancati tentativi d'im-piantare nel Regno Unito movimentiradicalmente reazionari. Il sistema elet-torale rigorosamente maggioritario e latradizionale divisione della società inconservatori, laburisti e liberaldemo-cratici ha sostanzialmente lasciatopoco spazio agli estremisti che, tutt'alpiù, sono riusciti ad ottenere qualcheisolato consigliere comunale nelle cittàin cui vivono numerose comunità asia-tiche o musulmane. Tuttavia, comedimostra la terribile vampata di violen-za che ad agosto ha investito le cittàbritanniche, anche quella società sof-fre di squilibri che alimentano le frustra-zioni giovanili che producono vandali-smo. Il passo dalla violenza cieca alradicalismo politico potrebbe esserbreve se solo venisse raccolto da undemagogo in grado di ricavarne van-taggi elettorali, scardinando un siste-ma fin troppo consolidato.

Un mese dopo la strage, nella cat-tedrale di Oslo, presente il re, si sonopiante le vittime della follia di Breivik: Insettembre, alle elezioni amministrative ilPartito del Progresso ha perso voti eseggi.

Pare sia iniziata, come testimonianoanche le elezioni politiche in Danimar-ca, Polonia e Svizzera di queste setti-mane un'interessante inversione di ten-denza che segnala una ripresa delleforze democratiche ed un appanna-mento della destra populista. Occorre-rà attendere altri verdetti popolari percapire se il fenomeno è generalizzabilea tutto il continente o solo localizzatoqua e là.

Pier Luigi Giacomoni

La “Marea nera” sull’Europa

O Da anni in Europa una nuovadestra postmoderna, postindu-striale, neoidentitaria sta guada-gnando terreno di elezione in ele-zione. In Ungheria e in Olandagoverna, altrove prende voti ecavalca le angosce e le frustrazio-ni della gente, spesso raggiun-gendo percentuali da primato neiquartieri operai o nei sobborghidormitorio dove dilaga la disoc-cupazione. Quale male oscuros'aggira nelle società europee?

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ilopanti fu patriota, docente universitario, astronomo epolitico: una figura dell’Ottocento paragonabile aquella di alcuni scienziati contemporanei, come

Umberto Veronesi e Rita Levi Montalcini, capaci di impe-gnarsi, e spesso con ottimi risultati, anche nel sociale e nellavita politica.

Il suo vero nome era Giuseppe Barilli ed era nato a Ric-cardina di Budrio da padre falegname nel 1812. Assunse ilnome di Quirico Filopanti nel 1837 perché Filopanti significa“voler bene a tutti” e Quirico ricorda la grandezza di Roma.Il nuovo nome indicava il suoprogramma di vita: insegnare,fare apprendere, diffondere leconoscenze, inventare, crea-re. E cominciò molto presto arealizzarlo, nel 1843 inventò unmetodo per chiudere le rottedei fiumi, la “paltelata”. Seb-bene questa sia la più nota trale invenzioni e le proposte tec-niche di Filopanti, compliceancora Il Mulino del Po, benaltra importanza ebbe la pro-posta formulata nel 1858 deifusi orari con il fine di istituire iltempo unico universale a cuil’intero globo si sarebbe dovu-to rapportare.

I fusi orari

Un tempo universale che risponde-va a una esigenza pratica perché ilmondo stava diventando un villaggioglobale per lo sviluppo delle comunica-zioni ferroviarie e telegrafiche, maanche perché “servisse ancora al nobi-le ed elevato intento di ricordare agliuomini, che, malgrado la necessariadistinzione da città a città, da nazionea nazione, essi non debbono conside-rarsi come attendati in campi rivali odostili, ma quali membri di una sola gran-de famiglia”. E oggi il mondo vive con ifusi orari, a tale punto da credere chesiano sempre esistiti! Filopanti propose ifusi orari nel suo libro Miranda!, il suocapolavoro e forse la sua opera menoconosciuta, scritta negli anni del suo esi-lio a Londra, dove viveva dei proventidi qualche lezione di italiano e di mate-matica. Esilio cui fu costretto dopo labreve esperienza della Repubblicaromana, dove egli fu segretario dell’As-semblea portandovi proposte di rinno-vamento sociale volte “al miglioramen-to morale e materiale di tutte le classidella società". La parte di Miranda! chetratta delle stelle farà poi nascere L’uni-verso e Le lezioni popolari d’astrono-mia. Anche il cielo, “il cosmo formatoda tutte le stelle a noi note [che è] sol-tanto una parte infinitesimale dell’universo”, doveva nobili-tare ed elevare gli uomini attraverso il mirabile spettacolodelle simmetrie che si trovano nelle posizioni e nei movimen-ti dei corpi celesti. La divulgazione dell’astronomia mostraforse l’aspetto più importante di Filopanti. Egli era uno scien-ziato che cercava il contatto con la piazza, con il popolo edisdegnava le meditazioni al tavolo di lavoro nel chiuso diuna stanza. Egli si rivolgeva al popolo con una “voce cheaveva potente, sonora, di bel timbro e gradevole”, comericorda ancora Bacchelli, e sentiva la piazza come il palco-scenico ideale per un democratico, forse anche ricordando

le vicende della Rivoluzione Francese. Nelle lezioni tenutealla Montagnola, che diventava il centro del sistema solare,Venere e la Terra erano farfalle, Giove e Saturno eranouccelli grossi come un arancio e infine Urano e Nettuno“uccelletti della più piccola specie”. Non a caso nel 1905Michele Rajna, da pochi anni direttore dell’OsservatorioAstronomico di Bologna, scrisse che durante l’Ottocento“l'astronomia rimase rappresentata a Bologna dall'ingegnopotente, originale (se non del tutto calmo e ordinato) e dal-la vasta dottrina di Quirico Filopanti”.

Filopanti “Cittadino attivo”

Egli lottò sempre contro un saperechiuso, circoscritto, come testimo-niano non solo le sue lezioni “all’a-ria aperta”, ma anche la vastitàdei suoi interessi, sempre volti amigliorare le condizioni di vita delpopolo. Ad esempio gli studi dimatematica e d’ingegneria, e poil'insegnamento presso l’Universitàdi Bologna, stimolarono in Filopan-ti una riflessione sull’importanzadelle discipline ingegneristiche perla realizzazione di una societàequa e fraterna. Per ottenerequesto scopo fece studi per sfrut-tare l’energia associata allemaree, per applicare la macchi-

na a vapore nell’aratura dei campi e pre-sentò, assieme a Garibaldi, un progetto perla sistemazione del Tevere e il risanamentodell'Agro romano.

Per Filopanti lo sviluppo della scienza e del-la tecnologia doveva servire per riscattareda una condizione miserabile le “classi peri-colose” , che erano tali perché schiacciatedal dominio del “privilegio”. E non a casoFilopanti era socio, ma ne fu anche Presi-dente, della Società Operaia, costituita aBologna nel 1860, dove teneva lezioni pub-bliche domenicali, quando i lavoratori pote-vano avere un poco di tempo, per istruire ilpopolo, educarlo e portarlo alla conoscen-za.

Tutto questo lo faceva mentre aveva unrapporto tormentato con l’Università; parte-cipava come volontario garibaldino alla ter-za guerra d'indipendenza, rimanendo feritonel Trentino; era membro del Consigliocomunale di Bologna.

Per ultimo è importante ricordare che fuanche parlamentare dal 1876 fino alla suamorte, avvenuta nel 1894. Rappresentava icittadini della sua terra: budriesi, imolesi, fer-raresi. Sebbene sopportasse con fatica i vin-coli e i rituali della vita parlamentare, sedet-te nei banchi dell’Estrema sinistra, vicino alloscanno di Garibaldi, ed ebbe sempre gran-de indipendenza e libertà di giudizio, aven-

do come solo faro “le moltitudini lavoratrici e sofferenti”.Migliore epitaffio della sua attività politica fu la sua morte inserena povertà in una camera a pagamento dell’Ospeda-le Maggiore, offerta dai suoi amici. Morì con una battuta:“sono stato fortunato, anche in punto di morte trovo chi mipaga una camera”.

La statua dello scultore Golfarelli che lo onora a Budrio èveramente ben meritata, anche se questo “professore all’a-ria aperta” meriterebbe ben altri onori dalla comunità bolo-gnese e italiana.

Gianluigi Parmeggiani

II ll mmiioo pprrooffeessssoorree dell’infinito

Che cosa evoca il nome di Quirico Filopanti?Per la maggior parte delle persone il viale della cir-

convallazione di Bologna che collega Porta S. Vitalecon Porta S. Donato. Per altri “ il professore più stra-vagante dello Studio bolognese nell’Ottocento”.

Garibaldi lo chiamava “il mio professore dell’infinito”e Bacchelli lo definiva nel suo romanzo, Il Mulino

del Po ,“il pazzerello del Risorgimento”.Nel secondo centenario della sua nascita (1812)

lo ricordiamo attraverso le parole di un suo studioso erudito quanto appassionato

F

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Il MosaicoPeriodico della

Associazione «Il Mosaico»Via Venturoli 45, 40138 Bologna

Direttore responsabileAndrea De Pasquale

Reg. Tribunale di Bolognan. 6346 del 21/09/1994

con variazione 13.10.2011Stampa Tipografia Moderna srl, Bologna

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Numero chiuso in redazione il15/11/2011

Anna AlberigoLaura BiagettiSergio CasertaSandro Frabetti

Giancarlo FunaioliFlavio Fusi Pecci

Sandra FustiniPierluigi Giacomoni

Matteo LeporeRoberto Lipparini

Cristina MalviUgo Mazza

Gianluigi ParmeggianiGiuseppe Paruolo

Irene Priolo

Il MOSAICO:17 ANNI, 40 NUMERI…sopravvissuti a Berlusconi?

IL MOSAICO è nato in concomi-tanza e a motivo della prima vit-toria di Berlusconi. Abbiamo resi-stito fino a vederlo cadere. Perl'ultima volta?

Siamo partiti nel 1994. In questi17 anni abbiamo discusso, appro-fondito temi e organizzato incon-tri con un certo successo, abbia-mo conosciuto e frequentato conprofitto e piacere tante persone,ci siamo spesso divisi, a voltericomposti, sempre comunquecon una linea guida condivisa:quella di allargare le nostre testeoltre i limiti sempre tropporistretti dei nostri confini mentali,nel tentativo di vivere la politicacome “cittadini attivi e responsa-bili” che credono e voglionoattuare la vera partecipazionecome strumento di crescita pertutta la comunità cittadina.

In questi anni alcuni hanno rite-nuto che l’impegno dovesse esse-re svolto all’interno dei partiti,assumendo anche responsabilitàdirette a vari livelli. Altri hannopreferito svolgere un ruolo diver-so, dall’esterno, non ritenendo ipartiti più in grado di auto-emen-darsi e rinascere. Queste sceltenon sono state certo indolori peril gruppo. Entrambi gli approccihanno certamente visto più scon-

fitte e delusioni che successi.Sarebbe lungo, difficile e forseinutile individuarne e valutarne lemolteplici cause. Riteniamo tutta-via che, a questo punto, possavalere la pena aprire una rifles-sione comune e chiedersi se ecome procedere in futuro.

Anna Alberigo con grande fatica,ma anche con slancio, ha redattoun indice completo di tutti gliarticoli ed interventi riportati nei40 numeri usciti in questi anni: lopotere trovare sul nostro sitowww.ilmosaico.org.

accessibile in rete, grazie comesempre al lavoro di GiuseppeParuolo

Abbiamo pensato che possa vale-re la pena di provare a vedersi eparlarsi con i tanti redattori, col-laboratori, lettori, amici, cono-scenti, simpatizzanti/antipatizzan-ti che in qualche modo hannoavuto occasione di interagire colMosaico in questi anni.

È un po’ come ripensare a chisiamo stati e chi siamo e comenel tempo siamo evoluti e,SOPRATTUTTO, DOVE VOR-REMMO ANDARE. Comunque,una opportunità un po’ naif peroffrire a ciascuno che verrà unanuova occasione per incontrarsi eragionare insieme.

Proposta di incontro aperto a tutti su:

Titolo: “ IL MOSAICO: 800 pagine in 40 numeri Un filo che r/esiste dal 1994 ”

Data: da definire nella primavera 2012

CHIUNQUE FOSSE INTERESSATO ALL’INCONTRO E’ PREGATO DI INVIARCI IL PROPRIORECAPITO E-MAIL E/O TELEFONICO IN MODO DA POTERE RICEVERE DIRETTAMENTE

L’INVITO A PARTECIPARE (ESTENDIBILE A CHIUNQUE)