Il matematico inaspettato
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Universita degli Studi di Siena
Facolta di Lettere e Filosofia
Corso di Laurea in Filosofia
Il matematico inaspettatoLe intuizioni matematiche nei bambini dai 12 mesi ai 5 anni
Candidato: Relatore:
Antonella Galgano Chiar.mo Prof. Massimo Squillacciotti
Correlatore:
Chiar.mo Prof. Riccardo Putti
Anno Accademico 2008/2009
.
.
A Mario e Nicolo
I miei due scienziati
che mi hanno riconciliato con la matematica
Indice
Introduzione 7
1 Struttura della tesi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8
1 Le capacita matematiche del bambino 9
1 Il concetto di numero in Piaget . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
1.1 La conservazione della quantita . . . . . . . . . . . . . 11
1.2 Stadi dello sviluppo cognitivo . . . . . . . . . . . . . . 12
1.3 Lo sviluppo delle abilita numeriche nel bambino . . . . 13
1.4 Il processo di costruzione dei numeri nel bambino . . . 18
1.5 Dentro la teoria di Piaget . . . . . . . . . . . . . . . . 20
2 L’interpretazione olistica di Montessori . . . . . . . . . . . . . 21
2.1 Lo sviluppo non lineare . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22
2.2 Il piano dell’infanzia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
L’embrione spirituale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
Il lavoratore cosciente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
2.3 L’interdipendenza dei quattro piani . . . . . . . . . . . 27
2.4 La critica al sistema educativo in atto . . . . . . . . . . 28
2.5 La nascita del concetto di numero . . . . . . . . . . . . 29
3 Antropologia del numero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
3.1 Il numero come espressione del pensiero . . . . . . . . . 33
3.2 I fondamenti del numero . . . . . . . . . . . . . . . . . 34
3.3 Le competenze numeriche dei bambini . . . . . . . . . 36
3.4 Innatismo nello sviluppo del concetto di numero . . . . 41
3.5 La teoria costruttivista del concetto di numero . . . . . 42
3.6 Le abilita numeriche del bambino molto piccolo . . . . 45
6 Indice
4 Riflessioni conclusive . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47
2 Il ruolo dell’ambiente nello sviluppo del bambino 49
1 L’apprendimento della musica per osmosi . . . . . . . . . . . . 50
2 Montessori: bambino e ambiente . . . . . . . . . . . . . . . . . 52
2.1 Ambiente e piani di sviluppo . . . . . . . . . . . . . . . 56
3 Il metodo tradizionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59
4 L’ambiente, maestro invisibile . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61
3 Osservazione 63
1 L’ambiente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 64
2 Il ruolo delle maestre . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67
3 Osservazione al Nido . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 68
3.1 Le abilita matematiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70
4 Osservazione alla Casa dei Bambini . . . . . . . . . . . . . . . 77
4.1 I materiali di sviluppo della psicoaritmetica . . . . . . 81
4 Discussione 95
1 Abilita matematiche osservate . . . . . . . . . . . . . . . . . . 95
2 Possiamo chiamarle abilita matematiche? . . . . . . . . . . . . 97
3 Concentrazione e “flow” . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 97
4 Fattori facilitanti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 98
4.1 I giochi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 98
4.2 L’ambiente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99
4.3 Il ruolo dell’adulto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 100
4.4 Che cosa manca in altri contesti? . . . . . . . . . . . . 101
5 Concludendo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 102
Conclusioni 103
Introduzione
Non mi e mai piaciuta la matematica. Ancor meno il ricordo dell’ambiente
scolastico che nulla offriva per rendere interessante questa materia. E continua
a non piacermi la sequela di lamentele da parte di allievi ed amici sull’osticita
della matematica.
Ma deve essere necessariamente cosı?
L’esperienza come insegnante e come madre mi dice invece di no, che esistono
approcci in cui l’ambiente stesso spinge il bambino a rendere visibili le intui-
zioni matematiche presenti nell’essere umano fin dai primi mesi di vita. Non lo
credevo possibile, ma osservando bambini di un nido Montessori apprendere e
mettere in pratica concetti di quantita, di ordinamento e classificazione senza
che nessuno glielo insegnasse mi ha spinto ad indagare l’effetto dell’ambiente
sul manifestarsi dell’intuito matematico cui i bambini sono capaci.
Un’altra motivazione che mi ha spinto ad approfondire il tema di questa tesi
parte da una semplice constatazione: il bambino impara a parlare perche
immerso in un ambiente fatto di parole, puo addirittura imparare la musica
se immerso in un linguaggio musicale (Gordon, 2003). E per la matematica?
Perche non puo essere lo stesso? Che cosa fa si che questo apprendimento per
osmosi non funzioni? Non penso sia un problema intrinseco nella materia, ma
nel come l’ambiente che circonda il bambino non sia quasi mai preparato per
facilitare l’apprendimento della matematica, ma soffra di un preconcetto logico:
che la matematica, essendo una materia astratta, non debba ricevere aiuti
materiali dall’ambiente, come se questo, in qualche maniera, la contaminasse.
In questa tesi mi prefiggo quindi di dimostrare che un ambiente di appren-
dimento preparato e accogliente riesce a far emergere nei bambini alcuni
8 Introduzione
concetti matematici in maniera naturale e senza esplicitamente proporre una
“didattica della matematica”.
La mia attenzione si e focalizzata su bambini che frequentano il nido e la scuo-
la dell’infanzia, cioe bambini tra i 12 mesi ed i 5 anni d’eta. Come strumento
di studio ho utilizzato l’osservazione diretta e passiva del comportamento di
bambini di un nido e una scuola dell’infanzia. Ho quindi messo in relazione
la filosofia su cui si basano queste strutture con l’effetto dell’ambiente sul
comportamento dei bambini. Per focalizzare l’attenzione e non trasformare
la tesi in uno sterile paragone tra diverse metodologie educative, accennero
brevemente all’offerta formativa di un nido e una scuola dell’infanzia tradi-
zionale, mentre mi concentrero sull’ambiente del Nido e “Casa dei Bambini”
della scuola Montessori di Varese.
1 Struttura della tesi
Nel capitolo 1 porro le basi del contesto cognitivo in cui si svolge l’apprendi-
mento della matematica nella fascia di eta sotto studio (Piaget, Montessori, e
gli esperimenti di Butterworth, Antell e Keating e altri). Passero quindi nel
capitolo 2 ad analizzare il ruolo nell’apprendimento degli ambienti educativi
e le differenti offerte dei nidi e scuole dell’infanzia.
Nel capitolo 3 definiro l’approccio osservativo che ho adottato ed i risultati
dell’indagine condotta presso la scuola Montessori di Varese, fase focalizzata
sull’analisi dei comportamenti dei bambini correlati all’apprendimento ed
alla messa in pratica di concetti matematici. Le conclusioni di questa parte
osservativa sono analizzate nel capitolo 4.
La conclusione della tesi mostrera come un ambiente sensoriale preparato e
efficace nel trasmettere non solo concetti matematici, ma soprattutto amore
per questa materia.
Capitolo 1
Le capacita matematiche del
bambino
Gardner (1977) scrive: “Ho sempre pensato che il modo migliore per rendere
la matematica interessante a studenti e non, e quello di accostarla come
se fosse un gioco. A livelli superiori, specialmente quando la matematica e
applicata a problemi concreti, puo e deve essere terribilmente seria. A livello
piu basso, nessuno studente puo essere motivato a studiare, per esempio,
la teoria astratta dei gruppi dicendogli che la trovera bella, interessante, o
addirittura utile. . . se diventera un fisico delle particelle elementari”.
In questo capitolo saranno brevemente riassunte le idee riguardanti le capacita
matematiche dei bambini, quando e come si manifestano. Verranno percio
confrontate principalmente le teorie e gli approcci Piaget e Montessori, e
come queste siano state confutate o modificate da altri autori basandosi
sull’osservazione delle capacita dei bambini.
1 Il concetto di numero in Piaget
Padre di una delle prime vere e proprie teorie cognitive intorno all’elaborazione
del concetto di numero (Piaget e Szeminska, 1968) e senz’altro Jean Piaget: e,
10 Le capacita matematiche del bambino
infatti, sua l’ipotesi di un rapporto inscindibile tra le strutture d’intelligenza
generale e l’evoluzione delle competenze numeriche nelle abilita di pensiero.
Per Piaget le abilita matematiche sono un’espressione dell’intelligenza che
si sviluppa attraverso l’interazione con l’ambiente e l’azione sulla realta
circostante.
L’acquisizione delle abilita matematiche dipende dall’apprendimento del lin-
guaggio e del pensiero operatorio concreto; per Piaget, quindi, la capacita di
numerare gli oggetti, e conseguentemente di compiere operazioni con i numeri,
non e solo il risultato di un apprendimento scolastico. La sua tesi principale
e che l’acquisizione del concetto di numero si sviluppa per tappe successive,
parallelamente al consolidarsi delle strutture logiche, e che la sequenza dei
numeri e la sintesi operatoria della comprensione sia dell’aspetto ordinale sia
dell’aspetto cardinale ed e solo in parte aiutata dall’apprendimento.
Per Piaget, il numero non e basato esclusivamente sulle operazioni di classifi-
cazione, ma nasce da una sintesi di due strutture: la struttura d’ordine
e quella d’inclusione. Questa sintesi di strutture logiche produce nuove
proprieta che si possono chiamare numeriche. Il numero scaturisce quindi da
un’astrazione delle qualita che differenziano un elemento dall’altro.
Questa astrazione rende un elemento equivalente agli altri: 1 = 1 = 1 = 1 . . .
Questi elementi possono essere classificati secondo le inclusioni: (1) ⊂ (1+1) ⊂(1+1+1) ⊂ (1+1+1+1) . . . ma nello stesso tempo, ordinati in serie. Ordinarli
e il solo mezzo per non contare due volte lo stesso elemento. Studiando lo
sviluppo di questa nozione nel bambino (ontogenesi) Piaget osserva che a livello
preoperatorio (2–7 anni) queste strutture sono relativamente indifferenziate
mentre in seguito, a livello operatorio (7–12 anni circa) si assiste ad una
differenziazione ed ad una sintesi tra di esse.
Questa sintesi numerica si afferma molto progressivamente, dapprima per i
numeri piu piccoli, poi per quelli maggiori. Quindi, secondo Piaget “il numero
e la sintesi tra classi e relazioni”, cio significa semplicemente che un insieme di
elementi, per acquisire lo statuto di quantita numerica, deve essere percepito,
identificato, preso in considerazione a partire dal numero di elementi che lo
1-1.1 La conservazione della quantita 11
compongono e essere riconosciuto come piu grande o piu piccolo di un altro
in funzione di questo stesso criterio.
Per l’acquisizione del concetto di numero non e sufficiente solo riconoscere
l’equinumerosita di due insiemi ma diventa fondamentale anche la conserva-
zione della quantita. Piaget in tal senso ha condotto tanti esperimenti che
hanno mostrato che solo verso i 7 anni si puo dare per scontato che i bambini
abbiano acquisito l’invarianza della quantita e quindi sappiano usare i numeri
nel loro aspetto cardinale e ordinale. L’eta intorno ai 6 anni e critica ai fini di
questa acquisizione: a questa eta i bambini si trovano in un’area di “sviluppo
prossimale”, ed e per tale motivo che proprio il concetto di numero ha un
ruolo centrale nella continuita da costruire tra la scuola dell’infanzia e la
scuola primaria.
Ma proprio in questo punto si trova un limite della teoria piagetiana. E
vero che i bambini piccoli hanno molto da imparare in aritmetica e che sono
necessari anni perche le loro capacita concettuali si approfondiscano, ma e
altrettanto vero che non sono privi di capacita numeriche prima di iniziare la
scuola dell’infanzia e neppure al momento della loro nascita.
1.1 La conservazione della quantita
Con il concetto di conservazione della quantita Piaget intende la capacita
di astrarsi da indizi superficiali, quali la forma o la densita dello spazio
occupato dagli oggetti di piu insiemi per stabilire relazioni di confronto di
tipo quantitativo.
La conservazione costituisce una condizione necessaria per qualsiasi attivita
razionale e in particolare per il pensiero aritmetico. Ad esempio, nella nu-
merazione, ossia la capacita di contare, il numero resta invariato qualunque
sia la disposizione, l’ordine delle unita di cui e composto un insieme (Butter-
worth, 1999). In altri termini, se abbiamo cinque oggetti, il numero cinque
non e affatto assegnato “all’oggetto posto per ultimo”: gli oggetti sono in
totale cinque, anche se si effettuano spostamenti tra di loro. Questo principio
potrebbe essere definito come quello dell’irrilevanza dell’ordine. I bambini per
contare hanno bisogno, pertanto, di capacita di astrazione e di individuare
12 Le capacita matematiche del bambino
una corrispondenza biunivoca tra una sequenza non modificabile di parole (i
numeri) e gli oggetti.
Nel confronto tra due insiemi costituiti dallo stesso numero di elementi, non
e possibile compiere delle operazioni, se non a condizione che sia percepita la
conservazione della quantita.
Piaget (Piaget e Szeminska, 1968, pag. 3) sostiene che “qualsiasi cognizione,
sia di ordine scientifico sia che provenga semplicemente dal senso comune,
presuppone un sistema implicito o esplicito di principi di conservazione”. Essa
e la condizione formale di qualsiasi esperienza e di qualsiasi ragionamento,
viene addirittura definita come “la condizione necessaria per qualsiasi attivita
razionale” e nemmeno il pensiero aritmetico sfugge a tale regola. Le operazioni
stesse mostrano proprio la possibilita di effettuare qualsiasi permutazione
sugli elementi lasciando invariata la numerosita totale del complesso.
1.2 Stadi dello sviluppo cognitivo
Lo sviluppo psichico, che comincia con la nascita e termina con l’eta adulta,
e paragonabile alla crescita organica e consiste essenzialmente in un cammino
verso l’equilibrio. Lo sviluppo e un passaggio continuo da uno stato di minore
equilibrio ad uno di equilibrio superiore (Piaget, 1967).
Piaget suddivide lo sviluppo cognitivo in quattro stadi principali, ognuno
caratterizzato da una modalita di pensiero qualitativamente diversa, resa
possibile dall’emergere di un nuovo schema che si costruisce sulla base delle
esperienze del bambino durante lo stadio precedente. Il completamento di uno
stadio e condizione imprescindibile perche possa evolversi lo stadio successivo;
ne discende che l’ordine dei quattro stadi e invariabile.
Gli stadi possono cosı essere cosı suddivisi:
• Stadio senso-motorio (dalla nascita ai due anni circa)
• Stadio pre-operatorio (dai due ai sette anni)
• Stadio operatorio concreto (dai sette ai dodici anni circa)
• Stadio operatorio formale (dai dodici anni a tutta l’eta adulta)
1-1.3 Lo sviluppo delle abilita numeriche nel bambino 13
Lo sviluppo delle abilita matematiche e plasmato principalmente dall’acquisi-
zione del concetto di conservazione della quantita. Piaget indago molto su
questo fenomeno, sostenendo che i bambini nello stadio pre-operatorio (dai
due ai sette anni) non possiedono il principio di conservazione; ovvero non si
rendono conto che la quantita di una certa sostanza non cambia al cambiare
della sua forma.
1.3 Lo sviluppo delle abilita numeriche nel bambino
Secondo Jean Piaget, i numeri anteriori al periodo in cui il bambino ha
compreso l’iterazione dell’unita, cioe la possibilita di generare ogni volta un
numero nuovo per mezzo dell’addizione di unita, non sono ancora dei veri
numeri, ma delle figure percettive. Il bambino sara in grado di distinguere un
insieme di due oggetti da un oggetto unico, un insieme di tre da un insieme
di due, ma li distinguera percettivamente, e cio puo dar luogo ad operazioni
pratiche ma non operatorie, e dimostra che in questa fase, pre-operatoria,
non vi e conservazione degli insiemi. Questa e l’obiezione che si puo fare alla
tesi di un’intuizione pura, innata del numero, di un’intuizione anteriore alla
logica (Piaget e Szeminska, 1968).
Il primo stadio: assenza di conservazione.
Se si presentano al bambino due recipienti della stessa forma e della stessa
dimensione, contenenti l’uno acqua colorata in azzurro, l’altro acqua colorata
in rosa, si domanda al bambino di travasare il contenuto di uno di questi
recipienti in un recipiente di altra forma, per esempio piu largo e piu basso
e gli si domanda se la quantita d’acqua e rimasta la stessa, egli credera che
vi sia piu acqua in un vaso piu grande che in uno piccolo. Analogamente se
si versa l’acqua del primo vaso in due vasi piu piccoli o in tre piu piccoli,
il bambino non avra l’impressione che l’insieme delle due quantita equivale
alla quantita iniziale. Egli dira che e di piu perche vi sono due vasi invece
di uno ma se si continua ad aumentare il numero dei recipienti, finira col
dire che e di meno perche i recipienti sono piu piccoli, questo dimostra che
non vi e conservazione della quantita. La stessa esperienza si puo fare su
14 Le capacita matematiche del bambino
quantita discontinue1, su insiemi propriamente detti di oggetti, per esempio
con delle palline. Si domanda ad un bambino di mettere in due vasi uguali
lo stesso numero di palline, affinche sia sicuro che il numero delle palline
sia identico. Basta travasare la quantita di palline in recipienti di forme
e dimensioni diverse perche il bambino ritenga che la quantita di palline
aumenti o diminuisca, e cio in ragione del livello raggiunto dalle palline, della
larghezza del recipiente, o del numero dei recipienti. Anche questa volta, le
quantita sono valutate in funzione dei rapporti percettivi non coordinati tra
loro (quantita brute), inoltre, in questo caso si ritiene che secondo la forma che
prende un quantitativo nel passare da un recipiente all’altro, possa aumentare
o diminuire nei suoi elementi stessi benche questi siano distinti tra loro.
Il secondo stadio: inizio di complessi permanenti.
Nello sviluppo della nozione di conservazione si puo distinguere un secondo
stadio caratterizzato dalle soluzioni intermedie, situate a meta strada tra la
quantita bruta senza invariabilita e la quantificazione propriamente detta. Da
una parte il bambino e portato a credere nella conservazione, sia perche i
contenitori sono identici, sia perche queste due collezioni sono state costituite
per mezzo di una corrispondenza biunivoca e reciproca. Si tratta pero di una
conservazione empirica, non ancora logica, che viene a mancare nel momento
in cui la differenza percettiva tra i due vasi aumenta. Contrariamente a quanto
avviene nel primo stadio, nel corso del quale i fattori percettivi annullava-
no senz’altro la credenza nell’equivalenza delle collezioni corrispondenti, si
stabilisce ora una lotta senza risultato, poiche nessuna delle due tendenze
prevale decisamente sull’altra, infatti quando il bambino osserva le collezioni
di palline crede nella non equivalenza e quando ricorda la corrispondenza che
le ha costituite, crede di nuovo a questa equivalenza.
Il terzo stadio: conservazione e coordinazione quantificate.
E in questo stadio, che inizia tra i sei e i sette anni e mezzo, che il bambino
acquisisce la vera conservazione. Adesso il bambino e sicuro, non ha bisogno
di riflettere per assicurarsi della conservazione delle quantita totali, per lui
e evidente che la quantita e rimasta uguale. Entrambe le coordinazioni di
1Piaget usa il termine “quantita discontinue”, come sinonimo di “quantita discrete”
1-1.3 Lo sviluppo delle abilita numeriche nel bambino 15
relazioni effettuate nel corso dello stadio precedente rimangono essenziali, ma
sono concentrate in un unico atto invece che costituirsi a poco a poco.
Nei due casi vi e costruzione operatoria fondata sulla reversibilita, la compen-
sazione delle reazioni. E in questo momento che il bambino considera come
evidente, e non piu empiricamente constatabile, ma logicamente evidente, che
la quantita non ha potuto modificarsi durante il travaso (Piaget e altri, 1974,
pag. 37–56).
Un altro esperimento di Piaget riguarda la corrispondenza tra due file semplici
di gettoni: si presenta al bambino una fila di gettoni rossi e gli si chiedera di
trovarne altrettanti di un altro colore. Si osservano anche in questo caso tre
stadi.
Il primo stadio: confronto globale e valutazioni fondate sullo spazio occupato
o sulla densita degli elementi.
In questo stadio, i bambini di quattro anni e mezzo, a volte fino a cinque,
giudicheranno la quantita dallo spazio occupato, essi disporranno una serie
di gettoni vicini gli uni agli altri, senza corrispondenza termine per termine,
senza numero, si baseranno nelle loro valutazioni sull’una o sull’altra delle
due qualita globali di questa fila, cioe sulla lunghezza occupata o sulla densita
degli elementi, in modo che si formi la stessa lunghezza, ma senza coordinare
questi due rapporti l’uno con l’altro.
Le quantita elementari non sono altro che i rapporti che si esprimono in
“piu”, in “uguale” o in “meno” (Piaget e altri, 1974, pag. 111), percepiti
immediatamente tra le qualita date, ma non ancora coordinate fra loro; in
questa maniera i bambini traducono direttamente la lunghezza delle file in
termine di valore quantitativo. In questo stadio e impossibile confrontare
due file qualsiasi senza che le qualita dell’una siano paragonate a quelle
dell’altra, e per questo che una delle due file appare piu lunga, piu corta,
della stessa lunghezza dell’altra, piu riunita o piu distanziata. Questi due
rapporti di lunghezza totale o di densita costituiscono gli inizi di cio che
16 Le capacita matematiche del bambino
diverra piu tardi la valutazione cardinale. Bisogna dire che questi rapporti
quantitativi elementari rappresentano dei semplici schemi pratici e prelogici
poiche sono anteriori ad ogni operazione propriamente detta, poiche queste
quantita nascenti non sono ancora dotate di conservazione. Se si trattasse
di conoscenza razionale, una fila di n elementi distanziati tra loro conserva
questo stesso valore cardinale n, anche se la lunghezza della fila diminuisce,
e questo perche gli elementi della fila sono stati accostati. E la relazione
tra la lunghezza della fila e gli intervalli dei suoi elementi che determina la
conservazione del complesso, mentre i due rapporti di lunghezza totale e di
densita sono variabili. E proprio questa coordinazione logica dei due rapporti
in gioco che i bambini di questo stadio non riescono ad effettuare, ed e per
questo che non c’e ancora conservazione dei gruppi ne corrispondenza termine
per termine. Cio che segna questo primo stadio, o il punto di partenza di
questa evoluzione, e una irreversibilita quasi completa del pensiero.
Il secondo stadio: valutazione per corrispondenza intuitiva senza equivalenza
durevole.
Quando si chiede ai bambini di questo stadio di dare altrettanti elementi
(gettoni) quanti ce n’e nella fila modello, essi effettuano subito (o quasi) una
corrispondenza ottica e spaziale tra la fila-copia e la precedente. I soggetti
pervengono a costruire una fila-copia che abbia contemporaneamente la
stessa lunghezza totale della fila-modello e la stessa densita, e questa duplice
uguaglianza e assicurata dal fatto che ogni elemento della copia e posto di
fronte ad un determinato elemento del modello.
Si osserva che i bambini cessano di ammettere l’equivalenza non appena la
corrispondenza non viene piu percepita immediatamente. Infatti, se distan-
ziamo un po’ una delle due file di palline e si domanda loro se le due file
siano ancora uguali, essi non ammetteranno piu l’equivalenza, questo perche
sceglieranno, a caso, uno dei due criteri (lunghezza o densita) e in conformita
a questo solo criterio giudicheranno la quantita totale.
1-1.3 Lo sviluppo delle abilita numeriche nel bambino 17
I rapporti di lunghezza totale e di densita sono individuati simultaneamente
dai bambini quando la fila-copia presenta sia la stessa lunghezza sia la stessa
densita della fila-modello ed ogni elemento dell’una e posto di fronte ad ogni
elemento dell’altra; pero, questa iniziale coordinazione non oltrepassa il piano
della percezione, e quindi, non appena si alteri la figura percettiva che ha
permesso di stabilire la corrispondenza, non soltanto questa scompare, ma
scompare anche ogni coordinazione tra lunghezza e densita. Si puo dire che
questo secondo stadio e semi-operante, poiche, sul piano pratico o dell’espe-
rienza percettiva, perviene a realizzare la corrispondenza qualitativa, il che
presuppone una coordinazione intuitiva delle relazioni in gioco. Questo carat-
tere semi-operante procede di pari passo con un progresso nella reversibilita
del pensiero.
Il terzo stadio: corrispondenza operante (qualitativa e numerica) con equi-
valenza necessaria e durevole.
Se viene distanziata o riunita una delle due file per considerare l’equivalen-
za, i bambini ammetteranno che l’equivalenza dura qualunque sia la figura
geometrica formata dai gettoni.
La corrispondenza termine a termine diviene cosı realmente quantificante ed
esprime, d’ora in poi, l’uguaglianza numerica e non piu e soltanto l’uguaglianza
qualitativa come negli stadi precedenti. I bambini arrivano a tener conto
contemporaneamente delle relazioni di lunghezza e di densita, non piu soltanto
nel caso in cui le file da confrontare siano simili, ma anche (e questa e la
novita rispetto allo stadio precedente) nel caso in cui le due file differiscano
simultaneamente per lunghezza e densita. Per la prima volta, il bambino del
terzo stadio generalizza l’operazione di moltiplicazione delle due relazioni
di densita e lunghezza e comprende che una fila piu corta e piu densa di
un’altra puo essere uguale ad essa. E soltanto in questo momento che vi e il
numero. Prima vi sono delle forme pre-numeriche, percettive, che precedono
il numero, ma il numero non comincia che con la conservazione dell’insieme
18 Le capacita matematiche del bambino
numerico, con la conservazione delle equivalenze. La novita fondamentale di
quest’ultimo stadio sta nella mobilita e reversibilita del pensiero del bambino.
1.4 Il processo di costruzione dei numeri nel bambino
In base agli studi effettuati da Jean Piaget, il numero nel bambino nasce in
seguito alla conservazione dell’insieme numerico e alla conservazione delle
equivalenze, ma come arriva a costruire queste equivalenze durature, cioe
questi numeri dal punto di vista operatorio? Secondo Piaget, affinche accada
questo, sono necessarie nel bambino due condizioni psicologiche (Piaget e
Szeminska, 1968, pag. 12): una e la conservazione dell’insieme, l’altra e
l’ordinamento in serie degli elementi.
La conservazione dell’insieme si basa su operazioni logiche. Essa non presup-
pone il concetto di numero, ma conduce al numero, per mezzo di operazioni
logiche che si poggiano sulla reversibilita delle azioni. Si ha conservazione
dell’insieme quando il bambino avra la nozione che il tutto e un insieme di
parti che si possono distribuire a piacere. La relazione fra le parti e il tutto
e la relazione logica per eccellenza costitutiva di questa conservazione. Per
verificare questo Piaget prese una scatola con un certo numero di palline,
tutte di legno, la maggior parte scure e solo due o tre bianche. La domanda
che pose ai bambini per studiare la relazione fra le parti e il tutto era di
dire se nella scatola vi erano piu palline di legno, che palline scure, che ne
rappresentano una parte. Tutti i bambini piccoli rispondevano che vi erano
piu palline scure, dacche le bianche erano soltanto due. Anche quando la
domanda era posta in maniera diversa, i bambini rispondevano sempre allo
stesso modo. Tutto questo e giustificato dal fatto che il pensiero dei piccoli e
diverso da quello degli adulti.
Il bambino non ha ancora un pensiero reversibile, possiede un pensiero che
procede sempre avanti e non puo andare a ritroso, ne puo agire con l’im-
maginazione. Secondo Piaget, verso i sei anni e mezzo o sette, quando si
forma la nozione del numero, il bambino sara in grado di risolvere questo
problema. Perche il bambino piu piccolo non riesce invece a risolverlo? Cosa
glielo impedisce? Egli puo pensare al tutto e allora risponde correttamente,
1-1.4 Il processo di costruzione dei numeri nel bambino 19
puo pensare alle parti e le paragona le une alle altre, ma non puo pensare
simultaneamente al tutto e alla parte, in questa maniera, quando egli ha tolto
con il pensiero una parte, il tutto non esiste piu, e non resta che l’altra parte.
Le palline scure saranno tutte le palline di legno meno le bianche, le palline
bianche saranno tutte le palline meno le scure. Si tratta di un’operazione
inversa che necessariamente interviene per la conservazione del tutto, finche
non vi e questa reversibilita non vi e conservazione del tutto, non appena c’e
reversibilita, c’e conservazione del tutto.
La seconda condizione psicologica affinche vi sia corrispondenza numerica e una
condizione di ordine, si devono poter ordinare gli elementi, e psicologicamente
bisogna sempre procedere in ordine in modo da non far corrispondere un
elemento ad uno di quelli gia contati, o da non dimenticarne qualcuno (Piaget
e Szeminska, 1968, pag. 12–13). Cerchiamo di vedere, sempre secondo Piaget,
la maniera in cui il bambino ordina in serie, e in che modo quest’ordine si
costruisce.
Si domanda ad un bambino di disporre in scala delle asticelle di differenti
grandezze. Se esse differiscono molto le une dalle altre, non vi sara alcuna
difficolta a costruire la scala; se le asticelle sono poco differenti tra di loro,
in modo tale che per costruire la scala, il bambino deve confrontarle a due a
due, si possono osservare, anche in questo caso, tre stadi.
Durante il primo il bambino forma semplicemente delle coppie e non sa
coordinarle fra loro; questo stadio corrisponde alla non conservazione. Durante
il secondo, egli comincera con coppie e con piccoli raggruppamenti, procedera
empiricamente, correggendosi di volta in volta, e costruira la sua serie. E
durante il terzo stadio che egli trovera il metodo per risolvere l’esercizio.
Adesso il bambino si trova nel periodo operatorio propriamente detto; all’inizio
confrontera la piu piccola delle asticelle con tutte le altre e la collochera,
prendera poi la piu piccola di quelle che restano e collochera anche questa, e
cosı di seguito fino alla fine. Questo metodo implica di nuovo un’operazione
inversa, infatti, e necessario che l’elemento cosı collocato sia piu piccolo di
quelli che restano, ma nello stesso tempo il bambino sa che il piu piccolo di
tutti quelli che rimangono e piu grande di tutti quelli che lo hanno preceduto.
20 Le capacita matematiche del bambino
E necessario, secondo Piaget, che queste condizioni preliminari, cioe l’inseri-
mento delle parti in un tutto che si conserva e l’ordinamento in serie degli
elementi, siano soddisfatte affinche si costruisca il numero, e nel momento in
cui esse vengono soddisfatte, il numero intero si fa immediatamente accessibile
al bambino (Piaget e Szeminska, 1968, pag. 6).
1.5 Dentro la teoria di Piaget
La teoria Piagetiana ha portato sicuramente uno “sconvolgimento” nel modo
di guardare lo sviluppo del bambino; essa ha lasciato forse il segno piu grande
nella psicologia dello sviluppo e di conseguenza in molti altri campi soprattutto
quelli che si occupano del bambino e della sua crescita: la pedagogia e la
didattica.
Piaget e il primo che fornisce una teoria cosı ampia e ben articolata che
ci permette di entrare nel “mondo” dei piu piccoli, forse per troppo tempo
inesplorato. E da considerare, tuttavia, che lo stesso Piaget non abbia proba-
bilmente inteso fornire affermazioni conclusive su problemi cognitivi. Infatti,
egli stesso, dopo aver pubblicato i primi dati, rimase sbalordito scoprendo che
la gente li valutasse come se fossero affermazioni conclusive (Miller, 1993).
Punti di forza
• Piaget ha sconvolto con i suoi studi il campo della psicologia dello
sviluppo, riconoscendo, per la prima volta, il ruolo centrale svolto dalla
cognizione.
• Per la prima volta uno psicologo si e soffermato a studiare questo
particolare fenomeno della conservazione della quantita comprendendone
l’importanza e soprattutto la sua implicazione con l’apprendimento della
matematica.
• Piaget ha messo in luce nuovi fenomeni che hanno creato sorpresa: per
esempio la mancanza di aspettativa nei bambini che gli oggetti siano
permanenti.
• Ha studiato questi fenomeni nell’ambiente naturale dei bambini.
Nonostante il grande merito che va attribuito a Piaget nell’essere stato un
precursore, altri studi sono giunti ad interpretazioni discordanti nell’analisi di
1-2 L’interpretazione olistica di Montessori 21
questi fenomeni. In particolare, con la stessa procedura di Piaget si perviene
sicuramente a risultati analoghi, ma a questi possono essere date diverse
interpretazioni e, modificando la procedura, si possono ottenere risultati
divergenti.
Punti di debolezza
• Nella procedura standard, consistente nel formulare due volte la stessa
domanda sulla quantita, prima e dopo la trasformazione, i bambini
potrebbero essere indotti a pensare di dover cambiare la propria risposta
a causa delle azioni compiute dall’adulto sui materiali.
• Il bambino potrebbe non capire completamente le istruzioni, data la
natura verbale della prova; infatti, nello studio di Mehler e Bever (1967)
gli esiti sono piu elevati per risposte non verbali. In particolare Gelman
e Gallistel (1986) dimostrano che i bambini di tre anni si sorprendono
se le loro aspettative di numerosita sono deluse dopo dei cambiamenti
(Miller, 1993).
• I metodi di Piaget, dal punto di vista procedurale, potrebbero essere
stati troppo complessi e, di conseguenza, potrebbero portare a sotto-
stimare le conoscenze dei bambini. Naturalmente, se le procedure sono
eccessivamente semplici, si potrebbero compiere falsi “errori negativi”,
cioe attribuire ai bambini qualcosa che non hanno.
La teoria di Piaget sulla conservazione della quantita ha sicuramente avuto il
merito di avviare una ricerca che oggi, con metodologie sempre piu raffinate,
coinvolge in pieno anche le neuroscienze e mostra quindi una potenzialita
della quale a tutt’oggi gli sviluppi sono in fase di dibattito.
2 L’interpretazione olistica di Montessori
Per Maria Montessori la visione globale della psicologia evolutiva si articola in
quattro fasi o piani. Questi piani corrispondono ad una struttura sequenziale
di crescita della “lunga infanzia umana” e rappresentano la visione globale
dello sviluppo dalla nascita (e perfino prima) alla maturita.
22 Le capacita matematiche del bambino
Questa visione montessoriana dell’intero sviluppo e la base –si potrebbe dire–
di un progetto olistico dell’essere umano che si sviluppa, spiega e giustifica
l’idea costante di Montessori circa l’importanza dell’educazione come “aiuto
alla vita”. Le fasi non sono, quindi, dei compartimenti stagni ma solo una
comoda struttura organizzativa.
Montessori e attenta ad ogni aspetto dello sviluppo (fisico, intellettuale,
emozionale ecc.) di tutte le fasi dell’eta evolutiva. Possiamo dire che la sua
idea dell’essere umano e doppiamente olistica: per ogni fase dello sviluppo
considera l’individuo nella sua globalita e, poi, l’“intero” individuo in una
particolare fase dell’eta evolutiva (es. adolescenza) e considerato nell’ambito
del continuum del suo sviluppo.
Certamente e questa visione dello sviluppo cosı ampia, questa comprensione
della natura ciclica e irripetibile delle stagioni della vita (Montessori, 1949,
pag. 118) a costituire il principale lineamento distintivo del contributo di
Maria Montessori alla psicologia evolutiva.
2.1 Lo sviluppo non lineare
Montessori (1950b) afferma che studi scientifici e prove meticolose condotte
in ogni parte del mondo con bambini di differenti razze e condizioni socio-
economiche hanno mostrato che lo sviluppo non procede in forma costante o
lineare. Al contrario, accade in fasi, cicli o piani.
Lungo la linea della vita, che indica l’eta cronologica dell’individuo, troviamo
i distinti periodi dello sviluppo: essi si susseguono dalla nascita a ventiquattro
anni, secondo un ritmo di sei anni ciascuno. E questa numerazione “per sei”
che ci da la ripartizione dello sviluppo o, come Montessori la chiama, il ritmo
costruttivo della vita.
A cominciare dalla nascita, c’e la progressione e l’accrescimento di sensitivita
particolari e di specifiche caratteristiche relative alle sensitivita stesse. Questa
progressione non continua indefinitamente: una crescita continua non avrebbe
senso alcuno nei termini della Natura. La progressione raggiunge il suo
massimo attorno alla meta di un intero periodo di sei anni: nel primo, a
1-2.1 Lo sviluppo non lineare 23
tre anni di eta. A questo punto, la progressione inverte direzione e diviene
regressione/decrescenza. Anche questa, comunque, non continua a tempo
indefinito: in questa fase giunge al suo termine a sei anni.
Montessori chiama la parte iniziale “lo schiudersi di una fase della vita” (che
significa anche l’inizio di un insieme di particolari esperienze, acquisizioni e
conquiste); la parte successiva rappresenta il concludersi di una fase vitale, ma
anche preparazione all’aprirsi di una nuova fase di sviluppo, con sue sensitivita
e caratteristiche del tutto nuove.
In questa stessa maniera sono determinati tutti e quattro i piani di sviluppo
identificati da Montessori come:
• Il piano dell’infanzia (0 - 6 anni) suddiviso a sua volta in due sottofasi:
– L’embrione spirituale (0 - 3 anni)
– Il lavoratore cosciente (3 - 6 anni)
• Il piano della fanciullezza (6 - 12 anni)
• Il piano dell’adolescenza (12 - 18 anni)
• Il piano della maturita (18 - 24 anni)
Nello sviluppo psichico sono presenti dei periodi sensitivi, definiti nebule,
cioe periodi specifici in cui si sviluppano particolari capacita. Nella visione
montessoriana dello sviluppo, questi periodi svolgono un ruolo vitale perche,
cambiando natura da una fase ad un’altra, determinano le caratteristiche
proprie di ogni fase.
Le sensitivita pertinenti ad una fase particolare fanno la loro apparizione,
aumentano, raggiungono la massima espressione e poi declinano; compaiono
sensitivita nuove, raggiungono il loro massimo e volgono verso il termine,
per far posto ad altre nuove, e cosı via. Sono queste sensitivita, allora, che
guidano lo sviluppo e ne determinano il ritmo. Nel primo piano identifico
i periodi sensitivi del linguaggio, del movimento, dell’ordine, quest’ultimo
indispensabile per stabilire, tra continuita e cambiamento, i primi legami.
Nel secondo piano individuo il periodo sensitivo della cultura del gruppo di
appartenenza, con l’interesse a conoscere e a capire la realta umana, grazie
alla forte capacita immaginativa e al senso di giustizia.
24 Le capacita matematiche del bambino
Nel seguito tratteremo solo il piano dell’infanzia come base per analizzare il
processo di acquisizione delle capacita matematiche nei bambini dai 12 mesi
ai 5 anni.
2.2 Il piano dell’infanzia
Il piano dell’infanzia –da 0 a 6 anni– e quello di importanza massima per
la formazione dell’individuo ed e interessante notare che il lavoro intrapreso
dall’essere umano, cosı come quello da intraprendere per la propria formazione,
e talmente differente nell’ambito di ciascuna porzione del piano da indurre
Montessori a suddividere l’infanzia in due sottopiani distinti.
L’embrione spirituale
Il bambino da 0 a 3 anni viene identificato da Maria Montessori come
“embrione spirituale” ed e importante capirne la ragione.
Alla nascita, il bambino sembra essere un “nulla, nel senso che non ha qualita
psichiche, ne abilita motrici prestabilite” (Montessori, 1999b, pag. 58). Ogni
neonato, scrive Montessori, sembra un “essere inerte, vuoto, insignificante”
(Montessori, 1999b, pag. 59). Eppure ha in se “potenzialita che determinano
il suo sviluppo” (Montessori, 1999b, pag. 58). In lui esiste un potere globale,
un’“essenza umana creativa” che lo spinge a “formare l’uomo del suo tempo,
della sua civilizzazione” (Montessori, 1999b, pag. 59).
Montessori prosegue: “Il neonato, dunque, deve intraprendere un lavoro forma-
tivo che, nel campo psichico, ricorda quello avvenuto per il corpo nel periodo
embrionale. Egli ha un periodo di vita che non e piu quello dell’embrione
fisico, e non e simile a quello che presenta l’uomo da lui formato. Questo
periodo post-natale, che si puo definire il “periodo formativo”, e un periodo di
vita embriologica costruttiva che rende il bambino un “Embrione Spirituale”.
Cosı l’umanita ha due periodi embrionali: uno e prenatale, simile a quello
degli animali - e uno e postnatale, esclusivo all’uomo” (Montessori, 1999b,
pag. 61). In altre parole, la specie umana (ed essa soltanto) ha vita embrionale
doppia.
1-2.2 Il piano dell’infanzia 25
E durante i primi tre anni, una parte di vita dimenticata dall’individuo stesso
che l’ha sperimentata, che si creano le facolta umane di base. Montessori
spiega: “In questo periodo psico-embrionale vi sono sviluppi che avvengono
separatamente e indipendentemente quali il linguaggio, i movimenti delle
braccia, i movimenti delle gambe ecc., e vi sono certi sviluppi sensoriali.
Come nell’embrione fisico, nel periodo prenatale, gli organi si sviluppano
uno per uno, ognuno separato dall’altro, cosı in questo periodo nell’embrione
psichico si sviluppano funzioni separate. Noi non possiamo ricordare questo
periodo, perche nella personalita non vi e ancora unita. L’unita potra avvenire
solo quando le parti siano completate” (Montessori, 1999b, pag. 164).
A causa della natura del lavoro di sviluppo durante i primi tre anni di vita e
per la maniera con la quale questo lavoro viene condotto, Montessori chiama
il bambino da 0 a 3 anni il “creatore inconscio” (Montessori, 1999b, pag. 165)
e parla anche della manifestazione della “mente assorbente” (Montessori,
1999b) cioe della sua intelligenza che opera inconsciamente assorbendo ogni
dato ambientale.
Il lavoratore cosciente
La natura del lavoro di sviluppo cambia durante la seconda sottofase dell’in-
fanzia, da 3 a 6 anni.
A tre anni di eta e come se la vita ricominciasse perche allora la coscienza
si palesa piena e chiara (Montessori, 1999b, pag. 164–165). E cio che questo
piccolo bambino vuol fare e conquistarsi l’ambiente e con esso i mezzi per il
proprio sviluppo (Montessori, 1999b, pag. 165). Che cosa esattamente deve
sviluppare? Tutte quelle funzioni, tutte quelle forze create prima dei tre anni
deve ora svilupparle mediante esperienze coscienti ed esercizio della volonta.
Montessori mostra che, in questo bambino piu cresciuto, sono al lavoro due
tendenze: quella di sviluppare la coscienza attraverso l’attivita sull’ambiente,
e l’altra di perfezionare ed arricchire le conquiste gia fatte (Montessori, 1999b,
pag. 166). Percio il periodo fra tre e sei anni e un periodo di “perfezionamento
costruttivo” (Montessori, 1999b, pag. 166).
26 Le capacita matematiche del bambino
Le mani del bambino, guidate dall’intelligenza, cominciano ad eseguire compiti
di tipo umano definito. Dalla mente assorbente si sviluppa per gradi la mente
cosciente, il senso di realta. Il bambino e sempre occupato a far qualcosa con
le mani e, per questo, gli anni da tre a sei sono stati chiamati “la benedetta
eta dei giochi” (Montessori, 1999b, pag. 167). Quel gioco che e realmente
lavoro, il lavoro del bambino per il proprio sviluppo. Per questo Montessori
chiama il bambino da tre a sei il “lavoratore cosciente” (Montessori, 1999b,
pag. 164).
Montessori ha molto da dire circa la natura del lavoro e dello sviluppo durante
questa sottofase dell’infanzia. L’individuo umano e un’unita. Ora questa unita
deve essere costruita e fissata attraverso esperienze attive sull’ambiente, stimo-
late dalla natura. Gli sviluppi embrionali che si sono compiuti separatamente
da zero a tre anni devono infine agire tutti insieme e organizzarsi a servizio
della personalita. Il bambino sembra ora avere la necessita di organizzare
logicamente i contenuti mentali assorbiti e di affinare e classificare i dati
sensoriali.
Cio avviene quando nel periodo successivo, da tre a sei anni, la mano lavora
e la mente e guida nel lavoro. Se le circostanze esterne non permettono
questa integrazione, le energie continuano a spingere quelle formazioni parziali
che vengono a svolgersi disorganizzate, deviando dal loro fine. La mano
si muove senza scopo; la mente divaga lontana dalla realta; il linguaggio
cerca compiacenze in se stesso; il corpo si muove senza ordine. E queste
energie separate, che mai trovano soddisfacimento, danno luogo a innumerevoli
combinazioni di sviluppi errati, deviati, origini di conflitti e turbamenti. Tali
deviazioni non sono da attribuire a difetti della personalita, ma devono
essere interpretate come conseguenza di una mancata organizzazione della
personalita (Montessori, 1999b, pag. 202).
Tuttavia in seguito, come Montessori evidenzia, quando l’ambiente offre motivi
di attivita costruttiva, tutte le energie convergono e le deviazioni spariscono.
Allora soltanto, quando il bambino ha possibilita e liberta di svilupparsi
normalmente, noi ne vediamo la personalita vera.
E questo processo di transizione dallo sviluppo deviato a quello normale che
1-2.3 L’interdipendenza dei quattro piani 27
Montessori chiama normalizzazione. Come risultato di questo processo, il
bambino sviluppa, del tutto spontaneamente, il carattere. Montessori, infatti,
identifica il periodo compreso fra tre e sei anni di eta come periodo embrionale
per la formazione del carattere (Montessori, 1999b, pag. 242).
2.3 L’interdipendenza dei quattro piani
Abbiamo visto come la vecchia idea dello sviluppo lineare, secondo la quale
non c’e cambiamento di forma, ma soltanto incremento graduale da cio che
e piccolo a cio che e grande, da cio che e meno a cio che e piu, sia stata
sorpassata dall’idea di una vita che si sviluppa assumendo forme differenti,
trasformandosi, passando attraverso fasi o piani differenti e distinti tanto
fisicamente quanto psichicamente.
Le differenze sono talmente evidenti che Montessori compara i piani dello
sviluppo alle modificazioni strutturali e funzionali proprie delle metamorfosi.
Per questo, la vita di un essere umano che si sviluppa e una sequenza di
nascite; e emersione e sparizione di potenzialita; e nascita e morte di interessi
e di caratteristiche che sono manifestazioni di sensitivita dominanti.
Tuttavia, i piani dello sviluppo sono necessariamente interdipendenti anche
fra loro, dacche l’essere umano e una unita organica. Il piano che precede
prepara sempre quello che segue, ne costituisce la base, nutre le energie che
spingono l’individuo verso il periodo di vita successivo.
Allora l’individuo passa da un piano di indipendenza ad un altro. Inizia
dall’indipendenza nel fare e nell’agire che porta all’indipendenza di giudizio
per completarsi poi nell’autonomia di pensiero, di giudizio, di decisione. Si
forma cosı un adulto confacente al suo tempo e luogo, capace di adattarsi
a situazioni e circostanze nuove: alla fine un adulto che puo lavorare per
l’umanita, in grado di partecipare alla missione cosmica che abbiamo su
questa Terra.
28 Le capacita matematiche del bambino
2.4 La critica al sistema educativo in atto
Il piano inclinato con cui possiamo rappresentare il sistema educativo in atto
comincia circa a sei anni di eta e trova espansione massima durante il periodo
degli studi universitari, fra 18 e 24 anni. Questa progressione rappresenta
il “campo dell’azione educativa”, ma ci rivela anche il concetto sottostante
circa il modo di intendere lo sviluppo che qui, proprio secondo la vecchia
concezione, ha carattere decisamente lineare.
Come lineare e pure la progressione del numero delle varie materie studiate,
e del numero dei differenti insegnanti coinvolti. Numeri che rappresentano
anche la diversa quantita di conoscenza offerta all’individuo. Materie, inse-
gnanti, conoscenza: tutto aumenta conformemente al livello di istruzione, cioe
con l’eta dell’individuo. Conseguenza implicita in questo “campo dell’azione
educativa” che si espande col tempo e il pregiudizio che intelligenza e capa-
cita di acquisizione aumentino costantemente con l’eta: piu vecchi si e, piu
si e intelligenti, maggiore e l’eta e maggiore la capacita di apprendimento.
Giudicando, percio dai provvedimenti adottati dalla nostra societa, la vita
sembra svolgersi secondo un piano singolo, grande, lineare: una concezione
dello sviluppo che si pone in contrasto totale e rigoroso con i piani dello
sviluppo –multipli, distinti, differenziati– identificati dalla Montessori.
Dobbiamo anche non dimenticarci che c’e una filosofia sotterranea che imbeve
tutte le “azioni educative” dei sistemi in atto: quella di causalita. Per essa
l’insegnante e “causa” e il bambino educato e l’“effetto” prodotto. In altre
parole, le abilita acquisite dall’individuo durante il corso dello sviluppo sono
conseguenza diretta di conoscenze trasmesse dall’adulto. Questo significa che
il bambino e ancora e soltanto un “vaso vuoto” da riempire o un “foglio
bianco” su cui scrivere: riempimento e scrittura sono effettuati dall’adulto
che –tuttora– e colui che crea o modella l’essere nuovo.
Anche l’idea dello sviluppo lineare dell’essere umano e stata confutata, sia per
il periodo prenatale sia per il periodo di sviluppo iniziale, da studi biologici
e psicologici addirittura a partire dal XVIII secolo. Soltanto nel campo
dell’educazione troviamo ancora dominante, seppure in maniera nascosta, tale
1-2.5 La nascita del concetto di numero 29
concetto vecchio e superato che, sicuramente, mostra un conservatorismo di
fondo in questo campo sostanziale dell’attivita umana.
2.5 La nascita del concetto di numero
In Maria Montessori la teorizzazione psicologica e successiva alla pratica e
quindi volta a giustificare a posteriori le intuizioni originarie. Per questo
motivo la nascita dei concetti matematici non parte da una teoria cognitiva
ma parte dall’osservazione pratica di come certi materiali, meccanismi e
certe influenze dell’ambiente portano la “mente matematica” del bambino a
svilupparsi e ad ampliarsi. E come se si osservasse dall’esterno un meccanismo
contenuto in una scatola: si puo decidere di osservarne solo gli effetti esterni
e continuare ad ignorare il reale funzionamento del meccanismo. Ma non
dimentichiamo che Maria Montessori aveva una mente matematica, il suo
desiderio era studiare ingegneria all’universita, ma per le difficolta che una
donna incontrava all’epoca, dovette ripiegare su medicina. Queste osservazioni
hanno quindi una solida base, anche se non teorizzata apertamente.
Per Maria Montessori il punto centrale dell’educazione e il bambino e il suo
sviluppo. Le varie “discipline” gli sono offerte come mezzi per aiutarne la
costruzione; percio le varie materie vengono conformate alle peculiari esigenze
dell’eta. Esplorando tali proposte, i bambini rivelano potenzialita che nessuno
sospettava possedessero: concentrazione, capacita di ragionamento, intuito, a
volte arrivando addirittura a conclusioni non illustrate nei testi di aritmetica,
mostrando entusiasmo proprio per la matematica, una disciplina generalmente
invisa ai bambini in eta scolare.
Questo fatto porto Maria Montessori ad accertare che la mente dell’uomo e
di natura matematica e che tutta l’evoluzione dell’umanita ne e la prova. I
bambini mostrano, insomma, come potrebbe essere il figlio dell’uomo, quando
le sue potenzialita ricevono un aiuto reale allo sviluppo.
“Senza [. . . ] lo sviluppo matematico” – scriveva Maria Montessori gia nel 1939
– “non e possibile comprendere il progresso della nostra epoca ne parteciparvi.”
E ancora: “Uno spirito senza matematica oggi e paragonabile a un uomo che
ignora l’alfabeto, al tempo in cui dominava la cultura letteraria.” (Montessori,
30 Le capacita matematiche del bambino
2009) In questo senso, nel “piano per la formazione della mente matematica”
(perche e questo il traguardo) non vi concorre principalmente la matematica.
Aritmetica, geometria, algebra, ma anche lingua, scienze naturali, biologia,
geografia, geologia eccetera concorrono a costruire la mente matematica,
cioe i processi mentali che, in quanto tali, non possono attribuirsi ad alcuna
disciplina in particolare.
Il progetto Montessori, cioe, non indaga la psicologia dell’apprendimento della
matematica, ma promuove il processo di costruzione della mente del bambino.
Approccio che troviamo in “Psicoaritmetica” (Montessori, 1994). Questo libro
e la relazione di un’esperienza stimolante che, liberando i bambini dal dover
imparare a memoria le regole che non capiscono e fornendo una visione chiara
di cio che la matematica puo esprimere, ha fatto amare le matematiche.
Sottolineo ancora una volta che questo libro non riporta una teoria cognitiva,
ma piuttosto giustifica a posteriori le intuizioni e le osservazioni fatte sui
bambini. L’altro aspetto interessante che troviamo nel libro e la quasi totale
assenza di teorizzazioni qui sostituite piuttosto da indicazioni pratiche.
Uno dei filoni osservativi riportati nel libro parte dall’analisi del modo di
procedere della scuola tradizionale. Qui i procedimenti matematici sono
solamente dichiarati: i bambini devono impararli e non e necessario far loro
capire perche si opera in un certo modo e come un procedimento si collega
ad un altro.
Questo modo di procedere porta ad instaurarsi di una fra le piu disastrose
deviazioni dell’intelligenza: quel fenomeno che gli psicanalisti hanno designato
col nome di “barriere psichiche”. Ne “Il segreto dell’infanzia” (Montessori,
1999a) leggiamo: “Questa lenta opera di difesa prolungata conduce ad agire
come se le funzioni naturali fossero perdute [. . . ]. Il piu delle volte la barriera
psichica [. . . ] si circonda di coefficienti che agiscono a distanza e che in
psicanalisi si indicano col nome di ripugnanze. Niente di piu comune che
portarsi per tutta la vita una barriera psichica costruita nell’infanzia. Ne e
esempio la caratteristica ripugnanza che molti conservano per tutta la vita
verso la matematica: non e soltanto una incapacita di agire; il solo nominarla
fa sorgere un ostacolo interiore che impedisce l’avvicinamento che produce
stanchezza prima che possa iniziarsi l’attivita.”
1-2.5 La nascita del concetto di numero 31
Ne “La mente del bambino” (Montessori, 1999b), Maria Montessori scrive
che “la forma della mente umana e matematica” e l’aggettivo, usato in
posizione predicativa, indica una delle qualita caratteristiche della mente
umana: l’esattezza (che poi e il pascaliano “Esprit de geometrie”); all’inverso
scrive anche: “Questa parte della mente che si costruisce attraverso l’esattezza
si chiama mente matematica”.
Leggiamo anche che “Allo stato naturale, lo spirito umano e gia matematico:
tende verso l’esattezza, la misura e il raffronto” (Montessori, 2009). Quasi un
anno dopo la pubblicazione di Psicoaritmetica, Maria Montessori chiarisce
quella che potremmo chiamare la sua “psicologia dell’aritmetica”. “I numeri
con tutto quanto e ad essi connesso diventano per il bambino stimoli scientifici
che provocano attivita psichiche vitali. [. . . ] E nei periodi sensitivi, le materie
d’istruzione possono diventare autentici aiuti allo sviluppo [perche] La cultura
si identifica con la costruzione della personalita stessa. [. . . ] Il materiale
matematico in particolare, presentato nella maniera adatta e nel periodo
sensitivo pertinente, permette al bambino di comprendere.” E ancora: “Bisogna
analizzare ogni difficolta, presentandole separatamente mediante un materiale
concreto; vale a dire ’materializzare le astrazioni’ che non sono inaccessibili
al bambino, ma abbisognano di un ponte materiale. Messo in contatto con
questo materiale, il bambino mostra che la comprensione [. . . ] e soltanto il
primo gradino di una attivita prolungata e ripetuta”.
Come negli schemi proposti in alcuni metodi didattici, anche qui la materia e
scomposta in “frames” logicamente concatenati nei passaggi. Pero, e la distin-
zione dalle tecniche didattiche e fondamentale, alle sequenze nella sola “lingua
scritta”, la Montessori aggiunge (certo non solamente per la matematica) uno
specifico e adatto materiale che propone interventi diversificati. Tutto cio e la
risposta alla richiesta della psicologia dell’apprendimento: la costruzione dei
concetti matematici deve avere la sua radice nel concreto e attuarsi mediante
una saggia programmazione (dove la saggezza e data dal tipo di materiale,
dal suo uso, dal titolo e modi di approccio, dalla scomposizione in unita della
materia e, principalmente, da una partecipazione non settorializzata delle
funzioni della mente del bambino).
In definitiva e il materiale che insegna: “Un maestro sempre pronto, ugualmente
32 Le capacita matematiche del bambino
paziente, di umore costante, che va analizzando e scoprendo, fino a raggiungere
la radice del problema”, scrive Maria Montessori. Un materiale con il quale
e possibile la trasformazione di relazioni astratte in percezioni dirette, la
costante ricerca di somiglianze e differenze, la classificazione, l’uso di schemi
come aiuto per organizzare una sequenza razionale, la comprensione, infine,
nella maniera con la quale sono organizzate e si organizzano determinate
situazioni.
Un materiale operativo di sviluppo (e non, quindi, un sussidio didattico) poiche
permette al bambino di rendersi conto dall’interno di determinate soluzioni
e procedimenti, ricostruendoli anche con la lentezza propria del processo
analitico. Un materiale “polivalente” poiche puo essere ripreso a livelli diversi,
per fini diversi e riconsiderato sotto aspetti diversi dal bambino stesso. Un
materiale sensoriale che pur richiede attivita creativa di trasformazione o
comunque manipolatoria; e anche un sussidio: che non aiuta l’insegnante ma
il bambino a sviluppare le sue potenzialita.
Per esempio la conoscenza dei numeri da uno a dieci non avviene linearmente
bensı per piani. Intorno ad un’idea centrale interessante ed importante si svol-
gono parallelamente le conoscenze che portano a considerare e ad approfondire
i particolari. Nell’esempio il procedimento generale e:
1. conoscenza delle quantita
2. conoscenza del simbolo
3. associazione di cifre e quantita
Questa conoscenza del numero si svolge in tre momenti con tre materiali
differenti:
1. presentazione (aste ed esercizi relativi)
2. riconoscimento (fusilli)
3. dimostrazione di possesso della conoscenza (esercizio con marchette)
1-3 Antropologia del numero 33
3 Antropologia del numero
3.1 Il numero come espressione del pensiero
Il numero nasce come strumento e modo d’espressione del pensiero anche se,
una volta strutturato, forma nel pensiero dell’uomo una categoria specifica.
E in questa prospettiva, quindi, che anche per il numero e pensabile un
processo storico-evolutivo. Attribuire un nome, dare un ordine, dare un numero
costituisce una catena simbolica che segue la concatenazione operativa del
nesso tecnica-linguaggio (Pizzi e altri, 1987, pag. 55).
Il processo di sviluppo del numero puo essere caratterizzato dai seguenti
passaggi, all’interno di tre grandi segmentazioni storiche e cognitive (Pizzi
e altri, 1987):
1. Fase dei presupposti del numero: il numero come determinazione
rappresenta la capacita di definizione della pluralita senza contare, uti-
lizzando le facolta naturali di percezione delle piccole quantita. Consente
di utilizzare la denominazione per definire i limiti dell’insieme attraverso
i suoi elementi, le totalita attraverso i loro componenti e di applicare le
differenze tra singolare e plurale, nonche la definizione di unita, coppia
e simili.
2. Fase di nascita del numero come simbolo: rappresenta l’uso della
corrispondenza unita per unita per controllare e definire gli elementi di
un insieme, per enumerarli, determinando cosi un rapporto tra unita e
quantita (uso di strumenti come l’indicazione, le dita, sassolini, bastoni
od ossi incisi). In questa fase ritroviamo anche la capacita di attribuire
un nome a ciascuna unita della quantita, la percezione dell’aspetto
ordinale del numero ed esecuzione dell’operazione di aggiungere una
nuova unita ad una quantita gia contata.
3. Fase della scienza del numero: rappresenta il passaggio dal conteggio
alle operazioni matematiche, grazie al perfezionamento degli strumenti
di calcolo, come l’abaco e la scrittura. Il numero diviene segno.
Come dimostrato dagli studi antropologici, tali fasi di sviluppo del concetto
di numero sono caratteristiche sia dello sviluppo filogenetico, sia di quello
34 Le capacita matematiche del bambino
ontogenetico.
3.2 I fondamenti del numero
Per gli studi antropologici il concetto di numero rappresenta un segno di
varia natura che serve a definire un insieme di elementi e a comprenderli
quantitativamente. Per le scienze matematiche invece il numero e definito
come ciascuno degli enti astratti che costituiscono una successione ordinata.
In particolare, secondo i principi matematici del numero, i tratti distintivi di
un sistema di numerazione sono:
• la capacita di definire quantitativamente gli elementi
• l’arbitrarieta, cioe il segno numerico e indipendente da cio che definisce
• la simbolicita, cioe il valore del numero e indipendente dal segno usato
• la sistematicita, cioe il numero fa parte di un sistema di altri numeri
dotato di una relazione di interdipendenza degli elementi costitutivi
• il concetto di infinito
• l’uso dello zero con significato di assenza e mancanza
I numeri hanno, oramai, influenzato non soltanto lo sviluppo della scienza,
ma anche molti degli aspetti umani della nostra vita. Oggi usiamo i numeri
abitualmente, per contare, per fare statistiche, per comprare e vendere oggetti,
per identificare le automobili, i telefoni, i conti correnti, per formulare le teorie
scientifiche, e cosı via.
Ma in che modo siamo giunti a descrivere e a rappresentare il mondo in
termini numerici? Si puo supporre che nell’antichita sia esistito qualcuno
che li abbia inventati? L’importanza di quest’idea fu cosı grande che venne
adottata dai popoli vicini e dai vicini dei vicini. Questo implica, pero, che i
popoli piu distanti da quello dell’inventore abbiano avuto accesso ai numeri
piu tardi rispetto ai vicini, e qualcuno forse mai. La varieta all’interno dei
sistemi di numerazione che fanno ricorso alle parti del corpo, costituisce una
prova contraria all’ipotesi della diffusione dell’invenzione dei numeri da un
unico centro. Un’altra possibilita e che l’idea di numero sia un’invenzione
semplice che molte societa possano aver sviluppato per conto proprio. La
terza possibilita, quella sostenuta dalla ricerca degli ultimi venticinque anni
1-3.2 I fondamenti del numero 35
circa, e che l’idea dei numeri non sia stata un’invenzione, ma una componente
intrinseca della natura umana, oltre che di certi animali (Butterworth, 1999,
pag. 17).
Brian Butterworth, neuropsicologo cognitivista, sostiene, infatti, che il genoma
umano, cioe l’insieme dei geni che fa di noi cio che siamo, contenga le istruzioni
per costruire circuiti cerebrali specializzati per l’identificazione di piccole
numerosita, il cosiddetto Modulo Numerico, che e il nucleo centrale di tutte le
nostre capacita matematiche. La funzione del Modulo Numerico e classificare
il mondo in termini di quantita numerica o numerosita, cioe mette chi lo
possiede nelle condizioni di percepire il numero di elementi di un insieme
come un processo automatico, anche se ci sono persone che nascono con una
certa cecita per i numeri.
Cio che rende uniche le capacita numeriche umane, e lo sviluppo e la trasmis-
sione di strumenti culturali che ampliano le facolta del Modulo Numerico.
Questi strumenti comprendono dei mezzi per facilitare l’operazione del con-
teggio, come l’uso di parole per esprimere i numeri, quello delle dita e delle
tacche per contare oggetti, le procedure di calcolo, l’uso dei simboli numerici o
i teoremi e le loro dimostrazioni. Cio significa che le nostre capacita numeriche
dipendono da tre fattori: il nucleo centrale innato, le conoscenze matematiche
della cultura in cui viviamo e la misura in cui abbiamo acquisito tali cono-
scenze. Se fossimo nati in una cultura con conoscenze matematiche molto
limitate, le nostre capacita sarebbero inferiori rispetto a quelle che avremmo
se avessimo avuto la possibilita di acquisirle da una cultura matematicamente
piu progredita. Cosı come, se avessimo poche opportunita o un desiderio
limitato di acquisire conoscenze matematiche, le nostre capacita sarebbero
inferiori a quelle che avremmo se avessimo dedicato piu tempo allo studio
sotto la guida di un insegnante.
Cio significa che persino la persona piu pigra e meno interessata, nata in
una cultura poco incline alla matematica, classifichera il mondo in termini di
numerosita, dove per numerosita si intende il numero che si ottiene quando si
contano gli elementi di un insieme. La capacita di concepire le numerosita e
presente nel cervello di tutti, pronta ad essere usata sia che la societa possieda
buoni strumenti matematici sia che non li possieda, pero le risorse culturali
36 Le capacita matematiche del bambino
fornite dal linguaggio e da altri segni possono migliorare in misura notevole la
sua applicazione. Allo stesso tempo, questa tesi implica l’esistenza di persone
nate senza un Modulo Numerico, e cioe senza la capacita innata di riconoscere
piccole numerosita (Butterworth, 1999, pag. 18).
3.3 Le competenze numeriche dei bambini
E stato dimostrato da recenti studi che un bimbo di pochi mesi di vita e
gia capace di discriminare le quantita e di categorizzare il mondo che vede e
sente in termini di numerosita. Il bambino, quindi, nasce con la capacita di
formarsi una rappresentazione della numerosita di un insieme di oggetti ed e
anche in grado di memorizzarla rapidamente e di richiamarla.
Antell e Keating, due psicologi americani, hanno verificato che neonati da uno
a dodici giorni di vita riescono a discriminare insiemi di due o tre elementi
(Antell e Keating, 1983). Essi si sono serviti della “tecnica dell’abituazione-
disabituazione”2, che dimostra come i bambini gia a pochi giorni di vita siano
in grado di rilevare la differente numerosita tra due gruppi di stimoli. Nella
sequenza sperimentale a ogni neonato venivano presentati alternativamente
due cartoncini con due punti neri uguali, piu o meno distanziati, in modo da
indurre “abituazione”; successivamente veniva mostrato un terzo cartoncino
“disabituante” con tre punti neri allineati. Si e visto che i neonati, anche di
un solo giorno di vita, osservavano piu a lungo questo nuovo oggetto. Per
controllare che non si trattasse di una semplice preferenza per immagini con
un maggior numero di punti, Antell e Keating hanno proposto la sequenza
sperimentale inversa e verificato che gli stessi risultati (tempi piu lunghi di
osservazione) si ottenevano se, dopo aver abituato il bambino ai tre elementi,
si passava ai due. I bambini sembravano sensibili al numero di immagini con-
tenute nel cartoncino. Questo significa che categorizzavano quel che vedevano
in modo del tutto astratto, senza tener conto delle caratteristiche particolari
di ogni figura: il colore, la dimensione, la forma, che cambiavano in ogni
2Questa tecnica si basa sul fatto che i bambini guardano piu a lungo gli stimoli nuovi:osservare a lungo la stessa cosa li porta ad abituarsi, a perdere interesse, mentre una cosanuova li “disabitua” poiche induce interesse.
1-3.3 Le competenze numeriche dei bambini 37
cartoncino. Ma sorge spontanea una domanda: e se si trattasse di una forma
di percezione di modelli visivi e non di numerosita, cosı come sosteneva Piaget?
Immagini immobili di oggetti costituiscono particolari modelli geometrici:
un oggetto e un punto, due una retta, tre non allineati un triangolo, ecc., il
bambino potrebbe limitarsi a descrivere tali modelli.
Questa ipotesi e stata indagata da Van Loosbrock e Smitsman (1990). Nel loro
esperimento hanno mostrato a bambini di 5 e 13 mesi immagini in movimento:
due rettangoli in varie tonalita di grigio percorrevano traiettorie casuali
sullo schermo di un computer rendendo cosı impossibile l’identificazione di
modelli visivi. Nonostante questo, come in tutti gli altri esperimenti, quando
il numero dei rettangoli cambiava, i tempi di osservazione si modificavano
significativamente, dimostrando come i bambini reagissero alla numerosita
degli oggetti in movimento.
Le ricerche di Karen Wynn (1992) hanno evidenziato al riguardo come la
sensibilita del bambino alla numerosita vada oltre la percezione di oggetti,
immobili o in movimento, e riguardi anche insiemi di azioni. Negli esperimenti
da lei descritti, quando bambini di sei mesi, “abituati” a vedere una marionetta
fare due salti, ne vedevano compiere tre, i tempi di osservazione raddoppiavano.
Anche in questo caso, la sequenza inversa (tre salti seguiti da due), e stata
usata come controllo. Il bambino, percio, nasce con la capacita di formarsi
una rappresentazione della numerosita di un insieme di oggetti e, visto che il
suo comportamento cambia quando cambia il numero di oggetti, puo anche
capire se un nuovo insieme abbia la stessa numerosita del precedente. C’e un
limite superiore al concetto di numerosita del bambino? Il numero massimo
di oggetti percepibili sembra essere tre o quattro, tuttavia non si e sicuri che
questo limite risieda nella nozione di numerosita del bambino e non nella sua
capacita di percepire e di ricordare quello che ha percepito. La comprensione
degli adulti, del fatto che le numerosita non hanno limiti, sembra dipendere
dall’intuizione che sia sempre possibile aggiungere un’unita. Percio qualsiasi
limitazione da parte del bambino potrebbe avere a che fare piu con la sua
capacita di eseguire addizioni successive che con la serie di ragionamenti
necessari per passare da tale capacita al concetto che i numeri non abbiano
un limite superiore. La limitazione piu probabile e la capacita di percepire
38 Le capacita matematiche del bambino
immediatamente e senza contare la numerosita di un insieme visivo di oggetti.
Si tratta di un processo specializzato nella percezione visiva che viene chiamato
“subtizing” o, in italiano, “immediatizzazione” (Lucangeli e altri, 2003).
Il possesso del concetto di numerosita implica molto di piu dell’essere capaci
di decidere se due insiemi abbiano o no lo stesso numero di elementi. Esso
comporta l’abilita di individuare un cambiamento di numerosita quando nuovi
elementi vengono aggiunti all’insieme o elementi precedentemente inclusi vi
vengono sottratti. I bambini piccoli hanno la capacita di farlo? Wynn (1992) ha
riscontrato come bambini di 5 o 6 mesi sappiano compiere semplici operazioni
di tipo additivo (1 + 1) e sottrattivo (2− 1). Nell’esperimento dell’addizione
in un teatrino veniva presentato un pupazzo che veniva poi nascosto da uno
schermo. Un secondo pupazzo veniva mostrato e aggiunto al primo dietro lo
schermo. Alla fine lo schermo si alzava rivelando la presenza di due pupazzi,
il che era in linea con un’aspettativa di addizione, (1 + 1 = 2), o di un solo
pupazzo, il che non lo era, (1 + 1 6= 1). I bambini guardavano piu a lungo
questa seconda situazione, il che suggeriva a Wynn che questa deludesse la loro
aspettativa. L’esperimento di sottrazione era analogo, solo che inizialmente
venivano presentati e nascosti due pupazzi, e successivamente si vedeva che
uno di questi veniva sottratto. I bambini guardavano piu a lungo nel caso in
cui alla fine apparissero due pupazzi (2− 1 6= 2) piuttosto che uno (2− 1 = 1).
Questo dimostra che i bambini nascono con la capacita di eseguire processi di
addizione e sottrazione che li portano a nutrire aspettative aritmetiche. Non
sappiamo pero se queste loro aspettative abbiano un carattere generale. Noi
adulti sappiamo che, ogni volta che viene tolto un oggetto da un insieme, esso
rimane con un oggetto in meno. Non sappiamo pero se i bambini di quella
eta capiscano questo concetto solo perche notano una differenza rispetto alle
loro aspettative quando si toglie un pupazzo da un insieme di due, oppure
quando lo si aggiunge.
Come afferma Butterworth (1999), “la natura fornisce un nucleo di capacita
per classificare piccoli insiemi di oggetti nei termini della loro numerosita
[. . . ], per capacita piu avanzate abbiamo bisogno dell’istruzione, ossia di
acquisire gli strumenti concettuali forniti dalla cultura in cui viviamo”. Se
dunque esiste una competenza numerica pre-verbale, innata e indipendente
1-3.3 Le competenze numeriche dei bambini 39
dalla manipolazione linguistico-simbolica, imparare a contare rappresenta il
primo collegamento tra natura e cultura, tra la capacita innata del bambino
di percepire le numerosita e le acquisizioni matematiche piu avanzate della
cultura nella quale e nato. Capire come evolvono le abilita di conteggio a
partire dalle competenze pre-verbali di quantificazione, implica capire in
che modo compaia la capacita di codificare le quantita attraverso il sistema
verbale dei numeri, e in che modo esso si sviluppi fino a permettere la
piena padronanza dei meccanismi della conta. In particolare, come avviene
il passaggio dalle competenze numeriche pre-verbali all’acquisizione delle
parole-numero? Contare sembra essere una delle cose piu semplici. Allora
perche i bambini ci mettono tanto ad imparare se nascono con la capacita
innata di contare? Cominciano attorno ai due anni e ne passano piu di sei
prima di capire come farlo e come servirsene. Secondo gli psicologi Rochel,
Gelman e Gallistel, l’acquisizione dell’abilita di conteggio verbale e guidata
dalla conoscenza innata di alcuni principi basati sulla competenza numerica
non verbale (Gelman e Gallistel, 1986). I principi impliciti del “come contare”
individuati sono:
1. il principio della corrispondenza biunivoca (a ogni elemento contato
deve corrispondere una sola parola-numero e viceversa)
2. il principio dell’ordine stabile (le parole-numero devono essere ordinate
in una sequenza fissa e inalterabile)
3. il principio della cardinalita (l’ultima parola-numero usata nel conteggio
rappresenta la numerosita dell’insieme)
4. il principio dell’irrilevanza dell’ordine (non ha importanza in quale
ordine si contino gli oggetti di un insieme)
5. il principio di astrazione (qualunque cosa puo essere contata)
Emerge che contare non e cosı semplice come sembrerebbe. In primo luogo
bisogna conoscere i vocaboli per esprimere i numeri come suoni del linguaggio;
poi sapere che le quantita sono esprimibili attraverso parole-numero che hanno,
come ogni segno linguistico, un rapporto convenzionale con il significato che
sottintendono che, nel caso dei numeri, e la quantita. Imparare la sequenza
delle parole usate per contare e il primo modo con il quale i bambini connettono
il loro concetto innato di numerosita con le prassi culturali della societa nella
quale sono nati. Non tutte le societa usano vocaboli speciali per contare, alcune
40 Le capacita matematiche del bambino
si servono dei nomi di parti del corpo (Squillacciotti, 1996); la cosa importante
e pero che tutte usano i vocaboli in una sequenza fissa e inalterabile, in modo
che ogni parola abbia sempre lo stesso significato. Imparare la sequenza verbale
delle parole che esprimono i numeri non e affatto facile; spesso i bambini
di due o tre anni pensano alle prime parole che indicano i numeri come ad
un’unica parola molto lunga “unoduetrequattrocinque”, ed occorre un po’ di
tempo affinche si rendano conto che questa grossa parola e in realta formata
da cinque vocaboli piu brevi. Se ci fosse solo un’unica lunga parola, essi
non potrebbero porre gli elementi della sequenza verbale in corrispondenza
biunivoca con gli elementi da contare. Pero, sapere che esiste una sequenza
fissa di parole separate non basta per capire che queste parole si usano per
contare. I vocaboli che esprimono i numeri hanno molti significati, non solo
quello legato alla numerosita, percio il bambino deve separare l’uso di tali
vocaboli legato al conteggio da altri, che puo riscontrare a casa o a scuola,
come per esempio dire l’ora, compiere una misura, mettere oggetti in un dato
ordine, indicare il numero civico della propria casa, dei canali televisivi, dei
telefoni, ecc. Tutto questo indica che l’acquisizione della sequenza verbale e
il suo uso nel conteggio dipendera molto da come gli viene insegnata e dai
contesti in cui viene appresa.
Il concetto di corrispondenza biunivoca appare intorno ai due anni indipen-
dentemente dall’apprendimento della sequenza dei vocaboli usati per contare:
il bambino distribuisce un giocattolo ad ogni persona, mette ogni tazza sul
suo piattino, nomina ed indica ogni persona in una fotografia, una ed una
sola volta. Anche quando conosce la sequenza corretta dei vocaboli-numero,
tende ad indicare ad uno ad uno gli oggetti che conta. Fino ai quattro anni
non e pero chiara la relazione tra questa strategia e il conteggio; per esempio
il bambino sa utilizzare la strategia “uno per te e uno per me” per distribuire
equamente delle caramelle, ma se poi un adulto le conta ed afferma di averne
quattro, il bambino non e in grado di inferire di averne lo stesso numero
(Pesenti et al., 1995 citato in Lucangeli e altri (2003)). Per quanto riguarda
il principio di cardinalita, i bambini di tre anni e mezzo sono abili nel dire
l’ultima parola del conteggio come numero degli oggetti contati, ma questo
non significa che comprendano realmente che il processo del contare fornisca
la numerosita dell’insieme. Spesso si tratta di una semplice imitazione del
1-3.4 Innatismo nello sviluppo del concetto di numero 41
comportamento degli adulti; se si chiede ad un bambino di questa eta quanti
siano gli oggetti che ha appena contato, puo capitare che cominci a ricontarli
nuovamente. Infine, i bambini devono capire che non ha importanza in quale
ordine contino gli oggetti di un insieme, ne di quale tipo siano gli oggetti
da contare. Tuttavia, e vero che, perfino quando di norma obbediscono a
tali principi, i bambini continuano a contare meglio oggetti concreti che non
astratti, come i suoni o le azioni, inoltre trovano meno difficolta a contare se
gli oggetti sono allineati e si puo cominciare a contarli da un estremo invece
che dalla meta.
3.4 Innatismo nello sviluppo del concetto di numero
In base agli studi effettuati su animali e neonati, Stanislas Dehaene, sostiene
che noi umani possediamo una sensibilita innata per la quantita ma non per le
numerosita (Dehaene, 2000). Lo studioso postula l’esistenza di un meccanismo
cerebrale chiamato “Accumulatore” presente anche in alcuni animali come i
ratti, i piccioni e gli scimpanze. Questo accumulatore rappresenta i numeri
come quantita approssimate, un po’ come se fossero il livello di liquido in
un contenitore. Questo meccanismo ci permette di percepire, memorizzare e
confrontare grandezze numeriche perche numeri diversi sono rappresentati da
livelli diversi di liquido.
Le capacita conoscitive della nostra specie si differenziano da quelli degli
animali in molti punti. A differenza degli animali noi possediamo la capacita
di concepire vasti sistemi di simboli, che ci permettono di inventare, tra
l’altro, il linguaggio matematico. Inoltre siamo dotati di un organo cerebrale
del linguaggio che ci permette di esprimere pensieri e di comunicarli agli
altri. Infine siamo in grado di ideare progetti anche complessi e di portarli a
termine, basandoci contemporaneamente su una memoria retrospettiva e su
delle previsioni future. Tutto questo, secondo Dehaene, non vuol dire che la
nostra rappresentazione dei numeri sia radicalmente diversa da quella degli
animali, anzi, la nostra rappresentazione mentale delle quantita e molto simile
a quella di un ratto o di una scimmia o di un piccione. Proprio come loro,
senza ricorrere al linguaggio, possiamo numerare rapidamente collezioni di
42 Le capacita matematiche del bambino
oggetti, addizionarli e confrontarli, pero l’intuizione delle grandezze numeriche,
che ereditiamo dall’evoluzione, favorirebbe il nascere di una matematica piu
avanzata.
3.5 La teoria costruttivista del concetto di numero
Come gia ho avuto modo di approfondire nel capitolo precedente, secondo
gli studi effettuati da Piaget, capostipite del costruttivismo, le conoscenze
logiche e matematiche si costruiscono nel bambino mediante l’osservazione e
l’interiorizzazione delle regolarita nel mondo. Alla nascita, secondo Piaget,
il cervello dell’uomo puo essere paragonato ad una pagina bianca, priva di
qualsiasi conoscenza astratta, dal punto di vista genetico il bambino non
possiede nessuna idea preconcetta sul mondo nel quale vivra. Sara dotato di
un sistema di percezione e di comando motorio accanto ad un meccanismo
generale di apprendimento che, progressivamente trarrebbe profitto dalle
interazioni tra il soggetto e il suo ambiente per auto-organizzarsi.
Percio, secondo questa teoria, il bambino piccolo non avrebbe nessuna cogni-
zione dell’aritmetica. Infatti, nei primi anni di vita, e precisamente fino ai
due anni circa, il bambino si troverebbe in una fase detta “senso-motoria”,
in questo stadio esplora il mondo che lo circonda mediante i sensi e impara
a controllarlo con i gesti, cosı facendo non puo evitare di accorgersi di certe
regolarita. Per esempio, un oggetto che scompare dietro uno schermo, riappare
quando questo si abbassa; due oggetti quando si scontrano, non si compe-
netrano mai, e cosı via. Guidato da queste scoperte progressive, il bambino
si costruisce una serie di rappresentazioni mentali sempre piu raffinate e
astratte del mondo nel quale vive e si muove. Per quanto riguarda la nozione
di numero, cosı come per le altre rappresentazioni del mondo, deve costruirla
utilizzando le sue interazioni senso-motorie con l’ambiente.
L’uomo nasce senza alcuna idea aritmetica innata, e solo dopo parecchi anni di
osservazioni attente arriva a comprendere che cos’e il numero, poi attraverso
la manipolazione di oggetti si rende conto che il numero e la sola proprieta che
non varia al variare della posizione o della natura dell’oggetto. Secondo Piaget,
una delle prove che i bambini piccoli sono incapaci a capire l’aritmetica e la
1-3.5 La teoria costruttivista del concetto di numero 43
“non permanenza dell’oggetto”. Se si nasconde un giocattolo sotto un panno,
un bambino che ha meno di dieci mesi sembra ignorare che il giocattolo
continui ad esistere. Questo fa pensare che il bambino piccolo non conosca
molto del mondo che lo circonda. Dice ancora Piaget: “se non sa che gli
oggetti non cambiano anche quando non si vedono piu, come potrebbe sapere
qualcosa sul loro numero?” Questi sostiene che il concetto del numero non
viene compreso prima dei sei anni e mezzo sette, fin quando il bambino non
supera la prova della “conservazione del numero”. La conclusione di Piaget e
che prima dell’eta della ragione, i bambini mostrano una completa ignoranza
delle regole elementari dell’inclusione degli insiemi, che costituiscono uno dei
fondamenti dell’aritmetica. Tutto questo significa che prima dei sei o sette anni,
il bambino non sarebbe pronto ad apprendere l’aritmetica. L’insegnamento
precoce della matematica, secondo Jean Piaget, sarebbe inutile e dannoso,
perche verrebbe imparata a memoria, senza comprenderne il significato,
inculcare con forza questi concetti nella mente del bambino provocherebbe
ansia e paura nei riguardi della matematica. Invece che insegnare precocemente
i numeri, sarebbe meglio cominciare dalla logica e dai rudimenti della teoria
degli insiemi, la cui padronanza e necessaria per capire il concetto di numero.
E ormai ben noto che ratti e piccioni sono in grado di riconoscere un numero
dato di oggetti, anche quando viene modificata la loro posizione nello spazio;
e che uno scimpanze sceglie spontaneamente la piu grande fra due quantita.
E ragionevole pensare che i cuccioli della specie umana fino a quattro o
cinque anni abbiano una padronanza della matematica inferiore a quella
degli altri mammiferi? Alla luce di studi compiuti negli ultimi venti anni
circa, sulle conoscenze numeriche dei piccolissimi, ci si e resi conto che la
teoria di Piaget, sul numero nel bambino, presenta dei difetti. E ovvio che i
bambini piccoli abbiano molto da imparare in aritmetica e che sono necessari
anni affinche le loro capacita concettuali si approfondiscano, ma questo non
significa che appena nati siano privi di capacita numeriche. Secondo Dehaene
gli esperimenti di Piaget sono viziati e non permettono ai bambini piccoli di
dimostrare cio di cui sono capaci. Uno degli errori piu gravi sta nel fatto che
le prove svolte da Piaget si basavano su dei dialoghi, e non sempre il bambino
di quell’eta comprende bene il senso delle domande che gli vengono poste.
Se si interrogano i bambini senza far ricorso al linguaggio, le loro capacita
44 Le capacita matematiche del bambino
numeriche si rivelano stupefacenti.
Per esempio, Mehler e Bever, gia nel 1967, dimostrarono che i risultati
della prova classica di conservazione dei numeri di Piaget, possono cambiare
completamente a seconda del contesto e della motivazione dei bambini (Mehler
e Bever, 1967). Nella situazione classica lo sperimentatore formava due file di
biglie, una corta ma formata da sei biglie, l’altra piu lunga ma formata da
quattro biglie, se si chiedeva ai bambini dove ci fossero piu biglie, la maggior
parte dei bambini di tre o quattro anni sceglieva la piu lunga, ma meno
numerosa. Invece Mehler e Bever, sostituirono le biglie con delle caramelle
e invitarono i bambini di tre quattro anni a scegliere una delle due file di
caramelle e a poterle mangiare; in questo esperimento i bambini sceglievano
la fila piu numerosa anche se piu corta, e questo e in conflitto con la teoria
di Piaget. Inoltre anche bambini di due anni superavano brillantemente la
prova sia con le biglie sia con le caramelle. L’errore piagetiano, pertanto, non
e dovuto a una mancanza di conoscenza aritmetica, ma solo alle condizioni
fuorvianti in cui si svolge il test, al fatto che bambini di quell’eta possono
dare alle domande dello sperimentatore un senso diverso, rispetto a quello
che potrebbero dare gli adulti e basarsi per esempio sulla lunghezza delle file
piuttosto che sul numero di oggetti presenti. Capire una frase significa andare
oltre il significato letterale per comprenderne quello profondo e l’intenzione
di chi comunica, e vi sono circostanze in cui il significato reale puo rivelarsi
inverso a quello letterale.
Due psicologi, McGarrigle e Donaldson, hanno verificato che l’incapacita di
conservare il numero nei bambini piccoli e legata a una cattiva comprensione
delle intenzioni dello sperimentatore (McGarrigle e Donaldson, 1974). Nel loro
esperimento meta delle prove era di tipo classico, cioe era lo sperimentatore
che modificava la lunghezza delle file e chiedeva al bambino di indicare la fila
con piu elementi. Nell’altra meta la trasformazione veniva compiuta da un
orsetto di peluche e poi si chiedeva al bambino quale fosse la fila piu numerosa.
In questo secondo caso la domanda dello sperimentatore poteva essere vista
dal bambino sincera e poteva essere interpretata in senso letterale. In questa
situazione, la maggior parte dei bambini rispondeva in maniera corretta, sulla
base del numero, senza lasciarsi influenzare dalla lunghezza delle file. Al
1-3.6 Le abilita numeriche del bambino molto piccolo 45
contrario, gli stessi bambini si sbagliavano e rispondevano sulla base della
lunghezza quando la trasformazione era stata compiuta dallo sperimentatore.
Cio dimostra fondamentalmente due cose: una e che la stessa domanda puo
essere interpretata in modo diverso dal bambino a seconda del contesto; la
seconda e che, al contrario di cio che aveva sostenuto Piaget, quando la
domanda e ben posta, il bimbo piccolo mantiene fisso il numero.
3.6 Le abilita numeriche del bambino molto piccolo
Tutto questo non significa che la teoria di Piaget sia infondata o comple-
tamente erronea. Piaget si rendeva perfettamente conto che la sua prova
di conservazione induceva i bambini a sbagliare, di fatto era espressamente
ideata in modo che la lunghezza delle file fosse in conflitto con il numero degli
elementi. Secondo Piaget, un bambino comprendeva veramente i fondamenti
dell’aritmetica soltanto se era in grado, su una base puramente logica, di
predire quale fila contenesse il maggior numero di elementi, e non basandosi su
eventuali cambiamenti della lunghezza, ne sul modo in cui lo sperimentatore
poneva le domande. Sempre secondo Piaget, scegliere il numero piu grande di
caramelle non richiede vere conoscenze concettuali sui numeri, ma soltanto una
coordinazione senso-motoria per riconoscere il numero piu grande e orientarsi
verso di esso. Il fatto di saper scegliere precocemente il piu grande tra due
numeri, non significa che se ne comprendano i suoi fondamenti logici; Piaget
pensava quindi che i bambini piccoli, cosı come gli animali, possano acquisire
“numeri senso-motori”, ma non una conoscenza concettuale dell’aritmetica.
Per dimostrare che un bambino di soli pochi mesi sia in grado di individuare
una differenza di numero e sappia distinguere per esempio il due dal tre, si
sono fatti vari esperimenti tra cui quelli della Wynn descritti prima.
E bene capire pero se questa sensibilita precoce al numero e una conseguenza
delle funzioni visuali del bambino o se si tratta della rappresentazione astratta
dei numeri. I bambini piccoli sanno individuare il numero di suoni in una
sequenza uditiva? Sanno che lo stesso concetto astratto “3” si puo applicare sia
a tre suoni che a tre oggetti visibili? Sono in grado di combinare mentalmente le
loro rappresentazioni numeriche per eseguire calcoli semplici come “1+1 = 2”?
46 Le capacita matematiche del bambino
Una serie di esperimenti (Bijeljac-Babic e altri, 1993) dimostrano che i bambini
molto piccoli prestano attenzione sia al numero di suoni che a quello degli
oggetti del loro ambiente e quindi possiedono una rappresentazione astratta
dei numeri, indipendentemente dal modo visivo e uditivo con cui vengono
comunicati. Infatti, se mettiamo un bambino tra i sei e gli otto mesi davanti a
due diapositive, una con due oggetti, l’altra con tre e facciamo accompagnare la
proiezione da colpi di tamburo, a volte tre, a volte due, dopo alcuni tentativi in
cui non succede niente, il bambino comincia a fissare piu a lungo la diapositiva
in cui il numero di oggetti corrisponde alla sequenza di suoni ascoltati. Tutto
questo significa che il bambino coglie il numero piu che una forma sonora o
una disposizione geometrica di oggetti, e che, nel suo cervello, alla vista di tre
oggetti o all’ascolto di tre suoni, si attiva una rappresentazione identica del
numero tre. Questa rappresentazione interna astratta gli permetterebbe di
individuare la coincidenza tra il numero di oggetti che presenta la diapositiva
e il numero di suoni che contemporaneamente ascolta.
Secondo Stanislas Dehaene il bambino piccolo ha una conoscenza precisa
soltanto dei primi tre o quattro numeri (Dehaene, 2000, pag. 29). Cio vuol
dire che il bambino possiede una rappresentazione mentale approssimativa e
continua dei numeri, come per gli scimpanze e i ratti, e proprio come questi
subisce l’“effetto distanza” e l’“effetto grandezza”.
Quando il bambino si trova a dover confrontare due quantita abbastanza
distanti, come il 2 o il 6, egli raramente sbaglia e sceglie la quantita piu
grande. Tuttavia, man mano che le quantita si fanno piu vicine, per il bam-
bino diventa sempre piu difficile dire qual e il numero piu grande. Questa
variazione del tasso di errore in funzione della differenza numerica si chiama
appunto “effetto distanza”. A questo si aggiunge l’“effetto grandezza”, cioe
un peggioramento delle capacita di calcolo quando aumenta la grandezza
dei numeri da confrontare. Il bambino non ha difficolta a determinare che il
numero 2 e piu grande del numero 1, mentre sbaglia sempre di piu quando
passa a confrontare coppie di numeri piu grandi come il 2 rispetto al 3, il
3 rispetto al 4. Questi due effetti dimostrano che i bambini di pochi anni
hanno una rappresentazione mentale approssimata e continua dei numeri e
non una rappresentazione discreta. Ci si aspetta pertanto che, al di la di un
1-4 Riflessioni conclusive 47
certo limite, il bambino diventi incapace di distinguere un numero n dal suo
successore n + 1, questo e cio che si nota oltre il numero 4. Ci si aspetta,
pero, che riconosca numeri superiori a questo limite purche si mettano a con-
fronto con altri piu lontani. Quando la distanza numerica e sufficientemente
grande, essi riconoscono o confrontano con successo coppie di numeri come
45 e 50, meno con numeri come 49 e 50. Il secondo limite dell’aritmetica di
un bambino piccolo riguarda la maniera in cui intuisce la presenza di piu
oggetti. I suoi calcoli aritmetici si basano sulla continuita della traiettoria
degli oggetti e non sulla loro identita come avviene per gli adulti (Dehaene,
2000, pag. 63–66). Per esempio quando due oggetti escono alternativamente
da destra e da sinistra da uno schermo, il bambino non li vede mai insieme e
non mostra alcun interesse quando lo schermo si abbassa e compare un solo
oggetto. Se si ritaglia una finestra in mezzo allo schermo, e impossibile che
un oggetto che passi da destra a sinistra non appaia per un istante in questa
finestra. In questa nuova situazione il bambino si aspetta di vederne due
assieme, ed e sorpreso di vederne uno quando lo schermo si abbassa. In questo
caso, le intuizioni numeriche dei bambini sembrano essere determinate dalla
traiettoria spazio-temporale degli oggetti. Se questa non puo essere seguita
da un solo ed unico oggetto, il bambino ne deduce che esistono almeno due
oggetti, in caso contrario pensa che l’oggetto sia uno solo, anche se sembra
che cambi forma, grandezza e colore.
4 Riflessioni conclusive
Controverse sono le opinioni sulle capacita matematiche dei bambini: per
alcuni fino ai 13 anni queste capacita non sono sviluppate (Odifreddi, 2005,
pag. 7), per altri sono presenti gia a pochi giorni di vita.
A mio avviso questa confusione deriva dal mescolare l’aspetto simbolico e
astratto della matematica con le sue manifestazioni concrete. Il fatto che il
bambino non capisca o non riesca ad eseguire 4+3 potrebbe dipendere da come
viene proposto. Contando palline puo arrivarci, mentre capire 4 + 3 scritto su
di un foglio, significa riuscire a tradurre dei segni in simboli cui e associato
un significato matematico e solo allora applicare i concetti matematici per
48 Le capacita matematiche del bambino
eseguire l’operazione. Si tratterebbe quindi un po’ come per Piaget di capacita
che dipendono da come viene posta la richiesta al bambino.
Consideriamo anche la nostra vita quotidiana, ci sono tante cose che sono
matematiche, ma che non definiamo tali: parcheggiare una macchina richiede
enormi capacita geometriche, la stessa cosa l’attraversare una strada evitando
le auto. A volte queste capacita le chiamiamo intuito, e certamente non le
formalizziamo in equazioni e formule, ma cio nonostante continuano ad essere
applicazioni inconsce di abilita matematiche.
Un’altra confusione a mio avviso deriva dal considerare le capacita mentali
di un bambino a compartimenti stagni. Da una parte c’e la vita, dall’altra,
ben separati i vari settori del sapere: matematica, lingua, capacita visive e
cosı via. Bisogna, secondo me, considerare invece il bambino come un’unita
in cui le singole capacita sono delle specializzazioni innestate su un tessuto
cognitivo unitario.
Terzo motivo di confusione e il considerare il simbolico come parte del vi-
sivo. Quando un bambino vede scritta l’espressione 4 + 3 =, normalmente
ricostruisce a mente l’operazione: quattro cose messe insieme a tre cose per
dare sette cose. Quindi quello che viene trasmesso dalla scritta e sı un con-
cetto matematico, ma simbolico. Lo stesso effetto si puo ottenere, sempre
considerando il canale visivo, con perline e oggetti colorati. Consideriamo
un altro aspetto delle nostre capacita visive. Un’immagine vale mille paro-
le, come dice il proverbio3, perche non ha bisogno di inferenze logiche per
la sua comprensione; passa, per cosı dire, direttamente nella nostra mente.
Una descrizione verbale della stessa immagine ha invece bisogno da parte
nostra di una interpretazione logica che trasformi i simboli, lettere e parole,
in significato e, probabilmente, immagini mentali.
Per la mia analisi ipotizzo quindi che il bambino abbia una “mente matema-
tica”, come ci ricorda Maria Montessori, e nelle mie osservazioni sul campo
cerchero di dimostrare questa ipotesi.
3Proverbio apocrifo, essendo stato inventato nel 1927 da Fred Barnard, un pubblicitario,per proporre i suoi servizi. Piu che al contenuto informativo, si riferiva alla capacita chehanno le immagini di attrarre l’attenzione.
Capitolo 2
Il ruolo dell’ambiente nello
sviluppo del bambino
Si analizzeranno ora gli ambienti educativi che coprono la fascia di eta sotto
studio.
Per capire l’importanza dell’ambiente nell’apprendimento in generale e nel-
l’apprendimento della matematica in particolare, partiremo dall’analisi di
un ambito molto specifico com’e quello dell’apprendimento musicale secondo
il metodo Gordon. Come vedremo l’ambiente stesso ha un effetto potente
sull’acquisizione di capacita anche senza che esplicitamente si richieda un
intervento “didattico” da parte dell’insegnante.
Questa breve digressione ci portera al punto centrale del capitolo in cui si
analizzera in profondita il progetto Montessori (Fresco, 2000) per quello che
riguarda l’effetto positivo dell’ambiente sull’apprendimento nel bambino.
Infine le idee soggiacenti queste due filosofie educative saranno brevemente
comparate con quello che normalmente viene proposto nei nidi e scuole
dell’infanzia a metodo tradizionale.
50 Il ruolo dell’ambiente nello sviluppo del bambino
1 L’apprendimento della musica per osmosi
Un buon esempio di come l’ambiente abbia un effetto potente sull’acquisizione
di capacita, anche senza che esplicitamente si richieda un intervento “didattico”
da parte dell’insegnante, lo troviamo nella “Music Learning Theory” (MLT)
di Edwin E. Gordon (Gordon, 2003; AIGAM, 2009).
Questa teoria descrive le modalita di apprendimento musicale del bambino
a partire dall’eta neonatale e si fonda sul presupposto che la musica si
possa apprendere secondo processi analoghi a quelli con cui si acquisisce il
linguaggio. La MLT ha come obiettivo principale quello di favorire lo sviluppo
dell’attitudine musicale di ciascun bambino secondo le sue potenzialita, i suoi
modi e soprattutto i suoi tempi.
La MLT e iniziata osservando come un bambino impara la sua lingua madre.
Per prima cosa il bambino ascolta la lingua parlata in casa. Per circa un
anno di vita lo fa senza capire realmente la maggior parte delle parole dette
intorno a lui, tuttavia quello che ascolta in quel periodo e molto importante
per poi riuscire a parlare. Inoltre, piu e ampio il vocabolario di parole che
ascolta durante la prima infanzia e meglio parlera piu tardi. C’e addirittura
un’altissima correlazione tra la ricchezza di vocabolario che si ascolta nella
prima infanzia e l’intelligenza che si ha in eta adulta.
Poi fino a circa cinque anni il bambino apprende la propria lingua ascoltando
e parlando in liberta, in modo informale, prima che qualcuno gli insegni
formalmente come leggerla. In questo periodo nessuno insegna al bambino a
parlare in italiano, lo apprende dall’ambiente che lo circonda.
La musica non e una lingua, non ha nomi, verbi, aggettivi, ma il modo in cui
si apprende la lingua e lo stesso con cui si apprende la musica. Per Gordon cio
che si dovrebbe fare quindi e educare i bambini alla musica e non insegnarla
loro. Perche l’insegnamento e indotto, e qualcosa che proviene dall’esterno.
L’educazione invece e cio che viene tratto fuori dall’interno della persona
attraverso l’intuizione. Fine di un’educazione musicale cosı concepita e lo
sviluppo di una competenza fondamentale: l’Audiation, definita da Gordon
2-1 L’apprendimento della musica per osmosi 51
“Capacita di sentire e comprendere nella propria mente musica non fisicamente
presente nell’ambiente”.
Non e dunque la crescita di un bambino musicalmente “geniale” o del musicista
professionista a ogni costo a costituire la finalita della MLT ma, al contrario,
quella di persone in grado di comprendere la sintassi musicale e di esprimersi
musicalmente, con la voce o con uno strumento.
La capacita di Audiation si sviluppa a partire dall’eta neonatale a contatto
con un ambiente ricco di esperienze musicali di qualita. Durante i primi anni
di vita l’approccio indicato dalla MLT come adatto a favorire lo sviluppo
dell’Audiation, e quello della guida informale. L’adulto competente musical-
mente guida informalmente il bambino all’apprendimento musicale, attraverso
l’esempio diretto, il gioco e il movimento. Il concetto di “guida informale”
richiama quello montessoriano di “educazione indiretta” cosı come quello
vygotskijano di “zona prossimale di sviluppo”.
L’adulto comunica con il bambino attraverso canti melodici senza parole e
schemi tonali e ritmici, ascoltando le risposte musicali spontanee del bambino,
rispecchiandole e contestualizzandole nella sintassi musicale. Il movimento
libero, percettivo ed euristico del bambino e favorito e rispecchiato attraverso
l’esempio diretto dell’insegnante. Le recenti scoperte nel campo delle neu-
roscienze a proposito dei neuroni specchio (Rizzolatti e Sinigaglia, 2006)
confermano l’intuizione di Gordon a proposito dell’importanza del mettere in
atto per primi le competenze musicali senza insegnarle in modo esplicito.
Per concludere Gordon fa notare anche un’altra caratteristica dell’appren-
dimento della musica: “Far ascoltare la musica non e il modo migliore di
educare alla musica, bisogna “parlare” al bambino musicalmente in un rap-
porto diadico, in un contesto connotato affettivamente. Cassette e CD non
aiutano, nessuno imparerebbe l’italiano da un CD, nessun genitore direbbe
di essere troppo occupato per insegnare l’italiano al figlio e lo metterebbe ad
ascoltare un CD, i genitori giorno per giorno parlano al bambino all’interno
di un rapporto”.
52 Il ruolo dell’ambiente nello sviluppo del bambino
2 Montessori: bambino e ambiente
La Montessori sviluppo tutto il suo pensiero pedagogico partendo da una
critica costruttiva della psicologia scientifica, corrente di pensiero affermatasi
nei primi anni del XX secolo. L’equivoco di base della psicologia scientifica era
da ricercare nella sua illusione sostanziale, secondo la quale erano sufficienti
un’osservazione pura e semplice e una misurazione scientifica per creare una
scuola nuova, rinnovata ed efficiente.
In “La scoperta del bambino” (Montessori, 1950a, pag. 9) Maria Montessori
scriveva: “Immaginiamo uno dei nostri botanici o zoologi, pratico nella tecnica
dell’osservazione e dell’esperienza, che avesse viaggiato p. es., per studiare sul
luogo la peronospora e avesse compiuto in aperta campagna le sue osservazioni,
e poi al microscopio e in generale nel laboratorio le ulteriori ricerche ed
esperienze di coltura ecc.; o che avesse studiato le zecche, introducendosi nelle
stalle e cercando tra gli escrementi degli animali, che, infine, intendesse che
cosa e studiar la natura, e conoscesse tutti i mezzi che la moderna scienza
sperimentale offre per raggiungere tale scopo; - dico, immaginiamo che uno di
questi studiosi fosse designato, per i suoi meriti, a coprire un posto scientifico,
con l’incarico di compiere delle ricerche nuove sugli imenotteri; e che, giunto
sul posto, gli mettessero davanti agli occhi una scatola, coperta di un limpido
vetro, sul fondo della quale fossero infilate con uno spillo e conservate delle
belle farfalle morte, ad ali spiegate. Il giovane studioso direbbe che quello
e un giuoco da bambini e non un materiale di studio per scienziati: che
quelle preparazioni nella scatola sono il complemento di una ginnastica che
fanno i ragazzi nei giardini pubblici, quando acchiappano le farfalle con una
reticella sospesa a un bastoncino. Lo sperimentalista innanzi a quell’oggetto
non potrebbe far nulla.
Lo stesso sarebbe se ponessimo un maestro, che sia uno scienziato secondo
il nostro concetto, in una delle nostre odierne scuole, ove i fanciulli sono
soffocati nelle espressioni spontanee della loro personalita come esseri morti
e stanno fissi al posto rispettivo, sul banco, come farfalle infilate a uno spillo,
mentre dispiegano le ali del sapere aridamente acquisito - sapere che puo esser
simboleggiato da quelle ali, che hanno il significato di vanita.
2-2 Montessori: bambino e ambiente 53
Dunque non vale preparare il maestro scienziato: occorre approntargli la scuola.
E necessario che la scuola permetta il libero svolgimento dell’attivita del fan-
ciullo perche vi nasca la pedagogia scientifica: questa e la riforma essenziale”.
Il pensiero montessoriano elabora una sua pedagogia scientifica. Infatti, l’intro-
duzione della scienza nel campo dell’educazione e il primo passo fondamentale
per poter costruire un’osservazione obiettiva dell’oggetto. L’oggetto dell’os-
servazione e il bambino in se, il suo comportamento, le sue reazioni, il suo
interesse.
Sintetizzando possiamo dire che gli elementi che caratterizzano la proposta
montessoriana sono: l’ambiente speciale della casa, costruita a misura del
bambino, la maestra umile e il materiale scientifico. La teorizzazione psicolo-
gica della Montessori e successiva al metodo e quindi volta a giustificare a
posteriori le intuizioni originarie. Quello che vedremo qui di seguito saranno
quindi indicazioni operative sulla preparazione dell’ambiente piuttosto che
teorizzazioni sul perche di certe scelte.
Ogni piano di sviluppo ha bisogni diversi e presenta manifestazioni proprie:
occorrono dunque risposte differenziate, anche se nel percorso certi criteri
generali come l’ambiente preparato, il maestro formato, la libera scelta delle
proprie occupazioni, l’autocontrollo, l’astensione dal giudizio verbalizzato,
usato come pungolo –per citarne solo alcuni– restano sempre validi.
Il bambino non cresce in modo uniforme, giorno per giorno, allo stesso passo.
Se li guardiamo attentamente, scopriamo che non siamo noi le guide, ma
piuttosto i guidati. Il maestro deve osservare il bambino con l’idea non di
plasmarlo secondo un proprio modello, ma di avere da lui gli insegnamenti
per sapere come educare.
E ovvio che sia la comunita degli adulti a decidere quali contenuti trasmette
al bambino o al ragazzo, ma nella scuola di tipo direttivo, fortemente cen-
tralizzata, qual e ad esempio quella italiana, se si esaminano le varie aree
indicate dai programmi statali, si vede che ai piu giovani si vorrebbe insegnare
l’intero scibile, ancora piu vasto oggi di quanto non fosse solo 30 o 40 anni fa.
Uno studio frammentato puramente libresco non favorisce la comprensione
54 Il ruolo dell’ambiente nello sviluppo del bambino
di cio che si sta facendo e a questo si aggiunge la difficolta per l’allievo di
cogliere le relazioni interne ai vari filoni del sapere.
Si puo fare diversamente? L’esperienza Montessori dice di sı in concreto,
tramite le scuole che mettono al centro del loro lavoro l’osservazione dei
bisogni individuali e trattano i contenuti come mezzi di sviluppo raggiungendo
cosı alti livelli di apprendimento e di socializzazione. Quindi lo spartiacque
che rivela con certezza una situazione montessoriana poggia su:
1. l’atteggiamento non direttivo e l’intervento prudente nella parola, nel
gesto
2. l’attenzione vigile e continua al luogo, in cui il bambino vive, come
ambiente preparato per favorire sempre la libera scelta e che ovviamente
sara molto diverso a seconda delle eta
3. gli oggetti sono essenziali per l’agire autonomo e per l’autoverifica
A ogni eta, secondo Montessori, il fattore essenziale e comunque il clima
relazionale fra adulti e bambini e di questi fra loro: non si lavora con gruppi
preordinati di pari livello, non ci si basa a nessuna eta sul confronto artificioso
e sui premi ma si sviluppa la capacita critica, affidando ai bambini stessi
molteplici e concreti mezzi di autocontrollo.
Gli ambienti sono organizzati sempre a misura fisica e psichica di chi ne
fruisce e gli oggetti sono messi a totale disposizione. C’e la massima liberta
di scelta delle attivita, del tempo necessario a concluderle, del luogo, del
compagno o compagni con cui lavorare, ma anche regole inderogabili: quella
del riordino personale degli oggetti usati (miei finche li adopero, ma poi e mia
responsabilita che tornino a disposizione di tutti); dell’attesa, se un oggetto
o uno strumento non sono subito disponibili; dell’impegno personale a non
disturbare il lavoro degli altri.
Della scuola tradizionale Maria Montessori critica il fatto che in essa tutto
l’ambiente sia pensato a misura di adulto e non ci siano oggetti per la mano,
organo dell’intelligenza. In un ambiente cosı concepito, il bambino non si trova
a suo agio e quindi non e nelle condizioni per poter agire spontaneamente.
Il principio fondamentale e la liberta dell’allievo, poiche solo questa favorisce
la creativita del bambino gia presente nella sua natura. Dalla liberta entro
2-2 Montessori: bambino e ambiente 55
confini ragionevoli (spazi di liberta) puo emergere la disciplina. Un individuo
disciplinato e capace di regolarsi da solo quando sara necessario seguire delle
regole di vita.
Ma e soprattutto l’atteggiamento degli adulti a favorire la liberazione delle
potenzialita individuali. Sostituirsi al bambino con le migliori intenzioni di
aiutarlo quando non e necessario e un impedimento al suo sviluppo. Egli agisce
allora perche gli e permesso, per rendere conto, per ottenere l’approvazione,
per superare gli altri.
Non e questo il vero significato di liberta; non e poter fare qualsiasi cosa possa
piacere o per far piacere o per aderire al comando, sia pure moderato, di altri.
Liberta significa intanto saper rispondere ai bisogni vitali di attivita costruttiva.
Se un bambino ha questa possibilita, rivela via via nuove attitudini: non fa le
cose solo per se, ma sviluppa una speciale sensibilita per rispettare i desideri,
le esigenze, i tempi degli altri. Soddisfatto in profondita, diventa capace di
ascolto e manifesta creativita e senso morale.
Ancora ne “La scoperta del bambino” (Montessori, 1950a) troviamo una critica
feroce di Maria Montessori all’ambiente della scuola tradizionale (almeno a
quella degli anni ’50) in cui il teorico concetto di liberta diverge dalla sua
realizzazione pratica: “Chi dicesse che il principio di liberta informa oggi la
pedagogia e la scuola farebbe ridere, come un fanciullo che davanti alle farfalle
infilate insistesse ch’esse son vive e possono volare.
Un principio di repressione estesa talora fino quasi alla schiavitu, informando
gran parte della pedagogia, ha informato anche lo stesso principio della scuola.
Una prova - il banco. Ecco per esempio una luminosa prova degli errori della
primitiva pedagogia scientifica materialistica, la quale s’illudeva di portar le
sue pietre sparse alla riedificazione del piccolo, crollante edificio della scuola.
Esisteva il banco bruto e cieco ove si ammassavano gli scolari: viene la scienza
e perfeziona il banco. In tale opera essa contempla tutti i contributi dell’an-
tropologia: l’eta del fanciullo e la lunghezza delle sue gambe, per modellare
a un giusta altezza il sedile; con cura matematica calcola le distanze tra il
sedile e il leggio, perche il dorso del bambino non si deformi nella scoliosi;
e perfino (oh, profondita d’intuizione e adattamento!) separa i sedili - e li
56 Il ruolo dell’ambiente nello sviluppo del bambino
misura nella larghezza affinche il fanciullo ci stia seduto appena appena, sı
da non potersi piu nemmeno sgranchire con mosse laterali, e cio per essere
separato dal vicino; e il banco e costruito in modo che il fanciullo sia il piu
possibilmente visibile nella sua immobilita: tutta questa separazione ha l’inten-
to occulto di prevenire gli atti di perversione sessuale in piena classe, perfino
anche negli asili d’infanzia. Che dire di tale prudenza in una societa ove
sarebbe scandaloso enunciare dei principi di morale sessuale nell’educazione,
per non contaminare l’innocenza? Ma ecco la scienza che si presta a questa
ipocrisia, fabbricando macchine. Non solo; la compiacenza va piu in la; la
scienza perfeziona i banchi in modo da permettere al massimo punto possibile
l’immobilita del fanciullo, o se si vuole, da risparmiargli ogni mossa. Cosı,
affinche lo scolaro sia incastrato bene nel suo banco, sı che esso stesso lo
sforzi alla posizione igienicamente conveniente - ecco il sedile, il posapiedi e
il leggio disposti in modo che il fanciullo non potrebbe mai alzarsi in piedi.
Ma appunto perche il sedile, a una mossa determinata, cade, il leggio si alza,
il posapiedi si rovescia, il fanciullo ha precisamente lo spazio per stare in
posizione eretta. [. . . ] E una conquista di liberta quella che occorre; non il
meccanismo di un banco”.
2.1 Ambiente e piani di sviluppo
Abbiamo visto che nella prima fase dello sviluppo da zero a tre anni, la mente
del bambino si configura come mente assorbente, che assimila inconscia-
mente, ma in modo selettivo, i dati con i quali viene in rapporto nel suo
ambiente. L’apprendimento, in questo periodo, si identifica col vivere stesso,
e una sorta di processo vitale durante il quale il bambino realizza le sue prime
forme di adattamento all’ambiente.
La seconda fase occupa i tre anni successivi, quelli che coincidono con l’educa-
zione prescolastica. Alla mente assorbente, che continua a mantenere vive le
proprie energie di assimilazione, si accosta la mente cosciente che ubbidisce
al bisogno del bambino di mettere ordine nell’enorme cumulo di impressioni
assorbite nel periodo precedente. E il momento in cui, per la Montessori, si
giustifica e si impone l’introduzione di materiale scientificamente studiato,
2-2.1 Ambiente e piani di sviluppo 57
capace di offrire al bambino l’alfabeto dell’organizzazione logica dei suoi
contenuti mentali (classificazioni e seriazioni).
La Montessori introduce a questo punto la nozione di mente matematica,
mentre definisce i materiali operativi costruiti sulla base dell’isolamento di
singole qualita sensoriali, che mediano i rapporti conoscitivi del bambino con
il suo ambiente.
L’educazione prescolastica assume cosı, le forme di una vera e propria scuola
dell’infanzia, con contenuti e metodi suoi propri, fondati su una serie di
esercizi sensoriali di sviluppo, condotti per via analitica, ed esercizi di vita
pratica, ad andamento per cosı dire sintetico, di applicazione delle acquisizioni
sensoriali nelle situazioni comuni di vita. Il bambino che entra nella scuola
dell’infanzia e di solito, per come asserisce la Montessori, un soggetto deviato,
cioe un bambino che per effetto delle inibizioni provocate dall’adulto e dal suo
potere ha subito un arresto o una deformazione nello sviluppo spontaneo del
proprio embrione spirituale, cercando forme di compensazione che ne hanno
alterato l’autenticita e la creativita originarie. La Montessori lo definisce un
bambino spezzato che per reagire e dovuto scappare rifugiandosi nei capricci
o nel mondo dell’immaginazione. La Montessori classifica come forme di
deviazione il gioco, il gusto per le favole, il fantasticare a vuoto isolandosi
dalla realta, le tendenze al possesso e al potere, la pigrizia, la paura, tutte
espressioni patologiche del mancato soddisfacimento dei bisogni naturali del
soggetto. Queste affermazioni sono supportate, a dire della Montessori, dalla
presenza di un ambiente adatto e di un materiale adeguato, dove il bambino
perviene immediatamente alla sua “conversione”, attraverso la concentrazione
sul proprio materiale e, quindi, con un comportamento che esclude gioco e
fantasia, e si caratterizza per la ripetizione dell’esercizio, la cura dell’ordine e
del lavoro severo. Sotto questo aspetto la scuola montessoriana si configura
come “clinica didattica” piuttosto che come scuola dell’infanzia.
Ritorniamo ora ad uno dei punti focali della proposta montessoriana: l’ambien-
te che comprende la struttura, il materiale della scuola, il materiale scientifico,
l’insieme delle attivita di vita pratica, e, infine, l’educatrice. La struttura non
e costruita per i bambini ma e dei bambini, e dunque ordinata per far si che
essi la sentano veramente loro. La Montessori insiste percio sull’importanza
58 Il ruolo dell’ambiente nello sviluppo del bambino
che l’intero arredamento sia proporzionato all’eta del bambino.
Il materiale di sviluppo altro non e che il prodotto delle scelte operate dai
bambini di tutto il mondo sulla base degli interessi che hanno manifestato
attraverso i loro processi di concentrazione, di ripetizione degli esercizi, di
sviluppo complessivo delle loro personalita (incastri solidi, incastri piani,
colori). Il materiale e costruito sul principio dell’isolamento di un’unica qualita
(forma, colore, suono, dimensione, ecc.), ed e reso funzionale dalla logica della
sua costruzione scientifica. Simile principio fa sı che il bambino soddisfi il suo
bisogno di ordine e di lavoro, e nello stesso tempo possa lavorare in autonomia
senza interferenze o aiuti da parte dell’educatrice dacche i bimbi vivono in un
ambiente eterogeneo e coesivo che permette loro di ricevere aiuti o indicazioni
dai coetanei.
In questo ambiente viene richiesto all’educatrice un atteggiamento di grande
umilta e di rispetto per il progressivo dispiegarsi dello sviluppo infantile. Ad
essa spetta il compito di organizzare l’ambiente e di mostrare ai bambini
l’uso corretto del materiale: deve quindi attenderne la normalizzazione (la
comparsa della concentrazione su un determinato materiale), per poi dedicarsi
all’osservazione dei comportamenti individuali. I suoi compiti sono di aiuto
finalizzato ad uno sviluppo che deve potersi compiere secondo i ritmi della
natura, e nella direzione originale di ciascuna individualita.
Ancora ne “La scoperta del bambino” (Montessori, 1950a) Maria Montessori
rimarca questo diverso ruolo ed atteggiamento dell’educatore comparandolo al
maestro di una scuola tradizionale dei suoi tempi: “Nella classe c’e il maestro
faccendiere, che travasa le cognizioni nelle teste degli scolari. Per riuscire
nella sua opera gli e necessaria la disciplina dell’immobilita, dell’attenzione
forzata nella scolaresca; e al maestro conviene poter maneggiare con larghezza
premi e castighi, per costringere a tale attitudine coloro che sono condannati
ad essere i suoi ascoltatori”. Vale la pena di sottolineare che atteggiamento
dell’educatore, ambiente scolastico e la liberta del bambino vanno di pari
passo e sono inscindibili nel pensiero montessoriano.
2-3 Il metodo tradizionale 59
3 Il metodo tradizionale
Le brevi considerazioni che qui riporto sul nido e scuola dell’infanzia a metodo
tradizionale derivano da due fonti: una, dall’analisi dei Piani dell’Offerta
Formativa (POF) resi pubblici da varie scuole, l’altra dall’esperienza personale
fatta visitando alcune scuole quando dovevo sceglierne una per mio figlio.
Una prima osservazione generale che posso fare e che in queste scuole sembra
non ci sia una teoria educativa soggiacente comune e condivisa, ma piuttosto
una prassi. Prassi che indica che cosa fare, piuttosto che il perche farlo.
Questa metodica porta ad accumulare e a proporre molte buone idee, che
pero sembrano sganciate dai reali bisogni dei bambini. Piu in dettaglio questo
modo di procedere ha effetti concreti su tre aspetti della funzione educativa
della scuola: sull’ambiente, sul ruolo dell’adulto, ed infine sull’attenzione ai
bisogni dei bambini.
In tutti i piani dell’offerta formativa, l’ambiente e dato per scontato, oppure
se ne parla solamente come strutturazione di spazi fisici per ottenere un’infra-
struttura necessaria, ma non come parte fondamentale della formazione offerta
ai bambini. Una struttura con un ruolo soprattutto istituzionale. Lasciando
da parte la proposta dei POF e passando all’osservazione concreta, ho notato
che in generale gli ambienti sono pensati da adulti: spazi troppo ampi, mobilio
eccessivamente colorato e di plastica, ecc.
Gli ambienti sembrano predisposti piu per intrattenere i bambini che per
sviluppare le loro potenzialita. Ci sono, infatti, troppe cose, troppi giocattoli,
ma non c’e un progetto esplicito che li leghi fra loro. Per esempio si nota
l’assenza di oggetti funzionali alla ricerca esplorativa individuale, propria
dell’eta 0–3 anni, ed una uniformita di tipi di giocattoli che si riducono quasi
sempre a pupazzi e costruzioni.
In pratica un ambiente come contenitore. Un ambiente cosı ha ricadute anche
sul comportamento dei bambini: spazi troppo vasti e frastornanti spesso
generano in loro ansia ed eccitazione.
Il ruolo dell’adulto e preponderante in queste scuole: e lui che decide che
cosa i bambini possano o non possano fare, che cosa li interessa o meno.
60 Il ruolo dell’ambiente nello sviluppo del bambino
Anche l’organizzazione dei turni e degli orari e in funzione delle esigenze del
personale e non in risposta al bisogno di stabilita e di continuita relazionale
dei bambini di questa eta. Questa tirannia dell’orario porta spesso, anche
se non esplicitamente, a dare rilievo alle attivita guidate a gruppi, a volte
anche preordinati, di solito svolte dalle 9.30 alle 10.30 del mattino (“quando
ci siamo tutte”) intorno a proposte di movimento o di manipolazione (consi-
derate le attivita “importanti”). Al tempo stesso questo approccio porta alla
svalorizzazione del gioco individuale, peraltro reso difficoltoso dall’assenza di
oggetti adatti.
Anche dal punto di vista emozionale l’adulto, con tutta le buone intenzioni,
ha un ruolo preminente. Ho osservato per esempio un’eccessiva attitudine a
prendere in braccio e a consolare, senza pero creare rapporti personalizzati,
anche a causa della continua rotazione delle educatrici.
Di converso, specialmente al nido, a volte si svalorizza il bambino piccolo
visto solo come “lattante” oppure giudicato “bravo”, “rompiscatole”, “pia-
gnone” e cosı via. Questi giudizi si riflettono sul comportamento dei bambini
con modalita ricorrenti come per esempio l’aggressivita, la concentrazione
estremamente labile, la dipendenza ed il gregarismo nei confronti dell’adulto,
la mancanza di iniziativa. Spesso enfatizzare la didattica a scapito dell’edu-
cazione ed attenzione ai bisogni del bambino fa si che non si colga il nesso
fra cause (il ruolo dell’adulto, l’ambiente) ed effetti (bambini problematici,
confusione).
Infine l’attenzione ai bisogni del bambino sembra essere subordinata alle
esigenze del programma didattico: per esempio ho rilevato che tutti i POF
riportano elenchi di progetti interessanti, ma in nessuno si parla del come
questi vengano scelti, se rispettano le esigenze e gli interessi dei bambini
oppure no. I progetti possono essere di per se molto interessanti (educazione
stradale, teatro, studio delle emozioni eccetera), ma non tutti i bambini hanno
nello stesso momento quegli interessi.
Un esempio tra i tanti. In quasi tutte le liste di progetti che ho esaminato,
si parla di festa di Natale, di rappresentazione di fine anno e cosı via. Basta
aver partecipato ad uno di questi eventi per rendersi conto che, spesso, questo
2-4 L’ambiente, maestro invisibile 61
progetto soddisfa piu che altro il desiderio dei genitori di vedere i loro bambini
su di un palco, mentre per i piccoli nella migliore delle ipotesi e solo un gioco
come un altro; nella peggiore, e una tragedia di bambini disperati e impauriti
dall’ambiente e dalla confusione.
Anche se esula dal tema di questa tesi, ho notato un altro curioso fenomeno
che avviene alla fine della scuola dell’infanzia. In questo momento c’e un
cambiamento di rotta: appena i bambini arrivano alla scuola primaria ab-
bandonano il gioco, e diventano dei teorici. Abbandonano la parte ludica e
sensoriale e cominciano ad essere bombardati da nozioni e, quel che e peggio,
noi adulti pretendiamo che il bambino apprenda in questa maniera.
4 L’ambiente, maestro invisibile
In questo capitolo abbiamo visto alcuni esempi, positivi e negativi, di come
l’ambiente, l’atteggiamento degli adulti e l’attenzione ai bisogni dei bambini
influiscano sulla loro crescita e sull’efficacia dell’apprendimento.
In sintesi possiamo dire che l’ambiente, riguardo alla crescita del bambino,
non e mero spazio fisico e non e neutrale.
Nella fascia d’eta sotto studio, per il bambino apprendere equivale a vivere,
non c’e distinzione. Significa che esso impara per osmosi, assorbendo quello
che avviene attorno a lui. Il gioco in un certo senso e consolidare queste
esperienze ripetendole e ripercorrendole con le proprie capacita e i propri
tempi.
L’ambiente puo essere percio un maestro invisibile se e un ambiente preparato,
se l’adulto lo concepisce a misura delle esigenze del bambino, se c’e la liberta
di “usarlo” secondo i propri fini. Di converso un ambiente pensato solo come
contenitore puo stimolare risposte dannose da parte del bambino, che non
aiutano la sua crescita.
Il secondo aspetto importante che ho toccato e il ruolo dell’adulto. Da un lato
esso non deve travasare conoscenze, essere un “agente didattico”. Deve invece
capire il bambino, i suoi tempi e modi di apprendimento e di conseguenza
62 Il ruolo dell’ambiente nello sviluppo del bambino
creare l’ambiente adatto attorno a lui. Deve inoltre riuscire a non sostituirsi
al bambino, a non essere direttivo: l’apprendimento non e un programma di
lavoro da dover necessariamente portare a termine. Quello che serve sono
conoscenze consolidate nella mente del bambino, non il raggiungimento di
obiettivi didattici per una certa data.
Infine non dimentichiamoci che non stiamo parlando di macchine o computer.
Per far si che l’apprendimento possa essere efficace, deve avvenire in un un
rapporto diadico con l’adulto e in un contesto connotato affettivamente.
Come tutto questo si rapporta all’apprendimento della matematica? Lo spiega
Peano, il grande matematico: “I calcoli sui numeri astratti diventano piu
divertenti, se fatti sotto forma di giochi”. E prima ancora Platone: “In
Egitto sono stati inventati giochi aritmetici per i bambini, che cosı imparano
divertendosi con piacere. [. . . ] Cosı facendo i bambini prendono confidenza
con i numeri [. . . ] rendendo piu vivace il loro modo di ragionare”.
Capitolo 3
Osservazione
Obiettivo dell’osservazione e verificare sul campo quanto si e detto riguardo
alle capacita matematiche dei bambini e riguardo all’ambiente come “maestro
invisibile” che facilita tale apprendimento. In questo capitolo riportero le mie
note sull’osservazione svolta presso il Nido e Casa dei Bambini della Scuola
Montessori di Varese1 nel periodo Settembre 2007 – Giugno 2008.
Durante la mia osservazione, il Nido era frequentato da 21 bambini di eta
compresa tra gli 11 ed i 30 mesi seguiti da tre educatrici: Vanna, Micol e
Adelaide. La Casa dei Bambini invece era frequentata da 38 bambini di eta
compresa tra i 2 anni e mezzo e i 5 anni seguiti da due educatrici: Chiara e
Samantha.
Nel periodo di osservazione, per prima cosa ho analizzato l’ambiente, sia
per avere un riscontro delle basi teoriche delineate nel capitolo 2, sia per
capire come esso possa, nell’ambito della mia analisi, facilitare attivamente
l’apprendimento. Poi, tramite interviste alle maestre, ho cercato di delineare il
loro ruolo in relazione all’ambiente. Infine ho osservato i bambini che agivano
indisturbati sia al Nido sia alla Casa dei Bambini, compito, devo dire, reso
difficile dalla naturale propensione dei bambini ad avvicinarsi all’adulto.
In questo capitolo riporto solo i fatti che ho osservato. La loro interpretazione
ed integrazione sono rimandate al prossimo capitolo.
1Scuola Montessori di Varese – via Maggiora 10, 21100 Calcinate del Pesce (Varese)
64 Osservazione
1 L’ambiente
Cio che mi ha sempre colpito entrando nella scuola di mio figlio e il silenzio.
Un ambiente dove pace e tranquillita la fanno da padrone. Non c’e nessun
segreto, nessuna magia, i bambini stanno giocando! Sı stanno giocando, hanno
scelto liberamente un’attivita e sono concentrati nel proprio “lavoro” non
hanno motivo di disturbare o di parlare ad alta voce (fig. 3.1 e 3.2).
Figura 3.1: Una caratteristica comune dei bambini del Nido e la concentrazione.
Perche dovrebbero farlo? D’altra parte anch’io mi rendo conto che, quando
sono costretta a fare un lavoro che non ho scelto ma che per ovvie ragioni devo
fare, sono facilmente irritabile, rispondo male, smetto e riprendo piu volte, mi
distraggo facilmente. Al contrario, quando faccio qualcosa che mi appassiona,
non mi rendo neanche conto che il tempo passa, sono concentratissima e
quello che piu conta, molto soddisfatta!
Basta entrare nel Nido o nella Casa dei Bambini per vedere messa in pratica
l’attenzione all’ambiente, elemento tipicamente montessoriano, come luogo
protettivo, curato, attraente, funzionale al “fare da se” e alla scelta diretta
dell’oggetto amato. Lo spazio come casa, nel senso della quiete e dell’intimita
domestica, degli affetti rassicuranti, ma anche della utilizzazione diretta degli
3-1 L’ambiente 65
Figura 3.2: La concentrazione alla Casa dei Bambini.
oggetti (fig. 3.3). Una casa dove ogni bambino puo ripetere a piacere l’attivita
che lo interessa, secondo un tempo personale, prendendo poco a poco coscienza
di opportunita diverse ed anche dell’eventuale errore, senza per questo sentirsi
in colpa. Un ambiente dunque maieutico, promotore di crescita per i bambini,
nonche per gli adulti.
Gli ambienti sono interamente percorribili, senza parti poco illuminate, non
troppo vasti, suddivisi da mobili bassi, diversificati a seconda delle proposte,
con tutte le possibilita di azione accuratamente predisposte come in una bella
vetrina di tanto in tanto rinnovata.
Figura 3.3: L’ambiente del Nido. Si vedono i ripiani con le attivita predisposte.
66 Osservazione
Osservando i bambini, riflettevo che non esiste il tipico bambino di tre mesi o
di tre anni ma quel bambino reale, in questa o in quella situazione, con la
sua storia personale. Il bambino reale e ben altra cosa dal bambino medio,
data la varieta delle sue componenti di vita (anagrafica, sociale, emotiva,
fisiologica, storica, affettiva, cognitiva). L’ambiente che ho trovato privilegia
nella quotidianita l’attenzione al singolo, quale soggetto reale del proprio
sviluppo, teso a un’autonomia i cui tempi di conquista sono personali e quindi
non prevedibili. Di conseguenza l’ambiente e organizzato affinche ogni bambino
possa scegliere, sperimentare, smettere, ricominciare secondo il proprio ritmo
interno, mettendosi in rapporto con altri o stando per proprio conto.
L’ambiente, sia del Nido sia della Casa dei Bambini, assicura, con mezzi
molto concreti, alcune liberta fondamentali per favorire l’indipendenza della
persona: la liberta di scelta, dell’attivita, del compagno, del luogo, della
postura, dell’espressione; la liberta di tempo, secondo il ritmo individuale di
attenzione; la liberta di confronto, senza paura dell’errore (vedi fig. 3.13).
Poche norme chiare sul rispetto degli altri e delle cose, un ambiente inte-
ressante, predisposto con cura e sempre mantenuto in ordine armonico, sia
dagli adulti che dai bambini insieme, sono questi i limiti rassicuranti che
definiscono un’ampia “zona di liberta” in cui esplorare, confrontare, conoscere
senza paura fin dai primi anni di vita.
Un esempio molto concreto. Nel Nido, come nella Casa dei Bambini, di ogni
oggetto, sia esso un gioco o un materiale di sviluppo Montessori c’e un unico
esemplare. Molto presto i bambini sperimentano che chi sta adoperando
“quel” gioco non puo esserne privato, che c’e un prima e un dopo, che occorre
rispettare il turno. Piccola frustrazione positiva, che sviluppa il pensiero e
la tolleranza: e straordinario come anche bambini di uno o due anni siano
capaci di accettarla senza drammi, come un fatto del tutto naturale.
Le attivita previste nell’ambiente consentono esplorazioni sensoriali (molto
diversificate nel tempo) con oggetti differenziati per superficie, dimensione,
morbidezza o durezza, forma, colore, destinati alle mani e alla bocca dei
piu piccoli, oppure oggetti che entrino in relazione tra loro per i bambini
che cominciano a muoversi nello spazio; per i piu grandi, oggetti con i quali
3-2 Il ruolo delle maestre 67
agire in modo reale, prima ancora che sul piano immaginario, come utensili
per esplorare l’acqua, la terra, cibi veri, sostanze varie; per passare poi al
materiale di sviluppo tipico Montessori nella Casa dei Bambini. Lo ripeto
perche mi sembra importante: i materiali offerti ai bambini non sono oggetti
di plastica comunemente venduti come giocattoli, ma una tipologia di oggetti
che si trovano nel mondo reale dell’adulto e del bambino.
Dunque l’ambiente non e un insieme di angoli di gioco su progetto dell’adulto,
ma e una zona pensata e realizzata osservando i bambini, quindi modificata
(semplificata o arricchita) in base ai loro interessi, sapendo che il “banale in ec-
cesso” crea confusione, mentre il “troppo poco” induce ripetizione stereotipata
e quindi noia.
2 Il ruolo delle maestre
Il ruolo delle educatrici sembra totalmente passivo: stanno sedute tranquille,
disponibili e osservano i bambini (fig. 3.4). L’attivita e auto-diretta e non
richiede pertanto l’incoraggiamento o la lode dell’adulto che rimane, con la
sua presenza attenta, un’ancora emotiva per i bambini.
Figura 3.4: La maestra e presente, ma non interviene nelle attivita dei bambini.
68 Osservazione
L’educatrice, avendo la possibilita di osservare serenamente e costantemente,
puo conoscere il bambino, ciascun bambino, sotto una nuova luce: soggetto
della propria formazione e persona che fin dalla nascita e attiva e compe-
tente, ma bisognosa di circostanze adeguate per crescere, per manifestarsi,
per comunicare. E qui inizia il principale lavoro delle educatrici: quello di
organizzare lo spazio e predisporre le attivita in modo che siano in linea
con le esigenze di crescita concrete dei bambini. Come si vede in figura 3.3
i materiali vengono preparati e disposti a livello del bambino che puo cosı
prenderli di sua iniziativa.
Le educatrici mi hanno raccontato come hanno cominciato a scoprire con
sorpresa che per i piccoli la relazione con lo spazio e con gli oggetti assume
importanza parallela al rapporto con l’adulto di riferimento o con uno o piu
coetanei. Poi, con le prime esperienze di cambiamento, rilevano l’estremo
bisogno di stabilita nelle esperienze sensoriali e relazionali che i bambini di
questa eta manifestano. L’adulto, guida e parafulmine delle ansie del bambino,
propone direttamente il meno possibile e protegge la capacita di ognuno di
polarizzare la propria attenzione sull’attivita che in quel momento ritiene piu
interessante.
3 Osservazione al Nido
Un fatto che mi ha colpito molto e stato vedere bambini di poco piu di due
anni usare con disinvoltura un paio di forbicine (vere, non di plastica). Ho
chiesto alle educatrici come si fa ad insegnare a bambini cosı piccoli ad usare
le forbici solo per tagliare la carta e non tagliarsi, magari accidentalmente, le
dita. Mi hanno risposto che in realta non insegnano, ma fanno vedere come si
fa. Infatti quasi tutte le attivita passano prima attraverso la dimostrazione
fatta dall’educatrice che prende il vassoio dell’attivita e si siede ad un tavolo
(non esistono cattedre o tavoli diversi per le maestre) e, con molta tranquillita,
comincia ad usare il materiale, con le forbici inizia a tagliare una strisciolina di
carta facendo cadere i pezzetti in una ciotola vuota. L’attivita e accompagnata
da brevi frasi pronunciate con un tono di voce tranquillo del tipo “taglio una
strisciolina di carta”, “faccio dei pezzettini tutti uguali”. E inevitabile che il
3-3 Osservazione al Nido 69
nuovo gioco attiri la curiosita di qualche bambino che si avvicina e chiede di
poterlo fare. A questo punto la maestra offre il vassoio al bambino e si mette
al suo fianco, non per guidare o correggere, ma solo per osservare il bambino
che taglia tutto concentrato. Alla fine la maestra gli da una busta con sopra
il suo nome, affinche lui stesso metta via i pezzetti che ha tagliato, perche
quello e il risultato del suo lavoro!
Tutti i materiali e le attivita sono concepite in maniera tale che sia chiaro
quando il lavoro e finito. Per esempio, il filo in cui il bambino infila delle
perle e della lunghezza giusta per le perle che deve infilare (fig. 3.5). Cosı il
materiale stesso trasmette l’idea di qualcosa con uno scopo da raggiungere e
la parte di filo ancora vuota rende visibile il concetto di tempo che manca o la
proporzione del lavoro ancora da fare. Come si vede, dei concetti matematici.
Figura 3.5: Giocare vedendo quanto manca all’obiettivo.
Ho visto poi come al termine di ogni attivita i bambini, anche piccoli, rimettono
tutto il materiale a posto. Questa attivita di riordino (fig. 3.6) e vissuta come
un’esperienza piacevole poiche da il senso, sia all’adulto che al bambino, di
una cosa completata. Non e quindi un semplice “mettere in ordine”, ma una
parte importante dell’attivita stessa. Se matematica vuol dire ordine mentale
e ordine di ragionamento, qui vediamo in azione o in apprendimento questa
abilita matematica.
Infine le maestre mi hanno fatto notare che i materiali del Nido non sono
propriamente materiali di sviluppo Montessori, anche se ne riprendono i
concetti base. Per esempio ogni materiale di sviluppo riprende uno ed un solo
concetto, per focalizzare l’attenzione del bambino e non creare confusione.
70 Osservazione
Figura 3.6: Il riordino alla fine del gioco e parte integrante dell’attivita.
Invece i materiali del Nido sono piu semplificati ed adattati all’eta dei bambini,
ma cercano comunque di trasmettere concetti che saranno alla base delle
attivita alla Casa dei Bambini. Per esempio in figura 3.7 il lavoro consiste
nel riconoscere e classificare tre tipi di oggetti. Il concetto di classificazione,
l’uguaglianza saranno poi base per i materiali piu matematici, per esempio.
3.1 Le abilita matematiche
Il gioco degli incastri grande-piccolo trasmette il concetto di confronto fra
grandezze ed e uno dei materiali che permette ai bambini piccoli di sperimen-
tare i contrasti (fig. 3.8). I bambini acquisiscono molto presto il senso di cosa
e grande e cosa e piccolo se hanno strumenti di confronto. Il saper confrontare
sara poi la porta per acquisire i concetti di uguaglianza, di ordinamento che
sono alla base del concetto di numero.
Il gioco dei travasi (fig. 3.9) aiuta a sperimentare praticamente la conservazione
delle quantita e a superare piu rapidamente la fase di cui parla Piaget (sez. 1.1).
3-3.1 Le abilita matematiche 71
Figura 3.7: Un esempio di materiale del Nido.
Il bambino deve toccare per capire, per crescere, per costruire i concetti base
della mente umana, per capire le differenze e le uguaglianze, i contrasti e le
somiglianze. E una fase importantissima che dura con modalita sempre piu
ricche fin verso i tre anni.
In tutti i materiali, l’esplorazione sensoriale e fondamentale. Nella foto 3.10 si
vede un bambino che verifica col dito se l’incastro e adatto al piolo che deve
infilarvi. I concetti relativi di largo-stretto vengono acquisiti sia per diretta
sperimentazione (cfr. le foto 3.12 e 3.13), sia appunto tramite l’approccio
sensoriale.
Un gioco che ho visto fare e basato sull’uso di fotografie degli stessi oggetti
Figura 3.8: Rapporti di dimensione: il gioco del grande-piccolo.
72 Osservazione
Figura 3.9: Il gioco dei travasi per acquisire il senso della conservazione.
Figura 3.10: L’aspetto sensoriale e fondamentale per la comprensione.
che il bambino adopera ogni giorno. Foto ben riconoscibili, con tutte le parti
egualmente evidenti e proporzionate reciprocamente come dimensioni in modo
che non risulti un bicchiere grande come una bottiglia. Mi sono accorta che
a volte il bambino comincia a cercare di avvicinare cose uguali, segnale che
la sua mente sta compiendo un importante passo avanti verso il concetto di
uguaglianza.
Alberto 14 mesi ha preso da un piano mensola un vassoio sul quale e appoggiato
un materiale semplice composto da sette bastoni alti circa 20 cm e fissati su
un piedistallo. Sui bastoni sono infilati 9 anelli di metallo comunemente usati
per le tende (fig. 3.11). Alberto appoggia il vassoio sul tavolino e si siede,
comincia a sfilare e infilare gli anelli con grande soddisfazione, osserva a lungo
i bastoni, si infila gli anelli sulle dita. Ad un certo punto un anello rotola
dal tavolino e finisce sotto la sua sedia, la cosa non lo distrae, lui continua a
3-3.1 Le abilita matematiche 73
giocare, infila, sfila ne infila uno sul pollice e gli altri sui bastoni. Dopo un
quarto d’ora di prove tra mani e bastoni abbandona il gioco, fa un giretto poi
torna al tavolo, si siede, riprende in mano il materiale, lo appoggia sul vassoio
e comincia a infilare gli otto anelli restanti. Lo osservo e non mi sembra
soddisfatto, infatti, sfila di nuovo tutti gli anelli e li ri-infila, solleva la base
e osserva sotto, si guarda intorno, guarda attentamente sul tavolo, solleva il
vassoio. Mi chiedo incuriosita cosa stia avvenendo nella sua mente. Toglie di
nuovo gli anelli dai bastoni, questa volta li mette in fila sul tavolo, li osserva,
li ri-infila. Ricomincia a guardarsi in giro e dopo un po’ trova l’anello caduto
sotto la sedia. Con un gran sorriso di soddisfazione lo prende, infila tutti gli
anelli sui bastoni, mette tutto sul vassoio e rimette il tutto sulla mensola.
Figura 3.11: Il gioco degli anelli e la ricerca dell’anello mancante.
I bambini quando e ora di pranzo apparecchiano, di solito ad un tavolo ci
sono circa dieci bambini. I posti assegnati ai bambini sono sempre gli stessi,
ognuno ha il suo e non vengono mai scambiati. Quando il bambino di turno
apparecchia, se manca un compagno, salta il posto dell’assente.
Federico sta usando la grattugia con un pezzo di pane, alterna l’azione del
grattugiare e ogni tanto sbocconcella un pezzettino. Si avvicina Nora, si
posiziona alla sua sinistra Federico gli offre un pezzetto di pane. Si avvicina
Marta si posiziona a destra e anche a lei viene offerto un po’ di pane. Federico
va avanti in un gioco che a loro diverte molto, grattugia un po’, poi stacca un
pezzetto di pane per se, poi lo offre a Nora e poi a Marta; dopo un po’ arriva
Luca che si mette tra Nora e Marta di fronte a Federico; anche a lui viene
offerto il pane e il gioco continua. Un po’ si grattugia e poi un bocconcino di
pane per lui, un po’ per Nora, poi per Marta e poi per Luca. Il pane viene
distribuito ai bambini che si sono avvicinati esattamente nell’ordine di arrivo.
74 Osservazione
Un altro gioco molto interessante e che a mio avviso alimenta nel bambino il
pensiero divergente e favorisce la formazione di categorie logiche e il “Gioco
euristico” ideato da Elinor Goldschmied2.
La parola euristico significa “serve per scoprire o arrivare alla comprensione
di. . . (come conquista, arrivarci con fatica)” e descrive esattamente l’attivita
nella quale i bambini sono impegnati. Lo scopo, che porta ad utilizzare questa
parola non abitualmente in uso, e’ quello di mettere a fuoco la concentrazione
del bambino impegnato nell’uso degli oggetti e la disponibilita dell’adulto ad
una considerazione rispettosa di tale impegno.
E un gioco pensato per bambini tra i 12 e i 20 mesi circa perche dopo quell’eta,
nel gioco del bambino con gli oggetti, predomina l’uso dell’immaginazione e
del linguaggio.
Il materiale composto da 4 sacchi di stoffa di uguale colore (e predisposto
un sacco per ogni tipo di oggetto e cosa importante gli oggetti sono in gran
quantita perche mi spiegava l’insegnante cio evita il conflitto che si potrebbe
creare per una contesa) vario materiale che si puo reperire in casa (catenelle
di ferro, pon-pon, bigodini, conchiglie, tubi di cartone), e almeno 3 recipienti
per ogni bambino (scatole di latta, cestini).
L’educatrice predispone il materiale raggruppandolo in punti vari in uno
spazio libero, sgombro da altro materiale di gioco e non disturbato da altre
attivita e poi si siede tranquilla, disponibile e osserva il gruppo.
Ho osservato una grande varieta di modi con i quali i bambini scelgono
di utilizzare gli oggetti per riempire, vuotare, infilare, selezionare, scartare,
riconoscendo le differenze e le somiglianze: sovrapporre, mettere in sequenza,
paragonare una cosa all’altra e cosı via. Ho notato che qualche volta hanno
successo nel loro scopo, qualche volta no, pero imparano da ogni situazione a
conoscere la natura dell’oggetto ed il comportamento dello stesso nello spazio.
I conflitti fra i bambini sono ridotti al minimo, e avvengono tra di loro
scambi amichevoli, perche il materiale e abbondante e tenuto ben spaziato.
Questi oggetti e molti altri offrono ai bambini l’opportunita di sperimentare
2Psicopedagogista infantile inglese 1910-2009.
3-3.1 Le abilita matematiche 75
infiniti modi di giocare e di organizzare tale materiale senza schemi prefissati
dall’adulto.
Una “seduta” di gioco euristico puo durare fino a 45 minuti. Un terzo del
tempo e destinato pero alla raccolta ed al riordino del materiale. Il tempo
utilizzato per mettere in ordine gli oggetti ha la stessa importanza del tempo
trascorso per il gioco e puo considerarsi estensione del gioco stesso.
Ho visto che anche i piu piccoli collaborano al riordino, e mi e sembrata
un’ esperienza piacevole per loro in quanto da il senso, sia all’adulto che al
bambino, di una cosa completata.
Ho notato che in questo caso e l’educatrice che giudica quando e giunto il
momento di riordinare, comincia con il mettere via prima i contenitori, come
messaggio ai bambini che e ora di concludere il gioco. Tale messaggio arriva
quindi da un gesto anziche da una frase del tipo: “chi mi aiuta a mettere a
posto?”
Mentre durante lo svolgimento del gioco l’educatrice rimane tranquillamente
seduta in silenzio, nel momento del riordino prende uno dei sacchi tenendolo
aperto fra le mani e nomina gli oggetti da raccogliere, aggiungendo frasi
brevi e chiare del tipo: “mi porti queste catenelle?”, dando sempre il nome
all’oggetto che i bambini hanno gia utilizzato, questo perche, mi hanno
spiegato, risulterebbe inutile nominare un oggetto con il quale il bambino
non ha gia avuto un’esperienza sensoriale e quindi diretta: la parola prende
significato quando l’esperienza e gia stata fatta. Quando i bambini portano gli
oggetti richiesti, per metterli nel sacco tenuto aperto dall’educatrice, questa
risponde con un “grazie”, non ci sono mai frasi che esprimono un giudizio,
del tipo “bravo bambino”.
Figura 3.12: Paragonare praticamente una cosa all’altra.
76 Osservazione
Durante il riordino, quando un bambino porta un oggetto diverso da quello
richiestogli, ho visto l’educatrice ringraziarlo, ma non glielo lascia mettere nel
sacco, lo prende in mano e lo appoggia su una sedia che precedentemente ha
posto accanto a se.
Mi hanno detto che e stato calcolato che se ad un bambino viene dato il
contenuto di 4 sacchi, costituito da 50 pezzi per ciascun sacco, egli puo
teoricamente fare 13.871.420 combinazioni!
Si osserva una grande varieta di modi con i quali i bambini scelgono di
utilizzare gli oggetti per riempire, vuotare, infilare, selezionare, scartare,
riconoscendo le differenze e le somiglianze: sovrapporre, mettere in sequenza,
paragonare una cosa all’altra e cosı via (fig. 3.12).
Figura 3.13: Auto-correzione nel gioco degli anelli.
Nel gioco non c’e insuccesso; puo succedere che il bambino tenti di mettere
una cosa grande in una cosa piccola (come in fig. 3.13), il problema lo crea lui,
ma puo adoperare il pensiero per risolverlo cercando una soluzione diversa:
non e un fallimento, questo vuol dire imparare!
Questi oggetti e molti altri offrono ai bambini l’opportunita di sperimentare
infiniti modi di giocare e di organizzare tale materiale senza schemi prefissati
dall’adulto. Tutto cio offre ai bambini la possibilita di raggiungere uno scopo
con la soddisfazione del risultato: se non si risolve il problema in un modo, c’e
3-4 Osservazione alla Casa dei Bambini 77
sempre la possibilita di risolverlo in un altro e questo e alla base del moderno
problem-solving.
4 Osservazione alla Casa dei Bambini
La prima cosa che ho notato entrando nella Casa dei Bambini e stato lo
spazio. Uno spazio “vivo”, interamente posseduto, cioe usato, dai bambini.
Tutto intorno alle pareti (oppure nel mezzo, a delimitare spazi) ci sono scaffali
bassi e aperti, con materiali molto vari per le scoperte sensoriali e logiche,
vassoi con piccoli recipienti e contenuti diversi, matite e fogli a disposizione
di tutti. Ci sono poi libri, figure da appaiare, piccoli tappeti su cui giocare a
terra, eccetera. Una varieta di oggetti, veri il piu possibile, presi dalla vita
di tutti i giorni, oggetti della realta quotidiana e strumenti di buona qualita,
che funzionano davvero. Il gioco del “far finta” di cucinare, lavare, spazzare,
scrivere, battere chiodi, innaffiare e significativo, per il bambino che lo scopre,
per “rivivere” situazioni ed emozioni. Non ho visto mai forbici o pentole di
plastica ma forbici vere cosı come tazzine di ceramica e cucchiaini di metallo.
Ci sono spazi in cui raccogliersi per proprio conto, perche non si puo vivere
sempre in mezzo a una folla; dei tappeti, qualche cuscino su cui leggere in
pace, piccoli tavoli su cui lavorare da soli, un angolino in cui nascondersi.
Un ventaglio di proposte davvero molto ampio. L’ordine e molto curato e
cosı l’armonia dei colori. L’ambiente e tranquillo. Le voci dei bambini sono
naturalmente controllate perche anche le maestre non alzano mai il tono di
voce per chiamare a raccolta i bambini o anche per rimproverare, se occorre
(fig. 3.14).
Quindi poche differenze significative con l’ambiente del Nido. Quello che e
differente qui e che compare il materiale di sviluppo, materiale creato da
Maria Montessori (fig. 3.14): lettere e cifre smerigliate, la torre rosa, la scala
marrone, le aste delle lunghezze . . .
L’ambiente e organizzato in modo logico e chiaro. Non e sovraccarico ma
ordinato in maniera tale che l’occorrente per ogni attivita sia facilmente
accessibile. Allo stesso modo l’intero “percorso di sviluppo” che un bambino
78 Osservazione
Figura 3.14: La Casa dei Bambini.
puo seguire nel corso degli anni e sotto i suoi occhi. Cosı impara molto presto
a scegliere il materiale adatto al suo momento di crescita. Mobili e oggetti
favoriscono la liberta nel senso di liberta di scelta delle attivita, liberta di
movimento nello spazio e liberta dei tempi di lavoro. Liberta, ma anche
responsabilita. Ogni oggetto e materiale di sviluppo e presente in un solo
esemplare. Come ho gia detto, il bambino impara cosı a rispettare il proprio
turno.
Parlando con le maestre, mi facevano notare che non esistono periodi ri-
gidamente prestabiliti in cui si lavora ed altri in cui si fanno cose “meno”
importanti. Tutto e importante per il bambino. L’ambiente e quindi regolato e
predisposto non sull’eta anagrafica, ma sulle abilita raggiunte, che ovviamente
sono diverse da bambino a bambino.
Cosı come al Nido vi e la zona dei travasi, la zona degli incastri, eccetera, qui
ci sono poi zone differenti dedicate ad argomenti differenti. Ho trovato quindi
la zona dedicata al linguaggio, quella dedicata alla matematica, alla storia e
cosı via (fig. 3.15).
Figura 3.15: L’angolo della psicoaritmetica.
3-4 Osservazione alla Casa dei Bambini 79
Questa suddivisione non significa che le zone siano compartimenti stagni,
come vedremo. Tra l’altro nemmeno la Casa dei Bambini e un compartimento
stagno rispetto al Nido. Ho visto bambini del Nido venire ad osservare che cosa
fanno i loro compagni piu grandi (fig. 3.16). Non c’e quindi l’idea preconcetta
che ci sono cose che i bambini di una certa eta non possono capire. Allo stesso
modo non ho visto suddivisioni artificiali all’interno degli argomenti, come
ad esempio il primo anno si gioca con le cifre fino a dieci, poi fino a venti
eccetera.
Figura 3.16: Un bambino del Nido osserva uno piu grande fare il “gioco delle
marchette”.
Trattandosi di materiale di sviluppo Montessori, le maestre lo presentano
ai bambini, sono disponibili per rispondere alle domande, ma non aiutano,
non si sostituiscono mai al bambino. Il loro impegno maggiore consiste nel
preparare il materiale sulla base dei bisogni che hanno osservato nei bambini.
Una particolarita che salta all’occhio osservando il materiale di sviluppo
Montessori, e che ognuno di essi isola una qualita unica. Posso dire che
ciascun elemento di ogni materiale e un’astrazione materializzata della qualita
stessa, od anche che ogni materiale e la rappresentazione concreta di un solo
80 Osservazione
Figura 3.17: La torre rosa: isolamento di una qualita unica.
concetto. Per esempio la “torre rosa” (fig. 3.17) ha lo scopo di far sperimentare
i volumi dal decimetro al centimetro cubo. Varia solo il volume, tutte le altre
caratteristiche sensoriali sono tenute in sordina, non distraggono e sono tutte
uguali. Probabilmente, se i cubi fossero colorati in maniera differente, o
avessero appiccicati dei pupazzetti, non aiuterebbero i sensi a focalizzarsi su
una ed una sola caratteristica per assorbirla e comprenderla. La scala marrone
(fig. 3.18) e composta da dieci prismi che cambiano solo nelle dimensioni
della base e mettono in evidenza i rapporti grosso/fino. Infine le aste delle
lunghezze (fig. 3.19), dieci prismi che variano in una sola dimensione da un
metro a un decimetro, evidenziano il passaggio graduale dal lungo al corto.
Questo e il primo materiale logico-matematico con cui il bambino entra in
contatto alla Casa dei bambini.
3-4.1 I materiali di sviluppo della psicoaritmetica 81
Figura 3.18: La scala marrone: variano solo le dimensioni della base.
4.1 I materiali di sviluppo della psicoaritmetica
Dopo che i bambini hanno giocato a lungo con i materiali sensoriali di cui ho
parlato sopra, la maestra presenta, individualmente o ad un piccolo ristretto
gruppo di bambini, il gioco delle aste numeriche.
Questo materiale e composto da 10 aste di lunghezze multiple di dieci centi-
metri che si distinguono dalla successione alternata di due differenti colori
(fig. 3.20). L’uno per esempio e blu; nella seconda asta le due sezioni, di dieci
centimetri ciascuna, sono l’una blu e l’altra rossa; nella terza asta vediamo
agli estremi due sezioni blu e una rossa nel mezzo. In tal modo, tutte le aste
cominciano con la parte blu e cosı si ottiene anche che i colori delle differenti
unita che compongono ciascun intero risultano chiaramente differenziati nella
loro successione.
In un primo momento e proprio la maestra a fare questo gioco, ma poi
ho visto farlo dai bambini con sicurezza e disinvoltura e, soprattutto, con
82 Osservazione
Figura 3.19: Le aste delle lunghezze: evidenziano il passaggio graduale dal
lungo al corto.
soddisfazione. La maestra, dicevo, prende le aste dallo scaffale iniziando dalla
prima e le mette sul tappeto a terra in “ordine sparso”. Ogni volta dice
“questa e l’asta dell’uno”, “questa e l’asta del due” oppure semplicemente
“uno”, “due”, “tre” e cosı via. In questa maniera viene associato il nome
all’asta, le aste quindi sono quantita che hanno un nome. Poi riordina le aste
per lunghezza e successivamente riprende ogni asta e vi associa un cartellino
con la cifra smerigliata corrispondente. Fa quindi un appaiamento quantita-
simboli. L’ultimo passaggio e riordinare nuovamente le aste e collocare un
altro cartellino con la cifra vicino alla corrispondente asta. E un gioco da cui
derivano attivita di composizione, scomposizione e confronto. Risulta evidente
che ogni volta che si uniscono aste differenti si esegue un’addizione e che ogni
qualvolta tale somma viene scomposta, si effettua una sottrazione (fig. 3.21).
Noto tre cose: primo, le aste danno concretezza all’idea assoluta di numero
senza introdurre la rappresentazione astratta della cifra; secondo, non c’e
un ordine rigido fra i concetti, non bisogna aspettare di conoscere tutto sui
numeri per poter passare alle operazioni su di essi; terzo, l’addizione, come
ogni altra attivita, ha in se il concetto di autocorrezione (il controllo alla fine
3-4.1 I materiali di sviluppo della psicoaritmetica 83
Figura 3.20: Le aste numeriche.
dell’addizione: fig. 3.21 a destra).
Figura 3.21: L’addizione con le aste.
Un altro gioco che ripete la situazione del contare le unita relative ai vari
gruppi della serie numerica da uno a dieci o, piu esattamente, da 0 a 9 e il
gioco dei “fuselli” (fig. 3.22) o materiale delle unita sciolte: un casellario con
stampate le prime nove cifre e dei bastoncini tutti uguali, i fuselli, appunto. Il
bambino lega tra loro il giusto numero di bastoncini e li ripone nella casella
corrispondente. Senza saperlo apprende la progressione numerica e come i
84 Osservazione
numeri sono composti da unita tutte uguali. Anche il fatto che la cassetta
zero sia lasciata vuota e che ci sono solo cifre fino al nove viene interiorizzato
dal bambino come un qualcosa di logico e normale. Ovviamente il gioco si
puo fare sostituendo qualcos’altro ai fuselli.
Figura 3.22: Il gioco dei fuselli: i numeri concreti.
Un altro gioco che mi ha colpito e il “gioco delle marchette” (fig. 3.23). Questo
gioco consiste nel disporre, in primo luogo, dei cartoncini con i numeri da
1 a 10, secondo il normale ordine di successione e quindi, alla base di ogni
numero, porre dei gettoni rossi (marchette) nella quantita corrispondente.
Questo gioco e una riprova per verificare se l’apprendimento e avvenuto,
cioe, se si conoscono i numeri nella loro successione e le quantita da essi
rappresentate. Il bambino dispone gli oggetti in fila a due a due, per i numeri
dispari la marchetta spaiata si mette in centro in basso alla doppia fila. Una
volta disposte le marchette, il bambino fa scorrere in mezzo alle due file
una marchetta blu. Se questa passa il numero e pari, se non passa e dispari.
Vediamo qui una classificazione astratta (pari/dispari) resa concreta dagli
effetti che ha su un’azione pratica (il passaggio della marchetta blu). Come si
3-4.1 I materiali di sviluppo della psicoaritmetica 85
vede, non vengono nemmeno tirati in ballo concetti come la divisibilita per
due, ma la classificazione viene assorbita comunque in maniera molto chiara.
Figura 3.23: Il “gioco delle marchette” per capire il pari/dispari.
Per il gioco di figura 3.24 ho dovuto chiedere a mio figlio un chiarimento su
cosa rappresentassero i bastoncini di perle colorate infilate su un bastoncino
metallico. Mi risponde come se fosse una cosa ovvia e risaputa da tutti:
“Sono gialle quindi e il quattro” (fig. 3.24). Ovvio. Ogni numero ha un colore
che e sempre quello, e formato da perline legate fra loro (continuita con
i fuselli di figura 3.22 che mostrano le unita legate tra di loro) e le stesse
perline sono utilizzate anche in altri materiali: le tavole di Seguin3 (per
imparare la formazione dei numeri dall’11 al 19 (fig. 3.25)) e nel “serpente
positivo” (gioco sull’addizione). Mi sembra che i materiali creino ordine
mentale anche ripresentando i concetti in differenti contesti utilizzando gli
stessi “suggerimenti” sensoriali.
Per capire la formazione dei numeri da 11 a 19 i bambini utilizzano le tavole
di Seguin (fig. 3.25) in cui eseguono l’operazione 10 + 6→ 16 sovrapponendo
materialmente il sei allo zero del dieci e poi rafforzano il concetto mettendo
al fianco la barretta con le dieci perline che rappresenta il dieci e quella che
rappresenta il sei.
Le perline del dieci sono dorate e legate tra di loro per formare i multipli di
dieci (fig. 3.26). Anche fisicamente, con il loro peso, i multipli danno l’idea di
quanto “valga” un 1000 rispetto ad un 100. Questi multipli sono poi srotolati
per formare le catene del cento (fig. 3.27) e del mille (fig. 3.28). Come si
3Un omaggio di Maria Montessori alla genialita pedagogica di Edouard Seguin.
86 Osservazione
Figura 3.24: I bastoncini di perle colorate: i numeri acquistano concretezza.
vede i bambini non amano le limitazioni, per giocare con la catena del mille
hanno monopolizzato addirittura il corridoio. La catena del mille poi viene
scomposta nei suoi costituenti (fig. 3.29) per capire come vengono costruiti i
vari numeri.
Ho notato che il “lavoro” dei bambini non finisce quando il gioco e terminato,
ma comprende anche il riportare il risultato su carta (per esempio si vedano
le figure 3.24 e 3.27). Anche qui mi sembra che il bambino stesso si aspetti
questo passo, come per completare e chiudere il gioco.
Per memorizzare le quattro operazioni, il bambino usa dei materiali specifici.
Ho osservato bambini molto concentrati lavorare su un tavoliere quadrettato
(fig. 3.30) dove nella prima riga orizzontale ci sono scritti i numeri da 1 al
18: i primi dieci sono in rosso, gli altri in blu. Tra il dieci e l’11 una linea
verticale nera. Una scatola contenente nove asticine azzurre numerate da
uno a nove, e nove rosse suddivise in tanti quadretti sempre numerate ad
3-4.1 I materiali di sviluppo della psicoaritmetica 87
Figura 3.25: La I tavola di Seguin.
Figura 3.26: Il sistema decimale base (pur con qualche incertezza. . . ).
un’estremita. Il bambino pesca da un sacchetto la somma da rappresentare,
mette in sequenza sul tavoliere un’asta blu ed una rossa e legge sul tavoliere
il risultato. Il risultato viene poi riscritto su un modulo. La tavola rende
immediatamente percepibile quando il risultato e maggiore di dieci.
E interessante che, assieme al gioco dell’addizione, viene presentata la molti-
plicazione. E logico, la moltiplicazione e una somma ripetuta.
Ho trovato molto interessante il gioco per la memorizzazione della moltiplica-
zione (fig. 3.31). Un materiale composto da un sacchetto contenente una serie
di cartellini su cui sono scritte tutte le possibili moltiplicazioni tra numeri
a una cifra (i cartellini sono rigorosamente scritti a mano dalle maestre e
plastificati), una scatolina contenente cento perle sciolte di colore blu, dieci
cartoncini marcati con i numeri da uno a dieci, un gettone verde e la tavoletta
88 Osservazione
Figura 3.27: La catena del cento.
Figura 3.28: La catena del mille.
quadrata con 10× 10 incavi, in ciascuno dei quali si puo collocare una perla.
In alto, come intestazione delle colonne di incavi, vi sono stampati i numeri
da l a l0. Nella parte sinistra della tavoletta e in posizione mediana, vi e un
incavo nel quale e possibile inserire un cartoncino che porta stampato uno
dei numeri da l a l0. Questo cartoncino riveste il ruolo di moltiplicando, e si
cambia a seconda della moltiplicazione che il bambino pesca dal sacchetto.
Nell’angolo in alto a sinistra, c’e un grande incavo circolare che e sede per il
gettone verde.
L’esercizio che si esegue con tale materiale e assai semplice. Lo vediamo nella
foto 3.31: Nicolo ha pescato dal sacchetto il cartoncino 5×4. Comincia il gioco
inserendo nella casella di sinistra il cartoncino col numero 5. Per moltiplicare
3-4.1 I materiali di sviluppo della psicoaritmetica 89
Figura 3.29: Il quadro del sistema decimale.
5 per 4, fa due cose: dapprima colloca il gettone verde al di sopra del 4, che
contrassegna la quarta colonna di incavi, e poi dispone 5 perle nei cinque
incavi verticali delle colonne dall’uno al quattro. Per ultimo scrive il prodotto
su dei moduli cartacei.
Lo spostamento del gettone, che ha lo scopo di indicare di volta in volta il
nuovo moltiplicatore, richiede al bambino una attenzione sempre attiva e la
massima esattezza di esecuzione.
Per me la divisione e sempre stata un ostacolo insormontabile; il ricordo della
fatica che ho fatto nel capire numeri che ci stanno o non ci stanno, prendere
90 Osservazione
Figura 3.30: Tavola dell’addizione.
Figura 3.31: Il materiale della moltiplicazione con l’esecuzione di 5× 4.
in prestito, eccetera ancora oggi mi perseguita. Invece mio figlio, quando era
ancora alla Casa dei Bambini, un giorno mi disse che doveva arrivare presto
a scuola perche voleva fare il gioco della distribuzione delle perline. Appunto,
la divisione.
Figura 3.32: Tavola della divisione.
Il materiale e composto da una tavoletta quadrata con 81 incavi (9 × 9)
(fig. 3.32), in corrispondenza di ciascuna fila di fori sono scritti orizzontalmente,
sopra una striscia verde, in alto, i numeri da 1 a 9; sul lato sinistro della
tavoletta i numeri sono ripetuti verticalmente. Il materiale e costituito, oltre
che dalla tavola di distribuzione, da una scatola con 81 perle verdi (dividendo)
e da una serie di 9 birilli verdi chiamati i “bambini” (divisore); un sacchetto
contenente una serie di cartellini su cui sono scritte tutte le possibili divisioni
3-4.1 I materiali di sviluppo della psicoaritmetica 91
col dividendo fino a 81 e il divisore a una cifra (i cartellini sono rigorosamente
scritti a mano dalle maestre e plastificati).
Se il bambino pesca dal sacchetto, per esempio, 36 : 7 comincia prendendo in
considerazione 36 perle verdi nella loro scatola e 7 birilli che dispone lungo la
striscia verde che in alto limita la tavola. A questo punto dice: “Ciascun birillo
deve ricevere la stessa quantita di perle” e inizia l’operazione assegnando
una perla a ciascun birillo, e, conclusa una prima distribuzione, continua fino
all’esaurimento del dividendo (fig. 3.33). Poi, conta il numero delle righe di 7
perle ciascuna che si sono potute formare. La perla che avanza viene posta
nell’ultimo incavo in basso a destra. Il bambino a quel punto dice: “36 diviso
7 fa 5 con resto di 1”. Successivamente riporta sul modulo il risultato.
Questo materiale da al bambino l’indicazione che nessun quoziente e nessun
divisore possono essere maggiori di 9 e che nessun resto puo essere maggiore
o uguale al divisore.
I bambini che stanno eseguendo delle divisioni sono tutti invariabilmente
concentrati (fig. 3.33). Sembra che la maggiore attenzione e precisione neces-
sarie risveglino maggiore interesse. Come se piu complicata sia un’attivita,
maggiore e l’entusiasmo che suscita nei bambini.
Figura 3.33: La tavola della divisione.
Una delle ultime cose che ho osservato e stato vedere un bambino divertirsi
molto con una tavola dei multipli (un semplice foglio di carta sul quale sono
stampati i numeri da 1 a 100 ordinati in dieci colonne) (fig. 3.34). Mi spiegava
la maestra che questo e un gioco che fanno pero i bambini dell’ultimo anno.
Sara anche vero, ma io quest’anno ho insegnato in una quarta elementare
con bambini di 9/10 anni e molti di loro hanno parecchie difficolta nella
memorizzazione delle tabelline, qui parliamo invece di bambini di 5 anni.
92 Osservazione
Quando ho chiesto a un bambino se eseguiva per me il gioco dei multipli per
prima cosa mi ha chiesto quale numero preferissi, alla risposta “3” ha cercato
un pennarello di colore rosa. Ho domandato perche proprio il rosa e lui mi ha
risposto: “semplice, il 3 e rosa” in riferimento ai bastoncini di perle colorate.
Dopodiche ha cominciato a cerchiare tutti i multipli di 3, per poi disegnare
le linee oblique e commentando alla fine: “Hai visto, i multipli di 9 sono 18,
27, 36, 45, 54, 63, 72, 81” lasciandomi naturalmente molto sorpresa! Ultimo
passo e stato creare una rete (fig. 3.35).
Il risultato e interessante: i multipli non sono piu un concetto da ancorare in
qualche modo (le tabelline a memoria. . . ), ma diventano geometria, diven-
tano una disposizione regolare di segni su un foglio rafforzata dal messaggio
cromatico.
Figura 3.34: La tavola dei multipli.
Fin da quando frequentava la Casa dei Bambini, e ancora oggi che e in seconda
3-4.1 I materiali di sviluppo della psicoaritmetica 93
Figura 3.35: I multipli di 3 e la rete dei multipli di 3 (a destra).
elementare, mio figlio rispondeva invariabilmente a chi gli chiedeva che cosa
avesse fatto a scuola: “ho giocato con l’addizione”, “ho giocato con la divisione”
e cosı via. Queste risposte lasciano perplessi gli amici perche comunemente
si equipara la scuola al lavoro. Non e mai stato cosı per mio figlio: per lui
andare a scuola non e lavorare, ma giocare. E probabilmente in questa parola
sta il segreto dell’amore per la matematica, secondo me Platone (cfr. cap. 4)
sarebbe molto soddisfatto.
Capitolo 4
Discussione
L’argomento che sostengo in questa tesi e che i bambini nella fascia di eta che
ho considerato hanno abilita matematiche e le manifestano quando si trovano
nel giusto ambiente. Per vedere se le mie osservazioni corroborano questa
tesi, provero a risalire dagli effetti alle cause. Iniziero quindi riassumendo
le osservazioni fatte (cap. 3) focalizzandomi sui fatti correlati alle abilita
matematiche, poi comprovero che queste sono vere capacita matematiche,
passero quindi a dimostrare come la concentrazione che ho osservato nei
bambini che svolgevano delle attivita legate alla logica e alla matematica sia
segno di un livello elevato di abilita matematiche. Per terminare raccogliero
quelle caratteristiche osservate che a mio avviso agiscono come “facilitatori”
per il dispiegarsi delle abilita matematiche nel bambino. Per completezza
riportero anche quelle caratteristiche che invece bloccano il loro manifestarsi.
1 Abilita matematiche osservate
Nei bambini del Nido ho osservato le seguenti specifiche abilita:
1. La capacita di classificazione e confronto (appaiamento di fotografie,
classificazione di tre tipi di oggetti diversi, gioco euristico)
96 Discussione
2. La comprensione delle relazioni fra grandezze (piccolo/grande, anelli su
pioli, il bastoncino da infilare nei buchi, il gioco dell’infilo che da una
stima dell’avanzamento del lavoro)
3. L’acquisizione intuitiva della numerosita (il bambino che ha perso
l’anello)
4. I primi approcci alla conservazione della quantita (travasi)
5. L’acquisizione delle relazioni d’ordine (apparecchiare, la distribuzione
del pane)
Alla Casa del Bambino ho osservato le abilita matematiche nel contesto dei
materiali di sviluppo di “Psicoaritmetica”, per usare il termine originale di
Maria Montessori Montessori (1994). Qui la conoscenza del numero avviene
intorno ad un’idea centrale interessante ed importante. Poi parallelamente si
svolgono altre attivita che portano a considerare e ad approfondire i particolari.
Per esempio per i numeri i bambini passano dalla conoscenza delle quantita,
alla conoscenza del simbolo, per poi associare le cifre alle quantita. Questa
conoscenza del numero si svolge in tre momenti distinti con tre materiali
differenti: presentazione (aste ed esercizi relativi), riconoscimento (fusilli),
dimostrazione di possesso della conoscenza (esercizio con le marchette).
Un esempio di attivita in cui i bambini approfondiscono i particolari e, per
esempio, il gioco delle marchette con cui acquisiscono una caratteristica del
numero come quella della classificazione pari/dispari. Oppure la capacita di
capire il valore relativo dei numeri (catena del mille, cubo del mille) tramite
le attivita in cui la caratteristica e resa accessibile ai sensi trasformando una
quantita astratta in una caratteristica percepibile come il peso.
Un’altra abilita che ho osservato e che non e immediatamente classificabile
come matematica, ma, a mio avviso, vi e correlata e l’ordine mentale che
traspare nei bambini quando sono impegnati nelle loro attivita. Ordine che
viene loro trasmesso anche dall’ambiente tranquillo e non caotico in cui
trascorrono parte della giornata.
4-2 Possiamo chiamarle abilita matematiche? 97
2 Possiamo chiamarle abilita matematiche?
Certamente!
Da quanto ho osservato, cio che ho visto fare dai bambini e vera matematica.
Non solo alla Casa dei Bambini in cui l’identificazione e piu chiara, ma anche
al Nido, secondo me, molte delle reazioni che ho visto nei bambini piccoli
le possiamo catalogare come espressione di concetti matematici. I bambini
quindi sono capaci, anche a quest’eta di ragionare con categorie matematiche.
Dire che i bambini non sono capaci di capire la matematica e come dire
che non sono capaci di comunicare perche non sanno parlare. Un neonato
comunica e comunica molto bene cio di cui ha bisogno, anche se non conosce
la grammatica e non sa parlare!
Un’ultima osservazione. Il bambino non e fatto a compartimenti stagni. Se
ha acquisito un ordine mentale, questo si manifesta sia che faccia qualcosa
attinente alla matematica, sia che faccia l’analisi grammaticale di una frase,
sia che studi le capitali europee, sia anche che giochi con i Lego. A mio
avviso questo fatto deve essere tenuto nel debito conto quando si analizzano
manifestazioni di abilita matematiche nel bambino.
3 Concentrazione e “flow”
Uno degli aspetti che piu mi hanno colpito durante l’ osservazione e stata la
concentrazione mostrata dai bambini, anche del Nido, nel giocare e nell’usare
i materiali di sviluppo. Vista l’eta posso affermare sicuramente che questa
concentrazione non e ottenuta con la forza di volonta.
Secondo me, invece, la concentrazione deriva da quello stato interiore che lo
psicologo Mihaly Csikszentmihalyi chiama “flow”, una condizione complessa,
caratterizzata da elevata concentrazione, coinvolgimento ed immersione nel-
l’attivita, controllo della situazione, chiara percezione dell’andamento e delle
finalita dell’attivita, positivita dello stato affettivo, motivazione intrinseca,
ovvero indipendenza da aspettative di ricompense o gratificazioni esterne
all’attivita stessa (Csikszentmihalyi, 1990).
98 Discussione
Per caratterizzare le condizioni sotto cui si instaura lo stato di “flow” si
possono considerare due parametri: la difficolta del compito (challenge) ed
il livello di abilita di chi lo svolge (skill). Csikszentmihalyi nota che, se il
compito e troppo facile, ci annoiamo, se il compito e troppo difficile rispetto
alle nostre abilita, ci angosciamo, invece se il compito e di una difficolta
superiore alla media delle azioni abituali e richiede delle abilita ad un livello
appena superiore a quelle che possediamo, allora subentra lo stato di “flow”.
La condizione che ho osservato nei bambini mentre erano presi dalle attivita
si puo descrivere proprio come uno stato di “flow”: elevata concentrazione,
totale immersione nell’attivita che si sta svolgendo, motivazione intrinseca,
contentezza di poter svolgere quell’attivita.
Posso capovolgere la definizione di “flow” e dire che, se vedo un soggetto agire
in uno stato con le caratteristiche del “flow”, allora posso ipotizzare che il
compito che sta svolgendo e al limite superiore delle sue capacita, capacita
possedute comunque ad un buon livello. Applicando questo ragionamento alle
osservazioni da me fatte, ne deduco che i bambini che ho visto concentrati
nello svolgere attivita di psicoaritmetica, possiedono abilita matematiche ad
alto livello. E una prova indiretta, ma a mio avviso valida.
4 Fattori facilitanti
Quali fattori a mio avviso rendono possibile il dispiegarsi delle abilita ma-
tematiche in questi bambini? Questi fattori possiamo trovarli nel materiale
utilizzato, nell’ambiente e nel ruolo dell’adulto.
4.1 I giochi
In generale posso dire che i giochi fatti utilizzando i materiali di sviluppo
hanno molte cose in comune. Tutti trasformano i concetti, anche astratti in
attivita sensoriali: le cifre smerigliate, la torre rosa, il blocco del 1000 che
rende il rapporto fra multipli di 10 percepibile come peso.
4-4.2 L’ambiente 99
Secondo, tutti i materiali rendono concreti i concetti utilizzando colori, forme
e relazioni spaziali: i bastoncini colorati, la tavola dei multipli con le linee che
formano una rete, le tavole di Seguin.
Terzo, tutti i materiali evitano la simbolizzazione o il ragionamento astratto
trasformandolo in operazioni pratiche e concrete. Per esempio la marchetta
che passa/non passa; il gettone verde che va spostato nella moltiplicazione.
Quarto e non ultimo, il fatto che ogni gioco focalizza un concetto alla volta,
riducendo cosı le distrazioni ed il sovraccarico cognitivo: la torre rosa che
concretizza solo la scala di volumi, le aste che concretizzano solo la quantita.
4.2 L’ambiente
L’ambiente che ho trovato al Nido e alla Casa dei Bambini ha due caratteri-
stiche fondamentali per facilitare l’acquisizione di concetti matematici. Uno
e la liberta, il bambino agisce secondo i suoi ritmi, sceglie liberamente cio
che in quel momento lo interessa in base anche alle sue capacita. Il secondo e
l’assenza di limiti artificiali, sia riguardo agli argomenti, sia riguardo all’eta.
Per capire l’importanza della liberta possiamo fare un paragone con la ricerca
scientifica. Sappiamo benissimo che irreggimentarla, pretendere che “produ-
ca”, vuol dire ucciderla. Le idee nascono quando devono nascere, a volte
nascono per caso, mentre si esplora qualcosa di totalmente diverso e magari
“improduttivo”.
Per il secondo punto possiamo fare un parallelo matematico: le serie infinite.
Questi oggetti hanno certe caratteristiche a patto che li calcoliamo senza
porre limiti alle variabili. Se invece pretendiamo di estrapolare leggi generali
da calcoli fatti in un intervallo limitato delle variabili, allora si prendono delle
solenni cantonate. Questo non vuol dire che negli ambienti del Nido e della
Casa dei Bambini non ci sono limiti. I limiti sono sul piano del “come”, non
sul piano del “cosa”. Abbiamo visto come ogni oggetto sia presente in unica
copia, per abituare i bambini a rispettare i turni. I limiti che ho visto negli
ambienti possono essere paragonati all’origami. In quest’arte ci sono delle
regole ben precise: niente colla, niente forbici, niente tagli, ma nessun limite su
100 Discussione
come piegare o come combinare i foglietti di carta. E che risultati straordinari
produce! Probabilmente se non ci fossero limitazioni, si potrebbero costruire
cose meravigliose, ma non cosı entusiasmanti o interessanti.
Che altre caratteristiche ho notato nell’ambiente? Che e un ambiente in-
teressante, che stimola la curiosita, che spinge a sperimentare. Anzi, tutto
negli ambienti facilita il lavoro di sperimentazione: i materiali sono visibili,
il bambino e stimolato a provare, non ci sono giudizi che possono frenarlo,
il contatto con gli altri, sia all’interno della propria fascia di eta che con i
bambini piu grandi, facilita lo scambio di esperienze, nella forma possibile a
quest’eta. L’ambiente e interessante anche perche stimola l’azione. Un oggetto
bello ma passivo interessa il bambino un giorno solo, mentre il fatto che ogni
oggetto possa essere rimosso, usato, e riportato al suo posto rende l’attrattiva
dell’ambiente inesauribile.
Ma non solo, tutto quello che ho visto, materiali ed ambiente, aiutano il
bambino nel controllo dell’errore: le aste che hanno un solo modo corretto di
essere disposte, la serie di anelli che rende chiaro quando e completa. Io penso
che il controllo materiale dell’errore conduca il bambino ad accompagnare
i suoi esercizi col ragionamento, con la critica, con l’attenzione sempre piu
interessata all’esattezza, con una capacita raffinata a distinguere le piccole
differenze, e prepara cosı la coscienza del bambino a controllare gli errori,
anche quando questi non sono piu materiali o sensibilmente evidenti, come
spesso capita nella matematica.
4.3 Il ruolo dell’adulto
L’adulto in questo ambiente ha un compito molto particolare, che non e quello
di aiutare o di sostituirsi al bambino, ma quello di fornirgli i materiali giusti
per il livello di sviluppo nel quale il bambino si trova. Livello che le maestre
colgono osservando in continuazione i bambini.
Un altro ruolo che credo di aver individuato, e quello di creare curiosita. La
maestra che taglia le striscioline di carta con le forbicine stimola il bambino a
provare, ma non lo forza a provare. Anche in questo aspetto, l’adulto e un
facilitatore, non un traino.
4-4.4 Che cosa manca in altri contesti? 101
Per il resto, il ruolo dell’adulto lo possiamo definire in negativo: l’ambiente
in un certo senso non e un progetto dell’adulto, le attivita non si svolgono
secondo la logica dell’adulto, le conoscenze non vengono travasate dall’adulto
nella testa dei bambini. Insomma, un ruolo veramente difficile.
Potremmo pensare che, se l’adulto prende il comando, le conoscenze vengano
acquisite piu in fretta, ma confondiamo la quantita con quanto realmente
viene assimilato dal bambino. Trasmettere cose che non rimangono o, peggio,
che generano repulsione non serve a niente. Un po’ come pretendere di far
crescere piu in fretta l’insalata tirandola per le foglie: e assurdo perche si
strappa e si distrugge la piantina.
4.4 Che cosa manca in altri contesti?
Dato come punto di partenza il fatto che i bambini hanno una mente
matematica, che cosa impedisce loro di manifestarla?
Uno degli errori e pretendere di introdurre il bambino al mondo dei numeri
solo a partire dalla prima elementare.
Il bambino invece fin da subito e a contatto con i numeri e anche con grandi
numeri, sente parlare gli adulti di 100, 1000, 10000 eccetera, sa per esempio
di avere una bocca, un naso, due occhi, due mani. Tra i 3 e i 7 anni una
straordinaria ricchezza di connessioni neuronali porta il bambino a penetrare
il mondo dei rapporti numerici e delle forme geometriche.
Concetti costruiti sul fare e sull’osservare i contrasti nella vita quotidiana,
come grande/piccolo, tanto/poco, pesante/leggero, grosso/fino, alto/basso
e via dicendo, sono alla base delle innumerevoli constatazioni che i bambini
sono portati a fare sulle loro esperienze, tanto piu sicure se hanno potuto
sperimentare materiali esatti e nitidi e non invece materiale (come schede
pre-stampate) che li obbliga ad una simbolizzazione precoce. Abbiamo visto
che le abilita matematiche sono altra cosa rispetto alla sola interpretazione
dei simboli.
Sulla stessa linea e ugualmente dannoso il teorizzare e il porre dei limiti
artificiali. Per teorizzare intendo lo sganciare l’apprendimento dall’aspetto
102 Discussione
sensoriale e forzare la mente del bambino a trovare, se ci riesce, i necessari
agganci fra quello che sente e le sue esperienze. Devo dire che questo e gia un
compito difficile per certi adulti, figuriamoci per un bambino!
Porre dei limiti artificiali e un problema simile. Non c’e motivo perche la
matematica sia sganciata dal linguaggio o dalle materie artistiche, non c’e
motivo perche le nozioni debbano essere limitate a seconda dell’eta (in prima
imparano i numeri fino a 30, poi in seconda fino a 90 e cosı via). Ricordo
che quello che ho descritto riguardo alla matematica (cap. 3) si riferisce a
bambini fra i tre ed i cinque anni d’eta! Purtroppo “A scuola si imparano
nozioni, non relazioni” disse una volta il musicista Luciano Berio.
Poi c’e da considerare l’ambiente, il luogo in cui dovrebbe avvenire la crescita
cognitiva dei bambini. Oggi che nei primi sei anni di vita i bambini entrano
in strutture in cui regnano sovrani gli oggetti di plastica, dove perfino il
gioco di fantasia e fatto ad orario, dove sono guidati di continuo a produrre
in gruppo, a essere confrontati e giudicati, dove l’esplorazione individuale
e sempre piu limitata dalle richieste di prodotti valutabili (schede, disegni,
ritagli e incollature, lavoretti su modello. . . ), le capacita personali di indagare,
inventare, valutare, correggersi non possono non risultare compromesse. In
questo tipo di ambienti, dove tutto si basa su scambi verbali, il bambino
riflessivo, quieto o pensoso e considerato un asociale! Non parliamo poi di
concentrazione o di immersione in un qualche compito. In questi ambienti gli
educatori agiscono da protagonisti al posto dei bambini o si trasformano in
animatori per farli giocare.
5 Concludendo
Tirando le fila, che cosa posso dedurre dalle osservazioni fatte?
La scienza non ha come suo oggetto cio che desideriamo che sia, ma cio che e.
Il percorso della Montessori parte semplicemente da un diverso punto rispetto
a Piaget, Wynn eccetera: invece di teorizzare sul funzionamento del cervello
del bambino riguardo alle sue abilita matematiche, osserva il bambino nelle
sue azioni. Diceva, infatti: “si conosce l’essere umano solo osservandolo”.
Conclusioni
La motivazione che mi ha spinto ad affrontare l’argomento di questa tesi
nasceva da una semplice constatazione: il bambino impara a parlare perche
immerso in un ambiente fatto di parole, puo addirittura imparare la musica
se immerso in una varieta di suoni e ritmi. E per la matematica? Perche non
puo essere lo stesso? Che cosa fa sı che questo apprendimento per osmosi non
funzioni?
La mia idea era che non fosse un problema intrinseco alla materia, ma piuttosto
fosse dovuto all’ambiente che circonda il bambino che quasi mai e preparato
per facilitare l’apprendimento della matematica. Le premesse teoriche, infatti,
mi dicono che il bambino, anche molto piccolo, ha una mente matematica
come emerge dai lavori di Butterworth, Antell e Keating e dalle ricerche di
Karen Wynn, ecc.
L’osservazione che ho compiuto al Nido e alla Casa dei Bambini della Scuola
Montessori di Varese mi ha fornito valide conferme al fatto che nei bam-
bini emergono, pur con tutte le differenze individuali, forti capacita logico-
matematiche (riconoscimento esatto di quantita, forme, grandezze e altro
ancora) e un crescente interesse ai numeri e alle cifre ad essi relative.
Offrendo loro materiali con cui giocare con i numeri, ma anche con concet-
ti matematici come le relazioni d’ordine, il confronto eccetera, i bambini
spontaneamente si appassionano all’affascinante mondo della matematica.
Un’altra conclusione a cui sono giunta e che la matematica e solo un aspetto
della formazione di un bambino, e le abilita matematiche solo una delle
manifestazioni delle capacita della mente del bambino. Nei bambini che ho
104 Conclusioni
osservato ho visto in pratica, nel loro agire, la manifestazione di quello che
affermava Maria Montessori: “la forma della mente umana e matematica”.
Nella tesi ho mostrato come un ambiente di apprendimento preparato e acco-
gliente riesca a far emergere nei bambini questa mente matematica in maniera
naturale e senza esplicitamente proporre una “didattica della matematica”.
A questo punto non vorrei che si pensasse che un ambiente cosı stimolante
crei dei piccoli geni della matematica con l’obiettivo di sfruttare precocemente
le capacita della mente infantile, magari a futuri fini aziendali. Io vedo
semplicemente che un ambiente cosı vivo e davvero a misura di bambino
“pensante” fa nascere l’amore per una materia a lungo bistrattata e da risposte
a curiosita precise. I risultati si vedono, non solo nella familiarita con il mondo
dei numeri, ma soprattutto nell’ordine mentale, nell’equilibrio psichico che in
modi diversi i bambini manifestano.
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Ringraziamenti
Innanzitutto ringrazio il Prof. Massimo Squillacciotti e il Prof. Riccardo Putti
per il supporto che ho ricevuto nel compilare la mia tesi a 430 km di distanza.
Un grazie speciale ai bambini del Nido e della Casa dei Bambini, veri pro-
tagonisti di questo lavoro che, senza tante teorie, ma con l’agire pratico, mi
hanno mostrato come il gioco puo essere apprendimento.
A Grazia Honegger Fresco per l’aiuto concettuale, le innumerevoli occasioni
di confronto e l’interessante quanto consistente “pila” di libri che mi ha
consigliato di leggere.
Alle maestre del Nido Vanna, Micol, Adelaide ed Elisabetta, a quelle della
Casa dei Bambini Chiara e Samantha per la disponibilita e la pazienza che
hanno avuto nel rispondere alle mie domande e nell’avermi spiegato l’uso dei
vari materiali.
Alla coordinatrice del Nido e Casa dei Bambini Graziosa e alla segretaria
Elisabetta per avermi permesso di “stazionare” nella scuola.
Un grazie di cuore va alle mie colleghe Pina, Angela, Lidia, Mara, Anna
e Gabriella che in questo anno particolarmente laborioso mi hanno spesso
sollevata da alcune incombenze lavorative.
Un grazie alla squadra di supporto senese: Luigi, Alfonso e Laura, che mi ha
aiutato con la logistica universitaria.
Grazie alla mia amica Cristina che mi ha incoraggiato a non demordere anche
quando la tesi si stava perdendo in un mare di altre responsabilita.
E da ultimo, ma non meno importante un grazie molto speciale al mio Nicolo,
bambino paziente e attento, che con i racconti del suo “fare” a scuola mi ha
chiarito molte idee e a Mario, grande “referee”, che ha letto la mia tesi con
occhio da scienziato.