Il Manifesto Del 29 Novembre 2015

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PUBBLICO IMPIEGO | PAGINA 6 30mila in corteo «Contratto ora o sarà sciopero» SPECIALE CLIMA In edicola Effetto terra In occasione della Conferenza mondiale sul clima di Parigi il manifesto mette in edicola un inserto speciale di 16 pagine Per i sindacati un «insulto» i 5 euro al mese offerti da Renzi. In piazza a Roma per au- mento degli stipendi e sblocco del turnover L a ventunesima Conferenza delle Parti sul clima di Parigi – che si apre in un’atmosfera surreale dopo gli attentati terrori- stici - con ogni probabilità non sa- rà ancora risolutiva. Gli impegni volontari annunciati, com’è noto, non basterebbero a contenere l’aumento delle temperature glo- bali ben al di sotto dei 2°C – sarem- mo ancora a meno di metà strada – ma alcuni segnali positivi degli ultimi mesi consentono di nutrire qualche speranza. CONTINUA |PAGINA 3 COP21 Ce n’est qu’un debut Giuseppe Onufrio In una Parigi blindata e ancora sotto choc per gli attentati dell’Isis si apre oggi la Conferenza internazionale dell’Onu sul clima. Tra i 40 mila partecipanti anche 150 capi di stato e di governo. Marce in tutto il mondo: salvate il pianeta dall’effetto serra PAGINE 2,3 BIANI SANITÀ IN PIAZZA Il tetto della sopportazione Ivan Cavicchi L’ ultimo atto del multilate- ralismo, ormai messo in difficoltà su tutti i fronti nel mondo, si apre purtroppo in una città blindata dove vige lo stato d’emergenza, ancora in preda alla paura degli attentati, con 120mila uomini armati, tra polizia e esercito, schierati in Francia, più di 10mila solo a Pari- gi per proteggere i grandi del mondo, mentre la società civile è relegata in secondo piano, le manifestazioni bloccate a causa del terrorismo. La Cop21 accoglie oggi al Bourget 196 delegazioni di stati, con circa 150 capi di stato e di governo presenti. Sulla ventune- simo appuntamento della «Con- ferenza dei pari», organizzata dall’Onu, si sono concentrate le speranze di trovare una soluzio- ne globale per impedire un ri- scaldamento climatico, ora in crescita esponenziale, che mi- naccia di travolgere a breve (e in parte già travolge) milioni di persone, causando disastri uma- ni e economici, flussi di rifugia- ti, in prospettiva 400 milioni di persone a rischio. La Cop21 non è un appuntamento impor- tante solo perché ha luogo a Pari- gi, non è il senso del teatro tipi- co della Francia a farne un mo- mento-chiave. CONTINUA |PAGINA 2 PARIGI È l’ultima chance Anna Maria Merlo ALTA TENSIONE MOSCA-ANKARA. IN TURCHIA SCONTRI A DIYARBAKIR E ISTANBUL Assassinato per strada l’avvocato filo kurdo U n video mostra uomini che sparano contro un poliziotto dall’interno della loro vettura. In seguito, si vedono varie persone fuggire dalla macchina nelle strade limitrofe. Si è trattato di un assassinio a sangue freddo, in un luogo pub- blico, dopo una manifestazione in difesa dei diritti dei kurdi e per denunciare lo stato di assedio della città di Sur, guidata da un uomo che ha sostenuto l’ingiustizia che il Partito dei lavoratori del Kurdi- stan (Pkk) sia nella lista dei gruppi terroristici. Per Elci, il Pkk è semplicemente un’«organizzazione po- litica armata» molto popolare. Ha ripetuto le sue opinioni lo scorso ottobre dagli schermi della televi- sione Cnn Turk ACCONCIA |PAGINA 4 DOPO IL 13 NOVEMBRE A PARIGI |PAGINA 4 Jihadismo, regimi e zone grigie. Le attese tradite di un’intera generazione di attivisti laici MARINA CALCULLI, FRANCESCO STRAZZARI Dopo l’agguato all’hotel Radisson di Bamako del 20 novembre (21 i morti e 170 iferiti), ancora un attacco: 3 le vittime - 2 caschi blu guineani e un civile - e 21 i feriti da lanci di missili a Kidal (nel nord-est del Paese) contro un campo della Missione Onu. Gli Usa allertano la Francia: «Pos- sibili nuovi assalti a Bamako» PLANTERA |PAGINA 5 MALI/FRANCIA Attacco a base Onu: 3 morti Usa: Bamako nel mirino IL PAPA IN AFRICA «Migranti test d’umanità». Oggi a Bangui il Giubileo Il papa a Entebbe ha lodato l’Uganda che ospita 500mila rifugiati. «I profughi - ha detto - sono un test della nostra uma- nità». Nessuna parola però sui diritti degli omosesuali ugande- si perseguitati. Oggi a Bangui Francesco aprirà i la porta san- ta per il Giubileo della miseri- cordia e dopo visiterà la mo- schea CONTINUA |PAGINA 5 Tre morti e cinque feriti: bilan- cio dell’attacco mortifero alla filiale di Panned Parenthood di Colorado Springs, in Colorado, rimette l’America davanti alla violenza «nazionale», a quella alimentata dalla parossistica diffusione di armi da fuoco e all’estremismo violento della destra oltranzista CELADA |PAGINA 5 AMERICAN FIGHTERS Colorado, spara nella clinica per aborti: tre le vittime P iazza Santi apostoli a Roma si riempie sempre. Il segreto, essendo lunga e stretta, è la posizione del palco: se la gente è poca basta metterlo avanti se la gente è molta basta metterlo indie- tro. Ieri alla manifestazione dei me- dici il palco era indietro anzi in fon- do alla piazza e i medici erano tan- ti. In mezzo a loro, mille abbracci, strette di mano, battute, fotografie, innumerevoli scambi di opinione sui problemi caldi... e tante ma tan- te bandiere. CONTINUA |PAGINA 7 «Il disastro climatico è causato dalle logiche del profitto È grave che alla Cop 21 l’agricoltura sostenibile sia messa ai margini» INTERVISTA A CARLO PETRINI Rachele Gonnelli |pagina 3 FILIPPINE, PROTESTA CONTRO I CAMBIAMENTI CLIMATICI A MANILA FOTO ERIK DE CASTRO-REUTERS ANNO XLV . N. 285 . DOMENICA 29 NOVEMBRE 2015 EURO 1,50 CON C'E' VITA A SINISTRA + EURO 0,50 CON LE MONDE DIPLOMATIQUE + EURO 2,00 Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento po- stale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, Aut. GIPA/C/RM/23/2013

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Il manifesto 29.11.2015

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Page 1: Il Manifesto Del 29 Novembre 2015

PUBBLICO IMPIEGO | PAGINA 6

30mila in corteo«Contratto orao sarà sciopero»

SPECIALE CLIMA

In edicola

Effetto terra

In occasione della Conferenzamondiale sul clima di Parigiil manifesto mette in edicolaun inserto speciale di 16 pagine

Per i sindacati un «insulto» i 5 euro al meseofferti da Renzi. In piazza a Roma per au-mento degli stipendi e sblocco del turnover

L a ventunesima Conferenzadelle Parti sul clima di Parigi– che si apre in un’atmosfera

surreale dopo gli attentati terrori-stici - con ogni probabilità non sa-rà ancora risolutiva. Gli impegnivolontari annunciati, com’è noto,non basterebbero a contenerel’aumento delle temperature glo-bali ben al di sotto dei 2°C – sarem-mo ancora a meno di metà strada– ma alcuni segnali positivi degliultimi mesi consentono di nutrirequalche speranza. CONTINUA |PAGINA 3

COP21

Ce n’estqu’un debut

Giuseppe Onufrio

In una Parigi blindata e ancora sotto chocper gli attentati dell’Isis si apre oggi

la Conferenza internazionale dell’Onu sul clima.Tra i 40mila partecipanti anche 150 capi

di stato e di governo.Marce in tuttoil mondo: salvate il pianeta dall’effetto serra

PAGINE 2,3

BIANI

SANITÀ IN PIAZZA

Il tettodella sopportazione

Ivan Cavicchi

L’ ultimoattodelmultilate-ralismo, ormai messo indifficoltà su tutti i fronti

nel mondo, si apre purtroppo inuna città blindata dove vige lostato d’emergenza, ancora inpreda alla paura degli attentati,con 120mila uomini armati, trapolizia e esercito, schierati inFrancia, più di 10mila solo a Pari-gi per proteggere i grandi delmondo, mentre la società civileè relegata in secondo piano, lemanifestazioni bloccate a causadel terrorismo.

La Cop21 accoglie oggi alBourget 196 delegazioni di stati,con circa 150 capi di stato e digoverno presenti. Sulla ventune-simo appuntamento della «Con-ferenza dei pari», organizzatadall’Onu, si sono concentrate lesperanze di trovare una soluzio-ne globale per impedire un ri-scaldamento climatico, ora increscita esponenziale, che mi-naccia di travolgere a breve (ein parte già travolge) milioni dipersone, causando disastri uma-ni e economici, flussi di rifugia-ti, in prospettiva 400 milioni dipersone a rischio. La Cop21non è un appuntamento impor-tante solo perchéha luogo aPari-gi, non è il senso del teatro tipi-co della Francia a farne un mo-mento-chiave. CONTINUA |PAGINA 2

PARIGI

È l’ultimachance

Anna Maria Merlo

ALTA TENSIONE MOSCA-ANKARA. IN TURCHIA SCONTRI A DIYARBAKIR E ISTANBUL

Assassinato per stradal’avvocato filo kurdoU n video mostra uomini che sparano contro

un poliziotto dall’interno della loro vettura.In seguito, si vedono varie persone fuggire

dalla macchina nelle strade limitrofe. Si è trattatodi un assassinio a sangue freddo, in un luogo pub-blico, dopo una manifestazione in difesa dei dirittidei kurdi e per denunciare lo stato di assedio dellacittà di Sur, guidata da un uomo che ha sostenutol’ingiustizia che il Partito dei lavoratori del Kurdi-stan (Pkk) sia nella lista dei gruppi terroristici. PerElci, il Pkk è semplicemente un’«organizzazionepo-litica armata» molto popolare. Ha ripetuto le sueopinioni lo scorso ottobre dagli schermi della televi-sione Cnn Turk ACCONCIA |PAGINA 4

DOPO IL 13 NOVEMBRE A PARIGI |PAGINA 4

Jihadismo, regimie zone grigie. Le attesetradite di un’interagenerazione di attivisti laici

MARINA CALCULLI, FRANCESCO STRAZZARIDopo l’agguato all’hotel Radissondi Bamako del 20 novembre (21i morti e 170 iferiti), ancora unattacco: 3 le vittime - 2 caschiblu guineani e un civile - e 21 iferiti da lanci di missili a Kidal(nel nord-est del Paese) controun campo della Missione Onu.Gli Usa allertano la Francia: «Pos-sibili nuovi assalti a Bamako» PLANTERA |PAGINA 5

MALI/FRANCIA

Attacco a baseOnu: 3 mortiUsa: Bamakonel mirino

IL PAPA IN AFRICA

«Migranti testd’umanità».Oggi a Banguiil GiubileoIl papa a Entebbe ha lodatol’Uganda che ospita 500milarifugiati. «I profughi - ha detto -sono un test della nostra uma-nità». Nessuna parola però suidiritti degli omosesuali ugande-si perseguitati. Oggi a BanguiFrancesco aprirà i la porta san-ta per il Giubileo della miseri-cordia e dopo visiterà la mo-schea CONTINUA |PAGINA 5

Tre morti e cinque feriti: bilan-cio dell’attacco mortifero allafiliale di Panned Parenthood diColorado Springs, in Colorado,rimette l’America davanti allaviolenza «nazionale», a quellaalimentata dalla parossisticadiffusione di armi da fuoco eall’estremismo violento delladestra oltranzista CELADA |PAGINA 5

AMERICAN FIGHTERS

Colorado, sparanella clinicaper aborti:tre le vittime

P iazza Santi apostoli a Romasi riempie sempre. Il segreto,essendo lunga e stretta, è la

posizione del palco: se la gente època basta metterlo avanti se lagente èmolta bastametterlo indie-tro. Ieri allamanifestazione deime-dici il palco era indietro anzi in fon-do alla piazza e imedici erano tan-ti. In mezzo a loro, mille abbracci,strette dimano, battute, fotografie,innumerevoli scambi di opinionesui problemi caldi... e tantema tan-te bandiere. CONTINUA |PAGINA 7

«Il disastroclimaticoè causato

dalle logichedel profittoÈ grave cheallaCop21l’agricolturasostenibilesiamessaaimargini»

INTERVISTAA CARLO PETRINIRacheleGonnelli |pagina 3

FILIPPINE, PROTESTA CONTRO I CAMBIAMENTI CLIMATICI A MANILA FOTO ERIK DE CASTRO-REUTERS

ANNO XLV .N. 285 .DOMENICA 29NOVEMBRE 2015 EURO 1,50

CON C'E' VITA A SINISTRA + EURO 0,50CON LE MONDE DIPLOMATIQUE + EURO 2,00

Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento po-stale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46)

art. 1, comma 1, Aut. GIPA/C/RM/23/2013

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pagina2 il manifesto DOMENICA 29 NOVEMBRE 2015

Rachele Gonnelli

«N on si comincia mica bene». Ilvertice dell’Onu sul clima a Pa-rigi non è ancora cominciato

e Carlo Petrini, fondatore di Slow Food eeco-gastronomo di fama internazionale, èpreoccupato.Perché non si comincia bene?

Nelle 54 pagine del testo che apre i lavorinon c’è la parola «agricoltura», neancheuna volta, non si cita mai il problema del-la biodiversità. È una carenza grave per-ché si tagliano fuori miliardi di persone epoi segnala un errore di impostazione.Perché agricoltura significa cibo, econo-mia locale, significa sovranità alimentaredei popoli. L’agricoltura è insieme vittimadel cambiamento climatico, e anche, inparte, corresponsabile del problema. È vit-tima in quanto ogni aumento di un gradodella temperatura media determina unospostamento delle coltivazioni di 150 chi-lometri verso il nord geografico e di 150metri più in alto. Questo slittamento vuoldire perdita di prodotti in aree tipiche, di-struzione di zone rurali, impoverimentodi intere comunità e conseguente migra-zione delle popolazioni che non riesconopiù a vivere dove vivevano un tempo. Nel-lo stesso tempo l’agricoltura, per come siè andata configurando negli ultimi cin-quant’anni, ha incorporato lo spirito e ilsenso dell’economia industriale, è diven-tata per la maggior parte un’agricolturache mira al massimo profitto a una produ-zione massiva che non ha a cuore la dife-sa della natura e la salvaguardia delle risor-se della terra. L’agricoltura intensiva insie-

me all’allevamento industriale sono re-sponsabili del 70% del consumo di risorseidriche e la zootecnia da sola della produ-zione del 14% delle emissioni di gas serra.Sappiamo quanto siano disastrosi questiallevamenti, non solo per il benessere de-gli animali, ma anche per l’impatto chehanno sull’ambiente. Il modello che inten-sifica le produzioni non rispettando i rit-mi naturali , le stagioni, i raccolti, è lo stes-so che ci porta sulla tavola ogni giornoqualsiasi tipo di cibo, anche dal più sper-duto buco del mondo, come fosse una co-sa normale.Come se non avesse un costo sociale,un ultra-prezzo? Non ci siamo un po’ abi-tuati a tutto questo? ( pioggia autunna-le come un monsone, pesci tropicali nelMediterraneo, insetti e piante di altri cli-mi).

Sì, come ci hanno abituati a considerarenormale che il 35% del cibo prodotto ven-ga buttato, uno spreco che equivale alla di-struzione delle colture di 1,4 miliardi di et-tari di terra. Coltivazioni che hanno pro-dotto emissioni nocive. Perciò bisognacambiare logica rispetto al mantra che ciimpone solo di consumare, consumare,consumare.Nell’agenda del summit di Parigi ci sa-

ranno anche gli incontri dell’Ifad, l’agen-zia dell’Onu che chiede investimenti avantaggio dei piccoli agricoltori percombattere la desertificazione, Slow Fo-od può farsi sentire lì?

Abbiamo con l’Ifad una partnership diret-ta. Quando organizziamo, annualmente,Terra Madre partecipa sia l’Ifad sia la Fao.Aggiungo che un mese fa al meeting TerraMadre indigenous abbiamo radunato 145comunità indigene di 40 paesi del mon-do. Anche da lì è nato il nostro appello«Non mangiamoci il clima» che rivolgia-mo ai governi riuniti a Parigi. L’appello ègià sottoscritto da centinaia di associazio-ni e movimenti e ora sul sito www.slowfo-od.it attende la firma dei cittadini. Pensoche la presenza operativa della società ci-vile si debba far sentire, adesso o mai più.Non è possibile che Cop21 parta dandoper scontato che, se va bene, il pianeta sisurriscalderà di 2 gradi. Se poi i limiti diemissione dei gas serra, come sembra,non saranno vincolanti, non so dove si an-drà a finire.Se invece che di biodiversità e landgrabbing, si parlerà soprattutto di agro-fuel e carbon markets, non è perché legrandi company del nucleare, dell’ac-qua, delle auto nel voler "dare il lorocontributo alla causa ecologica" stan-no facendo lobby? L’ong Transnationalinstitute dice che sono loro ad aver so-stenuto come sponsor il 20% delle spe-se del summit.

Non mi stupisce. Già sei-sette mesi fa ave-vamo segnalato come certe sponsorizza-zioni di multinazionali non fossero unbuon segnale. Ma sono i governi che devo-no prendere le decisioni, a loro ci dobbia-mo rivolgere.Lo slogan dei movimenti che saranno inpiazza oggi è «system change not clima-te change». D’accordo? Si deve cambia-re sistema?

Non c’è ombra di dubbio. Bisogna cam-biare paradigma, dico io. Si deve capireche le cattive pratiche, basate solo sul bu-siness, generano iniquità e sconquassi am-bientali. Bisogna anche capire che si trat-ta di cambiare stile di vita. Ora sappiamotutti dell’allarme dell’Oms sull’eccessivoconsumo di carne. Ma si deve anche sape-re che se in Europa il consumo medio procapite in un anno è 100 chili e negli Usa125 chili, non si può chiedere agli africani,che ne consumano in media 5 chili l’an-no, di ridurlo perché inquina. Il ragiona-mento deve essere: contrazione per chechi consuma troppo e convergenza perchi non ne ha a sufficienza. Questa è unavera governance mondiale. Ma attualmen-te l’unico capo di Stato che sostiene un pa-radigma di equità e sostenibilità è il ponte-fice romano. L’enciclica Laudato Si è undocumento straordinario di riflessionesul cibo, la biodiversità, la povertà, su co-me tutto sia connesso.Per una governance mondiale ecologi-ca non servirebbe, come in Bolivia, unasorta di tribunale dell’Aja per i reati am-bientali?

Può essere una via. La scorsa settimana inBrasile c’è stato un immane disastro am-bientale e i responsabili non sono punibi-li in base alla legge brasiliana. Non lo sa-rebbero stati fino a vent’anni fa neanchein Italia. In Italia ancora manca una leggenazionale a difesa dei terreni agricoli sem-pre più invasi dalla cementificazione. Secontinuiamo così oltre al dissesto idrogeo-logico avremo un deserto di cemento.

Francesco DitarantoPARIGI

A poche ore dall’inizio della Cop21,la Conferenza delle Nazioni Unitesul cambiamento climatico, la

stretta del governo francese sulla libertàdi movimento e manifestazione si fa pe-sante. A farne le spese, alcune decine dimilitanti ecologisti o d’estrema sinistrache si sono visti notificare l’obbligo di di-mora nei loro comuni di residenza.L’obiettivo dell’esecutivo è chiaro: impe-dire contestazioni pubbliche alla Confe-renza, rendendo impossibile agli attivi-sti avvicinarsi alla capitale, anche in vir-tù dello stato d’emergenza che vietaogni tipo di manifestazione.

Particolarmente colpiti dai provvedi-menti restrittivi, sono i cosiddetti zadisti(il nome deriva dall’acronimo Zad, in ita-liano zona da difendere) di Notre Damede Lande, che occupano da anni l’areadove dovrebbe sorgere il nuovo aeropor-to internazionale di Nantes. Quella zadi-sta è una galassia composita, che va daimilitanti ecologisti agli anarchici, fino asemplici agricoltori della zona contrarial progetto del mega-aeroporto.

Ed è proprio a causa del sostegno aglioppositori del progetto dell’aeroporto e,più in generale, del suo impegno ecolo-gista, che l’avvocato Joël Domenjoud,membro del team legale della Coalizio-ne Climat, un rassemblement di 130ong ambientaliste critiche rispetto allaCop 21, si è visto notificare l’obbligo didimora fino al 12 dicembre, quando laconferenza internazionale sarà conclu-

sa. Il legale, convocato al commissariatodi polizia giovedì mattina per la comuni-cazione del provvedimento, non potràlasciare il suo domicilio dalle 20 alle 6 edovrà recarsi al posto di polizia tre volteal giorno per la firma di rito.

Dello stesso tenore i provvedimentiemessi contro sei militanti ecologisti ed’estrema sinistra di Rennes, nel norddel paese e a un centinaio di chilometrida Nantes. Fonti vicine agli attivisti riferi-

scono in particolare che a uno dei sei sa-rebbe stata contestata la partecipazio-ne a scontri con le forze dell’ordine du-rante una manifestazione a Nantes, perla quale, però, non è mai stato indaga-to. Il collegamento, anche in questo ca-so, sarebbe il sostegno alla lotta control’aeroporto.

Secondo il ministro dell’interno Ber-nard Cazeneuve, la ragione di questerestrizioni della libertà personale sonoda rintracciare nella minaccia poten-ziale per l’ordine pubblico rappresen-tata da persone sospettate di apparte-nere a movimenti radicali. Il ministroha rivendicato la giustezza di questemisure. Lo stato d’emergenza, nel qua-le la Francia vivrà almeno per tre mesi,

autorizza provvedimenti del genere,senza l’avallo di un giudice.

Non mancano però le proteste ufficialidavanti a quella che sembra una proiezio-ne reale delle ipotesi di deroga alla Con-venzione Europea dei Diritti dell’Uomo,paventate proprio dal governo francesein una lettera al Consiglio d’Europa. PerEmmanuelle Cosse, segretaria di Euro-pa Ecologia- I Verdi, «non è ammissibileche gli ambientalisti diventino degliobiettivi». La stessa presa di posizione èarrivata da Greenpeace Francia, mentresecondo Stephan Oberreit, direttore del-la sezione francese di Amnesty Interna-tional, «il sistematico divieto di tutte lemanifestazioni che abbiano un legamecon la Cop 21, toglie un mezzo d’espres-

sione fondamentale a tutte le voci criti-che». Ancora più dura è la presidentedella Lega dei Diritti dell’Uomo, Françoi-se Dumont, che ha espresso profondacontrarietà alla costituzione di uno statod’emergenza perenne.

Nel frattempo, nel pomeriggio di iericirca 400 zadisti sono arrivati alle portedi Parigi, nei pressi della reggia di Versail-les, per dimostrare contro la conferenzadelle Nazioni Unite, definita una messain scena.

Si moltiplicano, infine, come rilevatoormai anche dai maggiori quotidianinazionali, le segnalazioni di perquisizio-ni mal calibrate, improvvisate o eccessi-vamente dure, da parte delle forzedell’ordine.

STATO D’EMERGENZA · La protesta di Verdi e associazioni

Divieto dimanifestare,gli ecologisti nel «mirino»

O vunque, persino in un atollodell’arcipelago delle Fiji, tranneche a Parigi. Contando anche la

piccola marcia organizzata dalla chiesametodista di Savu, nelle Fiji appunto, etutti gli eventi anche minuscoli e sperdu-ti - ma sempre colorati e spettacolari - lemanifestazioni per chiedere ai governan-ti del mondo un cambio di passo radica-le per contenere l’impronta dell’uomosul clima e sull’ecosistema saranno intutto 2.331 in 150 paesi nel lungoweek-end che precede il via al summitOnu di Parigi. Il conto è del quotidianobritannico The Guardian.

A Parigi no, lì non potranno avvicinar-si , probabilmente, almeno in corteo, ipellegrini del clima che sono partiti a pie-di da Utrecht, in Olanda. Gli ambientali-sti parigini che nei giorni scorsi avevanoprovato a violare, con cartelli e striscio-ni, il divieto imposto dal governo france-se sono stati messi agli arresti domicilia-ri con stringenti obblighi di firma per ledue settimane del vertice che inizia oggie durerà fino all’11 dicembre. Nel frat-tempo dal Giappone all’Australia il mon-do non ha aspettato il sorgere del solesulla capitale del summit, l’evento che,

nel bene o nel male, farà storia dovendosostituire il Protocollo di Kyoto sui limitiai gas serra entro il 2020.

In Nuova Zelanda le marce sono statemolto partecipate. Ad Auckland si calco-la che alla manifestazione abbiano parte-cipato tra le 15 e le 20 mila persone, 40mila a Melbourne, almeno 5 mila a Bri-sbane e molte altre migliaia in 35 cittàpiccole e medie. Tanto che il primo mini-stro neozelandese John Key è partito perParigi dicendo di ritenere «credibile»una limitazione del 30 mper cento delleemissioni.

Tra gli eventi planetari che si sono giàtenuti è da segnalare la marcia di Edim-burgo, almeno 5 mila persone secondogli organizzatori della Stop Climate Cha-

os Scotland, coalizione che raggruppasessanta organizzazioni ecologiste, sutre parole d’ordine: clima, giustizia, lavo-ro e cartelli che chiedono una riconver-sione totale dell’economia scozzeselow-carbon. Un successone secondo ilportavoce Tom Ballantine che dice di es-sere «fiero della risposta del popolo scoz-zese».

Anche a Londra, a Park Lane, dove og-gi sono attese 7 mila presenze tra cui illeader laburista Jeremy Corbyn a brac-cetto con i leader del Green Party, oltrealla giustizia ambientale la parola d’ordi-ne è «job», lavoro.

A Toronto, che marcerà nella nostranotte, è sbarcata l’attrice premio OscarEmma Thomson al fianco dei rappresen-tanti del popolo inuit farà da testimonialin particolare alla campagna di Greenpe-ace contro le perforazioni petrolifere del-la Shell nel circolo polare artico. «Wechange or we die», o cambiamo o mori-remo, ha detto l’attrice britannica con ildono della sintesi. A Londra è attesa co-me testimonial la cantante Adele. Tokyoieri ha sfilato sotto la pioggia. Non segna-lato il meteo a Dacca, Kampala, NewDelhi, Bogotà, che marciano oggi. r. g.

La data del 2015 come punto disvolta per trovare un accordo chedovrebbe entrare in vigore nel

2020, era stata decisa nel 2011 a Durban,in seguito allo scottante fallimento dellariunione di Copenaghen, nel 2009, che siera conclusa con un breve documento ditre pagine. «Più tardi, sarà troppo tardi»,ha riassunto il ministro degli esteri, Lau-rent Fabius, che dirige i lavori e che ritieneche ci sia «un obbligo di successo« allaconclusione l’11 dicembre.

In gioco alla Cop21 c’è la sicurezza.Quella di assicurare un avvenire possibilealla Terra e ai suoi abitanti. Ma nell’imme-diato, la sicurezza è legata alla lotta al ter-rorismo. Per garantire questa sicurezza, ilgoverno ha proibito le manifestazioni pre-viste, la marcia di oggi e quella conclusivail 12 dicembre. Ieri, i «zadistes» (militantiper le «zones à défendre») hanno alla fineottenuto di poter organizzare un pic nic aVersailles. Greenpeace ha mandato in ariauna mongolfiera alla Tour Eiffel, che dastasera sarà illuminata di verde (passandodal buio del dopo-attentati e dal blu, bian-co e rosso del tricolore in omaggio alle vit-time), con interventi artistici successivi.Stamattina, alcune organizzazioni, a co-minciare da Attac, invitano a formare una«catena umana» da place de la Républi-que sul boulevard Voltaire.

Ma il governo è nervoso: mille persone,ha rivelato ieri il ministro degli Interni Ber-nard Cazeneuve, sono state impedite di en-trare in Francia negli ultimi giorni, e nei nego-zi della regione Ile-de-France non sono piùin vendita i prodotti infiammabili. Su più di400 iniziative militanti, almeno un centinaiosonostate cancellate. Il Prefetto ha caldamen-te consigliato ai parigini di non muoversi dicasa, salvo «assoluta necessità», sia oggi chelunedì, anche se il métro è gratis, perché alcu-ni grandi assi stradali saranno chiusi ocon cir-colazione limitata a causa del passaggio delledelegazioni verso il Bourget.

I negoziati avverranno sotto una cappa,nell’isolamento del Bourget, attorno a untesto preparatorio di 55 pagine, ancorapieno di parentesi quadre (con opzioni di-vergenti). Le delegazioni avranno di fron-te le insegne delle grandi imprese mondia-li, dai produttori di energia alla grande di-stribuzione, gli sponsor della Cop21, chehanno messo in campo una enorme ope-razione di ipocrita greenwashing. Standoai «contributi nazionali» che sono arrivatia Parigi, da 183 paesi, l’obiettivo minimo -mantenere il riscaldamento climatico sot-to l’aumento di 2 gradi - non potrà essereraggiunto entro fine secolo. Al meglio ci sa-rà la «catastrofe» di +3 gradi. Non è certose l’eventuale accordo sarà giuridicamen-te vincolante, poiché alcuni paesi, a co-minciare dagli Usa, hanno difficoltà a farapprovare un trattato internazionale.

La Francia si accontenterebbe di un ac-cordo che obblighi almeno alla «trasparen-

za» delle azioni e a un meccanismo vinco-lante di revisione degli impegni presi daglistati ogni cinque anni, ormai accettato an-che dalla Cina. Sul tavolo c’è la più che spi-nosa questione dei finanziamenti: chi de-ve pagare per la lotta all’effetto serra? A Co-penhagen il Nord del mondo aveva pro-messo 100 miliardi di dollari al Sud. Per av-vicinarsi a questa cifra, sono stati addizio-nati contributi e aiuti di ogni tipo, anchequelli che hanno poco a che fare con la lot-ta al riscaldamento climatico. Il parentepovero di questi trasferimenti sono i finan-ziamenti all’adattamento delle società col-pite (pari solo al 16% degli impegni), con-centrate nei paesi più poveri. I principaliresponsabili di produzione di Co2 sono Ci-na, Usa, Ue, India, Russia, Indonesia,Giappone. Se calcolato pro capite, in testaci sono gli Usa, ma anche i paesi del Golfo,

l’Australia, il Canada. Enormi interessi eco-nomici si scontrano, sia al Nord che alSud, nei paesi produttori di petrolio, negliemergenti. La «crescita verde», termineadottato nel 2005 alla conferenza di Seul,è in parte ancora nel cassetto - il Pil è lega-to al consumo di energia e l’energia è amaggioranza di origine fossile - anche semolti economisti e ormai qualche indu-striale fanno intravvedere grandi possibili-tà di ripresa economica. La riconversioneverso energie rinnovabili è solo all’inizio,ha ancora costi alti (e alcuni paesi, Franciain testa, vantano le qualità del nucleare«pulito» in Co2). Sul tavolo dei negoziatic’è il «prezzo» del Co2, che per il sistemaeconomico dominante sarebbe la stradamaestra per uscire dalla crisi, cioè colpireil portafoglio per convincere obtorto colloa investire nelle energie rinnovabili.

INTERVISTA · Carlo Petrini, fondatore di Slow food: il disastro è colpa del profitto

«La salvezza sono i contadini»

DALLA PRIMAGiuseppe Onufrio*

CoP21, ce n’estque un debut

EFFETTO TERRA EFFETTO TERRA

Nel week end oltre duemila eventi di piazza in 150 paesi, con una solarichiesta al vertice delle Nazioni unite: «Salvare il pianeta prima che sia tardi»Parigi •

Lacapitaleblindataper laCop21Alla Conferenzasul clima, 196delegazioni,con 150 capidi stato e digoverno presenti.Lo scopo: trovareun accordoper garantireun avvenirealla Terrae ai suoi abitanti

«È grave che il paradigmadel summit sia legatoal business. L’unico capodi Stato che parladi biodiversità è il papa»

Perquisizioni a tappetoalla vigilia della Cop21.Obbligo di dimorain casa per un dirigentedelle ong ambientaliste

A SINISTRA,PROTESTA DIGREENPEACE SULLERINNOVABILI.AL CENTRO, CORTEOPER IL CLIMAA EDIMBURGO.SOTTO A SINISTRA,CONTROLLI DISICUREZZA A PARIGI.ACCANTO,AL LAVOROIN UNA FATTORIAIN SUD AFRICAFOTO REUTERS,PA, MAXPP

Il blocco dell’oleodotto Keysto-ne XL, chiesto da migliaia di cit-tadini americani e canadesi, è

stato bloccato dal Presidente Obama e,anche con questa decisione, lo svilup-po della produzione petrolifera da scistibituminosi – una delle più inquinanti –è stato notevolmente ridimensionato; ilritiro della Shell dall’Artico e la cancel-lazione dei permessi da parte america-na ha bloccato un ulteriore espansio-ne della produzione petrolifera; i datirelativi al calo dei consumi di carbonein Cina confermano una tendenza for-se decisiva date le dimensioni di quelPaese.

I successi della campagna per disin-vestire dalle fossili – dal fondo pensio-ni norvegese alla Chiesa d’Inghliterra -anche se non hanno ancora modifica-to il mercato, rappresentano una novi-tà di grande rilievo. La posizione di Hil-lary Clinton a favore di uno scenario al100% rinnovabile – per quanto si trattidi propaganda elettorale – ha avuto an-che il valore di «sdoganare» definitiva-mente un obiettivo finora posto in que-sti termini quasi solo dalle associazio-ni ambientaliste.

Ma non ancora in Italia, per la veri-tà: il governo Renzi continua imperter-rito a promuovere le trivelle petrolife-re a mare e a bloccare in modo ingiu-stificabile le rinnovabili, aiutato daun ministro dell’ambiente che propo-ne risibili giustificazioni «etiche» (tri-vellare nei nostri mari sarebbe più si-curo che altrove) per tutelare interes-si di poche aziende a fronte di quanti-tà marginali di petrolio (2 mesi diconsumo italiano). E, allo stesso tem-po, il governo chiede (giustamente)di fissare l’obiettivo a 1,5°C : sarebbeora di avere un comportamento mini-mamente coerente.

Va meglio però a livello industriale:il nuovo piano di Enel – recentementeaggiornato – che vira decisamente ver-so le rinnovabili, l’efficienza e le smartgrids è una novità importante a livellointernazionale, data la dimensionedell’azienda.

L’Enciclia Laudato si’ di papa France-sco – assieme alla presa di posizionedelle maggiori fedi in tema d cambia-menti climatici – rappresenta una novi-tà importantissima: pone la questionesul piano etico e parla a miliardi di per-sone. Il messaggio dell’Enciclica è pie-namente condiviso da Greenpeace co-me dalle altre grandi associazioni am-bientaliste: i cambiamenti climatici col-piscono con maggiore violenza i pove-ri, e dunque coloro che hanno menoresponsabilità e allo stesso tempo me-no risorse per difendersi. Esiste unaquestione di giustizia climatica e gra-zie all’Enciclica questo è oggi un puntodi ampia condivisione tra credenti enon, tra persone di fedi diverse e devediventare anche il terreno di un nuovodialogo tra i popoli per la difesa del pia-neta come casa comune.

Dunque la CoP21 arriva in un conte-sto mai così favorevole sul piano deicontenuti. Ed è stata drammaticamen-te preceduta dai fatti del 13 novembreche, in modo tragico, sottolineano an-che il legame che c’è tra questione cli-matica ed energetica e la promozionedella pace. Da un lato, infatti, i cambia-menti climatici aumentano le pressio-ni ambientali e su risorse come l’ac-qua, con il rischio di ulteriori conflitti emigrazioni di massa per ragioni climati-che; dall’altra un modello che progressi-vamente elimini le fonti fossili, ridurreb-be anche i rischi di conflitti gravi comequelli per il petrolio.

Possiamo dire che la CoP 21 sarà sta-ta un successo se: 1. Manderà un segna-le chiaro che l’era delle fossili volge allasua fine; 2. Implicherà azioni nazionaliper il clima serie e coerenti; 3. promuo-verà la solidarietà internazionale e i fon-di necessari ai paesi poveri per adattar-si e sviluppare le alternative. Per vederese questo si realizzerà bisognerà aspet-tare ben dopo la Cop21. Che sarà stata,se va bene, solo l’inizio: la battaglia con-tinua anche dopo.

* direttore Greenpeace Italia

DALLA PRIMAAnnaMaria Merlo

Mondo •Stando ai contributi arrivati da 183 paesi, l’obiettivo minimo, mantenereil riscaldamento entro l’aumento di 2 gradi, non sarà raggiunto entro fine secolo

LE MARCE / Alle 14 manifestazione anche a Roma: da Campo de’ ai Fori Imperiali

DaTokyo a Brisbane, giàmilioni in piazzaIn Canada gli inuit contro le trivelle artiche

Page 3: Il Manifesto Del 29 Novembre 2015

DOMENICA 29 NOVEMBRE 2015 il manifesto pagina 3

Rachele Gonnelli

«N on si comincia mica bene». Ilvertice dell’Onu sul clima a Pa-rigi non è ancora cominciato

e Carlo Petrini, fondatore di Slow Food eeco-gastronomo di fama internazionale, èpreoccupato.Perché non si comincia bene?

Nelle 54 pagine del testo che apre i lavorinon c’è la parola «agricoltura», neancheuna volta, non si cita mai il problema del-la biodiversità. È una carenza grave per-ché si tagliano fuori miliardi di persone epoi segnala un errore di impostazione.Perché agricoltura significa cibo, econo-mia locale, significa sovranità alimentaredei popoli. L’agricoltura è insieme vittimadel cambiamento climatico, e anche, inparte, corresponsabile del problema. È vit-tima in quanto ogni aumento di un gradodella temperatura media determina unospostamento delle coltivazioni di 150 chi-lometri verso il nord geografico e di 150metri più in alto. Questo slittamento vuoldire perdita di prodotti in aree tipiche, di-struzione di zone rurali, impoverimentodi intere comunità e conseguente migra-zione delle popolazioni che non riesconopiù a vivere dove vivevano un tempo. Nel-lo stesso tempo l’agricoltura, per come siè andata configurando negli ultimi cin-quant’anni, ha incorporato lo spirito e ilsenso dell’economia industriale, è diven-tata per la maggior parte un’agricolturache mira al massimo profitto a una produ-zione massiva che non ha a cuore la dife-sa della natura e la salvaguardia delle risor-se della terra. L’agricoltura intensiva insie-

me all’allevamento industriale sono re-sponsabili del 70% del consumo di risorseidriche e la zootecnia da sola della produ-zione del 14% delle emissioni di gas serra.Sappiamo quanto siano disastrosi questiallevamenti, non solo per il benessere de-gli animali, ma anche per l’impatto chehanno sull’ambiente. Il modello che inten-sifica le produzioni non rispettando i rit-mi naturali , le stagioni, i raccolti, è lo stes-so che ci porta sulla tavola ogni giornoqualsiasi tipo di cibo, anche dal più sper-duto buco del mondo, come fosse una co-sa normale.Come se non avesse un costo sociale,un ultra-prezzo? Non ci siamo un po’ abi-tuati a tutto questo? ( pioggia autunna-le come un monsone, pesci tropicali nelMediterraneo, insetti e piante di altri cli-mi).

Sì, come ci hanno abituati a considerarenormale che il 35% del cibo prodotto ven-ga buttato, uno spreco che equivale alla di-struzione delle colture di 1,4 miliardi di et-tari di terra. Coltivazioni che hanno pro-dotto emissioni nocive. Perciò bisognacambiare logica rispetto al mantra che ciimpone solo di consumare, consumare,consumare.Nell’agenda del summit di Parigi ci sa-

ranno anche gli incontri dell’Ifad, l’agen-zia dell’Onu che chiede investimenti avantaggio dei piccoli agricoltori percombattere la desertificazione, Slow Fo-od può farsi sentire lì?

Abbiamo con l’Ifad una partnership diret-ta. Quando organizziamo, annualmente,Terra Madre partecipa sia l’Ifad sia la Fao.Aggiungo che un mese fa al meeting TerraMadre indigenous abbiamo radunato 145comunità indigene di 40 paesi del mon-do. Anche da lì è nato il nostro appello«Non mangiamoci il clima» che rivolgia-mo ai governi riuniti a Parigi. L’appello ègià sottoscritto da centinaia di associazio-ni e movimenti e ora sul sito www.slowfo-od.it attende la firma dei cittadini. Pensoche la presenza operativa della società ci-vile si debba far sentire, adesso o mai più.Non è possibile che Cop21 parta dandoper scontato che, se va bene, il pianeta sisurriscalderà di 2 gradi. Se poi i limiti diemissione dei gas serra, come sembra,non saranno vincolanti, non so dove si an-drà a finire.Se invece che di biodiversità e landgrabbing, si parlerà soprattutto di agro-fuel e carbon markets, non è perché legrandi company del nucleare, dell’ac-qua, delle auto nel voler "dare il lorocontributo alla causa ecologica" stan-no facendo lobby? L’ong Transnationalinstitute dice che sono loro ad aver so-stenuto come sponsor il 20% delle spe-se del summit.

Non mi stupisce. Già sei-sette mesi fa ave-vamo segnalato come certe sponsorizza-zioni di multinazionali non fossero unbuon segnale. Ma sono i governi che devo-no prendere le decisioni, a loro ci dobbia-mo rivolgere.Lo slogan dei movimenti che saranno inpiazza oggi è «system change not clima-te change». D’accordo? Si deve cambia-re sistema?

Non c’è ombra di dubbio. Bisogna cam-biare paradigma, dico io. Si deve capireche le cattive pratiche, basate solo sul bu-siness, generano iniquità e sconquassi am-bientali. Bisogna anche capire che si trat-ta di cambiare stile di vita. Ora sappiamotutti dell’allarme dell’Oms sull’eccessivoconsumo di carne. Ma si deve anche sape-re che se in Europa il consumo medio procapite in un anno è 100 chili e negli Usa125 chili, non si può chiedere agli africani,che ne consumano in media 5 chili l’an-no, di ridurlo perché inquina. Il ragiona-mento deve essere: contrazione per chechi consuma troppo e convergenza perchi non ne ha a sufficienza. Questa è unavera governance mondiale. Ma attualmen-te l’unico capo di Stato che sostiene un pa-radigma di equità e sostenibilità è il ponte-fice romano. L’enciclica Laudato Si è undocumento straordinario di riflessionesul cibo, la biodiversità, la povertà, su co-me tutto sia connesso.Per una governance mondiale ecologi-ca non servirebbe, come in Bolivia, unasorta di tribunale dell’Aja per i reati am-bientali?

Può essere una via. La scorsa settimana inBrasile c’è stato un immane disastro am-bientale e i responsabili non sono punibi-li in base alla legge brasiliana. Non lo sa-rebbero stati fino a vent’anni fa neanchein Italia. In Italia ancora manca una leggenazionale a difesa dei terreni agricoli sem-pre più invasi dalla cementificazione. Secontinuiamo così oltre al dissesto idrogeo-logico avremo un deserto di cemento.

Francesco DitarantoPARIGI

A poche ore dall’inizio della Cop21,la Conferenza delle Nazioni Unitesul cambiamento climatico, la

stretta del governo francese sulla libertàdi movimento e manifestazione si fa pe-sante. A farne le spese, alcune decine dimilitanti ecologisti o d’estrema sinistrache si sono visti notificare l’obbligo di di-mora nei loro comuni di residenza.L’obiettivo dell’esecutivo è chiaro: impe-dire contestazioni pubbliche alla Confe-renza, rendendo impossibile agli attivi-sti avvicinarsi alla capitale, anche in vir-tù dello stato d’emergenza che vietaogni tipo di manifestazione.

Particolarmente colpiti dai provvedi-menti restrittivi, sono i cosiddetti zadisti(il nome deriva dall’acronimo Zad, in ita-liano zona da difendere) di Notre Damede Lande, che occupano da anni l’areadove dovrebbe sorgere il nuovo aeropor-to internazionale di Nantes. Quella zadi-sta è una galassia composita, che va daimilitanti ecologisti agli anarchici, fino asemplici agricoltori della zona contrarial progetto del mega-aeroporto.

Ed è proprio a causa del sostegno aglioppositori del progetto dell’aeroporto e,più in generale, del suo impegno ecolo-gista, che l’avvocato Joël Domenjoud,membro del team legale della Coalizio-ne Climat, un rassemblement di 130ong ambientaliste critiche rispetto allaCop 21, si è visto notificare l’obbligo didimora fino al 12 dicembre, quando laconferenza internazionale sarà conclu-

sa. Il legale, convocato al commissariatodi polizia giovedì mattina per la comuni-cazione del provvedimento, non potràlasciare il suo domicilio dalle 20 alle 6 edovrà recarsi al posto di polizia tre volteal giorno per la firma di rito.

Dello stesso tenore i provvedimentiemessi contro sei militanti ecologisti ed’estrema sinistra di Rennes, nel norddel paese e a un centinaio di chilometrida Nantes. Fonti vicine agli attivisti riferi-

scono in particolare che a uno dei sei sa-rebbe stata contestata la partecipazio-ne a scontri con le forze dell’ordine du-rante una manifestazione a Nantes, perla quale, però, non è mai stato indaga-to. Il collegamento, anche in questo ca-so, sarebbe il sostegno alla lotta control’aeroporto.

Secondo il ministro dell’interno Ber-nard Cazeneuve, la ragione di questerestrizioni della libertà personale sonoda rintracciare nella minaccia poten-ziale per l’ordine pubblico rappresen-tata da persone sospettate di apparte-nere a movimenti radicali. Il ministroha rivendicato la giustezza di questemisure. Lo stato d’emergenza, nel qua-le la Francia vivrà almeno per tre mesi,

autorizza provvedimenti del genere,senza l’avallo di un giudice.

Non mancano però le proteste ufficialidavanti a quella che sembra una proiezio-ne reale delle ipotesi di deroga alla Con-venzione Europea dei Diritti dell’Uomo,paventate proprio dal governo francesein una lettera al Consiglio d’Europa. PerEmmanuelle Cosse, segretaria di Euro-pa Ecologia- I Verdi, «non è ammissibileche gli ambientalisti diventino degliobiettivi». La stessa presa di posizione èarrivata da Greenpeace Francia, mentresecondo Stephan Oberreit, direttore del-la sezione francese di Amnesty Interna-tional, «il sistematico divieto di tutte lemanifestazioni che abbiano un legamecon la Cop 21, toglie un mezzo d’espres-

sione fondamentale a tutte le voci criti-che». Ancora più dura è la presidentedella Lega dei Diritti dell’Uomo, Françoi-se Dumont, che ha espresso profondacontrarietà alla costituzione di uno statod’emergenza perenne.

Nel frattempo, nel pomeriggio di iericirca 400 zadisti sono arrivati alle portedi Parigi, nei pressi della reggia di Versail-les, per dimostrare contro la conferenzadelle Nazioni Unite, definita una messain scena.

Si moltiplicano, infine, come rilevatoormai anche dai maggiori quotidianinazionali, le segnalazioni di perquisizio-ni mal calibrate, improvvisate o eccessi-vamente dure, da parte delle forzedell’ordine.

STATO D’EMERGENZA · La protesta di Verdi e associazioni

Divieto dimanifestare,gli ecologisti nel «mirino»

O vunque, persino in un atollodell’arcipelago delle Fiji, tranneche a Parigi. Contando anche la

piccola marcia organizzata dalla chiesametodista di Savu, nelle Fiji appunto, etutti gli eventi anche minuscoli e sperdu-ti - ma sempre colorati e spettacolari - lemanifestazioni per chiedere ai governan-ti del mondo un cambio di passo radica-le per contenere l’impronta dell’uomosul clima e sull’ecosistema saranno intutto 2.331 in 150 paesi nel lungoweek-end che precede il via al summitOnu di Parigi. Il conto è del quotidianobritannico The Guardian.

A Parigi no, lì non potranno avvicinar-si , probabilmente, almeno in corteo, ipellegrini del clima che sono partiti a pie-di da Utrecht, in Olanda. Gli ambientali-sti parigini che nei giorni scorsi avevanoprovato a violare, con cartelli e striscio-ni, il divieto imposto dal governo france-se sono stati messi agli arresti domicilia-ri con stringenti obblighi di firma per ledue settimane del vertice che inizia oggie durerà fino all’11 dicembre. Nel frat-tempo dal Giappone all’Australia il mon-do non ha aspettato il sorgere del solesulla capitale del summit, l’evento che,

nel bene o nel male, farà storia dovendosostituire il Protocollo di Kyoto sui limitiai gas serra entro il 2020.

In Nuova Zelanda le marce sono statemolto partecipate. Ad Auckland si calco-la che alla manifestazione abbiano parte-cipato tra le 15 e le 20 mila persone, 40mila a Melbourne, almeno 5 mila a Bri-sbane e molte altre migliaia in 35 cittàpiccole e medie. Tanto che il primo mini-stro neozelandese John Key è partito perParigi dicendo di ritenere «credibile»una limitazione del 30 mper cento delleemissioni.

Tra gli eventi planetari che si sono giàtenuti è da segnalare la marcia di Edim-burgo, almeno 5 mila persone secondogli organizzatori della Stop Climate Cha-

os Scotland, coalizione che raggruppasessanta organizzazioni ecologiste, sutre parole d’ordine: clima, giustizia, lavo-ro e cartelli che chiedono una riconver-sione totale dell’economia scozzeselow-carbon. Un successone secondo ilportavoce Tom Ballantine che dice di es-sere «fiero della risposta del popolo scoz-zese».

Anche a Londra, a Park Lane, dove og-gi sono attese 7 mila presenze tra cui illeader laburista Jeremy Corbyn a brac-cetto con i leader del Green Party, oltrealla giustizia ambientale la parola d’ordi-ne è «job», lavoro.

A Toronto, che marcerà nella nostranotte, è sbarcata l’attrice premio OscarEmma Thomson al fianco dei rappresen-tanti del popolo inuit farà da testimonialin particolare alla campagna di Greenpe-ace contro le perforazioni petrolifere del-la Shell nel circolo polare artico. «Wechange or we die», o cambiamo o mori-remo, ha detto l’attrice britannica con ildono della sintesi. A Londra è attesa co-me testimonial la cantante Adele. Tokyoieri ha sfilato sotto la pioggia. Non segna-lato il meteo a Dacca, Kampala, NewDelhi, Bogotà, che marciano oggi. r. g.

La data del 2015 come punto disvolta per trovare un accordo chedovrebbe entrare in vigore nel

2020, era stata decisa nel 2011 a Durban,in seguito allo scottante fallimento dellariunione di Copenaghen, nel 2009, che siera conclusa con un breve documento ditre pagine. «Più tardi, sarà troppo tardi»,ha riassunto il ministro degli esteri, Lau-rent Fabius, che dirige i lavori e che ritieneche ci sia «un obbligo di successo« allaconclusione l’11 dicembre.

In gioco alla Cop21 c’è la sicurezza.Quella di assicurare un avvenire possibilealla Terra e ai suoi abitanti. Ma nell’imme-diato, la sicurezza è legata alla lotta al ter-rorismo. Per garantire questa sicurezza, ilgoverno ha proibito le manifestazioni pre-viste, la marcia di oggi e quella conclusivail 12 dicembre. Ieri, i «zadistes» (militantiper le «zones à défendre») hanno alla fineottenuto di poter organizzare un pic nic aVersailles. Greenpeace ha mandato in ariauna mongolfiera alla Tour Eiffel, che dastasera sarà illuminata di verde (passandodal buio del dopo-attentati e dal blu, bian-co e rosso del tricolore in omaggio alle vit-time), con interventi artistici successivi.Stamattina, alcune organizzazioni, a co-minciare da Attac, invitano a formare una«catena umana» da place de la Républi-que sul boulevard Voltaire.

Ma il governo è nervoso: mille persone,ha rivelato ieri il ministro degli Interni Ber-nard Cazeneuve, sono state impedite di en-trare in Francia negli ultimi giorni, e nei nego-zi della regione Ile-de-France non sono piùin vendita i prodotti infiammabili. Su più di400 iniziative militanti, almeno un centinaiosonostate cancellate. Il Prefetto ha caldamen-te consigliato ai parigini di non muoversi dicasa, salvo «assoluta necessità», sia oggi chelunedì, anche se il métro è gratis, perché alcu-ni grandi assi stradali saranno chiusi ocon cir-colazione limitata a causa del passaggio delledelegazioni verso il Bourget.

I negoziati avverranno sotto una cappa,nell’isolamento del Bourget, attorno a untesto preparatorio di 55 pagine, ancorapieno di parentesi quadre (con opzioni di-vergenti). Le delegazioni avranno di fron-te le insegne delle grandi imprese mondia-li, dai produttori di energia alla grande di-stribuzione, gli sponsor della Cop21, chehanno messo in campo una enorme ope-razione di ipocrita greenwashing. Standoai «contributi nazionali» che sono arrivatia Parigi, da 183 paesi, l’obiettivo minimo -mantenere il riscaldamento climatico sot-to l’aumento di 2 gradi - non potrà essereraggiunto entro fine secolo. Al meglio ci sa-rà la «catastrofe» di +3 gradi. Non è certose l’eventuale accordo sarà giuridicamen-te vincolante, poiché alcuni paesi, a co-minciare dagli Usa, hanno difficoltà a farapprovare un trattato internazionale.

La Francia si accontenterebbe di un ac-cordo che obblighi almeno alla «trasparen-

za» delle azioni e a un meccanismo vinco-lante di revisione degli impegni presi daglistati ogni cinque anni, ormai accettato an-che dalla Cina. Sul tavolo c’è la più che spi-nosa questione dei finanziamenti: chi de-ve pagare per la lotta all’effetto serra? A Co-penhagen il Nord del mondo aveva pro-messo 100 miliardi di dollari al Sud. Per av-vicinarsi a questa cifra, sono stati addizio-nati contributi e aiuti di ogni tipo, anchequelli che hanno poco a che fare con la lot-ta al riscaldamento climatico. Il parentepovero di questi trasferimenti sono i finan-ziamenti all’adattamento delle società col-pite (pari solo al 16% degli impegni), con-centrate nei paesi più poveri. I principaliresponsabili di produzione di Co2 sono Ci-na, Usa, Ue, India, Russia, Indonesia,Giappone. Se calcolato pro capite, in testaci sono gli Usa, ma anche i paesi del Golfo,

l’Australia, il Canada. Enormi interessi eco-nomici si scontrano, sia al Nord che alSud, nei paesi produttori di petrolio, negliemergenti. La «crescita verde», termineadottato nel 2005 alla conferenza di Seul,è in parte ancora nel cassetto - il Pil è lega-to al consumo di energia e l’energia è amaggioranza di origine fossile - anche semolti economisti e ormai qualche indu-striale fanno intravvedere grandi possibili-tà di ripresa economica. La riconversioneverso energie rinnovabili è solo all’inizio,ha ancora costi alti (e alcuni paesi, Franciain testa, vantano le qualità del nucleare«pulito» in Co2). Sul tavolo dei negoziatic’è il «prezzo» del Co2, che per il sistemaeconomico dominante sarebbe la stradamaestra per uscire dalla crisi, cioè colpireil portafoglio per convincere obtorto colloa investire nelle energie rinnovabili.

INTERVISTA · Carlo Petrini, fondatore di Slow food: il disastro è colpa del profitto

«La salvezza sono i contadini»

DALLA PRIMAGiuseppe Onufrio*

CoP21, ce n’estque un debut

EFFETTO TERRA EFFETTO TERRA

Nel week end oltre duemila eventi di piazza in 150 paesi, con una solarichiesta al vertice delle Nazioni unite: «Salvare il pianeta prima che sia tardi»Parigi •

Lacapitaleblindataper laCop21Alla Conferenzasul clima, 196delegazioni,con 150 capidi stato e digoverno presenti.Lo scopo: trovareun accordoper garantireun avvenirealla Terrae ai suoi abitanti

«È grave che il paradigmadel summit sia legatoal business. L’unico capodi Stato che parladi biodiversità è il papa»

Perquisizioni a tappetoalla vigilia della Cop21.Obbligo di dimorain casa per un dirigentedelle ong ambientaliste

A SINISTRA,PROTESTA DIGREENPEACE SULLERINNOVABILI.AL CENTRO, CORTEOPER IL CLIMAA EDIMBURGO.SOTTO A SINISTRA,CONTROLLI DISICUREZZA A PARIGI.ACCANTO,AL LAVOROIN UNA FATTORIAIN SUD AFRICAFOTO REUTERS,PA, MAXPP

Il blocco dell’oleodotto Keysto-ne XL, chiesto da migliaia di cit-tadini americani e canadesi, è

stato bloccato dal Presidente Obama e,anche con questa decisione, lo svilup-po della produzione petrolifera da scistibituminosi – una delle più inquinanti –è stato notevolmente ridimensionato; ilritiro della Shell dall’Artico e la cancel-lazione dei permessi da parte america-na ha bloccato un ulteriore espansio-ne della produzione petrolifera; i datirelativi al calo dei consumi di carbonein Cina confermano una tendenza for-se decisiva date le dimensioni di quelPaese.

I successi della campagna per disin-vestire dalle fossili – dal fondo pensio-ni norvegese alla Chiesa d’Inghliterra -anche se non hanno ancora modifica-to il mercato, rappresentano una novi-tà di grande rilievo. La posizione di Hil-lary Clinton a favore di uno scenario al100% rinnovabile – per quanto si trattidi propaganda elettorale – ha avuto an-che il valore di «sdoganare» definitiva-mente un obiettivo finora posto in que-sti termini quasi solo dalle associazio-ni ambientaliste.

Ma non ancora in Italia, per la veri-tà: il governo Renzi continua imperter-rito a promuovere le trivelle petrolife-re a mare e a bloccare in modo ingiu-stificabile le rinnovabili, aiutato daun ministro dell’ambiente che propo-ne risibili giustificazioni «etiche» (tri-vellare nei nostri mari sarebbe più si-curo che altrove) per tutelare interes-si di poche aziende a fronte di quanti-tà marginali di petrolio (2 mesi diconsumo italiano). E, allo stesso tem-po, il governo chiede (giustamente)di fissare l’obiettivo a 1,5°C : sarebbeora di avere un comportamento mini-mamente coerente.

Va meglio però a livello industriale:il nuovo piano di Enel – recentementeaggiornato – che vira decisamente ver-so le rinnovabili, l’efficienza e le smartgrids è una novità importante a livellointernazionale, data la dimensionedell’azienda.

L’Enciclia Laudato si’ di papa France-sco – assieme alla presa di posizionedelle maggiori fedi in tema d cambia-menti climatici – rappresenta una novi-tà importantissima: pone la questionesul piano etico e parla a miliardi di per-sone. Il messaggio dell’Enciclica è pie-namente condiviso da Greenpeace co-me dalle altre grandi associazioni am-bientaliste: i cambiamenti climatici col-piscono con maggiore violenza i pove-ri, e dunque coloro che hanno menoresponsabilità e allo stesso tempo me-no risorse per difendersi. Esiste unaquestione di giustizia climatica e gra-zie all’Enciclica questo è oggi un puntodi ampia condivisione tra credenti enon, tra persone di fedi diverse e devediventare anche il terreno di un nuovodialogo tra i popoli per la difesa del pia-neta come casa comune.

Dunque la CoP21 arriva in un conte-sto mai così favorevole sul piano deicontenuti. Ed è stata drammaticamen-te preceduta dai fatti del 13 novembreche, in modo tragico, sottolineano an-che il legame che c’è tra questione cli-matica ed energetica e la promozionedella pace. Da un lato, infatti, i cambia-menti climatici aumentano le pressio-ni ambientali e su risorse come l’ac-qua, con il rischio di ulteriori conflitti emigrazioni di massa per ragioni climati-che; dall’altra un modello che progressi-vamente elimini le fonti fossili, ridurreb-be anche i rischi di conflitti gravi comequelli per il petrolio.

Possiamo dire che la CoP 21 sarà sta-ta un successo se: 1. Manderà un segna-le chiaro che l’era delle fossili volge allasua fine; 2. Implicherà azioni nazionaliper il clima serie e coerenti; 3. promuo-verà la solidarietà internazionale e i fon-di necessari ai paesi poveri per adattar-si e sviluppare le alternative. Per vederese questo si realizzerà bisognerà aspet-tare ben dopo la Cop21. Che sarà stata,se va bene, solo l’inizio: la battaglia con-tinua anche dopo.

* direttore Greenpeace Italia

DALLA PRIMAAnnaMaria Merlo

Mondo •Stando ai contributi arrivati da 183 paesi, l’obiettivo minimo, mantenereil riscaldamento entro l’aumento di 2 gradi, non sarà raggiunto entro fine secolo

LE MARCE / Alle 14 manifestazione anche a Roma: da Campo de’ ai Fori Imperiali

DaTokyo a Brisbane, giàmilioni in piazzaIn Canada gli inuit contro le trivelle artiche

Page 4: Il Manifesto Del 29 Novembre 2015

pagina4 il manifesto DOMENICA 29 NOVEMBRE 2015

Q uattro poliziotti egiziani sonostati uccisi in un agguato nelquartiere meridionale del Cairo

di Giza. Si sarebbe trattato di un veroomicidiomirato, perpetrato da uominimascherati. Gli assalitori si trovavanoa bordo di una moto e hanno aperto ilfuoco contro un check-point della poli-zia egiziana ad AbulNomros sulla stra-da che porta alle Piramidi, uccidendogli agenti, prima di fuggire. Nessungruppo ha fin qui rivendicato l’attacco.Nell’agguato sonomorti due sotto-uffi-ciali e due poliziottidi leva. Appena quat-tro giorni fa l’hotelSwiss Innera stato at-taccato nel capoluo-go del Sinai dial-Arish, sei le vitti-me, tra cui due giudi-ci che avrebbero do-vuto supervisionarela seconda fase delle elezioni parla-mentari in corso con scarsissima parte-cipazione popolare. L’attacco dial-Arish era stato rivendicato dagli affi-liati locali (Beit al-Meqdisi) al terrori-smo dello Stato islamico (Is). Appenapoche settimane fa, il volo russo Air-bus A321 Metrojet era stato abbattutodaunabombapiazzata nella stiva. Il di-sastro aereo è costato la vita a 224 per-sone ed ha messo seriamente in dub-bio la capacità delle forze di sicurezzaegiziane di tenere sotto controllo lo sca-lo di Sharm el-Sheykh. Pochi mesi fa, ilprocuratore del Cairo, Hisham Ba-rakat, che aveva deciso le centinaia dicondanne a morte contro gli islamisti,era stato ucciso in un gravissimo atten-tato nel quartiere di Heliopolis.

Mohamed al-Shentnawy, a guidadellamissione di osservazione elettora-le del voto in Egitto, ha parlato di nu-merosi casi di violazioni di legge e bro-gli. Per il Centro egiziano per i dirittidelle donne, tantissime egiziane han-no ricevuto regalie fino a 60 euro a per-sona purché si recassero a votare per

l’ex generale al-Sisi. Il primo turno siera chiuso con la vittoria schiacciantedella lista «Per l’amore dell’Egitto». Icandidati del presidente, inclusi exmi-litari e uomini del vecchio regime, han-no ottenuto fin qui il 100% dei seggi.L’affluenza non supererebbe di moltoil 30%. È previsto unballottaggio del se-condo turno prima dell’annuncio delrisultato e dell’insediamento del parla-mento, chiuso ormai da tre anni.

Nonostante la dura repressione incorso, il presiden-te golpista egizia-no continua ad es-sere sostenuto dalpremier italiano,Matteo Renzi. Inuna conversazio-ne telefonica al-Si-si e Renzi hannoparlatodi coopera-zione tra Cairo eRomaper combat-

tere il terrorismo. La Farnesina cercaun coordinamento con il Cairo per ge-stire la crisi libica. Abdel Fattah al-Sisiha contribuito a destabilizzare il paeseappoggiando l’ascesa del generale Kha-lifa Haftar in Cirenaica. Un coordina-mento anti-terrorismo con il Cairo èmolto rischioso poiché il regimemilita-re di al-Sisi si alimenta proprio con ilcontinuo richiamo alla necessità dellastabilità dopo attacchi terroristici.

Il valico di Rafah ad Al-FatahInfine, Azzam al-Ahmad, membro

del comitato centrale di Fatah, ha riferi-to di un accordo con le autorità egizia-ne per la riapertura del valico di Rafah,chiuso dal 2013. Hamas, il movimentoche controlla la Striscia di Gaza, nonha mai accettato che il valico venissegestito da Fatah. Dopo il golpe di al-Si-si neppureneimomenti più drammati-ci per i palestinesi il valico è stato aper-to. Non solo, migliaia di case sono sta-te abbattute senza ricompensa per i lo-ro proprietari per creare una zona cu-scinetto tra Egitto e Israele. giu. acc.

Rita Plantera

D opo l’attacco al Radissonhotel di Ba-mako del 20 novembre scorso (21 imorti e 170 iferiti), si rafforza in Mali

il timore di nuovi attacchi terroristici. Sareb-bero 3 le vittime - 2 soldati dell’Onu di origi-ni guineane e un civile - e 21 i feriti di un at-tacco missilistico a Kidal (nel nord-est delPaese) contro un campo della Missione del-le Nazioni Unite in Mali (Minusma). Bombee razzi sarebbero stati lanciato da un com-mando di cui, mentre scriviamo, resta sco-nosciuta l’identità tra colpi di mortaio rie-cheggiati in lontananza. I lanci di razzi con-tro le basi Onu del nord sono alquanto co-muni in Mali, soprattutto durante le notti dilunapiena - più illuminate - quando la visibi-lità è maggiore (benché sia raro che riesca-no a cadere all’interno dei compound). Daquanto riferito daOlivier Salgado - vice capodella comunicazione del Minusma - l’attac-co sarebbe avvenuto sabato attorno «alle 4del mattino».

Testimonianze raccolte sul posto dallaReuters riferiscono che ai razzi sarebbe se-guito l’eco di raffiche di mitra e di colpi dimortaio provenienti dall’interno del campo.Da indiscrezioni trapelate da fonti di sicurez-za del Mali che hanno preferito restare ano-nime, il campoOnu di Kidal avrebbe ricevu-to tre giorni fa un warning da un gruppojihadista. Rivelazioni che troverebbero con-ferma nelle accuse rivolte ai gruppi radicaliislamisti da un deputato locale, AhmoudeneAg Ikmasse.

D’altronde è risaputo che il Mali dal nordal sud è terra di scorrerie dei jihadisti localiche non hanno faticato a riprendere il terri-torio nonostante una relativa debacle subita

(nel nord) dalle forze francesi dell’Operazio-ne Serval del 2013. E - ancora - sono attual-mente tre i gruppi integralisti che rivendica-no l’attentato di dieci giorni fa all’hotel piùprestigioso della capitale: Al Mourabitoune,Al-Qaeda in the Islamic Maghreb (Aqim) e ilFront de Libération du Macina (Flm).

Lo stesso attentato al Radisson oltrechéchiamare in causa ragioni strettamente ter-roristiche legate agli attentati di Parigi eall’intenzione di colpire lo «sconfinamento»(alquanto regolare invece secondo i principidella politica della Francafrique) della pre-senza francese nel Sahel, non esclude chesia in atto un tentativo di destabilizzazionedel processo di pace iniziato a giugno scorsocon gli accordi di Algeri tra il governo delMa-li e i gruppi per l’autonomia del nord delMa-li della Coordination of Azawad Movements

(Cam). Giovedì scorso le autorità del Malihanno tratto in arresto due persone sospet-tate di essere legate al raid jihadista al Radis-son (rintracciate grazie allo screening dei cel-lulari di due degli assalitori uccisi durante ilblitz delle forze di sicurezza), il peggiore at-tacco jihadista in questo paesedell’Africa oc-cidentale (sei russi, tre cinesi, un israeliano eun americano, gli stranieri tra le 21 vittime).

Sono circa 3.500 imilitari francesi di stan-za in Mali e 10 mila quelli del Minusma im-pegnate a stabilizzare la situazione nell’excolonia francese. Giorni fa l’ambasciata de-gli Stati Uniti a Bamako ha diffuso l’allertasulla possibilità di «ulteriori attività terroristi-che nella capitale» e ha invitato i cittadiniamericani in Mali a evitare bar, ristoranti ecentri commerciali.

Circa due settimane dopo l’attacco al Ra-disson ben poco viene fatto sapere sulle in-dagini in corso se non il fatto che a coopera-re con il pool antiterrorismo di Bamako sia-no intervenuti gli esperti francesi di crimino-logiamandati da Parigi per identificare i vol-ti dei due assalitori rimasti uccisi durantel’assedio, quelli delle forze del Minusma eun team dell’Fbi.

L’Onu era già stato colpito prima di ieri,pochi giorni dopo l’attacco al Radisson,quando è stato attaccato un veicolo dei ca-schi blu che viaggiava in un convoglio a cir-ca 25 kma ovest della città di Timbuktu, sul-la strada per Goundamnon: l’esplosione diuna mina ha causato l’uccisione di un pea-cekeeper.

Intanto, a correre in aiuto alla Francia eall’Onu in Mali è la Germania che nei giorniscorsi si è detta pronta - in risposta alla ri-chiesta di sostegno di Hollande - a inviarecirca 650 soldati.

Assassinatoasangue freddo

Le società europee feritesi chiudono in casa

bombardati dal dilemmamediatico sull’esistenzadi un «Islammoderato»

Ucciso per stradaTahir Elci,l’avvocatoche voleva la pacetra kurdi e turchi.Aveva negatoche il Pkk fosseun gruppoterroristico.Scontria Diyarbakire Istanbul

Egitto/RENZI SI «COORDINA» CON AL-SISI

Ancora sangue sul voto,quattro agenti uccisi a Giza

A d attendere il papa oggi a Bangui ci so-no veicoli corazzati e carri armati france-si e dell’Onu ,oltre allemigliaia di cattoli-

ci del posto e dalla Repubblica Democraticadel Congo che hanno attraversato il fiumeUbangi a bordo di piccole imbarcazioni. In sfi-da aperta e coraggiosa allaminaccia dellemili-zie locali dei Seleka, degli Anti-Blaka e non c’èda escludere a quella del Lord’s Resistance Ar-my (Lra) che dall’Uganda ha esteso i suoi at-tacchi in Sud Sudan, RepubblicaDemocraticadel Congo e Repubblica Centrafricana.

Da Bangui - primache da Roma - France-sco aprirà oggi la portasanta per il Giubileo del-la misericordia, a cui se-guirà la visita alla mo-schea del distretto Pk5,enclave musulmana do-ve, dopo mesi di relativacalma, sono ricomincia-ti gli scontri tra lemiliziea a maggioranza cristia-na (Anti-Balaka) e quelle a maggioranza mu-sulmana (Seleka) che secondo Human RightsWatch hanno fatto almeno 100 morti dalla fi-ne di settembre ad oggi.

Sono tra i 3,000 e i 4,000 i soldati della mis-sioneOnunella RepubblicaCentrafricana (Mi-nusca) schierate per le strade, a cui si aggiun-gono i 500 poliziotti e gendarmi del governocentrafricano e i 900 soldati allertati dellaFrancia. Mentre al passaggio del ponteficenuovi droni di sorveglianza e palloncini di os-servazione voleranno nei cieli sopra Bangui.

In un clima fortemente teso, resta forte l’at-tesa per la visita di un papa che non esita aporsi fuori da ogni protocollo nel portare unmessaggio aperto ai bisogni più urgenti dellepopolazioni civili soprattutto di quelle ai mar-gini della società.Un’aspettativa in parte disat-tesa in Uganda, dove se da un lato Francesconon ha mancato di pronunciarsi sui rifugiatidall’altro – ancora mentre scriviamo – nonuna parola è giunta ai gruppi Lgbt in rispostaal loro appello ad essere ricevuti e a quanti traomosessuali e transgender (costretti alla clan-destinità in un Paese conservatore comel’uganda) gli chiedevano parole di denunciacontro le leggi omofobiche (che prevedono

dure pene detentive tra cui il carcere a vita) ele persecuzioni subite in società.

Appena atterrato a Entebbe venerdì sera, ilpapa ha lodato l’Uganda per i suoi sforzi ecce-zionali verso imigranti: «Qui in Africa orienta-le, l’Uganda ha dimostrato eccezionale preoc-cupazione per l’accoglienza dei rifugiati, con-sentendo loro di ricostruire le loro vite in sicu-rezza e di percepire la dignità che viene dalguadagnarsi da vivere attraverso il lavoro one-sto». E ancora: «Il nostro mondo, coinvolto inguerre, violenza e varie forme di ingiustizia, è

testimonedi unmovi-mento senza prece-denti dei popoli». Farfronte a questo rap-presenta «un test del-la nostra umanità,del nostro rispettodella dignità umana,e, soprattutto, dellanostra solidarietà coni nostri fratelli e sorel-le nel bisogno».

Secondo l’agenzia Onu per i rifugiati(Unhcr) l’Uganda ospita circa mezzo milionedi rifugiati, lamaggior parte delle quali fuggiteai conflitti e alle violenze nella vicina Repub-blica Democratica del Congo, del Burundi edel Sud Sudan. Parole amplificate in un mo-mento in cui l’Europa stenta a far fronte al piùgrande afflusso dimigranti in fuga dalla Siria eda altre parti del Medio Oriente e dell’Africa.

D’altro canto a «politicizzare» ulteriormen-te il viaggio apostolico del papa in Uganda èstato l’incontro in privato di 15 minuti con ilpresidente del Sud Sudan - il più giovane sta-to del mondo resosi indipendente dal Sudannel 2011 - Salva Kiir giunto a sorpresa nel Pae-se per incontrare Francesco. Kiir è sotto lapressione della comunità internazionale perporre fine a una guerra civile che ha uccisopiù di 10.000 persone, costretto più di 2 milio-ni di persone a lasciare il paese e ha portatogran parte della popolazione alla fame.

Il Sud Sudan è dal dicembre 2013 afflitto dal-la guerra civile innescata da una controversiapolitica tra Salva Kiir e il suo vice Riek Ma-char. L’invio di truppe ugandesi in sostegnodel governo di Giuba, ha rischiato di trasfor-mare la guerra civile in un conflitto regionale.

S gonfiatasi la retorica sugli attenta-ti di Parigi, occorre ripensare adalcuni problemi di messa a fuoco

che la narrazione degli eventi ha gene-rato. Quello che ci preme analizzare èil rapporto tra potere e vulgatamediati-ca, nel gioco di specchi amplificato dal-la forza comunicativa che il terrorismoesercita nella società dell’informazio-ne e per cui lo scomparso René Girardavrebbe parlato di «crisi mimetica» e«capro espiatorio».

Più precisamente, colpisce il modoin cui la narrazione dei fatti esoneri daun rendiconto delle responsabilità poli-tiche gli effettivi detentori di queste ul-time - i governanti e le loro reti di alle-anze - dirottando imeccanismi di attri-buzione della colpa su un credo reli-gioso o un insieme presunto di‘valori’ alieni. Si incalzano i turbamen-ti di coscienza dei «musulmani», accu-sati di mimetizzarsi in una «zona gri-gia», di non dissociarsi da qualcosacui mai si sono associati o persino dinon schierarsi con i «coraggiosi leaderarabi» della guerra al terrore. Curiosa-mente, questa eloquenza che si acca-nisce verso il basso, fin sui più vulne-rabili (i rifugiati in fuga dai tagliagole)fa da contraltare all’afasia nell’incalza-re l’altra «zona grigia», quella delle li-nee di alleanza e intervento dei nostrigoverni in Medio Oriente.

La distinzione tra «credo islamico» e«terrorismo islamista» ne esce quasicriminalizzata. Eppure l’islamismo ra-dicale e il suo sviluppo in reti transna-zionali del terrore ha una precisa origi-ne socio-politica - espressione di dissi-denza all’interno di società arabe emu-sulmane in opposizione a governi re-pressivi e mafiosi. Repressione di statoe islamismo radicale rappresentano inrealtà due facce della stessa medaglia,

lungo una traiettoria che dagli anni50-60 fino ad oggi ha permesso ai regi-mi mediorientali di disintegrare il ca-rattere pluralistico delle società (benpiù articolato negli anni 40 e 50) attra-verso la soppressione di tutte le formedi dissenso: la sinistra, i liberali, l’Islampolitico. È in questo solco che l’islami-smo radicale si afferma e si ramifica fi-no alla creazione di al-Qaeda negli an-ni 90: l’obiettivo resta la creazione diun contropotere che vendichi le socie-tà colpendone i brutali governanti. Ep-pure, contrariamente al comune senti-re, i network jihadisti faticano amobili-tare una forte base sociale, marchio -anzi - della loro debolezza.

Persino l’ossessione anti-occidenta-le che oggi pervade il verbo jihadistanasce e si sviluppa come conseguenzadell’appoggio dell’Occidente ai regimirepressivi. È infatti solo con l’11 settem-bre 2001 che si rompe una tradizionedi terrorismo introspettivo, essenzial-mente volto amodificare le societàmu-sulmane piuttosto che attaccare diret-tamente l’Occidente.

Divenuta «globale» con l’inizio delnuovo millennio, la «minaccia islami-sta» fornisce un nuovo pretesto usatodai regimi mediorientali per attrarreaiuti finanziari degli alleati occidenta-li, già compratori di risorse naturalied esportatori di armamenti, in no-me di una più efficace cooperazionenella «guerra al terrore»: di fatto unarepressione più disinvolta di tutto ildissenso politico, di cui l’islamismoradicale rappresenta solo una parte.Ne deriva un paradosso che alimentail potere e il contropotere: più bruta-le si fa la macchina della repressione,più nelle carceri avvampa il fuoco del-la «vendetta sacra», più cresce il nu-mero dei convertiti.

Questo circolo vizioso non si spezzaneanche con le rivolte arabe del 2011:dopo una breve esitazione, l’Occiden-te si ricolloca nel solco della non-inter-ferenza. Dai reami del Golfo finoall’Egitto di al-Sisi, è tutto un fiorire direlazioni commerciali e partite strategi-che, mentre gli attivisti spariscono, i«nemici dello stato» vengono mandatia morte, i dissidenti esibiti impiccatiagli elicotteri.

È infine la guerra in Iraq del 2003 amarcare l’ultima evoluzione del jihadi-smo, fino alla nascita del sedicente Sta-to Islamico: la repressione nei campidi detenzione statunitense, la distruzio-ne del tessuto sociale iracheno su cuigli attuali vertici di Daesh, sopravvissu-ti alla surge statunitense, riescono a ri-conquistare il favore dei notabili sunni-ti che avevano loro voltato le spalle,ma che, opportunamente pasciuti,vengono messi a fronteggiare un pote-re centrale percepito come sempre piùostile. Avviene così la transizione daun network impalpabile ad un eserci-zio di sovranità su un territorio.

Oggi sono trentamila i combattentiaccorsi a prestare lealtà ad al-Baghda-di: un numero impressionante in ter-mini assoluti, ma esiguo in termini re-lativi, se si vuolemisurare l’effettivo po-teremilitare del Califfato come «minac-

cia globale». Se poi si indaga sul suopo-tere di attrazione politica, occorre ri-cordare la pletora di episodi di mi-cro-resistenza armata aDaesh nella zo-na nord e centro-orientale della Siria,passata del tutto inosservata alla stam-pa occidentale: una storia di comunitàlocali, non delle milizie armate dai go-verni occidentali e neppure di quelle fi-nanziate dall’Iran.

Senza dimenticare che il regime si-riano nel 2012 e nel 2014 ha aperto lecelle di centinaia di jihadisti, immedia-tamente accorsi a rimpolpare i ranghidel Califfato, nell’obiettivo malcelatodi (ri)produrre una vecchia dicotomiaconcettuale - la convinzione che ilMe-dio Oriente sia in grado di produrre oregimi autoritari garanti dell’ordine opoteri islamisti e retrogradi - nella spe-ranza che le cancellerie occidentali ri-tornino a guardare a Damasco comeguardano oggi al Cairo del generaleal-Sisi: un luogodi potere utile a garan-tire la loro sicurezza.

Intanto le società europee ferite e im-possibilitate, nello stato d’emergenza,ad articolare risposte politiche colletti-ve, si chiudono in casa bombardati daldilemma mediatico sull’esistenza o lapraticabilità di un «Islam moderato».Resta, cioè, rimossa la reale questione:quel nesso intimo tra regimi repressivie proliferazione del terrorismo stesso.

Fuori dai riflettori giacciono lemolteanalisi che tracciano il filo tra derivacarceraria ed esplosione del fenomenoDaesh. Fuori da ogni cono di luce me-diatico muoiono le attese tradite diun’intera generazione di attivisti laici.Eppure nel Cairo del generalissimoal-Sisi saltare in aria per un attacco ka-mikaze preoccupa talvolta meno cheessere prelevati a forza di notte per es-sere fagocitati da una cella. Se il lega-me fra autoritarismo e terrorismo isla-mista fosse reso esplicito, dovremmoforse ammettere quanto inutile sia af-frontare l’uno senza l’altro: una mossaevidentemente troppo costosa in ter-mini economici e strategici. Di certopiù costosa che andare a bombardareil Califfato e le popolazioni da esso as-soggettate - le stesse che hanno cerca-todi resistere aBashar al-Asad, allo Sta-to Islamico e alle nostre bombe.

Luca CeladaLOS ANGELES

I l terrore è iniziato venerdìnel mezzo di una normalemattinata alla periferia della

città del Colorado accanto ad uncentro commerciale. Un super-mercato nel consueto stile pre-fabbricato, una manciata di fastfood, una banca e un anonimocomplesso di uffici, adibiti perlo-più a studi medici.

Fra questi c’è anche la filiale lo-cale di Planned Parenthood ilconsorzio parastatale che ammi-nistra centinaia di cliniche cheoffrono servizi di prevenzione,contraccezione e ginecologia,compresi aborti. Era questol’obiettivo di Robert Lewis Dear,l’uomo di 57 anni che pesante-mente armato, attorno alle 10:30locali è entrato nel consultorio.Numerosi colpi di arma da fuo-co hanno gettato il panico fra gliavventori. I primi agenti di poli-zia giunti sul luogo sono stati pre-si a fucilate da Dear ed è iniziatoun assedio che sarebbe duratopiù di cinque ore. Sul luogo sonoarrivate ambulanze, volanti e re-parti tattici della polizia mentregli agenti evacuavano uffici e ne-gozi. Alla fine le forze dell’ordinesono riuscite ad arrestare l’atten-tatore ma non prima che questiuccidesse tre persone di cui unpoliziotto e ne ferisse altri nove(di cui cinque agenti). Una gior-nata di terrore che si è abbattutasu una anonima periferia ameri-cana nel weekend di Thanksgi-ving. Un posto «tranquillo» econservatore, rinomato per lagrande quantità di chiese e par-rocchie evangeliche, come laNew Life Church, una «mega-church» che può ospitare fino a8.000 fedeli per le prediche dimatrice teocon. Nel 2007 pro-prio la New Life era stata al cen-tro di una altra sparatoria in cuiun seminarista psicolabile avevaucciso due fedeli. Su questo sfon-do si inserisce l’ultimo fatto disangue indirizzato contro unodegli obbiettivi tradizionalidell’estremismo integralista.

Anche se finora non è stata ri-vendicata unamotivazione preci-sa da parte dell’attentatore, Plan-ned Parenthood è regolarmenteoggetto di retorica antiabortistadi destra. Comemolte altre clini-che che offrono aborti l’organiz-zazione è stata oggetto di fre-quenti violenze, minacce e inti-midazioni. Negli Usa, dovel’aborto è legale e costituzional-mente garantito, il terrore antia-bortista ha lasciato una lungascia di sangue che attraversa al-meno due decenni. Come partedella campagna terrorista imedi-ci John Britton e David Gunn fu-rono «giustiziati» in Florida neglianni novanta da seguaci di Ope-ration Rescue, la formazione ol-tranzista fondata daRandall Ter-ry che continua ad operare dallasua centrale in Kansas.

Nel 1998 un altromedico, Bar-nett Slepian è stato freddato nel-la sua casa da un cecchino e an-coranel 2009 il dottorGeorge Til-ler è stato ucciso in Kansas. Altrevittime comprendono volontari,infermieri e guardie giurate co-meRobert Sanderson ammazza-to in una clinica dell’Alabamanel 1998 da Eric Robert Rudolph,responsabile anche dell’attenta-to alle olimpiadi di Atlanta nel1996. Una campagna di terrorealimentata da una costante reto-rica politica.

Quest’anno una organizzazio-ne antiabortista militante, laCmp (Center for medical pro-gress) ha prodotto una serie di vi-deo a telecamera nascosta in cuidirigenti di Planned Parenthoodsembravano trattare la venditadi tessuti fetali a laboratori di ri-cerca. Una inchiesta di un appo-sita commissione parlamentareha in seguito stabilito che i filma-ti erano tendenziosi e che non siriscontravano infrazioni da par-te del consorzio medico.

STATI UNITI

Attaccata clinicaper aborti:3morti e 5 feriti

MALEDETTA GUERRA IL COLPO DEL SULTANO

Allerta Usa: Bamako nel mirino jihadista. E nella capitalecentrafricana Francesco apre la Porta santa e va in moscheaTurchia •

Giuseppe Acconcia

«N on vogliamo armi né guerra»,queste sono state le ultimeparo-le di Tahir Elci, 49 anni, capo

dell’Ordinedegli avvocati diDiyarbakir, uc-ciso da uomini armati ai margini di unflash mob nel centro storico della città diSur. Nello scontro a fuoco, anche un poli-ziotto ha perso la vita, un altro è rimasto fe-rito, insieme a un giornalista.

Un video mostra uomini che sparanocontro un poliziotto dall’interno della lorovettura. In seguito, si vedono varie perso-ne fuggire dallamacchina nelle strade limi-trofe. Nonostante sia stato imposto imme-diatamente il coprifuoco a Diyarbakir, so-no in corso manifestazioni e scontri con lapolizia. Si è trattato di un assassinio a san-gue freddo, in un luogo pubblico, dopouna manifestazione in difesa dei diritti deikurdi e per denunciare lo stato di assediodella città di Sur, guidata da un uomo cheha sostenuto l’ingiustizia che il Partito deilavoratori del Kurdistan (Pkk) sia nella listadei gruppi terroristici. Per Elci, il Pkk è sem-plicemente un’«organizzazione politica ar-

mata» molto popolare. Ha ripetuto le sueopinioni lo scorso ottobre dagli schermidella televisione Cnn Turk. Dopo quell’in-tervista, i giudici della Corte di Bakirkoyavevano citato in giudizio Elci per le sue di-chiarazioni. L’avvocato avrebbe potuto ri-cevere una condanna fino a sette anni esei mesi di prigione con le accuse di «pro-paganda a favore di un’organizzazione ter-roristica». Per questo, Elci era stato ferma-to e poi rilasciato lo scorso 19 ottobre. Almomento del rilascio, aveva ripetuto la le-gittimità delle sue parole, aggiungendoche «in nessunmodo la verità può costitui-re reato».

In Turchia si vive un clima di strategiadella tensione tra attacchi terroristici delloStato islamico (Is) e dei gruppi di estremasinistra, esacerbati dalle accuse mosse algoverno di non aver in nessunmodo aiuta-to i kurdi siriani, colpiti dall’assedio di Is.Al contrario, le autorità turche hanno la-sciato fare i jihadisti in funzione anti-As-sad. Quando poi il partito della sinistra fi-lo-kurda (Hdp) ha ottenuto l’importantesuccesso elettorale del 4 giugno scorso, en-trando in parlamento, Ankara ha avviatouna campagna apparentemente anti-Ische aveva come vero obiettivo il Pkk. Tuttoquesto per motivare i nazionalisti kurdi eturchi a dare nuovo credito al neo-kemali-smo del partito islamista moderato.

Dopo la vittoria del primonovembre, Er-doganha carta bianca per continuare la re-pressione dei movimenti kurdi. Vige da ol-tre dieci giorni il coprifuoco nelle principa-li province kurde e sono 30 imorti in spara-torie tra cittadini comuni e forze di polizia.

«Su questo incidente verrà fatta luce»,ha assicurato il premier turco. Ahmet Da-vutoglu ha ammesso che Elci fosse l’obiet-tivo degli assalitori. A Istanbul è stata orga-nizzata unamanifestazioneper condanna-re l’omicidio. Anche il presidente Erdoganha condannato l’attacco e assicurato chesi andrà avanti con la lotta al terrorismo,che per lui significa repressione dei movi-menti kurdi. In città si teneva parallela-mente una manifestazione lungo vialeIstiklal a sostegno della libertà di stampain seguito agli arresti con le accuse di «spio-naggio» del direttore, Can Dundar, e il ca-po-redattore di Ankara, Erdem Gul, delquotidiano di opposizione Cumhuriyet. Ilgiornale aveva pubblicato le prove dei lega-mi tra Servizi segreti turchi (Mit) e jihadistidi Is. I giornalisti dal carcere hanno chiestoall’Unione europea di non accettare com-promessi con Ankara in occasione del ri-lancio dei negoziati sull’ingresso della Tur-chia in corso oggi a Bruxelles. Un terzogiornalista è stato arrestato ieri, si tratta diErtugul Ozkok di Hurriyet. Nel suo casol’accusa è di insulti al presidente Erdogan.La polizia ha disperso i manifestanti.

Il clima tra Turchia e Russia resta tesopoi a causa dell’abbattimento dello scorsomartedì del Sukhoi russo Su-24 al confinetra Turchia e Siria.Moscaha deciso una se-rie di sanzioni commerciali contro Ankaracomeavvertimento per prevenire futuri ab-battimenti di jet russi impegnati nei raid inSiria. Per discutere della crisi politica e di-plomatica, Erdogan e Putin potrebbero in-contrarsi a margine della Conferenza sulclima in corso a Parigi. Il presidente russoavevapiù volte evitato colloqui con il presi-dente turco in attesa di scuse ufficiali. Ierisono in parte arrivate perché Erdogan, inriferimento all’attacco, ha detto: «Vorrem-mo che non fosse successo. Spero che unacosa del genere non accada più». Eppure ilpresidente turco ha aggiunto che «non èpossibile considerare violazioni alla stre-gua di visite di ospiti». Le autorità russehanno ritenuto plausibile che l’attaccoavesse lo scopo di spingere la Nato, di cuila Turchia è stato membro, ad imporreuna no-fly zone nel Kurdistan siriano perrafforzare il controllo turco nella regione,gestita dai kurdi del Partito democraticounito (Pyd).

MALI/FRANCIA · Bombe contro Kidal: 3 morti. Dieci giorni fa l’agguato all’hotel Radisson

Attacco a base Onu nel nord

Bergoglio/ A SORPRESA INCONTRO CON KIIR (SUD-SUDAN)

Il papa: «Rifugiati test d’umanità»Oggi a Bangui si «apre» il GiubileoANALISI

Jihadismo, regimi,Occidente e zone grigie

Marina Calculli, Francesco Strazzari

TAHIR ELCI, L’AVVOCATOASSASSINATO A SUR, A DESTRAMILITARI IN MALI, SOTTO A SINISTRAGIZA IN EGITTO /LAPRESSE

Africa •Non si placa la tensione con la Russia. Mosca sanziona commercialmenteAnkara per prevenire futuri abbattimenti di jet russi durante i raid in Siria

Page 5: Il Manifesto Del 29 Novembre 2015

DOMENICA 29 NOVEMBRE 2015 il manifesto pagina 5

Q uattro poliziotti egiziani sonostati uccisi in un agguato nelquartiere meridionale del Cairo

di Giza. Si sarebbe trattato di un veroomicidiomirato, perpetrato da uominimascherati. Gli assalitori si trovavanoa bordo di una moto e hanno aperto ilfuoco contro un check-point della poli-zia egiziana ad AbulNomros sulla stra-da che porta alle Piramidi, uccidendogli agenti, prima di fuggire. Nessungruppo ha fin qui rivendicato l’attacco.Nell’agguato sonomorti due sotto-uffi-ciali e due poliziottidi leva. Appena quat-tro giorni fa l’hotelSwiss Innera stato at-taccato nel capoluo-go del Sinai dial-Arish, sei le vitti-me, tra cui due giudi-ci che avrebbero do-vuto supervisionarela seconda fase delle elezioni parla-mentari in corso con scarsissima parte-cipazione popolare. L’attacco dial-Arish era stato rivendicato dagli affi-liati locali (Beit al-Meqdisi) al terrori-smo dello Stato islamico (Is). Appenapoche settimane fa, il volo russo Air-bus A321 Metrojet era stato abbattutodaunabombapiazzata nella stiva. Il di-sastro aereo è costato la vita a 224 per-sone ed ha messo seriamente in dub-bio la capacità delle forze di sicurezzaegiziane di tenere sotto controllo lo sca-lo di Sharm el-Sheykh. Pochi mesi fa, ilprocuratore del Cairo, Hisham Ba-rakat, che aveva deciso le centinaia dicondanne a morte contro gli islamisti,era stato ucciso in un gravissimo atten-tato nel quartiere di Heliopolis.

Mohamed al-Shentnawy, a guidadellamissione di osservazione elettora-le del voto in Egitto, ha parlato di nu-merosi casi di violazioni di legge e bro-gli. Per il Centro egiziano per i dirittidelle donne, tantissime egiziane han-no ricevuto regalie fino a 60 euro a per-sona purché si recassero a votare per

l’ex generale al-Sisi. Il primo turno siera chiuso con la vittoria schiacciantedella lista «Per l’amore dell’Egitto». Icandidati del presidente, inclusi exmi-litari e uomini del vecchio regime, han-no ottenuto fin qui il 100% dei seggi.L’affluenza non supererebbe di moltoil 30%. È previsto unballottaggio del se-condo turno prima dell’annuncio delrisultato e dell’insediamento del parla-mento, chiuso ormai da tre anni.

Nonostante la dura repressione incorso, il presiden-te golpista egizia-no continua ad es-sere sostenuto dalpremier italiano,Matteo Renzi. Inuna conversazio-ne telefonica al-Si-si e Renzi hannoparlatodi coopera-zione tra Cairo eRomaper combat-

tere il terrorismo. La Farnesina cercaun coordinamento con il Cairo per ge-stire la crisi libica. Abdel Fattah al-Sisiha contribuito a destabilizzare il paeseappoggiando l’ascesa del generale Kha-lifa Haftar in Cirenaica. Un coordina-mento anti-terrorismo con il Cairo èmolto rischioso poiché il regimemilita-re di al-Sisi si alimenta proprio con ilcontinuo richiamo alla necessità dellastabilità dopo attacchi terroristici.

Il valico di Rafah ad Al-FatahInfine, Azzam al-Ahmad, membro

del comitato centrale di Fatah, ha riferi-to di un accordo con le autorità egizia-ne per la riapertura del valico di Rafah,chiuso dal 2013. Hamas, il movimentoche controlla la Striscia di Gaza, nonha mai accettato che il valico venissegestito da Fatah. Dopo il golpe di al-Si-si neppureneimomenti più drammati-ci per i palestinesi il valico è stato aper-to. Non solo, migliaia di case sono sta-te abbattute senza ricompensa per i lo-ro proprietari per creare una zona cu-scinetto tra Egitto e Israele. giu. acc.

Rita Plantera

D opo l’attacco al Radissonhotel di Ba-mako del 20 novembre scorso (21 imorti e 170 iferiti), si rafforza in Mali

il timore di nuovi attacchi terroristici. Sareb-bero 3 le vittime - 2 soldati dell’Onu di origi-ni guineane e un civile - e 21 i feriti di un at-tacco missilistico a Kidal (nel nord-est delPaese) contro un campo della Missione del-le Nazioni Unite in Mali (Minusma). Bombee razzi sarebbero stati lanciato da un com-mando di cui, mentre scriviamo, resta sco-nosciuta l’identità tra colpi di mortaio rie-cheggiati in lontananza. I lanci di razzi con-tro le basi Onu del nord sono alquanto co-muni in Mali, soprattutto durante le notti dilunapiena - più illuminate - quando la visibi-lità è maggiore (benché sia raro che riesca-no a cadere all’interno dei compound). Daquanto riferito daOlivier Salgado - vice capodella comunicazione del Minusma - l’attac-co sarebbe avvenuto sabato attorno «alle 4del mattino».

Testimonianze raccolte sul posto dallaReuters riferiscono che ai razzi sarebbe se-guito l’eco di raffiche di mitra e di colpi dimortaio provenienti dall’interno del campo.Da indiscrezioni trapelate da fonti di sicurez-za del Mali che hanno preferito restare ano-nime, il campoOnu di Kidal avrebbe ricevu-to tre giorni fa un warning da un gruppojihadista. Rivelazioni che troverebbero con-ferma nelle accuse rivolte ai gruppi radicaliislamisti da un deputato locale, AhmoudeneAg Ikmasse.

D’altronde è risaputo che il Mali dal nordal sud è terra di scorrerie dei jihadisti localiche non hanno faticato a riprendere il terri-torio nonostante una relativa debacle subita

(nel nord) dalle forze francesi dell’Operazio-ne Serval del 2013. E - ancora - sono attual-mente tre i gruppi integralisti che rivendica-no l’attentato di dieci giorni fa all’hotel piùprestigioso della capitale: Al Mourabitoune,Al-Qaeda in the Islamic Maghreb (Aqim) e ilFront de Libération du Macina (Flm).

Lo stesso attentato al Radisson oltrechéchiamare in causa ragioni strettamente ter-roristiche legate agli attentati di Parigi eall’intenzione di colpire lo «sconfinamento»(alquanto regolare invece secondo i principidella politica della Francafrique) della pre-senza francese nel Sahel, non esclude chesia in atto un tentativo di destabilizzazionedel processo di pace iniziato a giugno scorsocon gli accordi di Algeri tra il governo delMa-li e i gruppi per l’autonomia del nord delMa-li della Coordination of Azawad Movements

(Cam). Giovedì scorso le autorità del Malihanno tratto in arresto due persone sospet-tate di essere legate al raid jihadista al Radis-son (rintracciate grazie allo screening dei cel-lulari di due degli assalitori uccisi durante ilblitz delle forze di sicurezza), il peggiore at-tacco jihadista in questo paesedell’Africa oc-cidentale (sei russi, tre cinesi, un israeliano eun americano, gli stranieri tra le 21 vittime).

Sono circa 3.500 imilitari francesi di stan-za in Mali e 10 mila quelli del Minusma im-pegnate a stabilizzare la situazione nell’excolonia francese. Giorni fa l’ambasciata de-gli Stati Uniti a Bamako ha diffuso l’allertasulla possibilità di «ulteriori attività terroristi-che nella capitale» e ha invitato i cittadiniamericani in Mali a evitare bar, ristoranti ecentri commerciali.

Circa due settimane dopo l’attacco al Ra-disson ben poco viene fatto sapere sulle in-dagini in corso se non il fatto che a coopera-re con il pool antiterrorismo di Bamako sia-no intervenuti gli esperti francesi di crimino-logiamandati da Parigi per identificare i vol-ti dei due assalitori rimasti uccisi durantel’assedio, quelli delle forze del Minusma eun team dell’Fbi.

L’Onu era già stato colpito prima di ieri,pochi giorni dopo l’attacco al Radisson,quando è stato attaccato un veicolo dei ca-schi blu che viaggiava in un convoglio a cir-ca 25 kma ovest della città di Timbuktu, sul-la strada per Goundamnon: l’esplosione diuna mina ha causato l’uccisione di un pea-cekeeper.

Intanto, a correre in aiuto alla Francia eall’Onu in Mali è la Germania che nei giorniscorsi si è detta pronta - in risposta alla ri-chiesta di sostegno di Hollande - a inviarecirca 650 soldati.

Assassinatoasangue freddo

Le società europee feritesi chiudono in casa

bombardati dal dilemmamediatico sull’esistenzadi un «Islammoderato»

Ucciso per stradaTahir Elci,l’avvocatoche voleva la pacetra kurdi e turchi.Aveva negatoche il Pkk fosseun gruppoterroristico.Scontria Diyarbakire Istanbul

Egitto/RENZI SI «COORDINA» CON AL-SISI

Ancora sangue sul voto,quattro agenti uccisi a Giza

A d attendere il papa oggi a Bangui ci so-no veicoli corazzati e carri armati france-si e dell’Onu ,oltre allemigliaia di cattoli-

ci del posto e dalla Repubblica Democraticadel Congo che hanno attraversato il fiumeUbangi a bordo di piccole imbarcazioni. In sfi-da aperta e coraggiosa allaminaccia dellemili-zie locali dei Seleka, degli Anti-Blaka e non c’èda escludere a quella del Lord’s Resistance Ar-my (Lra) che dall’Uganda ha esteso i suoi at-tacchi in Sud Sudan, RepubblicaDemocraticadel Congo e Repubblica Centrafricana.

Da Bangui - primache da Roma - France-sco aprirà oggi la portasanta per il Giubileo del-la misericordia, a cui se-guirà la visita alla mo-schea del distretto Pk5,enclave musulmana do-ve, dopo mesi di relativacalma, sono ricomincia-ti gli scontri tra lemiliziea a maggioranza cristia-na (Anti-Balaka) e quelle a maggioranza mu-sulmana (Seleka) che secondo Human RightsWatch hanno fatto almeno 100 morti dalla fi-ne di settembre ad oggi.

Sono tra i 3,000 e i 4,000 i soldati della mis-sioneOnunella RepubblicaCentrafricana (Mi-nusca) schierate per le strade, a cui si aggiun-gono i 500 poliziotti e gendarmi del governocentrafricano e i 900 soldati allertati dellaFrancia. Mentre al passaggio del ponteficenuovi droni di sorveglianza e palloncini di os-servazione voleranno nei cieli sopra Bangui.

In un clima fortemente teso, resta forte l’at-tesa per la visita di un papa che non esita aporsi fuori da ogni protocollo nel portare unmessaggio aperto ai bisogni più urgenti dellepopolazioni civili soprattutto di quelle ai mar-gini della società.Un’aspettativa in parte disat-tesa in Uganda, dove se da un lato Francesconon ha mancato di pronunciarsi sui rifugiatidall’altro – ancora mentre scriviamo – nonuna parola è giunta ai gruppi Lgbt in rispostaal loro appello ad essere ricevuti e a quanti traomosessuali e transgender (costretti alla clan-destinità in un Paese conservatore comel’uganda) gli chiedevano parole di denunciacontro le leggi omofobiche (che prevedono

dure pene detentive tra cui il carcere a vita) ele persecuzioni subite in società.

Appena atterrato a Entebbe venerdì sera, ilpapa ha lodato l’Uganda per i suoi sforzi ecce-zionali verso imigranti: «Qui in Africa orienta-le, l’Uganda ha dimostrato eccezionale preoc-cupazione per l’accoglienza dei rifugiati, con-sentendo loro di ricostruire le loro vite in sicu-rezza e di percepire la dignità che viene dalguadagnarsi da vivere attraverso il lavoro one-sto». E ancora: «Il nostro mondo, coinvolto inguerre, violenza e varie forme di ingiustizia, è

testimonedi unmovi-mento senza prece-denti dei popoli». Farfronte a questo rap-presenta «un test del-la nostra umanità,del nostro rispettodella dignità umana,e, soprattutto, dellanostra solidarietà coni nostri fratelli e sorel-le nel bisogno».

Secondo l’agenzia Onu per i rifugiati(Unhcr) l’Uganda ospita circa mezzo milionedi rifugiati, lamaggior parte delle quali fuggiteai conflitti e alle violenze nella vicina Repub-blica Democratica del Congo, del Burundi edel Sud Sudan. Parole amplificate in un mo-mento in cui l’Europa stenta a far fronte al piùgrande afflusso dimigranti in fuga dalla Siria eda altre parti del Medio Oriente e dell’Africa.

D’altro canto a «politicizzare» ulteriormen-te il viaggio apostolico del papa in Uganda èstato l’incontro in privato di 15 minuti con ilpresidente del Sud Sudan - il più giovane sta-to del mondo resosi indipendente dal Sudannel 2011 - Salva Kiir giunto a sorpresa nel Pae-se per incontrare Francesco. Kiir è sotto lapressione della comunità internazionale perporre fine a una guerra civile che ha uccisopiù di 10.000 persone, costretto più di 2 milio-ni di persone a lasciare il paese e ha portatogran parte della popolazione alla fame.

Il Sud Sudan è dal dicembre 2013 afflitto dal-la guerra civile innescata da una controversiapolitica tra Salva Kiir e il suo vice Riek Ma-char. L’invio di truppe ugandesi in sostegnodel governo di Giuba, ha rischiato di trasfor-mare la guerra civile in un conflitto regionale.

S gonfiatasi la retorica sugli attenta-ti di Parigi, occorre ripensare adalcuni problemi di messa a fuoco

che la narrazione degli eventi ha gene-rato. Quello che ci preme analizzare èil rapporto tra potere e vulgatamediati-ca, nel gioco di specchi amplificato dal-la forza comunicativa che il terrorismoesercita nella società dell’informazio-ne e per cui lo scomparso René Girardavrebbe parlato di «crisi mimetica» e«capro espiatorio».

Più precisamente, colpisce il modoin cui la narrazione dei fatti esoneri daun rendiconto delle responsabilità poli-tiche gli effettivi detentori di queste ul-time - i governanti e le loro reti di alle-anze - dirottando imeccanismi di attri-buzione della colpa su un credo reli-gioso o un insieme presunto di‘valori’ alieni. Si incalzano i turbamen-ti di coscienza dei «musulmani», accu-sati di mimetizzarsi in una «zona gri-gia», di non dissociarsi da qualcosacui mai si sono associati o persino dinon schierarsi con i «coraggiosi leaderarabi» della guerra al terrore. Curiosa-mente, questa eloquenza che si acca-nisce verso il basso, fin sui più vulne-rabili (i rifugiati in fuga dai tagliagole)fa da contraltare all’afasia nell’incalza-re l’altra «zona grigia», quella delle li-nee di alleanza e intervento dei nostrigoverni in Medio Oriente.

La distinzione tra «credo islamico» e«terrorismo islamista» ne esce quasicriminalizzata. Eppure l’islamismo ra-dicale e il suo sviluppo in reti transna-zionali del terrore ha una precisa origi-ne socio-politica - espressione di dissi-denza all’interno di società arabe emu-sulmane in opposizione a governi re-pressivi e mafiosi. Repressione di statoe islamismo radicale rappresentano inrealtà due facce della stessa medaglia,

lungo una traiettoria che dagli anni50-60 fino ad oggi ha permesso ai regi-mi mediorientali di disintegrare il ca-rattere pluralistico delle società (benpiù articolato negli anni 40 e 50) attra-verso la soppressione di tutte le formedi dissenso: la sinistra, i liberali, l’Islampolitico. È in questo solco che l’islami-smo radicale si afferma e si ramifica fi-no alla creazione di al-Qaeda negli an-ni 90: l’obiettivo resta la creazione diun contropotere che vendichi le socie-tà colpendone i brutali governanti. Ep-pure, contrariamente al comune senti-re, i network jihadisti faticano amobili-tare una forte base sociale, marchio -anzi - della loro debolezza.

Persino l’ossessione anti-occidenta-le che oggi pervade il verbo jihadistanasce e si sviluppa come conseguenzadell’appoggio dell’Occidente ai regimirepressivi. È infatti solo con l’11 settem-bre 2001 che si rompe una tradizionedi terrorismo introspettivo, essenzial-mente volto amodificare le societàmu-sulmane piuttosto che attaccare diret-tamente l’Occidente.

Divenuta «globale» con l’inizio delnuovo millennio, la «minaccia islami-sta» fornisce un nuovo pretesto usatodai regimi mediorientali per attrarreaiuti finanziari degli alleati occidenta-li, già compratori di risorse naturalied esportatori di armamenti, in no-me di una più efficace cooperazionenella «guerra al terrore»: di fatto unarepressione più disinvolta di tutto ildissenso politico, di cui l’islamismoradicale rappresenta solo una parte.Ne deriva un paradosso che alimentail potere e il contropotere: più bruta-le si fa la macchina della repressione,più nelle carceri avvampa il fuoco del-la «vendetta sacra», più cresce il nu-mero dei convertiti.

Questo circolo vizioso non si spezzaneanche con le rivolte arabe del 2011:dopo una breve esitazione, l’Occiden-te si ricolloca nel solco della non-inter-ferenza. Dai reami del Golfo finoall’Egitto di al-Sisi, è tutto un fiorire direlazioni commerciali e partite strategi-che, mentre gli attivisti spariscono, i«nemici dello stato» vengono mandatia morte, i dissidenti esibiti impiccatiagli elicotteri.

È infine la guerra in Iraq del 2003 amarcare l’ultima evoluzione del jihadi-smo, fino alla nascita del sedicente Sta-to Islamico: la repressione nei campidi detenzione statunitense, la distruzio-ne del tessuto sociale iracheno su cuigli attuali vertici di Daesh, sopravvissu-ti alla surge statunitense, riescono a ri-conquistare il favore dei notabili sunni-ti che avevano loro voltato le spalle,ma che, opportunamente pasciuti,vengono messi a fronteggiare un pote-re centrale percepito come sempre piùostile. Avviene così la transizione daun network impalpabile ad un eserci-zio di sovranità su un territorio.

Oggi sono trentamila i combattentiaccorsi a prestare lealtà ad al-Baghda-di: un numero impressionante in ter-mini assoluti, ma esiguo in termini re-lativi, se si vuolemisurare l’effettivo po-teremilitare del Califfato come «minac-

cia globale». Se poi si indaga sul suopo-tere di attrazione politica, occorre ri-cordare la pletora di episodi di mi-cro-resistenza armata aDaesh nella zo-na nord e centro-orientale della Siria,passata del tutto inosservata alla stam-pa occidentale: una storia di comunitàlocali, non delle milizie armate dai go-verni occidentali e neppure di quelle fi-nanziate dall’Iran.

Senza dimenticare che il regime si-riano nel 2012 e nel 2014 ha aperto lecelle di centinaia di jihadisti, immedia-tamente accorsi a rimpolpare i ranghidel Califfato, nell’obiettivo malcelatodi (ri)produrre una vecchia dicotomiaconcettuale - la convinzione che ilMe-dio Oriente sia in grado di produrre oregimi autoritari garanti dell’ordine opoteri islamisti e retrogradi - nella spe-ranza che le cancellerie occidentali ri-tornino a guardare a Damasco comeguardano oggi al Cairo del generaleal-Sisi: un luogodi potere utile a garan-tire la loro sicurezza.

Intanto le società europee ferite e im-possibilitate, nello stato d’emergenza,ad articolare risposte politiche colletti-ve, si chiudono in casa bombardati daldilemma mediatico sull’esistenza o lapraticabilità di un «Islam moderato».Resta, cioè, rimossa la reale questione:quel nesso intimo tra regimi repressivie proliferazione del terrorismo stesso.

Fuori dai riflettori giacciono lemolteanalisi che tracciano il filo tra derivacarceraria ed esplosione del fenomenoDaesh. Fuori da ogni cono di luce me-diatico muoiono le attese tradite diun’intera generazione di attivisti laici.Eppure nel Cairo del generalissimoal-Sisi saltare in aria per un attacco ka-mikaze preoccupa talvolta meno cheessere prelevati a forza di notte per es-sere fagocitati da una cella. Se il lega-me fra autoritarismo e terrorismo isla-mista fosse reso esplicito, dovremmoforse ammettere quanto inutile sia af-frontare l’uno senza l’altro: una mossaevidentemente troppo costosa in ter-mini economici e strategici. Di certopiù costosa che andare a bombardareil Califfato e le popolazioni da esso as-soggettate - le stesse che hanno cerca-todi resistere aBashar al-Asad, allo Sta-to Islamico e alle nostre bombe.

Luca CeladaLOS ANGELES

I l terrore è iniziato venerdìnel mezzo di una normalemattinata alla periferia della

città del Colorado accanto ad uncentro commerciale. Un super-mercato nel consueto stile pre-fabbricato, una manciata di fastfood, una banca e un anonimocomplesso di uffici, adibiti perlo-più a studi medici.

Fra questi c’è anche la filiale lo-cale di Planned Parenthood ilconsorzio parastatale che ammi-nistra centinaia di cliniche cheoffrono servizi di prevenzione,contraccezione e ginecologia,compresi aborti. Era questol’obiettivo di Robert Lewis Dear,l’uomo di 57 anni che pesante-mente armato, attorno alle 10:30locali è entrato nel consultorio.Numerosi colpi di arma da fuo-co hanno gettato il panico fra gliavventori. I primi agenti di poli-zia giunti sul luogo sono stati pre-si a fucilate da Dear ed è iniziatoun assedio che sarebbe duratopiù di cinque ore. Sul luogo sonoarrivate ambulanze, volanti e re-parti tattici della polizia mentregli agenti evacuavano uffici e ne-gozi. Alla fine le forze dell’ordinesono riuscite ad arrestare l’atten-tatore ma non prima che questiuccidesse tre persone di cui unpoliziotto e ne ferisse altri nove(di cui cinque agenti). Una gior-nata di terrore che si è abbattutasu una anonima periferia ameri-cana nel weekend di Thanksgi-ving. Un posto «tranquillo» econservatore, rinomato per lagrande quantità di chiese e par-rocchie evangeliche, come laNew Life Church, una «mega-church» che può ospitare fino a8.000 fedeli per le prediche dimatrice teocon. Nel 2007 pro-prio la New Life era stata al cen-tro di una altra sparatoria in cuiun seminarista psicolabile avevaucciso due fedeli. Su questo sfon-do si inserisce l’ultimo fatto disangue indirizzato contro unodegli obbiettivi tradizionalidell’estremismo integralista.

Anche se finora non è stata ri-vendicata unamotivazione preci-sa da parte dell’attentatore, Plan-ned Parenthood è regolarmenteoggetto di retorica antiabortistadi destra. Comemolte altre clini-che che offrono aborti l’organiz-zazione è stata oggetto di fre-quenti violenze, minacce e inti-midazioni. Negli Usa, dovel’aborto è legale e costituzional-mente garantito, il terrore antia-bortista ha lasciato una lungascia di sangue che attraversa al-meno due decenni. Come partedella campagna terrorista imedi-ci John Britton e David Gunn fu-rono «giustiziati» in Florida neglianni novanta da seguaci di Ope-ration Rescue, la formazione ol-tranzista fondata daRandall Ter-ry che continua ad operare dallasua centrale in Kansas.

Nel 1998 un altromedico, Bar-nett Slepian è stato freddato nel-la sua casa da un cecchino e an-coranel 2009 il dottorGeorge Til-ler è stato ucciso in Kansas. Altrevittime comprendono volontari,infermieri e guardie giurate co-meRobert Sanderson ammazza-to in una clinica dell’Alabamanel 1998 da Eric Robert Rudolph,responsabile anche dell’attenta-to alle olimpiadi di Atlanta nel1996. Una campagna di terrorealimentata da una costante reto-rica politica.

Quest’anno una organizzazio-ne antiabortista militante, laCmp (Center for medical pro-gress) ha prodotto una serie di vi-deo a telecamera nascosta in cuidirigenti di Planned Parenthoodsembravano trattare la venditadi tessuti fetali a laboratori di ri-cerca. Una inchiesta di un appo-sita commissione parlamentareha in seguito stabilito che i filma-ti erano tendenziosi e che non siriscontravano infrazioni da par-te del consorzio medico.

STATI UNITI

Attaccata clinicaper aborti:3morti e 5 feriti

MALEDETTA GUERRA IL COLPO DEL SULTANO

Allerta Usa: Bamako nel mirino jihadista. E nella capitalecentrafricana Francesco apre la Porta santa e va in moscheaTurchia •

Giuseppe Acconcia

«N on vogliamo armi né guerra»,queste sono state le ultimeparo-le di Tahir Elci, 49 anni, capo

dell’Ordinedegli avvocati diDiyarbakir, uc-ciso da uomini armati ai margini di unflash mob nel centro storico della città diSur. Nello scontro a fuoco, anche un poli-ziotto ha perso la vita, un altro è rimasto fe-rito, insieme a un giornalista.

Un video mostra uomini che sparanocontro un poliziotto dall’interno della lorovettura. In seguito, si vedono varie perso-ne fuggire dallamacchina nelle strade limi-trofe. Nonostante sia stato imposto imme-diatamente il coprifuoco a Diyarbakir, so-no in corso manifestazioni e scontri con lapolizia. Si è trattato di un assassinio a san-gue freddo, in un luogo pubblico, dopouna manifestazione in difesa dei diritti deikurdi e per denunciare lo stato di assediodella città di Sur, guidata da un uomo cheha sostenuto l’ingiustizia che il Partito deilavoratori del Kurdistan (Pkk) sia nella listadei gruppi terroristici. Per Elci, il Pkk è sem-plicemente un’«organizzazione politica ar-

mata» molto popolare. Ha ripetuto le sueopinioni lo scorso ottobre dagli schermidella televisione Cnn Turk. Dopo quell’in-tervista, i giudici della Corte di Bakirkoyavevano citato in giudizio Elci per le sue di-chiarazioni. L’avvocato avrebbe potuto ri-cevere una condanna fino a sette anni esei mesi di prigione con le accuse di «pro-paganda a favore di un’organizzazione ter-roristica». Per questo, Elci era stato ferma-to e poi rilasciato lo scorso 19 ottobre. Almomento del rilascio, aveva ripetuto la le-gittimità delle sue parole, aggiungendoche «in nessunmodo la verità può costitui-re reato».

In Turchia si vive un clima di strategiadella tensione tra attacchi terroristici delloStato islamico (Is) e dei gruppi di estremasinistra, esacerbati dalle accuse mosse algoverno di non aver in nessunmodo aiuta-to i kurdi siriani, colpiti dall’assedio di Is.Al contrario, le autorità turche hanno la-sciato fare i jihadisti in funzione anti-As-sad. Quando poi il partito della sinistra fi-lo-kurda (Hdp) ha ottenuto l’importantesuccesso elettorale del 4 giugno scorso, en-trando in parlamento, Ankara ha avviatouna campagna apparentemente anti-Ische aveva come vero obiettivo il Pkk. Tuttoquesto per motivare i nazionalisti kurdi eturchi a dare nuovo credito al neo-kemali-smo del partito islamista moderato.

Dopo la vittoria del primonovembre, Er-doganha carta bianca per continuare la re-pressione dei movimenti kurdi. Vige da ol-tre dieci giorni il coprifuoco nelle principa-li province kurde e sono 30 imorti in spara-torie tra cittadini comuni e forze di polizia.

«Su questo incidente verrà fatta luce»,ha assicurato il premier turco. Ahmet Da-vutoglu ha ammesso che Elci fosse l’obiet-tivo degli assalitori. A Istanbul è stata orga-nizzata unamanifestazioneper condanna-re l’omicidio. Anche il presidente Erdoganha condannato l’attacco e assicurato chesi andrà avanti con la lotta al terrorismo,che per lui significa repressione dei movi-menti kurdi. In città si teneva parallela-mente una manifestazione lungo vialeIstiklal a sostegno della libertà di stampain seguito agli arresti con le accuse di «spio-naggio» del direttore, Can Dundar, e il ca-po-redattore di Ankara, Erdem Gul, delquotidiano di opposizione Cumhuriyet. Ilgiornale aveva pubblicato le prove dei lega-mi tra Servizi segreti turchi (Mit) e jihadistidi Is. I giornalisti dal carcere hanno chiestoall’Unione europea di non accettare com-promessi con Ankara in occasione del ri-lancio dei negoziati sull’ingresso della Tur-chia in corso oggi a Bruxelles. Un terzogiornalista è stato arrestato ieri, si tratta diErtugul Ozkok di Hurriyet. Nel suo casol’accusa è di insulti al presidente Erdogan.La polizia ha disperso i manifestanti.

Il clima tra Turchia e Russia resta tesopoi a causa dell’abbattimento dello scorsomartedì del Sukhoi russo Su-24 al confinetra Turchia e Siria.Moscaha deciso una se-rie di sanzioni commerciali contro Ankaracomeavvertimento per prevenire futuri ab-battimenti di jet russi impegnati nei raid inSiria. Per discutere della crisi politica e di-plomatica, Erdogan e Putin potrebbero in-contrarsi a margine della Conferenza sulclima in corso a Parigi. Il presidente russoavevapiù volte evitato colloqui con il presi-dente turco in attesa di scuse ufficiali. Ierisono in parte arrivate perché Erdogan, inriferimento all’attacco, ha detto: «Vorrem-mo che non fosse successo. Spero che unacosa del genere non accada più». Eppure ilpresidente turco ha aggiunto che «non èpossibile considerare violazioni alla stre-gua di visite di ospiti». Le autorità russehanno ritenuto plausibile che l’attaccoavesse lo scopo di spingere la Nato, di cuila Turchia è stato membro, ad imporreuna no-fly zone nel Kurdistan siriano perrafforzare il controllo turco nella regione,gestita dai kurdi del Partito democraticounito (Pyd).

MALI/FRANCIA · Bombe contro Kidal: 3 morti. Dieci giorni fa l’agguato all’hotel Radisson

Attacco a base Onu nel nord

Bergoglio/ A SORPRESA INCONTRO CON KIIR (SUD-SUDAN)

Il papa: «Rifugiati test d’umanità»Oggi a Bangui si «apre» il GiubileoANALISI

Jihadismo, regimi,Occidente e zone grigie

Marina Calculli, Francesco Strazzari

TAHIR ELCI, L’AVVOCATOASSASSINATO A SUR, A DESTRAMILITARI IN MALI, SOTTO A SINISTRAGIZA IN EGITTO /LAPRESSE

Africa •Non si placa la tensione con la Russia. Mosca sanziona commercialmenteAnkara per prevenire futuri abbattimenti di jet russi durante i raid in Siria

Page 6: Il Manifesto Del 29 Novembre 2015

pagina6 il manifesto DOMENICA 29 NOVEMBRE 2015

I l taglio di 8 miliardi di euro alla spesa sanitariaprevisto nel Def tra il 2015 al 2019 (stima l’ufficioparlamentare di bilancio) ha portato in piazza

tutte le sigle sindacali dei medici. Dopo avere parte-cipato allamanifestazione dei sindacati per il rinno-vo dei contratti pubblici bloccati da sei anni, i cami-ci bianchi si sono ritrovati in piazza SS. Apostoli aRoma. Dalle testimonianze raccolte dal palco dalgiornalista Maurizio Martinelli è emerso il raccontocollettivo di una professione sommersa dalla preca-rietà e dalla burocrazia, dalla crisi provocata dai ta-gli al fondo sanitario e dalla scomparsa degli investi-menti in infrastrutture e tecnologie. Una professio-ne governata dalla politica e dallo spoil system, daimanager che guidano le Asl come se fossero indu-strie di scarpe e dal sistema divalutazione che, come all'uni-versità, vincola la libertà deimedici al rispetto di standardperformativi.

Al centro della protesta dueelementi: cancellare i tagli, in-vestire nuove risorse sui terri-tori, salvaguardare la centrali-tà della relazione tra medico epaziente. «Diritto alla cura, di-ritto a curare, ministro Loren-zin diritto a cambiare» hannoscandito al megafono i medicidella Fimmg di Bari. Un altroslogan diretto alla titolare deldicastero della Salute: «Il territorio, va potenziatomi-nistro Lorenzin sarai abilitato». Infine il temadel rin-novodel contratto nella sanità: «Non vogliamoman-ce o elemosine come si prospetta nella legge di Sta-bilità - sostiene Massimo Cozza (Fp Cgil medici) -Abbiamo denunciato la mancanza di 5 mila mediciper poter garantire la qualità delle cure ai cittadini.Per non avere medici stanchi che possono più facil-mente rischiare errori, ci vogliono assunzioni».

Il decreto sull'appropriatezza che taglia 202 pre-stazioni di odontoiatria, genetica, radiologia diagno-stica, esami di laboratorio, dermatologia allergologi-ca, medicina nucleare e prevede sanzioni per chinon rispetta le normeha fatto infuriare imedici: «Ri-vela un'ossessione prescrittiva che annulla la nostralibertà e danneggia i rapporti con i pazienti che de-vono essere personalizzati – sostiene Maria LuisaAgnese, medico poliambulatoriale a Roma – Noi ci

ribelliamo al lessico da contabile erogatore di serviziusato nella sanità. Per noi i pazienti sono persone,non utenti».

Il blocco del turn-over ha peggiorato le cose: hacreato un esercito di precari tra imedici, ha allunga-to i tempi di lavoro degli assunti, costretti a raddop-piare le ore per supplire allamancanza di personale.«Nei pronto soccorso la situazione è insostenibile –sostiene il dottor Nicolosi, anestesista a Modena – imedici diventano sempre più anziani, noi vogliamolavorare con orari umani, il nostro benessere assicu-ra quello dei pazienti». «Non abbiamoalcuna certez-za per il futuro – racconta Francesca Giglio, medicoprecario di 42 anni – Tutti i giorni ci dedichiamo aquesto lavoro con dedizione nonostante gli anni

che passano».Come nella scuola, anche nel-

la sanità emerge la richiesta distabilizzare i precari. Il precaria-to permette di risparmiare ai dan-ni della salute della popolazionea beneficio degli algoritmi che go-vernano i bilanci delle regioni.Anche gli infermieri si sono schie-rati contro la sospensione dei di-ritti riconosciuti dalla normativaeuropea contro l'abuso dei con-tratti a termine nella pubblicaamministrazione. «Gli infermieriproducono risparmi grazie a unsuper-lavoro e a un demansiona-

mento costante – sostiene Andrea Bottega , segreta-rio del Nursind – mentre ci sono 30 mila giovanineo-laureati disoccupati o che emigrano per trovarelavoro».

Sul tavolo il governo Renzi ha messo messo risor-se per assumere o stabilizzare 4 mila persone. Nonl'ha fatto di sua volontà,ma perché costretto da unadirettiva Ue sugli orari di lavoro e di riposo. «Sonocontenta per le assunzionimanonbastano a risolve-re i problemi - sostiene Roberta Chersevani, presi-dente della Federazione nazionale degli Ordini deimedici e degli odontoiatri - Vogliamo lavorare allagovernance della sanità che deve essere modificata,abbiamo paura che il nostro sistema nazionale nonce la possa fare». Chersevani ha confermato lo scio-pero dei medici del 16 dicembre. «Se non sarà suffi-ciente -ha aggiunto – potrebbero esserci altre giorna-te di mobilitazione». ro. ci.

Antonio SciottoROMA

«V ergognoso», «offensivo»,«insultante». I lavoratoridel pubblico impiego, in

corteo a Roma con 25 sigle sinda-cali, bocciano l’offerta di aumen-to presentata dal governo Renzi, esi preparano allo sciopero. «Senon avremo risposte entro fine an-no faremo un’altra manifestazio-ne, e questa volta non sarà di saba-to o di domenica», dice in modopiuttosto esplicito il leaderUil Car-melo Barbagallo. E Susanna Ca-musso, segretaria Cgil, rincara:«Noi non ci fermeremo, nonaspet-teremo l’approvazione della leggedi Stabilità rimanendo fermi».

Nel lungo corteo di bandiereche attraversa il centro della capi-tale (da Repubblica a Piazza Vene-zia, 30mila persone secondo i sin-dacati) troviamo tutte le figure delpubblico, «le persone che lavora-no per le persone», recita efficace-mente uno slogan: vigili del fuo-co, ministeriali, insegnanti, medi-ci, infermieri. Ricercatori, dipen-denti delle agenzie fiscali, foresta-li. Lavoratori dei comuni, delle (or-mai quasi del tutto soppresse) pro-vince, delle prefetture.

«La cifra che ci offre il governo èunaprovocazione, è offensiva - ur-la Martina dal palco, parlando anome di tutti i lavoratori in piazza- Dopo sei anni di blocco dei con-tratti, ha dovuto costringerli unasentenza della Corte costituziona-le, e nonostante questo ci offronodegli spicci, una mancia di pochicentesimi al giorno, 8 euro lordi almese. I 300 milioni che vengonostanziati non sono nulla, ed esclu-dono enti locali, sanità, universitàe istituti di ricerca: tutti settori acui il governo hadetto di reperirse-le da soli, le risorse, se vogliono fa-re anche loro contrattazione».

«Il governo abbia il coraggio diaprire i tavoli - dice Camusso - Lasmetta dimostrare imuscoli e fac-cia cose concrete. Si è presentatocome il governo dellamodernizza-zionema invece incarna l’unilate-ralità. Sembra "Ercolino semprein piedi", un gioco della nostra in-fanzia, che oscillavamaalla fine ri-maneva sempre lì, non facevamaiun passo avanti».

Secondo la segretaria della Cgil,stanziando solo 300 milioni il go-verno fa capire chiaramente «che

non vuole aprire i rinnovi». «È ungoverno inadempiente non solo ri-spetto ai diritti dei lavoratori maanche di fronte alla Corte costitu-zionale». Alla ministra Madia,«per cui sembra che esista una so-la parola: licenziamenti», Camus-so ricorda «che le normeper licen-ziare chi è colpevole esistono già:noi piuttosto ci chiediamo chi, trai dirigenti e le amministrazioni,non le voglia applicare».

E ilministro Poletti, dopo la con-testata frase sul rapporto tra retri-buzione e orario di lavoro, diven-ta «Ufo Robot»: «È evidente chenon conosce il rapporto che c’ètra la fatica e il tempo-lavoro».

Per Camusso, la manifestazio-ne non è limitata però solo al no-do del contratto, visto che interes-sa i servizi che il cittadino ricevedal pubblico: «Tagliano da anni lasanità, e con l’attuale legge di sta-bilità si prepara un nuovopesanteintervento. Inoltre, con il bloccodel turn over, non si permette unrinnovamento delle pubblicheamministrazioni,mentre i giovanirestano a casa e chi invece vorreb-be andarsene - perché è stanco enon ce la fa più - è costretto a ri-manere. Non tutti i lavori sonouguali, esiste la fatica».

«Ci spiegano che la colpa dellacrisi in questo Paese è dei lavorato-ri, dei pensionati e del sindacato.La devono smettere», ha detto ilsegretario generale dellaUil. «Pub-blico6tu», il nostro slogan, è quel-

lo giusto: «Perché noi dobbiamofare una grande alleanza».

Barbagallo ha ricordato che peril rinnovo dei contratti pubblici ilsindacato chiede «150 euro di au-mento» e ha quindi ribadito la ne-cessità che si aumentino gli stan-ziamenti in legge di stabilità: «De-vonometterci i soldi», ha insistito.

Infine ha fatto riferimento aun’altra partita unitaria su cuiCgil, Cisl e Uil stanno puntando:la modifica della legge Fornerosulle pensioni. Ci sono tre assem-blee in contemporanea già convo-cate per il 17 dicembre, a Torino,Firenze e Bari, dove verrà illustra-ta la proposta dei confederali per«l’uscita flessibile e la staffetta ge-nerazionale». Anche su questofronte «se non ci saranno risposte- ha concluso Barbagallo - conl’anno nuovo la Befana porterà il

carbone a Palazzo Chigi».«Sul blocco del contratto del

pubblico impiego c’è stata ancheuna sentenza della Corte costitu-zionale, ma il governo fa finta dinon sentire e dopo sei anni offre 5euro - dice dal palco la segretariadella Cisl Annamaria Furlan -Non c’è dignità in una offerta diquesto genere da parte di chi lapone. Si vergogni il governo».

«Il governo trovi le risorse ade-guate per un rinnovodignitoso, al-trimenti certo la nostra lotta nonsi può fermare - ha rincarato la lea-der della Cisl - Spero che questamanifestazione basti e che si inizida subito a sbloccare il tavolo».

L’esecutivo ha fatto capire piùvolte che non intende stanziare dipiù dei 300 milioni annunciati, vi-sto che le risorse scarseggiano:tranne ovviamente quando si trat-

ti di estendere gli 80 euro a tutte leforze di polizia (anche a chi eraescluso per reddito dalla misuraoriginaria), provvedimento moti-vato dall’emergenza terrorismo.

«Ma le risorse ci sono - ha dettoBarbagallo - I 200 miliardi tra eva-sione, corruzione e furti, e ci pa-gheremmo non solo i contrattima anche parte del debito pubbli-co». E poi «ci sono i 300 mila postipersi negli ultimi 15 anni, i miliar-di risparmiati dal 2010 con il con-gelamento dei salari». Camusso lapensa più o meno allo stesso mo-do: «Quei 300 milioni i lavoratorise li sono già pagati da soli, visti iblocchi prolungati del salario ac-cessorio e del turn over».

Tra le 25 sigle presenti, ancheGilda e Confsal. Per Paolo Nigi,del Confsal, «il governo discrimi-na e impoverisce i lavoratori».

Di ogni colore e perogni colore un sindaca-to, un tipo di medico,

un ruolo, una funzione e spes-so un contratto diverso ...quin-di una categoria di categorie,una professionema anche tan-te professioni, occupati, preca-ri e disoccupati, convocati emo-bilitatidalla federazionedeglior-dini (Fnomceo) ilmassimoorga-nismo deputato a vigilare sullaloro ortodossia professionale.

Egiàperché lagrandequestio-ne è una professione rispetto al-la quale il supplizio di San Seba-stiano appare come un picnicsotto l’alberoappenaappena in-fastidito da un paio di mosche.Sono stanchi, delusi, arrabbiati,ma non demordono specie orache hanno capito che dietro atutto, cioè a contratti e a turnoverbloccati da anni, a preroga-tive professionali duramente re-presse,a ruoli ridiscussid’autori-tàper ragionidi risparmio, a tan-te forme di delegittimazione... laloroprofessione rischia di cam-biare in peggio, rischia di di-ventare altro, sempre più simi-le ad una trivial machine eteroguidatada lineeguida, protocol-li, algoritmi, tetti di spesa, mez-zi contingentati e improbabilidirettori a capo di improbabiliaziende sanitarie.

Questo governo vuole deime-dici senza coscienza, obbedientie devoti come impiegati servili,cheprimadicurare sappianoso-prattutto risparmiare, tagliareprestazioni, tenere in fila imalatiin interminabili liste di attesa...ma soprattutto legarsi le mani.Questogovernovuoledeimediciappropriati ma non alle necessi-tàdeimalatimaallepropriepoli-tiche economiche.

Ilmessaggiodeimedici èchia-ro: la sanità dei diritti universalee solidale non si tocca, la profes-sionenonè in vendita, i contrat-ti sonoundiritto, il lavoroseusa-tobenepuò servire adeliminaretante diseconomie, la professio-ne è disponibile a ridiscutersima non ad essere liquidata, ser-ve urgentemente una riformadegli studi dimedicina.

Ieri, nella piazza che si riem-pie sempre non c’è stato un co-mizio quindi nessuna relazionedi fuoco, a parte un breve com-posto discorso introduttivo diRoberta Chersevani presidenteFnomceo, ma è stato un susse-guirsi di commenti, di audiovisi-vi, di piccole interviste, di rac-conti, di punti di vista, di spotchecon ironia raccontavanoco-se molto serie. Ieri, nella piazzachesi riempiesempre,unagran-decategoria si è raccontata con isuoi problemi, i suoi dubbi, lesue contraddizioni ma anche lasua irriducibile voglia di fare e difare bene il propriomestiere.

Loscioperodi24oredel 16di-cembre è stato confermato. Sefossi il governo eviterei di di-strarmi. Questi ormai si sonorotti le scatole e a fare le mezzemaniche non ci stanno.

LAVORO ALLA MANIFESTAZIONE DEL PUBBLICO IMPIEGO FOTO ALEANDRO BIAGIANTI

Sanità/ TRA IL 2015 E IL 2019 8 MILIARDI DI EURO DI TAGLI

Medici in piazza, stop il 16 dicembre:«No alla gestione contabile della salute»

I 5 euro netti al meseofferti da Renzi «sonoun insulto», diconoi sindacati. «Si aprasubito un tavolo,noi non ci fermiamo»

QUINTO STATO · La ricerca della Cgia di Mestre

Gli autonomi a partita Ivasono sempre più poveri

DALLA PRIMAIvan Cavicchi

No aimedicigovernativi

Roberto Ciccarelli

V ivono al di sotto del reddito dipovertà: 9.455 euro all’anno.Nel 2014 una famiglia su quat-

tro conun reddito principale da lavo-ro autonomo ha vissuto in condizio-ni insostenibili. Lo sostengono i datirielaborati dallaCgia diMestre secon-do la quale tra il 2010 e il 2014 i nu-clei familiari in cattive acque sonoau-mentati di 1,2 punti percentuali. Equesto senza considerare i freelance,single o conviventi, quelli che nonformano una famiglia «tradizionale».Per loro la condizione si presenta an-cora più difficile. La Cgia fa un para-gone: se la povertà è scesa dell’1%per i pensionati, per le partite Iva ècresciuta del 5,1%. Nell’ultimo annoil dato è rimasto stabile. La crisi rista-gna, i nuovi poveri restano in unacondizione stabile. «Se un lavoratoredipendente perdemomentaneamen-te il posto di lavoro può disporre didiverse misure di sostegno al reddito- ricorda il coordinatore dell’Ufficiostudi Cgia Paolo Zabeo - Un autono-mo non ha alcun paracadute. Unavolta chiusa l’attività è costretto a ri-mettersi in gioco affrontandouna se-rie di sfide impossibili. Oggi è diffici-le trovare un’altra occupazione: l’età

spesso non giovanissima e le difficol-tà congiunturali costituiscono unostacolo insormontabile al reinseri-mento nel mondo del lavoro».

Questo è il risvolto della retoricaprevalente sulle «start up» e il perma-nente elogio sull’«auto-imprendito-ria». Si parla sempre dell’innovazio-ne in maniera disincarnata, come sele partita Iva fossero tutti imprendito-ri capaci di comprare i diritti sulmer-cato del Welfare, non lavoratori co-me tutti gli altri. Questa rimozionecancella il rapporto tra prestazione(l’opera) e il diritto, tra il tempo el’«ora/lavoro» che ilministro del lavo-ro Poletti considera un «vecchio arne-se». «La precarietà presente nelmon-do del lavoro si concentra soprattut-to tra il popolo delle partite Iva. Siachiaro - aggiunge Zabeo - la questio-ne non va affrontata ipotizzando ditogliere alcune garanzie ai lavoratoridipendenti per darle agli autonomi,ma allargando l'impiego di alcuniammortizzatori sociali anche a que-sti ultimi che, almeno in parte, do-vrebbero finanziarseli». Si tratta diimmaginare un Welfare universale:un fisco equo, tutele, pensioni «di cit-tadinanza» per chi non ne avrà maiunaa causa dell’intermittenza lavora-tiva e della riduzione dei compensi.

PUBBLICO IMPIEGO · Manifestazione a Roma per l’aumento degli stipendi e lo sblocco del turn over

Subito contratto o sarà sciopero

Page 7: Il Manifesto Del 29 Novembre 2015

DOMENICA 29 NOVEMBRE 2015 il manifesto pagina 7

certificato n. 7905del 09-02-2015

Andrea Colombo

A ngelino Alfano? Chi l’ha vi-sto. Matteo Renzi? Muto co-me un pesce. In barile. Alma

Shalabayeva? E chi è? Con l’ecce-zione di Si e dell’M5S l’establish-ment politico e istituzionale sitrincera dietro lo schema classi-co delle tre scimmie: nessuno havisto, nessuno ha sentito, soprat-tutto nessuno avverte l’urgenzadi parlare.

In un qualsiasi Paese democrati-co le cose andrebbero all’opposto,anche se r vero che in un Paese diquel tipo il problema non sussiste-rebbeperché ilministro degli Inter-ni non sarebbe più tale da un pez-zo, dopo il rapimento di Stato Sha-labayeva.

La Procura di Perugia e i Ros,che hanno iscritto nel registro de-gli indagati sette poliziotti, tre fun-zionari dell’ambasciata kazaka e lagiudice di pace Stefania Lavore,hanno accertato che per sette vol-te, da quando venne “prelevata”con la figlia dalla sua abitazione diCasal Palocco il 29 maggio 2013 aquando, il 31maggio, venne carica-ta a forza sull’aereo diretto in Ka-zakhistan, la moglie del dissidenteMukthar Ablyazov chiarì la propriaposizione. Illustrò, implorò, parlòdelle torture subite dal marito inpatria, ripetè che sarebbe stata con-siderata dal regime del“presidente” (da 25 anni)Nazarba-ev un ostaggio, invocò invano il ri-spetto della la legge.

La legge in quei tre giorni era pe-rò sospesa: almeno su questo c’ècertezza. Per ordine di chi, e conquali complicità, invece resta oscu-ro, e pochi, nel Palazzo, sembranointeressati ad accertarlo. I sette po-liziotti, tra cui l’allora capo dellaMobile Renato Cortese e il capodell’ufficio Immigrazione Mauri-zio Improta sono indagati, oltreche per sequestro di persona, peromissione d’atti d’ufficio e falso, ilche in realtà offre un comodissimoscudo ad Alfano. Lui non ne sape-va niente: lo avevano tenutoall’oscuro come se si trattasse diun qualsiasi pizzardone anzichédel ministro.

Potrebbe essere vero, considera-to il carisma dell’uomo. Ma è im-possibile pensare cheCortese e Im-prota abbiano deciso il sequestrosolo per ammazzare la noia, senzachenessuno desse l’adeguato ordi-ne. O che la giudice Lavore, in for-za all’epoca presso il Cie di PonteGaleria dove fu ’tradotta’ la rapitae senza il cui assenso la brillanteoperazione non sarebbe andata inporto, abbia solo ceduto a un atti-mo di distrazione. Di certo non èquello che lei stessa raccontava, in

una telefonata intercettata dopo ilfattaccio: «Mi avrebbero schiaccia-to...Ho fatto pippa...Nonho sputta-nato nessuno... Hanno pagato ilmio silenzio...I panni sporchi si la-vano in famiglia». Non dovrebberoessere solo i giudici a chiedere allabrillante giudice di pace da chi te-meva di essere schiacciata. In uncaso del genere sarebbe dovere delParlamento reclamare la verità, esenza accontentarsi delle arrampi-cate sugli specchi in cui si produs-se a suo tempo Alfano.

Neppure gli agenti in servizionell’ultima fase del rapimento, conShalabayeva che già sulla scalettadell’aereo tentava ancora una vol-ta di difendere il proprio diritto arestare in Italia, credevano che iltutto fosse stato partorito da ungruppetto di poliziotti troppo soler-ti: «Tutto è già stato deciso ad altolivello». Senza contare che l’indagi-ne di Perugia ha accertato che ae-reo e pilota erano stati messi a di-sposizione, sia pur per via indiret-ta, dall’Eni. Basta e avanza per esse-re certi che in quella rendition era-no davvero coinvolti interessi di al-tissimo livello, e che il petrolio ka-zako la faceva da protagonista. Pe-

rò per smuovere la polizia trasfor-mando gli agenti in complici attividi un sequestro di persona a livellointernazionale non basta nemme-no l’interessamento dell’Eni. L’or-

dine deve aver seguito le vie gerar-chiche. Deve essere stato dato daqualcuno a cui gli agenti non pote-vano non obbedire.

La stessa Shalabayeva, tornatain Italiama ancora tanto terrorizza-ta dal regime di Nazarbaev da vo-lermantenere il segreto su generali-tà e domicilio, dice di avere massi-ma fiducia nei magistrati italiani eaggiunge che la maggiore respon-sabilità è dei diplomatici kazaki: co-me se sul fatto potesse esserci qual-che dubbio.

Paole ovvie, adoperate nei giorniscorsi come una specie di attestatodi fiducia nei confronti del mini-stro Alfano. In realtà Alma Shala-bayeva aggiunge che di sicuro «ilregime kazako non si è mosso dasolo». Chissà se nei prossimi giornia qualcuno oltre a Si e all’M5S, inParlamento, verrà in mente di re-clamare chiarezza. O se le scim-miette cieche sorde e mute conti-nueranno a essere non tre ma di-verse centinaia.

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Eleonora MartiniROMA

N on è la "generazione Bataclan" quellapiù rappresentata nella folta plateadel Centro Eventi di Piazza di Spagna

dove Francesco Rutelli - chiamando a raccol-ta un’ottantina di personalità politiche, cultu-rali, del mondo produttivo e della cosiddettasocietà civile della capitale per aprire un di-battito su «La prossima Roma», destinato aproseguire con sette gruppi di lavoro su tavo-li tematici «fino ad una seconda iniziativapubblica prima della campagna elettorale» -si è candidato a diventare il nuovo maître àpenser del centrosinistra romano. Solo que-sto, per ilmomento,manon è poco. «Ci sonomoltissimi capelli bianchi ma è la miglioredelle assemblee che abbiamo organizzato daquandomi candidai sindaco per la prima vol-ta», ammette l’uomo che pur nell’ombra haavuto un ruolo non marginale nella defene-strazione di Ignazio Marino.

Aveva già escluso nei giorni scorsi di potercorrere nuovamente (dopo il flop del 2008 cheportò Gianni Alemanno in Campidoglio) co-me sindaco, e ieri l’ex ministro dei Beni cultu-rali ha assicurato anche che non si pronunce-rà «per nessun candidato chenon abbia intor-no a sé almeno cento persone capaci, che ab-bia con sé queste energie». Ad ascoltare, nellasala che ha accolto nel corso della giornata«più di 2 mila presenze registrate», c’è ancheStefano Fassina, deputato di Sinistra italianache venerdì a Ostia ha formalizzato la propriacandidatura a sindaco di Roma. Ma qualcheorapiù tardi inprima fila compareanche l’im-prenditore Alfio Marchini, il candidato di tuttie di nessuno, accolto quasi come una star.Avrebbe dovuto prendere la parola pure lui,tra i relatori della lunga kermesse, ma alla fineil «baciodellamorte», come lohachiamatoFa-bio Rampelli (FdI), è stato evitato. «Qui non

parliamodella corsa alCampidogliomadel fu-turodella città - affermaRutelli - C’è una gran-de partecipazione, di grande qualità: ci sonocomitati di quartiere, manager, imprenditori,architetti, urbanisti, rappresentanti dell’uni-versità. È una boccata d’aria pura per il futurodi questa città».

Ma è soprattutto l’occasione per lanciare lasua nuova associazione, «Roma 2025»: «Il no-stro traguardo è il 2025, può sembrare remotomaèdavverodomanimattina - spiega l’ex sin-daco intervenendoametàpomeriggio, voluta-mentenonaconclusionedei lavori - questa as-sociazione ha scritto nel suo statuto che tutticoloro che vi operano lo fannoa titolo gratuitoe non si candida come una lista civica per lecomunali. Il 2025 significa il Giubileo, quello"vero". Inoltre c’è la possibilità che abbia suc-cesso la candidatura olimpica, che non è unapasseggiata. Questa associazione, quindi, po-trà seguire tutta una serie di attività progettua-li, di raccolta di idee, di confronto conaltre cit-tà. Sarà basata sul volontariato, raccoglierà ilcontributo dei cittadini che vogliono parteci-pare e sarà una cosa molto semplice».

Il prefetto FrancoGabrielli è l’ospite d’ono-re, e forse anche di più: «Me lo hanno chie-sto, sì,ma assolutamente nonmi candido», ri-sponde a Mario Sechi che lo intervista e chelo definisce «insieme a Sala, il prototipo can-didato del Partito della Nazione». Poi duettascherzosamente conMarchini: «Non sono ve-nuto a portarle via niente. In ogni caso, nonsono residente, quindi non la voterò». Ga-brielli parla del fortissimo senso di insicurez-za percepito, non reale, nelle periferie, auspi-ca la riorganizzazione completa delle forze dipolizia e del controllo del territorio, e soprat-tutto chiede a governo e parlamento di vara-re una legge ad hoc per Roma capitale. Chesia il modello proposto da Walter Tocci dellacittà-regione tipo Berlino, o altro, sono inmolti a chiedere un forte decentramento deipoteri, con municipi che acquistino «almenounapropria autonomia di bilancio» e inCam-pidoglio un governo centrale light. «Perché -afferma Gabrielli - con una macchina ammi-nistrativa così gigantesca nemmeno Super-man ce la può fare».

Rutelli invece punta sul «fattore umano»,quello su cui, dice, «risiede ogni affermazio-ne della città». Anche per far ripartire il Pd.In sala ci sono numerosi esponenti del suopartito: «I renziani credo si dividano in quat-tro correnti a Roma e oggi c’erano tutte», af-ferma. C’è il vicepresidente del Parlamentoeuropeo David Sassoli e la renziana doc Lo-renza Bonaccorsi, Walter Tocci, il deputatoRoberto Morassut, l’ex vicesindaco MarcoCausi, i consiglieri Fabrizio Panecaldo,Athos De Luca e alcuni minisindaci. Ma è aRenzi - che «non mi ha scritto, ma i suoi sì» -che parla quando dice che «il contributo of-ferto dalla convenction è destinato certa-mente al Pd, se ne farà un momento di ripar-tenza. Ma se il Pd non ce la dovesse fare,queste energie andranno incanalate in unsoggetto civico».tiratura prevista 38.584

GOVERNO · Dall’inchiesta risulta che la moglie del dissidente kazako aveva chiesto l’asilo sette volte

TremaAngelino, i poliziotti lo dicono:il caso Shalabayeva era «deciso in alto»

CENTROSINISTRA · Francesco Rutelli fonda il proprio think tank per la capitale e sfida il Pd

Il maître della prossima Roma

POLITICA

ROMA

I quesiti delle regioni ’NoTriv’ hanno superato il deli-cato vaglio della Cassazione.

E ora non resta che aspettarel’anno nuovo per il pronuncia-mento definitivo della Corte Co-stituzionale. Hanno segnato unaltro gol le dieci regioni che han-no deciso di ricorre al referen-dum per l’abrogazione di alcuneparti dell’articolo 38 dello Sbloc-ca Italia e dell’articolo 35 del De-creto sviluppo. Venerdì scorsol’ufficio centrale per il referen-dumpresso la Corte di Cassazio-ne ha ultimato la verifica di legit-timità della procedura per la pre-sentazione di sei referendumabrogativi. Il risultato è positivo.«Un altro passo avanti» per Pie-ro Lacorazza (Pd), presidentedel consiglio della Basilicata, ca-pofila delle regioni in polemicacon il governo. «Il sì della Cassa-zione èunbuonpunto di parten-za, che testimonia l’ottimo lavo-ro tecnico - giuridico che è allabase dell’iniziativa referenda-ria», conclude con giustificato or-goglio. Una notizia «che sta pas-sandonelle cronache senza trop-pa enfasima che riveste un’enor-me importanza, tanto più a di-stanza di poche ore dall’apertu-ra della conferenza internaziona-le di Parigi sui cambiamenti cli-matici», spiega Serena Pellegri-

no (Si - Sel) vice presidente com-missione Ambiente alla Camera.

Ora si attende il parere finaledella Consulta. Nel frattempo il9 dicembre a Roma tornerannoa riunirsi delegati delle Regionipromotrici dei sei quesiti referen-dari (oltre alla Basilicata, Mar-che, Puglia, Sardegna, Abruzzo,Veneto, Calabria, Liguria, Cam-pania e Molise) contro le proce-dure autorizzative delle attivitàpetrolifere previste dall’art. 38della legge Sblocca Italia e, perquanto riguarda le trivelle inma-re, dall’art. 35 delDecreto svilup-po. Le Regioni si consultano,spiega Lacorazza, «per esserepronte se le norme in questionenon dovessero cambiare, cosache comunque auspichiamo.L’obiettivo è restituire ai territorila possibilità di partecipare alledecisioni che li riguardano, perripristinare il principio di lealecollaborazione fra Stato e Regio-ni e migliorare l’efficienza delleistituzioni pubbliche senza tra-scurare il percorso democrati-co». Grande soddisfazione an-che per Antonio Mastrovincen-zo, presidente del consiglio re-gionale delleMarche. Proprio ie-ri ad Ancona si è svolto un cor-teo di 700 persone, arrivate tuttele Marche ma anche dall’Abruz-zo e dalla Romagna, contro le tri-vellazioni in Adriatico autorizza-te dallo Sblocca Italia. m.t.a.

REFERENDUM · Sì in Cassazione. Corteo a Ancona

Trivelle, primo via liberaOra il vaglio alla ConsultaPer il sequestro

indagati 7 agentie la giudice di pace.Interrogazione M5Se Si, governo zitto

ANGELINO ALFANO. SOTTO, ALMA SHALABAYEVA FOTO LAPRESSE

chiuso in redazione ore 22.00

il manifestoDIR. RESPONSABILE Norma Rangeri

CONDIRETTORE Tommaso Di Francesco

DESKMatteo Bartocci, Marco Boccitto, Micaela Bongi,

Massimo Giannetti, Giulia Sbarigia

CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONEBenedetto Vecchi (presidente),Matteo Bartocci, Norma Rangeri,

Silvana Silvestri

Page 8: Il Manifesto Del 29 Novembre 2015

pagina8 il manifesto DOMENICA 29 NOVEMBRE 2015

ULTIMA

Unfil rougeOPERAIEAL LAVOROALLA MARELLIDI SESTOSAN GIOVANNI,PRIMA DELLASECONDAGUERRAMONDIALE.ARCHIVIOFONDAZIONEISEC-SESTOSAN GIOVANNI

DI PADRE IN FIGLIO

Laura Matteucci

E ugenio Iafrate cercava no-tizie di un suo zio scom-parso in Germania, e vie-

ne a conoscenza del primo tre-no di deportati partito dalla sta-zione Tiburtina di Roma intera-mente organizzato e gestito daagenti di pubblica sicurezza ita-liani. Era il 4 gennaio del '44; il«treno prototipo», l'avrebberopoi chiamato, il modello cui ri-ferirsi per tutti i successivi viag-gi dellamorte dall'Italia liberataa metà verso Dachau, Au-schwitz, Mauthausen, l'orroredel castello di Hartheim.

Elvira Pajetta voleva racconta-re suo padre Giuliano, fratellodi Giancarlo, come lui stesso eil suo mondo non le sembravafossero riusciti a fare, e restitui-sce alla storia la complessità el'umanità di una persona-mo-numento dell'antifascismo, lacui vita ha sostanzialmentecoinciso conquella del Pci. Veri-ficando con precisione docu-mentale come la Resistenza, aldi là dell'iconografia eroica deipartigiani in armi, l'abbiano fat-ta una miriade di piccoli gestisostenuti da una coscienza poli-tica capace di guardare oltre lasopravvivenza: distribuire il pa-ne, certo, ma allo stesso modoinformare sull'andamento del-la guerra. Possedere una radioera un crimine, in un mondo incui annientare coscienza e ca-pacità critica era l'obiettivo.

Le fabbriche in prima lineaGiuseppe Valota si è messo

sulle tracce del padre Guidomai conosciuto, deportato poli-tico da Sesto San Giovanni aMauthausen, e finisce per ri-comporre in modo dettagliato ilquadro dell'area industriale diquegli anni in tutto il milanese,trainatadaBreda,Pirelli,Magne-tiMarelli, Falck, le grandi fabbri-che che (insieme a Fiat eOlivettialmeno) fecero la storia econo-mica d'impresa del Dopoguer-ra. Ed è un'angolazione inedita,la sua, perché lo sguardo è quel-lo di chi è rimasto a casa adaspettare, le mogli coi bambinida crescere, le sorelle, le madrisenza più figli, le figlie senza piùpadri. Lo sguardo delle donne.

Iafrate con «Elementi indesi-derabili», Pajetta con «Compa-gni», Valota con «Dalla fabbricaai lager»: i loro libri, tutti uscitiquest'anno, raccontano storie

personali che si intrecciano conlamemoria collettiva italiana, so-nobiografie e storiografie scono-sciute agli archivi ufficiali, fruttodi indagini certosine costruite inun arco temporale ventennale.Li presentano oggi a Milano allaCasa della Memoria (dalle10,30) per la decima edizionedella giornatadella «Memoria fa-miliare-figli e nipoti racconta-no» organizzata dall'Aned, l'As-sociazione degli ex deportati.Non sono gli unici libri di cui siparlerà, ne verranno presentatiuna decina, di cui pubblichia-mo a parte le indicazioni.

Passato e presente«La giornata della Memoria

familiare è stata la nostra primainiziativa rivolta non ai deporta-ti, ma ai loro parenti - spiegaDario Venegoni, neopresidentedell'Aned, eletto dopo la mortedi Gianfranco Maris - L'obietti-vo non è solo la rievocazione: èun appuntamento carico dienergie, in cui si incontranospesso per la prima volta perso-ne che quel percorso di indagi-ne della memoria familiarel'hanno gia' fatto o lo faranno.Nei momenti di pausa non fan-no che parlare tra loro, si scam-biano informazioni, metodolo-gie, ricostruiscono la dislocazio-nedella documentazionedispo-nibile, frammentata tra Berlino,Londra, Washington, Mosca.L'epoca del testimone diretto èfinita o va finendo, ma da qui aquella dello storico, la cui inda-gine si esaurisce tra gli archivi,esiste una terra di mezzo, quel-la appunto degli archivi familia-ri: sono loro, i figli, i nipoti, i de-positari di un pezzo di memo-ria non altrimenti rintracciabi-le. Dei miei genitori (Venegonistesso e' figlio di deportati, ndr)

nessuno storico sapràmai quel-lo che so io».

C'è anche di più. C'è quel filrouge che sempre attraversa lastoria, che lega la guerra di allo-ra a quelle, nuove, di oggi, i viag-gi nei vagoni piombati a quellidei profughi stipati in fretta neibarconi. È tutto diverso ed è tut-to così maledettamente simile,ed è sempre lì, la Necessità, amuovere le fila. Come dice Ve-negoni: «Torna in auge la guer-ra quale risoluzione dei proble-mi internazionali. L'ideologiache prevale sulla realtà dell'uo-mo.Quandonella piazza diMo-sul hannobruciato dei libri con-siderati blasfemi, ho ripensatosubito ad una frase di HeinrichHeine, ripresa daPrimoLevi, se-condo cui chi brucia libri fini-sce per dare fuoco alle persone.

Una settimana dopo, il videodell'Isis col pilota giordanochiuso in una gabbia ed arso vi-vo. Ad oggi non abbiamo solu-zioni facili in mano. Mi ricordoquella vignetta di Altan che di-

ce "mi vengono in mente ideeche non condivido": la guerra,appunto, e tutte quelle rispostealla crisi di oggi che tendono amettere in discussione i nostrivalori più importanti, la libertà,la privacy, la solidarietà».

Un modo per fare politicaGli autori che parlano oggi al-

la Casa della Memoria lo sannoin partenza, o ci arrivano a finepercorso: per tutti loro «cono-scere la storia per capire il pre-sente» non è pura astrazione.«Ho iniziato a cercare - raccon-ta Iafrate - per fare i conti conqualcosa di importante che miappartiene, e ho scoperto, ioche di politica nella vita ne hofatta tanta, un nuovo modo percontinuare a farla. Ho capitostudiando i viaggi dei deportatiche tutto, allora comeoggi, è re-golato da rapporti di forza eco-nomica: dai biglietti per le fami-glie consegnati agli agenti incambio di un po’ di cibo o di unorologio, dalla mutua tedescache pagava i nazisti per questilavoratori-schiavi, dal fatto cheun treno non potesse partirecon meno di 300 persone. Eraantieconomico, capisce?».

Il «treno prototipo» della li-nea Roma-Mauthausen, partitoall'indomani di giorni di guerri-glia urbana dopo l'8 settembre,ementre dilagava la guerra civi-le, ne trasportava 329, una rap-presentanza di indesiderabilimolto estesa: età variabile tra i14 e i 66 anni, comunisti, sociali-sti, anarchici, ex militari, ebrei.Torneranno in 62, di questi al-cuni moriranno subito dopo.L'ultimo reduce ad andarsene èstato, l'anno scorso, quel MarioLimentani protagonista di unal-tro libro presentato oggi.

Le cure di Anna KuliscioffPerché ovviamente lememo-

rie raccontate sono spesso in-trecciate tra loro, e mentre il fa-ro si accende su una storia fati-cosa di persone comuni ne ve-diamo passare accanto un'al-tra, altrettanto sofferta, di chi

ha fatto la storia politica e istitu-zionale del Dopoguerra. Succe-de nel libro di Valota dove, scor-rendo le 89 testimonianze ripor-tate, si arriva alla moglie di undeportato che aveva curato aMilano Anna Kuliscioff immer-gendola in bagni di latte per le-nirne i dolori causati dalle soffe-renze del carcere. SpuntanoPertini, Parri e Rosselli, proces-sati in contumacia, mentrenell'immediato Dopoguerra aSesto San Giovanni è ArmandoCossutta che consulta per ledonne in cerca di notizie glielenchi dei deportati. Tra i piùaccesi organizzatori del Soccor-so rosso - che in gran parte è unpezzo di pane e un po' di farinadietro la porta, o una monetache passa di mano - c'è la con-tessa Bonacossa, grande amicadel generale Raffaele Cadorna,nipote dell'omonimo che avevacomandato le truppe italianenella presa di Roma del 1870.Le interviste ci portanonell'inti-mo della classe operaia sestese,falcidiata dalle deportazioni se-guite ai grandi scioperi del '44,570 deportati politici, 223 mortidirettamente nei campi. L'uni-co industriale che non collabo-ra con i nazifascisti sarà AlbertoPirelli. Valota è riuscito nell'in-tento, ha ricostruito la sua me-moria familiare fino in fondo:«Ho scoperto che mio padre èmorto in una marcia della mor-te tra Vienna e Mauthausen. Mihanno proprio indicato il luogopreciso, sono fortunato: sodov'è».

Differenze abissaliIl fil rouge, allora. Quello che

intreccia queste vite tra loro, eche lega tutte loro a noi, oggi.«Mi chiedospesso: comepotreb-be essere il fare, ora? - si interro-ga Elvira Pajetta - Mio padre ri-peteva sempre che era fonda-mentale conoscere l'economia,la geografia e le lingue, e io cre-do che questi siano i parametriessenziali ancora oggi. Se fossevivo, si misurerebbe con la glo-balizzazione, con le novità geo-politiche, credo lavorerebbe coigiovani, pur in questo assolutovuoto di rappresentanza. Que-stoèunmondoabissalmentedi-verso da quello in cui ha vissutolui: eppure io credo che il biso-gnoumanodi lottareper la liber-tà, l'uguaglianza, la fraternità o,perdirla in chiavemoderna, i di-ritti, non possa che riprodursiancora e ancora».

I LIBRI PRESENTATI · Vite per non dimenticare

Dario Venegoni:«Attualità di questiracconti ora che tornain auge la guerracome soluzione»

Ecco i libri presentati oggi alla Casa della Memoria di Milano (ore10,30-17, via Confalonieri 14) Maurilio Lovatti: Testimoni di libertà, Chie-sa bresciana e Repubblica Sociale italiana, edizioni Opera Diocesana sanFrancesco di Sales. Raffaella Cargnelutti: Alla gentilezza di chi la racco-glie, Dall'inferno di Buchenwald, una storia vera, Andrea Moro editore.Grazia Di Veroli: La scala della morte, Mario Limentani, da Venezia a Ro-ma, via Mauthausen, Marlin. Marco Steiner: Mino Steiner, il doveredell'antifascismo, edizioni Unicopli Deborah Muscaritolo: All'alba saremoliberi, Storia di un deportato narrata dalla nipote, Alberti editoreRoberto Biscardini: Gefangenennummer: 42872, Diario di prigionia diGiuseppe Biscardini, Biblion edizioni. Gilberto Salmoni: K. L. Buchenwald:una storia da scoprire, Fratelli Frilli Editori, Una storia nella storia, Ricordie riflessioni di un testimone di Fossoli e Buchenwald, Ega.Ennio Odino: La mia corsa a tappe, Le Mani editore.M. Arnaudo e L. Monaco: "Dronero 1944-2015. La Fondazione Allemanditra storia e memorie, Messaggerie Subalpine di Coalova e C.Giuseppe Valota: "Dalla fabbrica al lager", Testimonianze di familiari dideportati politici dall'area industriale di Sesto San Giovanni, Mimesis Edito-re. Eugenio Iafrate: Elementi indesiderabili, Storia e memoria di un tra-sporto - Roma Mauthausen 1944, edizioni ChillemiElvira Pajetta: Compagni, La storia di Giuliano Pajetta, Pietro MacchioneEditore.

Oggi a Milanoalla Casa dellaMemoria, per ladecima giornatadella «Memoriafamiliare-figlie nipotiraccontano»l'Aned,l'Associazionedegli exdeportati,proponeuna originalebibliografia distorie personaliche si intreccianocon la memoriacollettiva legataalla Resistenza

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