IL MALATO D’ALZHEIMER E LA SUA FAMIGLIA...Devo dire che, già al suo inizio, l’esperienza del...

40
1 CITTÀ DI VITERBO Politiche Sociali ASL VITERBO IL MALATO D’ALZHEIMER E LA SUA FAMIGLIA GUIDA PRATICA ALL’ASSISTENZA

Transcript of IL MALATO D’ALZHEIMER E LA SUA FAMIGLIA...Devo dire che, già al suo inizio, l’esperienza del...

  • 1

    CITTÀ DI VITERBOPolitiche Sociali

    ASLVITERBO

    IL MALATO D’ALZHEIMERE LA SUA FAMIGLIA

    GUIDA PRATICAALL’ASSISTENZA

  • 2

  • 3

    Il morbo di Alzheimer è una patologia tra le più terribili cheaffliggono la nostra società. Terribile non solo per chi vienedirettamente colpito, ma anche per coloro che gli sono vicini,alle prese con il quotidiano, doloroso disagio di vivere con qual-cuno che, giorno dopo giorno, vede sfuggire le proprie capacitàe abilità, la propria memoria. I malati di Alzheimer ed i loro familiari non devono esserelasciati soli in questa delicata situazione.Le Istituzioni devono saper dare risposte, assistenza, aiuto con-creto.E’ per questo che l’Amministrazione Comunale, consapevole delledifficoltà affrontate da chi si trova alle prese con questa gravepatologia, ha scelto di concentrare in particolare la propriaattenzione sull’attuazione di un intervento concreto: da qualcheanno ormai, il Centro Alzheimer del Comune, grazie anche allastretta collaborazione con esperti ed addetti ai lavori del set-tore, può essere considerato un esempio eccellente di come sipossono migliorare le condizioni del malato ed alleviare i disagidella sua famiglia.La nostra volontà è di continuare in questo senso, offrendo unservizio sempre più efficace ed efficiente e cercando magari dipotenziarlo, nel preciso intento di garantire assistenza ed aiutoa tutti coloro che ne hanno bisogno.

    IL SINDACO

    Giancarlo Gabbianelli

    Cittàdi Viterbo

  • 4

    Il particolare contesto territoriale ed epidemiologico dellaAzienda Sanitaria Locale di Viterbo ci chiama ad intervenire constrategie sempre più mirate nell’ambito assistenziale geriatrico.E’ con soddisfazione quindi che presento questo opuscolo infor-mativo dedicato ai familiari dei pazienti affetti da demenza diAlzheimer perchè frutto di un lavoro integrato e di sinergiepositive.Una strategia programmatoria congiunta attraverso lo strumen-to dei Piani di Zona e l’impegno professionale di diverse UnitàOperative della ASL (Unità Operativa di Neurologia, Distretto3, Unità Operativa di Psicologia) e del Comune di Viterbo, hannoreso possibile la realizzazione di uno specifico percorso assi-stenziale che ha visto anche la nascita di un Centro DiurnoAlzheimer.Ci auguriamo che questa esperienza sia di stimolo per ulteriorinuovi interventi integrati finalizzati a fornire risposte “appro-priate” alla complessità dei bisogni socio-sanitari dei cosiddetti“soggetti deboli”.

    IL DIRETTORE GENERALE ASL VITERBO

    Giuseppe Antonio Maria Aloisio

  • 5

    L’ ASSESSORE ALLE POLITICHE SOCIALI

    Mauro Rotelli

    L’attività dell’Assessorato ai Servizi Sociali è estremamentevaria, suddivisa in numerosi settori di intervento a favore dellecategorie disagiate, delle cosiddette fasce deboli della comuni-tà cittadina: la creazione di un Centro Alzheimer, alcuni anniorsono, voleva e vuole rispondere all’esigenza di dare una rispo-sta reale e professionale alle persone affette da questo morboed allo stesso tempo di offrire assistenza alle loro famiglie.Devo dire che, già al suo inizio, l’esperienza del CentroAlzheimer si è rivelata estremamente positiva: in percentuale,riusciamo ad assistere un numero di malati superiore alla capi-tale, fatto che per una città delle dimensioni di Viterbo rappre-senta un vero successo e testimonia quanto impegno abbiamodestinato a questa iniziativa. In alcuni casi, il malato ha trovatouna rinnovata dimensione di tranquillità ed ha potuto riscoprireil positivo effetto della socializzazione, mentre i suoi familiarihanno conosciuto più approfonditamente questa patologia edhanno imparato a meglio affrontarla, oltre ad avere alcune oraal giorno di sollievo dalla loro quotidiana preoccupazione. Uno splendido risultato, sul quale continueremo a lavorare, insie-me alle realtà sanitarie e socio assistenziali che tanto benehanno collaborato con noi in questi anni e che ringrazio per il lorocostante e prezioso operato.

    Cittàdi Viterbo

  • 6

    IL MALATO DI ALZHEIMERE LA SUA FAMIGLIA

    Guida Pratica all’Assistenza

    PREMESSA

    L’ESPERIENZA DEL LAVORO DEL MEDICO CON ILMALATO DI ALZHEIMER

    Antonio Lanzetti, Elettra Lazzaroni.

    GLI ASPETTI EMOTIVI CORRELATIALLA MALATTIA DI ALZHEIMER NEL PAZIENTE

    E NELLA FAMIGLIA

    Paolo Salotti, Sergio Cavasino.

    ALZHEIMER E RIABILITAZIONE

    Daniela Gangi, Silvana Rossi.

    I BISOGNI EVIDENZIATI E L’OFFERTADEI SERVIZI

    Marisa Vitale, Mariella Pizzetti.

  • 7

    PREMESSAQuesto opuscolo nasce dalla nostra esperienza di lavoro iniziata nel 2000 all’internodel Progetto Cronos e dell’Unità Valutativa Alzheimer (U.V.A.) presso l’ospedale“Belcolle” di Viterbo.Tale attività ha riguardato da una parte aspetti valutativi diagnostici delle funzionineuropsicologiche e affettive dei pazienti anziani con sospetta demenza e dall’altroattività di conduzione di gruppi di sostegno per familiari di pazienti affetti daAlzheimer.

    Dalla conoscenza diretta dei pazienti e delle loro famiglie, abbiamo avuto modo diconstatare con forte evidenza il bisogno di informazioni relativo a questa realtà cheha assunto via via anche nella nostra provincia, come in Italia e in tutti i paesi svi-luppati, una elevata incidenza sociale.In primo luogo, è decisivo, infatti, saper riconoscere i primissimi segnali con cui “intempi non sospetti” comincia a manifestarsi questa malattia, come pure individuare quali sono i possibili fattori di rischio in grado di influenzare in modosilenzioso, ma poi irreparabile, il funzionamento cognitivo, emotivo e comportamen-tale della persona candidata alla demenza e ciò al fine di attivare in tempo utile lepossibili e più idonee contromisure.

    Dal punto di vista poi della possibilità di intervento con strumenti efficaci, oggi,nonostante gli enormi passi avanti compiuti dalla ricerca scientifica in questi ultimianni, non sono per il momento in commercio farmaci capaci di “guarire” la demenza.Ciò rende ancora più importante la necessità di focalizzare l’attenzione sugli aspet-ti funzionali e riabilitativi e sottolineare con forza, quindi, il ruolo decisivo giocatodal contesto familiare come insostituibile “attivatore” e “riabilitatore” della perso-nalità e delle competenze della persona malata.

    Coloro che ormai da tempo sono “costretti” ad avere a che fare con un proprio caroaffetto da demenza, si trovano in condizioni spesso di solitudine, di affaticamentofisico ed emotivo, di incertezza e confusione sul da farsi con una attivazione impro-pria di moltissime risorse e di energie non canalizzate. Tutto ciò non consente diagire dove e come invece ce ne è bisogno e provoca un logoramento (stress fisico edemotivo) che in realtà non solo non consente di aiutare e supportare il malato che neha bisogno ma che produce ulteriori danni (fisici e psicologici) e malattie in chi loaccudisce.

    Alla luce di queste considerazioni si è ritenuto utile la stesura di questo opuscolo,intendendolo come uno strumento di aiuto concreto per le famiglie e per tutti colo-ro che hanno quotidianamente a che fare con persone affette dalla malattia diAlzheimer.

  • 8

    L’ESPERIENZA DEL LAVORO DEL MEDICOCON IL MALATO DI ALZHEIMER

    Dott. Antonio Lanzetti, neurologo resp. “Centro U.V.A. - ASL VT”Dott.ssa Elettra Lazzaroni, geriatra UVA, resp. ADI - Distretto 3 ASL VT

    Lavorando come medici neurologo e geriatra abbiamo avuto l’opportunità di vedere centinaiadi pazienti affetti da demenza senile e fra loro molti avevano sviluppato un tipo di demen-za rapidamente progressiva, quella che oggi sono soliti chiamare Malattia di Alzheimer e ciòche ci ha maggiormente colpito è l’enorme diversità e varietà delle manifestazioni clinichecon cui questa malattia si presenta, nonostante il fatto che tutti i pazienti abbiano la mede-sima diagnosi e soffrano del medesimo processo degenerativo.Ci si trova di fronte ad una varietà coleidoscopica di lesioni e disfunzioni mai esattamenteidentiche in pazienti diversi le cui disfunzioni neurologiche interagiscono con tutto ciò chevi è di specifico ed unico in ogni individuo.L’Alzheimer può presentarsi sotto forma di sindrome ma può altresì manifestarsi come unaserie di sintomi isolati solitamente quasi impercettibili tanto da rendere difficile l’inquadra-mento riservando ad un secondo tempo l’identificazione dell’aspetto diffuso della malattia.Possono verificarsi irrilevanti problemi di linguaggio e di memoria, indefinibili problemi per-cettivi come illusioni momentanee o percezioni erronee, impalpabili problemi intellettualicome la difficoltà a capire una battuta spiritosa o a seguire un ragionamento.In generale le prime ad essere colpite sono le funzioni cerebrali associative complesse edin queste prime fasi iniziali della malattia le disfunzioni tendono ad essere effimere emomentanee. Ben presto, tuttavia, seguono più conclamate incapacità ad eseguire movimen-ti preordinati, di riconoscere oggetti di uso comune percepiti, oltre a più accentuati distur-bi cognitivi, della memoria, del comportamento, della coerenza e dell’ordinamentospaziotemporale, che alla fine convergono tutti insieme in un unico quadro di demenzaglobale profonda.Con il progredire della malattia, tendono ad apparire forti disturbi sensoriali e motori,accompagnati da spasticità, rigidità, contrazioni muscolari involontarie, spesso squilibrio eparkinsonismo. Alla fine, nell’ultima fase di questa devastante malattia si possono osserva-re i più svariati sintomi neurologici sebbene la malattia sia progredita in modi così dissimilinei vari pazienti. Considerata dunque la varietà delle forme con cui la malattia si presenta,nonchè il carattere di mosaico a essa impartito dal particolare sistema neuronale coinvolto,è possibile capire come l’Alzheimer sia una malattia polimorfa sia per la vasta gamma di modicon i quali essa può influenzare l’esperienza e il processo cognitivo, sia per i modi coi qualil’organismo colpito vi reagisce e vi si può adattare. Particolare riguardo si dovrà riservare acome simili pazienti possono talora essere aiutati. Si afferma talora che i pazienti affettida Alzheimer non si rendono conto di avere dei problemi e che perdano sin dall’inizio il sensodi introspezione e analisi. Sebbene ciò possa essere vero, l’esperienza ci ha insegnato che èmolto più frequente il contrario: i pazienti si rendono conto della propria situazione sin dal-l’inizio e spesso sono atterriti o sgomenti sapendo ciò che li aspetta. Ci sono pazienti cherestano in uno stato di profonda paura a mano a mano che perdono le loro capacità intellet-tuali e si trovano a vivere in un modo frammentario e caotico e crediamo che la maggioran-za diventi progressivamente più tranquilla via via che smarrisce il senso di ciò che ha per-duto e si trova trasportata in un mondo più elementare e irriflessivo.

  • 9

    Le performances di questi pazienti possono anche risultare molto scadenti nei test di valu-tazione mentale, nonostante siano in grado di descrivere perfettamente, con chiarezza,vivacità d’espressione, correttezza e senso dell’umorismo, o siano capaci di cantare una can-zone, raccontare una storia, recitare una parte, coltivare un orto, suonare uno strumento odipingere un quadro senza incontrare difficoltà di rilievo. In un certo senso, nello studio diqueste si osserva una storia di caos organizzato dalle modalità con le quali il cervello vienea patti con se stesso tanto che sembra di occuparsi di un organismo che lotta per preser-vare la propria identità anche nelle circostanze avverse e ciò significa che il paziente affet-to da Alzheimer può rimanere se stesso, in grado di provare emozioni e relazioni normali finoa fasi avanzate nella malattia. La relativa conservazione dell’identità personale consente unavasta gamma di attività terapeutiche e di sviluppo che hanno in comune il fatto di sfrutta-re proprio la capacità dell’identità personale residua. Lezioni di musica, frequentazione dellefunzioni religiose, giochi, gruppi artistici e recitativi, giardinaggio terapeutico e cucina pos-sono per esempio ancorare il paziente, trattenerlo nel suo processo degenerativo e ripristi-nare, anche solo per una volta o per poco, un centro di attrazione, un interesse, un’isola diidentità personale. Melodie familiari, poesie, storie possono essere ancora riconosciute ericevere adeguata risposta nonostante la malattia sia uno stadio avanzato.Non una risposta, dunque, ma una risposta riccamente associativa, in grado di riportareindietro per un po’ molti dei ricordi del paziente, i suoi sentimenti, le competenze possedu-te e i suoi mondi, servono a un risveglio quanto meno temporaneo e utile a restituire per unpo’ pienezza di vita a pazienti che altrimenti sarebbero lasciati andare o ignorati, abbando-nati in uno stato di grande sconcerto e assenza, portati in ogni istante a perdere l’orienta-mento e ad avere reazioni catastrofiche di confusioni o panico inimmaginabile.L’invecchiamento di per se stesso non comporta necessariamente una malattia neurologicacome dimostrato gli anziani che sono intellettualmente e neurologicamente integri tanto chemolti dei pazienti che pervengono a visita sono intelligenti, ottuagenari, intellettualmenteattivi che hanno mantenuto il gusto per la vita, i loro interessi e le loro facoltà; nel cervel-lo, nella mente, non vi è nulla di automatico in quanto questo organo cerca costantemente aogni possibile livello, dalla semplice percezione all’elaborazione di un pensiero filosofico, dicategorizzare il mondo, di comprendere e dare significato alla propria esperienza. Si trat-ta in definitiva di poter permettere di vivere una vera vita, nella quale l’esperienza non èmai uniforme, ma cambia in continuazione, ponendo sempre nuove sfide, richiedendo costan-temente e sempre più un’integrazione complessiva. Non è sufficiente che il cervello si limi-ti a funzionare mantenendo uniforme la propria funzione come fa il cuore, esso deve avven-turarsi e progredire per tutta la vita.Il concetto stesso di salute o di benessere esige una definizione particolare per ciò che con-cerne il cervello tanto che nel paziente che invecchia occorre saper distinguere tra longe-vità e validità: robustezza costituzionale e fortuna possono contribuire ad una vita lunga esana.Se il cervello vuole rimanere sano deve rimanere attivo fino all’ultimo, chiedendo, indagan-do, giocando, esplorando e sperimentando fino alla fine. Queste attività o stati d’animo pos-sono non essere rilevate dagli esami radiografici che si eseguono e che riprendono il nostrocervello nelle sue diverse funzioni e neppure, peraltro, dai test neuropsicologici, ma sonoproprio loro, tuttavia, che determinano lo stato di salute del cervello e ne consentono lo svi-luppo per tutta la vita con l’auspicio di ritrovare in ogni anziano una combinazione fra lavastità del pensiero raggiunta nell’arco di una vita intera con l’immediatezza spontanea delbambino che 80 anni prima giocava spensierato.

  • 10

    GLI ASPETTI EMOTIVI CORRELATI ALLAMALATTIA DI ALZHEIMER NELPAZIENTE E NELLA FAMIGLIA

    Dott. Paolo Salotti - U.O.C. Psicologia ASL VTDott. Sergio Cavasino - U.O.C. Psicologia ASL VT

    LA MALATTIA D’ALZHEIMERIl morbo di Alzheimer è la causa più comune di demenza, rappresenta infatti il 60%di tutte i tipi di deterioramento delle funzioni cognitive dell' età avanzata.

    COS'È LA DEMENZA?La demenza è un insieme di sintomi che possono accompagnare alcune malattie o con-dizioni fisiche. Più precisamente essa consiste in un peggioramento di alcune funzio-ni cognitive quali memoria, capacità di risolvere i problemi quotidiani, linguaggio,capacità di orientarsi nello spazio, ecc. - che progredisce con il trascorrere deltempo, fino a provocare l'abbandono delle attività sociali e lavorative della persona.

    A CHE ETÀ SI MANIFESTA?Il morbo d'Alzheimer è un disturbo dell'età avanzata: raramente cioè colpisce lepersone prima dei 60 anni di età e le probabilità che si manifesti crescono con l'a-vanzare dell'età.Infatti è affetto da morbo di Alzheimer circa il 5% della popolazione al di sopra dei65 anni; la percentuale sale all' 11% in persone tra gli 80 e gli 85 anni e al 25% neglianziani che hanno più di 86 anni.

    QUAL È LA CAUSA DELLA MALATTIADI ALZHEIMER?Le cause del morbo di Alzheimer non sono ancora conosciu-te. Attualmente sono state fatte alcune ipotesi: GENETI-CA, INFIAMMATORIA, VIRALE, AMBIENTALE. É proba-bile che tutti questi fattori concorrano a determinare lamalattia, che consiste in una degenerazione e malfunzionamento delle cellule checostituiscono il cervello (neuroni).

    Si ringrazia la Dott.ssa Elisabetta Pizzi per il valido aiuto fornito.

  • 11

    LA MALATTIA D’ALZHEIMER ÈCONTAGIOSA?No, essa non è causata da un agente infettivotrasmissibile e per questo non si trasmettecon il contatto tra una persona e l’altra.

    LA MALATTIA D’ALZHEIMERÈ EREDITARIA?No. Come tutte le malattie si eredita una mag-giore predisposizione a svilupparla, ma perché

    la malattia si manifesti sono necessari altri fattoriche ancora non conosciamo.

    ESISTE UNA CURA?No. Attualmente non esiste un trattamento in gradodi guarire. Tuttavia una associazione combinata diterapie farmacologiche e non-farmacologiche (riabi-litazione, sostegno psicologico ai familiari, ecc.) pos-sono rallentare il declino mentale della persona,

    mantenere attive le funzioni ancora presentipiù a lungo nel tempo e migliorare così la qua-lità di vita del malato e dei suoi familiari.

    COME VIENE FATTALA DIAGNOSI?Per giungere ad una diagnosi, gli specialisti(neurologo, psicologo, geriatra, ecc.) fannoun’ accurata valutazione neuropsicologica,con diversi strumenti diagnostici (il colloquioclinico, una batteria di test e alcuni esami dilaboratorio – es. TAC, RM, ECG, ecc. - ).

    ASPETTATIVA DI VITADopo l'esordio della malattia, l'aspettativa di vita varia dai 7 ai 10 anni; seppurealcuni pazienti raggiungano i 12-15 anni di sopravvivenza. É stato osservato, inoltre,che i pazienti con una più accurata assistenza e una migliore qualità di vita hannomaggiori probabilità di vivere più a lungo.

  • 12

    COME SI MANIFESTA?La malattia di Alzheimer colpisce ciascuna persona inmodo differente e il suo impatto dipende, in largamisura, dalle caratteristiche individuali del pazientee cioè:1) dalla sua personalità;2) dalle sue condizioni fisiche;3) dal suo stile di vita.I sintomi possono essere meglio compresi se rappor-tati alle tre fasi del suo decorso: la fase iniziale,intermedia e terminale.

    A) FASE INIZIALE: in questa fase, che può durare alcuni anni, la persona èancora autosufficiente ma presenta una serie di disturbi di tipo neuro-psicologi-co:

    4 lieve perdita di memoria per eventirecenti (es. il paziente non si ricordadove ha riposto oggetti di uso comune,cosa ha mangiato a pranzo, ecc.);

    4 lievi deficit del linguaggio (difficoltà adevocare nomi di tipo comune o anomia);

    4 disorientamento temporale (es. a volte ilpaziente può non ricordare che giorno è,il mese ecc.);

    4 modificazioni del carattere; 4 impoverimento del pensiero astratto e

    dalla capacità di giudizio;4 difficoltà a ricordare la strada di casa; 4 difficoltà a prendere decisioni; 4 perdita d'iniziativa e motivazione; 4 segni e sintomi di depressione o nervosismo; 4 perdita di interesse verso la propria attività

    lavorativa e i propri hobbies.

    B) FASE INTERMEDIA: con il progrediredella malattia, i problemi diventano più evidenti.Il malato presenta difficoltà nella vita quotidia-na, si aggravano i deficit neuropsicologici e sievidenziano i disturbi del comportamento:4 incapacità di apprendere nuove informazioni;4 peggioramento dei disturbi della memoria;

  • 13

    4 difficoltà a riconoscere ed ad orientarsi, anche in ambiente familiari;4 peggioramento del disorientamento temporale (il paziente non ricorda che giorno

    è, il mese, ecc.);4 difficoltà a riconoscere gli oggetti, i volti delle persone, i luoghi, ecc. (agnosia);4 perdita della capacità di eseguire movimenti volontari (aprassia), es. non riesce ad

    allacciarsi le scarpe;4 comportamenti inappropriati in pubblico;4 riduzione del linguaggio spontaneo (frequenti anomie e uso di frasi fatte);4 comportamento aggressivo;4 deliri e allucinazioni, ecc.

    C) FASE TERMINALE: questa fase è caratterizza-ta da una totale dipendenza del malato dai propri fami-liari; il malato deve essere infatti assistito e controlla-to in ogni momento della giornata. Il disturbo dellamemoria è molto grave e le componenti fisiche dellamalattia divengono più evidenti.La persona può sviluppare:4 incapacità a riconoscere familiari, amici e oggetti

    noti; 4 difficoltà a capire o interpretare gli eventi; 4 incapacità ad esprimersi;4 incapacità a camminare (il paziente dovrà utilizzare

    una sedia a rotelle);4 incapacità a orientarsi dentro la propria abitazione; 4 incontinenza per urine e feci; 4 difficoltà nella deglutizione (il paziente viene alimentato

    artificialmente); 4 rischio di complicanze: malnutrizione, disidratazione, pia-

    ghe, malattie infettive (soprattutto polmonite), patologiecardiovascolari, ecc.I pazienti dementi raramente muoiono per conseguenzadiretta della malattia; le cause sono da ricercarsi in unadelle patologie sopra elencate, che insorgano nello statoavanzato della malattia.

  • 14

    LA FAMIGLIA

    La famiglia è il più importante sostegno per la per-sona affetta da morbo di Alzheimer ed è, spesso,costretta a sopportare da sola il peso della malat-tia.

    ASSISTERE LA PERSONA MALATA DIALZHEIMERLa diagnosi di Alzheimer modifica radicalmente la vitadel malato e di chi se ne prende cura.Chi assiste il malato racconta, spesso, di trovarsi difronte ad una persona completamente diversa rispettoa com’era prima della malattia; questa patologia, infat-ti, causa alcuni cambiamenti nel suo comportamento e,negli stadi avanzati, determina un impoverimento dellasua personalità.

    La malattia ruba la persona a se stessa (N. Feil)

    Le modificazioni del comportamento osservabili neipazienti sono, per questo, la principale causa di stresse di difficoltà per i familiari, rendono difficile lagestione della vita quotidiana e creano momenti di ten-sione tra il paziente e i suoi familiari.

    COME NORMALMENTE REAGISCE ILFAMILIARE ALLA DIAGNOSI DI ALZHEI-MER?Si distinguono tre momenti temporalmente distinti:Shock: il familiare si domanda: "come mai proprio ame?";Negazione: il familiare nega la possibilità che la malat-tia possa condizionare in modo così radicale lo svolgi-mento delle attività quotidiane;Accettazione: il familiare diventa consapevole deicambiamenti dovuti alla malattia e della necessità didover riadattare continuamente l’ organizzazione

    della propria vita quotidiana.Alcune volte, la vergogna o la difficoltà di far sapere “agli altri” della malattia puòfar assumere atteggiamenti d’isolamento e di ritiro che non aiutano certo nellagestione complessiva del problema.

  • 15

    COSA COMPORTA, PER IL FAMILIARE,L'ACCUDIMENTO DELLA PERSONA MALATA?L’assistenza ad un paziente affetto da morbo di Alzheimerimpegna il familiare sia sul piano pratico-organizzativo chesu quello emozionale. In questa difficile situazione è naturale che il familiareprovi spesso un serie di emozioni a volte contrastanti.

    É importante che egli impari a riconoscere e accettare que-sti sentimenti; solo in questo modo potrà conviverci conserenità e, in alcuni casi, superarli.

    Questi sentimenti sono:

    1) SENSO DI COLPAÈ probabile che chi assiste la persona malata nutrasentimenti di colpa. Il familiare potrebbe sentirsi incolpa per i litigi che ha avuto in passato con il propriocaro, o perché sente di non avere la pazienza necessaria per sostenere la situazio-ne, oppure per aver provato rabbia quando il paziente ha avuto scatti di aggressivi-tà nei suoi confronti, ecc..

    2) RABBIA E FRUSTRAZIONEE' probabile che, in alcuni momenti, il familiare si senta fru-strato e arrabbiato. Diversi possono essere i motivi di tale rabbia: i cambiamentiche si sono verificati nella propria vita, il sentirsi solo nell’af-frontare questa difficile situazione, ecc..

    3) IMBARAZZOPotrebbe, a volte, provareimbarazzo a causa dei comportamenti inadeguatiche assume il proprio caro in pubblico (es. nel casoin cui offenda una persona che è venuta a fargli visi-ta, ecc.).La reazione a questo sentimento è, in genere, quel-la di ridurre la propria vita sociale, ad es. evitandodi invitare gli amici a casa. È importante che chi siprende cura dell’ammalato non ceda a questa tenta-zione.

    E' naturale che alcuni comportamenti possano imbarazzarlo, ma l’isolamentorenderebbe ancor più difficile affrontare lo stress dovuto all'accudimento. Avere

  • 16

    una vita sociale gratificante è per lui, oggi più che mai,una reale necessità.4) PAURAIn alcuni momenti potrebbe provare paura, ad esempiopensando a quello che potrà succedere con l'avanzare

    della malattia o, nel caso di pazientimolto agitati, potrebbe temere che sifaccia male, ecc..

    5) SCONFORTOPotrebbe provare sconforto, ad esempiodi fronte a situazioni difficili da gestire,e trovarsi a pensare di non essere più in

    grado, con le proprie forze, di assistere il proprio caroammalato.

    6) TRISTEZZA E ANGOSCIAQuesti sentimenti rappresentano una risposta emotivanormale ad una “esperienza di perdita”. E' naturale che il familiare possa vivere que-sto tipo di sensazioni, ad esempio, nel passato e a come era il proprio caro prima diammalarsi.

    Queste emozioni (senso di colpa, rabbia, frustrazione, imbarazzo, ecc.) possono,però, attenuarsi parlando con persone che stannovivendo la loro stessa esperienza. Sono molti, infatti,a raccontare di essere riusciti a superare questimomenti difficili grazie al supporto offerto da ungruppo di sostegno per familiari.

    CHE COS’ È UN GRUPPO DI SOSTEGNOPER FAMILIARI?È un gruppo formato da parentidi persone affette daAlzheimer e uno, o più, conduttori (psicologi), con cui il familia-re può parlare delle sue condizioni emotive, condividere proble-mi e soluzioni. Anche se frequentare un gruppo di sostegno nonpuò risolvere tutti i problemi che comporta l’accudimento dellapersona malata, è comunque, ritrovare un equilibrio personale equindi di conseguenza migliorare la relazione con il congiuntomalato, un aiuto importante per trovare in loro stessi la forzanecessaria.

  • 17

    QUALI RISCHI PER IL FAMILIARE?Le emozioni negative, l’ansia, il nervosismo ecc., se non sufficientemente supporta-te, possono condurre il familiare verso una condizione di disadattamento e di solitu-dine che, in alcuni casi, può portare ad una vera e propria depressione.Non è raro inoltre che chi assiste il malato, se non supportato, possa con il passaredel tempo perdere la capacità di prendersi cura della persona cara. Questo non soloa causa della difficoltà pratiche legate all'accudimento, ma soprattut-to in seguito ad un esaurimento psico-fisico del familiare.

    È per questo importante imparare ad affrontare nel modo migliore levarie situazioni che si possono presentare. Infatti, agendo in modoefficace sui disturbi del comportamento o dell’umore, si riuscirà aridurre il sentimento di impotenza e di sconforto causato dauna gestione della malattia poco adatta alle esigenze delpaziente.

    COSA PUÒ FARE IL FAMILIARE PER RESTAREIN FORMA?

    1) Riconoscere e accettare i propri limiti!È necessario non pretendere troppo da se stessi. Se il carico dell’assistenza è trop-po pesante, è opportuno chiedere aiuto, in modo da evitare una possibile situazionedi crisi.

    2) Mangiare in modo equilibrato!Se una persona è stanca e sotto stress, tende a non cucinare e a fare degli spunti-

    ni. È invece opportuno alimentarsi in modo corretto perrestare in forma!

    3) Riposare a sufficienza!Nel caso che il paziente nonostante le cure soffra anco-ra di insonnia, il familiare che lo assiste deve individuarealcune possibili strategie quali per esempio: farsi aiutareda un altro parente o accettare di chiamare un collabo-ratore esterno oppure modificare le proprie abitudini edormire durante il giorno quando anche lui riposa. Infattise chi assiste il malato non dorme non riuscirà poi a con-tinuare ad aiutare il proprio caro.

    4) DEDICARE OGNI GIORNO UN PO’ DI TEMPO A SE STESSI!Non si può stabilire una cosa che vada bene per tutti ma quello che è importante èfare qualcosa che per sé che ci piace e ci rilassi: per esempio, incontrare amici,

  • 18

    andare al bar, guardare le vetrine, ascoltare della musica, leggere qualche paginaecc..

    È IMPORTANTE NON SENTIRSI IN COLPA PER QUESTO!RITROVANDO UN PO’ DI SERENITÀ E ALLENTANDO LATENSIONE DOVUTA ALL’ASSISTENZA, SI RIESCE,INFATTI, AD ESSERE PIÙ PAZIENTI E ATTENTI AI BISO-GNI DEL PROPRIO CARO.

    ALCUNI SUGGERIMENTI UTILIVi sono diversi accorgimenti che il familiare può osserva-re per garantire una migliore assistenza alla personamalata; ne elenchiamo alcuni, che potrebbero rivelarsiutili in molte situazioni:

    1) AIUTARE IL PAZIENTE A DIVENTARECONSAPEVOLE DEL PROPRIO FUNZIONA-

    MENTONella prima fase è probabile che la persona malata negherà a se stesso e agli altrila sua malattia. È importante che il familiare cerchi di aiutalo adaccettare le difficoltà e i cambiamenti a cui va incontro.

    2) SOSTENERE L’AUTONOMIA DEL PAZIENTEÈ necessario che la persona rimanga indipendente il maggiortempo possibile; in questo modo diminuisce il carico della perso-na che lo assiste, ma soprattutto preservare nel malato la stimanelle proprie capacità e la sua motivazione a “fare”.

    3) AIUTARE IL PAZIENTE A FARE UN BUON USODELLE ABILITÀ CHE ANCORA POSSIEDEFavorire nel paziente lo svolgimento di alcune attività può raf-forzare e promuovere la sua dignità e la sua autostima, oltre adare uno scopo e un significato alla sua vita. È importante, però,che il familiare proponga dei compiti semplici, che il proprio caro

    possa portare avanti con successo.

    4) STABILIRE ABITUDINI DI VITA CONSOLI-DATE E MANTENERE UNO STANDARD DINORMALITÀLo stabilire delle abitudini di vita consolidate ha un duplicevantaggio: diminuisce il numero di decisioni da prendere per

  • 19

    IL COMPORTAMENTOIl comportamento del malato d’Alzheimer, e i suoi cambia-menti d'umore, sono il riflesso dello stato generale di confusione nel quale egli vieneprogressivamente a trovarsi. Durante la prima fase della malattia, un comportamento “inadeguato” o diverso dalsolito può essere, per il familiare, uno dei primi campanelli d’allarme.Successivamente, però, i disturbi del comportamento diventano così difficili dagestire, da essere considerati la maggiore fonte di stress per chi si prende cura diuna persona con demenza.

    I DISTURBI DEL COMPORTAMENTO PIÙ FREQUENTI SONO:1) COMPORTAMENTO AGGRESSIVO2) VAGABONDAGGIO 3) COMPORTAMENTI STRANI E IMBARAZZANTI

    I DISTURBI LEGATI ALL’UMORE SONO:1) ANSIA E PAURA2) AGITAZIONE E NERVOSISMO3) COLLERA4) DEPRESSIONE5) APATIA

    I DISTURBI DEL PENSIERO SONO:1) DELIRI E ALLUCINAZIONI

    il familiare e crea nel paziente dei punti di riferimentosicuri, grazie ai quali riesce mettere ordine alla sua quoti-dianità e attenuare il suo stato di confusione.

    5) MANTENERE IL SENSO DELL’UMORISMOL’umorismo può essere un ottimo modo per trarre sollievoda una situazione di stress. È importante, dunque, ridere

    insieme al proprio caro malato (ma non di lui!).

    6) CONSERVARE UNA BUONA COMUNICAZIONEMan mano che la malattia avanza, la comunicazione con l’am-malato può diventare difficile. La capacità di farsi capire èuna delle condizioni indispensabili per conservare una buonaqualità di vita. Le parole, però, non sono l’unico mezzo percomunicare. L’espressione del volto, il contatto fisico, lamimica e il tono della voce, sono modalità di comunicazioneimportanti quanto le parole.

  • 20

    Capire le caratteristiche ed il significato diciascuno di questi disturbi, permette alfamiliare di affrontarli in modo corretto.

    IL COMPORTAMENTOAGGRESSIVOUno dei disturbi del comportamento più fre-quenti, nel paziente affetto da Alzheimer, èquello aggressivo.Può agire in questo modo anche chi prima della malattia mostrava un carattere dolcee tranquillo.Si tratta di un comportamento che, in genere, spaventa molto i familiari, poiché nonsempre è possibile individuare la causa che lo ha generato.

    VERSO CHI È DIRETTA L’AGGRESSIVITÀ?Il comportamento aggressivo è per il familiare particolarmente pesante da accetta-re, poiché l'ostilità sembra rivolta proprio verso chi assiste il malato. Questo acca-de perché si è soliti interpretare l’aggressività come se provenisse da una personanon malata. È importante che il familiare sia consapevole che il comportamentoaggressivo è dovuto alla malattia.

    QUAL È LA CAUSA DI QUEST’AGGRESSIVITÀ?Sono molti i motivi che possono portare il malato di Alzheimier ad agire con aggres-sività (es. frustrazione, ansia, ecc.) ma molto spesso questo tipo di reazione è dovu-ta alla paura. I malati d’Alzheimer, infatti, reagiscono spesso con aggressività perdifendersi contro una falsa percezione del pericolo e di minaccia. Sono frequentireazioni di questo tipo, ad esempio, quando qualcuno si avvicina al paziente troppovelocemente può accadere, infatti, che lui non comprendendo le sue richieste, sipossa spaventare e reagire in modo violento.

    CHE COSA FARE?4 Evitare di reagire con arroganza, in quanto aumentereb-

    be il suo stato di agitazione; inoltre egli non ha coscien-za dell'esagerazione delle sue reazioni.

    4 Non rimproverarlo o punirlo, sarebbe una cosa inutile.Anche se il paziente, a volte, agisce come un bambino,non è opportuno trattarlo come tale; infatti egli nonimpara dagli insegnamenti dei propri familiari, ma perdesempre più le sue capacità di apprendimento e le infor-mazioni acquisite, senza poterle recuperare.

    4 Reagire con calma in modo da mantenere il controllo della situazione; in questimomenti può essere utile che il familiare si ripeta che ciò che il paziente fa o dice

  • 21

    non è dovuto a lui, ma è causato dalla malattia.4 Individuare la causa della sua reazione; a volte un

    semplice mal di testa può renderlo irritabile oaggressivo.

    4 Rassicurare e confortare il paziente (es. avvicinan-dosi a lui con dolcezza, accarezzarlo e spiegandoglicosa sta succedendo).

    4 Attirare la sua attenzione, distraendolo; può essereutile, ad es., che il familiare accenda la televisione o gli proponga di fare qualchecosa insieme a lui.

    CI SONO PERÒ DELLE SITUAZIONI IN CUI IL PAZIENTE NON RIESCA A CAL-MARSI. IN QUESTI MOMENTI DIVENTA INDISPENSABILE, PER CHI PRESTAASSISTENZA, …4 Tutelare la propria integrità; es: uscendo dalla stanza (ovviamente dopo essersi

    assicurato che non vi sono pericoli per il malato) gli si offre il tempo e lo spazioper calmarsi e tranquillizzarsi, oltre a garantire che il familiare si conservi inbuona salute per continuare ad assisterlo. Il paziente, in seguito ai suoi problemidi memoria, scorderà l’accaduto in tempo molto breve.

    PER PREVENIRE IL COMPORTAMENTO AGGRESSIVO È OPPORTU-NO...…4 Favorire in famiglia un ambiente calmo e sereno.4 Mantenere abitudini di vita consolidate.

    AGITAZIONE E NERVOSISMOCOME SI MANIFESTA?Ci sono dei casi in cui il paziente si può sentire agitato enervoso: cammina avanti e indietro per la stanza percor-rendo sempre lo stesso tratto, tocca e sposta tutti glioggetti, apre i cassetti, le ante e i rubinetti della casa. Sitratta di un comportamento che indispone fortemente chisi prende cura dell’ammalato e lo rende teso e irritabile.

    QUAL È LA CAUSA?Queste manifestazioni sono nella maggioranza dei casi dovuti alla malattia, tuttaviapossono essere amplificati dalla situazione in cui il paziente viene a trovarsi. È opportuno per questo sapere cosa fare.

    CHE COSA FARE?4 Evitare di inviargli dei messaggi contraddittori: se qualcuno gli parla dolcemente

  • 22

    con l'intento di calmarlo e poi lo afferra con un gesto veloce, sicuramente egliavrà difficoltà a capire le sue intenzioni e questo può aumentare il suo nervosi-smo.

    4 Restare calmo.4 Lasciargli lo spazio necessario per muoversi (dopo essersi assicurato che non c'è

    nella stanza qualcosa con cui si potrebbe faremale); ognuno di noi ha questa necessità quando ènervoso, camminare e muoversi è, infatti, unmezzo con cui scaricare la tensione.

    4 Distrarlo, proponendogli di fare qualcosa che lopossa interessare; ad es. chiedendogli di svolge-re qualche mansione domestica che richiedamovimento (anche se un eccessivo carico di atti-vità potrebbe portare ad un effetto contrario).

    4 Introdurre alcune modifiche nella dieta del paziente, eliminando le sostanze cheaumentano l'agitazione (the, caffè, cioccolata, ecc.).

    4 Introdurre dei piccoli cambiamenti nell'ambiente, ad es. evitare il rumore oppu-re la presenza di troppe persone nella stanza.

  • LA COLLERAA volte potrai assistere ad esplosioni di collera incontenibili.

    COME SI MANIFESTA?Si tratta di attacchi di rabbia esagerati e mal diretti (es.urla, lanci di oggetti, ecc.), che possono provocare, nel fami-liare, uno profondo stato di tristezza e sconforto, dalmomento che sono un segno evidente di cambiamento nellapersonalità della persona cara. Anche se la causa di talecomportamento non è facile da individuare (es. a voltepotrebbe essere solo un brusco cambiamento d’umore) è possibile agire sullo statodi collera del paziente; in questo modo anche il familiare potrà sentirsi, in questesituazioni, meno impaurito ed impotente.

    CHE COSA FARE?4 Allontanarsi per qualche secondo, questo permetterà al familiare di restare

    calmo e di non perdere il controllo della situazione. Inoltre accade spesso che,dopo pochi minuti dallo scoppio della collera, il malato si calmi e diventi cordialeed affettuoso;

    4 Ripensare ai fatti accaduti prima dell'incidente; capire, infatti, ciò che ha porta-to allo scoppio della collera può servire ad evitare che accada di nuovo; la malat-tia predispone a facili esplosioni di rabbia, ma sono gli eventi specifici, in genere,a provocare simili reazioni. Per esempio alcuni pazienti hanno questo tipo di rea-zioni quando non riescono più a fare ciò che prima facevano con disinvoltura; inquesti casi è opportuno aiutare il malato nello svolgimento del compito, senzasostituirsi a lui, oppure evitare che si trovi nuovamente in situazioni che nonriesce a gestire. Altri pazienti, invece, s’infuriano quando si sentono trattaticome dei bambini. In questi casi è opportuno controllare il tono della voce ed evi-tare di assumere atteggiamenti o troppo protettivi o anche prepotenti; per esem-pio, al posto di "Togliti il maglione!" è più appropriato dire "È caldo, non credi?Lascia che ti aiuti a togliere il maglione".

    PAURA E ANSIALa paura e l'ansia sono tra i disturbi più frequenti.

    QUAL È LA CAUSA?Paura o ansia possono essere causate da:1) deliri e allucinazioni, che possono far perdere al paziente il contatto con la real-tà;2) disturbi di memoria, che portano il paziente a mescolare presente passato - es.può essere ansioso perché non sono rientrati i bambini da scuola oppure perché èpreoccupato per i problemi che ci sono in ufficio, pur essendo in pensione da anni ei suoi figli ormai degli adulti;

    23

  • 24

    3) dal clima teso presente in famiglia, ecc.

    CHE COSA FARE?4 Dimostrare comprensione per il suo stato d’animo;4 Rimuovere la causa (es. togliendo un soprammobile, uno

    specchio, un quadro, ecc.) oppure allontanare il malato dal-l'oggetto ansiogeno, nel caso in cui questo sia noto.

    4 Ridurre al minimo le possibili fonti d’ansia, es. mantenendo inalterato l'ambientee le abitudini del paziente (nel caso in cui non sia stato possibile capire cosa causiquesto tipo di reazione).

    4 Dare conforto e rassicurazioni (es. prendendogli le mani condolcezza o abbracciandolo).

    4 Creare in famiglia un clima sereno, poiché un ambiente in cuivi è tensione e nervosismo favorisce l’insicurezza e lo stato diconfusione della persona malata.

    4 Fare una “telecronaca” di quello che sta accadendo intorno alui; il familiare dovrebbe descrivere cosa sta facendo in quelmomento e chi sono le persone presenti nella stanza; anche nel caso in cui nonriuscisse a comprendere le sue parole, sicuramente si sentirà rassicurato dallasua presenza e dal tono della sua voce.

    L'APATIATra i vari cambiamenti che si possono verificare a causa dellamalattia, l'apatia è il più semplice da gestire; nonostante ciò,determina, in chi assiste il malato, un forte disagio e preoccu-pazione per il benessere del proprio caro.

    COME SI MANIFESTA?Il paziente apatico rimane seduto per ore senza fare nulla, evita di parlare con lagente, è sempre triste e chiuso in se stesso.

    CHE COSA FARE?1) Creare stimoli nuovi con cui svolgere delle attività chepotrebbero interessargli; questo non è semplice poiché ilpiù delle volte vi troverete a persuadere il paziente a farequalcosa contro la sua volontà. In questa situazione è pre-feribile non insistere per evitare reazioni aggressive.2) Nel caso in cui trovaste difficoltà a catturare l'atten-zione del malato, è importante che v’impegniate a cercare delle attività piacevoli daproporgli, che lui è in grado di fare.3) Porre l’accento, sempre, sui risultati raggiunti, senza mai soffermarsi sugli insuc-cessi, poiché egli si potrebbe demotivare.4) Rispettare i suoi ritmi (es. permettendogli di fermarsi quando è stanco).

  • 25

    VAGABONDAGGIO

    Ad un certo stadio della malattia i pazienti perdono il senso dell'orientamento e senon adeguatamente accuditi possono incominciare a vagabondare.

    COME SI MANIFESTA IL VAGABONDAGGIO?Molti malati vagano all’interno della propria casa, durante il giorno e anche di notte

    mentre le persone dormono; altri tentano di usci-re dalle loro abitazioni ed in alcuni casi ci riesco-no (difficilmente queste persone riescono a tro-vare la strada del ritorno).

    QUAL È LA CAUSA?Tale comportamento è raramente privo di scopo

    ma il paziente, nella maggioranza dei casi, si dimentica dove stava andando, cosadoveva fare o non è capace di spiegarlo.Possono essere molte le cause che motivano tale comportamento:1) la noia;2) il cambiamento d’ambiente;3) il desiderio di fuga da una situazione di disagio e disofferenza; 4) la ricerca di qualcosa che crede di aver perso;5) l’errata convinzione di dover andare da qualche parte; 6) l'esigenza di fare esercizio fisico; ecc.

    CHE COSA ESPRIME?Indipendentemente dalla causa, il vagabondare è espres-sione dello stato di confusione e di smarrimento che ilmalato vive dentro di sé. Alcuni pazienti raccontano divivere come se fossero avvolti dalla nebbia, dove le per-sone, gli oggetti e gli ambienti sono senza contorni equindi difficili da riconoscere.

    CHE COSA FARE?1) E’ importante capire la vera causa del vagabondaggio e rimuoverla: 4 Se la causa è la noia, basterà incrementare le attività

    ricreative che attirano l'attenzione del paziente; 4 Se la causa è la mancanza d’esercizio fisico si potrà

    accompagnare il malato a fare una passeggiata ogni gior-no con regolarità;

    4 Se è la reazione al trasferimento in un ambiente nuovo è

  • importante sia portare al paziente i propri oggetti personali in modo da rior-ganizzargli la vita in un ambiente in parte conosciuto che rassicurarlo facendoglicapire che la sua famiglia sa dove lui si trova;

    4 Se è alla ricerca di qualcosa o di qualche persona del pas-sato (es. il coniuge deceduto, gli oggetti della casa in cuiviveva quando era piccolo, ecc.) bisogna rassicurarlo e cir-

    condarlo d’oggetti familiari e di foto dellasua famiglia;2) Applicare alla porta una serratura dif-ficile da aprire per scoraggiare la fuga;3) Far indossare una catenina o un braccialetto con scritto il pro-prio nome e l’indirizzo.

    DELIRI E ALLUCINAZIONINon è raro che nei pazienti affetti da Alzheimer si possano presentare deliri e allu-cinazioni.

    COME SI MANIFESTANO?Il paziente può accusare i familiari di avergli rubato dellecose, di volerlo avvelenare, di avergli nascosto degli oggetti,ecc. (deliri) oppure vede e sente cose o persone che non cisono (allucinazioni).L’incapacità di riconoscere la propria immagine nello specchioe i volti delle persone conosciute (prosopagnosia) alimenta,inoltre, simili convinzioni.

    COSE DA EVITARE:1) Non entrare mai nel comportamento allucinatorio fingendo di vedere o sentire ciòche il paziente riferisce.2) Evitare di convincere il paziente che quello che ha visto eudito non esiste, si rischia altrimenti di aumentare la sua fru-strazione.

    CHE COSA FARE?1) Distrarlo, proponendogli di fare qualcosa insieme a te.2) Eliminare dall’ambiente gli oggetti che possono favorire losviluppo d’allucinazioni (es. quadri, specchi, statue ecc.).3) Cercare di rassicurarlo, dicendogli, per esempio, che purnon vedendo ciò che lui in quel momento vede, Lei capisce quello che è il suo statod’animo e quello che prova.4) Rispondere alle accuse con gentilezza. Ad esempio, se Lei è accusato di avergliportato via un oggetto, dovrà aiutare il paziente a ritrovarlo per rassicurarlo.

    26

  • DEPRESSIONE

    Molto spesso i pazienti con Alzheimer soffrono didepressione.

    COME SI MANIFESTA?Il paziente depresso è triste, piange spesso, si isola difrequente; parla, pensa e agisce con particolare lentez-za; non dorme, ecc..La depressione può inoltre nascondersi dietro un’ulteriorealterazione del funzionamento e delle abitudini quotidiane.

    CHE COSA FARE?1) Esprimergli comprensione e amore(es. con una carezza, un abbraccio).2) Impegnarlo in attività gradevoli alpaziente; è necessario, però, accertarsi che egli riesca a svol-gere con successo tali compiti, perché è importante che siasoddisfatto di quello che fa; anche dei piccoli fallimenti, infat-ti, potrebbero incrementare la sua angoscia.3) Fare in modo che parli spesso con i suoi amici (nel caso in cui

    non voglia parlare, chiedere ad uno dei suoi amici di stargli comunque vicino anche sein silenzio).

    COMPORTAMENTI STRANI E IMBARAZZANTI

    COME SI MANIFESTANO?Il comportamento del paziente a volte può essere particolarmenteinappropriato e incongruo (ad es. offendere gli altri, spogliarsi inpubblico, ecc.).

    CHE COSA FARE?In questi casi è opportuno:

    1) Cercare di distrarlo coinvolgendolo in un’altra possibile attività.2) Allontanarlo dalla situazione imbarazzante, con modi gentili e rassicuranti.3) Cercare anche di individuare un eventuale possibile motivo che possa aver scate-nato il comportamento inadeguato: per esempio, se ogni volta che un conoscenteviene a trovarlo il paziente stringe a sé un oggetto particolare, può voler dire cheteme che gli sia rubato; nel caso in cui, invece, si allontanasse da questa persona,potrebbe voler dire che ha paura di lui, ecc.

    27

  • 28

    ALZHEIMER E RIABILITAZIONEDaniela Gangi, coordinatore fisioterapista serv. ADI distretto 3 ASL VTSilvana Rossi, collaboratore esperto fisioterapista presso DirezioneStrategica

    LE TERAPISTE CONSIGLIANO:

    Il Linguaggio verbale e non verbale assume per il malato di Alzheimer molta impor-tanza perchè produce le sue sensazioni positive o negative ed influenza le sue rea-zioni alle richieste.4 Il linguaggio gestuale ossia i nostri occhi, bocca, testa, spalle, braccia e gambe

    deve corrispondere al nostro linguaggio verbale.4 Il linguaggio non verbale influenza ed è compreso dal malato anche quando questi

    non comprende più il linguaggio verbale.4 Parlare al paziente lentamente, con frasi brevi, parole semplici, tono chiaro paca-

    to e dolce.4 Essere sempre sicuri che il malato abbia capito ciò che gli chiediamo.4 Spiegare sempre ed eseguire un’azione per volta.4 Non sottolineare gli errori.4 Toccare il paziente lievemente senza metterlo in una

    situazione che gli dia una sensazione di “schiacciamento”.4 Non stare troppo vicino al paziente. 4 Mimare l’attività che si deve compiere.4 Sottolineare con un “ bene ” l’azione che il paziente sta facendo.4 Avere con il paziente un “aggancio” visivo.

    4 Richiedere sempre al paziente l’attività che riesce a fare perché il fallimento diuna attività porta all’ aggressività, all’opposizione, alla negatività in una parola alladifficile possibilità di interagire con il malato.

    4 Il paziente va sostenuto con pazienza, è necessario comprenderne gli umori e icomportamenti perché ciò ci può servire per prevenire anche eventuali situazionidi pericolo in cui può incorrere il malato.

    4 E’ importante e necessario per entrare in contatto con il paziente anche rispet-tarne i suoi rifiuti e i suoi tempi.

    4 Evitare situazioni che possano deter-minare ansia, rifiuto, stress e quan-do questo accade è bene interrom-pere l’attività.

  • 29

    PRINCIPALI DIFFICOLTA’ PRATICHENELLA QUOTIDIANITA’

    Il paziente con malattia di Alzheimer ha problemi di comunicazione in quanto presen-ta difficoltà di comprensione e di espressione del linguaggio, che diviene impoverito,non riesce a trovare le parole “giuste” per esprimere i propri bisogni ed identificar-li: avverte soltanto una generica sensazione che c’è qualcosa che vorrebbe dire ofare ma non sa ne cosa ne come.

    Vi possono essere difficoltà di lettura e di scrittura.

    Ha difficoltà a compiere attività complesse come alcune attività domestiche o diigiene personale in quanto perde la capacità di eseguire attività con una sequenzalogica, e la capacità di ragionamento per cui, non riesce a prendere decisioni anchesemplici.

    Il malato non riconosce più l’uso sociale degli oggetti: gli oggetti che generalmenteutilizziamo per lui ad un certo punto non hanno più senso.

    Presenta confusione, instabilità e girovagare “è come alla ricerca di qualcosa che nontrova”.

    Ha una perdita dell’orientamento e dello spazio, ed una alterata percezione a livellosensoriale di ciò che vede per cui interpreta erroneamente gli stimoli sensoriali chericeve.La consapevolezza degli errori e delle proprie incapacità porta il paziente ad esse-re aggressivo da un lato e dall’altro lo porta ad isolarsi e a ridurre gradualmente leattività e i rapporti sociali.

    Per aiutare una persona che soffre di decadimento cognitivo cerchiamo di fornirglifonti di informazioni e piccoli ausili che possono compensare questo disagio. Ad esempio:

    4 Un calendario per ricordare il giorno, il mese, l’anno (orientamentotemporale).Teniamo bene in vista orologi per aiutare il paziente a ricordare l’ora,accertandosi che calendario e orologio, siano sempre aggiornati.

    4 Fotografie della famiglia attuale e di quella di provenienza, etichettate con chia-rezza,possono aiutare il paziente a ricordare chi sono quelle persone e chi è lui.Gli album fotografici familiari sono grande fonte diffusa di stimolo e conversa-zione.

    4 Illustrazioni raffiguranti spazi domestici, arredi, utensili da cucina, capi di abbi-gliamento, ecc…. possano aiutare il paziente ad orientarsi nel proprio ambiente

  • 30

    domestico.4 Cartoline di attori, cantanti, animali, fiori, città,ecc…. possono evocare ricordi e

    quindi instaurare un dialogo.4 Musiche e canzoni degli anni della giovinezza. La musica ha un valore inestimabi-

    le, alcuni pazienti riescono a cantare meglio di quanto non riescano a parlare.4 Lettura. Bisogna cercare di mantenerla costante anche quando la capacità di ela-

    borazione del contenuto si va attenuando.Non ostinarsi a verificare l’apprendimento di ciò che si è letto.

    4 Scrittura. Se non ci sono grossi problemi di attenzione, concentrazione o altera-zioni della grafia, privilegiare la forma scritta rispetto a quella verbale nell’ese-cuzione degli esercizi.Suggerire alla persona con disturbi cognitivi di compilare giornalmente un diario.Le annotazioni quotidiane potranno comprendere l’ora del risveglio, le condizionimetereologiche, l’abbigliamento scelto, le attività domestiche, la descrizione delcibo assunto al momento del pranzo e della cena, le varie ricette, i contatti socia-li, lo stato d’animo. In forma più generalizzata potranno essere inoltre rievocati alle corrispondentidate compleanni, anniversari, ricorrenze celebrazioni, eventi autobiografici signi-ficativi della propria vita.E’ utile identificare nella raccolta degli esercizi quelli che possono essere esegui-ti con maggiore gradimento, tenendo ovviamente conto degli interessi, delle atti-tudini e della predisposizioni della persona prima del manifestarsi della malattia.E’ utile ricordare che le proposte troppo complesse vanno evitate, poiché il mala-to potrebbe trasformare la frustrazione derivante da un insuccesso in una dimi-nuzione della propria motivazione ad impegnarsi nell’attività di stimolazione.

  • 31

    L'AUTONOMIA

    La persona presenta delle difficoltà cognitive e motorie con conseguente perditadell’autonomia. Il malato può presentare il “ wandering” ( girovagare) e mentre alcuni passeggianocontinuamente, quasi incapaci di stare fermi, altri al contrario, restano seduti, come“impigriti”, scarsamente propositivi nei riguardi di tutto ciò che li circonda.Il malato ha una perdita dell’orientamento del tempo e dello spazio. La perdita del controllo spaziale può accentuare nel malato atteggiamenti di tipocatastrofico quando gli vengono richiesti movimenti di coordinazione come ad esem-pio entrare in una vasca sedersi, alzarsi in piedi, scendere e salire scale ecc. E’ necessario mantenere l’AUTONOMIA DI MOVIMENTO il più a lungo possibile.

    Controllo dell’ambiente

    SE LA PERSONA COMINCIA AD AVERE DIFFICOLTÀ NELL’ALZARSI DAL LETTO.

    4 Valutare l’altezza del letto ne troppo alto ne troppo basso.

    4 Procurare una poltrona comoda che faciliti i trasferimenti autonomi.

    4 Accertarsi che in casa possa trovare appoggi sicuri per gli spostamenti (corrima-no, maniglioni, appoggi e rialza wc), mobili senza spigoli.

    4 Incoraggialo a deambulare sfruttando gli ausili più adatti;

    4 Avere pazienza quando si cammina assieme: camminare lentamente in modo chepossa seguirci con facilità.

  • 32

    PREVENIRE LE CADUTE

    Nel facilitare gli spostamenti si deve avere l’accortezza di non mettere la persona arischio di cadute che potrebbero causare la totale perdita di autosufficienza.

    4 Eliminare i tappeti ai bordi del letto o nella camera.

    4 Adottare una illuminazione adeguata che non formi ombre e che si accenda auto-maticamente quando il malato entra in una stanza .

    4 Illuminare adeguatamente eventuali gradini.

    4 Coprire o eliminare superfici lucidi e riflettenti.

    4 Sostituire i mobili bassi e con spigoli acuti.

    4 Eliminare le “ciabatte” e far indossare pantofole chiuse e con suola di gomma eno di cuoio, far indossare scarpe comode e con allacciature senza lacci.

    E’ consigliabile, là dove è possibile una attività fisica moderata nelle persone chefanno troppa vita sedentaria perché:

    4 Scarica la tensione e facilita il riposo notturno.

    4 Migliora l’attività respiratoria e circolatoria.

    4 Migliora la mobilità articolare e muscolare.

    4 Può aiutare a comunicare con gli altri.

    Per questi motivi si consiglia di fare una passeggiata di circa 20 minuti e se possibi-le sempre alla stessa ora e per lo stesso percorso.

  • 33

    ALIMENTAZIONE

    La deglutizione e la masticazione viene mantenuta fino ad una fase avanzata dellamalattia.Il paziente può però avere difficoltà nel provvedere a se stesso per esempio: si pre-para il cibo perché l’abitudine e la routine può aiutarlo, ma dimentica di mangiare;può non riconoscere i cibi: può mangiare cibi avariati così come può mangiare fogliedi piante velenose o bere sostanze tossiche; oppure può manifestare un appetitoeccessivo, in questo caso è bene ridurre l’apporto di cibi eccessivamente calorici(biscotti, dolci) per evitare problemi digestivi o di soprappeso.A malattia avanzata invece, la persona , può avere bisogno di essere imboccata poi-ché ha difficoltà a ricordare le sequenze corrette dei movimenti necessari a nutrir-si.In questo caso:

    4 Gli oggetti per apparecchiare (tovaglia, piatti, posate , bicchiere, devono esserepercepibili e distinguibili gli uni dagli altri).

    4 Utilizzare per posata un cucchiaio forchetta eliminando le forchette o i coltellise vengono utilizzati in modo improprio.

    4 Utilizzare per tutto il pasto un unico piatto ( a bordo alto), il malato può non per-cepire la temperatura caldo o freddo degli alimenti e scottarsi.

    4 A tavola mettersi di fronte in modo che possa imitare i nostri gesti.

    4 Tagliare il cibo in piccoli pezzi e nelle fasi avanzate della malattia tritarlo o uti-lizzare cibi liquidi.

    4 Consentirgli di usare la mani per mangiare.

    4 Se vi è difficoltà nella deglutizione e nella masticazione, è bene consultare ilmedico, per rivalutare lo stato della malattia ed adottare i provvedimenti più ade-guati.

    4 Se la persona vuole mangiare spesso, sminuzzare il cibo ed offrigli ogni volta dellepiccole porzioni, preferibilmente di verdura, si eviterà di fargli acquisire uneccesso di peso.

  • 34

    IGIENE E CURA PERSONALE

    La persona può non ricordare la collocazione degli oggetti di uso sociale ed ha diffi-coltà a ritrovarli es: pentole, piatti, abiti, ecc.; ha difficoltà di riconoscere l’uso cor-retto di essi come ad es. del water, delle posate ecc.Vi può essere una difficoltà ad eseguire correttamente delle azioni in sequenza logi-ca, per es. può indossare le calze sopra le scarpe questa manifestazione è definitaaprassia ovvero la difficoltà di coordinare varie sequenze di movimenti per compie-re una determinata azione ed è ciò che rende, in questo caso, difficile al malato, ilvestirsi o lo spogliarsi.Con il procedere della malattia egli potrebbe dimenticare di lavarsi, ma si può osti-nare a dire di averlo già fatto o può non essere in grado di ricordare le sequenze deimovimenti necessari per farlo.Può non riconoscere il grado di temperatura dell’acqua.E’ necessario pertanto che il nostro sostegno sia mirato al mantenimento delle abi-tudini del paziente. In questo caso:

    4 Rendere il momento del bagno rilassante e piacevole dosargli l’acqua ed eliminarespecchi e bottiglie trasparenti esempio i profumi.

    4 Mettere una tenda intorno alla doccia o alla vasca di colore diverso dal sanitario,mettere maniglie che facilitano al malato gli spostamenti. Per far entrare il paziente nella vasca farlo sedere prima sul bordo.

    4 Aiutarlo a pettinare o a radersi .Avere qualcuno che ti cura ci fa sentire meglio.

    4 Per quanto è possibile rispettare il senso di pudore e la privacy.

    4 Utilizzare vestiti che si slacciano facilmente e non chiusi avanti utilizzare abiticon chiusura a velcro o con elastici in vita.

    4 Riporre gli abiti nello stesso ordine in cui devono essere indossati, possibilmentesu un unica stampella.

    4 Utilizzare sempre scarpe comode con suola anti sdrucciolo e facili da calzare escarpe senza lacci.

    4 Far usare oggetti conosciuti, ad esempio le saponette a Lui note ed usare ogget-ti che abbiano colori diversi esempio il portasapone a ventosa di colore diversodal sanitario.

    4 Eliminare gli oggetti quando il paziente non sa più usarli.

  • 35

    4 Incoraggiare la persona ad avere autonomia in tutte le varie attività dandoglitutto il tempo che gli è necessario per compiere un’azione.

    4 Eliminare i fili elettrici volanti.

    4 Inserire un controllo automatico prefissato per la temperatura dell’acqua.

    4 Scarico automatico per il WC.

    4 Inserire la carta igienica a foglietti separati.

    4 Inserire una doccetta nel WC per l’igiene intima.

    CASA SICURA

    FARMACI

    Non è in grado di assumere medicinali nelle giuste dosi e al giusto orario .E’ pertanto necessaria un’attenta supervisione.

    4 Scrivere chiaramente o anche disegnare su unfoglio orario, dosi e nome del farmaco da assu-mere durante il giorno , essere però certi che ilpaziente è in grado di leggere e comprendere ciòche abbiamo scritto.

    4 Suddividere i medicinali in scatole differenziateda un colore , da un disegno di riferimento tipo:per il mattino una tazza per la colazione, un piat-to di pasta per il pranzo ecc. oppure con la scrit-ta colazione , pranzo , cena.

  • ORIENTAMENTO ED ADATTAMENTI

    Può manifestare confusione ad orientarsi nella sua casa e fuori di essa poiché puòdimenticare la disposizione e l’uso appropriato delle varie stanze,Le finestre e i terrazzi possono costituire un pericolo perché il malato nel suo giro-vagare può scavalcarli.Inoltre può non riconoscere o dimenticare la via dove abita e la strada per ritornar-vi. In questo caso è bene:

    4 Eliminare le chiavi dalle porte interne , il malato può chiudersi dentro, ma nonriesce più ad aprire dall’interno.

    4 Mettere alle finestre delle zanzariere o delle maniglie estraibili che non gli con-sentano di scavalcare.

    4 Rendere riconoscibile le stanze, compreso il bagno, lasciandole aperte o ponendodei disegni sulle porte.

    4 Inserire l’illuminazione con rilevatori infrarossi per far si che la luce si accendao si spenga quando si entra o si esce da un’ambiente.

    4 Mettere sulla porta un disegno che ricordi la funzione della stanza.

    4 Facilitare i percorsi più utilizzati in casa , ad esempio verso il bagno o la cucina,eliminando i possibili ostacoli.

    4 Dargli dei punti di riferimento per ritrovare il percorso intorno casa, (chiese,giornalaio, negozi banche ecc.).

    4 E’ bene fargli tenere un braccialetto o in tasca un foglio con nome cognome, indi-rizzo ecc.

    36

  • 37

    I BISOGNI EVIDENZIATIE L’OFFERTA DEI SERVIZI

    Pizzetti Mariella, Assistente Sociale ASL Servizio Sociale Distretto 3 ASL VTMarisa Vitale, Assistente Sociale Comune di Viterbo

    L’invecchiamento della popolazione nelle società occidentali è considerato attual-mente il fenomeno demografico di maggior rilievo per le molteplici conseguenze dinatura economica, sociale, sanitaria, politica e culturale che esso rappresenta.

    Le persone anziane presentano bisogni e risorse diverse, per questo sono necessarierisposte più aderenti ai contesti di vita personali, tramite l’organizzazione di unarete di servizi mirata a garantire il diritto dell’anziano ad un’informazione compiuta,il diritto ad un’assistenza sanitaria e sociale commisurata alle esigenze della perso-na, il diritto al riconoscimento della famiglia quale ambito privilegiato di vita.

    L’A.S.L. di Viterbo ed il Comune di Viterbo, nell’ottica dell’integrazione socio sanita-ria come previsto dalle vigenti leggi, da tempo stanno predisponendo delle azioniaffinchè possa essere il più ampio possibile il ventaglio di risposte ai bisogni dellapopolazione anziana.

    Il Centro Diurno Alzheimer è nato all’insegna dell’integrazione anche di tipo gestio-nale tra sfera sociale e sfera sanitaria, per garantire un servizio intensivo di stra-tegie di nursing; è un progetto in cui l’integrazione è perseguibile attraverso una con-tinua coordinazione tra ASL, Ente Locale e Terzo Settore.

    L’integrazione delle responsabilità e delle risorse è necessaria per migliorare la qua-lità degli interventi, così come necessaria è la verifica continua di ciò che si fa.

    L’esperienza del Centro Diurno Alzheimer è una delle risposte integrate al bisognodi una particolare fascia di popolazione che soffre della malattia diagnosticata comeAlzheimer.

    Tutti gli interventi ed i servizi che vengono erogati dall’Azienda Sanitaria Locale edal Comune di Viterbo in base alle leggi vigenti in materia socio – sanitaria, hannocome finalità principale il miglioramento della qualità della vita dei cittadini anziani.

    Tra le attività di carattere sociale, altre a quelle riferite allo sportello di ServizioSociale all’interno del Centro, va sottolineata l’importanza del ruolo del ServizioSociale riguardo alla promozione di iniziative rivolte alla valorizzazione della fami-glia come risorsa fondamentale, nella gestione del malato; sensibilizzazione nei con-fronti delle famiglie e del caregiver, sulle possibile iniziative attuabili e sulle risor-se esistenti nel territorio. Sensibilizzazione del territorio sulle problematiche con-nesse alla malattia, funzione di raccordo tra gli operatori e le varie attività svoltenel Centro.

  • 38

    IL CENTRO DIURNO ALZHEIMER

    Nel gennaio 2001 inizia la sperimentazione del Centro Diurno Alzheimer presso ilCentro Sociale Polivalente Comunale sito a Piazza dei Caduti a Viterbo. L’iniziativanasce dall’esigenza di dare delle risposte anche di tipo sociale e riabilitativo alle pro-blematiche che si erano evidenziate sul territorio presso il centro U.V.A.dell’Ospedale di Belcolle, avente il compito di valutare i pazienti idonei al ProgettoCronos e di elaborare per ognuno di loro un piano d’intervento farmacologico, riabi-litativo e sociale.

    Il 19 novembre 2002 viene inaugurato il primo Centro Diurno Alzheimer delDistretto 3 con sede a Viterbo nel quartiere S. Barbara , Piazzale dei Buccheri, 5/Etel. 0761/270153 destinato ad una fascia di utenza con caratteristiche di gravitàlieve - medio di deterioramento.

    Il Centro Diurno é aperto per tre giorni settimanali (martedì giovedì e venerdì) dalleore 9,00 alle ore 15,00. Viene garantito il pasto ed il trasporto per alcune personeche non hanno risorse parentali disponibili all’accompagnamento.

    Il personale impiegato nella gestione e nel coordinamento del servizio é costituito dapsicologi, assistenti sociali, terapisti della riabilitazione, educatori professionali edassistenti domiciliari. Il personale suddetto viene fornito in parte dall’ASL diViterbo in parte dal Comune di Viterbo e dal Terzo Settore.

    Presso il Centro Diurno è operativo per due giorni settimanali uno sportello diServizio Sociale ASL - VT Distretto 3 - Comune di Viterbo - Assessorato PoliticheSociali con le seguenti funzioni:

    4 Ascolto e sostegno per gli utenti i loro familiari e i caregiver;4 Attività di Segretariato Sociale con supporto e informazione nei percorsi socio-

    sanitari e burocratici-amministrativi di cui la persona e i suoi familiari possanoavere bisogno;

    4 Informazioni generali sulla legislazione inerente la tutela e i diritti di questafascia di utenza e sulle risorse esistenti nel territorio e la rete dei servizi;

    4 Collegamento e raccordo tra le Istituzioni, le Associazioni di Volontariato e ilCentro Diurno.

  • 39

    Giornata Tipo all’interno del Centro Diurno9,00 - 9,30 Accoglienza9,30 - 11,00 Attività psicomotoria e

    musicoterapia11,00 - 11,30 Pausa11,30 - 12,30 Terapia cognitiva e occupazionale12,30 - 13,00 Preparazione al pranzo13,00 - 14,00 Pranzo14,00 - 15,00 Attività ricreative15,00 Rientro in famiglia

    All’interno del Centro Diurno vengono svolte attività di carattere cognitivo, riabili-tativo, occupazionale e ricreativo al fine di migliorare le condizioni del paziente,favorire la socializzazione e stimolare le capacità residue.

    v A chi possiamo rivolgerciPer informazioni possiamo rivolgerci all’Assistente Sociale Marisa Vitale(0761.348561) c/o Comune di Viterbo - Assessorato Politiche Sociali - Via delGinnasio 1 e all’Assistente Sociale Mariella Pizzetti (0761.236684) del ServizioSociale Distretto 3 ASL VT - Via S. Lorenzo Nuovo, 101 (vicolo dell’Ospedale)

    Possiamo inoltre rivolgerci al centro di riferimento specializzato, l'Unità ValutativaAlzheimer presso l’Ospedale di Belcolle (0761.339446).

    www.politichesociali.vt.it www.asl.vt.it

  • 40

    VOLONTARIATO

    Al fine di coinvolgere tutti g l i organismi ist ituzional i e non nel pro-cesso di sostegno e coinvolgimento diretto del le famigl ie (s ia dicoloro i qual i usufruiscono del Centro Diurno, s ia di coloro che hannofamil iar i affetti da malattia di Alzheimer o a ltre demenze; è inten-zione creare le condizioni affinchè cresca la cultura del la “sol ida-rietà” attraverso un volontariato adeguadamente formato che stimo-l i anche la creazione di forme di associazionismo che tutel ino e dianovoce ai malati di Alzheimer e a l le loro famigl ie .

    Stampa: Tip. Grazini & Mecarini snc - Viterbo