IL LINGUAGGIO DELLA BIBBIA - Barnabiti

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SCRITTURA E LINGUAGGIO FIGURATIVO Eco dei Barnabiti 1/2019 35 Q uando prendiamo in mano la Bibbia, se non siamo prepa- rati perché sprovveduti di un minimo di conoscenza dei generi let- terari dei testi là collocati come in una antologia, essendosi il suo com- pilatore determinato a collocarli nel- l’ordine nel quale li incontriamo in- dipendentemente dalla sua data di composizione, subito cadiamo nel- l’equivoco a riguardo di quello che stiamo leggendo. Ci fu chi vide nei giorni della creazione di Gen 1 la presentazione delle ere geologiche della terra. Ci fu chi sostenne il mo- nogenismo al prendere conoscenza della coppia del paradiso terrestre. In un errore ancora maggio- re caddero i teologi quan- do attribuirono ad Adamo il potere di una divinità diabolica qual è quello di trasmettere a tutti e a cia- scun membro della co- munità umana la colpa della sua ribellione, arri- vando a citare Paolo co- me testimone. In questo caso stavano citando un rabbino chiamato da Ge- sù per essere suo aposto- lo che sapeva quello che stava dicendo, per soste- nere quello che essi affer- mavano in base alla Scrit- tura senza sapere quello che stavano dicendo. Questo modo rudimen- tale di sbagliare tornò a ri- petersi nel processo del- l’Inquisizione contro Ga- lileo, nonostante che il cardinale Bellarmino av- vertisse che la Scrittura ci insegna come andare in cielo e non come fu- rono creati i cieli. Il qua- dro di Caino e Abele con la sua narrativa didattica è una tipizzazione della storia dell’uomo piena di gravi insegnamenti mo- rali, non un fatto di cro- naca. Gen 5 è una solenne procla- mazione della triplice benedizione di Dio su ciascuno dei patriarchi del- la stirpe che lui suscita, attraverso il linguaggio della simbologia numerica. Attenti alle indicazioni dei primi capitoli della Scrittura per quello che dice rispetto agli aspetti fondamenta- li di quello che possiamo chiamare linguaggio figurativo della Bibbia non è difficile, ad ogni momento in cui la Scrittura ci presenta un inse- gnamento, distinguere tra quella che è la dottrina e quello che è il ricorso letterario del quale l’autore si serve per presentarci l’uno o l’altro degli aspetti della verità di fede della tradi- zione. Il giudeo che ascoltava i testi della legge, dei profeti e dei salmi ca- piva perfettamente quello che i rab- bini volevano trasmettere. Ricono- scevano la dottrina che gli era inse- gnata mentre si ammiravano della capacità letteraria di quelli che gliela trasmettevano. In questa nostra rifles- sione ci ispira l’apertura del Salmo 78: «Popolo mio, porgi l’orecchio al mio insegnamento, ascolta le parole della mia bocca. Aprirò la mia bocca in parabole, rievocherò gli arcani dei tempi antichi» (vv. 1-2). la lettura ispirata della Chiesa apostolica La Scrittura intesa in questo modo diventò il patrimonio religioso dei giudei. Sfortunata- mente soffrì deturpa- zioni che arrivarono al punto di consacrare tradizioni umane. Ap- parvero interpretazioni della rivelazione divi- na, contrariamente al- lo spirito del profeti- smo e della riflessione sapienziale degli scribi di Israele, che produs- sero il soffocamento dello spirito in nome della lettera. Gesù a ri- guardo di questo arrivò a pronunciare un’aper- ta accusa, diretta agli scribi del suo tempo: «Voi non conoscete la Scrittura» (Mc 12,24). Avendo pertanto sem- pre presente la preci- sione della riflessione sapienziale della chie- sa apostolica che arri- vò alla perfezione nel- l’interpretazione della Scrittura, favorita da un lato dalla stessa azio- ne dello Spirito Santo che Gesù meritò e in- IL LINGUAGGIO DELLA BIBBIA Gli equivoci di una lettura superficiale della Bibbia hanno provocato e continuano a provocare distorsioni interpretative che frequentemente generano equivoci che sfidano il tempo. la lettura della Bibbia - Gerrit Dou (1613-1675)

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Eco dei Barnabiti 1/2019 35

Quando prendiamo in mano laBibbia, se non siamo prepa-rati perché sprovveduti di un

minimo di conoscenza dei generi let-terari dei testi là collocati come inuna antologia, essendosi il suo com-pilatore determinato a collocarli nel -l’ordine nel quale li incontriamo in-dipendentemente dalla sua data dicomposizione, subito cadiamo nel-l’equivoco a riguardo di quello chestiamo leggendo. Ci fu chi vide neigiorni della creazione di Gen 1 lapresentazione delle ere geologichedella terra. Ci fu chi sostenne il mo-nogenismo al prendere conoscenzadella coppia del paradiso terrestre. Inun errore ancora maggio-re caddero i teologi quan-do attribuirono ad Adamoil potere di una divinitàdiabolica qual è quello ditrasmettere a tutti e a cia-scun membro della co-munità umana la colpadella sua ribellione, arri-vando a citare Paolo co-me testimone. In questocaso stavano citando unrabbino chiamato da Ge-sù per essere suo aposto-lo che sapeva quello chestava dicendo, per soste-nere quello che essi affer-mavano in base alla Scrit-tura senza sapere quelloche stavano dicendo.Questo modo rudimen-

tale di sbagliare tornò a ri-petersi nel processo del -l’Inquisizione contro Ga-lileo, nonostante che ilcardinale Bellarmino av-vertisse che la Scritturaci insegna come andarein cielo e non come fu-rono creati i cieli. Il qua-dro di Caino e Abele conla sua narrativa didatticaè una tipizzazione dellastoria dell’uomo piena digravi insegnamenti mo-rali, non un fatto di cro-

naca. Gen 5 è una solenne procla-mazione della triplice benedizionedi Dio su ciascuno dei patriarchi del-la stirpe che lui suscita, attraverso illinguaggio della simbologia numerica.Attenti alle indicazioni dei primi

capitoli della Scrittura per quello chedice rispetto agli aspetti fondamenta-li di quello che possiamo chiamarelinguaggio figurativo della Bibbianon è difficile, ad ogni momento incui la Scrittura ci presenta un inse-gnamento, distinguere tra quella cheè la dottrina e quello che è il ricorsoletterario del quale l’autore si serveper presentarci l’uno o l’altro degliaspetti della verità di fede della tradi-

zione. Il giudeo che ascoltava i testidella legge, dei profeti e dei salmi ca-piva perfettamente quello che i rab-bini volevano trasmettere. Ricono-scevano la dottrina che gli era inse-gnata mentre si ammiravano dellacapacità letteraria di quelli che glielatrasmettevano. In questa nostra rifles-sione ci ispira l’apertura del Salmo78: «Popolo mio, porgi l’orecchio almio insegnamento, ascolta le paroledella mia bocca. Aprirò la mia boccain parabole, rievocherò gli arcani deitempi antichi» (vv. 1-2).

la lettura ispiratadella Chiesa apostolica

La Scrittura intesa inquesto modo diventòil patrimonio religiosodei giudei. Sfortunata-mente soffrì deturpa-zioni che arrivaronoal punto di consacraretradizioni umane. Ap-parvero interpretazionidella rivelazione divi-na, contrariamente al-lo spirito del profeti-smo e della riflessionesapienziale degli scribidi Israele, che produs-sero il soffocamentodel lo spirito in nomedella lettera. Gesù a ri -guardo di questo arrivòa pronunciare un’aper-ta accusa, diretta agliscribi del suo tempo:«Voi non conoscete laScrittura» (Mc 12,24).Avendo pertanto sem-pre presente la preci-sione della riflessionesapienziale della chie-sa apostolica che arri-vò alla perfezione nel -l’interpretazione dellaScrittura, favorita da unlato dalla stessa azio-ne dello Spirito Santoche Gesù meritò e in-

IL LINGUAGGIO DELLA BIBBIAGli equivoci di una lettura superficiale della Bibbia hanno provocato e continuano a provocaredistorsioni interpretative che frequentemente generano equivoci che sfidano il tempo.

la lettura della Bibbia - Gerrit Dou (1613-1675)

viò affinché gli apostoli arrivassero atutta la verità, e dall’altro dalla cono-scenza alla quale per mezzo di essaarrivarono ad avere dei misteri dellapersona divina di Gesù, diventa im-perativo saper distinguere tra gli ele-menti degli scritti che gli Evangelistici lasciarono, degli Atti degli Aposto-li, delle lettere degli Apostoli, del-l’Apocalisse e della Lettera agli ebrei.In essi si riflette la tradizione sapien-ziale di Israele che arrivò a offrire aisuoi autori un prezioso bagaglio let-terario per esprimersi nel modo piùfelice al commentare quello che«molti profeti e giusti desideraronovedere e ascoltare» (Mt 13,17). Co-me ci dice Pietro, essi lavorarono in

nostro favore in quanto annunciava-no quello che noi possiamo contem-plare (1Pt 1,10).Sappiamo dagli Atti degli Apostoli

che Pietro alla testa dei suoi compa-gni, sotto ispirazione dello SpiritoSanto subito annunciò essere Gesù ilgiusto che non poteva conoscere lacorruzione (At 2,27). Per mezzo de-gli Evangelisti ci è dato constatareche la predicazione della chiesa apo-stolica partiva dalla testimonianzaprofetica di Giovanni Battista, il fa-scio di luce nel quale quantunqueper breve tempo Israele si rallegrò,profeta riconosciuto come inviatoda Dio che con la sua testimonianzaqualificava la persona di Gesù. La

teologia fondamentale che gli apo-stoli annunciano è che Gesù è «Coluiche viene» e che Giovanni Battistacaratterizza come lo Sposo. Siamodavanti alla profezia annunciata daOs 2,21-22. L’evangelista Giovannidinanzi alla proclamazione di Gio-vanni Battista che annuncia l’«Agnel-lo di Dio che toglie il peccato delmondo» nella condizione di coluiche era che è e che viene e che bat-tezza nello Spirito Santo, proclamache è arrivato il giorno del Signore ilgiorno di luce. Gesù è la gloria di Ia-vè, il Figlio dell’Uomo, casa di Dio eporta del cielo, colui che unico puòsalire al cielo perché unico discesedal cielo (Gv 3,13;6,62). La teologiasu Gesù che la chiesa arrivò a cono-scere quanto alla sua condizionegloriosa, attraverso le Scritture, inquanto assistita dallo Spirito Santoche gli dette la comprensione dellalegge dei profeti e dei salmi, è esten-sivamente presentata da ciascuno de-gli Evangelisti, mentre il canovacciostorico della vita del Signore serveper svolgerla in modo adeguato. Nelcaso di Gesù è evidente che gli ele-menti degli avvenimenti probabili so-no molto più presenti in rapporto allapresentazione dell’origine del popo-lo ebreo o alla riflessione sapienzialedell’autore del libro di Daniele.Quando arriviamo all’episodio del-

la cura del cieco nel momento in cuiGesù all’uscire da Gerico inizia lasua salita a Gerusalemme abbiamola chiara percezione di che la suanarrazione ha una precisa intenzionecatechetica. Questo ci porta a vederepure che la cura del lebbroso postaalla fine di Mc 1 è una narrativa ca-techetica per il fatto che si tratta del-la cura di un ammalato che rappre-senta in sintesi le condizioni di ogniuomo che ha bisogno di essere esor-cizzato e curato nelle sue ferite morta-li. Mentre nel caso del lebbroso risul-ta chiara la sua relazione con l’intui-to principale di Gesù qual è quellodi predicare la buona novella del re-gno perché per questo fu inviato, nelcaso del cieco di Gerico il senso stadietro l’iniziativa di Gesù di andarealla città dove sarà consegnato ai pa-gani e posto a morte.Lo stesso autore della liturgia del-

l’avvento, il lunedì della seconda set-timana ci propone la lettura della cu-ra del paralitico che deve essere inter-pretata come segno del potere divino

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la predica di S. Pietro - Masolino da Panicale (1383-1440 c.)

di Gesù di perdonare i peccati. In-dipendentemente dal fatto di esserequalcosa che veramente possa esseresuccesso, è evidente il suo intuito ca-techetico quando ci ricordiamo di tut-to quello che ci insegna la prima let-tura di quel giorno (Isaia 35,1-10).

la naturadella catechesi apostolica

Quello che abbiamo appena ricor-dato ci porta a pensare che gli Evan-gelisti adottarono nei loro scritti il ge-nere letterario che può essere chiama-to un ‘canovaccio storico’. Hannocompilato il loro manuale catecheticofondandosi sul fatto che Gesù annun-ciò la buona novella come predicato-re itinerante accentuando la sua attivi-tà nella regione della Galilea in quan-to la finalizzava con la sua venuta aGerusalemme dove andò per celebra-re la Pasqua ebraica affinché si realiz-zasse il piano di Dio secondo l’an-nuncio dei Profeti (Mt 23,37.39: «Ge-rusalemme, Gerusalemme...»). Fuorida questo nucleo storico possiamo di-re che gli Evangelisti ci trasmettono laconvinzione degli Apostoli che Gesùrealizzò in sé la figura profetica delServo di Iavè sia mentre annunciava ilregno come quando realizzava i segnidelle cure secondo la profezia di Isaia(cf. Mt 11,4-5: «Dite a Giovanni: ‘Isordi ascoltano... e la buona novella èannunciata...’»). In vista della presen-tazione di Gesù secondo la sua verafunzione di «colui che il Padre haconsacrato e inviato al mondo» (Gv10,36) narrano cure che Giovanni,autore del quarto Vangelo, definiscecome segni. Quali sono i segni cheGesù realizzò e corrispondono a fattiche devono essere considerati comerealmente occorsi e che corrispondo-no a quello che secondo il nostro lin-guaggio chiamiamo di miracoli? Pernoi è difficile distinguere tra gli uni egli altri, perché le loro narrative, indi-pendentemente dal fatto che si fondi-no su un fatto che realmente accaddeo che siano narrative appositamentecostruite, hanno sempre la stessa fina-lità catechetica, che gli apostoli ave-vano presente nella loro predicazionee gli Evangelisti implicitamente sup-pongono nelle loro narrative. Queste,di fatto, si caratterizzano per la formaletteraria che colloca continuamenteuna connotazione simbolica nei ter-mini che utilizza. Dobbiamo convin-

cerci che arriviamo a capire i vangelisolo quando ci sintonizziamo con illinguaggio figurativo proprio della ri-flessione sapienciale rabbinica, fruttodi una lunga tradizione letteraria.Adottato dagli Apostoli questi finisco-no per indurci a credere, anche quan-do si tratta di una narrativa costruita,che quello che narrano sia avvenutorealmente e che loro stanno pertantonarrando qualcosa come fatto di cro-naca. Pertanto, anche quando siamodavanti a miracoli che realmente sirealizzarono, siamo sempre dinanzidi narrative che vogliono promuoverel’insegnamento dottrinale, quale gliapostoli vollero trasmetterci.Nel Vangelo di Giovanni i quadri

che presentano colui che il prologosi preoccupò di definire «UnigenitoDio», colui che unico conosce Dio,che è la Vita, Luce da Luce, il «Verboche si fece carne» e che a partire daGv 1,19 fino alla fine del primo capi-tolo è chiamato solamente col nomedi Gesù, sono sistemati in una sequen-za di giorni. Questi giorni noi li som-miamo cronologicamente in quantonel linguaggio semitico significano,secondo la simbologia numerica,l’unico giorno del Signore che è ilgiorno della luce, «quel giorno» (Gv1,39) in cui Andrea e Giovanni fini-rono per rimanere per sempre conGesù. Questo, soprattutto se avver-tiamo che il termine “giorno” è ripe-tuto tre volte. Corrisponde al modosecondo il quale Mt 4,6 presenta Ge-sù: «Per quelli che giacevano nella re-gione della morte apparve una gran-de luce». La simbologia relativa al

giorno del Signore volta a presentarsicon la narrativa delle nozze di Cana:«Nel terzo giorno...». Constatiamopertanto che in quanto è costruito il“canovaccio storico” che ha comenucleo storico l’inizio dell’attivitàmessianica di Gesù che Giovannivuole che arriviamo a credere chelui è il Cristo, il Figlio di Dio affin-ché nel suo nome possediamo la vita(Gv 20,31), la catechesi apostolicavuol presentarci l’intervenzione divi-na nella nostra storia attraverso lasimbologia del numero tre. Essa fuannunciata dalla profezia. Il precur-sore la segnala, i discepoli che lo se-guono la riconoscono realizzata inGesù che a sua volta la sintetizza neltitolo messianico e divino di ‘Figliodell’uomo’ (Gv 1,51). A partire daGv 2 la dottrina circa il Figlio dell’Uo-mo che deve essere innalzato da terra(Gv 3,14) e che deve essere ricono-sciuto nella condizione di «Io sono»(Gv 8,28), è sviluppata. Per questo lacatechesi apostolica utilizza segnaliadeguatamente costruiti con la preci-sione di una terminologia comparabi-le a quella dell’artista che componeun mosaico, tassello dopo tassello. Lenozze di Cana, in comparazione alsecondo segnale qual è quello dellacura del servo del centurione, si carat-terizza per l’allegoria presente in ognipersonaggio, negli elementi ricordatie nei dialoghi costruiti, che incontra-no la sua esplicitazione nella sintesifinale: «Così Gesù diede inizio ai suoimiracoli in Cana di Galilea, manifestòla sua gloria e i suoi discepoli credet-tero in lui» (2,11).

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Nozze di Cana - Giusto de’ Menabuoi (1330 c.-1390 c.)

Il linguaggio che appare in Gv 1-2può essere trovato nel Vangelo di Mat-teo che riflette la catechesi della chie-sa apostolica, lungamente formulatadalla chiesa di Gerusalemme, cittànella quale gli apostoli rimasero per

due decenni prima di disperdersi per ilmondo. I suoi primi due capitoli chevogliono sintetizzare il tempo dellavita di colui che si manifestò Signorecon la sua Risurrezione e che dichiaròdi possedere ogni potere nel cielo e

sulla terra (Mt 28,18) prima che si ma-nifestasse a Israele, sono una chiaradimostrazione di uno stile letterariocon il quale, quantunque siano ricor-dati elementi di una storia, il suo in-tuito non è quello di dirci qualcosastoricamente incontestabile ma lo stra-ordinario che Dio realizzò. C’è unadiscendenza che ricorda la fedeltà diDio al suo piano che risale ad Abra-mo. Contrariando ogni pretesa di con-siderare il messia strettamente legatoad essa l’origine di Gesù avviene perazione del potere dell’altissimo (Mt1,18). Per questo motivo constatiamoche ogni pretesa di legare Gesù allastirpe ebraica, a non essere secondo lacarne, come ricorda Paolo in Rm 9,5,è sbagliata. Dobbiamo pensare nellasua origine ricordando che Abramo èlegato attraverso il ricorso letterariodella genealogia, al suo ancestrale,Adamo (Lc 3,38), personaggio con-templato in una visione teologica ditutta l’umanità. Quando pertanto Mat-teo presenta l’origine di Gesù nei ter-mini di Isaia 7,14 ci segnala in modoinequivoco qual è il senso che dob-biamo dare al suo linguaggio figurati-vo. La sua genealogia vuole semplice-mente creare un canovaccio storico invista della presentazione del grandio-so piano di Dio annunciato nel prefa-zio della scrittura, Gen 1-11.Un’altra narrazione in Matteo che

ci fa capire che c’è un linguaggio bi-blico da tener presente, è quella dellavisita dei magi dell’oriente. Si tratta diun midrash con il quale è proclamatal’universalità della regalità del figlionato dalla donna che il mondo avver-sa. Abbiamo l’illustrazione del temain Ap 12.La narrazione di Gesù che va a abi-

tare in Nazareth è un’altra forma diillustrare la figura messianica di Gesùche Matteo presenta col titolo di Na-zareno che può significare il virgultosul quale riposa lo Spirito, come pureil rappresentante del resto che Dio hariservato per sé, perché lui è il primo-genito consacrato al Signore in cuitutto si è realizzato.Il linguaggio figurativo si rivela di-

dattico, perché si utilizza di immagi-ni per trasmettere una dottrina, capa-ce di illustrare verità di difficile com-prensione che ci soffocano quandole traduciamo nel nostro linguaggiologico-deduttivo.

Ferdinando Capra

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INTENZIONI DI PREGHIERA 2019Marzo: Servo di Dio Giovanni Semeria, “A far del bene non si sbaglia mai. Finché vivrò, resterò fedele aipoveri a qualunque costo”.– Perché sull’esempio di padre Giovanni Semeria, ispirandosi al suo nome, al suo ricordo e al suo amoreBarnabiti, Angeliche e Laici di S. Paolo sappiano mantenere vivo l’ideale spirituale e fortemente radicatonella realtà della carità, con una testimonianza capace di suggerire ai ragazzi e ai giovani un intensoprogramma di vita, fondato sull’amore per la verità.Aprile: Venerabile Bartolomeo Canale, «Bisogna lodare Iddio e patire».– Perché sull’esempio del venerabile Bartolomeo Canale Barnabiti, Angeliche e Laici di S. Paolo faccianodella preghiera il fondamento della propria vita spirituale, consapevoli che è nella preghiera che innalzanola propria mente verso il Padre nella lodevole aspirazione di condurre una vita su questa terra nell’imita-zione del Figlio, sotto la guida dello Spirito Santo.Maggio: Venerabile Cesare Maria Barzaghi, «Ho la grazia da portare: la aspettano in molti!».– Perché sull’esempio del venerabile Cesare Maria Barzaghi Barnabiti, Angeliche e Laici di S. Paolo ovun-que siano e operino, siano sempre suscitatori di speranza rinnovata nella passione per l’uomo, perché in Cri-sto, vera e unica speranza, possano alla fine della vita restituire più belli a Dio i doni di grazia da Lui ricevuti.Giugno: Venerabile Vittorio Maria De Marino, «Fui prima niente, poi un meschino medico ed ora sono lachimera dei religiosi».– Perché sull’esempio del venerabile Vittorio Maria De Marino con umiltà, consapevoli dell’esistenzadella vita e delle sofferenze che li circondano, Barnabiti, Angeliche e Laici di S. Paolo chiedano al Signoreche riempia sempre il loro cuore di compassione per se stessi e per tutti gli esseri viventi.Luglio: S. Antonio Maria Zaccaria, “L’amore delle creature verso Dio non dovrebbe essere finito, anzi il suofine deve essere senza fine, e la sua misura senza misura, altrimenti onorarlo con misura è un disonorarlo”.– Perché Barnabiti, Angeliche e Laici di S. Paolo, memori sempre delle parole del loro padre e fondatore,come il Crocifisso mai chiudano le braccia alle necessità dei fratelli e nell’Eucaristia trovino sempre lafonte a cui abbeverarsi e nutrirsi per mantenere fedele e costante il dono della propria vita.Agosto: Servo di Dio Eliseo Maria Coroli, «Tutto voglio prendere con gioia dalle vostre mani, dal vostroamore: quando mi bagnerò, anch’io verrò ad asciugarmi al fuoco del vostro Amore... Un sorriso continuoper un continuo atto d’infinito amore».– Perché sull’esempio del servo di Dio Eliseo Maria Coroli, Barnabiti, Angeliche, Laici di S. Paolo e Mis-sionarie di S. Teresa del Bambin Gesù siano sempre missionari della gioia, accogliendo sempre nuova-mente la presenza di Dio in mezzo a loro e aiutando gli altri a scoprirla.Settembre: Servo di Dio Francesco Maria Castelli, “In famiglia era un angelo, nelle strade un sole e nellasocietà un missionario”.– Perché sull’esempio del servo di Dio Francesco Maria Castelli Barnabiti, Angeliche, Laici di S. Paolo eFiglie della Divina Provvidenza, che operano nelle scuole e nelle varie forme di insegnamento, siano einsegnino ad essere diligenti nell’applicazione, puntuali nell’esecuzione, fedeli e precisi, rifuggendo daogni approssimazione e da ogni dilettantismo.Ottobre: S. Alessandro Sauli e venerabile Carlo Bascapé, “Bisogna stare sotto alla volontà di Dio, e servirlobene e in quel modo che gli piace, fino a tanto che mostri la sua volontà”.– Perché i Barnabiti, a cui è affidata la cura d’anime nelle parrocchie e nelle rettorie, attingano il coraggio,la saggezza e il dinamismo necessari dall’esempio di S. Alessandro Sauli e del venerabile Carlo Bascapé,che con infaticabile dedizione di pastori spesero la loro vita per il loro gregge, per essere fedeli al Maestro.Novembre: Venerabile Luigi Maria Raineri e servo di Dio Diego Martinez Carrero, “Non sarò felice se nonsarò santo. Signore, o religioso perfetto, o prendimi con te; o santo quaggiù in terra, o santo in paradiso;mondano mai, né in mezzo al mondo, né tanto meno in religione”.– Perché sull’esempio del venerabile Luigi Maria Raineri e del servo di Dio Diego Martinez Carrero siasempre vivo nei Barnabiti, nelle Angeliche e nei Laici di S. Paolo il fervore e rinnovino costantemente ilproposito di rimanere uniti al Signore e a Maria Santissima, Madre della Divina Provvidenza.Dicembre: Venerabile Carlo Haldfan Schilling, “Mi piacerebbe restare il più a lungo possibile sulla terra,per soffrire per il buon Dio”.– Perché lo Spirito santo apra il cuore dei Barnabiti, delle Angeliche e dei Laici di S. Paolo, accenda in essiil fuoco del suo amore, affinché siano sempre più credibili nell’annuncio del vangelo e sull’esempio delvenerabile Carlo Maria Schilling li spinga a pregare e operare sempre, perché si estingua ogni inimiciziatra i cristiani.