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PERIODICO DEL LICEO SCIENTIFICO STATALE “L. B. ALBERTI” - MINTURNO Anno XIII - Marzo 2018 VITA A-SOCIAL Il Liceale dell’Alberti Il Liceale dell’Alberti È stato più esplosivo del boom economico ita- liano degli anni ’60: stiamo parlando dell’im- patto dei social sulla nostra quotidianità. I social sono nati come semplice mes- saggistica istantanea e si sono trasformati in un universo dove si condividono milioni di foto e video in ogni istante. Una dimensione che si sta consolidando nel tempo. La nostra vita si sta dividendo tra interazioni virtuali e reali, due mondi pa- ralleli, in cui l’individuo può spesso perdersi. Il fascino del mondo virtuale sempre più sta creando dipendenza negli utilizzatori, soprat- tutto nelle fasce più deboli (come i ragazzi, de- finiti “nativi digitali”): diventa difficile per loro saper distinguere la dimensione reale da quella virtuale. Ma quanti conosco come sono nati i social? La loro storia inizia nel “lon- tano” 1997 (per il mondo di internet si tratta di “secoli”) quando uno statunitense di nome “Ellison” lancia il sito SixDegrees.com: l’obiet- tivo del primo social network era quello di creare delle relazioni fra per- sone. In seguito, si susseguirono velo- cemente Frienster, Ryze, MySpace, MSN, fino al de- butto di Facebook il 4 febbraio 2004, che ha creato una vera e propria rivoluzione “so- cial”, subito seguito da altre piattaforme social quali Instagram, Twitter e Snapchat. Chiara Lombardi continua a pag. 10 ALL’INTERNO LA REDAZIONE DE “IL LICEALE”! LA REDAZIONE DE “IL LICEALE”! VACCINI: NO GRAZIE? a pag. 6 COSA MANGEREMO IN FUTURO? a pag. 10 UN MONDO DI BELLI a pag. 9 QUANDO MUORE LA PERSONA a pag. 4

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PERIODICO DEL LICEO SCIENTIFICO STATALE “L. B. ALBERTI” - MINTURNO

Anno XIII - Marzo 2018

VITA A-SOCIAL

Il Liceale dell’Alberti Il Liceale dell’Alberti

È stato più esplosivo del boom economico ita-liano degli anni ’60: stiamo parlando dell’im-patto dei social sulla nostra quotidianità.I social sono naticome semplice mes-saggistica istantaneae si sono trasformatiin un universodove si condividonomilioni di foto evideo in ogni istante.Una dimensione chesi sta consolidandonel tempo. La nostravita si sta dividendotra interazioni virtuali e reali, due mondi pa-ralleli, in cui l’individuo può spesso perdersi.Il fascino del mondo virtuale sempre più stacreando dipendenza negli utilizzatori, soprat-tutto nelle fasce più deboli (come i ragazzi, de-finiti “nativi digitali”): diventa difficileper loro saper distinguere la dimensione realeda quella virtuale. Ma quanti conosco comesono nati i social? La loro storia inizia nel “lon-

tano” 1997 (per il mondo di internet si trattadi “secoli”) quando uno statunitense di nome“Ellison” lancia il sito SixDegrees.com: l’obiet-

tivo del primo socialnetwork era quellodi creare dellerelazioni fra per-sone. In seguito, sisusseguirono velo-cemente Frienster,Ryze, MySpace,MSN, fino al de-butto di Facebook il4 febbraio 2004, che

ha creato una vera e propria rivoluzione “so-cial”, subito seguito da altre piattaforme socialquali Instagram, Twitter e Snapchat.

Chiara Lombardi

continua a pag. 10

ALL’INTERNO

LA REDAZIONE DE “IL LICEALE”!LA REDAZIONE DE “IL LICEALE”!

VACCINI: NO GRAZIE?a pag. 6

COSA MANGEREMOIN FUTURO?a pag. 10

UN MONDO DI BELLIa pag. 9

QUANDO MUORE LAPERSONAa pag. 4

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Il Liceale

Periodico Indipendente04020 Marina di Minturno

Via Santa Reparata

Anno 13 n°29 - Marzo 2018 Dirigente scolasticoProf. Amato Polidoro

Componente docenteAdolfo Tomassi

(docente referente)Maria Grazia Caruso

Patrizia Filaci

Redattrice capo Teresa Migliaccio

Vice Redattrice capoEmma Caramanica

Vice Redattore aggiuntoMattia Rossini

Progettazione graficaFrancesca InseroElena Briglia

Redattori

Video maker e fotografoAlessandro BorrelliGiovanni Asciolla

VignettistiSara CocomelloSabrina SerioKatia Serio

Chiara TomassiAnnamaria De Paris

Le collaborazioni e qualunque

materiale fornito si intendono

offerti a titolo gratuito.

Marzo 20182 CURIOSITACURIOSITA ’’

La mia storia, in quest'epoca in cui i videoe la velocità hanno preso il posto dei librie del dettaglio, è particolarmente strava-gante. Il mio nome è Mattia Corrente, stu-dente del Liceo Scientifico “Leon BattistaAlberti” del primo anno. Ho sempreadorato raccontare storie fin da quandone ho memoria, inventare, strabiliaree modificare è stato il mantra della mia in-fanzia. Questamia fantasia dabambino haraggiunto ilsuo culmine dic r e a t i v i t àideando la sto-ria che haispirato unl i b r o . U ngiorno dellalontana estatedel 2011, all’e-poca vecchiocirca la metàdi adesso, vidi mio padre scrivere il finaledi un libro che aveva cominciato tempoprima; essendo un famelico lettore non re-sistetti alla tentazione di dare un'occhiataal nascente romanzo: lo reputai subito, da“grande critico” qual ero, inutilmentecomplicato nella scelta delle parole, fintroppo prolisso nei periodi e con unatrama tremenda. Incominciai quindi araccontare su due piedi una storia. Miopadre, sorpreso dalla mia inventiva,annotò qualche appunto del mio racconto.Il giorno seguente mi chiese dicontinuare credendo che non fossi capacedi andare avanti nella narrazione mante-nendo un senso logico e una fedeltàalla trama; invece ci riuscii e lui con moltapazienza incominciò a raccogliere tuttele informazioni che gli davo.Quasi ogni sera si sedeva con il computersulle gambe e io camminavo intorno aldivano raccontandogli “la storia”. Inquel periodo avevo anche imparato ascrivere al computer quindi alcuni pezzi liscrissi personalmente io. Dopo settimanee settimane di scrittura, il libro fucorretto da mia madre e, più di un annodopo dall'inizio dell’”avventura”, illibro nacque avendo un discreto successosotto forma di e-book. È stata una grande soddisfazione per mevedere che i miei genitori avevanoapprezzato le mie idee, sebbene fossero

di un bambino, e la mia gratitudine erariflessa nei loro occhi felici per lamia inventiva. Il libro di cui parlo esistedavvero e si chiama “Mattia Melissa e il mi-stero del pozzo di Barumini”. Narra la storia di un bambino, Mattia ap-punto, che insieme ai suoi familiari va invacanza in Sardegna dove incontrail suo professore di matematica e sua

figlia; i dueragazzini unitidalla setedi conoscenza edalla curiositàs c o p r o n oun sotterraneol a b i r i n t i c onel complessonuragico diBarumini, dovesi perdono e dacui vengono sal-vati daFrancesco, un

ragazzo di una famiglia che discende daiCavalieri Templari, custode di un anticosegreto: una mappa indecifrabile. A questopunto i ragazzi vivono una serie di avven-ture che li porteranno a...ma scopritelo voistessi con la vostra immaginazione!

Mattia Corrente

IL LIBRO DI UN BAMBINO

Mario Adriano

Alessandro Anelli

Angelo Cappelli

Mattia Corrente

Marika D’Aprano

Andrea D’Elia

Mariagrazia Fer-raiuolo

Amalia Franchino

Chiara Fusciello

Michela Guerra

Francesca Ialongo

Boris Laudieri

Angelica Limbach

Chiara Lombardi

Giovanni Macera

Noemy Mura

Davide Ponticiello

Sara Romano

Jennifer Santangelo

Francesco Tieri

Agostino Tomao

Francesca Treglia

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3Marzo 2018

E TU QUANTO LEGGI?

CURIOSITACURIOSITA ’’

La lettura è uno degli argomenti sempre attuali e di cui si senteparlare molto spesso. Ma quanto è davvero importante perl’uomo? Non di rado viene utilizzata l'espressione "leggere è ilcibo della mente" ed infatti la lettura, è risaputo, aiuta a svilupparecapacità espositive e di analisi e permette di ampliare il nostro"dizionario personale". La lettura può inoltre suscitare interesseper un determinato argomento, facendoci quindi appassionare e,cosa più importante, permette di viaggiare con la mente e conla fantasia. Una recente inchiesta dell'Istat ha verificato però chegli italiani non sono fan dei libri, nonostante l’invidiabile tradizioneculturale e letteraria del nostro Paese; in particolare i dati mo-strano che circa il 42% degli italiani dai 6 anni in su ha letto al-meno un libro nei 12 mesi precedenti l'inchiesta per motivi nonstrettamente scolastici o professionali. Il 9,1% delle famiglie nonha alcun libro in casa, il 64,4% ne ha al massimo 100. Un dato èpoi interessante la popolazione femminile ha maggiore confi-denza con i libri: le donne sono lettrici per il 48,6%, contro il 35%degli uomini. Forse perché gli uomini sono interessati maggior-mente al calcio, al lavoro o allo studio? Ciò non li giustifica inquanto anche le donne hanno i loro impegni e nonostante tuttoleggono. Di sicuro gli adulti in genere leggono meno dei ragazzi.La quota di lettori risulta infatti superiore al 50% della popola-zione tra gli 11 e i 19 anni e nelle età successive tende a dimi-nuire; in particolare, la fascia di età in cui si legge di più è quellatra i 15 e i 17 anni che raggiunge il 52% di lettori, quindi, contra-riamente a quanto affermato solitamente, gli adolescenti sonocoloro che leggono di più. Rispetto alla distribuzione geograficala lettura continua ad essere poco diffusa nel Mezzogiorno: nel

Sud, infatti, meno di una persona su tre (28,8%) ha letto almenoun libro, mentre nel Nord è il 49,2%. I "lettori forti", cioè le per-sone che leggono in media almeno un libro al mese, sono sol-tanto il 13,7%, mentre quasi un lettore su due (45,5%) si definisce"lettore debole", avendo letto non più di tre libri in un anno. Enemmeno la tanto osannata tecnologia aiuta ad aumentare il nu-mero dei lettori: soltanto l'8,2% della popolazione complessiva(pari al 14,1% delle persone che hanno navigato in Internet negliultimi tre mesi) ha letto o scaricato libri online o e-book. In-somma, se non fosse per le donne e per i ragazzi la lettura in Ita-lia sarebbe già da tempo caduta in disuso.

Emma Caramanica

Persone di 6 anni e più che hanno letto almeno un libro nel tempo li-bero nei 12 mesi precedenti l’intervista per classe di età (valori per-centuali).

Ti è mai capitato di leggere un libro che non ti piace? Immaginoproprio di sì. Immagino anche quando l’insegnante ti assegni unlibro noioso, ma tu sei obbligato a leggere. Lo inizi e ti fermi giàalla terza pagina; lo riprendi, lo sfogli cercando tra le righe unmotivo per proseguire la lettura, non trovando però nulla di real-mente accattivante. Talvolta il professore ti propone un romanzodavvero pesante e non hai voglia nemmeno di aprirlo; poi ilgiorno prima della consegna della recen-sione ti ritrovi a navigare su Internet allaricerca di un commento decente. Però, altrevolte sono gli stessi genitori ad imporre deilibri ai loro figli, con lo scopo di renderlimigliori nello studio. Propongono generi cheprobabilmente hanno letto da giovani, pen-sando che anche i propri figli riescano ad ap-prezzare (i) grandi classici. Ciò non sempresi verifica. Non molto tempo fa mi è capitatotra le mani un testo per nulla interessante, si trattava di una bio-grafia. La vita dell’autore era davvero monotona, ma fui costrettaa leggerlo poiché mi era stato assegnato come compito per casa.Ricordo ancora la fatica nello stare dietro alle peripezie dellavita dello scrittore per lui certamente avvincenti, ma per me te-diose: un elenco infinito di nomi di persone da lui conosciute;una lista dei luoghi visitati che in me suscitavano niente altro chedi-sappunto. “Non è obbligatorio finire un libro che si è iniziato”,diceva Daniel Pennac nel suo “Come un romanzo” a proposito dei

diritti del lettore. E così ho abbandonato i miei buoni propositi,riuscendo comunque a consegnare una breve e detestata recen-sione. Tuttavia può anche succedere, però, che una storia si riveliinaspettatamente coinvolgente. Per esempio, mi regalarono unromanzo intitolato “Nella mia fine è il mio principio” di AgathaChristie. Inizialmente ho pensato che fosse il solito “mattone in-digeribile”, invece man mano che proseguivo mi appassionavo

sempre di più tanto che quel libro l’ho riletto,entrando ancora più in empatia con la scrit-trice. Alla fine ho capito che non bisogna es-sere diffidenti, ma disposti a conoscere ancheciò che subito non amiamo. D’altra parte puòaccadere anche di voler leggere qualcosa che tipiace, ma nemmeno questa esperienza risultasemplice: andare in libreria, stare lì per ore ascorrere con gli occhi le trame dei libri,chiedere svariati consigli ai librai, cercare infor-

mazioni nei forum online e spesso nemmeno trovare quello chesi cerca rende la vita complicata a qualsiasi aspirante lettore. In-fine vedi il libro che vuoi comprare, che ti attira semplicementeguardando la sua copertina, lo inizi a leggere; ti prende talmentetanto che lo vorresti finire subito. E così, la lettura si rivela un’es-perienza straordinaria, anche se iniziata talvolta come scelta ob-bligata.

Jennifer Santangelo

IL DISPIACERE DI LEGGERE

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Quanti di voi hanno mai sentito par-lare di maschicidio? E quanti di fem-minicidio? La risposta appare del tuttoscontata. Da qualche anno a questaparte si è sentito sempre più parlaredella violenza che ha come oggetto ledonne, un crimine brutale, come unavera e propria violazione dei dirittiumani. L’Italia è uno dei paesi almondo con il più basso tasso di omi-cidi femminili: secondo l’ISTAT almeno120 l’anno. Una donna italiana ha, intutta la sua vita, una probabilità dello0.05% di subire un omicidio. Pren-dendo in considerazione laviolenza maschile sulle donne,è giunto il momento di co-niare un nuovo termine peridentificare il fenomeno op-posto: il maschicidio. Infattianche l’uomo può essere vit-tima della violenza. Di certo,con il passare del tempo, si èdiffusa l’idea, mediante unacultura che procede perstereotipi e pregiudizi, delladonna vista come individuodocile e incolpevole, affiancataall’uomo sempre carnefice eaggressivo.Non possiamo dunque nontenere conto, quando osserviamo ilfenomeno del femminicidio, dell'altrafaccia della medaglia: la condizionemaschile, l'emancipazione psicologicadell'uomo, i pregiudizi legati al con-cetto di maschio e il tabù che riguardala violenza femminile sul sesso op-posto. Violenza che esiste - anche se rara-mente ha dinamiche omicidiarie- eche riguarda la psiche, il portafogli eperfino la sessualità. In Italia sonopoche le indagini in questo senso.Una di queste - passata quasi inosser-vata - è stata effettuata nel 2012 dauna equipe dell'Università diSiena su un campione di uomini tra i18 e i 70 anni. La metodologia è lastessa utilizzata dall'Istat nel 2006,per la raccolta dei dati sulla violenza

contro le donne e che ancora oggivengono riportati con grande enfasi.Secondo l'indagine dell'Università diSiena, nel 2011 sarebbero stati oltre 5milioni gli uomini vittime di violenzafemminile configurata in: minaccia diesercitare violenza; graffi, morsi,capelli strappati ; lancio di oggetti;percosse con calci e pugni. Nella voce«altre forme di violenza»dell'indagine compare violenza psico-logica ed economica come, ad esem-pio, critiche a causa di un impiegopoco remunerato; paragoni irridenti

con persone che hanno guadagnimigliori; critiche per difetti fisici;minaccia di impedire definitivamenteogni contatto con i figli. Allora,tenendo conto del fatto che la vio-lenza femminile sugli uomini è di entitàpiù lieve, non possiamo negarla. Dob-biamo prendere atto che il problemadella così detta violenza di genere vaaffrontato da un nuovo punto di vista.Secondo i dati forniti dalla Questuradi Milano nel 2013 sono state 1498 imaltrattamenti in famiglia per manofemminile così come sono state 975le denunce per stalking avanzate dauomini nei confronti di donne. Come già detto, anche se è moltoraro che la violenza sfoci in omicidio,sono presenti anche delle situazioni incui questo dramma è avvenuto. Un e-

sempio tra questi è l’episodioavvenuto a Terranova Bracciolini, nellaprovincia aretina, dove una donna haucciso il marito con un mattarello at-taccandolo alle spalle e colpendolo sulcranio. All'origine del crimine c’è lacondizione di salute dell’uomo, vittimaanni prima di un ictus che locostringeva ormai ad essere assistitocontinuamente. Un altro esempio è l’omicidio svoltosinell’Rossano Veneto (Vicenza): unadonna, armatasi di accetta, ha assalitoil marito di ritorno a casa ubriaco.

Questi sono due esempiche riportano le dinamicheomicidiarie delle donne neiconfronti degli uomini,avvenute in diverse cir-costanze. Non sempreperò gli uomini riescono atrovare il coraggio di de-nunciare perché nonvogliono rischiare la deri-sione per aver dimostratouna fragilità e mancanza divirilità e forza. Gli sportelli antiviolenzasono attualmente dedicatiper lo più alle donne e nonsono sempre in grado di

gestire la richiesta di aiuto del sessoopposto. Senza la capacità di ascoltoe di aiutare gli uomini concretamentea gestire gli impulsi distruttivi o arisanare una ferita dovuta ad abusisubiti da una donna, non ci sarà mai lapossibilità di risolvere un problemaprofondo e articolato come quellodella violenza domestica. Il centrodella questione non è la differenza digenere ma l’attenzione alla persona,maschio o femmina che sia.

Sara Romano & Elena Briglia

MASCHICIDIO vs FEMMINICIDIO: QUANDO MUORE LA PERSONA

ATTUALITATTUALITÀÀ

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Quante volte nella vita hai creduto tanto in un tuo la-voro o in una tua potenzialità ma non hai avuto suc-cesso? E quante invece hai raggiunto la tua ambizioneal primo tentativo? Senza alcun dubbio, il numero cherisponde alla prima domanda è maggiore di quello cherisponde alla seconda. Avere successo, o semplice-mente realizzare i propri sogni, portare a termine unprogetto è spesso un percorso ad ostacoli, l’impor-tante è imparare dai propri errori e perseverare. Undetto romagnolo dice che bisogna avere “occ,pazienza e bus de cul”, ovvero occhio, pazienza e for-tuna. Quindi, se pensi che noti personaggi storici, odella televisione, o imprenditori di successo sianosempre stati infallibili, sei sulla cattiva strada. Molti diloro, infatti, non sono riusciti a raggiungere i propriobiettivi con un solo tentativo. Un esempio può es-sere Walt Disney: l’ uomo che ha contribuito a ren-dere più belli gli anni dell’infanzia di molte generazioni.È lui l’inventore di Topolino, Paperino, dei film di Bian-caneve, dei tre porcellini e tantissimi altri personaggi.Il padre dei fumetti e dei film animati per bambini hasempre prodotto grandi film incantando milioni diragazzi. Tuttavia, Disney in gioventù fu addirittura li-cenziato da un giornale a causa di mancanza di im-maginazione e idee, e fallì in diverse attività prima diottenere il suo primo successo con il cortometraggio“Snow White”. Per quanto riguarda il campo scien-tifico, invece, troviamo due uomini che, prima di ot-tenere dei risultati grazie alle loro potenzialità, furonofrenati dal giudizio negativo della gente. Il primo èThomas Edison, il padre dello sviluppo dell’elettricitànonché inventore della lampadina. Una sua insegnantedisse di lui che era troppo stupido per imparare qual-cosa. Di conseguenza, sua madre lo ritirò da scuola inquanto gli insegnanti affermavano che non imparassenulla. Sicuramente fu la sua fortuna allontanarsi da chinon aveva riconosciuto il suo talento, e gli studi a casa

meglio si adattarono alla sua personalità, offrendoglianche il tempo di appassionarsi sempre di più aifenomeni elettrici. Prima di mostrare al mondo la sua

lampadina, in grado dirimanere accesa ed il-luminare, fece almenoun migliaio di tenta-tivi. Il secondo uomo,ora di successo, è Al-bert Einstein. Inven-tore della teoria dellarelatività, grandescienziato e filosofotedesco, è noto per isuoi fallimenti primadi ottenere il premioNobel in Fisica.Quando era piccolo

non iniziò a parlare se non a 4 anni e non fu in gradodi imparare a leggere prima dei 7. Addirittura, la suamaestra lo etichettò come un bambino lento mental-mente. Come Einstein, un altro talento non subito ap-prezzato è sicuramente Van Gogh, uno dei pittori piùconosciuti al mondo. I suoi quadri sono praticamentesenza prezzo. Ma nella sua vita non conobbe il suc-cesso: degli oltre 800 quadri e bozze che dipinse, neriuscì a vendere solo uno a un amico che gli fece unfavore. Da ultimo, anche nel campo cinematograficomolti fecero fatica prima di raggiungere la strada delsuccesso. Un esempio è Marilyn Monroe: attrice af-fascinante e carismatica, inizialmente scartata dagli e-sperti della Columbia Pictures perché consideratapoco bella e senza alcun talento. Questi grandi uominie donne, riuscirono a trovare la forza di andare avantinonostante le critiche perché credevano nelle propriecapacità e non si arresero davanti ai primi ostacoli.Anche se la strada del successo sembrava lontana,molte volte gli sarà capitato di pensare di cambiarerotta, ma, andando avanti e non perdendosi d’animo,diedero una svolta alla propria vita e ciò ha permessoloro di essere ricordati ancora oggi.

Sara Romano

attualitàattualità

VERSO IL SUCCESSO… È LA STRADA GIUSTA?

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LA STORIALa storia dei vaccini inizia con Edward Jenner (1746-1823), chein Inghilterra, nel 1796, trovò una cura al vaiolo. Jenner prelevòdalla pustola di una donna ammalata di cow-pox (vaiolo bovino)del pus e lo iniettò nel braccio di una ragazzo di 8 anni di nomeJames Phipps. Dopo alcuni mesi gli fu iniettato anche del pus delvaiolo umano (smallpox), ma non lo contrasse. James fu il primoa diventare immune al vaiolo senza averlo contratto. Il terminevaccino è stato coniato proprio da questo evento: la parola latinavaccinus vuol dire "di vacca".In Italia, fu Luigi Sacco (1769-1836) a diffondere la vaccinazionedel vaiolo. Alla fine del 1799 vaccinò sé stesso e poi cinque bam-bini con il pus raccolto da due vacche affette da cow-pox. A dis-tanza di tempo, verificò l’avvenuta immunità sua e dei vaccinaticon l’innesto di vaiolo umano. Nel 1806 Sacco riferì di averefatto vaccinare o vaccinato personalmente nei soli Dipartimentidel Mincio, dell’Adige, del Basso Po e del Panaro più di 130.000persone. In breve, i vaccinati del Regno d’Italia giunsero a unmilione e mezzo, riducendo drasticamente la mortalità da vaiolo.Il vaccino si diffuse in breve anche nel Regno delle due Sicilie.La vaccinazione è un elemento fondamentale della Sanità pub-blica, il cui scopo è proteggere sia l'individuo che la comunità.L'introduzione dei vaccini ha permesso di ridurre in pochi de-cenni l'incidenza di malattie gravi e letali diffuse da millenni: ilcaso maggiore è il vaiolo, il quale, nel maggio 1979, è stato com-pletamente eradicato dalla Terra.

COME AGISCONOPer comprendere l'importanza dei vaccini bisogna capire il lorofunzionamento:I vaccini agiscono stimolando il nostro sistema immunitario aprodurre anticorpi nonostante non si manifesti la malattia.Questa è chiamato immunità attiva, cosicché, al presentarsi dellamalattia vera e propria, il corpo produrrà immediatamente glianticorpi necessari a combatterla.I neonati sono già protetti contro diverse malattie grazie agli an-ticorpi passati dalla madre attraverso la placenta. Questa è chia-mata immunità passiva e dura nella maggior parte dei casi pochesettimane o mesi. Nel caso del morbillo, parotite o rosolia puòdurare fino ad un anno (ed è per questo che il loro vaccino vieneeffettuato solo dopo il primo anno di età).Il virus o batterio presente nel vaccino (agente patogeno) vienemodificato in modo da non far innescare la malattia. Questo èeffettuato in tre modi:•indebolendo il patogeno, facendolo crescere ripetutamente perselezionare un ceppo meno pericoloso;•prendendo la parte del patogeno che scatena la risposta immu-nitaria ed usandola nel vaccino;•utilizzando la tossina che il patogeno prepara e disattivandola.

GLI ANTIVACCINISTISecondo il pensiero di Pietro Ricci, noto scrittore e pensatoremoderno, la società attuale sarebbe un “medioevo moderno”,infatti è risaputo che nell’età moderna vi siano correnti di pen-siero che si basano su argomenti o ragionamenti profondamentenon scientifici o, in certi casi, persino antiscientifici. Forse il più

eclatante è il modo di pensare oggi comunemente definito come“No vax”, secondo cui vaccinare se stessi o i propri figli è inutileo persino pericoloso. E’ un pensiero molto diffuso, specialmentenel mondo occidentale, diffusosi già molto prima dell’arrivo deisocial media, strumenti che, tuttavia, hanno contribuito alla suadiffusione. Per una migliore comprensione del fenomeno anti-vaccinista bisogna prima conoscere le principali critiche rivoltedagli antivaccinisti ai vaccini; c’è d’aiuto, in questo caso, il “sixcommon misconceptions about immunization” del CDCAtlanta, il principale centro per il controllo dei vaccini statu-nitense, nella sua versione riscritta dal W.H.O (World HealthOrganization). Queste le critiche più importanti:-“I vaccini, in realtà, non prevengono le malattie”: errore comunedegli antivaccinisti è pensare che i vaccini siano dei sempliciplacebo, sostanze che non hanno alcun effetto preventivo, mache l’unico motivo della loro esistenza sarebbe il guadagno dellesocietà farmaceutiche. Questa critica, però, è stata più voltesmentita; è risaputo che con l’aumentare della vaccinazione, visia una diminuzione della diffusione delle malattie.-“I vaccini causano malattie e persino, in certi casi, la morte”:questa è un’affermazione erronea degli antivaccinisti dovuta alladisinformazione; le morti causate da vaccino sono da attribuireo a una allergia del soggetto agli elementi presenti, o a un errorenella distribuzione (scambi di vaccini con altre medicine).-“I vaccini causano autismo”: punta di diamante delle critiche an-tivacciniste; per quanto sia vero che nel corso del Novecento visia stata una crescita dei casi di bambini autistici, bisogna sotto-lineare che, nei secoli precedenti, la loro condizione era prati-camente non considerata.Quest’ultima critica fu generata dall’ex-medico e chirurgo bri-tannico Andrew Wakefield che, falsando dei risultati di test inlaboratorio, avrebbe cercato di far credere che i vaccini fosserocausa di alcune forme di autismo. Questa sua affermazione fuprovata falsa e lui stesso ammise l’errore, ma alcune persone ri-masero convinte del fatto e qualcuno lo è tutt’ora.

VACCINI: NO GRAZIE?

ATTUALITÀATTUALITÀ

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UN PO’ DI CONSIDERAZIONI...Considerata la natura puramente scientifica dell’argomento trat-tato (i vaccini), non è possibile secondo noi instaurare un dialogosulla loro utilità e/o efficacia facendo riferimento a pareri per-sonali e non a dati di laboratorio. Si tratta infatti di preparati biologici testati numerose volte prima di essere distribuiti allapopolazione, la cui sola funzione è quella di fornire immunità adeterminate malattie. La maggior parte dei complottismi antivax,infatti, si basano su miscredenze o su affermazioni presumibil-mente scientifiche già provate false.A nostro avviso, il movimento antivaccinista costituisce un peri-colo per la salute nazionale perché va a ledere l’immunità digregge a cui puntano la maggior parte dei vaccini; si tratta digruppi di persone che negano dati di fatto in parte o completa-mente in nome di presunte verità senza fondamenti e che cer-cano di convincere altri a credere alle loro fandonie.Per quanto riguarda le vaccinazioni obbligatorie il caso può va-riare: è richiesto per legge che ai bambini vengano somministratideterminati vaccini per permettere loro l’accesso alla scuola e,specialmente quando si parla di bambini, penso che sia prima ditutto necessario stabilire le condizioni di salute del soggetto. Cisono stati sfortunatamente alcuni rari casi di bambini sofferenti

di immunodeficienza ai quali sono stati somministrati vaccini chehanno causato danni anziché fornire immunità.Tuttavia si tratta di casi isolati e, nella quasi totalità dei bambini,i vaccini provocano solo raramente sintomi e in genere di brevedurata. Per combattere il fenomeno antivax, secondo noi,bisogna partire dalle radici: l’istruzione; quanto più una personaignora, tanto più è predisposta a credere anche alle falsità piùevidenti. Basti pensare al caso Wakefield del 1998, con il qualevenne diffusa la falsa notizia che affermava che il vaccino MPR(Morbillo/Parotite/Rosolia) fosse causa di autismo. Questoesempio è calzante poiché una qualsiasi persona che ha conse-guito un livello di istruzione basilare e terminato la scuola sec-ondaria di secondo grado sa che l’autismo è una malattiagenetica e può facilmente capire che un batterio inerte comequello contenuto nei vaccini non può andare a modificare ilDNA umano.Per concludere, crediamo che ognuno debba informarsi a do-vere sull’argomento prima di poterne discorrere apertamente,poiché in campo scientifico le opinioni e i pareri sono sempresecondari ai dati di fatto.

Marika d’Aprano, Boris Laudieri & Alessandro Anelli

ATTUALITATTUALITÀÀ

GIULIO REGENI: DUE ANNI DOPOGIULIO REGENI: DUE ANNI DOPOQuest’estate sono stato al Museo Egizioa Torino e, tra mummie e statue didivinità, c’era una targa su un murointitolata a Giulio Regeni.

Dopo oltre due anni dalla sua morte sem-brerebbe tutto ciò che resta di un ragazzobrutalmente ucciso: le indagini, gli inter-rogatori e le ricerche sul caso tutt’oravanno avanti senza esito alcuno.Giulio Regeni era un ricercatore italianoal Cairo per una tesi sui sindacati dei ven-ditori ambulanti e sulla possibile presenzadi informatori del regime di Al Sisi all’in-terno di esso. La sera del 25 gennaio del2016 però Giulio Regeni scomparve evenne ritrovato solo il 3 febbraio del2016, ormai morto. Le autopsie fatte sulsuo corpo hanno rivelato la presenza dilesioni profonde, mutilazioni e bruciatureche dimostrerebbero che il ragazzo, primadi morire per un colpo al collo, avessesubito delle torture.Il governo Egiziano non si è dimostratomolto collaborativo nelle indagini; i video

girati dalle telecamere di sicurezza nelluogo dove è stato ritrovato Regeni sonospariti e il governo stesso ha ammesso diaver seguito il ragazzo nei giorni prece-denti alla sua scomparsa su richiesta diMohamed Abdallah, capo del sindacato deivenditori ambulanti.Le teorie sulla morte di Regeni sono di-verse: c’è chi pensa che sia stato ucciso daiServizi Segreti del governo egiziano per-ché le sue ricerche erano “dannose” peril regime di Al Sisi; chi pensa che la respon-sabilità sia della sua tutor dell’Universitàdi Cambridge Maha Abdelrahman che nonha fatto nulla per fermarlo ed era con-sapevole dei rischi che correva il ragazzonel fare una ricerca del genere.Non potendo o non volendo proseguirele indagini in Egitto, in questi giorni si cer-cano informazioni anche dalla docente diCambridge che però si ritiene indignatadalle accuse sul suo conto e spinge il go-verno Italiano a cercare le risposte non dalei ma dall’Egitto.Lo scarso peso politico dell’Italia nei rap-porti internazionali non ha consentito dipretendere risposte meno vaghe da partedelle autorità egiziane. Anzi le protestesono state relativamente dimesse per ti-more di ripercussioni negative sui rapporticommerciali tra i due Paesi.E così le ricerche hanno portato sì deinuovi dettagli ma i dubbi sono ancoratroppi e quindi il caso non è arrivato a una

c o n c l u s i o n e .L’assenza di una risposta ha lasciato i fa-miliari di Regeni profondamente scossi ein particolar modo i suoi genitori che,lacerati da una tragedia simile, hanno co-munque trovato la forza di reagire e diparlare ai ragazzi nelle scuole.Come tutti ho seguito con partecipazionela vicenda, tuttavia, quell’attenzione deiprimi mesi è andata via via scemando:strano come ora di tutti quegli striscionigialli e di quegli hashtag non restinonient’altro che targhe onorarie.Come il caso Regeni molte questioni nontrovano oggi più spazio per le riflessioniprofonde che vanno oltre la frase di di-spiacere di rito, in un mondo che va sem-pre più veloce ed è sempre più connesso.Sarebbe opportuno fermarsi e chiedersiperché la ricerca della verità venga spessoostacolata e soprattutto come mai, algiorno d’oggi, non sia raro che episodi delgenere succedano frequentemente. Lagente, purtroppo,sembra farci l’abitudinee dimenticare in fretta, andando ad ali-mentare sempre più quel sentimento dirassegnazione che sta entrando con pre-potenza nelle nostre vite e ci rende sem-pre più apatici nei confronti di ciò che nonci riguarda direttamente.

Francesco Tieri

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Marzo 20188 GIOVANI&SOCIETÀGIOVANI&SOCIETÀ

LA RAI APRE LE PORTE ANCHE A NOI

Il Giffoni Film Festival (dal 2009 Giffoni Experience) è un festivalcinematografico per bambini e ragazzi che si svolge ogni anno,tra Luglio e Agosto, per la durata di circa dieci giorni, nella cittàdi Giffoni Valle Piana, in provincia di Salerno. Io personalmenteho "conosciuto" questo meraviglioso festival l'estate scorsa,quando mi è stata data l'oppor-tunità di parteciparvi da un'ad-detta stampa di una radio comesua assistente. Quest'esperienzaha avuto un impatto molto po-sitivo su di me. Ho fatto un po'tutto quello che c'era da fare: hovisto un film in anteprima, sonostata in sala stampa dove ho po-tuto fare un'esperienza semi-giornalistica e ho addiritturavisto e partecipato ad intervistecon MIKA e Michele Bravi. Un'altra rilevante presenza duranteil festival è stata Radio Giffoni, che teneva sempre tutti informatisu ciò che accadeva e sulle special guest presenti al momento sulBlue Carpet (area principale del festival dove gli artisti prima diessere intervistati potevano fare autografi ai loro fan e venirefotografati in questo atto). Il Festival di Giffoni nasce nel 1971da un'idea dell'allora diciottenne Claudio Gubitosi, ancora oggidirettore artistico. Protagonisti e giurati della manifestazionesono i bambini e i ragazzi, provenienti da ogni parte d'Italia e del

mondo. Il loro compito è vedere i film in concorso e discuternecon registi, autori e interpreti, per poi essere chiamati asceglierne il vincitore. Uno degli ospiti (ogni anno differenti) èstato il regista François Truffaut, che nel 1982 in una lettera halasciato scritto: «Di tutti i festival del cinema, quello di Giffoni è

il più necessario». Nel tempo ilFestival si è evoluto, spaziandodal cinema alle altre specialitàartistiche, come il teatro, le di-verse arti figurative e la musica.La Cittadella del Cinema è lasede e il centro operativo delFestival dal 2002. Dal 2009 ilmarchio del Festival cambianome in Giffoni Experience,ritenuto più adatto a descriverel'esperienza completa che esso

rappresenta, anche attraverso altre attività ed eventi collaterali.E’ stata decisamente un’esperienza fantastica e consiglierei a tuttidi viverla. .

Emma Caramanica

GIFFONI FILM FESTIVAL: LA PAROLA AI RAGAZZI

Il 5 febbraio la redazione de Il Liceale ha partecipato all’iniziativa“RAI Porte Aperte” presso il Centro di Produzione RAI di Napoli.Abbiamo visitato lo storico Centro, sede in questi mesi di pro-duzioni televisive quali Made in Sud, Sbandati, Zero e lode, Un postoal Sole. Negli studi in cui vengono girati i programmi, il Dott.Giuseppe Messina, dirigente della RAI, ci ha descritto il grandelavoro svolto dalle figure professionali che fanno parte di una

redazione (as-sistente ai pro-g r a m m i ,programmistiregisti…). Rag-giunto l’Audi-torium, ci hafornito infor-mazioni sull’ar-chitettura delC e n t r o(costruito nel1963), terzo

per acustica in Europa e dotato di uno splendido organo a canne.Ci ha condotto poi al TV3, sede del TGR: lì abbiamo potutopartecipare alle fasi di realizzazione del TG. Dopo la visita allaregia ci si è spostati al TV1 dove erano in corso la fasi di regi-strazione del programma di intrattenimento Zero e lode.“Le idee nascono di notte”- ha sottolineato il Dirigente- “un pro-gramma è lavorare su quelle idee per fare in modo di coinvolgere

il pubblico”. E abbiamo imparato che da sola l’idea non basta: unabuona intuizione non è sufficiente se non viene supportata daun articolato progetto. L’autore deve cercare di svilupparlo inmodo tale che si avvicini il più possibile a ciò che aveva in mente,immaginando il pubblico che fruirà del suo prodotto. E’ infattidal modello di spettatore che generalmente nasce il programma.La nostra visita didattica è proseguita nel TV6 dove abbiamo ri-conosciuto luoghi familiari: è lì che viene girata la fiction “Unposto al sole” che molti di noi seguono. Si tratta di una pro-duzione che va avanti da circa 19 anni, è realizzata da molti pro-fessionisti tra cui registi e operatori. Le puntate, scritte da unteam di 10 writers con a capo un responsabile (headwriter) chescrive lo sviluppo della fiction nell’arco di un anno intero, ven-gono registrate circa un mese prima della messa in onda, inmodo che la storia si svolga contemporaneamente con il mondoreale. Un produttore creativo sovraintende a tutta la fase artis-tica mentre uno scenografo si occupa delle scene assieme al di-rettore della fotografia che cura l’illuminazione e le inquadrature.La nostra visita è terminata allo Studio 1: qui, dove Gigi e Rossconducono il programma “Sbandati”, entusiasti, abbiamo rice-vuto attestati e gadget.

Andrea D’Elia

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9Marzo 2018

Nonostante vi siano numerosi proverbi che sembrano compen-sare i difetti con delle qualità: nella botte piccola c’è il vinobuono, l’abito non fa il monaco, non è tutto oro quello che luc-cica, ci sono altrettanti esempi che invece mantengono saldi glistereotipi legati alla bellezza. Questa, infatti, denota un ruolo nonestetico ma morale. Viviamo in una società in cui l’estetica vienecontinuamente promossa. I corpi delle persone famose, gli attori,i modelli vengono quasi sempre ritoccati con photoshop primadi apparire sulle riviste, per far sì che la loro immagine sia per-fetta. In questo modo passa l’idea che, se siamo belli, avremo piùsuccesso nella vita. Ma da dove nasce questo concetto di bellezzacome caratteristica principale dell’uomo? Basti pensare che, nelperiodo greco, troviamo il concetto di Kalokagathia(cioè "belloe buono" inteso come "valoroso in guerra" e come "in possessodi tutte le virtù"). Questo rappresenta la concezione greca delbene connessa all'azionedell'uomo e si sostienequindi che vi sia unacomplementarità tra"bello" e "buono": ciòche è bello non può nonessere buono e ciò cheè buono è necessaria-mente bello. Nel corso dei secoli,questa concezione del“bello come capace esuperiore” è evidenteanche nella vita di tutti igiorni. Un pratico esem-pio si puo’ trovare conlo studio del 2011 del-l’Università di Austin inTexas, “Beauty pays – Labellezza paga” realizzatoda Daniel S. Hamer-mesh, professore dieconomia ed esponentedi Pulchronomics, spe-cializzazione in Economia della Bellezza, proprio da lui fondata,rivela alcuni dati interessanti: le donne meno attraenti hanno il12% in meno di possibilità di fare carriera rispetto a quelle belle.Anche per gli uomini vale la regola e il divario aumenta: leprobabilità di crescita professionale scendono al 17% per i bruttirispetto ai belli. A risentirne ovviamente sono anche leretribuzioni e in totale, a fine carriera, i belli incassano 230miladollari in più rispetto ai colleghi meno avvenenti. Questa impor-tanza della bellezza per il sociale ha portato anche ad un tipo dipatologia: il perfezionismo clinico. Questo consiste nel bisognocostante di chiedere a se stessi o alle altre persone unaprestazione di qualità di molto superiore rispetto a quellarichiesta dal contesto, valutando il proprio comportamento e sestessi in modo molto critico. Ciò implica un continuo stato diansia e una necessità di fare sempre meglio, in una permanentesfida contro se stessi invece che con se stessi.Ovviamente, la bellezza non è qualcosa di soggettivo. Le leggi del

“bello” sono dettate dai social e dalle grandi aziende di moda,che fino a qualche decennio fa sponsorizzavano la famosa “taglia0”. Ad essere, da tempo, sotto accusa è infatti il mondo dellamoda che ha proposto a lungo, e ancora propone nonostante isempre più numerosi allarmi, modelle dall’aspetto diafano e daicorpi sottilissimi.Nel mondo degli adolescenti, i dettami della moda si fanno sen-tire particolarmente. Sono infatti soprattutto questi ultimi a es-sere colpiti dal bombardamento mediatico, che sviluppano unaerrata percezione di sé abbassando il proprio livello di autostimae finendo per adottare comportamenti patologici. La gravitàdella situazione ha portato anche alcuni decessi “di bellezza”. Negli ultimi anni, tuttavia, si sta verificando un movimento con-trario, lo stile “curvy”: il termine non significa "grassa", ma siriferisce a qualsiasi donna che si senta a suo agio con la forma

del proprio corpo.Questo sem-brerebbe unarisposta drastica aicanoni di bellezza,se non fosse per ilfatto che, da “sen-tirsi a proprio agio”,questa moda è di-ventata una corsaall’ingrasso, conc o n s e g u e n t iproblemi legati al-l’obesità. Questonon per voleredelle “taglie forti”ma perché, secondole più grandi case dimoda, una donnapuò rientrare inquesta categoriasolo con pesi ele-vati (quindi neces-sità di essere in

sovrappeso, anche di molto). Insomma, il mondo della moda deve sempre pubblicizzare idealidi bellezza irraggiungibili, ma chi stabilisce quindi la vera bellezzacon un concetto di questa così relativo?

Amalia Franchino

UN MONDO DI BELLI

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Marzo 201810

VITA A-SOCIALVITA A-SOCIAL

L’espansione esponenziale dei social ha determinato profondicambiamenti nelle nostre abitudini. Molti sondaggi sono stati fattisull’argomento e ciascuno mette in evidenza che l’uso dei socialnon si limita al tempo libero, ma ormai pervade ogni momentodella vita quotidiana. Il numero degli utenti online oscilla fra gliottantacinque milioni e i 2 miliardi, connessi su Instagram, Face-book, Twitter, Snapchat, Pinterest, Youtube, LinkedIN e Reddit.Dalla tabulazione dei sondaggi, effettuata da Tracx (un softwaresulla gestione dei social media), è stato rilevato che l’età degliutenti più attivi oscilla fra i sedici e i quaranta anni, e che negliultimi tempi tale soglia si è abbassata fino ai tredici anni. Annoper anno i dati mostrano un avanzamento dell’uso di queste tec-nologie, e solo nel 2017 l’uso dei social è cresciuto del 22%rispetto all’anno precedente.

Del resto quello che i sondaggi ora appurano in maniera ogget-tiva è da sempre terreno di scontro tra generazioni: spesso, in-fatti, gli adulti rimproverano i ragazzi di trascorrere troppotempo sui social. Ma quali ne sono gli aspetti positivi (che delresto ne hanno determinato il successo)? Tramite i social si puòvenire in contatto con tantissime persone, essere partecipi delleloro vite, prendere ispirazione per foto e video; condividere e-sperienze, testi, opinioni e avere accesso a contenuti di svariatotipo. D’altra parte, gli aspetti negativi sono riconducibili all’usoeccessivo e improprio che se ne fa anche perché, diciamolo fran-camente, nessuno ci insegna ad usare i social e a metterci inguardia dai rischi che si celano dietro questo mondo affascinante.Sebbene i social abbiano rivoluzionato positivamente le nostrevite per molti aspetti, forse è ora di limitarne l’uso in qualchemodo, perché ci accade sempre più spesso di estraniarci dai rap-porti interpersonali, con ricadute ormai evidenti anche sulla ca-pacità di concentrazione e di attenzione. Forse stiamo vivendoun paradosso: usando i social network per creare legami e re-lazioni, a pensarci bene, il dialogo reale e il contatto con la realtàviene a mancare e la nostra vita sta diventando “a-social”.

Chiara Lombardi

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COSA MANGEREMO IN FUTURO?COSA MANGEREMO IN FUTURO?Il cibo è una componente essenziale nella nostra vita, special-mente per noi italiani, il cui "piacere di stare a tavola" è uno deimaggiori al mondo. Le nostre abitudini alimentari, e quelle ditutto il mondo, potrebbero però cambiare da qui a poche decinedi anni. Se consideriamo che tra meno di50 anni sulla Terra potremmo raggiungerei 10 miliardi di abitanti, è facile intuire chegli attuali alimenti, che tutt'oggi non sonosufficienti per sfamare l'intera popolazione,potrebbero non bastare. Ha recentementefatto scalpore, in merito, un rapporto pub-blicato dall'Organizzazione delle NazioniUnite per l'alimentazione e l'agricoltura(Fao), in cui sono elencati tutti i beneficidell'introduzione degli insetti nella nostraalimentazione, sia sotto il punto di vista nu-trizionale che ambientale. La stessa quantità di mangime (2 chili)per produrre pochi etti di manzo, potrebbe produrre un chilo diinsetti. Essi non producono gas che contribuiscono all'effettoserra, a differenza dell'allevamento bovino che produce il 21%dell'anidride carbonica immessa nell'atmosfera. Tuttavia è assaiimprobabile un mondo in cui venga rimossa interamente la pro-duzione di carne per far spazio o quella degli insetti. Probabil-

mente, però, verrà pagata con il suo reale prezzo ecologico, conun conseguente minore consumo. Il consumo di pesce rimarràbasso in egual modo. Oggigiorno il 75% delle risorse ittiche mon-diali è sovrasfruttato, e alcune specie, come il tonno, sono dimi-

nuite del 90%. Se non verrà diminuito,probabilmente nel 2050 non esisterà piùalcun pesce. E da qui ritorniamo al consumodi insetti, rimasti come unica fonte di pro-teine animali. Ad esempio la mosca soldato,venduta sotto forma di farina, è uno degli in-setti con maggior apporto proteico. Esistonooltre 2 mila specie di insetti consumate daoltre 2 miliardi di persone, e in natura esi-stono almeno un milione di specie cono-sciute e probabilmente ne esistono 8 milioniin tutto, quindi la varietà non manca. Che ci

piaccia o no, insetti o meno, il cibo che consumiamo e amiamooggi cambierà per far spazio ad alternative più convenienti per ilfuturo nostro e del pianeta.

Marika D’Aprano

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11Marzo 2018

LACRIME NAZIONALI

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POTEVI PAGARE E STARE ZITTO!POTEVI PAGARE E STARE ZITTO!“Sentiamo continuamente parlare di camorra, ma essa rappre-senta per noi una realtà distante che mai ci aspetteremmo di vi-vere in prima persona.” E’ questo ciò che ha detto l'exvicesindaco di Mondragone Benedetto Zoccola a noi ragazzi delLiceo nell’ambito del progetto ‘Impegniamoci’, il quale ha il di-chiarato intento di farci conoscere ‘testimoni autorevoli’ del no-stro tempo che hanno saputo, nei loro ambiti di vita,indicare unamodalità diversa di risposta ai problemi della legalità e dimostrarecome vivere onestamente sia possibile.Benedetto ha raccontato di come lasua vita sia cambiata a seguito dell’in-contro con la camorra. Nel 2012 ere-ditò dei lotti di terreno dal nonno suiquali aveva intenzione di effettuare deilavori di urbanizzazione, ma il clan dellacittà glielo avrebbe permesso solo nelcaso in cui avesse pagato un pizzo di30000€. Ma egli rifiutò e venne in se-guito rapito, percosso e infine minac-ciato. Il suo primo istinto fu di andare a denunciare l’accaduto einiziò così la sua collaborazione con la Direzione DistrettualeAntimafia di Napoli. Grazie al suo aiuto la polizia riuscì ad arre-stare il capoclan, ma ciò fu il movente di un attentato alla suavita. In seguito a quanto accaduto gli venne assegnata una scortae poco tempo dopo fu eletto vicesindaco di Mondragone.Questa storia ci è stata raccontata da Benedetto in persona du-rante la conferenza tenutasi il 27 novembre 2017 nell’Aula Magnadel nostro Liceo. Le domande che gli sono state poste riguarda-vano soprattutto il modo di agire di Benedetto, i suoi sentimentie le sue emozioni a proposito di ciò che aveva e sta tuttora vi-vendo. Dalle sue risposte abbiamo compreso quanto, sotto mi-naccia armata, fosse impaurito, spaventato, e sperasse solamentedi rimanere vivo; nei momenti successivi si è trovato in uno statoconfusionale che lo ha portato ad agire quasi impulsivamente,ma

comunque con razionalità,e a denunciare l’accaduto. E’ da qui inpoi che la sua vicenda si anima di coraggio e voglia di lottare. Ilcambiamento più incisivo è avvenuto a seguito dell'attentato nelquale perse la vista e l’udito della parte sinistra del volto, in oc-casione del quale gli venne,infatti,assegnata la scorta. Egli ha tri-stemente affermato che avere una scorta nella vita reale a soli35 anni non è lontanamente paragonabile a quella che vediamoin televisione nei film.Nonostante continui tutt'oggi ad essere

necessaria per la sicurezza di Bene-detto, limita fortemente la sua libertà.Una delle vicende da lui raccontate checi ha toccato maggiormente dal puntodi vista umano è sicuramente il fattoche egli possa incontrarsi con la suacompagna solo viaggiando in auto se-parate per poi incontrarsi nel luogoprestabilito. Benedetto è consapevoleche attraverso le sue azioni mette inserio pericolo non solo la sua vita, ma

anche quella di coloro che gli stanno accanto, nonostante tutto,però, nemmeno questa consapevolezza lo scoraggia né fa cam-biare le sue ferme convinzioni, per le quali continua a battersiancora oggi, trasmettendo a noi ragazzi quei valori da lui acquisitinel corso della sua giovane e complicata vita.Benedetto rappresenta per noi l’esempio della lotta contro lacriminalità organizzata, grazie alla sua dimostrazione di coraggioe tenacia: nonostante viva ancora sotto scorta non si è mai pen-tito della sua scelta, e nemmeno la paura gli ha impedito di com-battere per i suoi ideali.

Angelica Limbach & Francesca Ialongo

La Nazionale Italiana di calcio non si è qualificata ai Mondiali 2018in Russia! Non succedeva da 60 anni una cosa del genere. Certoche per l’Italia perdere contro la Svezia, una squadra nazionaleche non ha mai vinto nessun mondialeè stato davvero umiliante. Sui social gliitaliani si sono divertiti a commentare,lasciando opinioni di diverso tipo: per lamaggior parte, la colpa è stata dell’allena-tore che non ha saputo gestire lasquadra. Persino l’ex presidente italianodella FIGC, Carlo Tavecchio, hasostenuto che l’allenatore ha la respon-sabilità della squadra e nel caso lasquadra avesse perso, solo l’allenatore sidoveva dimettere. Alcuni hanno affer-mato che la formazione fosse sbagliata,perché non c’era abbastanza intesa tra igiocatori. Altri hanno detto che non sembrava giusto far arbi-trare la partita a un arbitro spagnolo perché secondo loro ha in-fluenzato la partita. Abbiamo aspettato quattro anni per assistere

al mondiale e, sapendo che l’Italia non vi parteciperà non ci restache fare altro. Per esempio, io di sicuro andrò al mare purrimpiangendo “la folle” sconfitta. Penso che la colpa sia dell’al-

lenatore; la cosa che mi dispiace di più èche Gianluigi Buffon, portiere e capitanodella Nazionale italiana, non è riuscito agiocare il suo 6° e ultimo mondiale e pren-dersi il titolo dell’unico calciatore a giocare6 mondiali di seguito. Tra questi mondialitroviamo le edizioni 1998, 2002, 2006,2010 e 2014. Avete presente l’emozionee la gioia che ci fu in Italia nel mondiale2006 in cui la Nazionale ha vinto il suo ul-timo mondiale? Ecco purtroppoquest’anno non ci sarà!

Agostino Tomao

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Marzo 201812 CHRISTMAS SHOW

A NATALE SIAMO TUTTI PIU’ TALENT!

QUANTI SIAMO!

Venerdì 22 dicembre 2017 si è tenuta la quarta

edizione del Christmas Show. Nella palestra af-

follatissima, gli artisti albertini si sono cimentati in

esibizioni di canto e ballo che hanno entusia-

smato il pubblico che ha accompagnato lo show

per tutta la sua durata. L’atmosfera di allegria e

spensieratezza ci ha permesso di iniziare al me-

glio le vacanze natalizie. Accanto alla musica,

l’arte e la fotografia sono state le perfette copro-

tagoniste dell’evento. I due concorsi, indetti dalla

nostra redazione, hanno permesso agli albertini

di esprimere il loro talento anche in questi campi.

Che altro dire, se non che è stato davvero il mi-

glior modo per salutarsi in un clima di gioia e se-

renità, per darsi appuntamento per un nuovo

anno entusiasmante da vivere insieme!

Mattia Rossini