Il Gusto... della Vita - Dicembre 2010

36

description

Tradizione & Cultura della Buona Tavola - Rivista ufficiale dell'Associazione Cuochi della Provincia di Fermo

Transcript of Il Gusto... della Vita - Dicembre 2010

Page 1: Il Gusto... della Vita - Dicembre 2010
Page 2: Il Gusto... della Vita - Dicembre 2010
Page 3: Il Gusto... della Vita - Dicembre 2010

1 della vita

...Editoriale del

Adolfo Leoni

Il consessodegli Angeli Matti.Tutti a Fermo, per due domenicheCinque dicembre, dodici dicembre. Torna Golosari a Piazzetta. Il più antico quartiere di Fermo sarà in festa e ospiterà gli Angeli Matti.Leggo nella bellissima locandina rosso cupo: Il Territorio nel Centro storico, i Grandi Artigiani del Gusto, Cultura Mercato Spettacolo per grandi e piccini.è la seconda edizione che il Club di Papillon Marche Sud, guidato da Pio Mattioli, propone alle Marche e non solo alla nostra Regione.Nel complesso medievale di san Zenone di Fermo e nelle poco distanti cantine dello stupendo Palazzo seicentesco Romani Adami una cinquantina di produttori di cose buone esporrà il loro ben di Dio. Sono loro gli Angeli Matti, come li ha ribattezzati un tempo il presidente nazionale del Club di Papillon Paolo Massobrio. Sono Angeli, perché salvaguardano la nostra salute con le cose più sane e più buone del mondo. Sono Matti, perché hanno deciso di restare nei campi, a coltivarli, a crescere prodotti genuini, a combattere una durissima battaglia con la grande industria. Sono Angeli, perché quando li incontri t’incantano per la passione che mettono nel quotidiano duro lavoro dei campi. Hanno valori antichi e saldi. Ma forse sono i più moderni dei moderni. Il Papa alcune domenica fa all’Angelus – ma guarda che combinazione: Angeli/Angelus – ha invitato le istituzioni a difendere l’agricoltura, e i giovani a non disdegnare il r itorno in campagna. E Benedetto XVI ci vede lungo. Poi c’è Piazzetta, il quartiere più antico, dicevamo. Che rinasce, si r ivitalizza, prende forma di comunità. Se ne fanno di manifestazioni eno-gastronomiche! Ma vuoi mettere un produttore d’olio o di formaggio in un palazzo antico, dinanzi ad una chiesa medievale, sotto l’ombra di un campanile? è tutta un’altra cosa. C’è un’anima lì. Sarà il genius loci,

sarà il bisogno di ritrovarsi insieme in un’architettura che creava unità, sarà la Bellezza…Eppoi, la chiamata a raccolta delle scuole, che si esibiranno; dei gruppi di ballerini, che faranno il loro galà; dei gruppi musicali, che faranno il loro concerto. è un gran puzzle, Golosari a Piazzetta, dove ognuno diventa protagonista e mette del suo. Come i seri professionisti del Rotary Club di Porto san Giorgio, che racconteranno fiabe e canteranno stornelli; come l’Associazione Campanari delle Marche, che farà suonare le campane dal Duomo sino a santa Lucia, per una sinfonia altrimenti mai sentita; come gli sbandieratori Inimicum Vicisti, e come la Contrada Campolege, che rivivrà la domenica di un borgo medievale. Le radici, la terra, la festa. E l’impegno. Non mancheranno i convegni, organizzati a mò di talk show, sulle soluzioni ai problemi del territorio in fatto di prodotti agroalimentari, sul senso dell’Ospitalità, sulle Denominazioni Comunali (con lo stesso Paolo Massobrio). Neppure mancheranno i premi all’agricoltore più rappresentativo, al cuoco più meritevole, al personaggio più “ospitale”. Per finire, voglio proporvi il decalogo del Club di Papillon. Mi piace, vi ci ritroverete, lo so. Dice: Il socio di Papillon crede nell’amicizia, ha la passione dell’incontro, non spreca, ama la tradizione, non ha pregiudizi, non beve le etichette, non lascia nulla al caso, è curioso, è fedele.Sono io, è Golosaria, siete tutti voi, che verrete, per far festa, per ritrovare radici, in una terra. Una Terra di Marca.

Page 4: Il Gusto... della Vita - Dicembre 2010

2 il Gusto...

...Sommario

Direttore ResponsabileAdolfo Leoni

Progetto graficoSara Ricci

Redazione graficaStudium Design

[email protected]

FotografoAngelo Cecchetti

Hanno collaboratoRenato Andrenelli

Ugo BellesiBenedetta CuriMaurizio DomiziStefano Isidori

Daniele MalvestitiAlessandro PazzagliaMassimiliano Petrelli

Meri RuggeriLuciano ScafàFabio Scatasta

Francesco SeghettiLeonardo SeghettiGiovanni Zamponi

Edito daAss. "Il Gusto... della vita"

sede legaleMontegiorgio (FM)

via Cestoni, 39sede operativaMorrovalle (MC)via Carducci, 12 - tel. 0733 866909

P.Iva e C.F. 01979520440

[email protected]

StampaArtelito - Camerino

La rivista è stampata sucarta naturale ed

ecologica

n. 12 dicembre 2010inserito nel Registro deiGiornali e dei Periodici del Tribunale di Fermo il

21/10/2008

1...Editoriale del Gusto.

3...Una grande famiglia... che guarda lontano

4...Gli chef a convegno sul gelato. 5...Il gelato artigianale: un alimento nutriente ma non ipercalorico. 7...I pasti del Conclave del 1903, i funghi ed il "mal di pancia dei Cardinali".

8...Festa del vino cotto. E non solo!

9...Il vino cotto del Piceno.

10...Acetosa

11...Dragoncello

13...L'oliva Tenera Ascolana; storia, presente e futuro.

15...Di mano in mano, la scienza in cucina si tramanda.

17...Il menu di Maurizio Domizi

19...Il pepe, re delle spezie.

20...Merano WineFestival & Gourmet

22...Tutto è cominciato perchè cercavo (avevo bisogno) un po' di farro.

24...La pizza nella ristorazione 26...Le castagne e il gusto della vita nell'autunno di Smerillo. 28...Lo stoccafisso in porchetta

31...Cicerchi di Serra De' Conti.

32...Diario di bordo

Page 5: Il Gusto... della Vita - Dicembre 2010

3 della vita

di Alessandro Pazzaglia

...Professione cuoco

Una grande famiglia cheguarda... lontano.Nonostante tutto e certuniDopo oltre un trentennio di vita associativa ci sembra onesto e doveroso fare un'analisi sull'attività portata avanti dalle berrette bianche del territorio.

Per certi versi abbiamo ottenu-to risultati lusinghieri, per altri decisa-mente deludenti. Riprendendo alcuni documenti della fine degli anni Set-tanta, mi accorgo che già da allora - oltre trent'anni fa - sostenevamo (e sollecitavamo le varie istituzioni) che la promozione del nostro amato e splendido territorio andasse fatta in si-nergia tra le molteplici realtà. Quello che oggi va tanto di moda chiamare “fare squadra”.

Un altro argomento di fonda-mentale portata era (e rimane) la “cultura dell'ospitalità”, dove abbia-mo cercato di mettere insieme, con molti sacrifici, le molteplici componen-ti di questo variegato mondo, affinché gli elementi vincenti quali il “sorriso” e la “professionalità” fossero da decisivo supporto alle eccellenze del Ferma-no. Infatti, dietro un'opera d'arte, una scarpa, un cappello, un formaggio, un salume (che non basta solo affettar-lo)... c'è una storia e un territorio. Sto-ria e territorio che potrebbero essere penalizzati da un' interfaccia (cioè: gli addetti) non predisposta al ruolo o scarsamente professionale.

Altra tematica di grandissima importanza affrontata da anni di vita associativa è stata quella di “UNA SANA E CORRETTA ALIMENTAZIONE”. Quali convinti assertori che molto del vivere bene di ogni essere umano, passi attraverso un modo di alimentar-si corretto; nei tempi, nei modi e nelle quantità (anche Il Gusto... della Vita ne ha parlato ripetutamente), ci sem-brava doveroso essere riconoscenti al

nostro bellissimo territorio. Le stupende produzioni agroalimentari che esso ci offre, hanno fatto bene e potrebbero farne a tutta la popolazione (lo docu-mentano gli studi di grandi scienziati). Vediamo però un pericolo: quello di possibili artifici messi in campo dai marpioni di turno, ovvero coloro che pensano solo a fare business, che ci propinano diete miracolose senza far riferimento a quel “Vangelo” che è la “DIETA MEDITERRANEA”. Da noi sempre proposta e sostenuta, la Dieta Medi-terranea a breve verrà riconosciuta patrimonio dell'umanità.

Lungi dal pensare che siamo noi i migliori, ci definiamo spesso, scherzando, “bruciapadelle”, ma sia-mo convinti di poter portare a chi, a livello istituzionale è sensibile e prepo-sto ai temi citati, un valido contributo e il frutto di una continua ricerca e l'esperienza di tutta una vita professio-nale (gli hobbisti... sono un'altra cosa). Continuiamo a dare molto, forse tut-to, trascurando però quei meccani-smi che ci porterebbero sicuramente maggiore visibilità. Vogliamo dirla tutta? Non sia-mo schierati, non intrecciamo rapporti privilegiati con i potenti – o considerati tali – di turno. Vogliamo in conclusione lan-ciare un messaggio a quanti fino ad oggi ci hanno messo da parte. Voglia-mo dir loro che NON È MAI TROPPO TARDI. E lo vogliamo sostenere fino a quando (augurandoci di essere smen-titi nei fatti) la più profonda amarez-za ci potrebbe far dire: “CHI CONFIDA NELL'UOMO È PERDUTO".

Page 6: Il Gusto... della Vita - Dicembre 2010

4 il Gusto...

...Associazione Cuochi Fermo

F.I.C. Ass.ne Cuochi della Provincia di Fermo via Legnano, 2 - 63018 Porto Sant’Elpidio tel. (+39) 330 650208

La sede è stata quella del San Paolo Hotel di Piane di Monte-giorgio, dove i l pubblico è sta-to accolto dalla genti le signora Rossella Scuff ia.Prima l’incontro, com’è tradizio-ne dei cuochi di casa nostra, poi la serata a tavola.I l convegno ha visto le relazioni di Raoul Trozzo, maestro gelatie-re, e di Massimil iano Petrell i, do-cente di Dietetica e Nutr iz ione all’Università di Ancona. Al ta-volo, oltre al la berretta bianca Sandro Pazzaglia, i l presidente della Camera di Commercio di Fermo, Graziano Di Battista, che ha avuto, come sempre, parole di elogio per i l valore culturale

Antonio Iandiorio - Preside Scuola Alberghiera di Porto Sant'ElpidioAlessandro Pazzaglia - Presidente Associazione Cuochi FermoMassimiliano Petrelli - docente di Dietetica e Nutrizione all’Università di Ancona.Raoul Trozzo - vicepresidente nazionale dei Maestri Gelatieri

GLI CHEF A CONVEGNOSUL GELATO

30 settembre. Si parla di gelato. Anzi, si mangia il gelato, e in tutti i modi. Il convegno “Il gelato come alimento e la sua intrinseca flessibilità in cucina” lo ha dimostrato.

degli incontr i promossi dall’As-sociazione Cuochi della provin-cia di Fermo.L’iniziativa è stata presa in col-laborazione con GAIA (Gelatie-r i Artigiani Ital iani Associati) e l’Istituto Statale Einaudi di Porto sant’Elpidio.

Successivamente, dopo le re-lazioni, si è passati dalle parole ai fatti. E se le parole sono state di alto spessore, i fatti sono stati altrettanto convincenti. I l gela-to ha caratter izzato ogni piatto, osando l’inosabile, e r icevendo una convinta approvazione.Accogliente anche la sala. Una bella serata!

Page 7: Il Gusto... della Vita - Dicembre 2010

5 della vita

...Associazione Cuochi Fermo

IL GELATO ARTIGIANALE:un alimento nutriente ma non ipercaloricoDr. Massimiliano PetrelliSOD Dietetica e Nutrizione Clinica. Ospedali Riuniti di Ancona

Gli ingredienti principali del gelato sono latte, zucchero e uova con i quali si produce la base, i vari gusti sono poi ottenuti aggiungen-do altri ingredienti (polpa di frutta, cioccolato, panna, ecc). è possibi-le anche produrre gelato alla frut-ta senza latte e uova, un prodotto meglio indicato come sorbetto, che ha meno calorie ma ovviamente è meno cremoso e gustoso. Molti pro-duttori di questo tipo di gelato indi-cano anche l'assenza di zucchero, in realtà il saccarosio viene semplice-mente sostituito con il fruttosio, che ha le stesse calorie ma un indice gli-cemico più basso. Il gelato è un ali-mento fresco che contiene alimenti facilmente deperibili come le uova e il latte. Tuttavia dal momento della produzione a quello della commer-cializzazione il prodotto viene sem-pre mantenuto a temperature molto basse, che bloccano la riproduzione degli agenti patogeni. Inoltre quasi tutte le gelaterie che non utilizzano preparati industriali pastorizzano la miscela prima di lavorarla nella ge-latiera, il che aumenta ulteriormente la sicurezza del gelato stesso.

QUALITà NUTRIZIONALI

Il gelato è comunemente considerato un semplice rinfrescan-te; in realtà, ha un valore nutritivo non trascurabile variabile a secon-da degli ingredienti utilizzati. I gelati possono essere classificati principal-mente in due grandi categorie: - base latte (o derivati); - base frutta (con acqua).

Quelli a base latte hanno un significativo ruolo nutrizionale nel-la dieta, per l’apporto in proteine, calcio e fosforo. I gelati a base di frutta hanno, invece, un particolare interesse per il loro contenuto vita-minico e in sali minerali che varia in relazione al tipo e alla quantità di frutta utilizzata. Questi ultimi, di conseguenza, hanno un minor va-lore energetico. Il valore energetico del gelato dipende infatti dal tipo e dalla quantità di materia prima utilizzata. Nei gelati al latte ad alto contenuto in panna, quindi in gras-si, il valore calorico può arrivare fino a 280 Kcal per 100 grammi. Quelli alla frutta a base acqua, che non contengono grassi, hanno un valore energetico che può raggiungere le 130 Kcal per 100 grammi. In questi l’apporto energetico è dovuto, qua-si esclusivamente, ai glucidi conte-nuti negli zuccheri aggiunti e nella frutta utilizzata. è quindi molto importante in-trodurre nella dieta giornaliera il giu-sto tipo di gelato, in relazione al tipo di regime alimentare adottato. Dopo un pasto leggero, e quindi povero in grassi e calorie, può essere scel-

to un gelato a base latte; se il pasto invece è stato ricco di sostanze nu-trienti è bene orientarsi su un gelato alla frutta. Inoltre, in considerazione del valore energetico di questo ali-mento e della sua rapida assimila-zione, i gelati rappresentano il cibo ideale per i pasti intermedi. I gelati possono infine rientrare con succes-so nella dieta di quelle persone, in particolare bambini e anziani, che hanno scarso appetito; ovviamente in questo caso sono consigliabili ge-lati a base di latte, mentre debbono essere scartati i ghiaccioli al gusto frutta, che per la loro composizione forniscono uno scarso apporto nutri-tivo. Questi ultimi sono pertanto con-sigliati nelle diete a basso contenuto calorico. Come tutti gli alimenti, se consumato in quantità esagerate, può essere dannoso per la “linea”. Ma questa fastidiosa controindica-zione è legata soltanto ad un smisu-rato uso del prodotto. è importante trasmettere al consumatore il con-cetto di valore nutrizionale del gela-to affinché lo introduca, senza pre-giudizi di alcun tipo, nella sua dieta, anzi lo valorizzi nel completamento della sua alimentazione.

Parlando di gelato occorre fare una distinzione molto impor-tante tra gelato artigianale e indu-striale. Tali differenze riguardano sia i metodi di produzione che gli ingre-dienti utilizzati. Il gelato artigianale di qualità è composto da materie prime fresche, la fase di incorpora-tura dell'aria è lenta e raggiunge il 30 - 50% del volume del composto. Non è possibile produrre gelato di

Il gelato è un alimento ottenuto incorporando aria all'interno di una miscela liquida durante la gelatura della miscela stessa. I diversi tipi di gelato si differenziano a seconda dei metodi di produzione e degli ingredienti utilizzati.

Page 8: Il Gusto... della Vita - Dicembre 2010

6 il Gusto...

...Associazione Cuochi Fermo

Per sfatare il luogo comune che il gelato faccia ingrassare, ecco una breve tabella. Se si considera l’apporto calorico di un gelato, anche il più grasso, con quello di altri dolci, ci si può accorgere come questo risulti assai minore.In ordine crescente, quante Kilocalorie contengono 100 grammi di ogni tipo di dolce:

qualità senza utilizzare alcuni addi-tivi (peraltro innocui), prima fra tutte la farina di semi di carrube come addensante. Il gelato industriale contiene latte in polvere, oli vege-tali, e additivi come coloranti, emul-sionanti, stabilizzanti e aromi. Soli-tamente è più soffice e voluminoso, perchè contiene più aria, ma dipen-de dalla marca. Si può certamente affermare che il gelato artigianale è un prodotto che qualitativamente non ha nulla da spartire con quello industriale, tuttavia occorre fare at-tenzione poichè non è raro trovare prodotti artigianali di bassa qualità. Il gelato artigianale infat-ti può essere fatto utilizzando una base liofilozzata alla quale va ag-giunta acqua o latte, spesso queste basi vengono prodotte con gli stes-si ingredienti del gelato industriale. L'unica differenza è dovuta al fatto che questo prodotto non deve esse-re conservato a lungo poichè viene venduto al dettaglio dal gelataio. Per riconoscere un gelato di qualità, quindi, il migliore metodo è affidar-si alla propria esperienza affinando sempre più il gusto e quindi la capa-cità di riconoscere un buon gelato, sempre partendo dal fatto che non conviene mangiare un gelato senza aver prima letto gli ingredienti. Ecco alcune regole di carattere generale per riconoscere un gelato di qualità. Ogni gelateria deve esporre in vista gli ingredienti del prodotto. Ecco un criterio semplice:● se il gelato contiene oli/grassi ve-getali idrogenati o parzialmente idrogenati, scartarlo;● se il gelato contiene oli vegetali nelle prime posizioni nella lista degli ingredienti (ovvero in quantità de-terminante), scartarlo.Purtroppo non è obbligatorio espor-re le calorie e i valori nutrizionali e solo pochissime gelaterie lo fanno.● Più il gelato è cremoso, ovvero meno si avvertono i grumi di ghiac-cio, maggiore è la sua qualità.● Se il gelato non si scioglie in fretta,

soprattutto se la temperatura è ele-vata (in estate), allora è probabile che contenga grassi vegatali idro-genati. Meglio evitarlo.● Se il gelato è eccessivamente dolce o troppo "pesante" (vi sentite molto appesantiti dopo che lo avete mangiato), probabilmente la scarsa qualità è stata mascherata carican-do con lo zucchero e i grassi e quin-di con le calorie. Questo è un criterio di valutazione molto empirico che va preso con le molle, ma stando at-tenti e con un po' di esperienza può essere utilizzato. Il gelato a base di frutta sec-ca può essere utilizzato efficace-mente per valutare la qualità media delle materie prime di una gelateria. Questi gelati sono prodotti con frutta secca macinata e ridotta in pasta (di nocciole, di noci, di pistacchi, ecc.). Tali prodotti costano molto e dun-que una gelateria che adotta una filosofia di qualità si differenzierà no-tevolmente rispetto a una gelateria di media o bassa qualità. Mentre un gelato alla crema costa al produtto-re la stessa cifra in tutte le gelaterie, perché il costo del latte e delle uova è circa lo stesso e non influenza mol-to la qualità del prodotto; un gelato alla nocciola con il 30% di pasta di nocciole del Piemonte IGP sarà mol-to migliore e costerà al produttore il 50% in più di un gelato con il 15% di pasta di nocciole di media o bas-sa qualità. Se vi piace il gelato alla nocciola o al pistacchio, scoprirete che esistono poche gelaterie che lo fanno veramente buono, perché disposte a spendere di più delle al-tre. è molto probabile che la qualità media del gelato di questi produtto-ri sarà più elevato in generale e non solo per quanto riguarda il gelato alla nocciola. Di seguito indichiamo alcuni consigli per gustare questa delizia senza dover litigare con la bilancia. 1- Limitare l'acquisto delle vaschette confezionate, e non mangiare mai direttamente dalla vaschetta. Il ge-

lato è un alimento molto appetibile ed è difficile smettere di mangiarlo: chi non è stato mai tentato di finire 500 g di gelato a cucchiaiate? Inol-tre la qualità di questi prodotti è a volte discutibile, considerando che la maggior parte (per non dire tut-ti) contengono oli vegetali e burro (non dannoso, ma utile a maschera-re una scarsa qualità), o addirittura grassi vegetali idrogenati.2- Evitare gelati che contengono margarina o oli/grassi vegetali idro-genati.3- Pianificare per quanto possibile la visita alla gelateria, in modo tale da "ammortizzare" le calorie nel pasto precedente o in quello successivo. Se so che andrò a mangiare il ge-lato, posso mangiare un po' meno, magari qualcosa di leggero.4- Prediligere la qualità. Visto che dobbiamo assumere tante calorie, facciamo in modo che ne valga la pena. Rechiamoci in una gelateria che produce gelato di qualità, non fermiamoci nella prima che incon-triamo. Se poi c'è da fare due passi a piedi, ancora meglio: una bella passeggiata dopo cena è un toc-casana per la digestione, e ci farà consumare anche un po' di calorie.

Concludo dicendo: “IL GE-LATO ARTIGIANALE: UN ALIMENTO PER TUTTI E NON SOLO A FINE PASTO!” Per i bambini sono indicati i gelati a base di latte, che forniscono anche calcio e fosforo, elementi di cui gli organismi in crescita hanno sempre un grande bisogno. Ideale come merenda per i piccoli anche quan-do in certi periodi sono “svogliati” a tavola. è consigliabile per i ragazzi che studiano, perché nutre senza appesantire, è una fonte importan-te di calcio per le persone anziane, che spesso d’estate perdono l’appe-tito. è utile per gli sportivi, contenen-do zuccheri di rapida assimilazione, è un gradito aiuto per le donne in gravidanza, contrastando anche le nausee dei primi mesi.

Snack gelato industriale a barre(più calorie e meno qualità!)

Bounty 346Winner 355Mars snikers 356Twix 388

Fette biscottate 410 Biscotti secchi 450Crostatina con marmellata 450Frollini 460Torrone 482Marzapane 500Cioccolato 570Plumcake 660

Gelato al limone 124Gelato alla crema 204Gelato al cioccolato 210 Marmellata 237Panettone 334Panna montata 337Crostata 339Torta margherita 370Brioche 408

Page 9: Il Gusto... della Vita - Dicembre 2010

7 della vita

...Un po' di storia

di Daniele Malvestiti

I pastI del ConClave del 1903,i funghi ed il “mal di pancia” dei Cardinali.

Egli, quella sera, era molto sof-ferente a causa di un doloroso asces-so dentale, tanto che preferì restare in cella, dove gli venne servita la cena composta da un po’ di minestra al burro, pesce fritto e dei fagiolini in insalata. Si arrivò così alla mattina di Sabato 1 agosto ed alla prima sessio-ne di votazione. Alle sette i Cardinali, nella sala da pranzo, consumarono la colazione a base di uova e “biscottini” preparati dalle suore, furono quindi convocati nella Cappella Sistina per la celebrazione della messa al termi-ne della quale ebbe luogo la prima votazione ed il successivo scrutinio. Intorno alla grande sala erano col-locati 62 piccoli troni per i Cardinali ed anche uno sgabello e un piccolo tavolino con l’occorrente per scrive-re. Non essendo riuscita la elezione del Papa, le schede furono bruciate e verso mezzogiorno i Cardinali fecero la sosta per il pranzo, che prevede-va minestra di pasta “minuta”, bollito con contorni di fagioli in umido, fritto di fegato e di riso, arrosto di pollo con insalata mista, formaggio, frutta. Nel-le ore pomeridiane del sabato, come previsto, avvenne il secondo scrutinio e subito dopo, nella Cappella Paoli-na, si celebrò una funzione religiosa. La sera, a cena, fu servita minestra di pasta minuta, arrosto di vitello con insalata di zucchine, formaggio e frutta. Al termine della prima giorna-ta di votazione il Cardinal Rampolla ricevette quasi la metà dei consensi dei cardinali votanti, ossia 29 voti su 62. Si arrivò così al secondo giorno di conclave, caratterizzato da un avve-nimento che ne stravolse l’andamen-to. Domenica infatti, appena aperta la riunione, l’Arcivescovo di Cracovia e primate di Polonia, a nome dell’Im-peratore d’Austria, pronunciò contro il Cardinal Rampolla il veto d’esclu-sione al soglio pontificio, ripristinan-do di fatto l’antico privilegio, goduto da alcune grandi nazioni cattoliche. Fu un grosso ed inaspettato colpo di scena e l’annunciata uscita di scena di Rampolla fece confluire una parte dei voti sul Cardinal Giuseppe Sarto, Patriarca di Venezia. Dopo la terza votazione, ai cardinali nel pranzo di domenica 2 agosto 1903 fu servita minestra di riso, bollito con contorno

di cavoli e fagiolini, stufatino di pollo con guarnizione di funghi, vitello arro-stito in fette, guarnito di gelatina, for-maggio e frutta. L’esito dello scrutinio pomeridiano di domenica 2 agosto, fu caratterizzato dal fatto che i voti si restrinsero in pratica, ai due principali candidati, Rampolla e Sarto. A questo punto, il Cardinale Svampa prosegue

la particolareggiata cronaca scriven-do che a cena ai Cardinali vennero servite queste pietanze: «Poco dopo le 8 si cenò. Minestra di pasta minuta, cotolette e carne arrostita, insalata cotta di patate, cocuzze, etc.». Arrivò quindi la terza giornata. La mattina del 3 agosto, dopo il quinto scrutinio, la situazione rimase invariata, conti-nuando i voti a concentrarsi sui Car-dinali Rampolla e Sarto. Il Cardinale prosegue nella sua minuziosa crona-ca ad appuntare il menù del pranzo del lunedì: «Al pranzo, zuppa di vari erbaggi, bollito di gallina con risotto, budino di entrailles di pollo, rostbeef, formaggio». Il Patriarca Veneziano, no-nostante i voti ricevuti dal sacro Colle-gio, non intendeva tuttavia accettare l’eventuale nomina a pontefice, ma una forte pressione all’accettazione

gli giunse dal “gruppo” che faceva riferimento al Cardinale Svampa e di cui facevano parte i Cardinali Ferrari di Milano e Richelmy di Torino, non-ché i Cardinali marchigiani come Ta-liani e Manara, Arcivescovo di Anco-na e Numana ed altri ancora, come il Cardinal Vincenzo Vannutelli. A se-guito di tutto ciò nella sesta sessione il Cardinal Sarto aumentò i propri voti da 27 a 35, mentre alcuni Cardinali, continuarono a votare Rampolla. A questo punto il Porporato montegra-narese racconta ciò che era avve-nuto la notte precedente, ossia che parecchi Cardinali soffersero forti dolori addominali a cui seguì una dif-fusa dissenteria acuta, manifestatasi appunto con forti dolori addominali e diarrea. Si può immaginare lo spa-vento provato dagli anziani Cardinali, visto che quasi tutti se n’erano cibati. In quell’occasione si parlò di occa-sionale e incolpevole intossicazione, ma qualcuno, allora e dopo, ha an-che ventilato il sospetto di un tentati-vo di avvelenamento, perpetrato con l’aiuto dei fornitori, per condizionare il voto per l’elezione del nuovo Papa. “Un conclave”, si scrisse, “che rischiò di far morire i cardinali”. Si arrivò in-fine alla mattina di martedì 4 agosto 1903 e i Cardinali, alle 9,30 ritornarono in Cappella Sistina per il nuovo scru-tinio. La votazione di quella mattina, fu veramente l’ultima del Conclave e in quella occasione, il Cardinal Sarto, ottenne 50 voti, 8 più dei necessari. Al termine dello scrutinio, dalla stufa del conclave, uscì finalmente la fumata bianca e tutto il mondo cattolico gioì per l’elezione del nuovo successore di Pietro che assunse il nome di Pio X.

Dopo la morte di Papa Leone XIII avvenuta il 20 luglio 1903, venerdì 31 luglio, 62 cardinali entrarono in Conclave. Tra loro era presente l’Arcivescovo di Bologna, il cinquantaduenne montegranarese Cardinale Domenico Svampa il quale fu autore di un “diario” che ha consentito di tramandare sino a noi le vicende di quell’evento.

Page 10: Il Gusto... della Vita - Dicembre 2010

8 il Gusto...

...Vino Cotto a Lapedona

l’evento si è svolto il 25 e 26 settembre. Il titolo è già significativo di per sé: “Il vino cotto: cultura e tradizio-ne del territorio di lapedona, antico ca-stello di Fermo”. In piazza la gente non s’è fatta at-tendere, sia per gustare il vino cotto dello scorso anno (invecchiando migliora!), sia per vedere le tecniche di cottura.

non è mancato il conve-gno sul tema. lo hanno promos-so l’amministrazione comunale guidata dal sindaco Mauro Pie-roni, la Pro Loco, la Camera di Commercio e l’Associazione Produttori Vino Cotto. obiettivo: valorizzare sempre meglio il prodotto in que-stione, verificare e scandagliare le prospettive di promozione, legando il vino cotto ad un ter-ritorio affascinate e storicamente importante.

numerosi i personaggi interve-nuti, sia delle istituzioni sia della politi-ca. non poteva mancare l’associazione Cuochi del Fermano, rappresentata dal suo presidente alessandro pazzaglia. le berrette bianche sono state presenti

Festa del Vino Cotto. E non solo!

e fattive anche nel corso della festa in piazza. la Festa del vino cotto è pro-seguita anche in cucina. nel senso che, dopo il convegno, gli chef di sandro pazzaglia hanno preparato al Didacus (il suggestivo locale di lapedona) un pranzo dove il vino cotto è stato onni-presente. Questo il menù, che andrebbe riproposto nei nostri ristoranti: aperiti-vo con olive fermanelle, pizza e ciau-scolo, tutto al vino cotto. l’antipasto freddo ha visto la stracciata di manzo su misticanza di campo e pesche con emulsione di… vino cotto; per quello caldo sono stati proposti bocconcini di coniglio croc-canti su riduzione di… vino cotto e mezzelune di pesche dorate. per primo, i commensali hanno gustato gli gnocchetti di patate al ragù bagnato di… vino cotto, con pomodoro fresco; per secondo è arrivato lo stracot-to al… vino cotto con mela rosa stufata e sformatino di zucca gialla.

Chiusura gloriosa con semi-freddo di zabaione al… vino cotto, e ventaglio di pera al forno.

passerina Falerio e Rosso pice-no, i vini, su cui dominava un eccezio-nale … vino cotto.

La notizia è questa: Lapedona non indietreggia. Anzi rilancia. Il vino cotto è una sua specialità e lo dimostra ancora una volta con la XXII Festa dedicata a questo nettare degli dei.

Stracciata di manzo su misticanza di campo e pesche con emulsione di vino cotto

Bocconcini di coniglio croccanti su riduzione di vino cotto e mezzelune di pesche dorate.

Page 11: Il Gusto... della Vita - Dicembre 2010

9 della vita

...Vino Cotto

il Vino Cottodel Piceno

plinio il vecchio, nella sua storia naturale, riporta quanto già detto da plauto e classifica il vino cotto tra le più ricercate bevande dolci prodotte in Italia, afferman-do che: “… i cotti hanno il sapor loro e non quello del vino”.

nel 1534 sante lancerio, bottiglie-re di papa paolo III, esalta la bontà del vino cotto ritenendolo di qualità tale da poter es-sere utilizzato nel rito sacrificale della santa Messa. anche andrea Bacci nel suo testo de naturali vinorum histoira di vinis italiae del 1596, nel capitolo Xv del libro I, descrive la produzione del vino cotto e della sapa. I due autori sopracitati fanno riferimento al vino cotto dell’area picena.

negli ultimi anni numerosi autori citano il vino cotto in diversi scritti, decan-tandone certe proprietà. In un testo del 1971 Mario soldati descrive, di passaggio ad asco-li piceno, l’assaggio di un vino cotto di 60 anni prodotto dall’ ing. Cimica, pur con una certa diffidenza: “…come vino da dessert lo

Il vino cotto è parte integrante del territorio piceno, tanto da essere considerato il vino del territorio, dove si fondono in un unico insieme, ambiente, vitigni, storia, tradizione e cultura del suo popolo.

di Francesco e Leonardo Seghetti

la produzione è soprattutto lega-ta alla tradizione contadina, tramandata di padre in figlio nel corso dei secoli; basti ri-cordare che, ad ogni figlio nato, si assegnava una piccola botte di vino cotto, da consu-marsi non prima del raggiungimento della maggiore età ed in particolari liete occasioni (come il matrimonio). Inoltre, il vino cotto, rappresentava per ogni famiglia il segno dell’ospitalità. era sempre sulla tavola nel-le occasioni migliori e usato frequentemente come rimedio nella cura di molti malanni (raffreddore).

la produzione di vino cotto è nota fin dai tempi remoti. Già nel 191 a.C. viene citato da plauto, nella commedia “Pseudo-lus”, fra le bevande da mescere in un lauto banchetto. nel Iº sec d.C. Columella, nella sua opera “Arte dell’Agricoltura”, libro XII, descrive: “… fino a diminuzione di un ter-zo si cuocia del mosto di sapore dolcissimo; quando è cotto si chiama defruntum. esso appena raffreddato si trasferisce nelle botti e si ripone per usarne”.

trovo ottimo, di un bel colore rosso mattone e riflessi di oro cupo, il sapore strano affumi-cato e ruvido nella sua moderata dolcezza, corregge ed evita quella dolcezza vischiosa e a volte nauseabonda di tanti passiti o mar-salati.”. In pratica secondo lo scrittore c’era qualcosa di affascinante, di profondo rustico e montano in quel vino cotto. anche Guido piovene e luigi veronelli esaltano la grade-volezza del vino cotto, anzi quest’ultimo lo descrive: “… vuole meditata attenzione che tu non ceda all’impulso primo, e l’intenda non più come vino, ma come ricetta. ti si fa allora subito gradevole; ci senti viva la tradi-zione, il bisogno di una contadina riserva”.

dal 1965 non è più possibile pro-durre e vendere vino cotto. su sollecitazione di alcuni produttori e di alcuni sindaci del territorio piceno, nel 1973 l’on. tozzi Condi-vi scriveva all’on. preparo, vice presidente della commissione nazionale vini, per far modificare il d.p.R. citato, all’art. 5 lett. f con la dicitura “… ed alle zone delle Marche e degli Abruzzi per la produzione di Vino Cotto Tipico”. purtroppo questo lodevole interesse non portò ad alcuna discussione in commissione e dal 1965 la produzione del vino cotto è vietata.

Recentemente, a seguito dell’entra-ta in vigore del d.M. 18/7/2000 riguardante l’elenco nazionale dei prodotti agroalimen-tari tradizionali, la regione Marche ha rico-nosciuto come prodotto della tradizione il vino cotto; come successivamente riportato nel dM 25/7/2003 GU n° 141, terza revisio-ne dell’elenco nazionale dei prodotti agroa-limentari tradizionali, con i sinonimi: Vino Cotto, vi’ cotto, vi cuot. e la storia continua…

Page 12: Il Gusto... della Vita - Dicembre 2010

10 il Gusto...

...Erbe Aromatiche

Acetosa di Ugo Bellesi

Proseguiamo il nostro appuntamento con le erbe aromatiche parlando di Acetosa. Una pianta tanto

diffusa nel nostro ter-ritorio quanto pochis-simo usata. la si trova lungo i corsi d’acqua, nei prati e nei pascoli sia in pianura che in montagna. È una pian-ta perenne che cresce spontanea (1). Il suo nome più comune è quello di “erba brusca” (ma la si chiama an-che “erba agretta”, “erba mandolina” e “ossalide” per il suo alto contenu-to di ossalato di calcio - sostanza nociva per i reni - per cui è oppor-tuno consumarla con parsimonia) e viene impiegata soprattutto nelle insalate anche se

alcuni ristoratori utilizzano le sue foglie grandi, allungate a forma ellittica, come guarnizione per i loro piatti, essendo assai decorative. Molto impiegata nella ristorazione francese, di que-sta pianta si raccolgono sia le foglie, specialmente nel pe-riodo primaverile quando sono ancora giovani e tenere, che gli steli freschi che vengono prelevati soprattutto tra mag-gio e giugno. le foglie, di sapore acidulo (per abbassare il sentore acidulo prima di impiegarle è opportuno scottarle velocemente in acqua bollente), sono ricche di vitamina C ed hanno proprietà diuretiche, rinfrescanti e antinfiamma-torie. Contengono anche ferro e fosfati. Quando la pianta spunta a primavera i primi getti sono ottimi nelle insalate miste (ma in questo caso usare poco aceto e limone perché la pianta stessa è abbastanza aci-dula) o lessati e fritti, ma vanno benissimo anche per zuppe, minestre e ripieni. Qualcuno li utilizza anche al posto degli spinaci: in questo caso vanno cotti al vapore e serviti come contorno. sono apprezzati anche nelle frittate. da non confondere con l’acetosa è l’Acetosella (det-ta anche “agretta”, “erba forte”, “melagra” e “lambrusca”) che viene impiegata più nella farmacopea che non nella gastro-nomia. In cucina possono essere usate le foglioline novelle primaverili (simili a quelle del trifoglio) dal sapore intenso e acidulo, per arricchire il gusto delle insalate e delle mi-nestre (2). Ha proprietà astringenti, decongestionanti, disse-tanti e diuretiche. È una pianta molto diffusa soprattutto in Italia settentrionale. se osservando la pianta di acetosella ci si accorge che le foglioline si richiudono vuol dire che il temporale è vicino (3). nel Medioevo si dava una grande importanza alla colorazione delle pietanze e spesso nelle ricette compare an-che l’indicazione del colore più appropriato. otto erano i co-lori preferiti. per quanto riguarda il verde i cuochi facevano affidamento proprio sull’uso delle foglie di acetosella, oltre che di prezzemolo e di spinaci. (4)

(1) Guarnaschelli Gotti M., Grande enciclopedia della gastronomia, Milano 2007(2) Rapagli M.L., Erborare & cucinare, Edagricole 1995(3) Castellani F., Le ghiotte erbe, Cingoli 2006(4) Flandrin J. e Montanari M., Storia dell’alimentazione, Roma-Bari 1997

SALSA DI ACETOSA pulire bene l’acetosa e, dopo averla asciugata, tritu-rarla perpendicolarmente. nel frattempo far riscaldare 40 gr. di burro in un tegame; una volta fuso versarvi 400 gr. di acetosa e aggiustare di sale. Una volta evaporata l’acqua di vegetazione la salsa è pronta. serve per guarnire piat-ti di salmone. Una ulteriore elaborazione prevede, sempre nel tegame in cui si è fatto sciogliere il burro con l’acetosa, l’aggiunta di panna liquida; aggiustare di sale e pepe e far ridurre di volume.

SALSA DI ACETOSA(ricetta di Antonio Nebbia)

scottare in acqua bollente l’acetosa, fatela colare e tritatela. prendete una cazzeruola con un’oncia di butiro, fatelo liquefare, poi metteteci basilico e timo; lasciatela al-quanto soffriggere, e quindi metteteci l’acetosa, fatela nuo-vamente soffriggere insieme; prendete un bicchiero di latte con sale e spezieria dolce (pepe dolce, cannella, noce mo-scata e chiodi di garofano pestati), fatela cuocere, raspateci scorza di limone, e metteteci un poco di sugo di esso limone e di colletta; servitevene.

CREMA DI ACETOSAIngreDIenTI:• una piccola cipolla,• 400 grammi di acetosa,• mezzo etto di burro,• un quarto di litro di latte,• un rosso d’uovo,• sale, pepe e noce moscata.

eseCuzIone:tritare le foglie di acetosa e la cipollina e far appassire il tutto nel burro aggiungendo poi il latte portandolo ad ebol-lizione. Filtrare tutto il contenuto del tegame in un setaccio e poi rimetterlo al fuoco aggiustando di sale, pepe e noce moscata. prima di servire versarvi il rosso d’uovo.

BURRO CON ACETOSELLAIngreDIenTI:• mezzo etto di gorgonzola,• un etto di burro,• mezzo cucchiaio di succo di limone,• foglie di acetosella,• pane tostato.

eseCuzIone:lavorare il burro per ridurlo a crema e aggiungere i pezzetti di gorgonzola, il succo di limone e le foglie tritate di aceto-sella, amalgamando il tutto. avvoltolare l’impasto in foglio di alluminio e farlo consolidare in frigorifero. al momento dell’utilizzo tagliare l’impasto a fettine e servire con carni alla brace, ma se ne possono fare anche crostini.

Page 13: Il Gusto... della Vita - Dicembre 2010

11 della vita

...Erbe Aromatiche

DragoncelloIl Dragoncello è una pianta erbacea originaria della Siberia.

Gli anti-chi greci, oltre a ritenerla stimo-lante dell’appeti-to e digestiva, la usavano contro il mal di denti. ven-ne diffusa in occi-dente dagli arabi (1) nel XIII secolo perché credevano che combattesse la peste, mentre venne apprezzata soprattutto in spa-gna perché la si ri-teneva essere forte antidoto contro il veleno dei serpen-ti. In Italia (dove arrivò con Carlo Magno nel 774) non cresce spon-

tanea ma è facile coltivarla: raggiunge fino ad un metro di altezza. È molto usata in cucina (specialmente in Francia) sia come decorazione (nell’apic di pollo o di pesce come salmo-ne o trota) grazie alle foglie eleganti di un verde intenso e sia come ingrediente fondamentale per dare aroma sia a piatti di pesce che di uova. le foglie e i germogli si possono rac-cogliere da primavera a fine estate-inizio autunno. l’aroma è più intenso quando il dragoncello viene impiegato fresco, altrimenti, con l’essiccazione, perde molte delle sue carat-teristiche. Quando è secco è più adatto per preparare salse, sottaceti e mostarde. Il dragoncello lo troviamo soprattutto nella senape (soprattutto in quella francese) ma in particola-re viene impiegato per aromatizzare gli aceti (come il famo-so vinaigre à l’estragon) e gli oli. due i tipi di dragoncello più diffusi: quello russo dall’aroma più delicato e foglie lucide, e quello francese con un profumo intenso e raffinato e fo-glie più piccole di colore verde scuro. I germogli immersi nell’aceto lo rendono gradevolmente piccante.

le foglie contengono vitamina a e C oltre a sali mi-nerali (2). Il dragoncello è di ausilio nelle digestioni difficili e nelle inappetenze (l’infuso di foglioline infatti stimola l’ap-petito; è usato anche come digestivo e tonico).

per accompagnare uova e carni bianche troviamo spesso salse aromatizzate con questa erba profumatissima che vendono dette appunto “al dragoncello”. tra le più fa-mose ricordiamo la “salsa tartara” (per pollo lesso) e la salsa “bearnaise” (carne alla griglia). Grazie al suo aroma questa pianta può sostituire anche il sale.

(1) Ceccantini G. e altri, Cent’erbe, Firenze 1996(2) Bremness L., Erbe, Bologna 1994

CARNE AL DRAGONCELLOIngreDIenTI:• un etto di burro,• un cucchiaio di foglioline fresche di dragoncello,• un cucchiaio di farina,• mezzo bicchiere di Marsala,• quattro filetti,• sale e pepe.

eseCuzIone:sciogliere al fuoco 75 gr. di burro e farvi cuocere i quattro filetti da entrambe le parti. togliere la carne dal fuoco e sul fondo rimasto versarvi la farina e, sempre mescolando, an-che il Marsala oltre a mezzo bicchiere di acqua caldissima con le foglie di dragoncello tritate. spegnere il fuoco ed ag-giungere i 25 gr. di burro rimasti, aggiustare di sale e pepe e condire con questa salsa i filetti tenuti in caldo.

SALSA VINAIGRETTEIngreDIenTI:• mezzo bicchiere di olio extravergine,• mezzo bicchiere di aceto,• mezzo cucchiaio di erba cipollina e foglie di dragoncello tritate,• sale e pepe.

eseCuzIone:sciogliere nell’aceto un pizzico di sale e quindi aggiungere l’olio e gli odori tritati; mescolare bene e aggiungere pepe macinato.

ACETO AL DRAGONCELLO si fanno macerare un etto di foglie in un litro di ace-to di vino bianco per un mese avendo l’accortezza di capo-volgere una volta alla settimana la bottiglia. dopo 30 giorni filtrare l’aceto e travasarlo in altra bottiglia. lo si usa, tra l’altro, per sciogliere la senape in polvere.

Page 14: Il Gusto... della Vita - Dicembre 2010
Page 15: Il Gusto... della Vita - Dicembre 2010

13 della vita

...Oliva Tenera Ascolana

L’oliva tenera Ascolana; storia, presente e futuro.

di Francesco Seghetti e Leonardo Seghetti.

L’oliva tenera ascolana da sempre è la regina tra le olive verdi da mensa; costituisce un patrimonio del nostro territorio agricolo ed assume un ruolo di importanza ancor più rilevante essendo la base per la pro-duzione della prelibatezza gastronomica qual è l’oliva farcita, più conosciuta come oliva ascolana ripiena.

La coltura, ha un area di diffusione nella province di Ascoli Piceno, Fermo e Teramo (dal fiume Tronto al fiume Vomano). Il territorio comprende zone pianeggianti, dolci pendii e colline fino a ridosso della fascia appenninica su altitudini di norma non superiori ai 500 m. s.l.m.. Le olive Ascolane hanno rappresentato e consolidato nel tempo la loro fama per la qualità, la peculiarità e prelibatezza delle produzioni, come testimoniano le numerose ed autorevoli dizioni, fin dai tempi dell’antica Roma. I classici latini la denominarono Picena e successivamente prese il nome di Ascolana tenera; Plinio la considerava tra le migliori olive di allora ed usate come antipasto (gustatio) come testimonia il famoso banchetto di Trimalcione. Addirittura lo stesso Plinio le consigliava come ottimo rimedio contro la renella e la carie dentaria. I primi a fornire suggerimenti per la preparazione e concia sono stati Palladio, Catone, Marco Varrone, mentre Columella nel trattato di agricoltura la cita tra le diverse varietà di olive da tavola. Anche Marziale aveva un debole per le olive Picene, le consumava sia come aperitivo che a fine pasto; inoltre descrive i recipienti usati per raccogliere, conservare e trasportare le olive “colymbades”(galleggianti in acqua).

Successivamente il papa Sisto V da Montalto Marche, nel 1583 esprime particolare apprezzamento per le olive ascolane, cosi come i positivi giudizi espressi in tempi più recenti da Garibaldi, Rossini, Carducci e Puccini, confermati dai premi ottenuti da aziende locali alle varie esposizioni nazionali ed internazionali di Milano, Roma, Parigi ecc. alla fine del 1800. Da quanto brevemente detto emerge un quadro complessivo del territorio che può vantarsi di saper diligentemente coltivare e provvedere con arte ad addolcire e conservare il frutto. Le caratteristiche importanti di questa varietà sono rappresentate dalla pezzatura (grandezza delle olive) e dalla qualità della polpa, particolarmente tenera e croccante. Il peso medio di una drupa si aggira intorno a 6 - 8 g, con 120 - 140 olive per chilogrammo; il rapporto polpa / nocciolo è veramente ottimale, mediamente tra 5,8 - 6,1, a dimostrazione che la polpa rappresenta una percentuale superiore all’80%. Il nocciolo ha forma allungata e termina a punta; si separa molto bene dalla polpa. La raccolta delle olive si effettua a mano, con molta cura, per evitare le ammaccature e quindi gli indesiderati imbrunimenti della polpa; il periodo ottimale della raccolta generalmente è compreso

Page 16: Il Gusto... della Vita - Dicembre 2010

14 il Gusto...

...Oliva Tenera Ascolana

tra la seconda quindicina di settembre fino ai primi giorni d' ottobre, ovvero quando le olive sono verdi o viranti al verde paglierino, comunque prima della invasatura. Il contenuto d' olio nella sola polpa, in quel periodo non supera il 12 - 13 %. Le citate caratteristiche di “tenerezza della polpa” non consentono grandi quantitativi di raccolta giornaliera per uomo, che mediamente si attesta sui 40 Kg. Nella zona d’origine, l’oliva tenera ascolana è coltivata su una superficie di circa 66.000 ha con una produzione stimata di circa 6 – 7000 q di prodotto, inoltre è molto diffusa la coltivazione di piante sparse, coltivate per lo più per soddisfare il bisogno familiare. Oggi è stimata una domanda di oliva tenera ascolana, per la produzione di olive ripiene di circa 20.000 q/anno, mentre altre 10.000 q sarebbero richieste per il consumo diretto. Le olive dopo la raccolta, vengono sottoposte ad un ciclo di lavorazione attraverso la quale si compie la deamarizzazione cui seguono i lavaggi con acqua e la successiva fase di fermentazione-conservazione in salamoia. La deamarizzazione è eseguta con una soluzione di soda in concentrazione variabile dall’1,5 al 3 % in funzione della temperatura ambientale, stato di maturazione delle olive ecc… L’operazione ha lo scopo di idrolizzare e rendere solubile l’oleouropeina che rappresenta il principio amaro presente nelle olive; in questa fase il componente sopraddetto viene scisso in glucosio, acido elenolico ed idrossitirosolo che successivamente vengono eliminati con i lavaggi. Le olive vengono immerse completamente nella soluzione sodica, in quanto all’aria scuriscono rapidamente, periodicamente la soluzione (due - tre volte) è rimescolata per omogeneizzare la concentrazione ed evitare la stratificazione della soluzione. In genere la durata del trattamento con soluzione sodica varia dalle otto alle dodici ore e può dirsi conclusa quando la soluzione è penetrata nella polpa delle olive per i 2/3 o ¾ o fino a raggiungere il nocciolo (in quest’ultimo caso le olive vengono consumate molto presto). Per valutare la penetrazione della soda nella polpa delle olive, si prelevano alcuni frutti e si pratica su di essi un taglio longitudinale della polpa fino al nocciolo; all’aria la parte di polpa interessata dalla soda si ossida e risulterà più scura, Una volta eseguita la deamarizzazione, l’operazione successiva è quella dei lavaggi delle olive con acqua, per eliminare la soda residua. Nella tradizione i lavaggi erano effettuati per più giorni, fino a che l’acqua non risultava chiara; ciò consentiva un immediato addolcimento a scapito di una maggiore conservazione delle olive per forte impoverimento di nutrienti necessari per la successiva fase di fermentazione – conservazione. Completati i lavaggi le olive vengono immerse in una salamoia (sale da cucina) di concentrazione prossima all’8 % dove inizia il processo fermentativo degli zuccheri costitutivi delle olive che portano alla produzione di acido lattico che consente l’abbassamento del pH

della salamoia a valori prossimi a 4, valore necessario per una ottimale conservazione. è evidente che durante la fase di fermentazione - conservazione sono necessari dei controlli sia della percentuale salina sia del pH della salamoia poiché valori anomali possono favorire l’insorgere di alcune alterazioni. Dopo tale processo si può passare al confezionamento con l’aggiunta anche di aromatizzanti; in particolare la tradizione prevede l’aggiunta del finocchio selvatico. è evidente che per i quantitativi prodotti e per la qualità della produzione, l’oliva tenera ascolana è un prodotto tipico del Piceno, che recentemente ha avuto il riconoscimento DOP in base al reg.CEE 2081/92 grazie all’azione di un gruppo promotore che ha fortemente voluto la salvaguardia del prodotto. Il disciplinare di produzione consta di otto articoli che delineano la piattaforma varietale “ascolana tenera”, le zone di produzione delimitate dai territori comunali, le condizioni di produzione tra cui il numero di piante ad ettaro, il materiale vivaistico, la forma di allevamento, le pratiche agronomiche (tecniche a basso impatto ambientale), il periodo della raccolta, la produzione massima ad ha (60 q), le caratteristiche delle drupe ecc.. fino alla commercializzazione. Il prodotto così ottenuto va a costituire la base della prelibatezza gastronomica Oliva Ascolana del Piceno ripiena, conosciuta in tutto il mondo, e per questo ambasciatrice dell’intero territorio piceno.

Page 17: Il Gusto... della Vita - Dicembre 2010

15 della vita

...L'archivio in cucina

N. 91ZUPPA ALLA PARMIGIANA

Abbrustolite che saranno le fette di pane, si co-moderanno nella zuppiera tramezzate di formag-gio parmigiano grattato, e questo condito di noce moscata. Una mezz’ora prima di servire in tavola si ba-gnerà la zuppa con buon brodo di manzo, ma non in tanta copia, perché questa zuppa deve essere soda, si farà vicino al fuoco stufare, e si servirà coperta bene di parmigiano.

N. 92ZUPPA DI RISO AI FUNGHI

Prendete dei brugnoli secchi e fateli per mezz’ora stare in acqua con sale onde depurarli: quindi si mettono a cuocere con cipolla e grasso, e quando avranno soffritto per qualche tempo vi si porrà il riso che può occorrervi, condito di sale, spezie e petrosemolo trito. Di mano in mano che il riso bollirà verrà bagnato con brodo di manzo, e cotto si servirà.

n. 93ZUPPA DI SPINACI

Si prendono dei spinaci e dopo allessati si tritono e si fanno cuocere con butiro e cipolle.Bagnati quindi con tanta acqua per quanta ne dea servire per la zuppa, si condiscono di sale e spezie, e con questo brodo si bagnano le fette di pane abbrustolito e fritte con burro, servendosi la zuppa con parmigiano sopra.

di Luciano Scafà

Voglio presentarvi un MANOSCRITTO di cucina, formato da ricette scritte e raccolte dalla fine del 600 all' 800, praticamente una piccola raccolta di ricette tramandate per circa due secoli. Ritengo, ma non ne ho la certezza, che siano state scritte dalle suore del Brefotrofio di Fermo, in molte pagine infatti la filigrana della carta porta incisa la scritta "Brefotrofio di Fermo". Gli scritti sono tutt'ora oggetto di studio e di completamento, essendo tronche o mancanti molte parole ai margini delle pagine, o poco leggibili per le macchie di muffa o di inchiostro.

Di mano in mano, la scienza in cucina si tramanda

n. 95BOLLITO DI CAPPONE

Si prende un cappone ingrassato in gabbia, e dopo averlo bene mondato si pone a cuocere entro una pentola con acqua e sale con sellero ed una cipolla steccata di cannel-la. La sua salsa nel servirlo sarà di gialli d’uova stemperati con poche goccie di limone e con poco brodo, e si serve a tavola.

n. 104ARROSTO DI CAPITONE

Se il capitone è di mare, ed è grosso, gli si toglie scorticandolo la pelle; s’è di fiume o di lago sarà molto meglio. Si tagli a giusti pezzi, e si condisca di olio, di sale, e di poco agro di limone e di semi di finocchi. Indi s’infila allo spiedo tramezzato di fronde di lauro, e si fa cuocere bagnandolo collo stesso suo con-dimento.

n. 111PATATE AL BUTIRO

Si mettono a cuocere le patate frà la brace, e cotte si puliscono della loro pelle, si fettano, e si acco-modano nel piatto, tramezzate di ottimo formag-gio parmigiano grattato e coperto di liquefatto butiro: così preparate si fanno raggrigliare a len-to grado di forno, e si servono calde.

n. 106CAVOLO FIORE ALLALODIGIANA

Bolliti per poco in acqua con sale i cavoli fiori, si passeranno in brodo condito di butirro, petrose-molo e sale. Dopo compiuta la cottura si accomo-deranno nel piatto. Si farà quindi un sapore col latte, butiro, gialli d’uova, e parmigiano grattato, ponendolo a cuo-cere finchè sarà arrivato a giusta densità. Giunto alla cottura si verserà sopra i cavoli fiori caldi.

n. 108ARROSTO DI CINGHIALE Si prende un pezzo di cinghiale e vi si conficcano i lardelli, e per una notte si lascia in adobbo di aceto, sale, agli schiacciati, fronde di lardo trite, garofani e cannella grossamente pesta, ed olio.La mattina presso le ore del pranzo s'infila allo spiedo e si fa cuocere a lento fuoco. Bisogna un-tarlo con olio e con l'adobbo già detto.Cotto si servirà con insalata.

Page 18: Il Gusto... della Vita - Dicembre 2010
Page 19: Il Gusto... della Vita - Dicembre 2010

17 della vita

...Ai fornelli

Chef Maurizio DomiziOriginario di Pollenza, giovanissimo entra nel settore della ristorazione come cameriere di sala in un ristorante di Porto Recanati. Nel 1988 apre il ristorante “Sandro e Maurizio” con un socio che si occupa della cucina mentre lui dirige la sala. Dopo una breve esperienza presso “Villa Castellani” a Mogliano, nel 1996 decide di aprire il ristorante - pizzeria “Antiche Mura” al centro storico di Treia con la moglie Milena.è qui che inizia la sua carriera in cucina. Segue diversi corsi di specializzazione presso l’Etoile a Chioggia e dopo dieci anni, puntando soprattutto sulla cucina del territorio, apre l’Osteria Cantagallo a Pollenza, dove dal giovedì propone piatti della tradizione regionale. Ecco le sue proposte per un menù particolare, ma di facile realizzazione.Buon appetito a tutti!

Ingredienti per 6 persone:per la pasta:• 500 gr farina• 2 uova intere• 1 dl di latte• sale

per il sugo:• 150 gr cavolfiore• 1 patata• 5 alici sott’olio• 10 capperi• 10 pomodorini• 150 gr pancetta arrotolata• 20 pinoli tostati30 gr spinaci

PROCEDIMENTO:Impastare insieme le uova, la farina, il latte e un pizzico di sale fino ad ottenere un impasto piuttosto duro. Inserire la massa così ottenuta nel tritacarne, non munito di coltelli, e molto lentamente fare i maccheroni e lasciarli riposare per 5 minuti.Nel frattempo preparare il sugo. Far soffriggere in un po’ d’olio extravergine d’oliva le alici e i capperi. Aggiungere la patata precedentemente bollita e tagliata a dadini, il cavol-fiore bollito e spezzettato, gli spinaci bolliti e un po’ d’acqua. Cuocere per alcuni minuti, aggiustare di sale e alla fine met-tere i pomodorini tagliati a metà e i pinoli. Nel frattempo, in una padella antiaderente, rendere croccante la pancetta tagliata a striscioline.Lessare in acqua bollente e salata i maccheroni e dopo averli scolati, saltare nella padella con il sugo, metterli nel piatto da portata e disporre sopra il guanciale croccante.

Maccheroni al Torchio con Verdure e Guanciale Croccante

Page 20: Il Gusto... della Vita - Dicembre 2010

18 il Gusto...

Ingredienti per 6 persone:• 3 filetti di maiale (circa 1kg)• 12 fettine di lardo aromatizzato• 6 cucchiai di panna fresca• 3 patate medie• 100 gr burro• Varnelli• origano• sale

PROCEDIMENTO:Soffriggere in una padella antiaderente i filetti di maiale precedentemente salati, pepati ed arrotolati nelle fettine di lardo. Prendere un’altra padella, aggiungere 3 spruzzate di Varnelli e i filetti di cui sopra; fare evaporare, mettere un po’ d’acqua, la panna fresca, il burro e far cuocere per 10 minuti.Nel frattempo tagliare a fettine di mezzo cm di spessore le patate sbucciate. Disporre in una teglia rivestita di carta da forno le fettine di patate in 5 strati ognuno dei quali salati e pepati. Alla fine aggiungere un filo d’olio extravergine d’oli-va e un pizzico d’origano.Infornare a 180° C per 10 minuti.Tagliare a fettine di 3 cm di spessore i filetti di maiale; im-piattare, mettere sopra la salsa ed accanto il millefoglie di patate.

...Ai fornelli

Bocconcini di Filetto di Maialeal Varnellicon Millefoglie di Patate

Ingredienti per 6 persone:per il semifreddo: • 2 uova intere• 150 gr torrone mandorlato• 75 gr zucchero• 200 gr panna fresca

per la salsa: • 125 gr acqua• 175 gr zucchero• 150 gr cioccolato fondente• 75 gr panna fresca• 50 gr cacao amaro

Semifreddo al Torroncinocon Salsa al Cioccolato

PROCEDIMENTO:Montare i tuorli con lo zucchero; a parte montare a neve gli albumi con un pizzico di sale. Unire i due composti, aggiungere 80 gr di torrone finemente sminuzzato e poi la panna fresca montata. Mettere in stampini monodose e riporre in freezer per circa 4 ore.Far bollire in una padella l’acqua e lo zucchero, aggiungere il cacao e cuocere per 2 minuti. A fornello spento aggiungere il cioccolato precedentemente sminuzzato e, una volta squa-gliato, la panna fresca montata.Togliere gli stampini dal freezer, immergerli nell’acqua calda, capovolgerli sul piatto e deco-rare con la salsa al cioccolato calda e il restante torrone.

Page 21: Il Gusto... della Vita - Dicembre 2010

19 della vita

...Le Spezie

tra i vari tipi, conosciamo i frutti della pianta del pepe nero (Piper nigrum), del pepe ver-de, di quello bianco e di quello rosa, le cui bacche provengono da un albero dell'america del sud. Il pepe fu usato come spezia in India sin dalla prei-storia e la sua antichità è dimostrata ed indiscus-sa. Basti pensare che del pepe nero fu trovato in una mummia e più esattamente nella narice di quella del faraone Ramesse II, vissuto 13 secoli prima della nascita di Gesù Cristo. originaria-mente fu coltivato nell’India meridionale e per secoli venezia possedette il monopolio del com-mercio di questa spezia così preziosa che, per il suo pregio, venne anche chiamato “l'oro nero”.

essa era conosciuta anche nell’antica Grecia, anche se era poco diffusa e molto costosa, tanto che solo i ricchi potevano disporne. anche gli antichi romani conoscevano il pepe di cui facevano grande uso. plinio il vecchio nella sua “Naturalis Historia” scrisse che a Roma, nel pri-mo secolo dopo Cristo, il pepe bianco costava 18 denari al chilogrammo ed il pepe nero soltanto 9 denari. Il pepe aveva una così alta quotazione da essere spesso usato come valore di scambio nei mercati finanziari e spesso addirittura come mo-neta. si dice che sia l'Unno attila che il visigoto alarico, quando assediarono Roma nel v secolo, chiedessero per la salvezza della città un riscatto di oltre una tonnellata di pepe. esso veniva usato largamente come antibatterico anche se, pur es-sendo vero che la piperina, la sostanza che dona al pepe la sua piccantezza, ha alcune proprietà antimicrobiche, è altrettanto vero che la concen-trazione allora usata aveva uno scarsissimo effet-to terapeutico. tuttavia il pepe nero figura spesso nelle ricette di medicina in India e in siria, dove nel v secolo veniva prescritto per varie malattie dalla costipazione, alla diarrea, dal mal d'orec-chio, alle malattie di cuore, ecc.

abbiamo accennato al fatto che il pepe riceve la sua piccantezza quasi completamente da un alcaloide denominato “piperina”, sostanza

questa che si trova sia nella polpa che nel seme. la piperina raffinata è piccante circa l'uno per cento rispetto alla capsaicina contenuta nei peperon-cini. la polpa, che viene lasciata nel pepe nero, contiene anche importanti aromi quali: terpene, pinene, sabinene, limonene e caryophyllene che danno sapore di limone, di legno e di fiori.

Questi profumi sono molto ridotti nel pepe bianco in quanto completamente privo del-la polpa. Il pepe bianco può contenere altri sa-pori a causa della lunga fermentazione e, in ge-nerale, questa spezia perde sapore ed aroma per evaporazione, pertanto la conservazione sotto vuoto aiuta a mantenere più a lungo la sua origi-nale fragranza. essa perde sapore anche quando viene esposta alla luce, a causa della trasforma-zione della piperina. Il pepe macinato perde su-bito il suo aroma e pertanto le ricette di cucina raccomandano di macinare il pepe al momento. Macina-pepe manuali vengono usati per macina-re la spezia sia a tavola che in cucina. Macinini si rinvenirono nelle cucine europee sin dal XIv secolo ma il mortaio ed il pestello usati in prece-denza rimasero in uso ancora per secoli. Il pepe è usato in tutto il mondo come condimento da ta-vola e per insaporire tutti i tipi di piatti salati; i grani interi si usano nei brodi, nelle miscele per salamoia, in alcuni salami e salsicce.

Il pepe bianco sostituisce quello nero nelle salse bianche ma solo per un fatto estetico; i grani di pepe verde invece, più teneri, schiac-ciati si aggiungono a burro, salse alla panna per pesce, anatra, pollame e filetti di manzo. Il pepe è stimolante, tonico e antibatterico. la piperina che contiene, irrita la mucosa dello stomaco, ma nel contempo attiva la salivazione e la produzio-ne di succhi gastrici, aiutando notevolmente la digestione. nell’antichità a causa di tutte queste sue proprietà, non solo veniva usato come medi-cinale, ma anche come afrodisiaco sotto forma di decotto assieme ad altre spezie, ad altri aromi come la vaniglia ed al tabacco.

Il pepeRe delle spezie.di Daniele Malvestiti

Il pepe è una specie botanica usata come spezia e nel lontano passato anche come medicamento. Appartiene alla famiglia delle Piperaceae, tra le quali possiamo distinguere il Piper nigrum, il cubeba, l’officinarum e il longum.

Page 22: Il Gusto... della Vita - Dicembre 2010

...Merano Wine Festival

20 il Gusto...

MERANOè sceso il sipario sulla diciannovesima edizione del Winefestival&Gourmet Una edizione dai grandi numeri che ha visto protagoniste le aziende del Fermano con i loro prodotti, definiti dalla stampa locale “vere e proprie eccellenze della gastronomia”. Il maestro Giorgio Nardelli, uno degli chef italiani conosciuti in tutto il mondo ha preparato, una degustazione dei maccheroncini de “La Campofilone”, con salsa di tartufo della “Feliziani” che ha catalizzato l'attenzione di moltissimi ospiti tra cui produttori italiani e stranieri. A ruba le ol ive al l 'ascolana del la “Pasta da Sergio, come le acciughe salate e mar inate del l 'Euromar. Grandiss ima la cur ios ità e l 'at tenz ione per i l v ino cotto di Massimo Germani (per la pr ima volta al Winefest ival), come per la grandiss ima var ietà di miel i del l 'az ienda Del Gat to. I sa lumi d i Ci r iaci , d i Lu ig i Recchi e del l 'az ienda Cinque Ghiande, hanno conquistato i palat i d i mig l ia ia di persone che s i sono informate su l le “tecniche” di produz ione e sugl i a l levamenti . Le marmel late del la Moret ta, vere special i tà, sono andate a ruba per

la soddis faz ione dei più ghiott i , mentre le galant ine di Bacal in i, soprattut to i l “Coscio” al forno (un cotto di assoluto pregio) sono state gettonat iss ime dai buongustai a ltoates in i e st ranier i . Cur ios ità ed apprez zamenti anche per le carni a lternat ive (cinghiale, s t ruz zo, piccione, ecc.) del la “Aras” e per i var i o l i ext ravergine di o l iva del Frantoio Agost in i. D if f ici le, se non imposs ib i le, r ipor tare i commenti degl i ospit i che s i sono documentat i anche su l ter r i tor io del la nuova Provincia e su l le a lt re produz ioni d i eccel lenza dei d ist ret t i manifattur ier i . Questo

Le Ferm

anelle

Serata Inaugurale Merano WineFestival "Vin & Chapeau" Helmuth Köcher - Nazzareno Di Chiara - Graziano di Battista

Kurhaus e Passirio

Page 23: Il Gusto... della Vita - Dicembre 2010

21 della vita

perchè le migl ia ia di present i hanno potuto ammirare anche scarpe, borse, g ioiel l i , pel let ter iaa e g l i abit i real i z zat i dagl i a l l ievi del la sez ione moda del l ' I s t i tuto Profess ionale Ost i l io Ricci d i Fermo ( indossat i da bel l i s s imee model le local i), e per i due costumi stor ici del la Cavalcata del l 'Assunta (anche quest i creaz ioni del ' I s t i tuto fermano) che hanno fatto calare i v i s i tator i nel la stor ia del la cit tà capoluogo. Fa re ogg i un b i lancio de l la p resenza de l Fe r mano a Merano, non è faci le. Ma la p r ima impress ione, da i comment i de l le I s t i tuz ion i p resent i e d i quanto asco l tato da l s indaco d i Merano, da l p res idente de l Gour met e da i comment i e la s tampa loca le, s i può af fe r mare che tut to, nonostante a lcune d i f f ico l tà dovute a l la complessa o rgan i z zaz ione, i l b i lancio deve r i tener s i p iù che sodd i s facente.

...Merano Wine Festival

Sgombro marinato con insalata di finocchio, arancio e giardinettadi verdure

Team degli chef - serata inaugurale "Vin & Chapeau"

Page 24: Il Gusto... della Vita - Dicembre 2010

22 il Gusto...

Durante il tragitto, in un pa-esaggio tipicamente toscano, la visuale si aprì tra alberi e case, una grande costruzione moderna rossa e bianca mi si stagliò davanti, ero arrivata al Polo. Entrando, accolta in una piazzetta graziosa e silen-te, mi orientai a naso e sulla sinistra vidi delle vetrine interessanti e sfizio-se che forse potevavo fare al caso mio.

In quel periodo il farro era un tormentone per me e alcune mie amiche con cui si cercava di seguire l'alimentazione di santa Hildegarda, religiosa benedettina vissuta nel ter-ritorio germanico dell'Assia-Renania nel XII secolo, incentrata appunto sul farro come alimento base; vole-vo provare a preparare l'Habermus per colazione, una di quelle ricette complesse (con farro, mela cotta, miele, mandorle, cannella e spezie), la cui bontà non riesce a compen-sare la lunghezza, e che quindi è destinata a essere presto abbando-nata, soprattutto la mattina appena alzati quando la pazienza e il tem-po sono decisamente ridotti. Però in quel momento ancora non lo pote-vo sapere, e sotto effetto dell'inna-moramento, il farro era il mio unico pensiero...

Sugli scaffali di legno, nu-merosi prodotti esposti, e tra questi proprio il farro: trovato! Mi soffermai

sull'etichetta: "Terre di Loppiano. È più di un progetto è una filosofia". Trovai molto interessante questa cosa, e purtroppo per il mio ago-gnato cereale qualcos'altro comin-ciò ad attirare la mia attenzione: l'alimentazione e la filosofia in colle-gamento tra loro.

Pian piano il mio sguardo si allargò risalendo dal singolo prodot-to che tenevo tra le mani, a ciò che si nascondeva dietro di esso: un pro-getto, una detereminata concezio-ne di Essere e produrre nel Mercato, che lessi essere quella dell'Economia di Comunione.

Da quel momento improvvi-samente percepii Loppiano in modo nuovo ripensando a tutti i prati, ai campi coltivati, alle colline, ai vi-gneti, agli ulivi che avevo visto co-lorare il piccolo territorio e ricordai quell'espressione che tanto mi aveva colpito di Loppiano come “Monaste-ro moderno”: una città internaziona-le concepita come centro di cultura in tutti i campi dell'umano; luogo di vita, di studio, ma anche di attività produttive, che fosse, però aperto e in dialogo col mondo, e che soprat-tutto rispecchiasse in questi aspetti la spiritualità lì vissuta, proprio come nel Medioevo.

E nel caso di questo partico-lare monastero "aggiornato", il cuore pulsante di ogni relazione e attività è l' "Amore Reciproco", che alimen-ta anche la dimensione economica stessa. Un cereale tradizionale, una filosofia collegata ad una spirituali-tà, l'amore reciproco e l'economia: la storia cominciava a farsi interes-

sante. Per fortuna questi pezzi trova-rono ordine e spessore grazie ad un dialogo avuto con il signor Giorgio Balduzzi, presidente della società "Terre di Loppiano".

Tutto nacque dalla necessità di lavorare e far fruttare dei terreni che erano stati donati (dalla fami-glia Folonari) a Chiara Lubich e al Movimento dei Focolari e che nel 1964 diedero vita alla prima cittadel-la. Un lavoro di bonifica e di rimessa in produzione che ha coinvolto ini-zialmente persone interne al movi-mento e che ha dato vita nel 1973 alla Cooperativa Loppiano Prima.

Già dalla iniziale impostazio-ne dell'azienda, le basi erano quelle che sarebbero state di un'azienda di Economia di Comunione, tanto che quando, agli inizi degli anni no-vanta, visitando i quartieri poveri di San Paolo del Brasile, Chiara Lubich ebbe l'intuizione della necessità di una Economia nuova radicata nella cultura del dare, attenta ai bisogni dei poveri ma anche ad una loro educazione e reinserimento nelle dinamiche di reciprocità della vita civile, la fondatrice del Movimento dei Focolari citò come esperienza già praticata e fruttuosa quella sorta a Loppiano. Nel 2005 la cooperativa confluì nella più complessa e artico-lata azienda Fattoria Loppiano, una forma più adeguata alle differenti dinamiche e possibilità di lavorazio-ne e produzione, in un territorio sem-pre più vasto grazie al contributo di nuovi soci, arricchita ed ampliata anche nel settore dell'accoglien-za e del Turismo (in particolare dell' Agriturismo).

Tutto è cominciato perché cercavo(avevo bisogno) un po' di farro...

...Una bella storia

di Benedetta Curi

Mi avevano consigliato di andare al cosiddetto “Polo Lionello”, un centro commerciale un po' parti-colare, a poca distanza dalla cittadella di Loppiano, sopra Incisa Valdarno (FI), del Movimento dei Focolari, in cui mi trovavo per un breve soggiorno.

Page 25: Il Gusto... della Vita - Dicembre 2010

Con la nascita del Polo Lionello nel 2006, il cen-tro commerciale un po' particolare di cui sopra, che raccoglie al suo interno le aziende in Italia e nel Mondo aderenti al progetto dell' Economia di Comunione, si è data maggiore visibilità a questa realtà, con un punto vendita di tutti i prodotti, non solo della Fattoria Lop-piano ma anche delle altre aziende agro-alimentari di Economia di Comunione. Nasce così nel 2009 la società, che attualmen-te conta ca. 5000 soci, e il marchio "Terre di Loppiano", un nome che ricorda insieme all'originaria esperienza all'interno del movimento dei Focolari e della sua spiri-tualità, non solo un'appartenza territoriale, ma appun-to un modus di agire ecomomico che appartiene a tutti coloro che mettono al primo posto il rispetto della terra e dell'uomo.

Con questo marchio, infatti, viene etichettata una ricca varietà di prodotti, esposti nel punto ven-dita del Polo, e proposti con una grafica innovativa, arricchita anche da consigli e ricette; oltre quelli più tipicamente toscani, prodotti nelle terre di Loppiano e dintorni, come il farro e l'orzo, sottoforma anche di pa-sta, "orzotti" e "farrotti", e che ancora vengono coltivati secondo l'antica pratica del sovescio, olio, vino Chianti d.o.c.g. Biologico, Spumanti e Vin Santo, trovano spa-zio anche una vasta produzione di mieli, confetture dolci e agro-dolci, sughi, thè e tisane, dolcetti, biscotti e crostate di farro, come anche prodotti provenienti da aziende di Economia di Comunione di altri paesi, come il caffè della Colombia, cioccolato dell'Ecua-dor, e una linea di cosmesi naturale dall'Argentina.

Tutti i prodotti di "Terre di Loppiano" sono stret-tamente qualificati, sottoposti a numerosi controlli e la maggior parte è in possesso di certificazione biologi-ca. Vivere nel Mercato in una maniera nuova, in cui si mette in comunione parte dei profitti dell'azienda per aiutare le persone in difficoltà creando posti di lavoro, per diffondere la "cultura del dare" e "dell'amore", per guardare allo sviluppo dell'impresa, senza alimentare rapporti di concorrenza ma di reciproco aiuto e arric-chimento, non è semplice, e non è neanche il momen-to ottimale, dopo la crisi economica, mi disse lo stesso Giorgio Balduzzi; ma è proprio questo valore aggiunto, che sa di vita fraterna, di vita vera, (intuito inizialmente come possibile segno di speranza e cambiamento da un semplice ma profondo e ispirato sguardo d'amore. Sarebbe bello mettercelo ma la frase diventa troppo lunga), a colpire e ad essere accolto e riproposto da altre aziende in Italia e nel mondo, nonostante le diffi-coltà del momento.

Altri Poli sono nati, attualmente ve ne sono nove in differenti paesi. La distribuzione dei prodotti "Terre di Loppiano" passa anche attraverso ristoranti e nego-zi che ne fanno richiesta (uno ne esiste a Civitanova Marche), e inoltre da maggio è possibile anche l'e-commerce (www.terrediloppiano.com), per un con-tatto diretto col privato anche a distanza, attraverso il sito dell'Azienda. Segno visibile di un’attività feconda e coinvolgente che lascia il segno. Quale mondo mi si è improvvisamente aperto, e pensare che era tutto cominciato dal farro.

...Una bella storia

Page 26: Il Gusto... della Vita - Dicembre 2010

...La Pizza

di Renato Andrenelli

...La Pizza

24 il Gusto...

A Napoli agli inizi del '700, la pizza veniva confezionata in forni a legna e venduta per le strade e i vicoli della città: un garzone di bottega, portando in equilibrio sul capo la stufa, recava direttamente agli acquirenti le pizze ben calde da mangiare r ipiegate in quattro, avvisandoli del proprio arr ivo con sonori e caratteristici r ichiami. è con l’avvento del r istorante (dal francese " restaurant") cioè una struttura edile nella quale vengono serviti cibi e bevande varie, da consumare nel locale. I l termine ristorante comparve per la prima volta nel XVI secolo, con il significato di "un cibo che ristora", e si r iferiva specialmente ad una minestra r icca e di gusto raffinato. I l significato moderno del termine nacque attorno al 1765, quando un cuoco Parigino di nome Boulanger aprì un'attività di r istorazione. I l primo ristorante ad adottare la forma divenuta poi standard al giorno d'oggi (con i clienti seduti al proprio tavolo con la propria porzione, avendo inoltre la possibil ità di scegliere la portata da un menu, durante specifici orari di apertura) fu la Grand Taverne de Londres, fondata nel 1782 da un uomo di nome Antoine Beauvil l ier. Sembra che il nome sia derivato dal motto "venite e io vi r istorerò" affisso nel primo locale di questo tipo.

A cavallo tra i l '700 e l'800, grazie anche a questo nuovo modo di consumare i pasti e con il diffondersi sempre più di locali adibiti all’uopo, comincia ad affermarsi l 'abitudine di gustare la pizza presso i forni, oltre che per strada o in casa: nasce la pizzeria, inizialmente sotto forma di bancarella all'aperto e, successivamente, in locale in cui fermarsi a mangiare e conversare. Tutti frequentano questa tipologia di locale, i poveri perché esclusi dai banchetti signoril i per differenza di classe sociale, i nobili (di notte) non disdegnavano questi locali popolani dove potevano concedersi stravizi. Nel XIX secolo la r istorazione acquisisce sempre più prestigio, derivante dal fatto che il nuovo modulo del r istorante, permette un

nella ristorazioneLA PIZZA Oggi la pizza è considerata un prodotto necessario in tutte le forme di ristorazione. Ma non sempre, nel tempo, essa ha avuto uguale popolarità. Come tutti sanno nasce povera, serviva ad alimentare il popolo, alla pari del pane che entrava raramente nella tavola di Corte.

notevole contenimento della spesa e anche un minor spreco rispetto gli interminabili ed eccessivi pasti che le antiche corti offr ivano agli invitati.

Con l’avvento della diffusione di trasporti rapidi e del turismo di lusso si assiste ad un’evoluzione dell’arte della ristorazione, tanto da indurre professionisti del settore ad aprire alberghi di lusso per gli aristocratici e per la borghesia danarosa. I l divario tra r istorazione e pizzeria si allarga sempre più privilegiandone il r istorante. Ma lo sviluppo turistico automobilistico, che permette anche alla popolazione di spostarsi agevolmente fornisce un impulso all’incremento di trattorie, osterie, bar. Dalla seconda guerra mondiale in poi si crea un ulteriore divario nella r istorazione: vanno in crisi gli alberghi di lusso, i l r istorante va verso una ricerca sempre più esasperata della qualità, mentre la cucina regionale tipica e tradizionale r itorna in auge anche grazie a movimenti come lo Slow Food fondamentalmente orientati alla r ivalutazione delle tradizioni tipiche del terr itorio. Queste nuove frontiere della società moderna fanno esplodere il prodotto pizza, che per molti anni ha avuto un successo timido, costante, anche se vissuto all’ombra della r istorazione blasonata. A Milano, nel 1954, dove gli abitanti erano circa un milione e cinquecento mila, esistevano solo sette attività con l’uso di pizza. Negli anni settanta ed ottanta la presenza della pizza nella r istorazione diventa sempre più importante. Prolif icano le pizzerie, sia nelle grandi città che in provincia. Nello stesso periodo nasce la prima Associazione di Pizzaioli. Scoppia il boom della pizza, divenendo un fenomeno planetario. Quello che fino agli anni sessanta era considerato un mestiere r iservato a chi non aveva voglia di fare niente, l’ultima spiaggia prima della perdizione,fa divenire i l pizzaiolo un operatore r icercato, sempre più coccolato e ambiziosamente conteso, tanto da essere pari ad un grande chef. La pizza, sempre più, diventa importante nella compilazione dei

Page 27: Il Gusto... della Vita - Dicembre 2010

...La Pizza...La Pizza

25 della vita

Tempo di preparazione 10 minuti,tempo di cottura 2 / 5 minuti,temperatura del forno 350° C (a casa al max).

Gli ingredienti per una pizza:- 200 g pasta ben lievita- 80 g mozzarella- pomodorini n. 4- 200 g tagliata di manzo- 40 g rucola- 40 g parmigiano a scaglie- aceto balsamico- olio extra vergine di oliva- sale q.b.

Per la preparazione della pasta:vai alla pagina pizza a casa del sito wwwpizzamarche.com e troverai tutto il procedimento per un'ottima pizza fatta in casa.

Per gli ingredienti:disporre sul disco di pasta la mozzarella. Mettere al forno e cuocere. Nel frattempo preparare la tagliata di manzo cotta alla griglia. Farcire la pizza appena uscita dal forno con la rucola, la tagliata calda e decorare con pomodorini e parmigiano a piacere. Condire con sale e olio e dell’aceto balsamico (se piace). Servire ben calda.

Pizza Golosamenù del r istorante pizzeria, della pizzeria con l’uso di cucina. Nascono le prime forme di r istorazione veloce legate alla pizza e agli spaghetti, come pure pizzerie al taglio e da asporto. La pizza entra a pieno titolo in tutte le forme di r istorazione ed è elevata al rango di ambasciatrice della dieta mediterranea nel mondo.

Riconosciuta universal-mente dal comparto medico come la migliore dieta contro lo stress della vita moderna. Un grande successo annunciato, una conferma per la pizza che nel tempo ha destato curiosità, passione, amore per i suoi ingre-dienti ma anche per la versatil i -tà, i l modo e le modalità del suo util izzo. Recenti statistiche ci in-formano che appena nel 1993 le pizzerie classiche, con servizio al tavolo, erano in Italia 19.000 per giungere nel 2010 a 25.000, mentre circa 27.000 sono le piz-zerie senza servizio ai tavoli o in aggiunta ad altre attività. Pren-dendo per r iferimento sempre lo stesso periodo di tempo, l’inci-denza del prodotto pizza, nella r istorazione italiana, passa dal 29,6% del 1993 al 40% nell’anno 2010. Una conferma della sua r iconosciuta passione culinaria che da tutto i l mondo le si inneg-gia. Destinata nel tempo a con-fermarsi, ad giungersi anche nei menù dell’alta cucina, elaborata dall’abil ità dello chef, ma indub-biamente presente per accon-tentare i gusti di tutti i commen-sali siano loro abbienti o meno abbienti.

Page 28: Il Gusto... della Vita - Dicembre 2010

26 il Gusto...

Non è solo questione di casta-gne e di dolci, di acquaticcio e hot dog; v’è anche da predisporre un com-plesso e arduo sistema di accoglienza, perché le strade di accesso da Mon-tefalcone, Comunanza e Val di Ten-na saranno occupate dalle auto per quasi tre chilometri, in un andirivieni allegro e ordinato dei frequentatori. Il pittoresco trenino che negli anni scorsi ha fatto da navetta fra boschi e cam-pagne, quest’anno è stato sostituito da agili accoglienti pulmini. Ma c’è chi della castagnata smerillese non vuole perdersi nulla, proprio nulla; e allora, fin dalla sera prima, prende posto con il camper lungo il tracciato delle an-tiche mura. E sono tanti, dal paese a fin dove comincia il silenzio profondo e silvano della notte: una notte d’atte-sa, che sarà comunque meravigliosa, sia che brillino le infinite stelle di quel cielo, sia che l’aria sia fatta di nebbia; una nebbia che a Smerillo è comun-que bella e, quando c’è, completa il fascino misterioso della castagnata.

Le castagne frequentano an-che le nostre città, e non mancano certo le castagnate a valle. Del resto, chi non ha nostalgia delle caldarroste che si gustano a Roma, belle, grandi e calde, e costose, curate ad una ad una da affumicati folkloristici caldar-rostai?A Smerillo, tuttavia, le castagne sono più buone; perché sono profumate di altre percezioni, di altre parole, di al-tri significati. Gustando le castagne di Smerillo, al cospetto della montagna, si gusta la montagna, e non solo come pura evasione. «La montagna – scri-ve Francesco Tomatis in Filosofia della montagna – è altamente istruttiva, può suggerire soluzioni ai più complicati in-terrogativi filosofici o ai nostri problemi quotidiani non ritrovabili altrove. Che si voglian considerare questioni ecolo-giche, alpinistiche o educative, politi-che, religiose o esistenziali, alimentari,

LE CASTAGNEE IL GUSTO DELLA VITAnell’autunno di Smerillo

linguistiche o musicali, o tante altre ancora, la montagna non solo inse-gna, ma anche appassiona; perché in ogni modo la si percorra, da qualsiasi prospettiva la si veda, essa è sempre profondamente vera, secondo una ricchezza semplice e inesauribile, spe-rimentalmente esemplare per ciascun uomo e per tutte le creature».

«Ci sono – riflette lo scrittore Carlo Coccioli – cose essenziali, e altre che non lo sono. Forse vivere utilmente è imparare a distinguere fra le prime e le seconde. L’uomo lo impara rara-mente. C’è un involucro opaco intor-no agli esseri e alle cose e agli eventi. Forse è primordiale compito nostro la-cerare l’involucro. Quando ci si riesce, una lucidità cambia il mondo e la vita. E ciò che apparentemente è banale germina in meraviglie».

E Franco Arminio, pure lui scrit-tore, e poeta e paesologo, riferendosi proprio a Smerillo, annota: «Dove c’è poco in genere c’è molto. Le cose ti arrivano distinte, ti attraversano senza oltraggiarti e le attraversi con un filo di clemenza. Smerillo è un luogo pulito, un luogo senza aggiunte e mescola-menti. Come un albero, come un fiore. Tanto basta per avviarlo a una picco-la beatificazione. Tanto basta per farci pellegrini e andarlo a trovare».

«Quello che tròi magni», recita un rustico invito sopra un rustico stand il giorno della festa; ma qui veramente c’è di tutto, e non sai a che dar ret-ta. Ma per me dire castagnata è dire caldarroste, e lì mi fermo, insieme a un paio di bicchieri di acquaticcio. Egi-dio, il sindaco, di caldarroste me ne fa portare un bel sacchetto, croccanti e fumanti. E cominciamo una calda chiacchierata; poi chiama Cesare, che sta attizzando, tutto arroventato, un enorme braciere. Cesare è uno di quelli tosti, e

...Le Castagne

Le castagne sono buone. È un film di Pietro Germi con Gianni Morandi (1970). E devono esse-re buone veramente, se quando l’autunno si inoltra verso le lunghe notti, con le sue brume tinteggiate dal multiforme rosseggiare delle foglie che si estinguono, i riti delle castagnate punteggiano la vita dei nostri paesi. Quella che si vive ogni anno a Smerillo è di sicuro la più nota e gustosa, e quest’anno è la trentesima organizzata dal borgo sibillino.

di Giovanni Zamponi

Page 29: Il Gusto... della Vita - Dicembre 2010

pratica il pendolarismo pedestre: tutti i giorni, da Smerillo a Comunanza, e da Comunanza a Smeril-lo, in tuta da jogging per recarsi al lavoro, a piedi e di corsa, con «nubilo et sereno et onne tempo» (Cantico delle creature). Trenta chilometri fra anda-ta e ritorno. è entrato nella settima dècade, ma non decàde. «Ha battuto le castagne de notte», mi fa Egidio. «A luce de luna?» «Macché, co’ ’na luce su la testa». Come i minatori. Se qualcuno, all’oscuro di queste cose, ha intravisto la scena, horrifice ampli-ficata dalla cava ombra del silenzio, sarà scappato con le gambe sulle spalle; e avrà già messo in giro la storia del diavolo o del fantasma bacchiatore!

All’arrivo, di bella mattina, mi accoglie un’aria tenera, come quella cantata da Luciano Erba: «Aria, che tu sia ben tornata, / vieni da ore che non hanno data». Quest’aria, l’odore umido del sottobosco, le foglie avvizzite che piovono sulla strada, il tono generale dell’ambiente, tutto mi tra-smette qualcosa che ha sempre a che fare con la freschezza di un inizio; l’indizio di uno spirito di terra e di cielo che, respirando, infonde un po’ di voglia di vivere. Di gusto di vivere.

Andando via, sul far del crepuscolo, mi ac-compagnano i perenni versi di Virgilio: «Sunt nobis mitia poma, / castaneae molles et pressi copia lactis; / et iam summa procul villarum culmina fu-mant, / maioresque cadunt altis de montibus um-brae» (Abbiamo mele mature, / fresche castagne e abbondanza di latte cagliato; / lontano fumano i camini sui tetti delle ville / e vaste ombre cadono dalle alte montagne).

E mi giova Leopardi: «Nell’autunno par che il sole e gli oggetti sieno di un altro colore, le nubi d’un’altra forma, l’aria d’un altro sapore». Mentre De Gregori canta in sottofondo: «Mangiamo pane e castagne … / Ci sta una terra di nessuno / da qualche parte del cuore… / E ci si deve arrivare / aspettami ogni sera…».

...Le Castagne

Page 30: Il Gusto... della Vita - Dicembre 2010

28 il Gusto...

...Piatti della Tradizione

Prof. Stefano Isidori(sommelier AIS Sez. Fermo)

L’uso di pesci conservati era dovuto alla scarsità di sistemi di conservazione alternativi (frigo-riferi) e così, gli unici pesci possibili da consumare sulle alture collinari erano quelli essiccati, salati o con-servati sott’olio!

L’utilizzo del pescato fresco, che naturalmente anche in tempi remoti si trovava in collina, era riser-vato alle famiglie più nobili o dell’al-ta borghesia, che avevano possibi-lità economiche per acquistare le prelibatezze fresche, che date le difficoltà di conservazione, aveva-no prezzi proibitivi per il paesano, il mezzadro o il piccolo artigiano.Ecco allora che tutte le “Vergare” di quel tempo, avevano modi e usan-ze diverse per preparare piatti con questi pesci anche in base alle loro disponibilità o meglio in base alla possibilità di acquistare elementi preziosi per arricchire la prepara-zione.

A dire il vero, le ricette era-no di solito semplici, o perlomeno erano semplici gli ingredienti, pre-valentemente raccolti nell’orto o nei campi e conservati con quelle tecniche che erano proprie dei no-stri avi, le conserve di pomodoro a “bagnomaria”, le verdure sott’olio o sottaceto, oppure essiccati.E questa sembra proprio l’origine della ricetta che riporto e che mi ha concesso Nonna Blandina, simpati-ca signora del 1925, nata in un’umi-le casa contadina delle colline di Fermo e che, come si usava in quel periodo nelle famiglie meno ab-bienti, le prime figlie femmine, era-

LO STOCCAFISSO in Porchetta Fino ad alcuni decenni fa, sulle colline dell’entroterra fermano, lo Stoccafisso, così come gli altri pesci conservati (baccalà, sgombro sott’olio, arringhe, sarde, ecc.) era considerato l’alimento per i giorni di “magro”, cioè quelli dove la religione cattolica vietava il mangiare grasso, la carne.

no obbligate a casa ed impegnate nelle faccende domestiche fin dal-la tenera età, quando i genitori an-davano nei campi a lavorare.Ebbe la possibilità di studiare, ma solo fino alla seconda elementare, poi, all’età di otto anni, iniziò, per così dire, la sua attività lavorativa. Tutto quello che sa fare in cucina, lo ha appreso da sua madre, che a sua volta, lo apprese dalla sua e così via dicendo … questo mi indu-ce a pensare che la ricetta faccia parte di quella “Cultura Popolare” relativa ai nostri territori.

La ricetta dello Stoccafisso in Porchetta prevede l’utilizzo, ol-tre che del pesce, rigorosamente “Ragno” e almeno di due o tre chi-logrammi di peso, di tutto ciò che era a portata di mano in campa-gna, senza spendere altro denaro, quello che si poteva spendere era destinato allo Stocco!! E allora largo uso delle erbe aromatiche che cre-scevano spontanee nei nostri are-ali: rosmarino, timo, maggiorana, finocchio selvatico, aglio e cipolla conservate intrecciate nei sottotetti dei granai, olive in salamoia, pomo-dori a pezzi in vaso conservati a ba-gnomaria, pepe nero in grani (un po’ di quello comprato per la “sa-lata”) olio extravergine d’oliva (che forse non era proprio extravergine, perché era consuetudine utilizzare quello dell’anno precedente e per-ciò in avanzato stato di “irrancidi-mento”), e vino bianco del territo-rio (l’antenato del Falerio) ottenuto da un “melange” di uve trebbiano, malvasia, verdicchio, passerina e pecorino.

Era un piatto comunque considerato ricco, anche se il costo dello Stoccafisso era piuttosto basso, ma per quel tipo di sopravvivenza contadina, la spesa era importante. Era considerato il piatto tradizionale della cena della vigilia di Natale, e la preparazione avveniva rispettan-do scrupolosamente un rituale che in alcune famiglie, dove sopravvivo-no ancora ottuagenari, viene meti-colosamente rispettato!!

Il lavoro era ripartito in com-piti precisi e rituali, suddivisi in base alle competenze e le capacità, “lu Vergà” comprava e accudiva lo Stocco, trovava le erbe aromati-che, e “cacciava lo vì da la votte” e soprattutto assaggiava, durante la cottura, la preparazione. Il resto lo faceva la Vergara.Perciò, lo Stocco, comprato rigoro-samente secco, si teneva a “bagno” almeno per due settimane. Nella pri-ma, “lu Vergà” cambiava l’acqua, la mattina e la sera; nella seconda, il contenitore occupato dallo Stocco, era posto sotto il rubinetto costante-mente aperto a “filo”.

La mattina dell’antivigilia di Natale (il 23 dicembre), sempre Lui, andava nei campi a trovare il finocchio selvatico e le altre erbe aromatiche; la sera “la Vergara” iniziava la preparazione. Lo Stocco

Stoccafisso delle isole Lofoten / Norvegia.

Page 31: Il Gusto... della Vita - Dicembre 2010

...Piatti della Tradizione

era mondato e tagliato a tocchi (trance); poi venivano preparate tutte le erbe aromatiche, lavate e spezzet-tate a mano, si spellava la cipolla e l’aglio che poi ve-nivano tagliati grossolanamente. Si apriva il barattolo dei pomodori conservati a pezzi e quello delle olive in salamoia sciacquandole in abbondante acqua, si prendeva l’olio vecchio e il vino bianco.

Utilizzando una pentola alta in terracotta o, per quelli che l’avevano in acciaio, si iniziava a stratificare tutti gli ingredienti. Sul fondo si faceva una base con gli stecchi del finocchio, aglio, cipolla, pepe in grani, le altre erbe aromatiche, olio, pezzi di pomodoro, olive e infine lo stocco tagliato. Si continuava l’alternanza fino alla fine degli ingredienti e poi si colmava la pentola con il vino bianco e abbondante olio.

Il preparato era posto sul terrazzo e lasciato al freddo (specie di criomacerazione) per permettere alle erbe aromatiche di profumare i pezzi di Stocco, anche grazie alla presenza d’olio (le molecole odorife-re sono liposolubili).

Il giorno della Vigilia la Vergara si alzava di buon ora (le quattro), accendeva il fuoco e metteva la pen-tola su di esso fino a bollitura, poi abbassava la fiamma (chi aveva il gas) o allontanava la pentola dal fuoco e la poneva sulle braci, per mandare avanti la cottura, fino all’ora di pranzo. Qui si compieva un altro rito, quel-lo dell’assaggio da parte de lu Vergà! Perché il piatto si consumava a cena, però a pranzo si assaggiava per vedere se il condimento era giusto … Puntualmente lo Stocco risultava “sciapu” (insipido). La Vergara toglie-va la pentola dal fuoco, aggiungeva un pugno di sale grosso e imprecando usciva dalla cucina.

Nel pomeriggio, verso le cinque, si sistemava di nuovo la pentola sul fuoco, a bollore si allontanava o si abbassava la fiamma e si lasciava sobbollire fino all’ora di cena!!

Verso le otto tutta la famiglia si riuniva intorno al tavolo, dopo le preghiere di rito, la Vergara finalmente sistemava la ricca pentola sul desco, toglieva il coper-chio e la stanza si riempiva del fragrante aroma dello Stocco in Porchetta!

Buon appetito a tutti!

Page 32: Il Gusto... della Vita - Dicembre 2010
Page 33: Il Gusto... della Vita - Dicembre 2010

31 della vita

Sono i contadini, quelli di un tempo e non gli imprenditori agricoli di oggi, che hanno mantenuto vive le coltivazioni tradizionali che ora possiamo vantare. Si sa che l’agricoltura è cambiata e con essa il nostro modo di alimentarci. Spesso si rievocano i periodi in campagna quando la vita era più semplice e il pensiero più “genuino”. è forse vero che l’alimentazione era più sana perché non si spendevano soldi in sementi “speciali” e trattamenti di ogni sorta?. Si dava spazio a ciò che cresceva con naturalezza sul territorio perché assicurava il raccolto e quindi dava cibo alle famiglia numerose che lavoravano i campi. Le produzioni più rustiche, più radicate al territorio rappresentavano il cibo necessario al sostentamento quotidiano e non la prelibatezza.Molti prodotti, coltivati tempo fa, spesso snobbati ma oggi riscoperti e valorizzati, sono entrati a far parte della nostra alimentazione; la cicerchia, la roveja e le taccole, senza escludere il farro ne sono esempio. Nella Valle del Misa, a Serra Dè Conti, la volontà di pochi agricoltori di preservare tali prodotti, sta gratificando l’intero territorio.La cicerchia di Serra Dè Conti fà parlare di sé in maniera particolare dopo che lo Slow Food ne ha realizzato un Presidio, mezzo con cui ne ha favorito la tutela e l’incremento della produzione, attraverso un disciplinare che ne regola la coltivazione e la trasformazione. In principio quattro aziende, ora alcune in più, riunite nella Cooperativa "La Bona Usanza" dal 1998, (anno di nascita del Presidio), stanno producendo e distribuendo la “cicerchia di Serra Dè Conti”. Di antiche origini, già presente con molteplici varietà nelle zone del Medio Oriente e nel sud dell’Europa, oltre che nel centro-sud Italia comprese le Marche, la cicerchia ha sempre avuto poca importanza, al punto da essere abbandonata e dimenticata. Ogni contadino nel territorio di Serra Dè Conti, in primavera effettuava la semina abbinandola al granoturco così come avveniva per

di Meri RuggeriFiduciaria Slow Food Fermano

presidio: CICERCHIA DISERRA DE’ CONTI

fagioli e ceci. Nel mese di agosto raccoglieva ed essiccava al sole le piantine da cui poi si ricavava la granella, utile scorta per l’inverno visto l’elevato contenuto proteico (dal 25 al 27%). Con gli anni gli agricoltori, tra le varietà diffuse sul territorio, hanno selezionato le piante che meglio si adattavano riuscendo a recuperare una tipologia unica che si differenzia dalle altre, nonostante sia rimasta presente, una grande variabilità genetica. L’essere coltivazione marginale e per questo rustica, ne ha favorito la diffusione grazie alla capacità di adattamento al territorio, permettendo di ridurre gli interventi chimici ed avere coltivazioni in ambito biologico o di basso impatto ambientale. Le caratteristiche della Cicerchia di Serra Dè Conti sono quindi distinguibili e per questo oggetto del “Presidio Slow Food”. Il seme è di dimensioni medio-piccole con forma schiacciata, spigoli più o meno evidenti di colore giallo-grigiastro con sfumature marroni, buccia poco coriacea e un gusto meno amaro delle altre varietà; il numero medio di semi per baccello è 2,5. Analizzando l’utilizzo in cucina, non si può tralasciare il fatto che essendo una leguminosa, i processi per giungere alla cottura sono piuttosto lenti: un periodo di ammollo di circa 5 h infatti permette di raggiungere cotture ottimali in soli 40 minuti. Utilizzata principalmente per le zuppe, può essere macinata per ottenerne una farina da cui, la tradizione vuole si realizzino maltagliati o pappardelle condite con sughi di guanciale, innevati di pecorino locale. Localmente, su consiglio della citata Cooperativa di produttori, la cicerchia viene essiccata insieme a foglie di alloro e grani di pepe per assicurarne la conservazione. A voi la prova, con l’assoluta certezza che gustando un bel piatto di cicerchia, avrete riscoperto sapori dimenticati, che grazie all’impegno di alcuni appassionati, oggi resiste ai fenomeni di omologazione che attanagliano l’agroalimentare.

ZUPPA DI CICERCHIA CON CASTAGNE

Page 34: Il Gusto... della Vita - Dicembre 2010

32 il Gusto...

Ma quanti bei locali…dei Fiori. Si trova nei pressi dell’arena Europa. Entro. è un locale piccolo ma accogliente. 25 persone al massimo, tavolini quadrati, bell’esposizione di vini, ottimi i formaggi e i salumi. Prezzo onestissimo. Al bancone: due giovani. Un lui e una lei. Simpatici e pronti a raccontarti l’origine dei prodotti.

Benito Ricci ha riaperto la Tavernetta all’interno del suo ristorante di Magliano di Tenna e l’ha consacrata alla pizza. Io ne sono fanatico. Ci vado con conoscenti e godiamo della leggerezza e del sapore. Bravo, Ben!

Salgo a Montefalcone Appennino. Vorrei incontrare padre Marco Rubiu. è il parroco. Abbiamo fatto un convegno insieme sul tema della Cavalleria medievale. Lui ha parlato dei Templari. è un esperto di san Bernardo. è Cistercense. Non sta in canonica. Mi consolo con una ciambelle di mosto del vicino forno. Una delizia! Non la mangio tutta, perché scendendo voglio passare da quel Generi Alimentari che si trova al bivio con Monte San Martino: ha salsicce e salami di gran qualità. Il pane non vi dico!

è domenica mattina. Prima di andare a messa, voglio acquistare paste fresche. Dove? 180° gradi è una garanzia. Si trova a Fermo dirimpetto allo storico Istituto Montani. Nel pomeriggio ci torno per un tè e dolcetti. Tre giovedì fa ha ospitato un incontro tra la filosofia e il Gusto. Come faccio a non parlarne su Il Gusto… della Vita?

Sono a tavola con i miei, ora di cena. Sono un fan di Enrico Mentana e del su Tg su La7. Politicamente sono tempi difficili. Sarà per l’ora, ma i servizi televisivi abbondano di un gergo alimentare. I “bolliti” sono tra i più citati.

Saluti a tutti e che… Il Gusto… sia con voi.

di Adolfo Leoni

...Diario di bordo

Inizio dalla Locanda di san Rocco. Si trova a Fermo, sotto i portici del 1400 dedicati all’omonimo santo. Proprio sotto quei portici, in un giovedì d’estate, quando in piazza del Popolo c’era il tradizionale “mercatino”, ci realizzai un’intervista con Giorgio Gaber. Il Signor G si diceva estasiato del luogo.Beh, ai piedi del loggiato più antico c’è la Locanda di cui dicevo. Mio figlio Carlo mi ha rivelato che la frequenta il venerdì sera e qualche volta anche di sabato. Ci va con gli amici sangiorgesi. Che, incredibile a dirsi, risalgono la collina per frequentare un pub fermano. Significa che ne vale proprio la pena.Ci ho fatto caso: le sere dei fine settimana è sempre pieno. Ci sono andato, curioso, in un tardo pomeriggio. Sono entrato nelle due nuove stanze sopra l’originario locale. “Posso dare uno sguardo?”.“Certamente: s’accomodi.Prende qualcosa?”.Ottimo l’approccio. Capisco il buon risultato.

Lì, proprio a due passi, sotto gli stessi portici, c’è L’enoteca bar a vino. Un po’ vecchia trattoria, un po’ locale dei tempi andati, dal sapore di buono. E che cucina! Sempre pieno d’avventori.

Sicuramente il luogo porta bene. Perché a fianco dei portici del Quattrocento, ci sono quelli del Cinquecento. E c'è la Bottega degli Alimentari di Roberto Cognigni. A parte il fatto che ci trovi ogni ben di Dio, il sig. Roberto ha la cultura ed il gusto di raccontare la provenienza dei suoi prodotti. Mentre incarta o mentre si lava le mani dopo ogni taglio di prosciutto, offre informazioni delle aziende ed anche riferimenti turistici della città. Un po' salumaio un po' guida. Molto ospitale!!!

Mi sposto a Porto San Giorgio. Alcuni amici mi hanno segnalato il Caffè

Page 35: Il Gusto... della Vita - Dicembre 2010
Page 36: Il Gusto... della Vita - Dicembre 2010