· Il Governo Monti ha puntato molto per le me-die imprese sulla possibilità di finanziarsi...

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RIVISTA TRIMESTRALE DI INFORMAZIONE TECNICO-SCIENTIFICA 2 2012 www.rivistainnovare.com

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L’EDITORIALEPreparare il futuro ............................................................................................................... 5

ISTITUZIONI E PMI2012 nero. Produzione, ordini, fatturato e occupazione in calo ............ 10A caccia di pratiche di successo ............................................................................... 11Per costruire la rete ....................................................................................................... 14

ECONOMIA E MERCATOOpen innovation nel settore food & drink ........................................................ 16

DOVE NASCONO LE IDEERiuso e condivisione per accrescere occupazone e sostenibilità ......... 22

INNOVAZIONI & TECNOLOGIE You must try walking in the right shoes ................................................................ 26

INNOVARE CON LA FORMAZIONEUn’opportunità concreta di fare rete ................................................................... 28Un’esperienza di formazione sul luogo di lavoro in una PMI ................. 30Reti d’impresa un salto culturale .............................................................................. 36

MATERIALI INNOVATIVIIl futuro del PVC ............................................................................................................... 40

EVENTISolarexpo consolida il proprio profilo B2Bcon 52.500 visitatori ........................................................................................................ 42Green Econonomy e decrescita felice .................................................................. 44Spostare la prioritàDalla crescita del PIL alla crescita dell’occupazione ...................................... 45Infobusiness “fa luce” sui dati aziendali ................................................................. 46

LE PMI SANNO INNOVAREEccellenza “Made in Puglia” alla conquista del mondo ................................ 50Pelfa Group 30 anni di dedizione nella ricerca e nello sviluppo ........... 54Investire in tempi di crisi anche in Basilicata si può ................................... 56

DAL MONDO CONFAPIUna rete tra imprese ...................................................................................................... 58Check list ................................................................................................................................ 59I risultati dell’indagine congiunturale trimestrale ............................................. 60

PMI, EUROPA, RICERCALo sfruttamento dei risultati nei progetti di ricerca ...................................... 62Nuovo impulso al trasferimento tecnologico in Europa ............................ 64

SERVIZIO AI LETTORI 66

22012 SOMMARIO

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L’EDITORIALE

PREPARARE IL FUTURO

Non ho mai creduto a indovini e veggenti chesi professano in grado di prevedere il futuro.In ambito economico, poi, non solo ciò non

è possibile ma in taluni casi diventa persino difficileinterpretare il presente. L’incertezza e l’instabilità nonsono buone alleate del progresso di una nazione e,purtroppo, lo constatiamo ogni giorno sulla nostrapelle. Viviamo, infatti, in un paese dove la mancanza difiducia verso tutto e tutti si scontra paurosamentecon un’impellente necessità di cambiamento.

Affidarsi alla sfera di cristallo sperando in primis chela finanza smetta di divertirsi con il suo gioco preferi-to che si chiama “speculazione” è perlomeno azzarda-to e allora che fare? La risposta è semplice, dobbiamoprepararci un terreno più fertile dove far crescere lenostre idee o, in altre parole, costruire il futuro.

Ma non da soli. Che piccolo non sia più bello è sta-to ripetuto, giustamente, all’inverosimile sebbene oc-corra fare una constatazione. La dimensione aziendalein quanto tale non è sinonimo di “grandezza” sui mer-cati se dietro non ci sono dei seri progetti imprendi-toriali. Le aziende italiane sono di medie, piccole e pic-colissime dimensioni anche se spesso rappresentanodelle eccellenze.

È proprio da qui che bisogna ripartire. Le eccellen-ze nascono dalla genialità dei nostri imprenditori aiquali si chiede ora uno sforzo ulteriore probabilmen-te più pesante rispetto a tutti quelli fatti finora ancheperché entra in gioco il cambiamento culturale.

Come sostiene Enzo Rullani, docente di Economiadella Conoscenza e di Strategie di impresa presso laVenice International University di Venezia: “Gli impren-ditori devono convertire il loro ruolo da produttori di ogget-ti o di macchine trasferibili a produttori di idee, soluzioni ecompetenze”.

Questo significa realizzare prodotti più complessiche a monte richiedono una co-innovazione. Poiché lapeculiarità dei costruttori italiani è la specializzazionesu un singolo componente per realizzare un prodottocomplesso devono entrare a far parte di “reti”con al-tre aziende in grado di portare conoscenze comple-mentari. Il grande salto culturale sta proprio qua e conesso emerge una serie di problemi collaterali quali l’in-ternazionalizzazione, il cambio generazionale in azien-da e la formazione delle giovani leve.

Fabio Chiavieri

e tu..... cosa aspetti ? fai la scelta giusta !

scegli Zucchetti !

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ISTITUZIONI E PMI6 - 2/2012

Recentemente sia a livello governativo (dalluglio 2009), sia a livello regionale con la rea-lizzazione di specifici bandi, è stata prestata

molta attenzione ai contratti di rete d'impresa.Questa grande aspettativa era fondata sulla tra-

dizione del nostro territorio, costituito da un tes-suto produttivo di pmi che spesso si sono messe"in filiera" raggiungendo livelli di competitività, qua-lità e servizio impensabili in altri paesi e comun-que difficilmente replicabili in altri paesi di spiccatatradizione manifatturiera.

La stessa Germania per voce del precedenteCancelliere aveva proposto di studiare il "fenome-no nord-est" che non aveva giustificazioni macro-economiche per l'eccellenza raggiunta.

Quale miglior argomento proporreper uscire dalla crisi scoppiata nel 2008quello d'incentivare e promuovere l'ag-gregazione d'impresa al fine di "fare si-stema" in modo organico e recuperarespazio sul mercato?

Il ragionamento nella sua essenzialità risultava i-neccepibile e ad oggi non si giustificano, a fronte dicirca 6 milioni di imprese di varia natura e dimen-sione, un risultato di poco più di 300 contratti direte stipulati negli ultimi 3 anni.

Soprattutto perché qui si erano investite risor-se, anche economiche, in termini di agevolazionied incentivi per fronteggiare la crisi.

La giustificazione può essere quella che la cul-tura dell'imprenditore italiano è fatta di inventiva,dedizione e capacità di sacrifico; molto meno è ba-sata sulla capacità di aggregazione, sulla disponibi-lità di condividere esperienze e know how.

Insomma siamo, forse come è giusto che sia, unpochino accentratori e egoisti.

Ad avvalorare questa propensione ci sono an-che i dati relativi alle forme di equity aziendali.

Anche se negli ultimi anni le imprese hanno la-mentato fenomeni di credit crunch ingiustificato, ègiusto ricordare che molte pratiche di private e-quity (ingresso di capitali privati in aziende) si so-no arenate alla semplice richiesta di fornire i daticontabili ed i bilanci aziendali certificati.

Il Governo Monti ha puntato molto per le me-die imprese sulla possibilità di finanziarsi emetten-do bond sul mercato.

La sensazione è quella che si sia andati a scom-mettere in un settore dove c'è poca propensione

e che i benefici siano esclusivi di chi punterà spe-culativamente a cartolarizzare il debito aziendalee che poco serva alle pmi che invece lamentanoscarsità di risorse a fronte di piani industriali chiaried efficaci.

OSSERVATORIOSUI CONTRATTI DI RETE**

Analisi dei dati aggiornati al 14 maggio 2012

1. IntroduzioneIl Contratto di rete - istituito dalla Legge n.

33/2009 e perfezionato con la Legge sviluppo delluglio 2009 (Legge n. 99/2009) - tende a formaliz-zare un’innovativa modalità di aggregazione, in gra-do di superare alcuni nodi strutturali del nostro si-stema produttivo, imputabili prevalentemente allemodeste dimensioni aziendali.

Infatti il Contratto di rete altro non èche un contratto fra imprese, le qualicollaborano fra loro esercitando in co-mune alcune attività economiche, purmantenendo la propria soggettività giu-ridica ed autonomia operativa. Il Contrat-to di rete mira, quindi, a consentire ad aziende an-che geograficamente distanti, di aggregarsi, condi-videre know-how, investire in ricerca, avviare stra-tegie di sviluppo e di penetrazione di mercati este-ri, condividere risorse professionali qualificate; at-tività queste, che le imprese, soprattutto di microe piccole dimensioni, da sole non riuscirebbero arealizzare.

Il successo con cui questa specifica modalità diaggregazione è stata accolta da centinaia di impre-se, l’ampio utilizzo delle agevolazioni fiscali previ-ste nel luglio 2010, la sempre più stringente neces-sità di adottare strategie di innovazione sia di pro-cesso che di prodotto per mantenere quote dimercato, la crescente globalizzazione che spinge leimprese ad uscire dal localismo e ad affacciarsi sem-pre più verso mercati “lontani” sono tutti fattoriche tendono a rafforzare la convinzione che la re-te possa rappresentare un paradigmafortemente innovativo in grado didiffondersi e consolidarsi sempre più alivello settoriale e territoriale.

In considerazione di ciò ed al fine di favorirequesto processo, nella proposta di Disegno diLegge annuale per le micro, piccole e

CONTRATTI DI RETEL’ASPETTATIVA DELUSA

a cura diOriano Lanfranconi*

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INNOVARE 2/2012 - 7

medie imprese per l’anno 2012 saranno in-seriti alcuni articoli diretti ad estendere la portatadella normativa attualmente in vigore e iniziare unpercorso che possa concretizzarsi nella costitu-zione di Contratti di rete che potremmo definiredi “seconda generazione”, al fine di promuo-vere la creazione di reti sempre più stabili e terri-torialmente diffuse.

2. Una analisi quantitativa dei datiIn poco più di due anni (dalla fine di marzo 2010

al 14 maggio del 2012), sulla base delle più recentiindicazioni fornite da Unioncamere, sono stati rea-lizzati 333 Contratti di rete con un incre-mento del 34,3% rispetto al 2011 checoinvolgono poco meno di 1800 impresedistribuite in tutto il territorio italiano.

Dal prospetto che segue si può notare come visia stata una significativa accelerazione nella cre-scita dei Contratti di rete a partire dall’estate del-lo scorso anno, con un picco nell’ultimo quadrime-stre del 2011.

Tab. 1 – Il numero dei Contratti di rete(al 14 maggio 2012)

Periodo di stipula N. Contratti

Marzo-agosto 2010 ........................................ 6Settembre-dicembre 2010 .......................... 19Gennaio-aprile 2011 .................................... 29Maggio-agosto 2011...................................... 80Settembre-dicembre 2011 ........................ 114Gennaio-14 maggio 2012 ............................ 85Totale Contratti .......................................... 333

Fonte: Osservatorio Contratti di rete su dati Unioncamere

La maggior parte dei Contratti (233)vede coinvolte imprese operanti nellastessa regione, mentre è pari a poco meno di1/3 la quota di Contratti avente valenza interre-gionale; dei 100 Contratti interregionali, 17 si ca-ratterizzano per la copresenza di imprese ope-ranti nel Nord e nel Sud del Paese (indicati nelgrafico sottostante con la denominazione “NSinterregionale). I Contratti interregionali stipulatinei primi 5 mesi del 2012, rispetto a quelli stipulatinel biennio 2010-2011, sono cresciuti in manieralievemente superiore (+40,7%) al dato medio rela-tivo al totale dei Contratti (34,3%).

I Contratti regionali sono prevalente-mente presenti in Lombardia (58); se-guono la Toscana (28) ed il Veneto (24);la regione meridionale in cui si registra il maggiornumero di Contratti è la Puglia (15). La Lombardianel 2012 ha più che raddoppiato il numero di Con-tratti rispetto al biennio 2010-2011; sostenuta è sta-ta la crescita anche in Toscana.

Circa la metà dei Contratti ha unadensità bassa, ovvero è costituita da non più di3 imprese.

Graf. 1 – Tipologia dei contratti reteper riferimento regionale/interregionale

Tab. 2 – Distribuzione temporale dei Contratti di rete

2010-11 2012 Totale Variazione %

Interregionale 59 24 83 40,7

NS interregionale 13 4 17 30,8

Regionale 176 57 223 32,4

TOTALE 248 85 333 34,3

Fonte: Osservatorio Contratti di rete su dati Unioncamere

Graf. 2 – Tipologia dei contratti rete

Fonte: Osservatorio Contratti di rete su dati Unioncamereinterregionale NS interregionale regionale

interregionale

NS interregionale

regionale

83

17

233

Fonte: Osservatorio Contratti di rete su dati Unioncamere

Graf. 3 – I Contratti di rete per regioni

Fonte: Osservatorio Contratti di rete su dati Unioncamere

Fonte: Osservatorio Contratti di rete su dati Unioncamere

altabassa

media

116 72

145

Graf. 4 – I Contratti di rete per “dimensione”

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ISTITUZIONI E PMI8 - 2/2012

Nel 2012 si registra, rispetto al biennio 2010-2011, una maggiore incidenza dei Contratti didensità media (4-6 imprese) e alta (oltre 6 im-prese).

I Contratti a densità alta risultanomaggiormente concentrati in Toscanaed in Emilia-Romagna, mentre è il Venetoche si distingue per l’elevata concentrazione diContratti che vedono coinvolti al massimo treimprese.

Circa 1/3 dei Contratti di rete stipu-lati fa riferimento al comparto produt-tivo inerente ai Servizi alle imprese, acui fanno seguito, con una quota intorno al 10%ciascuno, quello relativo alle Infrastrutture/Co-struzioni e quello della Meccanica.

Delle 1.767 imprese1, 1.221 (ovveroil 69% del totale) sono costituite sottoforma di società di capitali (982 S.r.l., 239S.p.a.), 226 (ovvero il 13%) sono società di per-sone, 193 (circa l’11%) sono imprese individuali,100 (circa il 6%) sono società cooperative.

Quasi ¼ delle imprese aderenti ai Con-tratti di rete opera in Lombardia; oltrel’80% del totale è costituito da imprese settentrio-nali; gli incrementi dell’anno in corso sono più ri-levanti in Lombardia, Veneto, Piemonte e Toscana.

Al di là dei “numeri” qui presentati, oggettodi monitoraggio continuo da parte di questa Di-rezione, è in corso di svolgimento un’indagi-ne su circa 300 imprese che hanno a-derito ai Contratti di rete, con la finalitàdi cogliere una serie di aspetti di tipo qualitati-vo, tra cui, in particolare, le motivazioni che han-no spinto le imprese ad aderire a questa speci-fica modalità di aggregazione, i principali vantag-gi e svantaggi, le criticità.

I risultati dell’indagine saranno di-sponibili a breve e contribuiranno allavoro di approfondimento che sul te-ma sta svolgendo il Tavolo Permanen-te PMI.

Oriano Lanfranconi* Presidente Gruppo Giovani Imprenditori Confapi

** Ministero dello Sviluppo EconomicoDIPARTIMENTO PER L’IMPRESA E L’INTERNA-

ZIONALIZZAZIONEDIREZIONE GENERALE PER LE PICCOLE E ME-

DIE IMPRESE E GLI ENTI COOPERATIVIDiv. VIII PMI e Artigianato

Fonte: Osservatorio Contratti di rete su dati Unioncamere

Graf. 5 – I Contratti di rete per “dimensione”

Fonte: Osservatorio Contratti di rete su dati Unioncamere

Graf. 6 – I Contratti di rete per settore

Tab. 3 – I Contratti di rete per regione

Regione 2010-11 2012 Totale Var. %

Abruzzo 48 6 54 12,5

Basilicata 49 0 49 0,0

Calabria 24 0 24 0,0

Campania 52 2 54 3,8

Emilia Romagna 179 14 193 7,8

FriuliVenezia Giulia 49 9 58 18,4

Lazio 77 22 99 28,6

Liguria 19 1 20 5,3

Lombardia 211 209 420 99,1

Marche 81 12 93 14,8

Molise 3 1 4 33,3

Piemonte 60 26 86 43,3

Puglia 79 11 90 13,9

Sardegna 48 0 48 0,0

Sicilia 15 1 16 6,7

Toscana 219 83 302 37,9

TrentinoAlto Adige 18 0 18 0,0

Umbria 11 2 13 18,2

Veneto 103 56 159 54,4

TOTALE 1345 455 1800 33,8

Fonte: Osservatorio Contratti di rete su dati Unioncamere

1 Delle 1767 imprese coinvolte, 29 aderiscono a due distintiContratti, 1 impresa aderisce a tre Contratti.

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«Idati che arrivano dalle Piccole e Medie Im-prese parlano chiaro: i primi sei mesi del2012 sono andati male e i prossimi sei an-

dranno peggio. La necessità di mettere in praticaquanto indicato dal nostro Manifesto delle PMI sifa sempre più urgente». È il commento di Mas-simo Guerrini – Vicepresidente Vicario di A-PI Torino, la più importante e rappresentativaassociazione di PMI in Italia – alle ultime rileva-zioni sullo stato di salute delle PMI torinesi con-dotte dall’Ufficio Studi dell’Associazione.

«Per il secondo semestre consecutivo – diceGuerrini – le nostre imprese confermano una nuo-va battuta d’arresto dell’economia locale, registran-do negli ambiti osservati saldi negativi e in decisopeggioramento rispetto al periodo precedente».

Bastano pochi dati per capire. Nella primaparte del 2012 il 39,4% delle imprese manifat-turiere ha subìto un calo della produzione. Ilgrado di utilizzo degli impianti si riduce di 5,3punti percentuali. Sul fronte degli ordini e del

fatturato i dati mostrano un andamento anco-ra più preoccupante: i primi sono diminuiti peril 52,1% delle aziende, il secondo è sceso per il48,8% delle imprese.

«In maggiore sofferenza – spiega FabioSchena, Responsabile dell’Ufficio Studi di API– continuano a risultare le imprese che operano u-nicamente sul mercato domestico, risentendo dellapersistente debolezza della domanda interna. Maper il secondo semestre consecutivo l’intensità del-la fase recessiva continua a produrre i suoi effettianche sulle imprese esportatrici. A differenza diquanto è stato rilevato fino a dodici mesi fa (giu-gno 2011), infatti, per le PMI torinesi anchel’export, seppure in misura sensibilmen-te più contenuta, mostra segnali di ral-lentamento».

Forte anche il rallentamento degli in-vestimenti: solo il 26,4% delle impre-se ne ha realizzati di nuovi, prevalente-mente rivolti all’acquisto di impianti, macchina-

a cura diFabio Schena**

ISTITUZIONI E PMI10 - 2/2012

2012 NERO Produzione, ordini, fatturatoe occupazione in calo

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ri e attrezzature. «Sul fronte occupazionale – ag-giunge poi Schena – solo il 7,2% delle imprese haincrementato il numero degli addetti. Quasi un’a-zienda su quattro (il 24%) ha ridotto l’organico».

I dati mensili raccolti dall’Associazione met-tono in evidenza che nei primi 5 mesi del 2012,rispetto allo stesso periodo dell'anno prece-dente, il numero delle imprese che hanno ri-chiesto la Cassa Integrazione Ordinaria è au-mentato del 76%, con un sensibile picco regi-strato nel mese di maggio. Circa l’accesso al cre-dito, infine, nel corso del primo semestre il40,3% delle imprese ha avanzato richieste di fi-nanziamento a istituti di credito: due richiestesu tre sono state accolte.

Per il prossimo semestre prevalgono le pre-visioni di un maggior ricorso al debito bancariodi breve termine, (saldo previsionale pari a+15,7%), mentre si stimano minori richieste difinanziamento di media/lunga durata (saldo pre-visionale negativo pari a -6,4%).

Ma è per il secondo semestre del 2012 chele previsioni si aggravano.

«Le indicazioni espresse dagli imprenditori to-rinesi – dice infatti Guerrini – circa le previsio-ni sui principali indicatori economici non antici-pano alcun segnale di un’inversione di tendenza;al contrario, sono confermati i livelli considerevol-mente negativi che hanno caratterizzato il trenddegli ultimi due semestri. Basta pensare che il79,1% delle imprese esclude di realizzare nuoviinvestimenti».

INNOVARE 2/2012 - 11INNOVARE

a cura diAlberto Carpaneto* e Fabio Schena**

A CACCIA DI PRATICHEDI SUCCESSO Un’indagine sull’open innovation fra le imprese torinesi

Tabella 2 - Previsioni per il II° semestre 2012 - Valori %

IN AUMENTO STABILE IN DIMINUZIONE SALDIPREVISIONALI

Produzione 7,7 47,7 44,6 -36,9

Ordini 9,9 49,6 40,5 -30,6

Fatturato 10,4 44,8 44,8 -34,4

Occupazione 3,4 81,5 15,1 -11,8

Investimenti (programmazione di nuovi) Sì: 20,9 No: 79,1

Tabella - Andamento del I° semestre 2012 rispetto al semestre precedente - Valori %

IN AUMENTO STABILE IN DIMINUZIONE SALDO

PRODUZIONE 18,2 42,4 39,4 -21,2

ORDINI 15,1 32,8 52,1 -37,0

Ordini Italia 15,1 31,9 52,9 -37,8

Ordini estero UE 18,8 54,2 27,1 -8,3

Ordini estero extra UE 22,2 47,2 30,6 -8,3

FATTURATO 13,6 37,6 48,8 -35,2

Fatturato Italia 14,5 33,9 51,6 -37,1

Fatturato UE 21,3 48,9 29,8 -8,5

Fatturato extra UE 27,3 42,4 30,3 -3,0

OCCUPAZIONE 7,2 68,8 24,0 -16,8

ORE LAVORO STRAORDINARIO 5,0 42,0 53,0 -48,0

Cosa vuol dire in concreto fare innovazio-ne? Dotarsi di un tecnologia avanzata edistintiva, investire in ricerca & sviluppo,

tutelare la proprietà industriale… Assolutamentesì. C’è tuttavia un altro aspetto dell’innovazioneche è sempre più determinante. Alfonso Gambar-della, uno degli economisti italiani più lucidi e at-tenti, ha scritto: «gran parte degli aumenti di effi-cienza e produttività (…) dipendono da aspetti

meno visibili che hanno a che fare con il disegnoorganizzativo, le procedure, i sistemi di incentivi ecosì via» (A. Gambardella, Innovazione e Sviluppo,pag. 74-5, Milano 2009).

La dimensione gestionale dell’innova-zione è dunque fondamentale per un’azienda,come lo è la scelta strategica di concepire l’in-novazione in termini “aperti”, un ap-proccio che si sta dimostrando molto efficace

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ISTITUZIONI E PMI12 - 2/2012

nei contesti economici avanzati (cfr. H.W. Che-sbrough, The Era of Open Innovation, 2003).

L’innovazione è “open” quando è diffusa siaall’interno sia all’esterno dell’azienda: le sue“fonti” possono essere ovunque nell’organiz-zazione, le modalità di lavoro sono trasversalie “dal basso verso l’alto”, lo scambio con sog-getti esterni è molto intenso (filiera dei forni-tori, clienti chiave, centri di ricerca, competi-tor), la tutela del know-how è ispirata a un prin-cipio di non esclusività.

I vantaggi di questo approccio all’innova-zione sono molti, soprattutto per una piccolao media impresa italiana:

• maggiore quantità e qualità dell’innovazio-ne generata;

• più efficienza grazie alla divisione del lavo-ro fra i partner;

• ripartizione del costo dell’innovazione emaggiore capacità di investimento;

• migliore valorizzazione dal capitale umanointerno;

• maggiore visibilità esterna dell’azienda;Alla dimensione gestionale dell’inno-

vazione e alla open innovation, è dedicata l’in-dagine sul campo promossa dal centro di ricer-ca non profit Human+ con il supporto di APITorino, il finanziamento della Camera di Com-mercio di Torino e il contributo scientifico delPolitecnico di Torino (Dipartimento di Ingegne-ria gestionale).

Il progetto, che è attualmente in corso e siconcluderà entro dicembre 2012, coinvolge ungruppo di aziende dell’API Torino, monitorateda tempo dall’Osservatorio delle imprese in-novative della Camera di Commercio locale. O-biettivo principale è intercettare modi di gesti-re l’innovazione aperta che hanno dato buonirisultati in queste aziende e che quindi posso-no trovare applicazione altrove. La maggioran-za delle pratiche di management del-l’innovazione sono intersettoriali, non han-no quindi validità solo nel contesto dell’impre-sa che le ha sviluppate, ma sono trasferibili: per-ché re-inventare con fatica quello che altri han-no già scoperto con altrettanto impegno?

L’impostazione dell’intervento è fortementeapplicativa e si propone di generare benefici tan-gibili per almeno tre destinatari diversi:

1. le imprese, che avranno a disposizioneun set dettagliato di pratiche per gestire megliol’innovazione aperta;

2. i decisori locali (camere di commercio,provincie, regione, associazioni di categoria),che troveranno nella ricerca input precisi peroffrire servizi migliori a sostegno dell’innova-zione;

3. gli “operatori dell’innovazione”(società di consulenza aziendale, incubatorid’impresa, centri di formazione e business

school) che disporranno di un report sulle ten-denze in atto e le esperienze di successo riferi-to all’Italia.

La metodologia adottata è insolita: non sitratta di un classico studio statistico tramitequestionario, ma di un’indagine qualitativa sulcampo: ricercatori senior sono ospiti dell’azien-da coinvolta e hanno la possibilità di osservarlada vicino e soprattutto di incontrare più figureinterne (almeno quattro).

Grazie a questi incontri è possibile ascoltarele “storie di innovazione” (almeno nove per im-presa), veri e propri racconti spontanei di casie episodi raccolti dalla voce da chi ne è stato ilprotagonista o il testimone: l’imprenditore, ilmanagement, il personale. Questo approccio,denominato “story-telling”, ha il grandemerito di far emergere veramente che cosa l’a-zienda pensa, crede, decide …

I ricercatori predispongono successivamen-te un report personalizzato, che viene conse-gnato all’impresa e che tocca 4 dimensioni fon-damentali del fare innovazione aperta:

a) gli attori dell’innovazione (la rete direlazioni che l’impresa ha saputo costruire conil proprio personale e con soggetti esterni co-me i fornitori, i clienti chiave, le università e gliesperti di settore, la concorrenza);

b) la strategia complessiva di innova-zione (quali obiettivi ci si è prefissati, con qualeorizzonte temporale, con quale collegamentoal business);

c) il processo seguito (i passaggi operati-vi, i dispositivi organizzativi, le modalità di ge-stione delle persone, i ruoli attivati);

d) le ricadute dell’innovazione (i van-taggi generati, i vincoli e criticità incontrate, lerichieste future al sistema locale per svilupparemeglio la propria innovazione).

Il lavoro dei ricercatori non termina qui: se irisultati elaborati non fossero divulgati, un’in-dagine applicata di questo genere sarebbe pra-ticamente inutile. Nei prossimi mesi sarà dedi-cata una cura particolare per raggiungere i pub-blici destinatari (sistema delle imprese, decisorilocali, operatori dell’innovazione) con molte i-niziative di comunicazione.

Sono allo studio, insieme a tutti i partner chehanno raccolto con API Torino e Human+ que-sta sfida, tre canali di divulgazione:

• un sito web sull’innovazione aperta, chemetterà a disposizione il materiale raccolto;

• un convegno sul tema per ascoltare le te-stimonianze dirette delle imprese coinvolte;

• un report completo sulla ricerca a liberacircolazione, secondo gli standard CreativeCommons.

Alberto Carpaneto* Fondazione human plus

Fabio Schena**Api Torino

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Come sarà il tuo domanidipende dalle scelte di oggi.

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ISTITUZIONI E PMI14 - 2/2012

PER COSTRUIRE LA RETE

Alcune evidenze osservandola realtà dei fatti

a cura di Mauro Gattinoni*

Se la piccola dimensione delle im-prese può costituire un limite perintercettare alcune opportunità

oggi offerte dal mercato, allora il veico-lo più veloce per raggiungerle è l’aggre-gazione.

A sostegno del tema dell’aggregazio-ne si sono recentemente spesi diversisoggetti (accademici, politici, professio-nisti, consulenti) ciascuno con la pro-pria ricetta in grado di spiegare i bene-fici e l’opportunità del “mettersi insie-me”, oltre a suggerirne le modalità tecniche ed o-perative migliori.

In questa sede, noi proviamo ad affrontare il te-ma dal punto di vista delle imprese secondo due a-spetti: quali motivi spingono all’aggregazione; qualisono le evidenze empiriche alla base di un’aggrega-zione funzionante.

Perché le aziende si aggreganoOsserviamo tre motivi per cui le aziendesi uniscono: 1) per migliorare gli approvvigionamenti; 2) per migliore la propria presenza commerciale; 3) per fare innovazione.

Il primo caso (approvvigionamenti) è quello sto-ricamente più noto e, nel tempo, ha assunto la for-ma di consorzi o gruppi di acquisto. Generalmen-te si tratta di approvvigionamenti non strategici (e-sempio: energia) in cui, almeno nella fase iniziale,sussiste un ingente vantaggio di prezzo correlatoad una maggior quantità acquistata. Successiva-mente l’iniziale vantaggio di prezzo si tramuta invantaggio di servizio (know how di merito) chepermette di rimanere fidelizzati al gruppo, avendoquesto acquisito una esperienza ed una competen-za superiore rispetto a quella dei singoli.

Il secondo caso (presenza commer-ciale) è invece emerso con convinzionenegli ultimi 3-5 anni. In seguito alla pre-potente apertura dei mercati interna-zionali, la dimensione relativa della sin-gola azienda rispetto al potenziale con-testo di riferimento è andato improvvi-samente riducendosi. Parallelamente, icosti necessari per sostenere una pre-senza commerciale strutturata all’este-ro (fiere, concessionari, rete di vendita,distributori) sono cresciuti, e sarebbe-

ro insostenibili se una piccola azienda dovesse so-stenerli tutti, contemporaneamente, ex novo. Gio-coforza, quindi, lo sviluppo di un processo aggre-gativo per strutturare la presenza sui mercati e-steri tra imprese appartenenti alla medesima filie-ra (integrazione verticale) o del medesimo setto-re (integrazione orizzontale) o con prodotti com-plementari (completamento della gamma di offer-ta) o interessati al medesimo mercato (abbatti-mento dei costi commerciali, politiche di identitàvisiva e di marchio).

Il terzo caso è il più articolato e quindi il menotipizzabile. Se si tratta di innovazione di prodotto,allora si può assistere alla collaborazione tra azien-de appartenenti a settori diversi le quali collabora-no per la fornitura dei diversi componenti necessa-ri alla realizzazione del nuovo prodotto.

Questo, solitamente, avrà un nome ed un mar-chio autonomo, vivrà di vita propria, avrà una pro-pria identità di fronte al cliente finale indipenden-temente dalla distribuzione dei carichi di lavoro eamministrativi che retrostanno alla produzione delbene. Se si tratta di un’innovazione di processo odi una fase prototipale, anche i bandi pubblici pos-sono svolgere funzione di catalizzatore dell’aggre-gazione (sottoforma di Ati o Ats) con la possibilepartecipazione esterna di soggetti terzi quali cen-

Mauro GattinoniDirettore Api Lecco

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tri di ricerca o università. Successivamente a que-sta fase di start up, spesso il raggruppamento di im-prese dà origine ad una forma societaria autono-ma di tipologia classica (esempio: srl).

Come avviene un’aggregazioneCon finalità puramente descrittive e basandosi

sulla semplice osservazione del funzionamento del-la realtà, ci pare emergano cinque evidenze empiri-che che possono aiutarci a focalizzare il processoaggregativo (vedasi anche Puricelli, Economia e Ma-nagement, Sda Bocconi, 2/2011).

1) Un agente promotore. Le aziende (omeglio, gli imprenditori), pur avvertendo un desi-derio latente di “far qualcosa insieme”, difficilmen-te procedono aggregandosi per semplice sponta-neismo. Occorre un agente promotore, quale chesia, in grado di innescare la miccia, che si renda piùo meno formalmente coordinatore del gruppo esi accolli i rischi e le incertezze iniziali. Può trattar-si di un’azienda leader, di un esperto, di un’Asso-ciazione imprenditoriale. Quasi mai si tratta di unente pubblico.

2) Aggregazione “difensiva” tra deboli.Occorre essere chiari a questo proposito: le azien-de gradi e forti fanno acquisizioni, non aggregazio-ni; assorbono clienti, concorrenti o fornitori, noncostruiscono una rete. Non bisogna vergognarsinell’ammettere la condizione di “necessità” o didebolezza in cui versa ciascuna delle parti nelle fa-si iniziali. Il concetto dell’aggregazione difensiva, an-ziché offensiva, permette forse di orientare conmaggiore pacatezza e ponderazione le iniziali fasistrategiche, senza voli pindarici o attese sovradi-mensionate rispetto all’effettiva disponibilità ditempi e risorse. In questa fase occorre avviare unprocesso volto al superamento dell’individualismodel singolo imprenditore, pur nella costante garan-zia della propria autonomia.

3) Il territorio. Sebbene le reti di imprese, inlinea teorica, possono essere costituite da impreseovunque dislocate, la cui connessione può esseregarantita attraverso le reti dati, tuttavia, relativa-mente alle imprese manifatturiere, sono innegabili ivantaggi di prossimità. Ciò non solo per la praticaottimizzazione della logistica e dei costi di traspor-to per ciascuna delle fasi di lavorazione, ma soprat-tutto per coerenza della cultura imprenditoriale lo-cale, notorietà e reputazione dei soggetti (e quindisanzione sociale in caso di scorrettezze), sistemalocale di supporto alle imprese. In altri termini, leopportunità e i mega-trend di livello globale non an-nullano ma, al contrario, evidenziano l’opportunitàidentitaria locale quale fattore caratterizzante e dif-ferenziale dell’offerta.

4) Gradualità. La costruzione di una rete du-ratura non si improvvisa e non è uno strumento“alla moda” per ottenere visibilità a breve periodo.La volontà di spingere subito verso il massimo l’in-tensità dell’aggregazione possibile per ottenerne i

migliori risultati, si scontra con l’esigenza concretadi riconfermare quotidianamente la scelta dellostare insieme pur di fronte alle inevitabili difficoltàgestionali. Ciascun soggetto deve aver possibilitàdi rendersi conto in prima persona dei vantaggireali dell’aggregazione, e ciò non avviene certo conuna semplice presentazione di un business pland’impatto (pur necessario) ma con la maturazionegraduale e profonda di un’attitudine relazionale cheè diametralmente opposta alla pratica individualedell’imprenditore.

Un processo graduale permette inoltre di ricer-care il miglior strumento di governance della rete,oltre alla definizione contrattuale dell’assetto pro-prietario.

5) Riconoscibilità della singola impre-sa. Nessun imprenditore accetterebbe di essere“fagocitato” dalla rete: essenziale sarà quindi ga-rantire in ogni fase la visibilità identitaria delle sin-gole imprese.

Queste sono le evidenze empiriche raccolte sulcampo negli ultimi quattro anni. Il futuro, comesempre, è nelle mani delle imprese.

* Direttore Api Lecco

INNOVARE 2/2012 - 15

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ECONOMIA E MERCATO16 - 2/2012

La cosiddetta Open Innovation (OI, ossia lacrescente tendenza delle imprese a creareun sistema di collaborazioni con l’esterno

per scambiare e/o condividere tecnologie ecompetenze al fine di sviluppare innovazione)sembra essere una modalità strategica che con-duce a significativi risultati in termini di innova-zione. Anche il settore Food & Drink (d’ora inpoi FD) non sembra essere estraneo a questonuovo paradigma.

In questo articolo, si tenta di osservare ciòche accade nel settore FD, per mezzo di un'in-

dagine che ha coinvolto aziende provenienti datre paesi: Regno Unito, Italia e Spagna. Il concet-to di OI è investigato concentrandosi su due va-riabili che sono in grado di rappresentarlo: la va-rietà dei partner con i quali si avvia un rapportodi collaborazione (cioè la varietà di fonti ester-ne di informazioni e conoscenze) e la profonditàdel legame con essi.

In particolare, abbiamo cercato di dare rispo-sta a due domande di ricerca:

1. "Quale è il grado di apertura delle aziendein termini di varietà di partner e profondità del

a cura diValentina Lazzarotti e Raffaella Manzini*

OPEN INNOVATION NEL SETTORE

FOOD & DRINKTendenze e quali pratiche

in tre paesi europei

Caratteristiche aziendaliDimensioniInvestimenti in R&SSub settore di appartenenzaStrategia di innovazioneObiettivi perseguiti conaperturaStrategie e strumenti IPStruttura organizzativadi supportoAzioni manageriali di supportoMindset

Ambito competitivoStato della tecnologiaFattori di mercato

Grado di apertura dei processi di innovazione

Varietà di partnerProfondità del legame

Performanceinnovativa

Figura 1 – Le variabili rilevanti per spiegare il grado di apertura del processo di innovazione

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INNOVARE 2/2012 - 17

legame con essi?" 2. “Come si caratterizzano i cluster individua-

ti in termini di alcune variabili che appaiono co-me estremamente rilevanti quali, ad esempio, ladimensione dell’azienda, la strategia tecnologica,l’organizzazione interna e i risultati innovativiraggiunti? C’è una qualche relazione fra tali va-riabili e la propensione all’apertura del proces-so di innovazione da parte delle aziende?

Open innovation nel settore FDIl settore FD è uno dei più sviluppati in Eu-

ropa, con un fatturato annuo di circa € 956 mi-liardi, una percentuale elevata di piccole e me-die imprese (che generano la metà del fatturatototale dell'industria) e 4,1 milioni di dipendenti.I paesi più coinvolti sono la Francia, la Germania,l’Italia, il Regno Unito e la Spagna, che rappre-sentano quasi il 70% del fatturato totale dell'UE(Report FOODDRINK Europe 2011).

Le caratteristiche del processo di innovazio-ne nella FD possono essere così sintetizzate:

• il processo è di tipo demand-pull nel sensoche a stimolare l’innovazione sono le esigenzedei clienti;

• le capacità di marketing sono spesso mol-to più rilevanti delle competenze tecnologicheper conseguire innovazioni di successo, e, di con-seguenza, il livello di R & S non è molto elevato.Ciò è dovuto anche al fatto che la tecnologia èpiuttosto stabile e la sua dinamicità e turbolen-

za tradizionalmentesono molto limitate;

• l'innovazione èprevalentemente in-crementale, piuttostoche radicale, probabil-mente anche a causa divincoli sul lato della do-manda: i consumatorisono spesso prudentinelle loro scelte ali-mentari e possono ini-zialmente rifiutare pro-dotti radicalmentenuovi.

Se questi fattorivengono analizzati dalpunto di vista della let-teratura sull’Open In-novation, il FD appare come uno dei settori piùriluttanti all’apertura dei processi di innovazio-ne. Con l'eccezione della caratteristica demand-pull, che porta alla recente e forte tendenza acoinvolgere i clienti nel processo di innovazionein pratiche di co-creazione e quindi di apertura,tutte le altre sono infatti riconoscibili come fat-tori che ostacolano l’OI.

Inoltre, come mostrato nella Figura 1, la let-teratura mette in evidenza che, insieme alle ca-ratteristiche sopra richiamate, anche il sistemainterno a supporto delle collaborazioni è rile-

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vante per spiegare il grado di apertura. Con talesistema ci si riferisce all’insieme di strutture or-ganizzative (ad esempio, una specifica unità de-dicata all’ OI), alle azioni gestionali (ad esempio,alle procedure atte a favorire il technology scou-ting) alla mindset o cultura della collaborazione(ad esempio, la propensione dei dipendenti a la-vorare in team e a interagire tra di loro, anchese appartenenti a unità funzionali diverse). Tuttifattori, questi, capaci di incoraggiare o, all’oppo-sto, frenare la propensione all’apertura. Da quil’interesse nel presente articolo ad investigareanche il loro ruolo.

Infine, è stato osservato come il settore FDsia caratterizzato da significativi cambiamentituttora in corso, in grado probabilmente di ge-nerare nuovi atteggiamenti verso l’OI. Innanzi-tutto, due rivoluzioni tecnologiche principali so-no “all’opera” ormai da un certo tempo: da unaparte l’Information Technology, sta cambiandoradicalmente il modo in cui i clienti/consumato-ri interagiscono con le aziende; dall’altra, la dif-fusione della biotecnologia e della nanotecnolo-gia, che conduce a un più elevato dinamismo tec-nologico e all'esigenza di integrazione di tecno-logie differenti. In secondo luogo, il settore FD èsempre più influenzato dalla globalizzazione deimercati, con cicli di vita dei prodotti sempre piùbrevi e con la concorrenza delle cosiddette pri-vate label.

Questi cambiamenti sono driver potenzialiverso l'OI.

In sintesi, il FD è un settore in cui le aziendesono state tradizionalmente caratterizzate daun basso livello di apertura, mentre alcune ten-

denze tecnologiche e competitive più recenti lestanno spingendo ad aprire sempre più i loroprocessi di innovazione. Proprio per la mancan-za di evidenze univoche, nostro obiettivo è sta-to quello appunto di investigare la realtà delleimprese FD al fine di trarre alcune conclusionipiù solide sui comportamenti da esse effettiva-mente adottati.

MetodologiaIl campione è composto da aziende che ope-

rano nel Regno Unito (202 intervistati), Spagna(131) e Italia (123). Le aziende sono state sele-zionate in quanto appartenenti al settore FD se-condo i codici NAICS 2007 che hanno permes-so di identificare 12 sotto-settori, come ripor-tato nella Tabella 1 (possibile una scelta multiplada parte dei soggetti rispondenti).

Le variabili studiate sono quelle descritte inmodo sintetico nella Figura 1. Innanzitutto perrappresentare il grado di apertura, è stata defi-nita la variabile varietà di partner, sulla base del-la letteratura, ma con adattamento da parte de-gli autori già in loro studi precedenti. Essa consi-dera 8 fonti di conoscenza esterne (“universitàe centri di ricerca”; “imprese di servizio all’inno-vazione, i cosiddetti intermediari dell'innovazio-ne”; “enti di ricerca governativi”; “clienti”; “for-nitori”; “consumatori”; “concorrenti”; “aziendeche operano in altri settori”) e cerca di cogliere,in un intervallo di valori da 0 a 8, se i soggetti ri-spondenti abbiamo avviato o meno un rapportodi collaborazione con ciascuno di essi. La varia-bile assume, al limite inferiore, valore 0 se nes-sun partner è per così dire “attivato”, valore su-periore 8 se tutte le tipologie lo sono.

Poiché "avviare una collaborazione"non significa collaborare in senso pro-prio (cioè in modo strutturato, secondoil paradigma della OI), abbiamo introdot-to una seconda variabile al fine di rap-presentare meglio il grado di apertura:la profondità del legame con i partner. Inparticolare, per ogni tipologia di partnersopra richiamato abbiamo investigatol'intensità della collaborazione utilizzan-do una scala Likert a 7 categorie. Inoltre,abbiamo sintetizzato in una sola misurala profondità di collaborazione calcolan-do la media delle intensità di collabora-zione con ciascun partner (intervallo divalori con valore minimo 1 e valore mas-simo 7). Nell’analisi dei dati abbiamo poiutilizzato entrambe le misure di profon-dità: quella sintetica per identificare i clu-ster (gruppi di imprese simili), insiemealla variabile varietà di partner; quelledettagliate per singolo partner come va-riabili illustrative per descrivere i clusterottenuti.

Questi ultimi sono stati descritti an-

Tabella 1 – Composizione del campione e sotto-settori

Sotto-settori n. %

Salumi e prodotti a base di carne 66 12

Pesce e prodotti a base di pesce 37 7

Lavorazione e conservazione di frutta e verdura 60 11

Produzione di oli vegetali e animali 30 6

Prodotti lattiero-caseari 48 9

Fabbricazione di prodotti della macinazione,amidi e prodotti amidacei 20 4

Pane, torte e biscotti 52 10

Dolciario 54 10

Alimenti per animali 24 4

Fabbricazione di altri prodotti alimentari 52 10

Bevande alcoliche 66 12

Bevande analcoliche 34 6

Altro 0 0

Total 543 100

ECONOMIA E MERCATO18 - 2/2012

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INNOVARE 2/2012 - 19

che considerando tutte le altre variabili richia-mate in Figura 1, come sarà chiarito nel para-grafo seguente.

RisultatiTra i 456 intervistati, 286 hanno dichiarato di

collaborare in qualche modo rispondendo inmodo affermativo alla domanda di apertura delquestionario, nella quale il concetto di collabo-razione è stato definito in modo volutamenteampio: "si definisce collaborazione in attività diinnovazione, ogni relazione concernente la con-divisione del lavoro tra l'impresa e diversi part-ner lungo il processo di innovazione.

Secondo questa definizione, la collaborazionepuò fare riferimento ad attività comuni che por-tano a lievi modifiche di attuali prodotti, proces-

si o servizi, nonché a vere e proprie innovazionie prodotti, processi o servizi)”. Ciò ha portato a286 i nostri casi validi (108 dal Regno Unito, 92dalla Spagna, 84 in Italia).

Al fine di comprendere le similitudini e le dif-ferenze nel comportamento delle imprese si èproceduto con una cluster analysis sulla base del-le due variabili varietà di partner e la profonditàdel legame con i partner. La Tabella 2 mostra icluster emergenti: il primo (d’ora in poi cluster1) è costituito da 125 imprese ed è caratteriz-zato da un’elevata varietà di partner, ma da unaprofondità del legame bassa, il secondo (123 ca-si; d’ora in poi cluster 2) è molto aperto perchésia la varietà sia la profondità mostrano valori e-levati; infine , un piccolo gruppo (36 casi, cluster3) è "chiuso" rispetto a entrambe le variabili.

Una volta definiti i cluster, l’aspetto interes-sante è stato quello di descriverli considerandole variabili illustrative della Figura 1 e utilizzandogli usuali test parametrici. La caratterizzazionedei cluster sulla base di tali variabili dovrebbe in-fatti permettere di capire se esiste almeno uncollegamento tra il diverso grado di apertura deicluster analizzati e le variabili stesse. Senza lapretesa di assegnare a tali variabili il ruolo di fat-tori che spiegano in modo causale una certa scel-ta di apertura del processo di innovazione, già ilfatto che possa esistere una relazione è un pas-so in avanti per fare luce sui diversi modelli dicomportamento adottati dalle imprese.

Tabella 2 – Definizione dei cluster

Varietà Profonditàdi partner del legame

1 Media 6,42 3,6500

N 125 125

2 Media 7,85 5,6006

N 123 123

3 Media 3,33 2,4306

N 36 36

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La Tabella 3 riassume le principali differenzetra i cluster in base alle variabili di Figura 1.

Il cluster 2, quello più aperto, pare prevalen-temente popolato da aziende grandi, con inten-sità medio-alta di investimenti in R & S, apparte-nenti in prevalenza a due sotto-settori dove lavariabile tecnologica e il legame con le nuovetecnologie (bio e nano) sembra essere molto ri-levante. Passando a considerare il contesto com-petitivo, la dinamica percepita della variabile tec-nologica appare comunque più rilevante nel clu-ster 2, soprattutto per quanto riguarda l’aumen-to dei costi di sviluppo, mentre la percezione delrapido cambiamento nei gusti dei clienti/consu-matori sembra più simile nei tre gruppi.

Questo può essere appunto dovuto al fattoche le imprese del cluster 2 operano principal-mente in comparti tecnologici più impegnativi.In ogni caso, e qui torniamo alle caratteristicheaziendali, le aziende del cluster 2 sembrano rea-gire alle pressioni competitive adottando unastrategia di innovazione più aggressiva che lespinge alla ricerca di un leadership tecnologica eall’innovazione radicale.

Obiettivi-chiave perseguiti con l’apertura deiprocessi innovazione sono quelli di “espanderela base di competenza dell'azienda” e di “acce-dere a tecnologie avanzate”, rivelando unaprofondità di intenti legati alla collaborazionemaggiore di quella delle imprese dei cluster 1 e

3. Questa interpretazione trova ragione anchese si osservano le tipologie di partner con cui leimprese dei diversi cluster costruiscono unprofondo legame: le aziende del cluster 2 mo-strano una profondità di legame sia con i part-ner tradizionali (cioè i clienti, fornitori e consu-matori) sia con quelli idonei a fornire opportu-nità di progresso tecnologico ed espansione dicompetenze quali università, centri di ricerca, a-ziende operanti in altri settori. Le aziende delcluster 1 mostrano invece un profilo meno di-stante da quelle del cluster 2 solo per quanto ri-guarda i partner tradizionali.

Caratteristica peculiare delle aziende appar-tenenti al cluster 2 è inoltre la maggiore atten-zione alla definizione di un contesto organizza-tivo adatto alla gestione dell’apertura dei pro-cessi di innovazione: esistono unità organizzati-ve e ruoli dedicati allo scopo.

Più significative sono anche le azioni mana-geriali di supporto (strumenti di gestione e con-trollo delle collaborazioni). Una mentalità favo-revole alla collaborazione (mindset) emerge net-tamente nel cluster 2, probabilmente costruitanel tempo per costruire un approccio struttu-rato alla apertura.

Da ultimo, le imprese del cluster 2 rivelanoun raggiungimento degli obiettivi perseguiti (cioèuna performance) superiore su tutti gli elemen-ti investigati (introduzione di nuovi prodotti, di

ECONOMIA E MERCATO20 - 2/2012

Tabella 3 – Le principali caratteristiche dei tre cluster

Cluster 1 Cluster 2 Cluster 3Alta varietà Open ClosedBassa profondità

Paese di appartenenza Non ci sono differenze significative

Sotto-settori Prevalenza di sub-settori Lavorazione e conservazione di frutta e verdurae Prodotti a base di carne e relativi processi

Dimensioni (n. dipendenti) Prevalenza di grandi aziende nel cluster 2

Intensità investimenti in R&S Prevalenza di medio-alti investitori nel cluster 2

Ambiente competitivo aumento Media più alta e significativamente differente nel cluster 2 dei costi di sviluppo della tecnologia

Ambiente competitivo Differenze fra i cluster non significativeBisogni e preferenze dei clienti/consumatori rapidamente mutevoli

Strategia di innovazione Aziende del cluster 2 significativamente più “aggressive”

Obiettivo Livello di tali obiettivi significativamente maggiore in cluster 2Espandere la base di competenza dellʼazienda

Obiettivo Accedere a tecnologie avanzate Struttura organizzativa di supporto Unità e ruoli dedicati in cluster 2

Azioni manageriali di supporto Mediamente maggiori nel cluster 2

Mindset Atteggiamento molto favorevole solo nel cluster 2

Profondità di legame con il singolo partner Alta solo con i partner tradizionaliAlta con tutti i tipi di partner (clienti e fornitori)

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nuovi processi, riduzione di costi, rischi e tempidell’innovazione).

ConclusioniIl Food & Drink emerge come un settore sot-

toposto a crescenti pressioni verso l’aperturadei processi di innovazione. Dall'analisi di Che-sbrough (2003), che lo posizionava fra quelli abassa propensione verso l'OI, la situazione at-tuale sembra essere in forte cambiamento.

Non vi sono tra l’altro differenze nei risultatiosservati nei diversi paesi qui considerati, sug-gerendo che si tratta di tendenze presenti nonsolo in Italia.

Come suggerito dalla letteratura sul tema, uncerto ambito competitivo (es. dove la variabiletecnologica e il suo crescente costo così come irapidi cambiamenti nei bisogni e nelle preferen-ze dei clienti appaiono rilevanti), può incentiva-re la propensione all’apertura.

Ciò non dimostra l'intenzione di collaborarein modo strutturato, ma offre almeno un’indica-zione sulle tendenze in atto. È anche vero chesolo il gruppo 2 sembra essere molto aperto, nelsenso qui proposto, cioè tenendo in considera-zione anche la profondità o intensità di collabo-razione con diversi tipi di partner.

Al di là delle pressioni concorrenziali, la rea-zione strategica della singola azienda resta co-munque molto importante: porta o meno a ri-spondere alle sfide competitive e a progettare

le azioni gestionali e organizzative atte a favori-re il comportamento perseguito.

Valentina Lazzarotti e Raffaella Manzini* Università Carlo Cattaneo – LIUC

BibliografiaChesbrough H (2003), Open Innovation: the

New Imperative for Creating and Profiting fromTechnology, Harvard Business School Press, Bo-ston.

FOODDRINK Europe 2011, Report, availa-ble at www.fooddrinkeurope.eu

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L’affascinante dibattito che vede economi-sti di “rango”impegnati nell’individuazio-ne di ricette per rilanciare lo sviluppo, su-

scita apprensioni e dubbi, dal momento che ri-tengo, per fortuna in buona compagnia, che svi-luppo e progresso non siano sinonimi e neppu-re le due facce della stessa medaglia.

Sono invece del parere che da molti anni,purtroppo, si sia generata una profonda frattu-ra e che, almeno nel Nostro Paese, sviluppo(crescita) e progresso (consapevolezza) si sia-no mossi su traiettorie divergenti e l’estenuan-te dibattito sulla nostra caduta di produttività,sia diventato un alibi per non affrontare i verinodi che ci affliggono.

Infatti incrementi di produttività e innovazio-ne continua, da noi ultimamente così carenti, so-no un parametro per misurare il progresso e

definiscono una corrispondenza biunivoca di re-lazioni che può tendere all’ottimizzazione dellerisorse grazie alla loro riduzione a parità di pre-stazione fornita.

Questo presuppone una visione di medioperiodo che la finanziarizzazione dell’econo-mia ha rimosso, imponendo alle classi dirigentii suoi tempi e programmi che sono basati sul-l’urgenza delle attività e la crescita continuadella produzione,da delocalizzare in funzionedel costo del lavoro o della vicinanza ai merca-ti di sbocco.

Se questi fattori si integrano con la necessitàdi consumi che debbono necessariamente cre-scere con continuità, si comprende la ragionedella “dilatazione” dei debiti degli Stati,delle a-ziende e dei cittadini, che ha generato, comeconseguenza,oltre al depauperamento delle ri-

RIUSO E CONDIVISIONE PER ACCRESCEREOCCUPAZIONE E SOSTENIBILITÀ

a cura diLuigi Pastore

DOVE NASCONO LE IDEE22 - 2/2012

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INNOVARE 2/2012 - 23

sorse comuni, una riduzione dell’utilizzo di mer-ci/servizi e quindi una caduta di occupazione neipaesi “avanzati”.

Questa contraddizione in termini tra cresci-ta infinita e realtà finita, necessita di una nuovavalutazione paradigmatica che sappia vedere nelriuso e nell’uso condiviso una possibilità di con-ciliare l’inconciliabile.

Ovviamente questa scelta presuppone daparte dello Stato la predisposizione di un gran-de progetto che ponga al suo vertice attività chevedano gli investimenti previsti diffusi sul terri-torio e non centralizzati (grandi opere/pachi-dermi rosa), in grado poi di generare risparmiconsistenti nella gestione successiva delle atti-vità, contrariamente a ciò che accade oggi.

Dovranno poi essere privilegiati tutti queiprogrammi che siano in grado di ridurre costan-temente (ecco il valore dell’innovazione!) l’im-piego di risorse ed energie non rinnovabili e chesappiano coniugare alta intensità di lavoro qua-lificato e crescita di produttività.

Centrale, per questa ragione, dovrà essere ilruolo dell’educazione e la funzione della forma-zione, scolastica e permanente, che dovrà sa-per trasferire il piacere della conoscenza nonstrumentale ed insegnare ad apprendere concontinuità, per poter costruire la nuova culturadell’uso condiviso.

La conoscenza e la scolarità elevata non do-

vranno avere come obiettivo solo il migliora-mento della condizione economico/sociale,quindi essere uno strumento, ma, parafrasan-do Kant (l’uomo), diventare un vero fine; per-ché conoscere consente di capire e quindi didecidere consapevolmente, per poter transita-re da “consumatore”, a “consum-attore”, a cit-tadino.

Infatti con l’economia della conoscenza sem-pre più diffusa, è impensabile disporre di pochisaperi strutturati, tipica di Stati a bassa scolaritào nei quali si accresca la disaffezione nei con-fronti del sapere, in quanto non più, automati-camente, apportatore di benessere crescente.

In questo le nuove tecnologie ed internet, inprimo luogo, dovranno essere il perno di ogniambito operativo e fornire gli strumenti per ac-crescere il progresso del Paese, grazie anche a-gli investimenti sulla banda larga, indispensabileper sviluppare piattaforme strutturali dove e-stendere la cultura dello scambio reciproca-mente profittevole e non oneroso.

Infatti già oggi sperimentiamo a livello di mas-sa la condivisione, sia con l’open source che conLinux e Mozilla che ci fanno mettere in comu-ne il software senza onori e costi aggiuntivi.

Se poi pensiamo a Youtube che ci permettedi condividere le esperienze puntuali di vita vis-suta, a Linkedin che lo fa con quelle professio-nali ed infine a Twiter e Facebook che stanno

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DOVE NASCONO LE IDEE24 - 2/2012

realizzando l’impensabile di far emergere e met-tere in comune la vita stessa, ci rendiamo contodi quanto virtuale e reale siano interconnessicon continuità.

Questo non è che un inizio generalizzabile,ma che ora può dilatarsi, uscendo da internet ecollocarsi nel Mondo reale per far condividereed usare oggetti, manufatti, servizi e beni, all’in-terno di aree territoriali digitalizzate.

Questo significa allungare il ciclo di vita deiprodotti, dare loro una nuova opportunità disoddisfare esigenze di chi non può permettersidi avere quanto gli occorre e principalmente svi-luppare l’ambito della sostenibilità e del rispet-to delle esigenze del nostro Pianeta.

Ciò di cui stiamo scrivendo già avviene in for-ma embrionale ed occasionale, in uno dei ser-vizi che fa riferimento al comparto forse più“maturo” ed “impattante”dell’attività mani-fatturiera: il mercato automobilistico.

Ne discutiamo proprio perché si trattadel segmento di mercato tradizionale cheancora oggi nella sua lunga “filiera” as-sorbe una quantità di risorse occupa-zionali, materiali e finanziarie senzapari e dove l’applicazione dei concet-ti di riuso e condivisione, potrebbeprodurre benefici e risparmi di en-tità elevatissime, per tutti i portato-ri di interessi.

Generalizzare esperienze comequelle del car sharing e del car poolingdarebbe una spinta decisiva nella dire-zione di diffondere una cultura materia-le in grado di far realmente cambiare at-teggiamenti e comportamenti di tutti i citta-dini e fornire basi reali di utilizzo anche a chi og-gi o non può ancora permettersi un auto ola rifiuta in nome della sostenibilitàambientale.

I risparmi generati potrebbero

fornire poi le risorse per sviluppare modelli divita e mobilità, anche individuale, più sostenibilie meno invasivi ed accrescere la propensionead investire nelle “smart city”, con meno traffi-co, minor inquinamento, energia rinnovabile edinterconnessione, per superare caos, conflittua-lità e sprechi di tempo.

Come sempre la vera barriera al cambiamen-to è il primo passo da compiere, ora però, a dif-ferenza del passato, esistono condizioni propi-zie e la consapevolezza che l’alternativa è dispo-nibile ed è anche percorribile.

Luigi Pastore

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26 - 2/2012 INNOVAZIONI & TECNOLOGIE

YOU MUST TRY WALKINGIN THE RIGHT SHOES

Due di notte… www.scarpa-fashion.com…«Quelle scarpe sono bellissime! Le voglio!»

Per il lettore donna, tutto do-vrebbe essere già chiaro. Se sitrattasse invece di un uomo, ma-

gari indossatore abituale di scarpe daginnastica, temo serva qualche detta-glio in più per capire il problema.

Il processo di vendita tradizionale (vetri-na, innamoramento, prova della scarpa, valuta-zione alternative, acquisto) è sempre più fre-quentemente affiancato e superato in numerodi transazioni dall’acquisto online. Nel caso del-le scarpe, tuttavia, si pone prepotentemente al-l’attenzione una difficoltà a tutt’oggi non superata:l’individuazione della taglia corretta. Non si tratta di“sistemare un orlo” o “stringere in vita”: la scarpanon perdona errori di taglia (o, quantomeno, nonli perdona il piede dopo una giornata passata nellascarpa sbagliata). Per dare una dimensione concre-ta al problema, basti pensare che il reso sulla ven-dita di scarpe online si attesta oltre il 30%.

Diversi approcci sono stati proposti per cerca-re di eliminare o, quantomeno, limitare questoproblema: su alcuni portali viene semplicementechiesto all’utente di indicare il proprio numerodi scarpe che, tuttavia, variando anche in ma-niera significativa al variare del modello, non èspesso un’indicazione attendibile. Altri chie-dono all’utente quale sia il numero portato

per un determinato modello in modo dasuggerire la taglia corretta per il nuovo

paio. Il sistema sembra, tuttavia, fun-zionare solo qualora si acquistino

scarpe di un modello simile e, co-munque, limita significativa-

mente il numero di po-tenziali utenti poi-

ché richiede che ilcliente già possie-

da una scarpa di unbrand “noto” ed inserito

nel database. Alcuni servizi più di nicchiaprevedono l’invio di più calzate al cliente, che re-stituirà le misure non adeguate. In questo caso siavranno elevati costi di logistica e un’eccessiva ri-chiesta di impegno da parte del cliente (che dovràrecarsi all’ufficio postale per rispedire le scarpescartate al fornitore).

Right Shoes (www.rightshoes.ch) è un proget-to di ricerca ed innovazione che vede coinvolti

l‘istituto CIM per la Sostenibilità nell’Inno-vazione della SUPSI e la start-up lugane-

se Unique Trend Developments S.A..L’idea innovativa sulla quale si basa èche si possa utilizzare la forma (os-sia quell’oggetto di plastica dura –nei calzaturifici tradizionali è an-cora in legno – attorno al qualesono assemblati tutti gli ele-

menti della scarpa – figura 3)come elemento di compa-

razione tra piede e scar-pa. Ogni modello di

scarpa è realizzatoutilizzando un set

di forme checonsente di ri-

produrre tutti i

a cura diDebora Della Torre*, Paolo Pedrazzoli e Marzio Sorlini**

Figura 3Esempio di forma in plastica

Figura 2 Comparazione piede-forma

Figura 1 - Prototipo di scanner Right Shoes

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numeri e le calzate che poi tro-viamo in negozio. Il problema diindividuare il numero correttoper un determinato piede vienedunque scomposto in due sotto-problemi: quale forma megliorappresenta un piede dato? Qua-le scarpa realizzo con una deter-minata forma?

Per pervenire alle due rispo-ste sarà dunque necessario: (i)conoscere il più precisamentepossibile il piede di partenza,senza che il cliente debba prova-re la scarpa; (ii) riuscire ad abbi-narvi la forma che meglio lo rap-presenti; (iii) conoscere perfet-tamente quale sia la scarpa cheviene realizzata con una deter-minata forma.

Da qui derivano le innovazioni che verranno svi-luppate in seno a Right Shoes:

• un sistema di scansione del piede che combiniprecisione e facilità d’utilizzo. Nel progetto vengo-no perseguite due strade complementari: l’adozio-ne di uno scanner da posizionare nei negozi di cal-zature che acquisisca un’immagine tridimensionaledei piedi. Il consumatore si recherà una sola voltain un punto Right Shoes dove potrà farsi rilevare,in pochi minuti e gratuitamente, l’immagine 3D delpiede, che potrà poi utilizzare per i suoi acquisti(online o in negozio) presso tutti i brand conven-zionati. Parallelamente stiamo investendo nello svi-luppo di un’applicazione per smartphone che con-senta di ottenere la medesima immagine tridimen-sionale semplicemente scattando alcune fotografie(sul divano di casa!);

• un algoritmo di comparazione tra piede e for-ma che sia in grado di confron-tare le immagini tridimensionalidei due elementi per individuarela forma che meglio rappresentiil piede scansionato;

• una procedura standardizza-ta di produzione o di scansionedelle forme che consenta di co-noscere inequivocabilmente lecaratteristiche della scarpa rea-lizzata con una determinata for-ma.

A che punto siamo? Alcuni prototipi di scanner

sono già stati realizzati e posizio-nati presso negozi di scarpe se-lezionati: proprio in questi gior-ni stiamo acquisendo i primi mo-delli 3D dei piedi dei clienti. L’ap-plicazione per smartphone è, in-vece, alle prime fasi di svi-luppo. Parallelamente è a

buon punto lo sviluppo dell’algoritmo di comparazio-ne che già oggi è in grado di individuare il numerocorretto nel 92% dei casi. Stiamo anche coinvolgen-do diversi brand (dal casual all’alta moda) con i qualicollaboreremo per mettere a punto la procedura diutilizzo delle forme e per sviluppare e testare le so-luzioni sviluppate. Tra qualche mese chiunque po-trà dunque accedere con il proprio ID al portaleRight Shoes o all’online shop di uno dei brand con-venzionati e acquistare un qualunque paio di scar-pe con la certezza che sia del suo numero.

Due di notte… www.scarpa-fashion.com(Powered by Right Shoes) … “Quelle scarpe sonobellissime! Le voglio!”. Dopo qualche giorno arri-vano a casa e non ci sono brutte soprese.

* UTD** SUPSI

Figura 4 - Piattaforma di comparazione

Figura 5 - Prototipo software di comparazione

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INNOVARE CON LA FORMAZIONE28 - 2/2012

Il CEDEFOP (European Centre for the Deve-lopment of Vocational Training) dà l’opportu-nità a coloro che operano nel mondo dell’i-

struzione e della formazione di partecipare a vi-site di studio. Questo allo scopo di sostenere estimolare la creazione di reti e di progetti che ve-dano la partecipazione di differenti paesi appar-tenenti all’UE e/o in procinto di entrarvi. A talescopo l’organizzazione prevede la costituzionedi “gruppi lavoro” composti da 15 persone pro-venienti da diverse realtà e diversi paesi. Coloroche desiderano partecipare effettuano le loroscelte sulla base degli argomenti di interesse edella lingua privilegiata per la visita (inglese, fran-cese, spagnolo, tedesco). Un’opportunità concre-ta di fare rete, di creare nuove sinergie, di cono-scersi e di confrontarsi su specifici temi propostida ciascuna visita di studio.

Isfor Api ha colto questa importante occasio-ne partecipando a due visite di studio. Gabriella

Longu, direttore generale dell’Isfor Api, ha parte-cipato dal 14 al 17 maggio alla visita “AcademicWriting Skills, Necessity for Education & Work”,a Bydgoszcz, in Polonia, organizzata dall’Univer-sità Kazimierz Wielki.

Giovanna Piras, assistente della direzione, hapartecipato a una visita di studio a Bruxelles (30maggio-1 giugno 2012) dal titolo “Competent: aninstrument for efficient carrer guidance and other la-bour market services”.

Le visite studio sono in realtà degli importantie intensivi momenti di studio in cui ti rendi con-to di essere in un altro paese solo perché parliun’altra lingua e mangi cibi differenti. Queste mo-dalità di lavoro che “obbligano” tanti adulti di di-versi paesi a stare forzosamente insieme sono al-tamente formative e impegnative. Sono un realee importante valore aggiunto per chi desidera se-riamente impegnarsi.

Dichiara Giovanna Piras: «Il confronto con pro-

a cura diGabriella Longu*

UN'OPPORTUNITÀCONCRETA

DI FARE RETE

Costumi tipici polacchi indossati dal docente prof. Mochocki e la moglie

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INNOVARE 2/2012 - 29

fessionisti e rappresentanti di organizzazioni operan-ti in diversi paesi europei è un’innegabile opportunitàdi arricchimento a livello personal-professionale, con-sente un reale scambio di esperienze, di riflessioninon solo su tematiche specifiche legate al tema dellavisita ma anche su temi trasversali che in diverso mo-do appartengono alla quotidiana attività di organiz-zazioni che appartengono a sistemi differenti. È sta-ta un’occasione per avvicinare in modo reale e con-creto realtà diverse. Un’occasione di conoscenze per-sonali e di conoscenze tra sistemi che faciliterà sicu-ramente nuove reti, nuove sinergie e la collaborazio-ne in nuovi progetti. Le relazioni avviate durante la vi-sita faciliteranno per l’Isfor Api, nuove sinergie e nuo-ve collaborazioni in altri progetti.

Isfor Api verificherà infatti la possibilità di portareavanti un progetto sperimentale con SERV, l’organiz-zazione belga che ha gestito in maniera esemplarela visita, sulla certificazione delle competenze. Du-rante la visita abbiamo infatti potuto confrontarci alungo sulla cooperazione tra mondo della formazio-ne e mondo del lavoro nella definizione di profili pro-fessionali, aggiornamento degli stessi e certificazionedelle competenze. I modelli dell’Isfor Api sulla propo-sta dell’autoimprenditorialità come strumento di in-serimento socio-lavorativo per le persone svantaggia-te, approcci e tecniche empowered oriented per so-stenere la persona nella pensabilità e definizione diun nuovo progetto di vita (Progetto europeo Leonar-do TOI CRENDI) e il modello per l’inserimento lavo-rativo delle persone disabili trasferito in Grecia, Tur-chia e a Lecce nel progetto europeo Leonardo TOIGENTI, sono stati oggetto di grande interesse per di-verse organizzazioni con le quali abbiamo condivisol’esperienza della visita. Ci sono le premesse per lapresentazione di nuovi progetti su tali temi e l’attiva-zione di interessanti sinergie».

L’esperienza di Gabriella Longu: «La possibilitàdi confrontarsi con tanti colleghi di paesi differenti erenderti conto che alla fine, alcune difficoltà nel rag-giungimento di alcuni obiettivi formativi, sono le stes-se è una esperienza veramente importante. La tuavisione del mondo professionale viene ampliata dal-l’apporto e dalla conoscenza di tanti altri sistemi cheti offrono spunti per importanti riflessioni e riformu-lazione di progetti che si desidera realizzare. Condi-videre peraltro con persone dello stesso settore alcu-ne problematiche ti consente di vedere le stesse daaltre prospettive e ti fa capire che l’unico modo performare l’Europa e per crescere è veramente quellodi lavorare insieme cogliendo il meglio da ogni paesee da ogni collega.

Il gruppo di lavoro presente in Polonia a Bydoszczpresso il dipartimento universitario “Kazimierz WielkiUniversity” con i docenti Mikolaj Sobocinski e MichalMochocki è riuscito a raggiungere un elevato livellodi sinergia di comprensione che permetterà a tutti di“ripensare” ad approcci differenti nel proprio lavoroe, all’occorrenza, chiedere la collaborazione e/o la te-stimonianza dei colleghi degli altri paesi. L’Isfor Api,

attualmente coinvolta nella progettazione di un siste-ma di reti complesso, coinvolgerà infatti il dipartimen-to polacco proprio in virtù dell’efficienza mostrata,in particolare dal prof. Mikolaj Sobocinski che verràcoinvolto per partecipare a tavoli scientifici in cui ver-ranno analizzate nuove e innovative modalità di in-segnamento della lingua Inglese.

Nel tavolo di lavoro si è inoltre creata una poten-ziale rete tra la Turchia, la Spagna, la Francia, l’Inghil-terra, il Portogallo, Malta, la Slovenia che si sta man-tenendo attiva e aggiornata attraverso le e-mail, nel-l’ottica di realizzare altre iniziative che possano es-sere supportate e sostenute dall’intera rete.

Inoltre il valore aggiunto del lavoro in rete ha por-tato anche l’Isfor Api a ripensare ad alcuni modelli dilavoro con i dipendenti e i lavoratori delle impresepoiché l’esperienza positiva di alcuni colleghi chehanno utilizzato i fondi della formazione permanen-te per migliorare la capacità di scrittura dei dipen-denti di alcune aziende ci ha stimolato in tal senso: èfondamentale per la crescita dei lavoratori dar lorol’opportunità di migliorare anche quegli aspetti chenon necessariamente hanno ricadute immediate edevidenti nel loro lavoro, ma darebbero un importantevalore aggiunto nel medio e lungo periodo. Io che rap-presento una struttura che lavora molto con le im-prese proporrò, su questa linea, delle attività al no-stro mondo imprenditoriale».

* Isfor Api

Gruppo visita studio, Torun, Polonia

Gruppo di visita studio in Belgio

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Il modello Poliedra-Disef1

Apartire dal 2005, Poliedra Progetti Inte-grati Spa e il Dipartimento di Scienze del-l’Educazione e della Formazione dell’U-

niversità degli Studi di Torino hanno iniziato unpercorso comune di ricerca azione, volto a defi-nire le condizioni di una formazione aziendalerealmente efficace. Presupposto di questo per-corso è che una formazione è efficace quando èrealmente in grado di produrre un impatto sulfunzionamento dell’azienda, migliorandone i pro-cessi comunicativi, relazionali e motivazionali, ol-tre che produttivi. Obiettivo della ricerca è sta-to quello di definire modelli di formazione“situata”, cioè calata nella realtà aziendale ein grado di venire incontro alle reali esigenze del-l’azienda, intesa come organizzazione caratte-rizzata da un insieme unico e irripetibile di ri-sorse umane e materiali, vincoli, condizioni disviluppo, potenzialità di azione. Perché? Alcuneesperienze europee da noi analizzate, ci hannoconsentito di stabilire, pur nella loro diversità,alcuni punti fermi, quali:

a) spingere ad un ruolo attivo il soggetto cheapprende: non si impara dagli stimoli (lezioni, ma-teriali didattici, ecc.), ma dall’attività esercitatasugli stimoli: il soggetto apprende se viene mes-so in condizione di sperimentare, compiere e-sperienze guidate.

b) Partire dai problemi concreti di quell’azien-da (e non lavorare su casi più o meno astratti osu una formazione a catalogo), il che significa in-dividuare i reali margini di miglioramento, spes-so nascosti sotto problemi “di facciata”.

c) Coprogettare i percorsi formativi con l’a-zienda, coinvolgendo cioè le gerarchie aziendalinella loro totalità: solo con l’effettiva volontà ditutti di ridiscutere i processi aziendali è possibi-le costruire una formazione che abbia qualchechance di cambiare in meglio l’azienda. L’effica-

cia della formazione di-pende dalla costruzionedi una rappresentazionecondivisa del futuro, cheguidi le politiche forma-tive, anche a medio-lun-go termine.

d) Saldare il mo-mento dellaformazione eil momentodel lavoro(learning ISthe job), nonseparando mai idue piani: ognioccasione di lavo-ro è anche un’occa-sione di apprendimento, seil lavoratore è in grado dicoglierla, e ogni occasionedi formazione è un’occasio-ne di migliorare il propriomodo di vivere e di lavo-rare, se la formazione èuna “buona formazio-ne”.

e) Stimolare unacontinua riflessionesulla propria espe-rienza: perché visono soggetti cheapprendono daipropri errori e al-tri che non sono ingrado di farlo? Laformazione dovreb-be lavorare sulla capa-cità del lavoratore di ri-flettere sulla propria espe-

a cura di Roberto Trinchero, Daniela Robasto,

Eleonora Crestani* e Florence Baptiste **

UN’ESPERIENZA DI FORMAZIONE SUL LUOGO DI LAVORO IN UNA PMI

INNOVARE CON LA FORMAZIONE30 - 2/2012

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rienza e di trarne insegna-mento. È questo “impara-re ad imparare” che rende

proficua l’esperienza e tra-sforma un semplice soggetto

“abile” in un soggetto “compe-tente”.

f) Vedere la formazionecome momento di cresci-ta del gruppo di lavoro(competenza collettiva)e non semplicementedel singolo lavoratore,mettendo al centro delpercorso formativo an-che le dinamiche relazio-nali presenti nel funziona-mento di un team effica-

ce, le competenzetacite ed esplicitee non solo i con-tenuti da appren-dere o gli obiet-tivi lavorativi. Lachiave del suc-cesso di questoapproccio è la va-lorizzazione del

potenziale umano eprofessionale dei singoli,

a qualunque livello della scalagerarchica essi si collochino.

g) Promuovere una nuo-va figura di formatore,non più “dispensatore disaperi” ma tutor e men-tor, che prenda in carico ilprocesso di apprendi-mento del lavoratore e loguidi, anche attraversopercorsi personalizzati, araggiungere gli obiettivi

previsti dalla formazione.È sulla base di questi pun-

ti fermi che nasce nel 2006 ilmodello Poliedra-Disef2, come

sviluppo dei suddetti principi inun’ottica di complex learning3. Nel modello viene prevista una

figura particolare di formatore-con-sulente, detto formatore-coach,

ossia un esperto in grado di:- far riflettere la dirigenza dell’azienda

sulle reali necessità formative, che possonoesse anche sensibilmente diverse da quelle per-cepite (ad esempio il dirigente può percepire lanecessità di un corso di Excel per i suoi dipen-denti dato che vorrebbe migliorare la gestionedel magazzino, ma la vera necessità formativa èun corso di gestione del magazzino, anche con

l’uso di Excel, non un generico corso di Excel)- far riflettere dirigenza e azienda sulle poten-

zialità e sui limiti dell’azienda stessa: problemiche il datore di lavoro imputa alla carenza di for-mazione possono invece essere dovuti ad un at-teggiamento errato della dirigenza e dei lavora-tori verso lo stesso o verso aspetti organizzativiad esso correlati (ad esempio un datore di lavo-ro che dice “a parole” ai suoi dipendenti che èimportante tenere un diario giornaliero delle at-tività e poi è lui stesso il primo a non farlo, in-viando implicitamente il messaggio che “in fon-do, il resoconto giornaliero è poco importan-te”)

- far riflettere dirigenti e lavoratori sulle pro-prie disposizioni all’apprendere 4, cioè le inclina-zioni ad agire in un certo modo di fronte a de-terminate situazioni, che può anche non essereil modo più efficace possibile. Le “disposizionidella mente” aiutano i lavoratori in formazionea pensare in maniera efficace, ad esprimere giu-dizi personali, sensati e critici, a formulare solu-zioni efficaci ai problemi che si trovano ad af-frontare, a prendere decisioni consapevoli. Que-ste disposizioni entrano in gioco in maniera ri-levante nei processi formativi ed influenzano lamodalità con cui le competenze apprese vengo-no poi effettivamente spese sul luogo di lavoro.

Il formatore-coach svolge la sua azione ser-vendosi di tecniche di ascolto attivo basate sulcolloquio rogersiano 5 allo scopo di promuovere lariflessione di dirigenza e lavoratori sul propriomodo di affrontare le situazioni, sulle proprie di-sposizioni all’apprendere, sul modo di utilizzarela propria competenza in situazioni lavorativeconcrete. Nei paragrafi successivi verranno ap-profonditi questi aspetti.

2. L’ascolto attivo per l’analisi delladomanda di formazione nelle aziende.

Il colloquio rogersiano, sebbene nato in con-testo psicoterapeutico, può rivelarsi una tecnicadi rilevazione dati utile anche nel campo dellaformazione. Secondo C. Rogers (1902 -1987),lo scopo di un colloquio (o una serie di collo-qui) non è quello di risolvere un problema, quan-to piuttosto di portare l’interlocutore (cliente)a rendersi conto dell’esistenza del problema, inmodo tale da saperlo affrontare6. Trasportandoquesto pensiero all’analisi dei bisogni formativiaziendali, si può pensare all’analisi dei bisogni for-mativi come al momento in cui i consulenti del-l’ente erogatore della formazione e l’azienda siincontrano allo scopo di individuare i problemiaziendali, i quali potrebbero essere risolti con laformazione.

Durante il colloquio rogersiano, svolto con ladirigenza prima e con i dipendenti poi, è neces-sario far emergere bisogni formativi che non po-trebbero emergere con una rilevazione dati su-

INNOVARE 2/2012 - 31

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perficiale. I bisogni formativi espressi rimandanosolitamente ad un problema dell’azienda che ri-chiede di essere risolto. Il colloquio in profon-dità porta il dirigente aziendale a chiarire i pro-blemi aziendali e a manifestare all’ente erogato-re della formazione una determinata richiesta dipercorso formativo che possa rispondere ade-guatamente e puntualmente al problema indica-to.

Il punto fondamentale è che individuare iproblemi aziendali richiede un’indaginein profondità, sicuramente non applicabilecon un questionario di valutazione dei bisogniformativi, in quanto spesso, gli stessi attori all’in-terno dell’azienda non riescono ad chiarire, a sestessi prima e ad altri poi, i nodi problematicidell’organizzazione in cui lavorano. Il colloquiorogersiano deve portare ad una analisi attentadel problema dichiarato, andando oltre una primaespressione di solito ancora molto in superficierispetto alle difficoltà aziendali.

Volendo andare oltre il livello superficiale diun problema, si va necessariamente incontro aimodelli interpretativi dell’interlocutore azien-dal3, il quale esplicita non solo il problema a-ziendale ma anche la rappresentazione che luiha di esso e pertanto la sua personale interpre-tazione. Va da sé che molto spesso du-rante un colloquio rogersiano, lo stes-so referente aziendale si accorge di a-vere un certo tipo di rappresentazio-ne del problema su cui non aveva mai avutomodo di soffermarsi adeguatamente.

Nel momento in cui un problema aziendale siapprofondisce, spesso anche la prima e superfi-ciale dichiarazione di bisogno di determinati per-corsi formativi non regge più in quanto risultanon perfettamente coerente con il reale proble-ma che l’azienda si trova a fronteggiare. Tuttavia,è bene sottolineare come, questa non perfettacoerenza tra bisogno formativo dichiarato e pro-blema aziendale esplicitato, non venga “diagno-sticata” da chi conduce il colloquio. È proprio losvilupparsi del colloquio che prevede che l’in-terlocutore si accorga da sé di una eventuale in-coerenza e pertanto riprogetti insieme al refe-rente dell’ente erogatore, una formazione mag-giormente rispondente ai reali problemi azien-dali. Questa riprogettazione “a due vo-ci” è fondamentale al fine di un adeguato rag-giungimento degli obiettivi formativi. Come ri-porta G. Fossa “Quando scegliere quale formazio-ne fare e come farla sono direttamente i beneficiari,cresce l’attenzione al risultato e si evita ogni formadi spreco” 7. Il colloquio rogersiano punta pro-prio al raggiungimento di questo obiettivo: unaformazione scelta con i destinatari e progettatasu reali necessità aziendali al fine di risolvere pro-blemi concreti.

Per tale motivo il modello Poliedra-Disef pre-

vede che il colloquio rogersiano venga fatto inprima battuta con il dirigente aziendale e in se-conda battuta con i dipendenti dell’azienda peril quale si prospetta la formazione. Nel colloquioche si rivolge alla dirigenza si cercano di far e-mergere i bisogni e le problematiche dell’azien-da; nel colloquio che si rivolge al lavoratore sicercano di far emergere i bisogni specifici del la-voratore stesso.

Come far emergere tali bisogni? Il protocol-lo messo a punto dal gruppo di sperimentazio-ne con il coordinamento di R. Trinchero, indi-ca determinati elementi per una corretta con-duzione. 1. Cogliere le specificità dell’azienda e/o del la-

voratore.2. Far riflettere l’interlocutore sulle situazioni e

sui propri modelli di interpretazione dellarealtà

3. Far trasparire fiducia e serenità all’intervista-to

4. Ravvivare ed approfondire il discorso5. Assumere un atteggiamento non valutativo6. Immedesimarsi nel soggetto con la tecnica

dell’empatia7. Individuare i temi su cui l’intervistato si chiu-

de e non risponde per utilizzarli come fontiinformative

8. Tacere quando possibile per lasciare la parolaall’intervistato.Il colloquio rogersiano, con dirigenza e dipen-

denti, è stato condotto in tutte le aziende par-tecipanti alla sperimentazione e ha portato a ri-sultati incoraggianti in un ottica di una vera a-nalisi dei bisogni formativi, rigorosa e risponden-te alla realtà.

3. Strumenti del modello Poliedra-Disef per una formazione più efficace

La sperimentazione del modello Poliedra-Di-sef, in diversi piani di formazione finanziata daifondi paritetici interprofessionali (tra cui ancheFapi) ha prodotto un importante ripensamen-to dell’iter di progettazione, erogazione, moni-toraggio e valutazione della formazione, che hacoinvolto tutte le figure che partecipano al pro-cesso formativo (formatori/esperti, tutor, coor-dinatori didattici, struttura di monitoraggio evalutazione dei piani formativi, partecipanri, a-ziende).

Gli obiettivi perseguiti sono stati poter of-frire modalità corrette di analisi della situazio-ne formativa, ai fini di una migliore progettazio-ne, di una individuazione chiara delle strategiedi miglioramento delle proprie pratiche lavo-rative e delle attività formative condotte comeformatore, dello sviluppo di un regolare scam-bio di informazioni tra l’ente erogatore dellaformazione, il formatore e l’azienda, senza chevadano persi elementi importanti del percor-

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so formativo.L’introduzione di diverse tipologie di Proto-

colli di resoconto del processo forma-tivo ha permesso di migliorare l’applicazionedel modello Poliedra-Disef.

I Protocolli sono documenti contenenti se-zioni e indicatori precisi che permettono ai com-pilatori una descrizione puntuale dell’attivitàspecifica condotta, come una sorta di vero e pro-prio story board del progetto formativo realizza-to in ciascuna azienda: dall’analisi iniziale dei fab-bisogni formativi, attraverso la tecnica del collo-quio rogersiano (come già descritto nel para-grafo precedente), con la direzione aziendale,con i referenti di reparto o ufficio e con i parte-cipanti (per questi ultimi in occasione della pri-ma giornata di formazione) ai protocolli-guida,contenenti le indicazioni utili al formatore-coa-ch per utilizzare correttamente la tecnica delcolloquio rogersiano, la descrizione e le moda-lità per mettere in pratica le disposizioni ad ap-prendere. E ancora protocolli specifici, per la mi-croprogettazione delle attività didattiche e perla valutazione da parte dei docenti degli prodot-ti della formazione realizzati dai partecipanti.

In particolare, l’adozione di un protocollo spe-cifico per la fase di valutazione dei prodotti ela-borati dai corsisti, ai fini della valutazione e cer-tificazione delle competenze in uscita (comeprevisto negli avvisi dei fondi interprofessionali),consente alla struttura di monitoraggio e valu-tazione incaricata, di tracciare un quadro piùcomprensibile dell’intero processo di erogazio-ne dei corsi e di compiere una valutazione piùprecisa delle competenze acquisite dai corsisti,di comprendere meglio il percorso di apprendi-mento degli stessi, le difficoltà e criticità incon-

trate sia da parte dei partecipanti che da partedel docente, i progressi, le modalità didatticheadottate dal formatore per rendere più efficacela formazione.

La compilazione e la rilettura periodica deiprotocolli compilati consentono invece al for-matore di sviluppare una profonda riflessionesulla reale efficacia della formazione erogata, diindividuare miglioramenti nell’erogazione delcorso e di elaborare quindi una valutazione piùprecisa e adeguata sui progressi delle personein formazione, espressa mediante giudizio chetenga conto del grado di qualità e correttezzadei prodotti realizzati dai formandi rispetto aprodotti ritenuti “ottimi”, cioè realizzati da e-sperti.

In conclusione, i Protocolli facilitano quell’e-sercizio di riflessività che Le Boterf 8 affermaessere necessario per chiunque voglia farprogredire e accrescere la propria ef-ficacia: distanziarsi dalla specifica situazionevissuta, elaborandone una rappresentazioneconcettuale.

4. Punti di forza e punti di attenzione nell’applicazione

del modello Poliedra-DisefLa sperimentazione del modello Poliedra Di-

sef e lo sviluppo di strumenti puntuali come iProtocolli, hanno permesso di attuare con i la-voratori in formazione un apprendimentobasato sull’esperienza, capace di agire emodificare i processi mentali degli in-dividui coinvolti.

L’uso della tecnica del colloquio rogersianoconsente sia al management aziendale che ai la-voratori coinvolti nella formazione, di costruire

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con il formatore coach uno spazio sia fisico chementale di rielaborazione delle criticità che han-no portato alla domanda di formazione, dei gapdi competenze e conoscenze, degli elementi davalorizzare nelle pratiche lavorative attuate, del-le possibili soluzioni da attuare a vari livelli or-ganizzativi.

Ritrovarsi davanti ad un interlocutore che, an-ziché porre domande seguendo una traccia diintervista, ascolta e propone rilanci su afferma-zioni o nuove informazioni, suscita interesse. Ilfatto che a conclusione di un incontro informa-le vengano a galla elementi mai emersi prece-dentemente e una nuova consapevolezza da par-te del referente aziendale dei problemi riscon-trati in azienda (e delle possibili strade o ipotesidi soluzioni da intraprendere per porvi rimedio,anche attraverso interventi formativi), produceevidenti vantaggi nella progettazione di una for-mazione davvero utile allo sviluppo di nuovecompetenze in azienda.

I protocolli contribuiscono a produrre dei re-soconti del processo di formazione che consen-

tono all’ente erogatore dicontrollare meglio (e divalutare) l’iter della mi-cro-progettazione opera-to dal formatore e i risul-tati da lui conseguiti in au-la.

A fronte di questi evi-denti punti di forza è ne-cessario sottolineare co-me la tecnica del collo-quio rogersiano richiedauna formazione accuratadel formatore-coach, conmomenti e situazioni fon-dati sull’esperienza ad hoc(simulati o meno). In ag-giunta è necessario sotto-lineare come l’applicazio-ne efficace della medesi-ma tecnica richieda la

massima attenzione e coinvolgimento da partedi chi lo conduce e questo implica anche un in-vestimento emotivo e intellettuale che non tuttisono pronti a mettere in atto.

Vi sono poi ancora diverse resistenze da par-te di alcuni formatori/docenti a cambiare le lo-ro pratiche formative ormai consolidate. Puntodi attenzione è anche il maggior investimento ditempo da parte del docente, il quale deve porreparticolare attenzione alle dinamiche riscontra-te nei singoli e nel gruppo di formazione, alla pre-parazione di materiali didattici e resoconti e que-sto non sempre è accettato di buon grado.

In quest’ottica l’investimento dell’ente eroga-tore sulla formazione dei formatori e sul moni-toraggio del loro operato appare però un ele-mento indispensabile e strategico per favorire ilsuccesso degli interventi formativi.

Roberto Trinchero, Daniela Robasto, Eleonora Crestani

* Università degli Studi di TorinoFlorence Baptiste

** Poliedra Progetti Integrati spa

1 La descrizione analitica del modello Poliedra-Disef" è consultabile in “Apprendere dall’esperienza: il modello diintervento Poliedra-Disef”, R.Trinchero, D.Robasto, F.Baptiste, E.Crestani in Fondimpresa (a cura di) “Le for-mazioni possibili. Esperienze di blended training nelle piccole imprese”, edizioni Franco Angeli, 2011.

2 Si veda Fondimpresa, Guida alla formazione continua (Vol. II). I piani formativi nelle PMI, Milano, Franco Angeli,2007, in cui è possibile trovare anche un’analisi approfondita dei tre casi europei precedentemente accennati.

3 Si veda P. Ferri, L’e-learning, i suoi antenati e il complex learning in Nacamulli R. D. (a cura di), La formazione, ilcemento e la rete. E-learning, management delle conoscenze e processi di sviluppo organizzativo, Milano, Etas-Fondazione IBM, 2003.

4 Si veda Costa e Kallick, 2007, Le disposizioni della mente. Come educarle insegnando, Roma, Las.5 Si veda Carl Rogers, La terapia centrata sul cliente, Firenze, Psycho, 1994.6 Rogers, C. R. (2000) La terapia centrata sul cliente, Firenze, Psycho.7 G. Fossa, Risorse umane, il vero capitale per competere , IlSole24Ore, 6 luglio 2010, intervento del Presidente

di Fondimpresa8 Le Boterf G., Costruire le competenze individuali e collettive, Napoli, Guida Editore, 2008

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Parliamo di Reti d’Impresa. Avvertendo su-bito che non si tratta dell’ennesima ricet-ta miracolosa per salvare la disastrata

economia del nostro Paese, né dell’ennesimotentativo di fuga nelle teorie, utili, per qualcuno,a nascondere la testa sotto la sabbia della crisi.

Diciamo piuttosto che si tratta di un percor-so che, se seguito da tutti i suoi attori con la do-vuta attenzione e con un pizzico di coraggio edi fantasia davvero innovativa, può indicare alnostro sistema industriale, e produttivo più ingenerale, una strada nuova per la crescita.

Di Reti d’Impresa si parla ormai da anni. Siparla e si fa pochino, a differenza di altri Paesieuropei, come ad esempio la sempre più citataGermania, dove le Reti d’Impresa sono da tem-po una realtà consolidata ed efficiente. Comun-que, vediamo.

A livello normativo, va innanzitutto ricordatoil cosiddetto “Decreto Incentivi”, convertitonella legge n. 33 del 9 aprile 2009, che ha intro-dotto in Italia la disciplina del Contratto di Re-te. Con questo contratto le PMI che decidonodi partecipare a una “Rete” danno vita, con unvero e proprio “contratto” a collaborazioni in

campo tecnologico, produttivo, logistico e com-merciale con altre aziende, generalmente ap-partenenti alla stessa filiera produttiva, ottimiz-zando i costi e le economie di scala, acquisendomaggiore forza contrattuale nei confronti dellaclientela e dei fornitori e potendo contare suagevolazioni di tipo amministrativo, fiscale, fi-nanziario e per ricerca e sviluppo.

Il successivo “Decreto Sviluppo”, convertitonella legge n. 99 del 23 luglio 2009 ha poi intro-dotto una serie di modifiche e integrazioni ri-guardanti l’operatività delle Reti d’Impresa, an-che e soprattutto sulle caratteristiche del Con-tratto di Rete.

In questo senso le Reti d’Impresa possonoessere interpretate, grossomodo, come unaevoluzione dei distretti produttivi, ai quali li le-ga la possibilità, legislativamente normata, di av-viare procedimenti amministrativi, stipulareconvenzioni e contratti, il tutto con un unicoprocedimento collettivo. Pensiamo, tanto per fa-re un esempio, all’importanza di questo passag-gio per il delicato tema dei rapporti tra l’impre-sa e il sistema bancario e creditizio.

Significativamente, il Governo Monti ha ri-

RETI D’IMPRESAUN SALTO CULTURALE

a cura diGiorgio Tamaro*

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preso la tematica delle Reti d’Impresa all’inter-no della cosiddetta Agenda per la Crescita so-stenibile, approvando un pacchetto di misureurgenti di tipo strutturale, all’interno del qualesono contenute nuove disposizioni che consen-tono una ulteriore semplificazione delle moda-lità di iscrizione al registro delle Imprese deiContratti di Rete, attivabili ora anche attraver-so la firma digitale, nonché la possibilità per lePMI che sottoscrivono un Contratto di Rete dibeneficiare degli stessi contributi previsti per iConsorzi per l’Internazionalizzazione.

Infine l’Agenzia delle Entrate, ai sensi dellalegge n. 122 del 30 luglio 2010, ha recentemen-te emanato disposizioni in termini di creditod’imposta per le imprese appartenenti alle Retia valere sul periodo d’imposta dell’esercizio2011. Alla data del 23 maggio di quest’anno, so-no stati realizzati dalle imprese appartenenti al-le Reti risparmi d’imposta per complessivi 16milioni di Euro.

Fin qui la normativa. Vediamo ora il panora-ma. A tutt’oggi esistono in Italia circa130 Reti d’Impresa regolate da Con-tratti di Rete. Siamo appena all’inizio, maqualcosa si è mosso.

Ma funzionano queste Reti? Vi sonoproblemi? E quali?

Inquadriamo come sempre il problema nellacornice di carattere generale del nostro sistemaeconomico e produttivo.

Com’è noto il sistema produttivo italiano ècaratterizzato da una bassissima crescita: circa il2 per cento negli ultimi 10 anni (vale a dire unamedia dello 0,2 per cento all’anno, praticamen-te quasi una stasi); inoltre da una bassissimacompetitività: secondo il prestigioso World Eco-nomic Forum l’Italia, che non dimentichiamolofa parte del cosiddetto “G8”, è al quarantatree-

simo posto nella classifica della competitivitàdei sistemi industriali.

Un disastro, se si tiene conto che l’Italia haun prodotto unanimemente riconosciuto comericco e complesso, e vanta imprenditori eccel-lenti, tra i migliori al mondo.

Quello che non funziona allora è il “sistema”.Le cause del mancato funzionamento del siste-ma sono note: carenza di infrastrutture, buro-crazia opprimente, vespaio legislativo, costo dellavoro altissimo a fronte di basse retribuzioni,infiltrazioni della malavita organizzata. Ma un’al-tra causa è la dimensione delle nostre imprese:su 4 milioni e 400 mila imprese italiane, oltre 4milioni e 200 mila hanno meno di 10 dipenden-ti. Siamo un Paese di imprese piccole e piccolis-sime. Le piccole imprese, naturalmente, noncontrollano tutte le fasi del prodotto: operanochi nella produzione primaria, chi nella trasfor-mazione del prodotto, chi nella distribuzione, ecosì via. Gran parte di esse finisce così per le-garsi a una catena di subfornitura, dipendentedalle grandi imprese, mentre un’altra parte ri-cerca una connessione con altre piccole impre-se operanti in altri anelli della catena del valore.Ma si tratta di una connessione obbligata, quasi“forzata”, che crea relazioni, interfacce occasio-nali, non strategiche. In più, il gran numero dipiccole imprese, sempre più numerose e sem-pre più piccole, aumenta in modo esponenzialela rete delle relazioni, complica la gestione del-le interfacce, complica la vita insomma.

Le soluzioni possibili sono sinteticamente tre: 1) la crescita dimensionale delle piccole im-

prese, questione annosa e legata a fattori indi-viduali, tanto più di difficile approccio in un mo-mento di crisi economica generalizzata comequesto;

2) il meccanismo di fusioni e acquisizioni, po-co connaturato alla mentalità imprenditoriale

INNOVARE 2/2012 - 37

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italiana, che infatti ha dato scarsissimi risultatinel nostro Paese;

3) lo stabilirsi di integrazioni funzionali tra lepiccole imprese: ed ecco le Reti.

Il concetto fondamentale che sta alla base delprocesso di costruzione della Rete d’Impresa,correttamente concepita, è quello dello stabilir-si di relazioni di collaborazione strategica, nonoccasionale, non determinata dalla mera neces-sità di uno scambio di “risorse”, ma ispirata dal-la volontà consapevole di costruire accordistrategici di collaborazione in un orizzontetemporale lungo. Insomma, la Rete deve es-sere concepita e deve funzionare co-me se fosse un’unica impresa, di di-mensioni maggiori.

Un vero e proprio salto culturale, che pre-suppone l’abbandono sia della visione limitantedella semplice “filiera” produttiva, sia quella alie-nante della catena di subfornitura. Nella Rete, ilpiccolo imprenditore deve consapevolmente ri-nunciare a un piccolo – ma culturalmente e psi-cologicamente non insignificante – pezzettodella sua individualità, per concorrere a un pro-getto comune basato su una precisa strategia diampio respiro.

Da questo punto di vista, anche i semplici in-centivi economici sembrano insufficienti a supe-rare la barriera costituita dal gap culturale delnostro sistema produttivo.

Un recente dibattito, sviluppatosi in un inte-ressante forum su www.retidimprese.it (alla vi-

sione del quale rimandiamo i lettori) ha eviden-ziato tre fattori fondamentali per avviare vir-tuosamente il processo di sviluppo delle Retid’Impresa: la leggerezza, la pariteticità, il sistemadelle regole.

Leggerezza. Gli accordi che stanno allabase dei Contratti di Rete devono essere carat-terizzati da flessibilità e progressività: sbagliato,ad esempio, stabilire l’obbligatorietà dell’acqui-sto delle risorse tra partner; è più prudentesancirne, almeno inizialmente, l’”opportunità”,poi, se il meccanismo funziona, si possono strin-gere accordi più solidi senza che tale soliditàvenga vissuta come una limitazione del proces-so decisionale del singolo. Insomma, il Contrat-to di Rete deve essere costruito come una sor-ta di “fidanzamento” tra imprese: se si verificasul campo l’armonia tra i partner, poi si potràpassare a un vero e proprio matrimonio.

Pariteticità. La “leggerezza” nei Contrattiha in sé un difetto: costringe a una continuatrattativa, verifica, discussione tra i partner. Leregole leggere non sono soffocanti ma necessi-tano di mediazione. Quindi, anche per evitare diinnescare meccanismi conflittuali, è necessariostabilire la pariteticità tra i partner. Un sistemafondamentalmente “democratico” nella catenadecisionale, che però necessita – e non è unacontraddizione – di un momento forte di coor-dinamento: il Manager di Rete, figura sulla qua-le torneremo nelle conclusioni di questo ragio-namento.

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Regole. È il punto nodale. Leggere e flessi-bili finché si vuole, le regole di collaborazionedevono comunque essere definite e condiviseda tutti gli attori che decidono di entrare in“Rete”. E soprattutto, le “regole” devono esse-re “convenienti”: i vantaggi che comportano de-vono essere evidenti, palesi, le regole devonoessere costruite con l’obiettivo di portare a tut-ti i partner benefici maggiori dei costi. Insomma,attraverso le regole del gioco i protagonisti del-la Rete devono poter raggiungere lo scopoprincipale che sta alla base di tutto questo: au-mentare i profitti.

La stesura di queste regole è cosa comples-sa: si tratta di dettare norme chiare e inequivo-cabili su temi quali, ad esempio, i contratti mul-tilaterali di approvvigionamento delle risorse,l’ottimizzazione dei flussi di produzione e deiflussi logistici, la standardizzazione tipologicadelle risorse, le linee guida per l’innovazione delprodotto, tutti elementi che costituiscono inbuona sostanza le declinazioni operative delPiano strategico della Rete.

C’è materia pesante sulla quale cimentarsi,chiamando in causa professionisti del projectmanaging (ed ecco qui i costi) e i già citati Ma-nager di Rete.

Da questo punto di vista, sorge allora spon-taneo l’aggancio con il tema della formazione:anche attraverso il finanziamento ga-rantito dal Fondo Fapi, il Fondo interpro-fessionale della Confapi per la formazione con-tinua nelle Piccole e medie imprese, è possi-bile ipotizzare la progettazione e losvolgimento di corsi di alta formazio-ne volti a creare e diffondere la figuradel Manager di Rete, proprio partendo

dalle esperienze, già maturate da tempo, delProject Management.

Il Manager di Rete è una figura che, oltre al-le conoscenze basilari del project managing e al-le necessarie competenze tecniche relative alsettore nel quale intende collocarsi, deve pos-sedere spiccate doti di attitudine al coordina-mento e alla mediazione: il suo compito, non fa-cile, sarà quello di coordinare soggetti che nondipendono direttamente da lui, bensì dalle loroaziende di riferimento, ma che a lui devono co-munque accettare di sottoporsi in nome del ri-spetto, per l’appunto, delle regole che reggonoil Contratto di Rete. Comandare senza prevari-care, essere autorevole e autoritativo senza es-sere autoritario: una bella sfida.

Un’ultima annotazione, tanto per sgombera-re il campo da facili entusiasmi. La Rete d’Im-presa, per sua stessa natura, può funzionare consuccesso solo in un sistema fortemente orien-tato all’ICT. E dal punto di vista della diffusionedella cultura dell’ICT dobbiamo riconoscereche l’Italia è ancora parecchio indietro: l’insuffi-ciente accesso alla banda larga, la scarsa pro-pensione all’e-commerce e all’economia digita-le in genere, la limitata divulgazione di servizionline da parte della Pubblica Amministrazione,le carenze normative, sono altrettanti scoglicontro i quali la navigazione delle Reti rischia diincappare.

Si tratta di una sfida che coinvolge dunquel’intero sistema, pubblico e privato. Ma una sfidache crediamo importante tentare di cogliere,per dare al nostro sistema una nuova prospet-tiva di crescita.

Giorgio Tamaro* Direttore FAPI

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MATERIALI INNOVATIVI40 - 2/2012

Il Poli (Vinil Cloruro), noto come PVC, èun polimero prodotto a partire dalcloruro di sodio (il sale da cucina) e

dal petrolio. Le molecole di PVC con-tengono carbonio (C), idrogeno (H) eCloro (Cl).

Il PVC è un polimero molto diffuso:i dati (riferiti al 2007/08), riportano 30milioni di tonnellate di PVC consumate almondo, mentre il consumo riferito all’Europasi è attestato, nello stesso periodo, poco sotto ilmilione di tonnellate.

Il PVC può essere suddiviso in due grandi cate-gorie, PVC rigido e PVC flessibile, quest’ultimo ot-tenuto introducendo additivi detti plastificanti. IlPVC, grazie alla facilità con cui è possibile modular-ne le caratteristiche, unitamente al costo relativa-mente basso del polimero, trova applicazioni in di-versi settori (media 2003-2009):

L’industria del PVC ed il relativo indotto rappre-sentano una importante realtà industriale; l’impor-tanza economica di questo prodotto è quindi mol-to elevata.

L’attenzione agli aspetti ambientali, alla sicurezzaed alla salute legati alla produzione, alla distribuzio-ne ed alla fine vita dei manufatti plastici a base PVCha generato iniziative atte a accertarne la sostenibi-lità e/o diminuirne / bloccarne la distribuzione. Seb-bene il polimero sia sostanzialmente inerte dal pun-

to di vista chi-mico, in particola-

re la sua produzione,alcuni suoi additivi, ora eliminati, e soprattutto il de-stino dei manufatti a fine vita, sono stati oggetto diattenzione da parte di associazioni di consumatori,enti non governativi orientati alla salvaguardia am-bientale e della salute, etc. Tali iniziative hanno gene-rato alcune reazioni da parte degli enti pubblici /go-vernativi: a titolo di esempio si cita l’analisi LCA, “Li-fe Cycle Assessment of PVC and of principal com-peting materials”, commissionata dalla ComunitàEuropea e conclusasi nel 2004.

Questo forte interesse e la conseguente pressio-ne esercitata a livello governativo e presso l’opinio-ne pubblica ha indotto produttori di PVC, attraver-so loro associazioni nazionali e sovranazionali, adattivare programmi di autovalutazione, controllo egestione del prodotto a fine vite (recupero, riciclo),anche al fine di migliorare la percezione di questomateriale da parte degli utilizzatori finali.

Se da un lato il PVC è stato ed e tutt’oggi ogget-to di attenzione, il materiale rimane un importanteprodotto dell’industria polimerica, e mantiene unaposizione forte nel mercato delle materie plastiche.Non si intravede, inoltre, un calo della sua produ-zione/consumo, se non contingente alla attuale crisieconomica. Il PVC è e rimane, quindi, un prodottoestremamente competitivo nel mercato delle ma-terie plastiche. Esistono altresì diversi produttori dipolimeri che propongo alternative al PVC già oggiin grado, in certi settori tecnologici, di essere com-petitivi nel rapporto prestazioni/costo. Tali materialipossono fare leva su aspetti ambientali / ecologici,per azioni di marketing che incontrano una certa ri-cettività negli utilizzatori finali.

Per approfondire:http://www.pvc.org/en

http://www.vinyl2010.org/http://www.polimerica.it/index.php/logistica/canale-pvc

* PhD ICIMSI - SUPSI

a cura diAndrea Castrovinci*

Settore Valore %Edilizia / Costruzioni 35.74Imballaggio 17.05Elettricità 7.8Cartotecnica 5.41Mobile/Arredamento 4.07Tempo Libero 3.64Agricoltura 2.57Calzature/Abbigliamento 2.13Elettrodomestici 1.75Trasporto 1.84Telecomunicazioni 1.85Medicali, valigerie/pelletteria,altri usi tecnici 8.72Export Compound 7.43Totale 100

IL FUTURO DEL PVC

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COORDINAMENTO SCIENTIFICO

Carlo SinatraManaging Partner e FondatoreStudio Legale Sinatra

DOCENTI E TESTIMONIAL

Silvia BeccioAvvocatoStudio Legale SinatraAndrea BollettaDottore CommercialistaStudio Legale Tributario Russo De Rosa Bolletta & Associati

Liborio F. NANNICEOET Solar Group, ItalyPaolo PagellaCeoApriAmbienteCarlo SinatraManaging Partner e FondatoreStudio Legale SinatraChiara ToccagniAvvocatoStudio Legale Norton RoseRoberto VigottiSecretary General RES4Med REsolutions for the MedSenior AdvisorPricewaterhouseCoopers

DOCENTI E TESTIMONIAL

In collaborazione con: Media partner:

Ermanno CappaAvvocatoPartner Studio La Scala&AssociatiPresidente del Centro Studi AmbrosoliPresidente Emerito A.I.G.I.

Salvatore CarrusResponsabile area Project FinacingCentrobanca S.p.A.

Marco CartaCoordinatore OIR

Serena CiampiAvvocato General Counsel Enerqos S.p.A.

Pasquale CristianoAvvocatoStudio Legale Mariani Menaldi & Associati

Leo De RosaDottore CommercialistaStudio Legale Tributario Russo De Rosa Bolletta & Associati

Simona EpifaniManaging Director Equiron

Lorenzo FidatoResponsabile area Project FinacingCentrobanca S.p.A.

Cristina FugazzaAvvocatoStudio Legale Sinatra

Giuseppe GattiPresidenteGDF Suez Italia

Gianpaolo MocettiGiurista d’impresaAcea S.p.A.

Francesco MunariProfessore Ordinario di Diritto dell’Unione EuropeaUniversità di GenovaAvvocato Studio Munari ManiglioPanfili e Associati

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Sono 52.500 i visitatori professionali regi-strati alla 13a edizione di Solarexpo eGreenbuilding, che si è appena conclusa. L’e-

vento è la manifestazione leader italiana nel so-lare e tra le prime tre al mondo.

«Molto soddisfatti gli espositori che, nonostantela situazione di incertezza normativa in cui versa ilsettore delle rinnovabili e in particolare quello delsolare, vedono in Solarexpo la conferma di un even-to fortemente B2B con visitatori e buyer altamentequalificati» – afferma Sara Quotti Tubi, direttoredella manifestazione.

All’edizione 2012 hanno partecipato 1.230 e-spositori, presenti in 11 padiglioni per 120 milametri quadri di superficie espositiva. Sono stati60 gli appuntamenti informativi e formativi traconvegni e seminari su rinnovabili, efficienza e-

nergetica e architettura sostenibile dove sonointervenuti 480 relatori e 6.000 partecipanti. 300i giornalisti accreditati.

A Solarexpo l’anteprima assoluta di interessan-ti novità tecnologiche con pannelli solari innova-tivi, sistemi di gestione e controllo di impianti fo-tovoltaici, sistemi integrati per la generazione e-lettrica, la produzione di calore e la gestione del-le voci energetiche nel sistema edificio.

Tra i progetti di maggior successo di questa e-dizione: SOLARCH, un intero padiglione dedica-to all'architettura solare integrata e arricchito an-che da uno show-room di prodotti innovativi. Ilprogetto ha riscosso grande interesse di pubbli-co e la soddisfazione delle aziende espositrici. Im-portante sinergia con la conferenza internaziona-le dedicata al tema dell’architettura solare: «SO-LARCH. L’integrazione architettonica del solare: col-mare il gap fra la tecnologia del solare, la progetta-zione architettonica sostenibile e l’industria edile: unaroadmap per un’industria solare auto-sostenibile».

Di grande potenzialità E:MOVE, l’evento spe-ciale dedicato alla mobilità elettrica e ibrida, cheha portato l’anteprima assoluta del modello e-lettrico di BMW, oltre ai modelli di Renault, Te-sla, Sees Veicoli Elettrici, Green Mobility Italia,Govecs. Ad affiancare i veicoli anche una serie ditecnologie strettamente connesse alla mobilitàelettrica che hanno reso il progetto espositivoparticolarmente interessante.

Elevata la partecipazione ai convegni, corsi diformazione e seminari. Grazie all’importante cor-pus di eventi tecnico-scientifici, comunicativi e dipolicy, SOLAREXPO - anche grazie alle sinergie ge-nerate con il salone parallelo GREENBUILDING –si conferma l’evento di riferimento per l’intera“community” nazionale delle rinnovabili, e un ben-chmark anche a livello internazionale.

Nel 2013 Solarexpo, per la sua 14ª e-dizione, dà appuntamento a Fiera Mi-lano - Rho.

SOLAREXPO CONSOLIDAIL PROPRIO PROFILO B2BCON 52.500 VISITATORILa green energy in campo

di ripresa economica

EVENTI

I numeri dell’edizione 2012:■ 1.230 espositori ■ 11 padiglioni ■ 120 mila mq di superficie espositiva■ 60 convegni e seminari su rinnovabili,

efficienza energetica e architettura sostenibile■ 480 relatori■ 6.000 partecipanti ai convegni■ 300 giornalisti accreditati

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EVENTI

Nell’ambito della fiera Solarexpo per le e-nergie rinnovabili, tenutasi a Verona nellaprima decade dello scorso maggio, ha a-

vuto luogo un convegno molto particolare. Innan-zi tutto occorre ringraziare Luca Zingale, diretto-re scientifico e organizzatore del Solarexpo che hareso possibile l’evento. Erano presenti circa 200persone fra imprenditori, tecnici, professionisti epersone interessate agli argomenti trattati. Nonci sarebbe stato niente di particolare in un con-vegno che ha trattato temi inerenti l’energia, l’ef-ficientamento energetico degli edifici, di green e-conomy e di soluzioni per il futuro. Certamente ilSolarexpo era l’ambito giusto! Ma quello che hareso speciale il convegno è che si è parlato di de-crescita felice e degli aspetti metodologici, tecno-logici e sociali connessi e che a parlarne sono sta-ti soprattutto degli imprenditori.

La scaletta prevedeva infatti una apertura daparte di Mancini Giordano, che ha trattato di co-me l’intrecciarsi delle crisi finanziaria, economica,sociale e ambientale rende impossibile una solu-zione con il modello socio-economico-industria-le attuale. Poi è stata la volta di Maurizio Pallante,presidente e fondatore del Movimento per la De-crescita Felice che ha trattato di debiti pubblici edi crisi economica e di come le storture insana-bili di un modello schiavo del PIL possano esseresanate dalle soluzioni della Decrescita Felice. E’seguito un interessante intervento tecnico da par-te di Valter Menghini della Cassa Depositi e Prestitiche ha descritto i fondi a supporto dei cambia-menti climatici, ovvero il Fondo Kyoto e EEEF.

A questo punto sono iniziati gli interventi delblocco degli imprenditori. Ha iniziato Mauro Sa-rotto di Cuneo, presidente del Sarotto Group, cheha parlato di filiera corta e di km zero nella bioe-dilizia e di come si può lavorare con successo inedilizia radicandosi nel territorio e utilizzandoprevalentemente le risorse locali. Poi è seguitol’intervento di Marcello Grassi di Gambettola, cheha raccontato la sua esperienza di piccola impre-sa ecologica ed economica.

Nella sua azienda “Il Ciclo Velò”, Grassi ha mes-so in opera una serie di accorgimenti per l’effi-cienza energetica, il recupero delle acque piova-ne, l’autoproduzione energia ed altro ancora. PoiTiziano Tanari di Bologna ha illustrato come nellasua officina di Ostra Vetere nelle Marche sia riu-

scito a trovare soluzioni di successo per non delocalizzare e per rilanciare esperienze, soluzioni eproposte per un nuovo modello di piccola impre-sa nell’Italia della crisi.

A completamento del blocco degli imprendi-tori è intervenuto Pierluigi Perinello della Astor-flex di Castel D’Ario, il quale ha parlato di “Ragio-niamo con i piedi” un progetto di successo per laproduzione di scarpe ecologiche che ha portatoalla trasformazione dell’azienda manifatturiera.

L’ultimo intervento prima del dibattito finale èstato tenuto da Fabio Salviato di Banca Etica cheha fatto un intervento dal titolo emblematico: “Fi-nanza etica e decrescita per superare la crisi”, ov-vero il ruolo e le proposte della finanza etica peruscire dalla crisi e dare vita ad una nuova econo-mia al servizio dell’uomo e dell’ambiente.

Lungo ed animato è stato il dibattito alla finedegli interventi dei relatori. Molti imprenditorihanno voluto fare domande e confrontarsi con lesoluzioni proposte. In sala erano presenti anchetre consiglieri appena eletti al Comune di Veronae sono stati forse quelli più interessati alle solu-zioni proposte dal Movimento della DecrescitaFelice e dagli imprenditori presenti. È emersocon grande evidenza come gli interessie le proposte della piccola e media im-presa, orientata all’efficientamento e-nergetico ed al risanamento del terri-torio, fossero perfettamente in lineacon gli interessi delle persone e delleamministrazioni impegnate ad indivi-duare nuovi soluzioni per i tempi di cri-si. Lo stesso non si può dire delle gran-de imprese, poco legate ai territori equindi pronte a de localizzare ed inte-ressate a grandi opere in grado di pro-durre poco valore e poca occupazione.

Da questa importante esperienza è nato unManifesto-Appello rivolto alla politica che è statogià firmato da più di 50 imprenditori e condivisoda moltissime altre persone. Il documento parladi priorità e di soluzioni praticabili nell’immedia-to per risolvere molti dei problemi che ci afflig-gono, in particolare i problemi di bassa occupa-zione. I dati a supporto delle tesi proposte sonoinconfutabili. Speriamo adesso che ci siano le “o-recchie giuste” pronte ad ascoltare e a dare gam-be e respiro alle nostre proposte.

a cura di Giordano Mancini

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GREEN ECONOMY E DECRESCITA FELICE

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In tempi normali per governare l’economia ba-sta avere accortezza, mediando fra gli interessiopposti per trovare punti di equilibrio nell’in-

teresse generale. Ma quando si attraversano pe-riodi eccezionali, come questo, bisogna decidere lepriorità e a volte anche rimettere in discussionedogmi e certezze. È vero che l’unica via di uscitadalla crisi è la crescita continua del PIL? È veroche solo la crescita porta occupazione? Noi pen-siamo di no. Si continua a parlare di crescita co-me sinonimo di occupazione, mentre i numeri af-fermano il contrario. Ogni imprenditore sa chel’aumento della produttività e quindi del PIL, si ot-tiene con l’automazione e non aumentando pro-porzionalmente l’occupazione, la quale di solitodiminuisce mentre il PIL aumenta! Crescita e oc-cupazione non vanno a braccetto. E poi le grandiopere infrastrutturali le fanno le poche grandi im-prese che hanno le attrezzature necessarie. Sonocoinvolti pochi sub appaltatori e lavorano pochemigliaia di operai, visto che il grosso del lavoro lofanno le macchine. Abbiamo studiato i dati dellagalleria per il TAV in val di Susa, scelta come e-sempio solo perché sono disponibili i dati fornitidal Ministero competente, affidabili e utili per av-viare delle comparazioni. Così sappiamo che l’o-pera consentirebbe di creare circa 6000 nuovi po-sti di lavoro. Dato che l’investimento minimo pre-visto è di 8,2 mld di €, avremmo 0,73 nuovi postiper ogni milione di euro investito … Salvo varian-ti in corso d’opera! Inoltre ribalteremmo ancorauna volta sulle generazioni future il debito, i danniambientali e i costi per l'energia necessaria per ilfunzionamento del tunnel. E questo vale per tut-te le grandi opere infrastrutturali. Sull’altare ideo-logico della crescita del PIL e a favore di pochi sog-getti che guadagnerebbero molto denaro, sacrifiche-remmo ancora una volta l’ambiente, l’occupazioneed i diritti delle generazioni future.

Si può fare diversamente? Certo che si! Bastacambiare le priorità investendo le poche risorsedisponibili in molte migliaia di piccoli e micro can-tieri, rimandando le grandi opere infrastrutturali.I micro cantieri dovrebbero riguardare in primoluogo l’efficientamento energetico degli edificipubblici e privati. Poi anche le bonifiche ambien-tali e per la messa in sicurezza del territorio ri-spetto agli eventi catastrofici. In un accurato stu-dio dell’ENEA del 2009 si proponevano interven-ti di riqualificazione energetica in 15.000 scuoleed edifici pubblici, che spendono circa 1,8 Mld di€ all’anno in energia elettrica e termica. Con gli8,2 miliardi di € previsti per il TAV si può rispar-miare il 20% dei consumi di questi edifici, pari aoltre 420 mln€/anno e si possono creare alme-no 150.000 nuovi posti di lavoro, facendo riparti-re in maniera virtuosa il settore dell’edilizia. In unarticolo apparso in febbraio sul Sole24ore si leg-ge che investendo un milione di € in progetti diefficienza energetica si generano in media 13 po-sti di lavoro. E visto che le opere di efficientamen-to si ripagano in pochi anni grazie appunto al ri-sparmio energetico, le cifre investite diventereb-bero di fatto dei fondi di rotazione. Immediata-mente calerebbe la bolletta energetica nazionalee l'inquinamento da CO2. Ci guadagneremmo tut-ti. Inoltre con commesse piccole e diffuse, i feno-meni di grande corruzione politica, tipici dei gran-di appalti, sarebbero certamente più infrequentie il denaro speso resterebbe nel territorio con-tribuendo in maniera determinante al riavvio del-l’economia!

Facciamo appello alla politica perché dia prio-rità alle soluzioni che proponiamo. Occorre ab-bandonare il dogma della crescita continua. Nel-l’Universo NULLA cresce per sempre e il PIL nonè l’indicatore unico ed indiscutibile del nostro be-nessere.

SPOSTARE LA PRIORITÀDalla crescita del PIL

alla crescita dell’occupazioneAppello per un cambio di prioritàin Italia nelle scelte economiche ed industriali

INNOVARE 2/2012 - 45

http://decrescitafelice.it/2012/05/spostare-la-priorita-dalla-crescita-del-pil-alla-crescita-delloccupazione-in-lavori-utili-una-proposta-concreta/

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Si è appena concluso l’InfoBusiness Forum,l’evento di presentazione della nuova relea-se della soluzione Zucchetti di Business In-

telligence, che vanta ormai 4.400 clienti in Italia.Alle due edizioni dell’incontro, che si sono te-

nute a Roma e a Milano, hanno partecipato oltre350 persone facenti parte delle reti distributivedi Microarea e Zucchetti, a dimostrazione delgrande interesse del canale per la BI, un settore

applicativo che ha registratoun tasso di crescita medio del7% anno su anno dal 2009 al2011 (fonte: Politecnico di Mi-lano).

«InfoBusiness ha registratotassi di crescita notevoli negli ul-timi anni – dichiara AngeloCian (nella foto), responsa-bile delle soluzioni di businessintelligence Zucchetti – con u-no straordinario +59,2% nel2011 rispetto al 2010. Non sia-mo, però, ancora soddisfatti per-ché siamo convinti di poter faremolto di più dal momento cheInfoBusiness è integrato con tut-ti i prodotti dell’offerta Zucchet-

ti e adesso anche con la soluzione Mago.net di Mi-croarea. Contando, infatti, solo i clienti a parco delnostro gruppo abbiamo oltre 70.000 aziende allequali possiamo offrire InfoBusiness. Con la release3.0 abbiamo introdotto nuove importanti funziona-lità nell’applicativo, soprattutto per quanto riguardail ‘data modeling’, ovvero la possibilità di ottenere a-nalisi what-if, planning, budgeting e forecasting, po-

tenziando inoltre l’interfaccia grafica per renderneancora più semplice e intuitivo l’utilizzo e per incre-mentare le modalità di visualizzazione dei dati contabelle pivot, grafici, cruscotti e altre forme di rappre-sentazione».

Molto soddisfatto anche Mario Pedrazzi-ni, direttore commerciale Zucchetti: «InfoBusi-ness ha festeggiato i dieci anni di vita con risultati divendita davvero eccezionali e il merito è da attribui-re al gruppo di sviluppo del prodotto e ai nostri part-ner, che, oltre a specializzarsi nelle applicazioni erpo in quelle per la gestione del personale, hanno sa-puto sviluppare delle competenze al loro interno persaper commercializzare anche una soluzione di bu-siness intelligence. InfoBusiness, comunque, facilita ilcompito alla nostra rete perché fornisce una soluzio-ne composta da ‘connettori’ e modelli di analisi pre-configurati che permettono al cliente che già utilizzale soluzioni Zucchetti di poter usufruire in tempi bre-vi e a costi contenuti dei benefici della business intel-ligence a supporto del processo decisionale. Ovvia-mente si tratta anche di un’opportunità importanteper fidelizzare ancora di più i propri clienti».

Dello stesso avviso è anche Mario Aschie-ro, direttore commerciale Microarea: «Per il ca-nale distributivo di Microarea era diventata una prio-rità integrare una soluzione di business intelligencecon l’applicativo gestionale. Entrare a far parte delgruppo Zucchetti ha rappresentato per noi una gran-de opportunità dal punto di vista commerciale inquanto ci ha permesso di sfruttare i vantaggi dell’of-ferta Zucchetti applicata a Mago.net. InfoBusinessne è l’esempio. Da oggi, infatti, possiamo offrire il no-stro software gestionale nativamente integrato conlo strumento di business intelligence Zucchetti per

INFOBUSINESS “FA LUCE”SUI DATI AZIENDALI

46 - 2/2012 EVENTI

Oltre 350 persone presenti nelle edizionidell’InfoBusiness Forum di Romae di Milano per scoprire le nuove potenzialità della versione 3.0 della soluzione Zucchetti di Business Intelligence

Angelo Cian - responsabile soluzioneZucchetti di business intelligence

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dare un ulteriore valore aggiunto ai nostri clienti». I motivi di questo successo sono la semplicità

e l’intuitività nell’utilizzo, caratteristiche che ren-dono lo strumento adatto anche a utenti pocoesperti di informatica, nonché la sua facilità d’in-tegrazione con le altre applicazioni aziendali (ge-stionali/erp, soluzioni per la gestione del perso-nale ecc.) per disporre di informazioni profilatee contestualizzate sulla base delle specifiche esi-genze del management dell’impresa, della dire-zione commerciale, dell’amministrazione del per-sonale, dei responsabili dei vari reparti ecc.

Tutte le funzionalità di analisi, reportistica edistribuzione (query, analysis, dashboard, repor-ting) di InfoBusiness sono disponibili tanto in mo-dalità client/server quanto in modalità web e l’ac-cesso alle informazioni è possibile anche tramiteinterfacce touch di smartphone e tablet di qual-siasi tecnologia.

Grazie all’elevata scalabilità del prodotto, Info-Business è ideale sia per la piccola e media im-presa, per la quale è spesso sufficiente un’instal-lazione standard con modelli di analisi preconfi-gurati, sia per la grande azienda, che richiede, in-vece, un approccio più strutturato per governa-re processi complessi ed estesi.

Un esempio di successo:il caso Finpolo

Finpolo è un grossista di materiale elettricoche opera nel panorama distributivo italiano daoltre 30 anni: nata nel 1974 dall'idea di alcuni ar-tigiani reggiani, si è trasformata gradualmente nel-l'attuale forma di spa nel 1998, realizzando la pro-pria sede centrale e logistica a Cella (Reggio E-milia) con una superficie interna di circa 8.000mq. A seguito di successive espansioni, Finpoloconta oggi 9 punti vendita dislocati nel nord ecentro Italia, specializzati in questisettori: generalista (civile e indu-striale), solare, automazione indu-striale, illuminotecnica e domoti-ca, cavi.

Finpolo è stata protagonista ne-gli ultimi anni di una forte espan-sione, tanto che l'azienda annove-ra oggi circa 4.000 clienti, oltre400 fornitori e un magazzino conoltre 50.000 articoli.

Gli oltre 400 fornitori di Finpo-lo comprendono multinazionaliproduttrici di componentisticaper i settori civile, industriale e au-tomazione, marchi di design del-l'illuminotecnica d'arredo e pro-duttori di cavidotti. In particolareil settore dei cavidotti rappresen-ta il 20% del fatturato di Finpolo ela particolarità dei prodotti concomponente rame generano diffi-

coltà nella gestione dei listini prezzi e degli stockdi magazzino, a causa della forte variabilità delprezzo. Inoltre il grande numero di clienti rendedifficile la gestione delle vendite, soprattutto perquanto riguarda le dilazioni sugli incassi, che me-diamente superano i 120 giorni.

«A fronte di tale complessità aziendale – dichia-ra il dott. Rudi Marconi, responsabile ammini-strativo di Finpolo – avvertivamo l'esigenza di a-nalizzare dettagliatamente il ciclo attivo e passivo,scoprire i punti deboli e ottimizzare i processi; vole-vamo, inoltre, fornire alle varie funzioni aziendali u-na reportistica con visioni sintetiche e analitiche del-le varie aree, a supporto delle decisioni strategiche».

Per risolvere queste difficoltà gestionali, Fin-polo ha deciso di affidarsi a Gestio, partner Zuc-chetti di Reggio Emilia specializzato nella consu-lenza in grado di offrire un servizio qualificato al-le piccole e medie imprese nelle aree del con-trollo di gestione, della finanza d'impresa e dellafiscalità internazionale. Gestio ha operato perFinpolo una riclassificazione del bilancio azien-dale in ottica gestionale, impostando allo stessotempo una contabilità analitica per singolo pun-to vendita.

La prima esigenza è stata quella di analizzaresecondo diverse chiavi di lettura il fatturato sud-diviso per singola filiale. Successivamente Gestio,alla luce della complessa struttura di vendita, haindividuato le aree che necessitavano di esseremonitorate e analizzate per poter individuare lecriticità: le performance di agenti e filiali in ter-

INNOVARE 2/2012 - 47

Sede Finpolo

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mini di volumi e redditività, l'andamento dellaconsistenza dei crediti nel corso del tempo, l'an-damento del magazzino e le relative rotazioni, lepolitiche di acquisto con i fornitori in relazionealle promozioni in corso.

Per poter monitorare l'andamento di tutte learee di criticità individuate, Gestio ha integratoil software gestionale di Finpolo con InfoBusi-ness, la soluzione di business intelligence Zuc-chetti: i dati del gestionale sono stati configuratiin modo da renderli disponibili alle varie funzio-ni aziendali attraverso analisi multidimensionali ecruscotti sintetici, che permettono di avere unavisione d’insieme dell'area e al contempo di scen-dere nel dettaglio.

«Ci siamo rivolti a Gestio – prosegue Marconi –

perché avevamo la necessità di una consulenza ge-stionale approfondita e di uno strumento di analisiefficiente, che ci permettesse di confrontare i dati a-ziendali e capire a fondo le dinamiche degli acquistie delle vendite, in modo da poter intervenire sui pun-ti deboli del processo.

Grazie all'integrazione del nostro software gestio-nale con InfoBusiness Zucchetti, realizzata sotto laguida di Gestio, oggi possiamo distribuire alle variefunzioni aziendali cruscotti sintetici con dati e infor-mazioni significative sulla propria area di competen-za. Siamo riusciti a porci le domande giuste e a pren-dere le opportune decisioni, raggiungendo così il no-stro obiettivo di ottimizzare i processi e ottenere u-na maggiore efficienza aziendale»

EVENTI48 - 2/2012

Programma dei Lavori della giornata:Evoluzione del quadro macroeconomico/monetario ed incidenza sugli acquisti aziendali di Materie Prime e Servizi.Domenico Delli Gatti – Prof. Economia Politica Università Cattolica / Wolfram Mrowetz - AD Alisei SIM Andamenti, previsioni e testimonianze a cura dei Dir/Resp. Acquisti ed esperti AdaciI Metalli non ferrosi a cura di AssometI Metalli Ferrosi a cura di AssofondLa Chimica ed il Petrolio – Daniele Prudenzano – Adaci Le Materie Plastiche - Vittorio Stefanini – AdaciLa Componentistica Elettronica – Maurizio Del Pozzo – B Ticino Servizi,Logistica e Trasporti – S. Rognoni e M. Sartor – Centrale Acquisti Gli Imballallaggi – Giovanni Arletti – Chimar

2° semestre 2012

Incontro organizzato a cura della Sezione Lombardia/Liguriawww.approvvigionare.com

www.adaci.it

giovedì 27 settembre 2012

ANALISI SCENARIO MACROECONOMICOANDAMENTI E PREVISIONI MERCATI

MATERIE PRIME, BENI E SERVIZI

Il Workshop si svolge presso la Cascina Grande

Via Togliatti - Rozzano (MI)Galleria Rudth - Sala Conferenze

Quota di partecipazione, comprensiva di colazione di lavoro, cofee break ed atti preparatori del Workshop:Non Soci ADACI € 450.00 + IVA“Amici L’Ammonitore” € 350.00 + IVA (compresa iscrizione ad ADACI)Soci ADACI € 300.00 + IVAPer iscrizioni ed informazioni è necessario inviare una mail [email protected] con oggetto: workshop Per informazioni chiamare: Laura de Faveri c/o Adaci tel 02/40072474

ADACIWORKSHOP

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Iplasmi freddi a bassa pressione forniscono unvalido strumento per modificare la composizio-ne superficiale e la topografia di un materiale

senza alcuna alterazione delle proprietà di bulk.PLASMAPPS è in grado di cucire su misura del-

le diverse esigenze del cliente e per le diverse ap-plicazioni richieste, soluzioni al plasma dalla scaladi laboratorio a quella industriale, per il trattamen-to di substrati di vario genere come ad esempiosuperfici 3D complesse, reti, tubi e granuli, prodot-ti tessili, etc. (reattori roll-to-roll, reel to reel, etc).

In quest’ottica Plasmapps ottimizza ed adatta al-le esigenze del cliente processi di modificazionesuperficiale dei materiali via plasma (es. deposizio-ne di film sottili, trattamenti, etching) che trovanoapplicazione in svariati settori industriali quali adesempio: packaging alimentare e farmaceutico, tes-sile, industria della carta, dei polimeri e della gom-ma, dei materiali compositi, del biomedicale, dellaprotezione dalla corrosione, dei beni culturali emolti altri.

Il plasma, chiamato anche il quarto stato dellamateria, può essere considerato un gas compostoda molecole, atomi, ioni ed elettroni con partico-

a cura di Valentina Ventricelli*

ECCELLENZA “MADE IN PUGLIA” ALLA CONQUISTA

DEL MONDO

LE PMI SANNO INNOVARE50 - 2/201248 - 1/2012

Figura 1: Plasmapps ha messo a punto un processo pla-smochimico di protezione dei metalli dalla corrosione:nell’immagine a sinistra una moneta di rame trattata daPlasmapps e accanto a destra una moneta tal quale, do-po immersione in una soluzione fortemente ossidante

Plasmapps nuova ed unica realtà industriale made in Italy ad offrire alle aziende clientisoluzioni basate sulla tecnologia plasmochimica; nel territorio nazionale vi sono altre duerealtà simili ma filiali di società tedesche. L’innovazione è il suo credo aziendale uniti allaconsapevolezza che tutto ciò che è solido e ci circonda ha delle superfici che possono es-sere trattate via plasma per migliorarne le prestazioni.

Grazie a tale tecnologia è possibile sviluppare nuove superfici altamente performanti apartire da materiali comuni in uso nei diversi settori industriali, semiconduttori, microelet-tronica, imballaggio alimentare e farmaceutico, automobilistico, protezione dalla corrosio-ne e biomateriali. Spesso infatti i materiali che costituiscono la maggior parte degli oggettiintorno a noi vengono scelti per le prestazioni meccaniche, peculiarità fisiche o requisiti dieconomicità, ma molto spesso hanno delle proprietà superficiali non soddisfacenti per lespecifiche applicazioni, necessitano quindi di trattamenti superficiali specifici.

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lari caratteristiche reattive. È lo stato più diffusodell'Universo con ricadute tecnologiche sulla ter-ra in numerosi settori produttivi e nella vita comu-ne (si pensi al televisore al plasma o alle scaricheelettriche durante i temporali). Lo studio del pla-sma è stato per lungo tempo retaggio della Fisicanel campo della fusione termonucleare alla basedella quale è lo stesso meccanismo operante nelsole per produrre energia e nelle bombe termo-nucleari per usare tale energia a scopi bellici. Negliultimi anni la modificazione via plasma "freddo" dipolimeri e la deposizione di film polimerici è unsettore della scienza dei materiali in crescita espo-nenziale a causa delle sue molteplici applicazioniindustriali. I materiali trattati via plasma mostranoinfatti peculiari proprietà di inerzia chimica, durez-za, indice di rifrazione, bagnabilità, compatibilitàcon il plasma sanguigno e resistenza ai batteri cheli rendono indispensabili in settori strategici qualil'agroalimentare (packaging) e il medicale (bioma-teriali).

Cosa succede al materiale esposto al plasma?

Quando mettiamo un qualsiasi oggetto solidoin un reattore plasmochimico le sue superfici ven-gono esposte al plasma e si ritrovano ad interagirecon le specie reattive generate in fase gassosa (a-tomi, ioni, radicali). In questo modo è possibile sin-tetizzare nuove interfacce stabili, dal momento chesi creano dei veri e propri legami covalenti tra lespecie attive del plasma e la superficie del materia-le stesso. Dopo il processo, tutte le molecole a bas-so peso molecolare che si sono formate nelle rea-zioni di ricombinazione e le molecole di mono-mero che non hanno reagito vengono pompate viadai sistemi di pompaggio. La modificazione superfi-ciale può essere regolata finemente attraverso laregolazione ed il controllo dei parametri speri-mentali di processo quali potenza in ingresso, lafrequenza di modulazione del campo elettrico ap-plicato, la natura, portata e pressione del gas di ali-mentazione, la temperatura, il potenziale di pola-rizzazione e la posizione del substrato, etc.

Per mezzo della tecnologia al plasma è possibilesintetizzare superfici nuove su materiali conven-zionali anche termolabili, come polimeri, carta,cuoio, tessuti, senza produrne alcuna degradazio-ne ma ottenendo una composizione chimica su-perficiale diversa con proprietà più interessanti ea volte impensabili rispetto ai materiali di parten-za. Inoltre, i processi plasmochimici sono processia secco che lavorano in assenza di solventi, con unutilizzo minimo di reagenti, in una parola sola i pro-cessi via plasma sono dei processi eco-compa-tibili. Altri importanti vantaggi di questa tecnolo-gia sono il costo ridottissimo di processo, la possi-bilità di scalare i processi per prodotti di grandidimensioni e la velocità.

Possono essere definite tre principali classi diprocessi plasmochimici:

– Etching via plasma, ossia ablazione del mate-riale attraverso la formazione di prodotti volatilidopo l’interazione tra il materiale e le specie atti-ve prodotte nel plasma. Questa classe di processiè più comunemente utilizzata in microelettronica,per la progettazione di circuiti integrati ad elevatarisoluzione spaziale, oltre ad essere alla base delletecnologie di pulizia o sterilizzazione.

– Plasma Enhanced Chemical Vapour Deposi-tion (PE-CVD), deposizione di film organici ed inorganici sottili (5-1000 nm), questa è probabil-mente la più ampia classe di processi al plasma. Iprocessi PE-CVD possono essere utilizzati per sin-tetizzare differenti rivestimenti per personalizzare

INNOVARE 2/2012 - 51

Figura 2: Plasmapps ha messo a punto un processo pla-smochimico per rendere i tessuti (sintetici o naturali)antimacchia: nell’immagine a sinistra un tessuto tal qualee a destra un tessuto trattato da Plasmapps, entrambicon gocce di acqua, olio minerale e caffè caldo.

Figura 3: Plasmapps ha messo a punto un processo plasmochi-mico per modulare il coefficiente di attrito delle gomme, e au-mentarne la resistenza ai chemicals.

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LE PMI SANNO INNOVARE52 - 2/2012

la superficie dei materiali, con proprietà che spa-ziano dal teflon-like al silica-like, ai nano-composi-ti, dal super idrofobo al super idrofilo, all’ idrogel-like. Si possono così aggiungere nuove proprietà aimateriali tradizionali, quali per esempio durezza,resistenza ai graffi, non fouling, idro / oleorepellen-za, idrofilicità, effetto flame-retardant, cell-adhesi-ve, e molti altri.

– Il trattamento, ossia l’innesto (grafting)di gruppi funzionali desiderati sulla superficie deimateriali con trascurabile aggiunta o sottrazionedi massa. L’innesto di gruppi funzionali può esse-re anche associato ad un certo grado di reticola-zione della superficie trattata. I trattamenti al pla-sma sono generalmente utilizzati per impartireproprietà superficiali stabili nuove a polimeri, car-ta, tessuti e altri materiali. È possibile otteneresuperfici idrofobe da superfici idrofile (e vicever-sa), è possibile migliorare la stampabilità, la tintu-ra, la metallizzazione, la bagnabilità, etc.

PLASMAPPS vanta una maturata esperien-za nel campo di tutti i trattamenti superficiali viaplasma, sia nella ricerca fondamentale ed applica-ta per la messa a punto di processi plasmo chi-mici che nella progettazione e realizzazione direattori al plasma. Siamo in grado di trasferire itrattamenti al plasma già sviluppati a nuovi mate-riali, o sviluppare nuovi trattamenti su richiesta delcliente, oltre che fornire lo scale-up dei trattamen-ti al plasma dal laboratorio a scala industriale.

Elementi da valorizzare• La tecnica plasmo-chimica è una tecnica “eco-

logica”, i processi avvengono sottovuoto, non c’èproduzione di rifiuti ed essendo processi a bassapressione anche il consumo di energia è minimo.

• I processi via plasma impiegano quantità di che-micals irrisorie (perché si tratta di modifiche via

plasma con film nano o micrometrici, quindi conridottissimo impiego di prodotti chimici)

• I processi possono essere velocissimi. In reat-tori roll-to-roll si arriva a trattare nastri di polie-stere larghi 160 cm e lunghi 40-50 km alla velocitàdi 15 metri al secondo!

• Plasmapps produce macchine di serie o cu-stomerizzate: disegnate e realizzate su misura peril cliente e possedendo il Know-how necessariofornisce le macchine complete del processo, il reat-tore diventa così un prodotto chiavi in mano (ven-dita, noleggio, trattamento conto terzi)

Recenti studi di processi industriali• trattamenti per modulare il coefficiente di attri-

to della gomma;• rivestimenti anti-graffio, antiusura;• trattamenti su membrane per applicazioni tec-

niche e biomedicali;• protezione di manufatti e patrimonio artistico

in metallo in ambienti altamente corrosivi;• filtri altamente selettivi per gas, vapori, aerosol;• tessuti antimacchia resistenti a lavaggio e stiro,

flame-retardant;• trattamento antitarnish di oggetti in argento e

leghe metalliche preziose;• perfetta stampabilità (nero e colori) su superfici

in poliestere e in policarbonato;• protesi interne antibatteriche, lubriche e bio-

compatibili;• riduzione del colorante in eccesso su tessuti;• processi anticontraffazione.

Ogni prodotto industriale ha delle superfici chepossono essere trattate via plasma per migliorarnele prestazioni: le applicazioni possibili sono infinite!

Valentina Ventricelli*Confapi Bari e BAT

Figura 4: Plasmapps realizza impianti plasmochimici su misura del cliente.Nell’immagine un impianto realizzato da Plasmapps (www.plasmapps.com)

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LE PMI SANNO INNOVARE54 - 2/2012

In nomine omen. Le origini del gruppo Pelfa o,per meglio dire, del suo fondatore RedentoFabbro si perdono nel Medioevo, al 1359, an-

no di cui si hanno le prime documentate notiziedi una lavorazione artigianale del ferro della fa-miglia da cui discende l’attuale titolare del grup-po sempre nella zona di Buia, poco a Nord di U-dine, già da quell’età vocata alla lavorazione a cal-do dei metalli.

L’odierna attività ha celebrato, invece, da po-che settimane il suo trentatreesimo anniversariodi fondazione. Sorta, infatti, nel 1979 per iniziati-va di Redento Fabbro come Pel-Fa snc si occupa-va di manutenzione per una locale importante ac-ciaieria, le Ferriere Nord del limitrofo comune diOsoppo. Ma già nel 1987, la Pelfa abbandona ilcomparto delle pure manutenzioni, realizza unnuovo stabilimento e inizia a operare a livello na-zionale, prima, e internazionale, poi, nel campodella carpenteria industriale nonché della costru-zione di impianti per acciaierie, laminatoi, per i

settori metallurgico ed energetico nonché per lamovimentazione della terra. Nel suo sviluppo laPelfa si è strutturata in un gruppo comprendentequattro imprese (la Pelfa srl, la LMD srl, la CF srldi Buia e la CSP srl di Cuneo), che nel 2011 haraggiunto un fatturato consolidato fra le primetre di 25 milioni di Euro, a cui si aggiungono i 4milioni dell’impresa controllata di Cuneo.

Si tratta di settori in cui la concorrenza a li-vello internazionale è sempre stata accesissima,ma in cui grazie ai notevoli investimenti in ricer-ca e sviluppo, in risorse umane e, soprattutto,nell’organizzazione produttiva e del lavoro, ilgruppo Pelfa ha potuto stabilire importanti al-leanze all’estero e ha potuto acquisire semprepiù rilevanti spazi di mercato e commesse di no-tevole prestigio. Cinque sono a oggi le certifica-zioni di qualità acquisite, di cui, forse, la più signi-ficativa è la DIN 2303 Q2BK3, conforme ai re-quisiti e valida per la realizzazione di prodottiper il settore militare.

Grazie a queste idee ed alla capacità di met-terle in pratica, anche in un momento di forte cri-si internazionale il gruppo è riuscito, non senzasacrifici, a mantenere inalterato rispetto al 2008il livello occupazionale, anno d’inizio della grandecrisi, in 140 unità, a cui si aggiungono i 40 della C-SP srl di Cuneo, e soprattutto a conservare lu-singhiere prospettive per il futuro. Redento Fab-bro riassume la visione dell’impresa in tre “F”: fu-turo, flessibilità e forza.

Futuro perché la voglia di crescere e di guar-dare al futuro ha permesso alla Pelfa di iniziareimportanti collaborazioni già nel 2007 con im-prese tedesche ed austriache, realizzando un’au-tentica rivoluzione commerciale proprio negli an-ni della crisi, tanto che dal 2008 ad oggi il merca-to è passato da un 95% verso l’Italia ad un 95 %verso l’estero.

a cura di Api Udine

PELFA GROUP 30 ANNI DI DEDIZIONE

NELLA RICERCA E NELLO SVILUPPO

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INNOVARE 2/2012 - 55

Flessibilità perché crede che questa sia l’armavincente per affrontare il mercato con la conse-guenza ad avere sempre personale altamente qua-lificato e preparato per garantire qualità e tempi-stiche di realizzazione richieste dai clienti.

Forza perché, dal punto di vista organizzativoe gestionale, mettendo a sistema forze comple-mentari e lavorando in team si abbattono costi esi migliora l’offerta verso la clientela senza ricor-rere massicciamente alla terziarizzazione, spessonon ben accetta dal cliente. In questo il gruppoPelfa è stato fra i primi in Italia a sviluppare con-tratti di rete (con le ditte Comeca srl e B&T srlin provincia di Udine), tanto che le facoltà di e-conomia delle Università di Urbino e di Veronane hanno fatto oggetto di indagine per capire leragioni ed i benefici che questo tipo di contrattoapporta.

Questa visione, ad esempio, ha permesso dipotenziare il reparto di saldatura e di rivoluzio-nare il lay out classico di una carpenteria, da unsistema tradizionale (ad alta componente manua-le) ad un sistema complesso di produzione auto-matizzato in ogni sua fase, portando così a dimi-nuire i costi, ma, allo stesso tempo, a mantenereun alto standard qualitativo e a mantenere inal-terati i livelli occupazionali del gruppo. In que-st’ottica sono stati introdotti nuovi impianti e at-trezzature; alcune sono uniche nel loro genere esono il frutto della trentennale esperienza e diattività di ricerca interna nel campo della carpen-teria meccanica e della saldatura, con il risultatodi ridurre drasticamente i tempi tra le varie fasidi lavorazione e accrescere la produttività.

Nel giugno 2012, l’impresa ha inaugurato ilnuovo impianto di tornitura verticale modello“Berthiez”, le cui capacità e completezza di lavo-razione ne fanno una macchina unica nel suo ge-nere, in grado di eseguire lavorazioni di tornitu-ra di grandi dimensioni nonché lavorazioni di fre-satura e foratura. Questi i dati tecnici principali:diametro massimo lavorabile 8.000 mm, altezzamassima lavorabile 4.000 mm, portata mandrino160 t, unità a fresare con testa a 5 assi, sistemaautomatizzato per cambio utensili, velocità mas-sima di rotazione mandrino 50 giri/min che equi-vale ad una velocità tangenziale a 8 m di circa 75Km/h ed infine controllo numerico e motori Sie-mens di ultima generazione. L’impianto è statorealizzato in proprio è costituisce un prototipo atutti gli effetti.

Grazie agli sforzi compiuti la Pelfa è riuscitaad accedere a un mercato sì competitivo ed esi-gente, ma anche notevolmente stimolante e diprestigio.

Alcuni esempi delle ultime realizzazioni sono:– gli statori dell’apparto motore diesel-elet-

trico per sottomarini della Marina Italiana classe“Todaro” di costruzione italiana, ma di progetta-zione tedesca (il cliente é la multinazionale te-

desca Siemens), con potenza subacquea di 2.850Kw e di superficie di 1.040 Kw;

– coni di scarico per una grande centrale i-droelettrica in Russia (commessa che termina afine 2013)

– strutture per un importantissimo progettoitaliano di valenza internazionale (commessa chetermina a metà 2014)

– carri ferrovia-ri speciali per unaimportante acciaie-ria tedesca delgruppo Manne-smann Krupp.

In conclusione, ilteam di tecnici delgruppo Pelfa ha sa-puto riassumere,nel concepire eprogettare questoimpianto di torni-tura, il meglio dellatecnologia a dispo-sizione e ciò per re-stare all’avanguar-dia in un mondosempre più competitivo e per soddisfare le esi-genze della clientela in tempi rapidi, nel modo piùcompleto e tecnologicamente più avanzato pos-sibile, sia dal punto di vista delle attrezzature chedal punto di vista organizzativo e gestionale.

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Investire ai tempi della crisi. Prendendo spuntodal pensiero einsteiniano per cui le crisi eco-nomiche devono essere viste come opportu-

nità per crescere, aumentano nella Penisola i casidi imprenditori che, anziché leccarsi le ferite e li-mitarsi a conservare l’esistente contenendo i dan-ni, rilanciano sul tavolo da gioco dell’economia escommettono sul proprio futuro.

Anche in Basilicata, a Matera in particolare, c’èchi in periodo di crisi ha il coraggio di investire edi creare una start-up innovativa. Dal ConsorzioINNOVA nasce DIAN Srl, con l’obiettivo di in-novarsi ulteriormente in un settore, quello del-l’Osservazione della Terra, di per sé già innovati-vo.

INNOVA, infatti, opera da anni del settore del-l’Osservazione della Terra accanto ai più impor-tanti player nazionali del settore (ASI, Telespazio,e-Geos, Thales Alenia Space Italia).

In un ambito in cui da anni e con risultati nonsempre esaltanti si cerca sempre di spingere so-prattutto le PMI ad aprirsi al mercato vero, sia

pubblico che privato, INNOVA ha fatto una scel-ta precisa e coraggiosa in questa direzione. Infat-ti, integrando le proprie competenze sull’analisidei dati satellitari con quelle che prevedono l’uti-lizzo di sensoristica a terra (superando quindi al-cuni limiti tecnici intrinseci nella tecnologia satel-litare applicata a problematiche di controllo ter-ritoriale ed ambientale), attraverso la costituzio-ne di un nuovo soggetto imprenditoriale - DIANsrl - si affaccia sul mercato come erogatore di ser-vizi di monitoraggio ambientale.

Il tutto, naturalmente, anche a fronte di un in-vestimento importante per l’acquisizione di stru-mentazione ad hoc per queste applicazioni, in unperiodo in cui la crisi economica indurrebbe (for-se sbagliando) a non procedere in simili direzio-ni.

La filosofia che guiderà DIAN nel fornire ser-vizi di monitoraggio ambientale sarà quella di a-vere un occhio sempre fisso alla possibilità di svi-luppare algoritmi software innovativi per l’analisidei dati ricevuti da sensori eterogenei. In tal sen-

a cura di Pasquale Latorre*

LE PMI SANNO INNOVARE56 - 2/2012

INVESTIRE IN TEMPI DI CRISI ANCHE IN BASILICATA SI PUÒ

Il caso di INNOVA e della sua start-up DIAN a Matera

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INNOVARE 2/2012 - 57

so l’uso di piattaforme software opensource è fondamentale perché in questosettore si ritiene essenziale la condivi-sione di questi nuovi approcci con la co-munità scientifica e gli utenti. In pratica,fatte salve componenti sensibili del pro-cessamento dati e/o quelle per le qualisiano previsti accordi specifici con uten-ti e/o partner, la condivisione di espe-rienze per DIAN rappresenta inveceun’opportunità affinché il tanto “agogna-to” mercato dell’osservazione della Ter-ra possa realmente e finalmente esplo-dere. Questo è il vero significato di openinnovation.

Il rovescio della medaglia. In-tanto, come capita in questi casi, c’è sem-pre il rovescio della medaglia. Mentre iprivati si danno da fare per investire, ilpubblico resta indietro alimentando ledicerie sul Sud arretrato e sottosvilup-pato. Anzi, nell’ambito della medesimapubblica amministrazione, spesso la de-stra non sa quello che fa la sinistra (nelsenso di arti, naturalmente, e non di par-ti politiche).

La Regione Basilicata, infatti, ha inten-zione di dotarsi di una propria legge che,basandosi su software libero e open da-ta, aumenti l’efficienza, la partecipazionee la democrazia. L’adozione di politichedi e-government basate su software libe-ro e open data nelle infrastrutture infor-matiche della pubblica amministrazionee delle imprese private consentirebbenotevoli risparmi per la p.a. e per le im-prese che potrebbero dialogare in tem-po reale via web. La liberazione dei dati,inoltre, favorirebbe lo sviluppo di servizie di iniziative private basate su di essi,creando lavoro e innovazione.

Fin qui le intenzioni, lodevoli, ma chedevono fare i conti con un gap culturaleche riguarda più la pubblica amministra-zione che le imprese private. Software li-bero, open data, Agenda Digitale Italiana:tutte parole di cui ci si riempie la boccasenza sapere che all’interno della stessaRegione e, spesso, dello stesso Diparti-mento, una burocrazia lentocratica ed e-lefantiaca trattiene le pratiche per mesie anche per anni, utilizza la raccomanda-ta postale con avviso di ricevimento an-ziché la pec, frappone ostacoli di ogni ge-nere, confonde il diritto alla privacy conil dovere di dare risposte ai cittadini, i-gnora la democrazia partecipata e i van-taggi del web.

* Direttore Confapi Matera

DIAN S.r.l. (Differential InterferometricAnalysis) è stata fondata all’inizio del 2012a Matera, in un humus territoriale fertilegrazie alla presenza del Centro di Geo-desia Spaziale dell’Agenzia Spaziale Ital-iana e di un significativo numero di altrePMI operanti nel settore aerospaziale acavallo tra le regioni Puglia e Basilicata.L’iniziativa rappresenta il risultato dellafusione del know-how maturato in am-bito imprenditoriale e dei risultati di oltre15 anni di studi in ambito scientifico nelsettore del remote sensing e del moni-toraggio ambientale e/o strutturale. DIAN si colloca nel settore del terziarioavanzato come erogatore di servizi di in-gegneria e di monitoraggio ambientale. Leproprie attività in particolare, sono riv-olte a fornire servizi di monitoraggio di:• fenomeni naturali, • grandi infrastrutture, • beni culturali,• mediante l’uso della tecnologia interfer-ometrica SAR da satellite o da radarbasato a terra.DIAN si rivolge quindi a società di ingeg-neria e di geologia, pubbliche amminis-trazioni centrali e/o locali, agenzie di pro-tezione civile, società idroelettriche,gestori di dighe, agenzie responsabili diattività di monitoraggio ambientale,sovrintendenze dei beni culturali.

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DAL MONDO CONFAPI58 - 2/2012

La collaborazione al tempo della crisi: mette-re insieme i punti di forza per affrontare ilmercato in modo efficace e ridurre i costi.

Questo stanno tentando di fare gli imprenditoripiù illuminati grazie alle opportunità offerte dallereti di impresa.

E se inizialmente questa tipologia di collabora-zione era tipica soprattutto in ambito industrialeoggi si stanno facendo strada reti tra imprese delsettore dei servizi avanzati.

Proprio come Commedia group,progetto di rete nel settore mediacomunicazione, nato e fortementevoluto da Tiziano Prati amministra-tore delegato di Sigla, agenzia di co-municazione mantovana, che ha ac-cettato di rispondere a qualche do-manda.

Da dove nasce l’ideadi costituire

una rete d’impresa?Oggi l’innovazione non si produ-

ce da soli: è troppo complessa, im-pegnativa e rischiosa per un’azien-da singola. Sempre di più è neces-sario muoversi mobilitando alleati

e risorse esterne in aggiunta alle proprie. Se sivuole crescere stando sul mercato è necessarioricercare alleanze e sinergie su visioni e valori co-muni di business ed etici.

Questi valori sono alla base della creazione diun network orizzontale e trasparente che abbia-mo chiamato Commedia, comunication and mediagroup in cui ogni realtà mette a disposizione il pro-prio talento, i propri asset distintivi.

Quali e quante sono le imprese che fanno parte della rete?

Attualmente la rete Commedia si compone diimprese, formalmente indipendenti ma sinergichee complementari tra loro che coprono tutta la fi-liera di produzione di servizi di comunicazione emedia. Le imprese si distribuiscono tra Lombardia,Trentino e Toscana con un fatturato aggregato dioltre 8 milioni di euro e cira settanta addetti. Al dilà dei numeri credo che questa sia una risposa cheil mercato riconosce come seria e credibile al limi-te imposto dal cosiddetto “nanismo imprendito-riale” presente anche nel settore dei servizi alleimprese, cioè di dimensioni aziendali troppo con-tenute per rispondere alle esigenze sempre più mu-tevoli e complesse delle aziende. Soprattutto la re-te Commedia consente di specializzarsi e usaremeglio le conoscenze di cui ciascuno di noi dispo-ne: i singoli nodi della rete possono così concen-trare risorse e competenze sulle specifiche attività“core” divenendo sempre di più gli specialisti diquel settore.

Quali sono i servizi proposti? Commedia si pone come referente unico per le

imprese clienti: dal brand alla comunicazione, daldesign di prodotto allo store, dal web all’adverti-sing, dalla ricerca di mercato al web marketing. Ilnostro miglior modo per dire è fare. Quando ser-viamo i nostri clienti ci comportiamo come se stes-simo tutti correndo una staffetta dove il testimo-ne viene passato da un corridore-azienda all’altrodurante lo sviluppo di ogni singolo progetto conun occhio attento alla coerenza e alla corretta in-tegrazione di ogni aspetto grazie ad un'unica regiae supervisione strategica.

UNA RETE TRA IMPRESERidurre i costi

e affrontare meglio il mercato

Tiziano Prati, amministratore delegato di Sigla e partner di Commedia

a cura di Giacomo Cecchin*

Le imprese della rete commediaCommedia è una rete aperta, fluida e traspa-rente fatta di aziende che credono nell’inno-vazione anche dei processi e dei servizi. At-tualmente fanno parte di questa rete: 1to1lab,Medianet, Diesis, Kor, Abis, Zonauno, Dea adv,Dpm, Bk1, Mercury, An-soft.

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INNOVARE 2/2012 - 59

Per il quarto anno consecutivo Api Giovanipropone un percorso fatto di incontri gra-tuiti per stimolare il confronto e la creati-

vità. Dopo il pensiero laterale, la capacità di de-cidere e il confronto tra arte e impresa quest’an-no è la volta delle Check-list, le liste di controllo,che saranno al centro di una serie di appunta-menti organizzati in collaborazione con Randstad,Sigla – agenzia di comunicazione e Dipiemmestu-dio.

«Le check-list, le liste di controllo delle attività daportare a termine per un progetto o per raggiungereun obiettivo sono presenti non solo nella vita delle a-ziende e degli imprenditori, ma anche in tutte le pro-fessioni e anche nella nostra vita quo-tidiana – ci racconta Erica Gazzu-relli, presidente di Api Giovani pre-sentando l’iniziativa – gli incontri pre-visti per questo progetto vogliono pro-prio mettere a fuoco l’utilità dellecheck-list».

Protagonisti degli incontri inseriti nel ciclo cheè iniziato a maggio e finirà nel dicembre 2012 sa-ranno persone che nella loro attività utilizzano lecheck-list o in ogni caso hanno delle competen-ze organizzative che possono fornire utili spuntidi confronto agli imprenditori.

«Abbiamo iniziato con lo chef e il ristorante comemetafora della perfetta organizzazione aziendale econ un testimonial d’eccezione come la famiglia San-tini di Dal Pescatore – prosegue la presidente Gaz-zurelli – abbiamo pertanto approfondito la comples-sità che sta dietro ad un’organizza-zione della cucina e del servizio chedeve mantenere livelli elevati e ten-dere al miglioramento continuo».

L’idea del progetto nasce dal-l’opinione che le check-list sem-brano lasciare poco spazio allacreatività individuale. In realtàspesso utilizziamo delle liste dicontrollo senza accorgercene esoprattutto questi strumenti ciconsentono di svolgere in modoautomatico le operazioni piùsemplici e di liberare risorsementali così da risolvere in mo-do creativo emergenze ed impre-visti.

Il primo incontro dal titolo l’A-zienda ristorante: l’impresa della

cucina è stato inserito nella manifestazione Man-tovaCreativa e ha visto la partecipazione di unaquarantina di imprenditori. Molto efficace è statal’idea di mettere a confronto la cucina con l’or-ganizzazione dell’impresa che ha fornito utilispunti di riflessione sulle regole che governanole imprese vincenti e sul rapporto tra proceduree creatività.

Nel secondo incontro tenutosi nel mese di giu-gno il protagonista è stato il design. «Il designer èl’immagine del creativo per eccellenza: un professio-nista che grazie al colpo di genio inventa prodotti etrova soluzioni innovative – dice la presidente di A-pi Giovani Erica Gazzurelli presentando l’iniziati-

va – in realtà si tratta di un’attività fat-ta di metodo, disciplina, procedure e… creatività: in altre parole le qualitàche fanno il bravo imprenditore».

Il relatore è stato un giovane de-signer Massimo Zaniboni, laureato

al Politecnico di Milano nel 1994 con specializza-zione “Industrial Design”, che ha parlato di comenel design il metodo progettuale, una vera e pro-pria check-list, sia alla base della riuscita di un pro-dotto: dal concept iniziale alla sua realizzazione eproduzione in serie.

Sono in fase di definizione anche i prossimi in-contri che vedranno tra gli ospiti un architetto,un regista cinematografico, un direttore d’orche-stra e un medico del pronto intervento.

* API Mantova

CHECK LISTTra attività e creatività

I partecipanti al primo incontro:Erica Gazzurelli, presidente Api Giovani e Antonio e Alberto Santini,

titolari de Dal Pescatore, ristorante con tre stelle Michelin di Runate di Canneto sull’Oglio

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DAL MONDO CONFAPI60 - 2/2012

Confapi pmi Reggio Emilia, che associa oltre500 aziende della nostra provincia, ha rac-colto i dati emersi dalla consueta indagine

congiunturale trimestrale riferita ai mesi di apri-le–giugno 2012. Il campione indagato è di 100 a-ziende associate, appartenenti ai maggiori settoriproduttivi. Analizzando i dati raccolti da Confapipmi Reggio Emilia riferiti al secondo trimestre del2012 la produzione risulta in diminuzioneper il 46,5% (+5,5%), stabile per il 30,5% (-9,5% ri-spetto al trimestre precedente) e in aumento peril 23% (+4%) del campione indagato.

Gli ordinativi del secondo trimestre ricalcano

perfettamente i dati della produzione. II mercato interno registra i peggiori

dati congiunturali a conferma dell’anda-mento del trimestre precedente: diminu-zione del 50%, stabilità per il 26% e un aumentodel 24%. Il fatturato risulta in diminuzione per il41,5% (-0,5%), stabile per il 33% delle aziende in-tervistate (-8%) e in aumento per il 25,5% (+8,5%).

Gli effetti della crisi continuano ad in-taccare i livelli occupazionali anche se conminore aggressività: stabilità per il 79% delle azien-de del campione, diminuzione e aumento pari aquota 10,5%.

I RISULTATIDELL’INDAGINECONGIUNTURALETRIMESTRALEII° TRIMESTRE 2012

a cura di Confapi Reggio Emilia

Commento di Cristina Carbognani,Presidente Confapi pmi Reggio Emilia, all’Indagine Congiunturale

«È sconfortante ogni tre mesi analizzare i dati congiunturali e riscontrare che lo stato di salutedelle nostre pmi associate è in continuo inesorabile peggioramento.

I risultati che abbiamo raccolto infatti si allineano alle tendenze emerse da quelli pub-blicati recentemente dall’Istat: la produzione industriale è ai minimi storici come iconsumi. La recente approvazione del Decreto Sviluppo, contenente le misure delGoverno per favorire la crescita, arriva in maniera tardiva, quando ormai le pmi so-no in agonia da tempo.Nonostante il Governo sia formato da tecnici spiace constatare che i tempi dellapolitica rimangano comunque diversi da quelli dell’impresa. Una scollatura che con-tinua a mietere vittime come dimostrano i dati dei fallimenti, della disoccupazionegiovanile e dell’utilizzo degli ammortizzatori sociali.Una situazione che nella nostra zona, soprattutto per quanto riguarda la catena disubfornitura, risente in maniera pesante anche degli effetti del sisma che ha colpito ilterritorio nel mese di maggio.Aspettiamo con ansia e preoccupazione i dati del dopo estate con il timore che sa-

ranno altre le vittime di questa crisi e della mancanza di tempismo.Auspichiamo quindi che le istanze delle pmi che da anni portiamo avanti: snellimento della bu-rocrazia, applicazione della legge sui tempi di pagamento, sgravi fiscali per le imprese virtuosesiano finalmente accolte e in modo serio. Gli imprenditori sono stanchi di essere soli in trinceaa lottare per ripartire, gli emiliani e i reggiani in testa».

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INNOVARE 2/2012 - 61

A questo quadro va aggiunto anche il fenome-no degli ammortizzatori sociali che ha interessatoil 30% delle aziende intervistate, dato che rimaneinvariato rispetto al trimestre precedente.

I livelli di scorte di materie prime e beni inter-medi vengono dichiarati appropriati dall’74% delcampione e i prodotti finiti si attestano su un 71%che li ritiene adeguati.

In materia di credito il 30% delle aziende ha sot-tolineato come l’accesso ai finanziamenti sia dimi-nuito. Le altre indicazioni che emergono sul temaparlano di un 30% che dichiara un aumento del de-bito a breve, un dato che, nel caso di quello a me-dio-lungo termine, tocca +12,5%, a cui si aggiungeun 24% che indica di aver fatto maggior ricorso al-l’autofinanziamento.

Il processo di erosione dei margini operativicontinua ad essere presente: il 46,5% delle impre-se dichiara un utile lordo in diminuzione, stabileper il 46,5% e in aumento per il 7%.

La voce investimenti vede il 50% degli impren-ditori che vi dedicano risorse. Le voci più gettona-

te su cui sono state concentrate le attenzioni so-no state: 28% impianti, 24,5% formazione e 21% or-ganizzazione.

Tendenze previsteper il III° trimestre 2012

Le previsioni riferite al periodo luglio-settem-bre 2012 tracciano questa fotografia: diminuzionedegli ordinativi attesa per il 47,5% (+20,5%), stabi-lità per il 42,5% (-4,5%), aumento per il 10% (-16%).

I mercati che offrono più chance sonoquelli stranieri: Extra UE +15%. Il fatturato at-teso è in diminuzione per il 49%, stabile per il 40%e in aumento per l’11%.

Il dato riguardante gli investimenti prevedeun’intenzione di aumentarli che riguarda il 35% de-gli intervistati.

I livelli occupazionali sono dati stabili nel 81%dei casi, in diminuzione nel 17% dei casi e in au-mento del 2%. Nel prossimo trimestre sarà il 34%delle imprese ad utilizzare ancora gli ammortizza-tori sociali, dato che registra un aumento del 4%.

Andamento degli ordinativi mercato interno – II trimestre 2012Aumento 24%Stabile 26%Diminuzione 50%(fonte: Confapi pmi Reggio Emilia)

Andamento degli ordinativi mercato UE – II trimestre 2012Aumento 19%Stabile 53%Diminuzione 28%(fonte: Confapi pmi Reggio Emilia)

Andamento degli ordinativi mercato Extra UE – II trimestre 2012Aumento 26%Stabile 50%Diminuzione 34%(fonte: Confapi pmi Reggio Emilia)

Tendenza del fatturato mercato interno – III trimestre 2012Aumento 11%Stabile 35%Diminuzione 54%(fonte: Confapi pmi Reggio Emilia)

Tendenza del fatturato mercato Extra UE – III trimestre 2012Aumento 14%Stabile 43%Diminuzione 43%(fonte: Confapi pmi Reggio Emilia)

Tabelle Indagine Congiunturale Confapi pmi Reggio Emilia II trimestre 2012

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PMI EUROPA E RICERCA62 - 2/2012

Il progetto di ricerca SOMMACT (Self Optimisa-tion Measuring MAChine Tolls - www.som-mact.eu) sta arrivando alla sua conclusione (A-

gosto 2012) ed è quindi il momento di affrontaretutti gli aspetti relativi allo sfruttamento dei risulta-ti che il progetto di ricerca ha portato. Innanzituttochiariamo cosa si intende per "sfruttamento" o "u-so" dei risultati della ricerca: significa un diretto oindiretto utilizzo dei risultati in successive attivitàdi ricerca, diverse da quelle coperte dal progetto, oper sviluppare, creare e commercializzare un pro-dotto o un servizio; utilizzo diretto è quello dei par-tecipanti proprietari del risultato (ad esempio at-traverso successiva ricerca e sfruttamento com-merciale ed industriale nelle proprie attività) men-tre un utilizzo indiretto è quello di altri partner (adesempio attraverso licenze). Per risultati della ri-cerca (foreground) si intendono i prodotti, inclusele informazioni, i materiali e le conoscenze, genera-ti dal progetto.

Possiamo quindi dire che il successo di

una PMI in un progetto di ricerca si mi-sura in termini di accesso alle conoscen-ze, ai processi ed alle tecnologie derivan-ti dal progetto di ricerca che consentonoloro di migliorare la produttività, au-mentando le competenze delle persone,migliorando la qualità di prodotti/servi-zi esistenti e/o creando nuovi prodot-ti/servizi.

Risulta evidente che se il ruolo della PMI nel-l'ambito del progetto è preminente ovvero se haforti responsabilità dello sfruttamento dei risultati,il successo del progetto di ricerca raggiunge il mas-simo specie se è prevista la costruzione di un di-mostratore che, a livello sperimentale, dimostri irisultati ottenuti.

Ovviamente è importante aver stabilito con chia-rezza le regole per la gestione della Proprietà In-tellettuale dei risultati; questa avrà un impatto sucome i risultati saranno usati e può essere una sor-gente di futuri ricavi se gestita opportunamente inquanto può promuovere la commercializzazionedei risultati.

Per trattare opportunamente le problematicherelative agli IPR (Intelectual Property Rights) laCommissione Europea, nell'ambito dell'esecuzionedei progetti di ricerca, finanzia la realizzazione di uncorso ESS (Exploitation Strategy Seminar). Graziead esso i partecipanti al progetto SOMMACT han-no steso il PUDK (Plan for Using and Dissemina-tion of Knowledge) che è un documento molto im-portante in quanto riassume la strategia del con-sorzio e le azioni concrete per proteggere, divulga-re e sfruttare il foreground generato dal progetto.

Altra attività importante per un migliore sfrut-tamento dei risultati è quella inerente la normazio-ne nazionale ed internazionale: già in sede di pro-posta di progetto è necessario prevedere fasi di ve-rifica delle norme esistenti o in sviluppo, fasi di a-

a cura di Gianfranco Malagola*

Dimostratore di SOMMACT

LO SFRUTTAMENTODEI RISULTATI NEI

PROGETTI DI RICERCA L'ESPERIENZA DI SOMMACT

SOMMACT(www.sommact.eu) è unprogetto di ricercafinanziato dallaCommissione Europeanell’ambito del 7°Programma Quadro per la Ricerca e lo SviluppoTecnologico ed ècoordinato da Alesamonti con lapartecipazione di ConfapiVarese

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INNOVARE 2/2012 - 63

nalisi sull'esistenza di possibili conflitti olimiti ai risultati attesi dal progetto e fasidi studio sull'opportunità di proporrenuove norme per facilitare l'introduzionenel mercato di nuovi prodotti o servizi inun quadro normativo chiaro e definito.

Nell'ambito del progetto di ricercaSOMMACT numerosi partner hanno e-spresso l'intenzione di proteggere i risul-tati ottenuti e di sfruttarli commercial-mente. In particolare Alesamonti grazieanche alla realizzazione del dimostratoredel progetto, ha potuto definire con anti-cipo i risultati su cui si intende puntare perla successiva industrializzazione e com-mercializzazione; i principali risultati atte-si consentiranno ad Alesamonti di:

• proporre nuovi servizi per migliorarele prestazioni sia del parco macchine in-stallato sia delle nuove macchine da pro-durre; in particolare, grazie alle conoscen-ze acquisite, si è in grado di misurare conprocedure validate gli errori geometricidelle macchine, valutare l'errore volume-trico e compensarlo al fine di migliorare significati-vamente l'accuratezza delle lavorazioni in un qua-dro normativo definito a livello internazionale;

• proporre software, metodi ed artefatti taratiper misurare direttamente in macchina utensile ipezzi lavorati (On-machine inspection) garantendola riferibilità delle misure ai campioni internaziona-li; ciò significa aggiungere nuove e potenti funzionialla macchina utensile attribuendo ad essa capacitàdi misura pari ad una CMM (Coordinate MeasuringMachine);

• integrare sulle nuove macchine sensori innovativiper verificare periodicamente i principali er-rori della macchina, valutare la necessità dinuove compensazioni e fornire informazio-ni per attività di manutenzione predittiva(self-learning and adaptive control).

Grazie a questi risultati i futuri opera-tori di macchine utensili potranno carica-re in macchina il pezzo da lavorare, ese-guire un ciclo di lettura dei principali er-rori geometrici della macchina e, dopo a-ver visualizzato graficamente la stima del-l'errore volumetrico che commetterà lamacchina, valutare se lavorare comunqueil pezzo (l'errore rilevato è compatibilecon le tolleranze richieste dal disegno), at-tivare una nuova compensazione (volta amigliorare l'accuratezza di lavorazione), e-seguire ulteriori verifiche con campionitarati o richiedere una nuova messa inpunto generale della macchina per evitareuna lavorazione che non porterebbe ai ri-sultati richiesti. Inoltre durante il ciclo dilavorazione, l'operatore potrà richiederela misurazione di elementi geometrici spe-

cifici ed adattare conseguentemente la lavorazione.Al termine della lavorazione l'operatore potrà pro-cedere alla verifica dimensionale e geometrica delpezzo disponendo, a bordo macchina, di tutte leprestazioni tipiche di una CMM.

In un momento di crisi come quello attuale, di-sporre di buoni risultati dalle attività di ricerca si-gnifica avere una carta vincente per battere la con-correnza e stimolare il mercato a scegliere i propriprodotti.

*Direttore di stabilimento di Alesamonti

Mappatura degli errori geometrici nel piano

Mappatura dell’errore volumetricodirettamente in macchina

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Esperti dei principali centri di ricerca euro-pei si sono riuniti a Roma il 26-27 aprile2012 per discutere di attività congiunte per

favorire lo sviluppo e la commercializzazione deirisultati della ricerca. La rete TTO CIRCLE (Te-chnology Transfer Offices – Connecting Innova-tion and Research Centres and Laboratories inEurope) è un'iniziativa del servizio scientifico in-terno della Commissione europea, il Joint Re-search Centre (JRC) che, in linea con la strategiaeuropea per l'innovazione (Innovation Union),mira ad accrescere l'impatto della ricerca finan-ziata con fondi pubblici. L'incontro a Roma, orga-nizzato congiuntamente dall'ENEA, dal CNR e dalJRC, si è concentrato sulle sfide legate all'inter-nazionalizzazione del trasferimento tecnologico.

Nel suo messaggio video di benvenuto ai par-tecipanti il Commissario europeo per la Ricerca,l'Innovazione e la Scienza, Máire Geoghegan-Quinn, ha sottolineato: «L'UE dispone di eccellenticapacità in molteplici campi di ricerca, tuttavia si tro-va in posizione arretrata rispetto ai suoi principaliconcorrenti in termini di commercializzazione dei ri-sultati di ricerca. Sono lieta che il TTO CIRCLE contri-buirà a questo obiettivo, rafforzando gli uffici di tra-sferimento tecnologico delle organizzazioni pubbli-che di ricerca e promuovendo la collaborazione tran-snazionale in Europa».

Oltre a discutere di nuove modalità di colla-borazione come l'organizzazione di programmidi formazione comuni, i membri del TTO CIRCLE

hanno affrontato, insieme ad esperti provenientidall'UE, USA, Brasile, dal World Intellectual Pro-perty Organisation (WIPO), il coinvolgimentocrescente dei paesi asiatici. Sono stati presentatialcuni esempi di buone pratiche per favorire iltrasferimento tecnologico verso piccole e medieimprese e per promuovere l'imprenditorialità.

La rete europea TTO CIRCLE, nata a Greno-ble nell’ottobre del 2011, è attualmente costitui-ta da 25 tra i maggiori centri di ricerca in Europa,in rappresentanza di 15 Paesi dell’UE e di orga-nizzazioni intergovernative europee, quali ilCERN e l’Agenzia Spaziale Europea. La rete ope-ra in stretta collaborazione con le principali as-sociazioni europee attive nel campo del trasferi-mento tecnologico, quali EARTO (European As-sociation of Research and Technology Associa-tions), ProTon (European Knowledge Transfer As-sociation), e ASTP (Association of EuropeanScience and Technology Transfer Professionals).

Le attività del TTO CIRCLE si concentrano inparticolare sulla definizione di nuovi strumenti fi-nanziari a supporto del trasferimento tecnologi-co, sulla riduzione delle barriere allo sfruttamen-to congiunto di brevetti e know-how e sulla pro-mozione della collaborazione nel campo della ri-cerca e dell’innovazione.

Il TTO CIRCLE contribuisce inoltre alla realiz-zazione dello Spazio Europeo della Ricerca af-frontando questioni centrali quali l'accesso ai ri-sultati della ricerca e la riduzione delle barriereesistenti tra i sistemi di ricerca dei Paesi membridella UE. L'ufficio di trasferimento tecnologicodel JRC è ben posizionato a coordinare la rete T-TO in quanto gestisce il portafoglio della pro-prietà intellettuale della Commissione europeaed opera in diretto contatto con ricercatori, im-prese ed intermediari del settore.

LinksEuropean TTO CIRCLE website:

http://ec.europa.eu/dgs/jrc/index.cfm?id=6480Launch of the European TTO CIRCLE:

http://ec.europa.eu/dgs/jrc/index.cfm?id=1410&obj_id=14100&dt_code=NWS&lang

NUOVO IMPULSOAL TRASFERIMENTO

TECNOLOGICO IN EUROPAa cura di

Joint Research Centre (JRC)

PMI EUROPA E RICERCA64 - 2/2012

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SERVIZIO AI LETTORI66 - 2/2012

Organo Scientifico Ufficiale di CONFAPI

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della Piccola e Media Industria Privata

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Caporedattore Cristina Gualdoni

Comitato Scientifico

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In questo numero si parla di...

3P SOLAR DIVISION 53

A2A IV COP

API Lecco 14

API Mantova 58

API Torino 10

API Udine 54

Confapi Bari e BAT 50

Confapi Giovani 6

Confapi Matera 56

Confapi Reggio Emilia 60

Dark Side Antivirus 49

FAPI 36

FASDAPI 17, 19, 21, 23, 25

HOTEL RELAIS BELLARIA 65

HP 9

IL SOLE 24ORE 41

ISFOR API 28

ISTOCKPHOTO 43

JRC 64

LYTO’S III COP

MALPENSA.NET 39

PADOVA FIERE II COP

Poliedra Progetti Integrati 30

PREVINDAPI 13

Progetto SOMMACT 62

SOLAREXPO 42

SUPSI 26, 40

Università degli Studi di Torino 30

Università LIUC 16

VLV 35

ZUCCHETTI 4, 46

Florence Baptiste

Alberto Carpaneto

Andrea Castrovinci

Giacomo Cecchin

Eleonora Crestani

Debora Della Torre

Mauro Gattinoni

Oriano Lanfranconi

Pasquale Latorre

Valentina Lazzarotti

Gianfranco Malagola

Giordano Mancini

Raffaella Manzini

Luigi Pastore

Paolo Pedrazzoli

Daniela Robasto

Fabio Schena

Marzio Sorlini

Giorgio Tamaro

Roberto Trinchero

Valentina Ventricelli

Hanno collaborato a questo numero

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per l'automazione del magazzinoStructures for automated warehouse

s o l u z i o n i p o r t a n t i

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www.lytos.comLYTO'S SpaItaly - Casalserugo (PD) - Via Cà Ferri 45 - Tel +39 049 8742511 - Fax +39 049 8742599 - E-mail: [email protected]

Produzione e commercio viti e bulloneriaBarge, Bencini, Benbolts, Bontempi Vibo, Bulloneria Fontana, Bulloneria Langè, CVB, Emmevi, Euroviti, Favit, Invitea, Lobo, Revifa, Rossi Viterie, Rosval, Sacto, Sariv, Teksid, Unus, V.ar.vit, Viteria Euganea

Industrie meccaniche, elettromeccaniche ed affiniAEB, AEC, Aeritalia, Albertini, Agostino Ferrari, ALA, AMA, Amer, Ansaldo, Bavaria, Berco, Bonfiglioli Riduttori, Bradi, Brembo, Brevini, Breton, BRT, Caleffi, Camozzi, Campagnolo, Caterpillar, Cavagna, Cisal, Cobra, Cognetex, Comoli e Ferrari, Ducati, Eurofer, Euroforer, Facet, Fanmeccanica, Fapim, Fiam, Fluiten, FOR, G.D., GDC Cast, Gildemeister, Graziano Trasmissioni, Groppalli, Grove, Gruppo Fiat, Immergas, Inarca, Iveco, Lames, Lombardini, Lonati, LPR, LVF, Marzoli, Matec, Metasystem, Minilamp, Molina & Bianchi, Motovario, New Holland, Nuova Meyster, Ocap, OLI, Olivetti, Otlav, P. Fiorentini, Parker Hannifin, Piaggio, Poggi, Pompe Travaini, RBM, RIV-SKF, Rossi Motoriduttori, Sacmi, Sada, Safim, Salice, Sandretto, Sant’Andrea, Selenia, Serr-Mac, SGS Thomson, Simonazzi, Sincro, System B.U. Modula, Tarp, Tecnogas, Telwin, TVS, Usi Italia, Valli & Colombo, Varisco, Westinghouse, Whirlpool, Zanussi

Industrie chimicofarmaceutiche e materie plasticheAbbott, Arag, Bevilacqua Polietilene, Cembre, Coster, Dainese, De Angeli, Dielectrix, Dipa, Eurostandard, Fanton, F. Gellini, F.lli Guzzini, Formenti, Gualaclosures, Guala Dispensing, Gualapack, Irplast, LCA, Mallinkrodt DAR, Mark Sharp & D., MG, Montedison, Novares, PLV, Saipo Oreal, Sife, Snia Fapack, SPM, Z&SI

Industrie tessiliAquafil, Benetton, Cervotessile, Diamant’s, Eos Textile, Filartex, Filte, G. Sironi, Imax, Legler, Levi’s, Limonta, Luisa Spagnoli, Marzotto, Mid, MID Calia, Miroglio Tessile, Natuzzi, Orlandi, Payera, Prada, Far East Textile, THC, Montex, Tainan Spinning

Industrie alimentariAlthea, Agritech, Amadori, Barilla, Conserve Italia, Crastan, Curti Riso, De Matteis Pasta Baronia, Ekaf, Ferrero, Forno d'Asolo, F & P Riso Gallo, Galbani, Garofalo, Granoro, Helca, Italgross, La Molisana, Maltagliati, Modena Terminal, Pasta Zara, Pastificio Di Martino, Pastificio Divella, Pastificio Pedone, Pastificio Riscossa, Pastificio Rummo, Pastificio Tamma, Pellini, Perfetti Van Melle, Polo, Riserie Gariboldi,

Rovagnati, Unilever Algida, Valgrana, Vegitalia, Veroni, Wonderfood

Industrie beverageCaviro, Centrale latte Firenze, Cinzano, Cooperlat, Dilat, Gran Guizza, HBC Coca Cola, Jose Garcia Carrion, Maspex, Mims, Modelo, Olio Carli, San Benedetto, Sandalo Coca Cola, Sogeam, Sterilgarda

Industrie cartaBanca dell’Etruria, Banca d’Italia, Bucap, Cartiere Fabriano, CCIAA Milano, Garzanti, Generali, Istituto Arti Grafiche, Istituto S. Paolo, Mondadori, Scotton, ROLO 1473, Zanichelli

Industrie varie3F Filippi, Antonio Capaldo, Ceramiche Leonardo, Ceramiche Marazzi, Ceramiche Panaria, Ceramiche Ragno, Ceramiche Sant’Agostino, Calligaris, Ferplac, Innocenti Depositi, Intermetro, Lampa, Max Meyer, Margaritelli, Minulamp, Omega Fusibili, Saima Avandero, Sasib, Scavolini, Stile Pavimenti Legno

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