Il formalismo ADM per la metrica FLRW In questo testo vengono de niti per la relativit a generale...

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Alma Mater Studiorum · Universit ` a di Bologna Scuola di Scienze Dipartimento di Fisica e Astronomia Corso di Laurea in Fisica Il formalismo ADM per la metrica FLRW Relatore: Prof. Roberto Casadio Presentata da: Simone Piolanti Anno Accademico 2018/2019

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Alma Mater Studiorum · Universita di Bologna

Scuola di ScienzeDipartimento di Fisica e Astronomia

Corso di Laurea in Fisica

Il formalismo ADM per la metrica FLRW

Relatore:

Prof. Roberto Casadio

Presentata da:

Simone Piolanti

Anno Accademico 2018/2019

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Sommario

Il tema centrale di questo elaborato e la cosmologia, affrontata in ambito di relativitagenerale applicando il formalismo ADM al modello FLRW. Il problema consiste nellarisoluzione delle equazioni di Einstein in presenza di materia. Sfruttando quindi il for-malismo ADM sono innanzitutto definite le formulazioni lagrangiana ed hamiltoniana diuna teoria in ambito di relativita generale. In particolare sono descritte tali formulazioniper le equazioni di Einstein. Segue come applicazione l’esempio della particella liberarelativistica interpretata come teoria di campo in una dimensione. E infine trattato ilcaso di interesse: si considera la metrica FLRW per universo piatto e sono risolte leequazioni di Einstein calcolate a partire da un’azione in cui la materia e descritta da uncampo scalare senza massa di minimo accoppiamento.

Il risultato ottenuto descrive due possibili universi: uno in espansione e uno in con-trazione. In particolare, l’evoluzione del fattore di scala rispetto al tempo proprio delsistema e descritto dalla relazione α3(τ) = α3(0)(1± τ/τc).

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Indice

Introduzione 2

1 Relativita generale 51.1 Formulazione lagrangiana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61.2 Formulazione lagrangiana delle equazioni di Einstein . . . . . . . . . . . 81.3 Formulazione hamitoniana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

1.3.1 Formalismo ADM . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91.3.2 Definizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101.3.3 Decomposizione ADM . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12

1.4 Formulazione hamiltoniana delle equazioni di Einstein . . . . . . . . . . . 15

2 Particella relativistica 172.1 Formulazione lagrangiana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17

2.1.1 Densita lagrangiana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 172.1.2 Dinamica lagrangiana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18

2.2 Formulazione hamiltoniana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19

3 Universo di FLRW con campo scalare 213.1 Metrica di FLRW . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 213.2 Formulazione lagrangiana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23

3.2.1 Densita lagrangiana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 233.2.2 Dinamica lagrangiana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25

3.3 Formulazione hamiltoniana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 273.3.1 Densita hamiltoniana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 283.3.2 Dinamica hamiltoniana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28

Conclusioni 30

Bibliografia 31

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Introduzione

Il principio di relativita generale puo essere enunciato quando si modella la realta fisicaadoperando la geometria differenziale. Uno dei pregi piu rilevanti di lavorare in questocontesto e la possibilita di studiare la cosmologia: si associa all’universo una varietadifferenziale metrica 4-dimensionale e si impone che la metrica abbia segnatura minko-wskiana (∓1,±1,±1,±1). Il problema fondamentale che quindi si ha la possibilita diporre e quale sia la configurazione della metrica che descrive la realta fisica. Tentare dirispondere a questo quesito equivale a indagare sulla storia del nostro universo, passatae futura.

Le equazioni di Einstein corrispondono a un sistema di 10 equazioni differenziali incui le variabili sono le componenti della metrica e le funzioni che descrivono lo statodell’energia (materia) presente. Esse sono molto complesse e contribuiscono solo in mi-nima parte a risolvere il problema. Infatti, i dati sperimentali che possiamo ottenere perrestringere il campo delle possibili soluzioni sono davvero molto limitati rispetto all’eta eall’estensione dell’universo. L’unico altro aspetto che possiamo tenere in considerazionee quello filosofico. Il modello cosmologico piu affermato e quello elaborato da Friedmann,Lemaitre, Robertson e Walker. Esso si fonda sul principio cosmologico, che afferma chel’universo sia omogeneo e isotropo. E evidente che questo assunto non sia sensibilmenterealistico. Tuttavia, lungi dall’essere valido in generale, puo esserlo approssimativamenteper grandi scale. I dati sperimentali a disposizione sono infatti compatibili con la bontadi un modello di questo tipo. Il principio cosmologico risulta essere molto stringente eda solo riduce a sole 2 le variabili determinanti la metrica. In particolare, una descrive lapossibile espansione/contrazione dello spazio nel tempo, l’altra identifica 3 possibili tipidi universo: aperto, piatto o chiuso. I dati sperimentali a disposizione suggeriscono che ilnostro universo sia piatto. Combinando le equazioni di Einstein al principio cosmologicoil quadro si completa, e il problema della metrica (e della materia) diventa trattabile.Ai fini del calcolo, particolarmente conveniente risulta essere il formalismo ADM e leformulazioni lagrangiana ed hamiltoniana delle equazioni di Einstein, che soprattuttoaiutano a far emergere alcune proprieta significative proprie anche del caso generale.

In questo testo vengono definiti per la relativita generale innanzitutto il concetto diformulazione lagrangiana e, introducendo il formalismo ADM, anche quello di formula-zione hamiltoniana. Viene poi trattata la particella libera relativistica come teoria di

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campo in 1 dimensione come esempio di applicazione dei risultati ottenuti. Seguendo,viene considerato lo spazio-tempo di FLRW nel caso di universo piatto, e sfruttandoanche il formalismo ADM vengono infine risolte le equazioni di Einstein. Per descriverela materia viene considerato un campo scalare senza massa di minimo accoppiamento. Ilmodello cosmologico standard attuale e in realta il ΛCDM (Lambda Cold Dark Matter),che oltre alla materia ordinaria considera l’esistenza di un’energia del “vuoto”, cioe l’e-nergia oscura (associata alla costante Λ), e della materia oscura (CDM). Questi elementisono in grado di riprodurre il dato sperimentale attuale di espansione accelerata dellospazio. Infatti, l’energia oscura sarebbe responsabile di una “repulsione gravitazionale”.Un riassunto della ricostruzione della storia del nostro universo secondo questo modelloe rappresentata schematicamente nella pagina seguente (figura 1). In particolare, la nongeneralita del principio cosmologico e ricondotta a piccole fluttuazioni primordiali chehanno comportato progressivamente la formazione di agglomerati di materia (oscura).La materia ordinaria ha iniziato a cadere in tali strutture in seguito all’emissione dellaCMB (Cosmic Microwave Backgroud), per poi aggregarsi e formare i corpi celesti.

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Figura 1: dal basso verso l’alto, ricostruzione riassuntiva della storia dell’universo secondoil modello ΛCDM . Lo spazio e attualmente in espansione accelerata. Fonte: ESA, 2015.

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Capitolo 1

Relativita generale

Associamo all’universo una varieta differenziale metrica 4-dimensionale (M, η) ove Me l’insieme dei punti della varieta differenziale, η = η(P ) indica la configurazione deltensore metrico, P ∈M indica il generico punto della varieta. In geometria differenzialeil concetto di sistema di riferimento e definito con la scelta di un sistema di coordinateper M : µ = µa = µa(P ), a, b, c, d = 0, 1, 2, 3, ove abbiamo usato la notazione indiciale. Ilprincipio di relativita generale afferma che qualsiasi relazione fisica sia invariante in forma(covariante) rispetto al sistema di coordinate considerato (sistema di riferimento), che epertanto arbitrario. Le grandezze fisiche sono quindi in generale associate o ricondotte atensori (con cui facciamo riferimento in generale anche a campi tensoriali) e le leggi fisichesono descritte tramite relazioni matematiche fra tali oggetti. Ogni sistema di coordinatedefinisce una base di vettori (campi vettoriali) e di covettori (campi covettoriali) rispettoalle quali si possono decomporre i tensori. Ogni tensore puo essere rappresentato dallesue componenti rispetto a un sistema di coordinate (apici per le componenti vettoriali epedici per le componenti covettoriali), per esempio η = ηab. In questo testo adottiamo lanotazione di Einstein. Perche la varieta (M, η) abbia significato fisico imponiamo comerequisito che la metrica ηab sia caratterizzata dalla segnatura minkowskiana (−1, 1, 1, 1),stabilendo cosı a livello matematico la diversa natura delle dimensioni di tale varietadifferenziale: 1 temporale (−1) e 3 spaziali (1). Per definire le regole di trasporto parallelousiamo come connessione affine la connessione metrica. E inoltre necessaria una teoriache descriva qual e la configurazione fisicamente significativa di ηab. Le equazioni chemacroscopicamente e parzialmente svolgono questo compito sono le ben note equazionidi Einstein

Rab −1

2Rηab =

8πG

c4Tab (1.1)

ove Rab e il tensore di Ricci, R = Raa e lo scalare di curvatura, G e la costante di

gravitazione universale, c e la velocita della luce nel vuoto e Tab e il tensore di energia-momento. Tenendo conto della simmetria del tensore metrico (e del tensore di energia-momento), la relazione (1.1) e equivalente a un sistema di 10 equazioni differenziali in

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funzione delle componenti del tensore metrico e di eventuali variabili del tensore energia-momento associate alla distribuzione di energia (materia) nello spazio-tempo. Infatti,Rab (e quindi R) dipendono esclusivamente dal tensore metrico e dalle sue derivate.Supponiamo che tutti gli oggetti considerati siano sufficientemente regolari ai fini deicalcoli svolti.

Anche in questo contesto e possibile formalizzare per le teorie fisiche il concetto di for-mulazione lagrangiana e formulazione hamiltoniana (cioe per teorie di campo). In questoprimo capitolo definiamo tali formulazioni in generale. Accenniamo poi alla struttura del-la formulazione lagrangiana e di quella hamiltoniana delle equazioni di Einstein nel casogenerale. Particolare importanza riveste il formalismo ADM (Arnowitt, Deser, Misner)che sara applicato nel terzo capitolo allo spazio-tempo di FLRW.

1.1 Formulazione lagrangiana

Consideriamo una teoria relativa a uno o piu tensori, complessivamente di tipo (k, l). In-dichiamo con ψ il generico elemento dello spazio delle configurazioni per tale famiglia ditensori. Denotiamo con ψλ il generico elemento di una qualsiasi famiglia di configurazioniparametrizzata dal solo parametro reale λ attorno a λ = 0, ognuna delle quale soddi-sfi determinate condizioni di contorno (le stesse condizioni per tutte le configurazioni).Supponendo che tale famiglia sia sufficientemente regolare definiamo

δλψ ≡dψλdλ

∣∣∣λ=0

. (1.2)

Consideriamo quindi un funzionale S(ψ) ∈ R e supponendo che sia sufficientementeregolare definiamo

δλS ≡dS

∣∣∣λ=0

. (1.3)

Se esiste un tensore χ duale rispetto a ψ (cioe di tipo (l, k) di modo che contraendoχψ ∈ R) tale che per qualsiasi famiglia di configurazioni considerata si abbia

δλS =

∫M

χδλψ, (1.4)

allora S e detto funzionabilmente differenziabile, e chiamiamo

δS

δψ

∣∣∣ψ=ψλ=0

≡ χ (1.5)

derivata funzionale di S in ψ(0).Nell’integrale (1.4) l’elemento di volume e lasciato implicito. In generale, scegliamo

di usare un elemento di volume prescelto e fisso. Per ogni punto P ∈ M , consideriamo

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l’elemento di volume ε definito tramite i covettori ∂a della base duale relativa allo specificosistema di coordinate tale per cui localmente la metrica assume la forma diagonale ηaa =(−1, 1, 1, 1): εabcd ≡ ∂0 ∧ ∂1 ∧ ∂2 ∧ ∂3, in cui ∧ denota il prodotto tensoriale anti-simmetrico. Come noto dallo studio della geometria differenziale, perche l’azione siainvariante e necessario che la densita lagrangiana sia una densita tensoriale, cioe possaessere espressa come il prodotto di un tensore indipendente dall’elemento di volume sceltoe il fattore

√−η, ove η = det(ηab) e il determinante del tensore metrico ηab.

Consideriamo quindi un funzionale S(ψ) della forma

S(ψ) =

∫M

L(ψ), (1.6)

ove L = L(ψ,∇ψ,∇2ψ, ...,∇nψ) e una funzione locale di ψ e di un numero finito n di suederivate, ∇ = ∇a indica la derivata covariante rispetto ai vettori di una qualsiasi base dicoordinate (gli apici in questo caso indicano derivazione ripetuta). Se le equazioni chedescrivono l’estremizzazione di S

δS

δψ

∣∣∣ψ=ψλ=0

= 0 (1.7)

sono equivalenti alle equazioni che descrivono la configurazione fisicamente corretta frale ψ, allora S e detta azione ed L densita lagrangiana. L rappresenta la formulazionelagrangiana della teoria considerata. Stabilita la formulazione lagrangiana, ψλ=0 e quindila configurazione che soddisfa le equazioni (1.7). Per le considerazioni fatte sugli integralidi volume per mantenere la scelta delle coordinate arbitraria e necessario che L contengail fattore

√−η.

Il calcolo delle (1.7) puo essere svolto in generale derivando l’integrale che esprimel’azione rispetto al parametro generico λ. Tale derivata equivale a derivarne l’argomento,cioe la densita lagrangiana. Se si riesce quindi ad isolare il termine δλψ si ottiene ilrisultato cercato:

δλS =

∫M

dL

dλ=

∫M

δS

δψδλψ, (1.8)

δS

δψ

∣∣∣ψ=ψλ=0

= 0. (1.9)

Se si immagina di esprimere i tensori usando le loro componenti e evidente che l’azionee la densita lagrangiana sono funzione di tali componenti e in particolare dalle eventualivariabili da cui dipendono. La relazione (1.7) descrivera quindi in generale un set diequazioni differenziali, una per ogni componente dei tensori coinvolti.

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1.2 Formulazione lagrangiana delle equazioni di Ein-

stein

Si puo dimostrare esplicitamente che l’azione per le equazioni di Einstein nel vuoto, dettaazione di Hilbert, usando unita di misura naturali imponendo c ≡ 1, κ ≡ 8πG e

SG

=

∫M

R

κ

√−η, (1.10)

e la densita lagrangiana per le equazioni di Einstein nel vuoto e quindi LG

= R/κ√−η,

cioe la configurazione fisicamente significativa ηab soddisfa le equazioni

δSG

δηab=

1

κ(Rab −

1

2Rηab)

√−η = 0, (1.11)

che, data la definizione di derivata funzionale, e naturale si ottengano differenziandorispetto al tensore ηab inverso a quello metrico (ηacηcb = δab , δ

ab e la delta di Kronecker),

duale rispetto al tensore metrico per come compare nelle equazioni di Einstein. Notiamoinoltre che, come richiesto, e presente il fattore

√−η.

In generale, per ottenere le equazioni di Einstein in presenza di energia (materia)dobbiamo costruire un’appropriata densita lagrangiana totale L = L

G+ L

Esommando

a LG

un’appropriata densita lagrangiana LE

:

S =

∫M

LG

+ LE

=

∫M

LG

+

∫M

LE

= SG

+ SE. (1.12)

Applicando il principio variazionale all’azione, il contributo dovuto al termine LG

saralo stesso ottenuto in (1.11). Il contributo relativo alla parte di materia S

Ee invece in

generale

δSE

δηab(1.13)

e complessivamente si ottiene quindi

Rab −1

2Rηab = − κ√

−ηδS

E

δηab≡ 8πG

c4Tab. (1.14)

Se a livello formale consideriamo come punto di partenza la formulazione lagrangiana,possiamo usare questa relazione per definire il tensore di energia-momento. Per comple-tare la corrispondenza con la relazione (1.1), richiediamo che il tensore Tab cosı definitosia simmetrico.

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1.3 Formulazione hamitoniana

La formulazione lagrangiana e del tutto generale, non richiede alcuna operazione sullavarieta (M, ηab) ed e del tutto indipendente dalla scelta delle coordinate. Infatti, fino aquesto punto abbiamo considerato configurazioni ψ di tensori definiti sull’intero spazio-tempo. Da questo punto di vista, l’impostazione della formulazione lagrangiana cheabbiamo usato considera “statiche” le soluzioni: esse sono singoli punti nello spaziodelle configurazioni considerato. Invece, l’idea che vogliamo perseguire e quella di dareun’interpretazione dinamica alle teorie fisiche, cioe considerare configurazioni dei tensoricoinvolti, su una fissata sottovarieta spaziale, evolventi nel tempo. Cosı facendo possiamoricondurre la formulazione lagrangiana appena definita a quella ordinaria. Il formalismoADM permette di formalizzare questa prospettiva fogliando (M, ηab). La conseguenzapero piu importante di utilizzare tale formalismo e quella per cui storicamente e statointrodotto, cioe la possibilita di formalizzare il concetto di formulazione hamiltonianaanche in ambito di relativita generale.

1.3.1 Formalismo ADM

Supponiamo che (M, ηab) ammetta fogliazioni in ipersuperfici spaziali di Cauchy, e in-dichiamo la generica ipersuperficie con Σ. Qualitativamente cio significa che stabilitele condizioni iniziali su una qualsiasi di queste ipersuperfici il passato e il futuro sonodeterminati univocamente. Piu precisamente, una qualsiasi curva non di tipo spazio einestensibile interseca ognuna di tali ipersuperfici una e una sola volta. Supponiamoquindi che per ognuna di queste fogliazioni esista un tempo proprio globale t(µa) (unoscalare) che sia costante su ogni ipersuperficie. Ognuna di queste fogliazioni puo es-sere definita scegliendo un vettore d/dt diretto verso il futuro (le cui componenti sonota = dµa/dt) le cui curve integrali siano appunto parametrizzate dal tempo proprio glo-bale t che si vuole scegliere (figura 1.1). d/dt per definizione deve cioe essere duale alcovettore dt/d (le cui componenti sono ∂at = ∂t/∂µa)

ta∇at = ta∂at ≡dµa

dt

∂t

∂µa=dt

dt= 1, (1.15)

(∇at = ∂at in quanto t e uno scalare) ove appunto ∂a indica i vettori di base dellecoordinate generiche µa.

Consideriamo quindi la formulazione lagrangiana di una teoria relativa ai campi ten-soriali indicati complessivamente con ψ. Scegliamo come coordinata di tipo tempo unoqualsiasi dei tempi propri t descritti precedentemente. Consideriamo quindi lo spaziodelle configurazioni che ψ puo assumere sulle singole ipersuperfici Σ (non quelle che puoassumere sull’intera varieta (M, ηab)) e indichiamo con σ il generico elemento di talespazio. A ogni configurazione ψ corrisponde una famiglia di configurazioni di σ para-metrizzata da t, una per ogni ipersuperficie Σ. Indichiamo l’elemento generico di tale

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ddt

t

ddt

t

ddt

t

Σt

Σt+∆t

Figura 1.1: schema in 3 dimensioni esemplificativo del formalismo ADM. Le curveintegrali di d/dt definiscono le ipersuperfici Σ (in figura Σt e Σt+∆t).

famiglia con σt. Possiamo quindi reinterpretare ogni ψ come l’evoluzione nel tempo dellaconfigurazione σt su una qualsiasi ipersuperficie singola Σt = Σ(t = costante). Possia-mo quindi reinterpretare la densita lagrangiana come funzione di σt e delle sue derivate(covarianti) temporali e spaziali. Uno dei vantaggi di aver ridefinito la formulazione la-grangiana in questo modo e il fatto che se L non dipende da derivate di σt di ordinesuperiore al primo si puo dimostrare che le equazioni (1.7) si riducono alle equazioni diEulero-Lagrange considerando le componenti dei tensori coinvolti come variabili dina-miche. Indicando la generica componente dei tensori con q, (1.7) e cioe equivalente alleequazioni

d

dt

(∂L∂q

)− ∂L

∂q= 0, (1.16)

ove ricordiamo che q e in generale una funzione delle coordinate (e che tale dipendenzain generale resta nelle soluzioni) e abbiamo definito q = dq/dt.

1.3.2 Definizione

Nella sezione precedente abbiamo ridefinito lo spazio delle configurazioni. Il concettodi formulazione hamiltoniana richiede inoltre la definizione di uno spazio dei momenti:scegliamo l’insieme dei tensori definiti su Σt duali rispetto a σ (cioe di tipo (l, k)) e

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indichiamo il generico elemento di tale spazio con π. Manca soltanto una relazione,da stabilire, che permetta di associare a ogni ψ una famiglia di momenti πt su ogni Σ.Consideriamo quindi un funzionale H = H(σ, π) su Σt della forma

H(σ, π) =

∫Σt

H(σ, π) (1.17)

ove H(σ, π) = H(σ, π,(3)∇σ,(3)∇π,(3)∇2σ,(3)∇2π, ...,(3)∇nσ,(3)∇nπ) e una funzione lo-cale di π e σ e di un numero finito n delle loro derivate spaziali, (3)∇ = ∇i indica laderivata covariante rispetto ai vettori di una qualsiasi basi di coordinate spaziali perl’ipersuperficie Σt (in questo caso gli apici indicano derivazione ripetuta), i, j = 1, 2, 3.Indicando con Ld/dt la derivata di Lie rispetto al vettore d/dt, se la coppia di relazioni

σ ≡ Ld/dtσ =δH

δπ, π ≡ Ld/dtπ = −δH

δσ(1.18)

equivale alle equazioni che descrivono la configurazione fisicamente significativa di ψ,allora H e detta hamiltoniana e H densita hamiltoniana. H rappresenta la formulazionehamiltoniana della teoria considerata.

Nell’integrale (1.17), l’elemento di ipersuperficie e lasciato implicito. Come per gliintegrali di volume, scegliamo di usare un elemento di ipersuperficie εbcd prescelto e fisso.In questo caso, ci interessa essere coerenti con la volonta di interpretare la dinamicacome evoluzione dei tensori su un’ipersuperficie fissata, cioe vogliamo che Ld/dtεbcd = 0.Consideriamo quindi l’elemento di volume εabcd definito tramite il covettore dt/d dualea d/dt e i covettori ∂i della base duale relativa a un sistema di coordinate spaziali taleper cui ta = ∂/∂t (muovendosi lungo ogni curva integrale di d/dt le coordinate spazialidei punti non cambiano): εabcd ≡ dt/d ∧ ∂1 ∧ ∂2 ∧ ∂3. Si puo dimostrare che l’elementodi ipersuperficie ebcd = eabcdt

a soddisfa la proprieta richiesta (e anche che Ld/dtεabcd = 0).Perche i risultati siano indipendenti dalla scelta fatta e necessario che π eH siano densitatensoriali, come L.

A completare la corrispondenza con le formulazioni lagrangiane ed hamiltoniane or-dinarie e la procedura che permette di ottenere una formulazione hamiltoniana a partireda una densita lagrangiana. Data una formulazione lagrangiana, possiamo stabilire im-mediatamente una relazione per associare a ogni ψ una famiglia di momenti πt su ogniΣ:

π =∂L

∂σ. (1.19)

Questa relazione e analoga a un sistema composto da tante equazioni quanto e il numerodi componenti dei momenti π. Tale relazione puo (o meno) descrivere una relazionebiunivoca fra σ e (σ, π). Se e questo il caso, definiamo H = H(σ, π) = πσ(σ, π)−L(σ, π).

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Costruendo H in questo modo le equazioni (1.18) sono equivalenti alle equazioni (1.7).Infatti ∫

t

H ≡ J =

∫t

∫Σt

H =

∫t

∫Σt

(σπ − L) =

∫t

∫Σt

(σπ)− S.

Consideriamo quindi nuovamente esplicitamente il generico parametro λ, e deriviamorispetto ad esso∫

t

∫Σt

δH

δσδλσ +

δH

δπδλπ =

dJ

dλ=

∫t

∫Σt

(πδλσ + σδλπ)− dS

dλ.

Integrando per parti πδσ e supponendo che il termine di contorno si annulli per lecondizioni imposte appunto al contorno, otteniamo∫

t

∫Σt

δH

δσδλσ +

δH

δπδλπ =

∫t

∫Σt

(−πδλσ + σδλπ)− dS

dλ∫t

∫Σt

[(δHδσ

+ π)δλσ+

(δHδπ− σ

)δλπ]

= −∫t

∫Σt

(δSδψ

)δλψ. (1.20)

Se supponiamo per ipotesi che (1.7) sia vera, allora (1.18) devono essere vere in modoche l’argomento dell’integrale si annulli, in quanto l’uguaglianza (1.20) deve essere veraper qualsiasi famiglia di configurazioni considerata, cioe per qualsiasi (δλσ, δλπ). Se viceversa supponiamo per ipotesi che (1.18) siano vere, allora (1.7) deve essere vera in modoche l’argomento dell’integrale si annulli, in quanto l’uguaglianza (1.20) deve essere veraper qualsiasi famiglia di configurazioni, cioe per qualsiasi δλψ. Abbiamo cosı dimostratoche la formulazione hamiltoniana come l’abbiamo definita e equivalente alla formulazionelagrangiana da cui siamo partiti.

Nel caso in cui si possa ricondurre una formulazione lagrangiana alle ordinarie equa-zioni di Eulero-Lagrange (1.16) la procedura descritta e equivalente a quella ordinaria ele equazioni (1.19) e (1.18) si riducono alle equazioni

p =∂L

∂q, (1.21)

q =∂H∂p

p = −∂H∂q

(1.22)

ove ricordiamo che q indica la generica componente dei tensori coinvolti (che e funzionedelle coordinate) e q = dq/dt, p = dp/dt.

1.3.3 Decomposizione ADM

Per usare la procedura che a partire da una formulazione lagrangiana conduce a una for-mulazione hamiltoniana puo convenire decomporre i tensori nei loro componenti normali

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e tangenti rispetto alle ipersuperfici Σ in modo da ottenere, per esempio a partire da unvettore, una funzione (corrispondente a una relazione fra il componente normale e il tem-po scelto) e un vettore spaziale (corrispondente ai componenti tangenti). In particolare,Arnowitt, Deser e Misner per ottenere una formulazione hamiltoniana delle equazioni diEinstein nel vuoto hanno definito una decomposizione del tensore metrico.

Introduciamo il vettore d/dτ normale a Σ, unitario e diretto verso il futuro, cioe taleche per un qualsiasi vettore d/dξ tangente a Σ: ξagabτ

b = 0, τagabτb = −1. In ogni punto

P ∈ M possiamo esprimere qualsiasi vettore, in particolare d/dt, come somma del suocomponente Nd/dτ parallelo a d/dτ e del suo componente ad esso trasversale d/dν:

d

dt≡ N

d

dτ+

d

dν≡ N

d

dτ+N i ∂

∂µi. (1.23)

N e detta funzione di scorrimento (e strettamente positiva dato che per ipotesi il vettored/dt e temporale e diretto verso il futuro) e le componenti N i ≡ νi (ν0 = 0) sono dettefunzioni di spostamento, ove µi e un qualsiasi sistema di coordinate spaziali per Σ. Perdefinizione si ha

g( ddτ,d

)= −1, (1.24)

g( ddτ,∂

∂µi

)= 0, (1.25)

g( ∂

∂µi,∂

∂µi

)≡ hij. (1.26)

In ogni punto possiamo esprimere qualsiasi vettore d/dυ come somma del suo componenteυ0d/dt parallelo a d/dt e dei suoi componenti ad esso trasversale υi∂/∂µi. Considerandoanche la (1.23) otteniamo (figura 1.2)

d

dυ≡ (υ0)

d

dt+ (υi)

∂µi= (1.27)

= (υ0)(Nd

dτ+N i ∂

∂µi

)+ (υi)

∂µi= (1.28)

= (υ0N)d

dτ+ (υ0N i + υi)

∂µi. (1.29)

In ogni punto, possiamo quindi considerare la tetrade (d/dτ, ∂/∂µi) ed esprimere la

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Σ

µi

ddt

ddτ

υ0N υa

υ0N i

υi

υ0

Figura 1.2: schema in 3 dimensioni esemplificativo della decomposizione ADM per unvettore qualsiasi. I vari possibili componenti (concatenati col metodo “punta-coda”)sono etichettati dalle rispettive componenti.

lunghezza minkowskina di un qualsiasi vettore d/dυ rispetto a tale tetrade:

g( ddv,d

dv

)= g(

(υ0N)d

dτ+ (υ0N i + υi)

∂µi, (υ0N)

d

dτ+ (υ0N j + υj)

∂µj

)= (1.30)

= (υ0N)2g( ddτ,d

)+ (υ0N i + υi)(υ0N j + υj)g

( ∂

∂µi,∂

∂µj

)= (1.31)

= −1(υ0N)2 + hij(v0N i + vi)(v0N j + vj) = (1.32)

= (−N2)υ0υ0 + (2hijNi)υ0υj + (hij)υ

iυj = υagabυb (1.33)

ove abbiamo usato le relazioni (1.24), (1.25), (1.26) e (1.29), per ottenere infine l’e-spressione della lunghezza del vettore d/dυ in funzione delle componenti rispetto allecoordinate associate a (d/dt, ∂/∂µi). In particolare abbiamo ottenuto l’espressione dellecomponenti della metrica in tali coordinate in funzione delle funzioni di scorrimento e dispostamento. Tali parametri dipendono dalla scelta del tempo e delle coordinate e sonoquindi arbitrari: possiamo aspettarci che non siano variabili dinamiche.

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1.4 Formulazione hamiltoniana delle equazioni di Ein-

stein

I calcoli che conducono a reinterpretare la densita lagrangiana per le equazioni di Einsteinnel vuoto e poi a definire la corrispondente formulazione hamiltoniana sono piuttostoarticolati e non saranno svolti qui. Tuttavia, la scelta di un tempo come quello descritto inprecedenza fa emergere alcune importanti proprieta della dinamica in relativita generaleche ritroveremo anche nel caso piu specifico di nostro interesse. Quindi ne discutiamosolo qualitativamente i risultati.

In virtu della decomposizione ADM, possiamo considerare come variabili N , Ni edhij ed esprimere l’azione di Hilbert (1.10) in funzione di esse. Come anticipato alla finedella sezione precedente, la densita lagrangiana risultante (L

G) effettivamente non con-

tiene termini di derivate temporali di N ed N i e i loro momenti coniugati “svaniscono”:sono identicamente nulli. Cio significa che, se consideriamo dinamiche tali variabili, ilsistema descritto da (1.19) non e risolvibile univocamente. Questo fatto ci suggerisceappunto che le variabili coniugate a quei momenti in realta non siano dinamiche. Essesono pero presenti nella densita lagrangiana e, se continuassimo la procedura, figurereb-bero quindi anche nella densita hamiltoniana. Potremmo quindi calcolare le rispettiveequazioni descritte dalla seconda delle relazioni (1.18) che e l’equivalente delle equazioni(1.7) associate a tali variabili. Tali equazioni descrivono quindi dei vincoli per le so-luzioni che devono essere verificati. Ridefiniamo quindi lo spazio delle configurazioniescludendo tali variabili. Manteniamo pero le relative relazioni descritte dalla secondadelle relazioni (1.18) come vincoli per le soluzioni. Continuando la procedura si ottienela densita hamiltoniana e quindi le coppie di equazioni descritte da (1.18) insieme aivincoli. Complessivamente, abbiamo un set di 4 vincoli per le soluzioni associati allefunzioni di scorrimento e di spostamento e, tenendo conto della simmetria della metrica,abbiamo anche un set di 6 coppie di equazioni differenziali, associate alle componenti del-la metrica spaziale hij. Si puo dimostrare che l’insieme di queste equazioni e equivalentealle equazioni di Einstein nel vuoto e che quindi si e riusciti a darne una formulazionehamiltoniana.

La presenza dei vincoli ci indica che anche dopo aver escluso le variabili non dinamichelo spazio delle configurazioni e “troppo largo”. Questo suggerisce che siano presenti dellearbitrarieta di gauge. Per provare a ottenere una formulazione hamiltoniana senza vincolidovremmo quindi ridurre lo spazio delle configurazioni a quello delle classi di equivalenzadescritte da tali arbitrarieta. Infatti, alle equazioni di Einstein non e associato alcunsignificato fisico per i punti geometrici P ∈M . Di fatto, finora nessuno e riuscito a farloin generale: non c’e nessuna misura fisica che possa essere associata ai punti della varietaconsiderata. Un qualsiasi diffeomorfismo su (M, ηab) lascia invariata la dinamica. Vistoche le configurazioni che stiamo considerando sono pero σ (non ψ) possiamo consideraresolo i diffeomorfismi Γ (attivi o passivi) su Σ (non su (M, η)) e immaginare di far migrare

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in blocco i campi tensoriali su tali ipersuperfici. Due metriche hij e h′ij sono quindiequivalenti se possono essere ricondotte l’una all’altra tramite un diffeomorfismo Γ. Lospazio delle configurazioni composto da questa classe di equivalenza e detto superspazio.Lo spazio dei momenti associato al superspazio deve quindi essere tale per cui∫

Σ

πδ(h′ij) =

∫Σ

πδhij. (1.34)

Si puo mostrare che tale relazione comporta che i vincoli associati alle variabili N i sianoautomaticamente soddisfatti. Le funzioni di spostamento non sono quindi piu associatead alcuna equazione e possono essere scelte indifferentemente anche prima di risolvere leequazioni del moto (e si potrebbe quindi per esempio imporre immediatamente N i = 0).Invece, il vincolo associato alla funzione di scorrimento N e legato a come si decide difogliare la varieta e pare non essere removibile.

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Capitolo 2

Particella relativistica

In questo capitolo consideriamo un esempio di applicazione delle formulazioni lagrangia-na ed hamiltoniana: la particella libera relativistica. E un caso semplice, ma comunquesignificativo, al punto che si rivelera sostanzialmente analogo a quello trattato nel terzocapitolo. Infatti, il sistema che si ottiene e equivalente a una teoria definita su una varieta1-dimensionale (piu il tempo come parametro). Questa prospettiva mette in evidenzaesplicitamente alcune proprieta dei sistemi invarianti rispetto a riparametrizzazioni deltempo. Senza svolgere una trattazione completa, ci limitiamo quindi a mettere in evi-denza queste proprieta. Per questa trattazione usiamo delle unita di misura naturaliimponendo c ≡ 1.

2.1 Formulazione lagrangiana

Consideriamo una particella puntiforme relativistica inserita nel nostro spazio-tempo.A essa e quindi associato il vettore posizione xa. Essendo la particella libera, essadescrive un osservatore inerziale. Scegliendo coordinate comoventi con la particella valela relazione (che esprime un vincolo in ogni istante, per definizione)

ηabdxa

ds

dxb

ds=dxa

ds

dxads

= −1, (2.1)

ove s e il tempo proprio della particella, cioe s = x0 in tali coordinate comoventi.

2.1.1 Densita lagrangiana

L’ordinaria formulazione lagrangiana (a priori, non stiamo descrivendo una teoria dicampo) prevede che l’azione corrispondente a tale particella sia

SP

=

∫s

−m =

∫s

−m√−dx

a

ds

dxads

, (2.2)

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ove m e la massa propria della particella. L’ultimo membro delle equazioni (2.2) enumericamente (e fisicamente) equivalente al secondo. Se pero consideriamo una qualsiasiriparametrizzazione continua e monotona crescente del tempo proprio τ = τ(s) (in modoche il tempo τ scorra nello stesso verso del tempo proprio e la relazione sia invertibile)otteniamo

SP

=

∫τ

−mds

√−dsdτ

−2dxa

dxadτ

=

∫τ

−m√−xaxa, (2.3)

che esprime la forma covariante dell’azione rispetto a riparametrizzazioni del tempoproprio, ove xa = dxa/dτ . Abbiamo quindi introdotto una funzione s che, una voltafissata, determina la scelta del tempo. Tale funzione non figura nell’azione, ma ridefinisceil vincolo (2.1):

xaxa = s2dxa

ds

dxads

= −s2. (2.4)

L’arbitrarieta per la scelta del tempo ci permette di reinterpretare matematicamentel’azione (2.3). Infatti, possiamo leggerla come l’azione relativa a 4 campi scalari xa

(considerando fissata la metrica ηab) definiti su una varieta differenziale 1-dimensionale,in cui il tempo τ altro non e che l’unica coordinata per tale varieta. Scegliere τ , e quindiscegliere s, e analogo a scegliere la funzione N (l’assenza delle N i e dovuta alla differenzadel numero di dimensioni). Se scegliessimo il tempo prima di calcolare le equazioni diEulero-Lagrange otterremmo solo le relazioni dinamiche relative a quel tempo specifico.Calcoliamo prima invece tali equazioni.

2.1.2 Dinamica lagrangiana

Le equazioni di Eulero-Lagrange per questo sistema sono

d

( mxa√−xbxb

)= 0, (2.5)

xa√−xbxb

+xaxcx

c

√−xbxb

3 = 0. (2.6)

Imponendo il vincolo (2.4)

xas

+xaxcx

c

s3= 0, (2.7)

xas

+xaxcx

c

s3= 0, (2.8)

18

Page 21: Il formalismo ADM per la metrica FLRW In questo testo vengono de niti per la relativit a generale innanzitutto il concetto di formulazione lagrangiana e, introducendo il formalismo

che e un sistema di equazioni differenziali piuttosto complesso. Consideriamo pero che larelazione (2.4) deve essere soddisfatto in ogni istante. Possiamo quindi sfruttare anchela relazione

d

dτ(xax

a) =d

dτ(−s2) (2.9)

xaxa = −ss. (2.10)

Imponendola

xa − xas

s= 0 (2.11)

xa =xas

s. (2.12)

A questo punto possiamo scegliere arbitrariamente una funzione s che soddisfi i requisitirichiesti, cioe scegliere un tempo τ . Scegliamo per esempio s = 1. Esso equivale a untempo τ = s + costante che scorra “parallelamente” al tempo proprio della particella.Otteniamo xa = 0 come ci saremmo aspettati fin dall’inizio, dal momento che la particellae libera. Notiamo che contraendo entrambi i membri di (2.12) con xa, usando la relazione(2.4), si riottiene la (2.10). Questo fatto suggerisce che imporre la relazione (2.4) in ogniistante sia in qualche modo equivalente a risolvere le equazioni (2.5) (in questo casonotiamo pero che (2.4) e 1 sola equazione mentre (2.5) corrisponde a 4 equazioni).

2.2 Formulazione hamiltoniana

Svolgiamo ora la procedura che ci consente di ottenere la formulazione hamiltonianacorrispondente a quella lagrangiana appena considerata. Come si evince dalla relazione(2.5) i momenti coniugati alle variabili xa sono

pa =−mxa√−xbxb

. (2.13)

Considerando l’azione (2.2), la densita hamiltoniana corrispondente alla formulazionelagrangiana trattata e

H = paxa − L = (2.14)

=−mxaxa√−xbxb

− (−m√−xaxa) = (2.15)

= −m√−xbxb +m

√−xbxb = (2.16)

= 0, (2.17)

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cioe la densita hamiltoniana “svanisce”: si annulla identicamente. In realta la proceduracorretta prevede di esprimere la densita hamiltoniana in funzione delle variabili xa, pa(non in funzione di xa), di differenziare l’hamiltoniana e solo poi di imporre il vincolocorrispondente, che equivale a

papa =

−mxa√−xbxb

−mxa√−xbxb

=m2xa

−xbxb= −m2. (2.18)

Imponendo tale vincolo alla densita hamiltoniana effettiva, quest’ultima appunto si an-nullerebbe. Questo comportamento descrive la proprieta della densita hamiltoniana diannullarsi sulle soluzioni. Si puo dimostrare che cio avviene ogni volta che una teoriae invariante rispetto a riparametrizzazioni del tempo (o piu in generale per invarianzerispetto a diffeomorfismi).

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Capitolo 3

Universo di FLRW con camposcalare

Consideriamo ora il caso di interesse di questo testo: lo spazio-tempo di FLRW (Fried-mann, Lemaitre, Robertson, Walker). Assumiamo di poter applicare il formalismo ADMcon la richiesta delle ulteriori proprieta di omogeneita e isotropia dei tensori coinvoltirispetto alle ipersuperfici spaziali Σ. Queste proprieta insieme alla decomposizione ADMriducono la metrica a una forma semplicissima. Il risultato piu generale sarebbe com-patibile con tre tipi di universo di cui noi consideriamo quello che i dati sperimentalisuggeriscono essere quello fisicamente significativo (che e anche matematicamente quellopiu semplice). La scelta di uno spazio-tempo cosı particolare consente di trattare unsistema che comprenda, oltre alla metrica, anche un campo materiale φ scalare e senzamassa il cui termine di densita lagrangiana sia separabile rispetto a quello relativo alloscalare di curvatura (cioe di minimo accoppiamento). Per questa trattazione usiamodelle unita di misura naturali imponendo c ≡ 1 e 8πG ≡ κ.

3.1 Metrica di FLRW

Lavoriamo ora nello spazio-tempo di FLRW, mantenendo pero arbitraria la scelta diN ed N i. Imponiamo cioe le proprieta di omogeneita e isotropia per le ipersuperficiΣ. Cio significa ammettere l’esistenza di 3 vettori di Killing che generino traslazionispaziali (omogeneita) e 3 vettori di Killing che generino rotazioni (isotropia). Usandocome coordinate spaziali µa analoghe a quelle polari sferiche, si puo dimostrare che le

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ddτ

ddt

t(τ)

ddτ

ddt

t(τ)

ddτ

ddt

t(τ) Σt

Σt+∆t

Figura 3.1: schema in 3 dimensioni esemplificativo del formalismo ADM per la metricaFLRW. Il parametro t definente le ipersuperfici Σ e una funzione del tempo proprio τ .

uniche metriche che soddisfino queste proprieta siano quelle della forma

υaηabυb =− (N2 −NiN

i)υ0υ0+

+ (2Ni)υ0vi+

+ (α2){ 1

1− k(µ1µ1)υ1υ1 + (µ1µ1)[υ2υ2 + (sin2µ2)υ3υ3]

}, (3.1)

ove α = α(t) e detto fattore di scala e k = 0,±1 (riparametrizzando opportunamente lacoordinata µ1) costante di curvatura. Consideriamo k = 0 che e il caso in cui l’universo edetto piatto. Possiamo quindi cambiare sistema di coordinate e considerarne uno analogoa quello cartesiano. La lunghezza di qualsiasi vettore puo essere calcolata come

υaηabυb = −(N2 −NiN

i)υ0υ0 + (2Ni)υ0vi + (α2)(υ1υ1 + υ2υ2 + υ3υ3) (3.2)

e il fattore di scala resta l’unica variabile dinamica della metrica. E importante ora sot-tolineare che le proprieta di omogeneita e isotropia imposte per le ipersuperfici spazialivalgono per il sistema complessivo composto sia dalla metrica ηab che dal campo scalareφ. Tali proprieta comportano che il sistema sia invariante per diffeomorfismi spaziali

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(i vettori di una qualsiasi base di coordinate spaziali sono vettori di Killing per il si-stema). Quindi i vincoli relativi alle funzioni N i sono automaticamente soddisfatti. Diconseguenza non serve calcolarli, e scegliere l’andamento delle funzioni N i ora o alla finedell’analisi differenziale e indifferente. Per convenienza scegliamo e imponiamo quindiN i = 0 (figura 3.1). A questo punto le lunghezze si possono calcolare come

υaηabυb = −(N2)υ0υ0 + (α2)(υ1υ1 + υ2υ2 + υ3υ3) (3.3)

e possiamo iniziare la trattazione lagrangiana del sistema.

3.2 Formulazione lagrangiana

Iniziamo la trattazione a partire dall’azione del sistema nel caso generale composto dallametrica η e dal campo scalare φ minimamente accoppiato senza massa. Per “minimamen-te accoppiato” si intende che il termine di densita lagrangiana corrispondente non dipendedallo scalare di curvatura R e piu in generale che l’unico termine di accoppiamento conla curvatura dello spazio-tempo e quello dovuta al fattore

√−η.

3.2.1 Densita lagrangiana

L’azione corrispondente al sistema e

SV

=

∫M

√−η(Rκ− ∂aφ∂aφ

). (3.4)

Ora calcoliamo l’azione per il caso di nostro interesse. Lo scalare di curvatura R dipendesolo dalle componenti della metrica e dalle sue derivate. In questo caso si puo calcolaree la relazione che lo descrive e

R =6

N2

( αα− αN

αN+α2

α2

)(3.5)

ove α = dα/dt, N = dN/dt. I vettori spaziali di base ∂i sono vettori di Killing delsistema, quindi ∂iφ = 0. Inoltre, il gradiente di una funzione esprime le componenti diun covettore, quindi se vogliamo esprimere ∂a∂

a in funzione di dφ/dt dobbiamo usarel’inverso della metrica

ηab∂aφ∂bφ = − 1

N2φ2 (3.6)

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in quanto η00η00 = η00(−N2) = 1. Tenendo conto che√−η =

√N2α6, l’azione assume

quindi la forma

SV

=

∫M

Nα3[ 6

κN2

( αα− αN

αN+α2

α2

)+φ2

N2

]=

=

∫M

[6

κ

(α2α

N− α2αN

N2+αα2

N

)+α3φ2

N

]. (3.7)

Notiamo che, ovviamente, non ci sono variabili che dipendono dalle coordinate spaziali,quindi l’azione si puo ridurre a essere equivalente a quella di un sistema 1-dimensionaleintegrando sulle coordinate spaziali

S =SV

V

=

∫t

[6

κ

(α2α

N− α2αN

N2+αα2

N

)+α3φ2

N

](3.8)

ove V e il valore adimensionale del volume fisso associato all’estensione della varieta con-siderata. Quella che abbiamo ottenuto e appunto l’azione di un sistema 1-dimensionalein cui l’unica coordinata e il tempo t. L’invarianza rispetto a riparametrizzazioni deltempo e garantita dalla presenza della variabile N . In questo caso l’azione dipende peroanche da N ed N sembra quindi una variabile dinamica. Inoltre sono presenti termini diα che ci impediscono di usare come equazioni del moto le equazioni di Eulero-Lagrange.In realta, possiamo eliminare tali dipendenze considerando un termine di contorno:

S =

∫t

[6

κ

(α2α

N− α2αN

N2+αα2

N

)+α3φ2

N− 6

κ

d

dt

(a2a

N

)+

6

κ

d

dt

(a2a

N

)]=

=

∫t

{6

κ

[α2α

N− α2αN

N2+αα2

N− d

dt

(a2a

N

)]+α3φ2

N+

6

κ

d

dt

(a2a

N

)}=

=

∫t

[6

κ

(αα2

N− 2αα2

N

)+α3φ2

N+

6

κ

d

dt

(a2a

N

)]=

=

∫t

[α3φ2

N− 6

κ

αα2

N+

6

κ

d

dt

(a2a

N

)]. (3.9)

Quindi otteniamo un’azione equivalente a meno di un termine di contorno

S =

∫t

(α3φ2

N− 6

κ

αα2

N

), (3.10)

che definisce la densita lagrangiana

L =α3φ2

N− 6

κ

αα2

N. (3.11)

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3.2.2 Dinamica lagrangiana

Per ottenere le relazioni che descrivono la dinamica del sistema possiamo ora usaredirettamente le equazioni (1.16)

δSδN

= 0 ⇒ d

dt

(0)

= −α3φ2

N2+

6

κ

αα2

N2⇒ α3φ2

N2=

6

κ

αα2

N2, (3.12)

δSδα

= 0 ⇒ d

dt

(− 12

κ

αα

N

)= 3

α2φ2

N− 6

κ

α2

N⇒ −1

2

α2

α2− α

α+αN

αN=κ

4φ2,

(3.13)

δSδφ

= 0 ⇒ d

dt

(2α3φ

N

)= 0 ⇒ 3

φ

α2+ φ =

φ

N, (3.14)

dalle quali si evince anche l’espressione dei momenti coniugati (rispetto alla variabileriportata al pedice)

pN = 0, (3.15)

pα = −12

κ

αα

N, (3.16)

pφ = 2α3φ

N. (3.17)

Come preventivato durante la discussione generale svolta alla fine del primo capitolo, ilmomento coniugato a N si annulla identicamente e la relazione (3.12) non e un’equazionedinamica, ma un’equazione differenziale al primo ordine, un vincolo. Inoltre, pφ e unintegrale primo del moto ed e cioe equivalente a un parametro. Le equazioni (3.12),(3.13), (3.14) diventano quindi

δSδN

= 0 ⇒p2φ

4

1

α3=

6

κ

αα2

N2, (3.18)

δSδα

= 0 ⇒κp2

φ

16

N2

α6= −1

2

α2

α2− α

α+αN

αN, (3.19)

δSδφ

= 0 ⇒ pφ = 2α3φ

N. (3.20)

Notiamo che derivando il vincolo (3.18) rispetto al tempo otteniamo

p2φ

4

α

α4= −2

κ

( α3

N2+ 2

ααα

N2− 2

αα2N

N3

). (3.21)

Moltiplicando entrambi i membri per il fattore κN2/4α2α rioetteniamo esattamente(3.19). Cio significa che applicare il vincolo (3.18) in ogni istante equivale a risolve-re l’equazione differenziale (3.19). Risolvere le equazioni del moto equivale quindi arisolvere l’equazione differenziale (3.18).

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Prima di proseguire, a questo punto nulla ci vieta di scegliere un tempo specifico,anche se cosı la soluzione che otterremo sara valida solo per quel tempo (ma abbiamogia le equazioni del moto generali). Scegliamo innanzitutto N = 1, cioe consideriamo untempo τ che scorra “parallelamente” rispetto al tempo proprio del sistema. Risolviamoquindi (3.18):

3κp2φ

8= (3α2α)2 =

[ ddτ

(α3)]2

,

±∫ τ

τ=0

pφ√

4=

∫ τ

τ=0

d

dτ(α3),

±pφ√

4τ = α3(τ)− α3(0) ≡

≡ α3(τ)− α30,

α3(τ) = α30 ±

pφ√

4τ ≡

≡ α30

(1± τ

τc

). (3.22)

Abbiamo ottenuto 2 possibili risultati per l’evoluzione di α nel tempo: un universo inespansione (+), tale per cui −τc < τ < ∞, e uno in contrazione (−), tale per cui−∞ < τ < τc. Per evidenziare meglio questi risultati consideriamo anche un altrotempo θ per N = α. Risolviamo qunidi (3.18):

κp2φ

6= (2αα)2 =

[ ddθ

(α2)]2

,

±∫ θ

θ=0

pφ√

6=

∫ θ

θ=0

d

dθ(α2),

±pφ√

6θ = α2(θ)− α2

0,

α2(θ) = α20

(1± θ

θc

), (3.23)

che e un caso completamente analogo al precedente in cui pero le soluzioni sono espres-se per α2. Infatti, la variabile che determina come si calcolano le lunghezze e α2 (nonuna qualsiasi potenza di α) e in questo caso le soluzioni sono naturalmente espresse infunzione di essa. D’altra parte, la dinamica non deve dipendere dalla scelta del tempo,quindi i risultati dinamici ottenuti per un N specifico sono validi in generale. Notiamoinnanzitutto che α2 > 0 per ipotesi. Se cosı non fosse la metrica avrebbe segnatura(−1,−1,−1,−1) e descriverebbe un universo di 4 dimensioni temporali. Quindi ottenia-mo le condizioni −θc < θ < ∞ per il caso + e −∞ < θ < θc per il caso −. Calcoliamo

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quindi la derivata rispetto al tempo di (3.23):

˙α2(θ) = ±α20

θc(3.24)

che evidenzia l’espansione dello spazio per il caso + e la contrazione per il caso −. Ingenerale, a dipendere invece dalla scelta del tempo sono le derivate rispetto al tempo diordine superiore al primo, in particolare l’“accelerazione” di α2. Infatti nel caso (3.22) siottiene che l’espansione (la contrazione) dello spazio deceleri rispetto a τ , in particolare

α2(τ) = α20

(1± τ

τc

)2/3

, (3.25)

˙α2(τ) = ±2α20

3τc

(1± τ

τc

)−1/3

, (3.26)

¨α2(τ) = −2α20

9τ 2c

(1± τ

τc

)−4/3

. (3.27)

E invece evidente che nel caso (3.23) si ottiene che l’espansione (la contrazione) dello

spazio e stabile rispetto a θ, in particolare ¨α2(θ) = 0.

3.3 Formulazione hamiltoniana

Per calcolare la formulazione hamiltoniana corrispondente alla formulazione lagrangianatrattata e conveniente effettuare il cambio di variabile α(t) = βeγ(t) di modo che ladensita lagrangiana e i momenti coniugati siano

L =β3e3γ

N

(φ2 − 6

κγ2)

(3.28)

pN = 0, (3.29)

pγ = −12β3

κ

e3γ γ

N, (3.30)

pφ = 2β3 e3γφ

N. (3.31)

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3.3.1 Densita hamiltoniana

Usando la procedura descritta nel capitolo 1 troviamo la densita hamiltoniana

H = pγ γ + pφφ− L =

= −pγκ

12β3

Npγe3γ

+ pφ1

2β3

Npφe3γ− β3e3γ

N

( 1

4β6

N2p2φ

e6γ− 6

κ

κ2

144β6

N2p2γ

e6γ

)=

=1

2β3

N

e3γ

(p2φ −

κ

6p2γ

)− 1

4β3

N

e3γ

(p2φ −

κ

6p2γ

)=

=1

4β3

N

e3γ

(p2φ −

κ

6p2γ

)(3.32)

≡ NH1/N . (3.33)

3.3.2 Dinamica hamiltoniana

Per ottenere le relazioni che descrivono la dinamica del sistema possiamo usare diretta-mente le equazioni (1.22)

0 =δHδN

= H1/N , (3.34)

γ =δHδpγ

= − κ

12β3

Npγe3γ

, pγ = −δHδγ

=3

4β3

N

e3γ

(p2φ −

κ

6p2γ

)= 3NH1/N , (3.35)

φ =δHδpφ

=1

2β3

Npφe3γ

, pφ = −δHδφ

= 0. (3.36)

Abbiamo ottenuto il vincolo (3.34) e 2 coppie di equazioni canoniche caratterizzantila dinamica (3.35, 3.36). Come ci aspettavamo, imporre il vincolo (3.34) comportal’annullarsi della densita hamiltoniana (3.33). Il senso del formalismo e pero quello diapplicare tale vincolo alle equazioni canoniche. Notiamo quindi che entrambi i momentipγ e pφ si conservano nel tempo. Come per la dinamica lagrangiana, a questo puntopossiamo scegliere l’andamento della funzione N . Come in precedenza scegliamo quindiN = 1. Cosı e facile risolvere la prima delle (3.35):

3e3γ γ = −κpγ4β3

,∫ τ

0

3e3γ γ = −κpγ4β3

∫ τ

0

(N), (3.37)

e3γ(τ) = e3γ(0) − κpγ4β3

τ, (3.38)

cioe otteniamo un universo in espansione se pγ < 0 e un universo in contrazione sepγ > 0. Notiamo che N > 0 per ipotesi e corrisponde quindi necessariamente alla

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derivata di una funzione strettamente crescente (come richiesto in quanto esprime lepossibili riparametrizzazioni del tempo proprio). A prescindere dalla scelta di N il risul-tato dell’integrazione e quindi necessariamente positivo. Quindi il valore di pγ e l’unicavariabile che determina il tipo di universo. Questo fatto e perfettamente coerente conuna dinamica indipendente rispetto a riparametrizzazioni del tempo. Ora ricordiamoche α(t) = βeγ(t) e applichiamo il vincolo (3.34), che ci permettera di esprimere pγ infunzione di pφ:

α3(τ) = α30 −

κpγ4τ, p2

φ =κ

6p2γ,

α3(τ) = α30 ±

κ

4

√6

κpφτ,

α3(τ) = α30 ±

pφ√

4τ, (3.39)

che e esattamente la soluzione (3.22) come ci aspettavamo.

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Conclusioni

La questione che ci si e posta all’inizio di questo elaborato e quale possa essere la con-figurazione del tensore metrico che caratterizza il nostro universo, cioe di descrivere agrande scala quale sia la storia della nostra realta.

La trattazione svolta si basa quasi esclusivamente su considerazioni, per quanto af-fermate siano, teoriche e filosofiche quali il principio di relativita generale e il principiocosmologico. L’unico punto in cui si fa affidamento a risultati sperimentali e quello appe-na successivo all’introduzione della metrica di FLRW, quando si escludono le possibilitadi universo aperto o chiuso e si considera quello piatto. L’analisi canonica per il sistemaconsiderato evidenzia che la dinamica e invariante per riparametrizzazioni del tempo equindi dalla scelta della funzione N (purche sia sempre positiva). Infatti, il momentoconiugato a N si annulla identicamente e il vincolo associato comporta l’annullarsi delladensita hamiltoniana. Piu precisamente, il tipo di universo e univocamente determinatodal valore (positivo o negativo) di pγ, che si conserva proprio per il vincolo associato aN . I risultati ottenuti descrivono appunto 2 possibili tipi di universo. In particolare,scegliendo N = 1, cioe ”osservando” il sistema rispetto al suo tempo proprio, le possi-bili soluzioni delle equazioni di Einstein sono α3(τ) = α3

0(1 ± τ/τc). Lo spazio quindipuo essere in espansione (+) o in contrazione (−) rispetto al tempo. Le due tipologiecomportano che la vita dell’universo sia rispettivamente inferiormente e superiormentelimitata nel tempo, come si puo evincere in particolare considerando N = α. Le solu-zioni corrispondenti a questa scelta del tempo sono infatti α2(θ) = α2

0(1 ± θ/θc). I datisperimentali mostrano che l’universo in questo momento si sta espandendo. La soluzionecorrispondente indica quindi che il nostro universo ha avuto un inizio e che non avrauna fine. L’espansione dello spazio e un fatto per nulla scontato. Aver ottenuto un ri-sultato che sia in grado di prevederlo e soddisfacente, soprattutto se si considera che siafondato principalmente su speculazioni. D’altra parte, uno dei limiti di questo modello eproprio l’inesattezza del principio cosmologico. Inoltre, la scelta di descrivere la materiausando solo un campo scalare senza massa minimamente accoppiato e certamente moltospecifica. Ulteriori caratteristiche dell’evoluzione dell’universo dipendono invece da qua-le tempo si sceglie. Per esempio per N = 1 si ottiene un’espansione (contrazione) cherallenta con il tempo (proprio), mentre per N = α si ottiene un’espansione (contrazione)stabile nel tempo.

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Bibliografia

[1] Wald, Robert M., General Relativity, The University of Chicago Press, 1984.

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