STUDIO DI UNA RISONANZA COMPATIBILE CON IL BOSONE … cinetica della lagrangiana del fotone e L A= 1...

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Universit ` a degli Studi di Milano FACOLT ` A DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI Corso di Laurea Triennale in Fisica Tesi di Laurea in Fisica delle Particelle Elementari STUDIO DI UNA RISONANZA COMPATIBILE CON IL BOSONE DI HIGGS NEL DECADIMENTO IN DUE FOTONI ALL’ESPERIMENTO ATLAS Relatore: Dott. MARCELLO FANTI Presentata da: ANDREA MERLI Anno Accademico 2011/2012

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Universita degli Studi di Milano

FACOLTA DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI

Corso di Laurea Triennale in Fisica

Tesi di Laurea in Fisica delle Particelle Elementari

STUDIO DI UNA RISONANZACOMPATIBILE CON IL BOSONEDI HIGGS NEL DECADIMENTO

IN DUE FOTONIALL’ESPERIMENTO ATLAS

Relatore:Dott.MARCELLO FANTI

Presentata da:ANDREA MERLI

Anno Accademico 2011/2012

2

Indice

Introduzione iii

1 Il Modello Standard 11.1 Introduzione ai campi e alle interazioni di gauge . . . . . . . . 11.2 Particelle nel Modello Standard . . . . . . . . . . . . . . . . . 31.3 Gruppi di gauge e loro interazioni . . . . . . . . . . . . . . . . 5

1.3.1 Il sottogruppo SU(2)L ⊗ U(1)Y delle interazioni deboli 51.3.2 Il gruppo SU(3)C delle interazioni forti . . . . . . . . . 6

1.4 Rottura spontanea di simmetria . . . . . . . . . . . . . . . . . 71.4.1 Meccanismo di Higgs . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8

1.5 Limite sulla massa del bosone di Higgs . . . . . . . . . . . . . 12

2 Il Large Hadron Collider 152.1 CERN . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15

2.1.1 L’acceleratore LHC . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 152.2 Principali processi e sezioni d’urto a LHC . . . . . . . . . . . . 172.3 Meccanismi di produzione del bosone di Higgs a LHC . . . . . 19

2.3.1 Decadimento del bosone di Higgs . . . . . . . . . . . . 21

3 L’Esperimento ATLAS 253.1 Il rivelatore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25

3.1.1 Componenti del rivelatore . . . . . . . . . . . . . . . . 263.2 Identificazione di particelle . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33

4 I fotoni ad ATLAS 354.1 Ricostruzione e identificazione dei fotoni . . . . . . . . . . . . 35

4.1.1 Ricostruzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 354.1.2 Identificazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36

4.2 Selezione degli eventi H → γγ . . . . . . . . . . . . . . . . . . 404.2.1 Selezione del vertice primario . . . . . . . . . . . . . . 404.2.2 Effetto della selezione sul segnale . . . . . . . . . . . . 41

i

ii INDICE

5 Segnale e sua modellizzazione 455.1 La massa invariante . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 455.2 Simulazioni del segnale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 465.3 Numero di eventi aspettati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46

5.3.1 Errori sistematici sul numero di eventi attesi . . . . . . 475.4 Modellizzazione del picco di massa . . . . . . . . . . . . . . . 48

5.4.1 Errori sistematici sulla risoluzione in massa invariantedi due fotoni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50

5.4.2 Errore sistematico sul picco del segnale . . . . . . . . . 52

6 Composizione del background 53

7 Analisi 577.1 Modello di fit e likelihood . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 577.2 Errori sistematici nella likelihood . . . . . . . . . . . . . . . . 597.3 Test statistico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 597.4 Limiti di esclusione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 617.5 Ipotesi di solo fondo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 627.6 Misura di massa e signal strength . . . . . . . . . . . . . . . . 65

7.6.1 Errore sulla misura di massa . . . . . . . . . . . . . . . 677.6.2 Errore sulla misura della signal strength . . . . . . . . 68

Conclusioni 73

Bibliografia 73

Introduzione

Questa tesi si propone di studiare le caratteristiche di una risonanza neldecadimento in due fotoni nella regione di massa invariante intorno a 125GeV. Il 4 Luglio il CERN, con i suoi esperimenti CMS (Compact MuonSolenoid) e ATLAS (A Toroidal LHC ApparatuS) [1], ne ha ufficialmentedichiarato la scoperta e la compatibilita con il bosone di Higgs. Lo studioe effettuato sui dati raccolti da ATLAS nel 2011 a

√s = 7 TeV e nei primi

mesi del 2012 a√s = 8 TeV, con una luminosita integrata totale di 10.7

fb−1. E svolto proponendo un’analisi semplificata di quella ufficiale.

La teoria che descrive le interazioni fondamentali e il Modello Standard.Con l’assunzione dell’invarianza della lagrangiana L sotto l’azione del gruppoSU(3)C⊗SU(2)L⊗U(1)Y , e capace di spiegare le proprieta delle particelle ele interazioni tra loro. I fermioni formano la materia mentre i bosoni di gau-ge vettoriali mediano le forze. Esso prevede l’esistenza e i numeri quanticidi 6 leptoni e 6 quark, suddivisi in 3 generazioni, piu le relative antipar-ticelle. I bosoni di gauge mediano le forze fondamentali elettromagnetiche(fotone γ), deboli (W+, Z0 e W−) e forti (gluoni g). L’esistenza di bosonivettoriali massivi (W±, Z0), non prevista dalle teoria di gauge, e spiegabileattraverso il meccanismo di Higgs. Secondo tale modello dovrebbe esiste-re un’ulteriore particella neutra, di spin zero, osservabile in interazioni adenergia sufficientemente alta.

Negli ultimi 40 anni tutti i fermioni e i bosoni, mediatori delle tre forzefondamentali, predetti dal Modello Standard sono stati scoperti. Con il tem-po le previsioni divennero piu precise e gli esperimenti piu elaborati, ma nonsi trovarono deviazioni significative tra la teoria e le misure.

La nuova generazione di esperimenti situati all’LHC (Large Hadron Col-lider) del centro di ricerca CERN (Conseil Europeen pour la Recherche Nu-cleaire - European Council for Nuclear Research) testera il Modello Standardad energie mai raggiunte prima d’ora. LHC e progettato per esplorare zonedi energia al di la dell’unificazione elettrodebole e ci si aspetta quindi chepermetta di osservare fenomeni nuovi.

Il primo capitolo di questa tesi fornisce una panoramica della teoria del

iii

iv INTRODUZIONE

Modello Standard ed i limiti della massa del bosone di Higgs. Il secondocapitolo descrive l’acceleratore e i processi di interazione p-p con partico-lare attenzione sulla fisica del bosone di Higgs: meccanismi di produzionee “branching ratio” di decadimento. Il terzo capitolo descrive il rivelatoreATLAS e i modi per identificare le particelle che a seconda delle loro carat-teristiche interagiscono differentemente con il materiale. Il quarto capitolosi concentra sui fotoni e sulla loro ricostruzione ed identificazione: questopermette di selezionare gli eventi di segnale H → γγ. Sono state studiate ledistribuzioni delle variabili di sciame che permettono, tramite tagli, l’identi-ficazione dei fotoni e l’effetto che questi tagli hanno sugli eventi di segnale.L’esistenza del bosone di Higgs si manifesta come un picco nello spettro inmassa invariante, in questo caso dei due fotoni mγγ. Per rivelarlo dobbiamoessere in grado di prevedere la sua forma. Nel quinto capitolo e riportatotale studio di modellizzazione della forma del segnale oltre che a quello sulnumero atteso di eventi di segnale. Il sesto capitolo tratta del backgrounde della sua composizione. Il settimo capitolo espone l’analisi svolta sui datitramite test statistici che hanno permesso di escludere la presenza di un SMHiggs (Standard Model Higgs: Higgs i cui accoppiamenti sono descritti per-fettamente dal Modello Standard) in zone di massa con differenti percentualidi CL. Inoltre si e testata l’ipotesi di solo fondo sui dati e, una volta scopertoche i dati contengono un segnale, si e cercato di misurarne la massa e la“signal strength” (numero di eventi osservato rispetto a quello atteso).

Capitolo 1

Il Modello Standard

Lo sviluppo della fisica teorica degli ultimi 50 anni ha portato a una con-sistente combinazione di meccanica quantistica e relativita speciale nel Mo-dello Standard della fisica delle particelle elementari. Con poche elementariassunzioni questa teoria e capace di spiegare le proprieta delle particelle ele interazioni tra loro. Un risultato molto importante di questa teoria e lacapacita di prevedere e/o quantificare un gran numero di proprieta e processiosservabili; in questo modo e possibile verificare e confrontare le previsionicon misure sperimentali. Il successo e dovuto al grande accordo tra le misuresperimentali e le previsioni teoriche. Il prossimo capitolo fornira una breveintroduzione degli aspetti matematici per descrivere le particelle e le lorointerazioni. Saranno esposte le proprieta essenziali del Modello Standard esara spiegata la necessita di introdurre un campo di Higgs e la sua particellaassociata, il bosone di Higgs.

1.1 Introduzione ai campi e alle interazioni

di gauge

Un campo fermionico f di massa m e descritto da una densita di lagrangiana:

Lf = f(x)(iγµ∂µ −m)f(x) (1.1)

con f = f †γ0 (tutte le formule in unita naturali: ~ = 1, c = 1). Applicandoil formalismo di Eulero - Lagrange a Lf otteniamo la nota equazione di Diracper il campo f :

(iγµ∂µ −m)f(x) = 0 (1.2)

L’Equazione (1.1) e la densita di lagrangiana e l’Equazione (1.2) descrive ilmovimento libero di fermioni f senza interazioni. Un modo per descrivere le

1

2 CAPITOLO 1. IL MODELLO STANDARD

interazioni tra i campi e postulare il principio di invarianza sotto trasforma-zioni locali di gauge: si richiede che la densita di lagrangiana L sia invariantesotto l’azione di gruppi di simmetria sui campi cosı che le equazioni dei motirimangano le stesse (non vi sono effetti su quantita osservabili).

Un semplice esempio di invarianza di gauge e l’invarianza sotto l’azionedella trasformazione locale di U (1)

U1(x) = eiα(x). (1.3)

Se applicato a un campo f

f(x)→ f(x) = U1(x)f(x) = eiα(x)f(x). (1.4)

Tutti i termini della forma

f(x)f(x)→ ˆf(x)f(x) = f(x)U−11 (x)U1(x)f(x) = f(x)f(x) (1.5)

sono invarianti e quindi soddisfano il principio di invarianza di gauge. Al con-trario, i termini contenenti le derivate di f(x) nella densita di lagrangiana (1.1)non sono invarianti

f(x)∂µf(x)→ ˆf(x)∂µf(x)

= [f(x)U−11 (x)]∂µ[U1(x)f(x)]

= f(x)∂µf(x) + if(x)[∂µα(x)]f(x).

(1.6)

Percio la richiesta dell’invarianza di gauge non e piu soddisfatta. Per risolverequesto problema la derivata usuale ∂µ nell’Equazione (1.1) e rimpiazzata dalladerivata covariante Dµ

∂µ → Dµ = ∂µ + igAµ(x). (1.7)

La regola di trasformazione per il campo Aµ sotto l’azione di U (1) descrittadall’Equazione (1.3) e

Aµ(x)→ Aµ(x) = Aµ(x)− 1

g∂µα(x). (1.8)

L’invarianza dei termini della forma f(x)Dµf(x) segue dalle Equazioni (1.7)e (1.8)

f(x)Dµf(x)→ ˆf(x)Dµf(x)

= [f(x)U−11 (x)]

[∂µ + ig

(Aµ(x)− 1

g∂µα(x)

)][U1(x)f(x)]

= f(x)∂µf(x) + igf(x)Aµ(x)f(x)+

+ if(x)[∂µα(x)]f(x)− if(x)[∂µα(x)]f(x)

= f(x)Dµf(x).

(1.9)

1.2. PARTICELLE NEL MODELLO STANDARD 3

Percio la densita di lagrangiana ridefinita

Lf ≡ Lf = f(x)(iγµDµ−m)f(x) = f(x)(iγµ∂µ−gγµAµ(x)−m)f(x) (1.10)

e invariante dalle trasformazioni di gauge locali di U (1). Il campo Aµ, cheproviene dalla richiesta della invarianza di gauge, genera un termine ulteriore

−gf(x)γµAµ(x)f(x) (1.11)

nell’Equazione (1.10). Questo e il termine di interazione QED tra i fermionif con carica g e un potenziale elettromagnetico esterno Aµ(x). La richiestadi invarianza di gauge fornisce un chiaro schema per generare termini diinterazione tra i campi delle forze e delle particelle.

Invece che essere un potenziale esterno, Aµ(x) puo essere pensato comeun fotone che propaga liberamente ed interagisce con il fermione. La partecinetica della lagrangiana del fotone e

LA = −1

4F µνFµν (1.12)

dove F µν ≡ ∂µAν − ∂νAµ. Questa parte puo essere aggiunta alla lagrangianaprecedente in modo da descrivere tutto il nostro sistema.

1.2 Particelle nel Modello Standard

La Tabella 1.1 mostra le particelle elementari descritte dal Modello Standarde i loro numeri quantici principali.

Tutti i fermioni (leptoni e quark) appaiono in 3 generazioni, le quali dif-feriscono tra loro solo per la massa. Gli indici L ed R si riferiscono all’elicitadel fermione, definite come

fL =1− γ5

2f fR =

1 + γ5

2f. (1.13)

Gli stati fermionici con elicita sinistrorsa e con stessa ipercarica Y sonoaccoppiati in un doppietto. Esso e lo stato di isospin debole T = 1

2e ai

due fermioni e assegnata la 3a componente T 3 = ±12. La relazione tra Y,

carica elettrica Q e 3a componente T3 dell’isospin debole T e Q = T 3 + Y2

.I quark portano un numero quantico in piu (C = 3 autostati indipendenti) eappaiono come un tripletto di colore. Tutte le altre particelle fondamentalisono un singoletto di colore.

Tutti i neutrini destrorsi hanno i numeri quantici nulli per tutte le inte-razioni conosciute e non sono quindi osservabili direttamente. Se assumiamo

4 CAPITOLO 1. IL MODELLO STANDARD

Tabella 1.1: Tabella delle particelle fondamentali del Modello Standard. Inumeri quantici sono: s=spin, T=isospin debole, T3=3a componente di T,Q=carica elettrica, Y=ipercarica, C=carica di colore. Gli stati d′L, s′L e b′Lsono una combinazione lineare degli autostati della massa dL,sL e bL(vediSezione 1.3.2).

Leptoni s T T3 Q Y(νeLe−L

) (νµLµ−L

) (ντLτ−L

)1212

1212

12

−12

0−1

−1−1

e loroantiparticelle

νeRe−R

νµRµ−R

ντRτ−R

1212

00

00

0−1

0−2

Quark s T T3 Q Y C(uLd′L

) (cLs′L

) (tLb′L

)1212

1212

12

−12

23

−13

1313

33

e loroantiparticelle

uRdR

cRsR

tRbR

1212

00

00

23

−13

43

−23

33

Bosoni di gauge s T T3 Q Y C

γ 1 / 0 0 0 /W+

Z0

W−

111

1/1

10−1

10−1

000

///

g 1 0 0 0 0 8

Higgs s T T3 Q Y

φ =

(φ+

φ0

)=√

12

(φ1 + iφ2

φ3 + iφ4

)00

1212

12

−12

10

11

che i neutrini sono particelle di Dirac, l’esistenza di quelli destrorsi puo essereindotta dalle oscillazioni tra le 3 generazioni, fenomeno che si puo spiegaresotto l’ipotesi di massa non nulla. Questo fa sı che sia necessaria la com-ponente destrorsa; ricordando l’Equazione (1.1), troviamo infatti il termineff = fLfR + fRfL.

Ricordando l’introduzione nella Sezione 1.1, la densita di lagrangiana del

1.3. GRUPPI DI GAUGE E LORO INTERAZIONI 5

Modello Standard contiene un termine della forma Lf = f(x)(iγµDµ −m)f(x)per ogni fermione nella Tabella 1.1. Il doppietto bosonico φ di campi com-plessi scalari (il campo di Higgs) sara discusso nella Sezione 1.4.1.

1.3 Gruppi di gauge e loro interazioni

Il gruppo completo di gauge del Modello Standard e SU(3)C ⊗ SU(2)L ⊗ U(1)Y .Le interazioni tra i fermioni derivano dall’invarianza della densita di lagran-giana sotto la trasformazione di questo gruppo.

1.3.1 Il sottogruppo SU(2)L ⊗ U(1)Y delle interazionideboli

Il sottogruppo SU(2)L ⊗ U(1)Y agisce sui campi con la trasformazione digauge

U(x) = eiY2α(x)+iT~σ·~β(x) (1.14)

dove i valori dell’ipercarica Y e dell’isospin debole T per ogni fermione sonoquelli riportati in tabella Tabella 1.1. La derivata covariante relativa a questatrasformazione di gauge e

Dµ = ∂µ + ig′Y

2Bµ(x) + igT~σ · ~Wµ(x). (1.15)

Nelle Equazioni (1.14) e (1.15) ~β(x) e una arbitraria funzione tridimensiona-le, ~σ il vettore delle tre matrici di Pauli, Bµ(x) il campo associato al gruppo

U(1)Y e ~Wµ i campi del gruppo SU(2)L. Per i fermioni sinistrorsi la trasfor-mazione di gauge (1.14) e la derivata covariante (1.15) agiscono sui doppietti

Lf/Qf =

(......

)L

(L = leptoni, Q = quark) con il numero quantico T = 12

(Tabella 1.1). Per preservare l’invarianza di gauge dalle trasformazioni diSU(2)L, tutti i fermioni sinistrorsi devono essere raggruppati in doppiettinella lagrangiana.

Il raggruppamento dei fermioni sinistrorsi nella Lagrangiana 1.1 non epossibile a causa del termine di massa −mf(x)f(x) poiche la massa dellecomponenti dell’isospin dovrebbe essere uguale. Il termine di massa per ifermioni sara discusso nella Sezione 1.4.1 nel contesto del meccanismo diHiggs.

Inoltre i campi di gauge Bµ e ~Wµ fin qui introdotti non sono campi fisicima sono legati ai campi A (fotone), Z (bosone Z) eW± (bosone W) attraverso

6 CAPITOLO 1. IL MODELLO STANDARD

le relazioni

W±µ =

1√2

(W 1µ ∓ iW 2

µ)

Aµ = Bµ cos θW +W 3µ sin θW

Zµ = −Bµ sin θW +W 3µ cos θW .

(1.16)

l’angolo di Weinberg θW e un parametro del Modello Standard, determinatosperimentalmente, che connette l’accoppiamento g e g ′ alla carica elettrica

e = g sin θW = g′ cos θW . (1.17)

La densita di lagrangiana libera per Bµ e ~Wµ e

Lfree(B, ~W ) = −1

4BµνBµν −

1

4

3∑a=1

W a µνW aµν (1.18)

con Bµν = ∂µBν − ∂νBµ e W aµν = ∂µW

aν − ∂νW

aµ − g

∑3b,c=1 ε

abcW bµW

cν . I

fattori εabc sono le costanti di struttura del gruppo SU(2). Per una descri-zione completa del bosone W e Z mancano i termini di massa della forma−m2

WW+µ W

−µ − 12m2ZZµZ

µ. Non e possibile aggiungerli a mano poiche essiviolano l’invarianza di gauge della Lagrangiana. Il metodo piu accreditatoper introdurre la massa dei bosoni di gauge e mediante la rottura spontaneadi simmetria descritta nella Sezione 1.4.

1.3.2 Il gruppo SU(3)C delle interazioni forti

Ogni quark nella Tabella 1.1 e un tripletto nello spazio del colore su cui agisceil gruppo SU(3)C . Tutte le altre particelle sono un singoletto rispetto alle tra-sformazioni di SU(3)C e non vengono alterate dall’azione di questo gruppo.L’intera trasformazione di gauge del gruppo SU(3)C ⊗ SU(2)L ⊗ U(1)Y e

U(x) = eiY2α(x)+iT~σ·~β(x)+i

∑8a=1 γa(x)λa

2 (1.19)

Dµ = ∂µ + ig′Y

2Bµ(x) + igT~σ · ~Wµ(x) + igs

8∑a=1

λa2Gaµ(x) (1.20)

Gli otto campi Gaµ sono i campi dei gluoni descritti dalla QCD, λa sono le

matrici di Gell-Mann. La densita di lagrangiana libera dei campi dei gluonie

Lfree(G) = −1

4

8∑a=1

Gµνa G

aµν (1.21)

1.4. ROTTURA SPONTANEA DI SIMMETRIA 7

con Gaµν ≡ ∂µG

aν − ∂νGa

µ − g∑8

b,c=1 gabcGb

µGcν . I fattori gabc sono le costanti

di struttura del gruppo SU(3).Gli autostati sinistrorsi del gruppo SU(2)L ⊗ U(1)Y non sono gli stessi

autostati del gruppo SU(3)C e della massa. Gli autostati di SU(2)L⊗U(1)Ysono legati con quelli della massa e di SU(3)C mediante la matrice unitariadi rotazione 3× 3 CKM d′Ls′L

b′L

= UCKM

dLsLbL

(1.22)

1.4 Rottura spontanea di simmetria

L’invarianza di gauge e una proprieta fondamentale della Lagrangiana chesi postula e da cui si ricava il formalismo del Modello Standard. Nella Se-zione 1.3 tutte le Lagrangiane viste descrivono campi non massivi poiche iltermine di massa, se aggiunto ad hoc, romperebbe la simmetria. Puo esserevisto semplicemente aggiungendo un termine di massa del fotone che rompela simmetria U(1)

1

2m2AAµA

µ → 1

2m2AA

µAµ =1

2m2A[Aµ + ∂µα(x)][Aµ + ∂µα(x)] 6= 1

2m2AAµA

µ.

(1.23)Naturalmente questo e solo un esempio a titolo esplicativo poiche in natura ilfotone non e massivo e vogliamo che la teoria continui a prevedere un fotonenon massivo.

Ma in natura osserviamo particelle massive. Come possiamo spiegarlo?Per risolvere questo problema e stato introdotto nel Modello Standard ilmeccanismo di Higgs [2] (un esempio di rottura spontanea di simmetria).

La rottura spontanea di simmetria puo avvenire solo quando lo statofondamentale di un sistema non e unico ma degenere. Non c’e un unicostato che da solo puo descrivere l’intero stato fondamentale del sistema mae necessaria la totalita di tutti gli stati che lo compongono. Se uno statoe scelto per rappresentare lo stato fondamentale, la simmetria e rotta. Cioe dovuto al fatto che il singolo stato non ha le proprieta di invarianza cheinvece ha l’intero sistema. La rottura spontanea di simmetria non dipendeda quale stato sia scelto ma dal solo atto di sceglierne uno sugli altri.

La rottura spontanea di simmetria puo essere vista come una penna inequilibrio sulla sua punta, che puo cadere in qualsiasi direzione. Prima dicadere la penna puo essere ruotata intorno al suo asse senza che nulla cambi:in questo caso diciamo che il sistema ha una simmetria. Dopo che la pennacade questa simmetria non c’e piu: la simmetria si e rotta.

8 CAPITOLO 1. IL MODELLO STANDARD

In teoria dei campi il vuoto e lo stato fondamentale di un sistema. Peravere la rottura spontanea di simmetria ci aspettiamo che il valore di aspet-tazione sul vuoto sia non nullo (in caso contrario lo stato fondamentale eunico e non degenere). Tale condizione si esprime come

〈0|φ(x)|0〉 = c 6= 0 (1.24)

dove φ(x) e il campo scalare e c una costante.

1.4.1 Meccanismo di Higgs

Come indicato in Tabella 1.1, e postulato un doppietto scalare complesso

φT =√

12

(φ1 + iφ2; φ3 + iφ4

)la cui densita di lagrangiana libera e

Lφ = (Dµφ(x))† (Dµφ(x))− V (φ). (1.25)

La trasformazione di gauge per φ e la stessa per i fermioni non colorati (ossiasenza numeri quantici legati al colore e che sono quindi un singoletto inSU(3)), data dalle Equazioni (1.14) e (1.15). Il potenziale V (φ) e postulatocome

V (φ) = µ2|φ(x)|2 + λ|φ(x)|4. (1.26)

dove per |φ| si intende |φ| =√φ†φ. Affinche il potenziale sia limitato infe-

riormente λ > 0. Se µ2 > 0 il potenziale V (x) ha un unico minimo a |φ|2 = 0e percio la rottura spontanea di simmetria non puo verificarsi; il caso di no-stro interesse e quindi µ2 < 0. Con queste condizioni sui parametri il minimodel potenziale (1.26) si trova su un’ipersuperficie che verifica

|φ(x)|2 = φ†(x)φ(x) =1

2

(φ2

1(x) + φ22(x) + φ2

3(x) + φ24(x)

)= −µ

2

2λ≡ v2

2(1.27)

dove v e legato al valore di aspettazione del vuoto del campo di Higgs. LaFigura 1.1 mostra una rappresentazione grafica del potenziale di Higgs. Inpresenza di questo potenziale con un valore di minimo non nullo, il campo φnon sparisce anche in assenza di qualsiasi eccitazione. Questo implica ancheche le interazioni del campo di Higgs con altri campi non svaniscono. Il valoredi aspettazione non nullo dello stato di vuoto portera finalmente ai terminidi massa.

Sfortunatamente non e possibile calcolare la soluzione completa delleequazioni di moto di Eulero-Lagrange di tutti i campi del Modello Stan-dard con le interazioni. Come approssimazione, molti calcoli usano la teoriadelle perturbazioni sviluppando in serie i termini nella Lagrangiana intorno

1.4. ROTTURA SPONTANEA DI SIMMETRIA 9

Figura 1.1: (sinistra) Rappresentazione grafica del potenziale di Higgsnel caso si assuma il campo come un semplice campo scalare complessoφ(x) = 1√

2(φ1(x) + iφ2(x)). Questa assunzione non descrive la realta della

natura ma e una semplificazione utile a mostrare la rottura di simmetria diU(1) e ad intuire il meccanismo che sta alla base del fenomeno. Inotre el’unico modo per poterlo graficare in uno spazio tridimensionale (al massimodeve avere 2 componenti libere e non 4 come in verita possiede). (destra) Ilcampo inizialmente ha un valore di aspettazione di 0 (si trova cioe sulla col-linetta) e in questo punto il potenziale possiede la simmetria per rotazione.Quando il campo raggiunge lo stato di minima energia (fondo della valle) lasimmetria e rotta.

al valore di minimo di tutti i campi. Usiamo lo stesso procedimento ancheper il campo di Higgs. Il minimo che convenzionalmente si sceglie e descrittodai seguenti valori φ1(x) = φ2(x) = φ4(x) = 0 e φ3(x) = v (si noti che i valoridei campi soddisfano la condizione di minimo (1.27))

φ0(x) =

√1

2

(0v

). (1.28)

Questa scelta completamente arbitraria del minimo puo essere trasforma-ta dall’Equazione (1.14) in ogni altra soluzione dell’Equazione (1.27). Conquesta scelta la rappresentazione del campo di Higgs φ diventa

φ(x) =

√1

2

(φ1(x) + iφ2(x)

v +H(x) + iφ4(x)

)(1.29)

dove φ3(x) e stato sostituito da v+H(x). Puo essere ulteriormente cambiatotramite una trasformazione locale di gauge data dall’Equazione (1.14) in

φ(x) =

√1

2

(0

v +H(x)

). (1.30)

10 CAPITOLO 1. IL MODELLO STANDARD

La rappresentazione di φ data dall’Equazione (1.30) contiene il solo campofisico di Higgs H(x). Per arrivarci ci siamo solo serviti di trasformazionidi gauge e riparametrizzazioni degli originali campi, percio il risultato deverimanere lo stesso della rappresentazione originale mostrata in Tabella 1.1.I gradi di liberta dei campi φ1(x), φ2(x) e φ4(x) sono contenuti nella sceltadella trasformazione di gauge locale usata per ottenere l’Equazione (1.30).

Utilizzando le Equazioni (1.15) e (1.30) nella densita di lagrangiana diHiggs (1.25), dopo aver rotto la simmetria si ottiene

LH =1

4

(2∂µ∂

µ + λv2 − 2λvH(x)− λH2(x))

(v +H(x))2+

+g

8

(2W−

µ W+µ +

ZµZµ

cos2 θW

)(v +H(x))2.

(1.31)

La massa dei bosoni W e Z

Estraendo dall’Equazione (1.31) solo quei termini che contengono i campiW±µ e Zµ ma non H(x) si ottiene

1

2

(vg2

)2(

2W−µ W

+µ +ZµZ

µ

cos2 θW

)(1.32)

e si nota che sono apparsi i termini di massa per i bosoni W e Z. In particolareotteniamo valori di massa per il primo

mW =vg

2(1.33)

mentre per il secondo

mZ =vg

2 cos θW=

mW

cos θW. (1.34)

Poiche ora i campi dei bosoni W e Z sono dei campi vettoriali massivi, ognunodi essi necessita di un grado di liberta longitudinale. A questo provvedono i3 campi φ1(x), φ2(x) e φ4(x) che sono stati assorbiti dalla trasformazione digauge locale per passare dall’Equazione (1.29) all’Equazione (1.30).

I termini che contengono i campi W±µ o Zµ con H(x) descrivono l’accop-

piamento del bosone di Higgs con i bosoni W e Z. Si trova

LW→H =1

2

(mW

v

)2 (2vH(x) +H2(x)

)(2W−

µ W+µ) (1.35)

LZ→H =1

2

(mZ

v

)2 (2vH(x) +H2(x)

)(ZµZ

µ) (1.36)

ossia l’accoppiamento del bosone di Higgs con i bosoni W e Z e proporzionalerispettivamente a m2

W e m2Z .

1.4. ROTTURA SPONTANEA DI SIMMETRIA 11

La massa del bosone di Higgs

Prendendo in considerazione solo i termini quadratici del campo di HiggsH(x) dalla Lagrangiana (1.31) troviamo

−1

2(2λv2)H2(x). (1.37)

Questo e il termine di massa per il campo di Higgs, descrive il bosone diHiggs con massa mH =

√2λv2. Il valore del parametro v e determinato

sperimentalmente dalla misure delle masse dei bosoni W e Z e risulta esserev ≈ 246GeV. Il valore del parametro λ e pero sconosciuto, percio la teoria neprevede l’esistenza ma non la massa. E possibile porre dei limiti sulla massadell’Higgs tramite misure sperimentali come spiegato in Sezione 1.5.

La massa dei bosoni

E stato appena mostrato che il Modello Standard tramite il meccanismo diHiggs prevede dei bosoni W±, Z0 e H massivi ma non la loro massa. Lemasse dei bosoni misurate sperimentalmente sono riportate in Tabella 1.2.Manca ancora quella del bosone di Higgs.

Tabella 1.2: Masse dei bosoni

Bosoni (GeV)

γ 0W± 80.4Z0 91.2g 0H ?

La massa dei fermioni

La massa dei fermioni non e parte integrante del meccanismo di Higgs masi osserva in natura. In Tabella 1.3 sono riportate le masse dei fermioni.Per generare la massa fermionica e postulata l’interazione di Yukawa tra ildoppietto del campo di Higgs ed i fermioni.

Per la componente inferiore del doppietto sinistrorso fermionico, la den-sita di lagrangiana ha la forma

Lmf (inferiore) = −Gf (LfφfR + fRφLf ). (1.38)

12 CAPITOLO 1. IL MODELLO STANDARD

Tabella 1.3: Masse dei fermioni

Leptoni (MeV) Quark (MeV)

νe,µ,τ ∼ 0 u 2.4e− 0.511 d 4.8 e loroµ− 105.7 s 104 antiparticelleτ− 1777 c 1270

b 4.2 ·103

t 1.712 ·105

Sostituendo il campo di Higgs dopo la rottura della simmetria (1.30) si ottiene

Lmf (inferiore) = −Gfv√2

(fLfR + fRfL)− Gf√2

(fLfR + fRfL)H(x). (1.39)

Definendo il parametro di accoppiamento Gf =mf√

2

vsi ottiene

Lmf (inferiore) = −mf f(x)f(x)− mf

vf(x)f(x)H(x) (1.40)

utilizzando l’uguaglianza fLfR + fRfL = ff . A causa dell’interazione diYukawa, la Lagrangiana, dopo la rottura della simmetria, contiene un terminedi massa per ogni fermione f ed un termine di accoppiamento del fermione fal campo di Higgs H(x) che e proporzionale alla massa del fermione stesso.

Un metodo simile e stato sviluppato per la componente superiore deldoppietto sinistrorso fermionico; la Lagrangiana di interazione e la stessadella componente inferiore (1.38), l’unica differenza e che il doppietto delcampo di Higgs φ e rimpiazzato da φc = −iσ2φ

Lmf (superiore) = −Gf (LfφcfR + fRφcLf ) (1.41)

Usando la stessa definizione di Gf data sopra

Lmf (superiore) = −mf f(x)f(x)− mf

vf(x)f(x)H(x) (1.42)

e cosı otteniamo come sopra il termine di massa e di accoppiamento delfermione f al campo di Higgs H(x) della componente superiore.

1.5 Limite sulla massa del bosone di Higgs

Misurare le masse delle particelle conosciute con un’alta precisione aiuta avincolare la massa del bosone di Higgs. Questo e molto importante per le

1.5. LIMITE SULLA MASSA DEL BOSONE DI HIGGS 13

particelle pesanti come i bosoni W, Z e il quark top. Misurando i parametridello SM con un’alta precisione si riesce a vincolare l’unico parametro liberodella teoria che e appunto la massa del bosone di Higgs. Gli acceleratorifinora costruiti hanno aiutato a misurare questi parametri. Ne e un esempioil Tevatron che, oltre alla diretta ricerca del bosone di Higgs, ha misurato conestrema accuratezza la massa del quark top e del bosone W, mentre LEP hafornito la miglior misura della massa del bosone Z. Si e raggiunto un gradodi precisione elevato nelle misure elettrodeboli a LEP tali da consentire diinvestigare gli effetti al primo ordine perturbativo nei calcoli teorici. Pur nonavendo a disposizione sufficiente energia per produrre il bosone di Higgs siera sensibili alla sua massa tramite i loop. Nei calcoli perturbativi cio chee significativo sono le masse delle particelle pesanti come appunto W, Z equark top. Ecco che si riesce ad esprimere la massa del quark top in funzionedi quella del bosone di Higgs come in Figura 1.2.

Figura 1.2: La massa del quark top in funzione di quella del bosone di Higgs.La riga blu e la misura di massa del quark top effettuata da Tevatron che ciindica delle zone di confidenza in cui sia possibile trovare l’Higgs.

La Figura 1.3 e costruita con misure fatte al LEP, SLC, Tevatron e LHC.Il grafico mostra il ∆χ2 in funzione della massa del bosone di Higgs. Ecostruito utilizzando i parametri misurati e quelli predetti dalla teoria chedipendono dall’unico ancora libero che e la massa dell’Higgs mH .

Il ∆χ2 indica quanto i dati osservati siano probabili per un dato valoredi mH ; dove il ∆χ2 raggiunge il minimo e il punto in cui la probabilita emaggiore. Le zone analizzate dove ricerche dirette hanno escluso la presenza

14 CAPITOLO 1. IL MODELLO STANDARD

Figura 1.3: Grafico di ∆χ2 in funzione della massa del bosone di Higgs.

del bosone di Higgs sono colorate in giallo mentre la banda blu e una stimadell’errore nel calcolo dei valori teorici dovuto alle correzioni perturbativeagli ordini successivi. La massa piu probabile dell’Higgs e gia stata esclusa,percio ci aspettiamo che il bosone di Higgs, ammesso che esista, sia trova-to con una massa nella banda tra le zone di esclusione. Il limite fissato daLEP per uno SM Higgs (Standard Model Higgs: significa un bosone che ab-bia perfettamente le caratteristiche e gli accoppiamenti descritti dal ModelloStadard) e di 114.4 GeV al 95% di CL [5]. Risultati piu recenti di esperimential Tevatron hanno escluso uno SM Higgs tra 100-106 GeV e tra 147-179 GeVal 95% CL [6]. Le ricerche di ATLAS hanno ristretto l’intervallo di massepermesse per uno SM Higgs tra 117.5-118.5 GeV e 122.5-129 GeV e oltre 539GeV [7], mentre l’intervallo di masse permesse per CMS e sotto 127.5 GeVe sopra 600 GeV [8]. Il 4 Luglio 2012 e stata annunciata la scoperta di unnuovo bosone compatibile con il bosone di Higgs nella zona di massa intornoai 125 GeV [1].

Capitolo 2

Il Large Hadron Collider

In questo capitolo sara descritto il rivelatore utilizzato per investigare il mo-dello teorico del Capitolo 1. Per i dati di questa tesi il rivelatore utilizzato eATLAS, situato in uno dei punti di collisione al Large Hadron Collider (LHC)del centro di ricerca CERN. Vi sara una breve introduzione sul CERN e LHC,su come ATLAS e costruito e su quali funzioni svolgano le sue differenti parti.

2.1 CERN

Il CERN, Conseil Europeen pour la Recherche Nucleaire - European Councilfor Nuclear Research, e situato appena fuori Ginevra sul confine tra Svizzerae Francia. Il CERN e uno dei piu grandi centri al mondo per la ricercascientifica. E stato fondato nel 1954 e oggi conta 20 Stati Membri Europei.Scienziati da tutto il mondo, che rappresentano 113 nazioni e 608 universita,vi lavorano per fare ricerca. Ben 10000 scienziati, la meta di circa tutti ifisici delle particelle, visitano il CERN ogni anno. I dipendenti del CERNsono circa 2400.

2.1.1 L’acceleratore LHC

LHC, costruito dal CERN, e il piu potente acceleratore di particelle al mondo.E stato avviato il 10 Settembre 2008 (un incidente avvenuto pochi giornidopo ne causera lo spegnimento per piu di un anno) dopo piu di vent’annidi progettazione e costruzione. Due fasci di protoni viaggiano all’interno diLHC e producono collisioni ad un’energia di progetto di 14 TeV nei puntiprestabiliti in cui sono posti i rivelatori. La luminosita istantanea di progettoe di 1034 cm−2s−1. La macchina supporta anche fasci di ioni di piombo che

15

16 CAPITOLO 2. IL LARGE HADRON COLLIDER

fa collidere con un’energia di progetto di 2.76 TeV per nucleone con unaluminosita di progetto di 1027 cm−2s−1.

Nel 2010 LHC ha prodotto collisioni p-p a un’energia di 7 TeV con unaluminosita integrata di circa 35 pb−1. Nel 2011, alla stessa energia, sono statiaccumulati circa 5 fb−1. Nel 2012 l’energia e stata aumentata a 8 TeV e laluminosita integrata raggiunge circa 15 fb−1 ad oggi: si prevede che per fineanno arrivera a 20-25 fb−1.

Figura 2.1: Immagine dei 4 esperimenti situati lungo l’anello di accelerazioneLHC, approssimativamente 100 metri in ipogeo.

Lungo l’anello di accelerazione sono posti 4 esperimenti (Figura 2.1):

ALICE - A Large Ion Collider ExperimentRivelatore finalizzato ad investigare la collisione di ioni pesanti (inquesto caso piombo) e la natura del plasma di quark-gluoni.

ATLAS - A Toroidal LHC ApparatuSRivelatore finalizzato a cercare ed analizzare tutto quello che puo esserevisto, come il bosone di Higgs, extra dimensioni e particelle che possonoessere responsabili della materia oscura e supersimmetria.

CMS - Compact Muon SolenoidRivelatore con gli stessi scopi di ATLAS. Questo serve per ridurre

2.2. PRINCIPALI PROCESSI E SEZIONI D’URTO A LHC 17

le possibilita di errore di eventuali scoperte di modo che, se ottenu-te da entrambi, siano piu convincenti e non frutto del non perfettofunzionamento del rivelatore.

LHCb - Large Hadron Collider beautyRivelatore il cui scopo e quello di investigare la materia e l’antimateriae di capire come mai nell’universo osserviamo un netto sbilanciamentoa favore della prima.

2.2 Principali processi e sezioni d’urto a LHC

Ad LHC collidono due fasci di protoni i quali sono composti da partoni. Iprocessi dominanti sono quelli QCD. In Figura 2.2 sono riportate le sezionid’urto dei principali processi a LHC.

Figura 2.2: Sezioni d’urto di alcuni processi dovuti all’interazione p-p a LHC.La sezione d’urto di produzione del bosone di Higgs σH , sia per mH = 100GeV che per mH = 500 GeV, e parecchi ordini di grandezza inferiore aiprocessi QCD come σbb e σjet.

18 CAPITOLO 2. IL LARGE HADRON COLLIDER

Il primo passo per ottenere una predizione per la produzione di alcuneparticelle e il calcolo della sezione d’urto partonica. La sezione d’urto par-tonica puo essere vista come la probabilita della transizione da uno statoiniziale a uno finale entrambi assegnati. Il metodo e calcolare l’elemento dimatrice M dalle interazioni nella Lagrangiana descritte dal Modello Stan-dard. Una volta calcolato l’elemento di matrice, la sezione d’urto partonicapuo essere semplicemente calcolata

dσ(a+b→ c) =1

2s

1

(2π)2

∫d3pc2Ec

δ4(pa + pb − pc) · Fcolore · Fspin∑

spin,colore

|M|2

(2.1)dove la somma e svolta su tutti i possibili stati finali di spin e colore e Fcoloree Fspin sono fattori che derivano da una media sugli stati iniziali di colore espin.

Nel nostro caso, e piu in generale nei collisori adronici, gli stati inizialisono costituiti dai partoni (quark, gluoni, anti-quark) contenuti nei protoni.Percio nel calcolo di sezioni d’urto misurabili a LHC si devono considerarele interazioni tra protoni. In seguito il partone a sara considerato comecostituente dell’adrone A, mentre il partone b come costituente dell’adroneB. Ad ogni interazione adronica

A+B → c+X (2.2)

dove c e il prodotto (per esempio il bosone di Higgs) e X sono i residuidell’interazione a basso impulso trasferito Q2 e chiamati anche “underlyingevent”, e associato un sottoprocesso partonico

a+ b→ c (2.3)

la cui sezione d’urto e data dall’Equazione (2.1). Per calcolare la sezioned’urto adronica σA+B→c+X partendo da quella partonica σa+b→c e necessarioconoscere la probabilita di trovare nell’adrone A il partone a con frazione delmomento xa e lo stesso per il partone b. La densita di probabilita fa/A(xa, Q

2)e chiamata “parton distribution function”(PDF). La sezione d’urto adronicae calcolata dalla sezione d’urto partonica con una convoluzione delle PDFper entrambi i partoni iniziali a e b

dσ(A+B → c+X) =∑a,b

∫ 1

0

dxa

∫ 1

0

dxbfa/A(xa, Q2)fb,B(xb, Q

2)dσ(a+b→ c)

(2.4)dove la somma e svolta su tutti i possibili partoni iniziali a e b la cui collisionepuo produrre lo stato finale c. Uno schema di un urto adronico e mostrato

2.3. MECCANISMI DI PRODUZIONE DEL BOSONE DI HIGGS A LHC19

Figura 2.3: Tipico processo d’urto in un collisore adronico. Gli adroni A eB sono composti da partoni. L’urto ad alto Q2 avviene solo tra un partonea dell’adrone A e b dell’adrone B mentre X1 e X2 sono i residui dell’intera-zione, chiamati anche underlying event e sono a basso Q2. Questa parte diprocesso e descritta grazie alle funzioni di distribuzione dei partoni (PDF).L’interazione ad alto impulso trasverso tra i due partoni a e b e descritta dalModello Standard.

in Figura 2.3. Vi e una separazione tra il processo “hard scattering”(altoQ2) la cui sezione d’urto e quella partonica e un processo “soft” (a bassoQ2) cui si tiene conto tramite le PDF (fattorizzazione). La fattorizzazionee possibile poiche si assume che le PDF siano universali ed indipendentidal processo adronico. Possono percio essere misurate sperimentalmente daalcuni processi specifici ed essere utilizzate per predire nuovi processi.

2.3 Meccanismi di produzione del bosone di

Higgs a LHC

In questa sezione e fornita una panoramica dei piu importanti meccanismidi produzione del bosone di Higgs nelle collisioni protone-protone ad altaenergia a LHC.

Vi sono differenti modi in cui il bosone di Higgs puo essere prodotto.Quanto essi siano importanti dipende dalla massa dell’Higgs che, come giadetto in precedenza, non e nota (misure fatte a LEP, SLC e Tevatron indicanomH . 200 GeV, per maggiori informazioni vedi Sezione 1.5).

20 CAPITOLO 2. IL LARGE HADRON COLLIDER

Figura 2.4: Sezioni d’urto dei meccanismi di produzione del bosone di Higgsin funzione della sua massa nelle collisioni p-p a LHC. In ordine di importanzagluon fusion (blu), vector boson fusion (rosso), produzione WH (verde), ZH(grigia), ttH ( viola)

Il meccanismo di produzione gluon-gluon fusion domina in un largo rangedi possibili masse come si puo vedere dalla Figura 2.4. Siccome il bosone diHiggs si accoppia a particelle massive e i gluoni hanno massa nulla, esso e unprocesso di ordine superiore che si serve di un loop di quark pesanti (princi-palmente il quark top perche e il piu pesante). Il diagramma di Feynman diquesto processo puo essere visto in Figura 2.5.

Il secondo processo dominante e la VBF (Vector Boson Fusion) mostratain Figura 2.5. La sezione d’urto e di circa 10 volte inferiore alla gluon fusion(vedi Figura 2.4) poiche, mentre la gluon fusion e un processo QCD, la VBFe di tipo EW (elettrodebole).

Le produzioni associate, ossia quando e prodotto qualcosa oltre al bosonedi Higgs, hanno una sezione d’urto molto inferiore di circa un fattore 10-100rispetto alla gluon-gluon fusion. Questo e dovuto al fatto che l’energia di col-lisione dei partoni deve essere maggiore che nella gluon-gluon fusion poichedeve essere sufficiente per produrre altre particelle oltre il bosone di Higgs.Collisioni ad energia elevata sono meno probabili (il partone interagente de-ve possedere gran parte dell’energia del protone) determinando quindi una

2.3. MECCANISMI DI PRODUZIONE DEL BOSONE DI HIGGS A LHC21

minore produzione. Esempi di questo tipo sono mostrati in Figura 2.5.

Figura 2.5: Diagrammi di Feynman dei principali meccanismi di produzionedel bosone di Higgs nelle collisioni p-p a LHC.

2.3.1 Decadimento del bosone di Higgs

L’accoppiamento del bosone di Higgs e proporzionale alla massa dei suoiprodotti di decadimento, pertanto il canale piu probabile per mH . 150 GeVe bb, seguito da τ+τ−, mentre quando si raggiungono masse sufficienti aprodurre due W o Z reali, diventano dominanti i canali WW,ZZ.

Come si puo vedere dalla Figura 2.6, il decadimento H → γγ e raro(branching ratio dell’ordine di 0.2% o meno). Esso pero e un canale sensibilepoiche l’identificazione dello stato finale in 2 fotoni e semplice, ha un rapportosegnale/fondo che, seppur piccolo (∼ 2%) consente la ricerca. Il vantaggiodi questo canale e nella buona risoluzione in massa invariante che consenteuna misura precisa della massa. Per Higgs leggeri il canale di decadimentoprincipale e in una coppia di bb che si manifesta nel rivelatore come due jet.Esso pero e un canale impossibile da trattare data la gradissima quantitadi background; nel rivelatore, infatti, collidono protoni formati da quark ele interazioni QCD sono le prevalenti. Come risultato troviamo nello statofinale una quantita enorme di jet ed e difficile individuare un segnale in unfondo cosı numeroso. L’altro canale τ+τ−, invece, ha una bassa risoluzionein massa invariante a causa dei neutrini ν che non vengono rivelati.

In Figura 2.7 e mostrato σ×BR (sezione d’urto × branching ratio) utilea capire quanti eventi provenienti dall’Higgs ci si aspetta. Tralasciando per

22 CAPITOLO 2. IL LARGE HADRON COLLIDER

Figura 2.6: Branching ratio del bosone di Higgs in funzione della sua massa.

ora gli effetti sperimentali come l’efficienza, il numero di eventi aspettati inun dato canale e

N = σ ·BR ·∫Ldt (2.5)

percio σ × BR e proporzionale al numero di eventi aspettati. Tutti i deca-dimenti adronici (H → bb e H → ZZ/W+W− → qqqq) sono dominanti masommersi dal background dovuto alle interazioni QCD. L’unica possibilitae analizzare stati finali con leptoni o fotoni isolati oppure con mancanze dienergia trasversale dovuta ai neutrini. Guardando la Figura 2.7 si capisceche:

• per la regione a bassa massa, mH . 150 GeV, si utilizza principalmenteil decadimento H → γγ [3][4]. Anche il decadimento WW → l+νl−νha un buon numero di eventi prodotti ma sono difficili da analizzarepoiche i neutrini non vengono rivelati;

• per la regione ad alta massa, mH & 130 GeV, si utilizzano principal-mente i decadimenti H → W (∗)W,Z(∗)Z.

2.3. MECCANISMI DI PRODUZIONE DEL BOSONE DI HIGGS A LHC23

Figura 2.7: Branching ratio moltiplicata per la sezione d’urto del bosone diHiggs in funzione della sua massa mostrata per differenti processi.

24 CAPITOLO 2. IL LARGE HADRON COLLIDER

Capitolo 3

L’Esperimento ATLAS

3.1 Il rivelatore

Figura 3.1: Immagine del rivelatore ATLAS. Differenti colori indicano dif-ferenti componenti del rivelatore: (dal piu interno al piu esterno) il trackerinterno in giallo, il solenoide in rosso, calorimetro elettromagnetico in verde,calorimetro adronico in arancio, i magneti toroidali in grigio e i rivelatori dimuoni in blu.

Il rivelatore ATLAS [10], mostrato in Figura 3.1 e alto circa 25 metri emisura 45 metri di lunghezza, pesa approssimativamente 7000 tonnellate ede, come tutti gli altri rivelatori di LHC, posizionato a 100 metri in ipogeosull’anello di accelerazione in un punto predisposto per le collisioni.

25

26 CAPITOLO 3. L’ESPERIMENTO ATLAS

Il rivelatore e costruito con una struttura a cipolla; e formato da diversistrati di rivelatori (colorati con differenti colori in Figura 3.1) che copro-no tutto l’angolo solido in modo da essere in grado di conoscere l’energiatrasversale mancante dovuta alle particelle che non hanno interagito con ilrivelatore. In Figura 3.2 e mostrato il sistema di coordinate usate da ATLAS.

Figura 3.2: Sistema di coordinate usato da ATLAS; l’asse x parte dal centrodel rivelatore e punta verso l’interno dell’acceleratore, l’asse y punta versol’alto mentre l’asse z e lungo il fascio. Sono mostrati anche gli angoli φ e θ,il primo e l’angolo azimutale mentre il secondo misura la deviazione angolaredella particella dall’asse z. Negli acceleratori adronici e piu utile usare lapseudo rapidita η = − ln

(tan(θ2

))poiche la quantita ∆η = η1(θ1) − η2(θ2)

ha la proprieta di essere invariante per boost di Lorentz lungo z. Negliacceleratori adronici infatti le collisioni avvengono tra partoni che portanosolo una frazione di momento della particella di cui fanno parte: ne consegueche partoni interagenti non hanno la stessa quantita di moto e che il nostrosistema di riferimento (laboratorio) non e lo stesso del centro di massa. Sipreferisce percio usare quantita Lorentz invarianti.

3.1.1 Componenti del rivelatore

Per l’analisi svolta in questa tesi, il Tracciatore Interno (chiamato anche In-ner Detector), il Presampler ed il calorimetro elettromagnetico sono partifondamentali. Una loro sezione longitudinale e riportata in Figura 3.3. Idue fotoni che cerchiamo sono in gran parte fermati prima del calorimetroadronico, percio le componenti piu esterne sono per noi di minore interesse.Il calorimetro adronico, nonostante non sia parte integrante nella rivelazio-ne dei fotoni, e utilizzato dalla nostra analisi poiche permette di ridurre ilbackground dovuto ai jet. L’Inner Detector e importante nella nostra analisiperche permette di misurare le tracce di cui abbiamo bisogno (o la mancan-za come nel caso di un fotone non convertito) e consente cosı di capire see avvenuta o meno la conversione del fotone in una coppia e+e−. Il pre-sampler, posizionato davanti al calorimetro elettromagnetico, permette una

3.1. IL RIVELATORE 27

Figura 3.3: Sezione longitudinale del calorimetro elettromagnatico e delTracciatore Interno di ATLAS.

misura piu accurata dell’energia. Il calorimetro elettromagnetico, oltre chefornire una misura sull’energia, e l’unico strumento che fornisce una misurasulla posizione dei fotoni non convertiti che, non essendo carichi, non lascianotraccia nel tracker interno. E utile misurare precisamente la direzione delleparticelle in modo da capire da quale punto della beam-pipe provengano perricostruire il vertice primario (in uno stesso evento ce ne possono essere ancheuna decina) e la massa invariante dell’ipotetico bosone di Higgs.

Trigger

La frequenza di collisioni a LHC varia da 20 a 40 MHz, non e percio possibilepensare di acquisire tutti i dati di tutte le collisioni. Per questo motivo esisteil trigger che seleziona solo gli eventi interessanti. Ad ATLAS il trigger ecomposto da tre distinti livelli: L1, L2, e event filter, il primo hardware egli altri software. Ogni livello di trigger raffina le decisioni fatte al livelloprecedente e, dove necessario, applica ulteriori criteri di selezione.

28 CAPITOLO 3. L’ESPERIMENTO ATLAS

Il primo livello L1 usa un numero limitato di informazioni del detector perprendere una decisione in meno di 2.5 µs, riducendo la frequenza degli eventia 75 kHz. Cerca muoni, elettroni, fotoni, jet, τ che decadono in adroni conalti momenti trasversi e/o eventi con una grande quantita di energia trasversamancante. I risultati del livello L1 del trigger dei muoni e del calorimetro(di cui utilizza solo le informazioni degli strati ad alta granularita) sonoprocessati dal trigger centrale. In ogni evento il livello L1 definisce unao piu regioni di interesse (Regions of Interest-RoI), le coordinate η e φ diquelle regioni del rivelatore dove i processi di selezione hanno identificatocaratteristiche interessanti. Questa informazioni sono poi utilizzate dai livellipiu alti di trigger a cui arrivano gli eventi che passano il livello L1.

Il livello L2 e basato sulle informazioni delle RoI e utilizza tutta la preci-sione e la granularita dei rivelatori. Riduce la frequenza degli eventi a circa3.5 kHz, con una media di processo per evento di 40 ms.

La fase finale della selezione degli eventi e portata a termine dall’eventfilter che riduce la frequenza a 200 Hz.

La selezione degli eventi e implementata usando la procedura dell’analisioffline con 4 s di elaborazione per evento.

Il Tracciatore Interno

Il Tracciatore Interno (Inner Detector - ID), colorato di giallo in Figura 3.1, eprogettato per ricostruire le traiettorie delle particelle cariche che lo attraver-sano, misurare la loro quantita di moto e determinare la posizione dei verticiprimari, cioe i punti in cui avvengono le collisioni tra i protoni dei fasci, esecondari, i punti nei quali alcune delle particelle prodotte nei vertici primaridecadono in piu particelle. Attraversando il tracciatore, le particelle cari-che producono ionizzazione che viene raccolta dai rivelatori che possono cosıidentificare i punti (hit) in cui la particella e passata. Gli hit vengono usatiper ricostruire la traiettoria della particella. L’energia rilasciata deve esse-re abbastanza piccola in modo da non alterare significativamente l’energiadelle particelle che viene misurata quando queste, attraversato il tracciatore,entrano nel calorimetro.

Il Tracciatore Interno ha la forma di un cilindro con un raggio di 1.1metri e una lunghezza di 6 metri ed e immerso in un campo magnetico di 2Tesla parallelo all’asse del fascio, generato da un solenoide superconduttoreche si estende per 5.3 m ed ha un diametro di 2.5 m. Il campo magneticodevia le particelle cariche a seconda della loro carica e della loro quantita dimoto quindi la determinazione della traiettoria permette di misurare questequantita. Per raggiungere le risoluzioni sulla quantita di moto delle particellee sulla posizione dei vertici richieste per l’analisi dei processi di fisica che si

3.1. IL RIVELATORE 29

vogliono studiare, e utilizzata una combinazione di tre tipi diversi di rivela-tori: Pixel Detector, SemiConductor Tracker (SCT) e Transition RadiationTracker (TRT).

Il Pixel Detector inizia approssimativamente a 5cm radiali dalla beam-pipe e arriva fino a 12cm. E posizionato nella parte piu interna, dove ladensita di tracce e maggiore, poiche e altamente segmentato e da una pre-cisa informazione spaziale. Consiste in tre strati ed e molto resistente alleradiazioni a causa della vicinanza ai punti di collisione.

L’SCT e posizionato da 30 a 52 centimetri radiali ed ha quattro strati.Essi forniscono quattro misure di posizione ed aiutano nella determinazionedel momento e nella ricostruzione dei vertici.

Il TRT parte da 56cm e termina a 107cm. A raggi maggiori si utiliz-za un rivelatore a gas che contribuisce alla ricostruzione delle tracce e allamisura del momento delle particelle compensando la minore precisione conun maggiore numero di hit e una lunghezza maggiore della traccia misurata.E un rivelatore costituito da tubi riempiti da una miscela gassosa a basedi Xeno: quando una particella ionizzante lo attraversa, il gas crea coppieelettrone-ione che sotto l’influenza di un campo elettrico esterno si muovonoverso gli elettrodi. La carica generata viene raccolta su un sottile filo anodicodi tungsteno posto al centro del tubo. Il diametro dei tubi e di 4 mm. Allostesso tempo un sottile radiatore in polipropilene posto tra i tubi e usato nelTRT per generare la radiazione di transizione che e prodotta quando unaparticella attraversa la separazione tra due materiali con diversa constantedielettrica. La probabilita di produrre la radiazione dipende dal fattore diLorentz γ = E

mdella particella. Siccome l’effetto diventa significativo per

γ > 1000, la radiazione e di fatto generata solo dagli elettroni ed e quin-di usata per identificarli. Nel TRT, i fotoni della radiazione di transizionesono assorbiti nei tubi dallo Xeno generando impulsi di intensita maggiorerispetto ai rilasci di energia per ionizzazione. L’elettronica e poi in grado didiscriminare tra hit di traccia (se il rilascio maggiore di una soglia “bassa”)e hit dovuti alla radiazione di transizione (se il rilascio e maggiore di unasoglia “alta”).

Tutti questi elementi prima del calorimetro sono pensati per incidere ilmeno possibile sul moto della particella in modo da compiere una misuracorretta dell’energia nei calorimetri. Effetti come fotoni convertiti in coppiee+e−, bremsstrahlung e scattering multipli sono da limitare, ma la probabilitache questi eventi accadano aumenta con l’aumentare del materiale che laparticella deve attraversare. Percio l’ideale sarebbe avere poco materialedavanti ai calorimetri.

30 CAPITOLO 3. L’ESPERIMENTO ATLAS

I Calorimetri

Il principale scopo dei calorimetri e misurare l’energia delle particelle as-sorbendole. Il calorimetro elettromagnetico (in verde nella Figura 3.1) fermaelettroni e fotoni mentre quello adronico (in arancio nella Figura 3.1) gli adro-ni. Le particelle interagiscono con il materiale del calorimetro e gradualmentesi dividono in piu particelle formando quello che si chiama sciame.

Il calorimetro elettromagnetico, riportato piu dettagliatamente in Figu-ra 3.4, e formato da strati di piombo e argon liquido a forma di fisarmonica(“accordion”). La forma di fisarmonica permette alle particelle di incontrare

Figura 3.4: Vista dettagliata del calorimetro elettromagnetico costituito datre strati. Il primo strato, quello piu fine in η, e posto nella parte piu inter-na del rivelatore per riuscire a distinguere due rilasci di energia ravvicinatidovuti dai due γ del decadimento di π0. Il secondo ed il terzo strato sonosempre meno fini in η poiche a distanze radiali maggiori non serve una fittagranularita.

entrambi i materiali nel loro moto: il piombo, avendo uno Z alto, crea lo scia-me elettromagnetico mentre l’argon raccoglie la ionizzazione prodotta dalleparticelle cariche dello sciame. Gli e± producono uno sciame elettromagne-tico perche irradiano γ per bremsstrahlung, mentre i γ fanno produzione dicoppie e+e−. Questi processi si ripetono fino a che le particelle sono cosı pocoenergetiche che si termalizzano con il materiale del rivelatore. Ha una granu-larita differente a seconda dei valori di |η| e dei tre strati di cui e costruito.

3.1. IL RIVELATORE 31

Lo strato piu interno ha infatti una granularita piu fitta. Lo scopo e quellodi individuare i fotoni frutto del decadimento π0 → γγ, che, prodotti in volo(boost di Lorentz), saranno vicini l’uno all’altro producendo due rilasci dienergia quasi sovrapposti. In Figura 3.5 sono mostrati un rilascio di energiadovuto ai γ del π0 ed uno dovuto a un γ prodotto dall’interazione p-p. Se

Figura 3.5: In figura si vedono i tre strati del calorimetro e il presamplerposizionato in basso.(sinistra) Esempio di rilascio di energia nel calorimetroelettromagnetico dovuto a un prompt-photon (fotone prodotto dall’intera-zione p-p). (destra) Esempio di due rilasci di energia ravvicintati dovuti daidue γ prodotti dal decadimento di un mesone neutro (in prevalenza π0).

si ha una risoluzione spaziale sufficiente per distinguere i due distinti rilascidi energia, si riesce ad eliminare questa fonte del background. Per motivitecnici, il rivelatore ha una segmentazione fitta in η ma non in φ.

La granularita del primo strato e ∆η ×∆φ = 0.0031 × 0.098, quella delsecondo strato 0.025× 0.0245 e quella del terzo 0.5× 0.0245.

L’accettanza angolare del calorimetro elettromagnetico e |η| < 3.2. Laregione 1.37 < |η| < 1.52 e chiamata “crack region” ed e la zona di transizionetra il barrel (parte del rivelatore a forma di tubo che circonda la beam-pipe)e gli end-cap (i tappi per rendere piu ermetico il rivelatore). Questa regioneinsieme a quella con |η| > 2.37 non sono idonee alla identificazione e allareiezione del fondo adronico. Queste zone vengono percio escluse dall’analisi.

Nel calorimetro adronico, invece, e utilizzato il ferro come materiale pas-sivo in cui avvengono predominantemente le interazioni e uno scintillatore

32 CAPITOLO 3. L’ESPERIMENTO ATLAS

come materiale attivo in cui le particelle cariche dello sciame produconoluce.

La risoluzione energetica dei calorimetri puo essere parametrizzata come

σ

E=

a√E⊕ b⊕ c

E(3.1)

dove per ⊕ si intende una somma in quadratura. Il parametro a e com-preso 10%-20% a seconda delle regioni in η, b vale 1.1% nel barrel e 1.8%nell’end-cap mentre c e circa 40 MeV che con energie dell’ordine del GeVrisulta trascurabile. Il primo termine e legato alle fluttuazioni statistichenello sviluppo dello sciame, il secondo termine al fatto che il calorimetro none perfettamente uniforme nel campionare l’energia mentre il terzo al rumoreelettronico. Maggiore e l’energia depositata da una particella, migliore e larisoluzione relativa con cui viene misurata.

Prima dei calorimetri e posizionato il presampler. La sua funzione e dimisurare la ionizzazione prodotta dagli sciami originati nel tracciatore e nelmateriale del criostato. Tutti i materiali prima dei calorimetri sono statiprogettati con l’intezione di minimizzare il loro spessore, ma in alcune dire-zioni puo superare le 3 lunghezze di radiazione X0. Tutto questo materialecausa sciami elettromagnetici prima che la particella raggiunga il calorime-tro. Se non si tenesse conto di questo effetto si misurerebbero particellecon un’energia minore di quella che hanno in realta. Consiste solo di Argonliquido, materiale attivo che misura la ionizzazione ma che non produce ul-teriori sciami. Siccome e usato solo per misure di energia, la granularita egrossolana.

Lo spettrometro per muoni

Tutte le parti colorate in blu nella Figura 3.1 sono gli spettrometri per muo-ni. Il muone e l’unica particella in grado di superare i precedenti rivelatorilasciando solo tracce di ionizzazione. Ha caratteristiche molto simili all’e-lettrone ma non viene fermato dal calorimetro elettromagnetico perche piupensante di circa 200 volte ed inizia percio a formare sciami elettromagneticia energie molto superiori (centinaia di GeV). L’energia dei muoni e misura-ta dalla curvatura delle tracce dovute ai campi magnetici generati sia dellabobina interna (in rosso nella Figura 3.1) che dai magneti toroidali (in grigionella Figura 3.1). La posizione delle tracce e rilevata da un sistema di tubia filo, che misurano il tempo di deriva.

3.2. IDENTIFICAZIONE DI PARTICELLE 33

3.2 Identificazione di particelle

Combinando le informazioni che ci forniscono i differenti rivelatori, possiamocapire quali particelle siano state osservate e quali i loro momenti ed energie.Dalla Figura 3.6 si osserva che particelle differenti interagiscono diversamentel’una dall’altra con i rivelatori. Naturalmente l’identificazione nel mondoreale e molto piu complicata di quello che appare in Figura 3.6 perche ilrivelatore non e perfetto: le tracce possono non essere trovate, la ricostruzionepuo non fornire tutta l’energia della particella, parti del rivelatore possonoessere temporaneamente fuori uso.

Figura 3.6: Interazioni differenti con i rivelatori per le diverse particelle pro-dotte nelle collisioni. L’immagine fornisce le caratteristiche fondamentali perl’identificazione delle particelle: le particelle cariche vengono rivelate dall’In-ner Detector e deviate dal solenoide magnetico, fotoni ed elettroni produ-cono uno sciame elettromagnetico nel calorimetro elettromagnetico mentre iprotoni e i neutroni uno sciame adronico nel calorimetro adronico, i muonipassano attraverso i rivelatori e non vengono fermati ma e rivelato il loro pas-saggio dagli spettrometri per muoni e dal tracciatore interno mentre i neutrininon vengono rivelati poiche interagiscono solo debolmente (mediante forzadebole) con la materia.

34 CAPITOLO 3. L’ESPERIMENTO ATLAS

Capitolo 4

I fotoni ad ATLAS

4.1 Ricostruzione e identificazione dei fotoni

4.1.1 Ricostruzione

La ricostruzione dei fotoni e basata sui cluster (gruppo di celle ravvicinatedel calorimetro elettromagnetico che misurano un rilascio di energia). Laricostruzione e pensata per separare elettroni, fotoni non convertiti e fotoniconvertiti in coppie e+e− che provengono dalla conversione nel materiale cheprecede il calorimetro elettromagnetico. L’uso combinato di tracciatore ecalorimetro consente la separazione di questi casi mediante la compatibilitaangolare del cluster e di una eventuale traccia estrapolata al secondo stratodel calorimetro [11]. I cluster non associati a tracce sono classificati comecandidati fotoni non convertiti. I cluster associati ad una singola traccia,compatibile con il vertice di interazione e con gli hits piu interni rivelati daipixel, sono attribuiti a e−/e+. I cluster associati a due tracce, provenientida un vertice secondario ricostruito sono attribuiti a fotoni convertiti. Permigliorare l’efficienza, nel caso che la conversione sia molto asimmetrica e unadelle due tracce non venga ricostruita, anche i cluster con una sola traccia chenon soddisfi i criteri dell’elettrone sono interpretati come fotoni convertiti.In ATLAS la probabilita che un fotone converta e circa 30%, pertanto circameta degli eventi a due fotoni contiene almeno una conversione.

L’efficienza di ricostruzione e di 96.5% mediata sul momento trasversopT e l’angolo η che ci si aspetta per fotoni prodotti da un decadimento delbosone di Higgs. [9]

L’energia dei cluster e calibrata separatamente per i fotoni non convertitie convertiti, per tener conto dell’energia persa dai prodotti e+e− fino al ca-lorimetro e di quella contenuta fuori dai cluster ricostruiti. La calibrazionee migliorata applicando dei fattori, dell’ordine di ±1%, dipendenti da |η|,

35

36 CAPITOLO 4. I FOTONI AD ATLAS

calcolati dagli eventi Z → e+e−. Inoltre la misura in energia dei fotoni con-vertiti e stata migliorata con correzioni fatte sulle simulazioni Monte Carlo.La simulazione e corretta per riflettere la risoluzione in energia osservatausando gli eventi Z → e+e− nei dati.

4.1.2 Identificazione

Durante la ricostruzione si trovano dei candidati fotoni. In realta solo pochidi questi sono realmente fotoni, il resto e fondo costituito per lo piu da jetadronici che rilasciano parte dell’energia nel calorimetro elettromagnetico. Epercio necessario fare una scrematura tramite l’identificazione.

L’identificazione dei fotoni e basata sulle variabili di sciame misurate dalcalorimetro elettromagnetico. Per i dati a

√s = 8 TeV la selezione viene ef-

fettuata ponendo delle soglie al valore di queste variabili mentre per i dati a√s = 7 TeV tramite rete neurale. Naturalmente la selezione viene studiata e

migliorata su simulazioni, in cui si conosce se lo sciame sia veramente prodot-to dal fotone. A queste variabili di sciame, che saranno discusse in seguito,sono applicate delle correzioni per migliorare l’accordo tra le simulazioni e idati [12].

Ai candidati fotoni e applicata la selezione loose, la quale permette giaun’elevata reiezione del fondo adronico. La selezione loose analizza tre va-riabili indipendenti:

• il rapporto Rhad tra l’energia trasversa depositata nel primo stratodel calorimetro adronico e l’energia trasversa del candidato fotone,

Rhad =EhadT

ET;

• il rapporto Rη tra l’energia depositata in η×φ = 3× 7 e 7× 7 celle nel

secondo strato del calorimetro elettromagnetico, Rη =ES2

3×7

ES27×7

;

• la deviazione quadratica media (RMS) w2 della distribuzione dell’ener-gia lungo η nel secondo strato del calorimetro elettromagnetico usan-do tutte le celle in una regione di η × φ = 3 × 5 in unita di celle,

w2 =

√∑i Eiη

2i∑

i Ei−(∑

i Eiηi∑i Ei

)2

.

In Figura 4.1 sono riportati gli esempi di selezione loose sulle variabiliRhad

e Rη e w2. Questa selezione e pensata per scremare i jet dai fotoni. I fotoni“veri” avranno un piccolo Rhad (l’energia viene rilasciata principalmente nelcalorimetro elettromagnetico) e un profilo del rilascio dell’energia nelle cellepiu concentrato rispetto ai jet.

4.1. RICOSTRUZIONE E IDENTIFICAZIONE DEI FOTONI 37

Figura 4.1: Distribuzione delle variabili che appartengono alla selezione loosedei fake photon+prompt photon (nero) e dei prompt photon (rosso). Ladistribuzione riempita in verde e dei fake+prompt dopo aver applicato laselezione loose mentre quella riempita in giallo e dopo la selezione tight. Sipossono vedere i tagli applicati a queste variabili studiati per mantenere ilmaggior numero di prompt photon e simultaneamente diminuire quello deifake photon. Il taglio non e netto perche viene applicato a seconda delle zonedi η e del valore di pT .

Ai candidati fotoni e applicato un ulteriore criterio di identificazione piuselettivo, il taglio tight. Questa selezione analizza le stesse variabili dellaloose ma con tagli piu stretti e altre variabili:

• il rapporto Rφ tra l’energia depositata in η × φ = 3 × 3 e 3 × 7 nel

secondo strato del calorimetro, Rφ =ES2

3×3

ES23×7

;

• la deviazione quadratica (RMS) ws tot della distribuzione di energia lun-go η nel primo strato del calorimetro elettromagnetico usando tutte lestrip in uno spazio η × φ = 20× 2 in unita di celle attorno al massimo

deposito di energia, ws tot =√∑

i Ei(i−imax)2∑i Ei

;

38 CAPITOLO 4. I FOTONI AD ATLAS

• l’asimmetria tra il primo ed il secondo massimo nella distribuzione del-

l’energia lungo η, Eratio =ES1

1◦max−ES12◦max

ES11◦max+ES1

2◦max(Eratio = 1 quando non vi e il

secondo massimo);

• la differenza in energia ∆E dei depositi nelle celle tra il secondo maggiordeposito ed il minimo tra i due massimi, ∆E = ES1

2◦max−ES1min (∆E = 0

quando non vi e il secondo massimo);

• la frazione Fside di energia nelle sette strip centrate (in η) attorno al pri-

mo massimo che non e contenuta nelle tre strip centrali, Fside = E(±7)−E(±3)E(±7)

dove E(±n) indica l’energia contenuta nelle n strip centrali;

• la deviazione quadratica media (RMS) ws 3 della distribuzione di ener-gia lungo η nel primo strato del calorimetro elettromagnetico usandosolo due strip attorno al massimo deposito di energia, e calcolato comews tot.

Quest’ultimi tagli utilizzano le informazioni dal primo layer del calorime-tro elettromagnetico essendo particolarmente fine in η. Cio e stato pensatoproprio per togliere il fondo proveniente dai π0, in gran parte contenuti neijet. Nel decadimento π0 → γγ il boost di Lorentz del pione permette aifotoni di essere emessi a piccolo angolo l’uno dall’altro e questo si manife-sta in due rilasci di energia ravvicinati. Le variabili di shower shape dellestrips hanno lo scopo di eliminare i fotoni compatibili con un decadimentodi π0 utilizzando la fitta segmentazione in η del primo layer. Se i due fotonidal π0 sono sufficientemente separati in η, lo sciame manifesta due massimivicini nelle strips. In caso contrario ci si aspetta comunque uno sciame piuallargato. Per limiti tecnici la risoluzione in φ e molto peggiore che in η.

Per eliminare ulteriore background (soprattutto π0 o altri adroni neutriche decadono in γγ rimasti dai tagli precedenti) e richiesta una condizione diisolamento del candidato fotone. L’energia trasversa di isolamento (Eiso

T ) estimata sommando tutti i depositi di energia ricostruiti nel calorimetro elet-tromagnetico e adronico in un cono di ∆R =

√(∆η)2 + (∆φ)2 = 0.4 intorno

al candidato fotone, dove la regione interna 0.125 × 0.175 = η × φ intornoal baricentro e esclusa. L’energia di isolamento e corretta sottraendo partedi energia del fotone che e stata depositata fuori dalla zona esclusa, stimatacome funzione dell’energia trasversa del fotone. Dopo questa correzione, per“veri” fotoni isolati Eiso

T e indipendente dall’energia trasversa dei fotoni. L’e-nergia ambientale dagli eventi di pile-up e dagli underlying event e calcolataevento per evento per correggere ulteriormente l’energia di isolamento [12].Per superare il taglio e richiesto che i fotoni abbiamo meno di 4 GeV dienergia di isolamento.

4.1. RICOSTRUZIONE E IDENTIFICAZIONE DEI FOTONI 39

Figura 4.2: Distribuzione delle variabili che appartengono alla selezione tightdei fake photon+prompt photon (nero) e dei prompt photon (rosso). Ladistribuzione riempita in giallo e dei fake+prompt dopo aver applicato laselezione tight. Si possono vedere i tagli applicati a queste variabili studiatiper mantenere il maggior numero di prompt photon e simultaneamente di-minuire quello dei fake photon. Il taglio non e netto perche viene applicatoa seconda delle zone di η e del valore di pT .

La distribuzione della variabile di isolamento e stata studiata nei datie nelle simulazioni usando elettroni dal processo Z → e+e−, e fotoni daglieventi Z → e+e−γ. Si e trovato che i dati e le simulazioni sono in buonaccordo e le piccole discrepanze sono state considerate come errori sistematici.

40 CAPITOLO 4. I FOTONI AD ATLAS

Tutti questi tipi di selezione servono per ridurre il fondo adronico. Nonsapendo a priori cosa sia un vero fotone frutto dell’interazione p-p (promptphoton) e cosa un jet, accade che selezionando i dati attraverso dei taglivengano scartati alcuni prompt photon. Come si nota dalla Tabella 4.1l’identificazione e necessaria per abbattere il fondo adronico.

Tabella 4.1: Percentuali di prompt photon e jet rimasti dopo ogni selezioneper pT > 40 GeV.

prompt photon(%) jet(%)

loose 97.80 9.2 · 10−2

tight 91.64 1.7 · 10−2

isol 85.86 6.7 · 10−3

4.2 Selezione degli eventi H → γγ

Una volta passato il trigger ed aver ricostruito l’evento e richiesto di averealmeno due fotoni ricostruiti nelle regioni fiduciali del rivelatore, |η| < 1.37 e1.52 < |η| < 2.37. La regione di transizione tra barrel e end-cap (1.37 < |η| <1.52) e dell’inner wheel (|η| > 2.37) sono escluse. Per garantire candidatifotoni ben ricostruiti sono applicati altri tagli ai cluster ricostruiti. Uno diquesti e il taglio loose o per esempio fotoni convertiti ricostruiti da tracceche passano tra moduli momentaneamente non funzionanti dello strato piuinterno di pixel sono rigettate per evitare di identificare elettroni come fotoniconvertiti.

Ai candidati eventi H → γγ sono applicati altri criteri di selezione ai duefotoni con pT piu alto. Al primo e richiesto pT > 40GeV mentre al secondopT > 30GeV. Ad entrambi sono applicati i tagli tight e di isolamento giadescritti nella Sezione 4.1.2.

Gli eventi a due fotoni ricostruiti e selezionati nella regione di massainvariante compresa tra 100-160 GeV nei dati a

√s = 7 TeV e

√s = 8 TeV

sono rispettivamente 23876 e 35251.

4.2.1 Selezione del vertice primario

La massa invariante di due fotoni dipende esplicitamente dagli angoli a cuisono stati emessi (Equazione (5.1)); per misurare una risonanza in massainvariante e quindi necessario avere una buona misura angolare, oltre cheenergetica, dei due fotoni. Sulla risoluzione angolare dei due fotoni influisce

4.2. SELEZIONE DEGLI EVENTI H → γγ 41

la determinazione della posizione del vertice primario. Infatti mentre lungo lecoordinate x e y (vedi Figura 3.2) la risoluzione e buona poiche le interazioniavvengono pressoche nelle coordinate x = 0, y = 0, lungo la direzione z,invece, vi e una risoluzione molto peggiore a causa del pile-up. In Figura 4.3e ricostruito un evento con tanti vertici primari lungo z.

Figura 4.3: Ricostruzione di un evento con tanti vertici primari ricostruitilungo l’asse z.

La posizione del vertice primario e indentificata combinando i seguentielementi in una likelihood: la direzione di volo dei fotoni determinata dallemisure usando la risoluzione angolare del calorimetro, la posizione mediain cui avvengono le collisioni,

∑p2T delle tracce associate per ogni vertice

ricostruito. Il primo di questi elementi e il puntamento che misura la direzionedei fotoni. Il puntamento avviene in due modi differenti a seconda che sia unfotone convertito o meno (vedi Figura 4.4):

• fotone non convertito: si considera una linea retta che passa attraversoil baricentro dello sciame elettromagnetico nel middle layer e nelle strip;

• fotone convertito: si considera una linea retta che passa attraverso ilvertice di conversione ed il baricentro dello sciame nelle strip;

si estrapolano le due linee fino all’asse z e si combinano i due risultati. Na-turalmente e piu preciso il puntamento per un fotone convertito poiche vi el’informazione aggiuntiva dell’Inner Detector. Si giunge a σz = 15 mm (duefotoni non convertiti) e σz = 6 mm (due fotoni convertiti), sufficiente permigliorare la risoluzione della massa invariante che e quindi dominata dallarisoluzione in energia.

4.2.2 Effetto della selezione sul segnale

La selezione e stata studiata per ridurre il piu possibile il background cer-cando di mantenere gli eventi di segnale. Essa pero incide anche su questi

42 CAPITOLO 4. I FOTONI AD ATLAS

Figura 4.4: Come avviene il puntamento del fotone a seconda che siaconvertito o meno.

ultimi scartandone una frazione. Si definisce l’efficienza di selezione sul se-gnale come rapporto tra gli eventi che passano una selezione ed il numero dieventi totale generati

εsel =Nsel

Ngen

. (4.1)

Le efficienze sul segnale sono state studiate su simulazioni Monte Carlo edi risultati sono mostrati in Figura 4.5. Sono riportati solo i risultati per laproduzione del bosone di Higgs tramite gluon fusion e VBF perche sono iprocessi dominanti. L’efficienza finale con cui vengono selezionati gli eventiH → γγ e l’efficienza del taglio di isolamento (ultimo taglio applicato) ed etra il 30-40%. Questa efficienza puo apparire bassa ma e indispensabile perabbattere il background.

4.2. SELEZIONE DEGLI EVENTI H → γγ 43

Figura 4.5: Efficienze sul segnale dei tagli di trigger, preselezione, taglio inPT, tight e isolamento descritti nella Sezione 4.2. Sono riportati nell’ordinein cui vengono applicati e si noti infatti che ad ogni taglio il numero di eventidiminuisce. L’efficienza cresce al crescere della massa del bosone di Higgs:in questi casi i due fotoni prodotti nel decadimento sono a piu alta energia esi riesce a distinguerli meglio dai jet. A piu alta energia infatti i jet sarannocomposti da piu particelle che avranno rilasci di energia sovrapposti piu facilida distinguerli dai rilasci generati da fotoni isolati. Si noti come l’efficienzadei tagli tight e isolamento sia piu efficiente per i dati del 2011 che per quellidel 2012. Il motivo per il taglio tight e che per i dati del 2011 la selezioneviene applicata tramite rete neurale mentre per quelli del 2012 tramite taglirettangolari. Per la selezione in isolamento, invece, l’efficienza nel 2011 eramigliore perche il pile-up era minore rispetto al 2012.

44 CAPITOLO 4. I FOTONI AD ATLAS

Capitolo 5

Segnale e sua modellizzazione

In questo capitolo sara descritta la massa invariante mγγ e cosa si intendenella nostra analisi per segnale H → γγ. Per studiarne l’eventuale presenza eporre un limite superiore sulla sezione d’urto della produzione del bosone diHiggs e essenziale una sua modellizzazione. Inoltre saranno riportati anchegli errori sistematici sui parametri del modello e sara discussa la simulazionedel segnale.

5.1 La massa invariante

La variabile che si studia per capire se il bosone di Higgs esista o menoe la massa invariante, nel nostro caso quella di due fotoni (mγγ). E utileriscriverla in funzione di quantita Lorentz invarianti rispetto a boosts lungol’asse z

m2γγ = (E1 + E2)2 − (~p1 + ~p2)2 = 2Eγ1

T Eγ2

T (cosh ∆η − cos ∆φ). (5.1)

Nella nostra analisi il segnale (decadimento H → γγ) consiste in un picconello spettro di massa invariante mγγ. Nel caso i due fotoni siano il prodottodi decadimento di una particella, mγγ ne descrive la sua massa, altrimenti esemplicemente un numero che non e legato a niente di fisico.

In questa analisi considereremo solo l’intervallo in massa invariante tra100-160 GeV e verra ricercato il segnale tra 110-150 GeV. Questi intervallisono scelti in base alle ricerche e ai limiti di massa imposti finora (vediSezione 1.5 e Figura 1.3), alla impossibilita della ricerca γγ di scoprire uneventuale segnale per mH & 150 GeV (vedi Figura 2.7) e alla risonanzadella Z, posizionata a circa 90 GeV, che aumenta il background (elettroniidentificati erroneamente come fotoni) in quella zona di massa.

45

46 CAPITOLO 5. SEGNALE E SUA MODELLIZZAZIONE

Prendendo in considerazione i due fotoni piu energetici di ogni evento (congli opportuni tagli descritti nella Sezione 4.2) si puo costruire una distribu-zione in massa invariante. Il background riducibile e irriducibile (descrittinel Capitolo 6) hanno una distribuzione continua, mentre se dovesse esistereil processo H → γγ ci aspetteremmo un eccesso di eventi, che formerebberola classica risonanza, intorno al valore di massa del bosone di Higgs.

5.2 Simulazioni del segnale

La produzione e il decadimento del bosone di Higgs sono simulati con deiMonte Carlo, mentre le interazioni con il rivelatore [13] sono simulate daGEANT4 [14]. Gli effetti di pilu-up sono simulati sovrapponendo ogni eventoH → γγ con un numero variabile di collisioni inelastiche protone-protone [15].Per la simulazione di eventi di produzione del bosone di Higgs attraversogluon fusion e VBF (Vector Boson Fusion) e usato POWHEG [16][17] inter-facciato con PYTHIA6 [18] per i dati

√s = 7 TeV e PYTHIA8 [19] per quelli

a√s = 8 TeV per lo sciame e l’adronizzazione. PYTHIA8 e usato anche per

simulare la produzione del bosone di Higgs in associazione con W/Z e tt.La sezione d’urto di produzione attraverso gluon fusion del bosone di

Higgs e calcolata al next-to-next-to-leading order (NNLO) [20]. Le correzioniEW sono applicate al next-to-leading order (NLO) [21]. La sezione d’urtoper il processo VBF e calcolata al NLO QCD con le correzioni EW [22] ede approssimata al NNLO QCD con delle correzioni. I processi W/ZH sonocalcolati al NLO e al NNLO [23] e sono applicate delle correzioni EW alNLO [24]. Sono calcolate le correzioni NLO QCD per il processo ttH [25].

5.3 Numero di eventi aspettati

Il numero di eventi attesi per processo di produzione e totale sono riportatiin Tabella 5.1. E riportata anche l’efficienza che e stata calcolata su MCtramite l’Equazione (4.1) dove il taglio considerato e quello in isolamento,l’ultimo applicato, in modo da ottenere l’efficienza finale. Il numero di eventidi segnale attesi e

N thevt = ε · σ ·BR ·

∫Ldt (5.2)

dove ε e l’efficienza, σ la sezione d’urto di produzione, BR la branching ratio,∫Ldt la luminosita integrata.

Questi valori sono stati interpolati con un polinomio di 3◦ grado (vediFigura 5.1) in modo da saper prevedere gli eventi di segnale attesi anche conmasse del bosone di Higgs non riportate in tabella.

5.3. NUMERO DI EVENTI ASPETTATI 47

Tabella 5.1: Efficienza ε sul segnale dopo aver applicato tutti i tagli descrittinella Sezione 4.1.2 e numero di eventi H → γγ aspettati con una luminositaintegrata di 4.8 fb−1 e 5.9 fb−1 per i dati

√s = 7 TeV e

√s = 8 TeV

rispettivamente. I risultati sono mostrati per ogni processo e nell’ultimacolonna si trova il numero totale di eventi aspettati.

√s = 7 TeV

mH(GeV)gg → H VBF WH ZH ttH Totaleε(%) N th

evt ε(%) N thevt ε(%) N th

evt ε(%) N thevt ε(%) N th

evt N thevt

110 37.4 69.4 37.2 4.9 32.7 2.7 32.9 1.5 32.8 0.4 78.8115 39.5 72.6 39.6 5.3 34.3 2.6 34.8 1.4 34.0 0.4 82.3120 41.0 73.0 41.6 5.6 36.1 2.5 36.1 1.4 34.9 0.4 83.0125 42.3 70.9 43.1 5.7 37.6 2.4 37.8 1.3 36.2 0.3 80.6130 43.5 66.4 44.4 5.5 38.6 2.1 39.1 1.2 37.0 0.3 75.5135 45.2 60.4 46.3 5.2 40.0 1.8 40.1 1.0 38.0 0.3 68.7140 46.0 51.6 48.1 4.7 41.3 1.5 41.5 0.8 38.6 0.2 58.9145 47.0 42.7 49.3 4.0 41.8 1.1 42.9 0.7 39.6 0.2 48.7150 47.5 32.8 49.1 3.1 43.3 0.9 43.8 0.5 39.8 0.1 37.4

√s = 8 TeV

mH(GeV)gg → H VBF WH ZH ttH Totale

ε(%) N thevt ε(%) N th

evt ε(%) N thevt ε(%) N th

evt ε(%) N thevt N th

evt

110 33.0 95.2 32.8 6.8 28.1 3.4 28.6 1.9 25.5 0.6 107.9115 35.0 99.9 34.8 7.4 29.6 3.4 30.6 1.9 26.4 0.5 113.2120 36.5 101.4 36.4 7.8 31.0 3.2 31.7 1.9 27.6 0.5 114.8125 37.5 98.4 37.8 7.9 32.7 3.1 32.3 1.7 28.6 0.5 111.6130 38.7 92.8 39.3 7.8 33.4 2.7 33.6 1.5 29.8 0.5 105.3135 39.9 84.1 40.5 7.3 34.1 2.3 34.8 1.3 30.8 0.4 95.4140 40.6 72.2 41.3 6.4 35.0 1.9 35.4 1.1 30.9 0.3 81.9145 41.2 59.6 42.2 5.5 36.2 1.5 36.4 0.9 32.0 0.3 67.7150 41.8 46.1 43.1 4.4 36.6 1.1 37.2 0.6 32.6 0.2 52.4

5.3.1 Errori sistematici sul numero di eventi attesi

In Tabella 5.2 sono riportati gli errori sistematici nel calcolo del numero dieventi di segnale attesi [9].

Sommando in quadratura queste incertezze, su N thevt si ottiene un’incer-

tezza del 16%.

48 CAPITOLO 5. SEGNALE E SUA MODELLIZZAZIONE

Figura 5.1: Fit del numero di eventi aspettati previsto da ogni MC a stepdi massa mH di 5 GeV per la gluon fusion (processo dominante) con unpolinomio di 3◦ grado. Nonostante l’efficienza sia piu alta per i dati del 2011,a parita di luminosita, sono prodotti piu eventi di segnale nel 2012 poichel’energia di interazione e aumentata di 1 GeV aumentando la sezione d’urtodi produzione del bosone di Higgs.

Tabella 5.2: Incertezze sistematiche sulle grandezze usate per calcolare ilnumero di venti di segnale atteso.

Errori sistematici su N thevt

√s = 7 TeV(%)

√s = 8 TeV(%)

Identificazione fotoni ±8.4 ±10.8Pile-up sulla ricostruzione ±4Scala di energia dei fotoni ±0.3

Isolamento fotoni ±0.4 ±0.5Trigger ±1

Sezioni d’urtogg→H :+12

−8 , VBF :±0.3 gg→H :+7−8, VBF :±0.2,

WH :+0.2−0.8, ZH :+1.4

−1.6, WH :+0.2−0.6, ZH :+1.6

−1.5,ttH :+3

−9 ttH :+4−9

Branching Ratio ±5Luminosity ±1.8 ±3.6

5.4 Modellizzazione del picco di massa

La pdf del segnale e modellata tramite delle simulazioni MC con la somma diuna CB (crystal ball), che tiene conto della risoluzione del segnale al centro edella coda di sinistra non gaussiana, e con una piu piccola gaussiana (GA) cheserve per descrivere la coda di destra. Un esempio e riportato in Figura 5.3.La funzione per fittare le simulazioni e definita

fCB · pdfCB(mγγ) + (1− fCB) · pdfGA(mγγ) (5.3)

5.4. MODELLIZZAZIONE DEL PICCO DI MASSA 49

dove fCB e un parametro che indica in che percentuale sia presente la CBrispetto alla GA. La CB e definita come:

N ·

e−t2/2 se t > −αCB(nCB|αCB |

)nCB· e−|αCB |2/2 ·

(nCB|αCB |

− |αCB| − t)−nCB

altrove(5.4)

dove t = (mγγ − µCB)/σCB, N e il parametro di normalizzazione, µCB e ilpicco della gaussiana, σCB la risoluzione in energia della massa invariante deidue fotoni e nCB e αCB parametrizzano la coda non gaussiana.

I parametri contenuti nell’Equazione (5.3) per modellizzare il segnale sonofCB, la posizione del picco (µCB) che e stato imposto uguale sia per la CBche per la GA, la larghezza della CB (σCB), la larghezza della GA (σGA),nCB e αCB riportati nella definizione della CB nell’Equazione (5.4).

Per estrarre i parametri del segnale dalle simulazioni sono stati effettuatifit su campioni a differenti masse ipotetiche del bosone di Higgs. Sono statestudiate le dipendenze dei parametri dalla massa del bosone di Higgs in mododa trovare delle regolarita e saper descrivere un segnale a qualsiasi massacompresa nell’intervallo di studio. In realta per i parametri µCB, σCB e σGA,la cui dipendenza da mH e molto forte, sono stati studiati dei parametri aloro collegati µCBrel, σCBrel e σGArel definiti come

µCBrel =µCBmH

, σCBrel =σCBmH

, σGArel =σGAmH

(5.5)

In Figura 5.2 sono riportati i risultati.E stata studiata anche la possibilita di descrivere il segnale come la somma

di due CB, la prima utile per rappresentare la coda di sinistra mentre laseconda per la coda di destra, ma i parametri non mostrano una sufficienteregolarita (in funzione di mH) per poter descrivere in modo efficace il segnalea qualsiasi massa.

La giustificazione sperimentale dell’asimmetria del segnale che si notain Figura 5.3, che e caratteristica di qualsiasi simulazione per ogni massaipotetica, e dovuta alla conversione dei fotoni: spesso l’energia misurata diquest’ultimi e inferiore a quella reale. Gli elettroni, frutto della conversione,perdono energia nel materiale prima del calorimetro; puo accedere inoltre chel’energia del fotone nella conversione venga suddivisa tra e+ e e− in manieraasimmetrica cosı che la particella con poca energia venga deflessa troppo dalcampo del solenoide non arrivando al calorimetro o non venendo inglobatanello stesso cluster dell’elettrone piu energetico perdendo cosı questa partedi energia. Questo fenomeno determina anche uno spostamento del piccoverso sinistra: un Higgs che abbia massa mH avra il picco del segnale ad unaenergia di µCBrel ·mH con µCBrel < 1.

50 CAPITOLO 5. SEGNALE E SUA MODELLIZZAZIONE

Figura 5.2: Parametri del modello del segnale in funzione di mH . L’obbiet-tivo e trovare dei comportamenti medi e percio non si e voluto fittare i punticon polinomi di grado alto. Tutti i parametri sono stati fittati con costanti,solo σGArel e stato fittato con un polinomio di primo grado poiche il suo com-portamento lineare non era trascurabile. Non e riportato il parametro nCBperche vi era una forte correlazione con αCB. Si e cercato un comportamentomedio di nCB nelle simulazioni ed e poi stato fissato al valore di 6.28.

5.4.1 Errori sistematici sulla risoluzione in massa in-variante di due fotoni

In Tabella 5.3 sono riportati gli errori sistematici sulla risoluzione in massainvariante di due fotoni [9]. Il segnale e modellizzato tramite CB e GA

5.4. MODELLIZZAZIONE DEL PICCO DI MASSA 51

Figura 5.3: Esempio di simulazione (puntini neri) del segnale per un bosonedi Higgs di 125 GeV descritto dalla somma (blu) di una CB (rosso) e unagaussiana (verde). Questa figura non e stata ottenuta tramite fit ma dallasovrapposizione della simulazione con la forma di segnale prevista dallo studiosui parametri.

(gaussiana) ma gli errori saranno solo sulla larghezza della CB (σCB) e non suquella della gaussiana (σGA): la larghezza del segnale e di fatto modellizzatasolo da σCB come si nota anche dalla Figura 5.3.

Tabella 5.3: Incertezze sistematiche su grandezze dalle quali dipende larisoluzione in massa invariante σCB

Errori sistematici su σCB√s = 7 TeV(%)

√s = 8 TeV(%)

Risoluzione energetica del calorimetro ±12Estrapolazione della calibrazione ±6

dei fotoni dagli elettroniPile-up sulla risoluzione ±4

Selezione del vertice primario trascurabile

52 CAPITOLO 5. SEGNALE E SUA MODELLIZZAZIONE

Sommando in quadratura questi errori si giunge a un errore su σCBdel 14%.

5.4.2 Errore sistematico sul picco del segnale

L’incertezza sistematica sulla posizione del picco del segnale e dovuta all’in-certezza sulla calibrazione in energia della strumentazione fatta mediante ilprocesso Z → e+e−. Inoltre si somma l’incertezza dovuta all’estrapolazionedella calibrazione dei fotoni dagli elettroni assumendo che abbiano compor-tamenti simili nel calorimetro. Questo effetto porta ad un errore sistematicodi ±0.6% sia per i dati a

√s = 7 TeV che per quelli a

√s = 8 TeV [9].

Capitolo 6

Composizione del background

Il principale contributo al background nella ricerca del bosone di Higgs neldecadimento H → γγ puo essere diviso in due classi: il background irriduci-bile (Figura 6.1) che consiste nella produzione di due fotoni in processi QCDe il background riducibile (Figura 6.2) che consiste nella produzione associatadi un fotone e jet o di processi con parecchi jet nello stato finale. Il fondo

Figura 6.1: Diagrammi di Feynman che hanno come prodotto finale duefotoni e che appartengono al fondo irriducibile

riducibile contribuisce al background specialmente nel caso in cui uno o duejet contengano mesoni neutri (in prevalenza π0) energetici che decadono inγγ e vengono identificati erroneamente come fotoni prompt. Il backgroundirriducibile e uno spettro continuo e consiste di coppie γγ prodotte da inte-razioni QCD. Lo stato finale e effettivamente composto da due fotoni comeil processo H → γγ che si sta cercando. Capire la composizione effettiva deidati e quanto fondo sia presente serve per monitorare la performance dell’i-dentificazione dei fotoni e per convalidare la descrizione del background nellesimulazioni del processo H → γγ.

Attraverso metodi basati sul variare l’identificazione dei fotoni e i crite-ri di isolamento si puo stimare la composizione dei candidati eventi a duefotoni [26][27]. I risultati sono che nei dati a

√s = 7 TeV e

√s = 8 TeV

53

54 CAPITOLO 6. COMPOSIZIONE DEL BACKGROUND

Figura 6.2: Principali processi del background riducibile. Lo stato finalee composto di un fotone e un jet che e erroneamente identificato come unfotone.

gli eventi a due fotoni sono 80 ± 4 % e 75+3−2 % rispettivamente. Nei dati a√

s = 7 TeV la frazione e piu alta perche nell’identificazione si e usata la reteneurale, piu efficiente dei tagli che si sono usati invece per i dati a

√s = 8

TeV. La frazione di eventi γ-jet e jet-jet e di 19 ± 3 % e 1.8 ± 0.5 % per idati a

√s = 7 TeV e di 22± 2 % e 2.6± 0.5 % per quelli a

√s = 8 TeV.

Il background e anche composto da processi di Drell-Yan che nasconodall’identificazione errata di elettroni come fotoni convertiti. Per i dati a√s = 7 TeV il background dovuto a processi di Drell-Yan nella regione

100-160 GeV e stimata in NDYγγ = 1.37 ± 0.13 % mentre nei dati

√s = 8

TeV NDYγγ = 0.77 ± 0.07 %. Questi eventi di fondo sono localizzati nella

regione a bassa massa invariante del nostro spettro (circa 100-110 GeV) ederivano dalla risonanza della Z posizionata a circa 91 GeV. Dal numerototale di eventi a due fotoni registrati in questo intervallo di massa (riportatonella Sezione 4.2) si capisce che questo processo di background e trascurabilerispetto al fondo γ-jet e jet-jet.

Arrivati a questo punto sorge spontanea una domanda: avendo lo spettrodei fotoni+background(si intende lo spettro in massa invariante degli even-ti che sono stati identificati come γγ) e di tutti i processi di backgroundpossiamo sottrarli in modo da ottenere uno spettro con solo fotoni?

Come vedremo piu dettagliatamente nella Sezione 7.1, nello spettro inmassa invariante si cerca un picco dovuto ai decadimenti del bosone di Higgsin γγ. Tale picco e significativo se il numero di eventi in un certo interval-lo si discosta per qualche σ dal numero di eventi di background aspettati.Il numero di eventi del background ha una distribuzione poissoniana conσ =

√Nbkg. La significanza di una scoperta e quindi S√

Nbkg, con S numero

di eventi di segnale attesi. I conteggi della distribuzione di background e diquella fotoni+background sono affetti da errori e sottraendole l’errore del-

55

la nuova distribuzione cosı ottenuta aumenta, aumentando il denominatoredella significanza e diminuendo la significanza di un’eventuale scoperta. Ilproblema resta il fatto che noi sappiamo la distribuzione del fondo ma nonconosciamo quale evento sia fondo o segnale.

In questa analisi inclusiva il background e stato modellizzato tramiteesponenziale.

56 CAPITOLO 6. COMPOSIZIONE DEL BACKGROUND

Capitolo 7

Analisi

7.1 Modello di fit e likelihood

La separazione fra segnale (H → γγ) e fondo (irriducibile e riducibile) eottenuta dalla distribuzione in massa invariante (mγγ) osservata: il fondo ecaratterizzato da uno spettro continuo decrescente, mentre per il segnale cisi aspetta una risonanza stretta.

I dati hanno una distribuzione in massa invariante e sono fittati con ilmodello

f(mγγ) =s · pdfs(mγγ;mH , ~νs(mH)) + b · pdfb(mγγ;~νb)

s+ b(7.1)

dove s = µN thevt = µLσthH (mH)BRH→γγε(mH) e il numero di eventi di se-

gnale osservabili, b e il numero di eventi di fondo ed mH e la massa ipotizzataper il bosone di Higgs. La pdfs (pdf segnale) aspettata e calcolata medianteuno studio sulle simulazioni MC (Sezione 5.4), la pdfb (pdf background) estata assunta come un’esponenziale, ~νs e ~νb sono rispettivamente parametriper descrivere la pdfs e pdfb e sono chiamati anche nuisance parameters (pa-rametri non interessanti). Nella definizione del numero di segnale s, L e laluminosita integrata, σthH e la sezione d’urto teorica, BRH→γγ e la brachingratio del processo H → γγ, ε e l’efficienza di selezione del segnale mentre µ eun parametro necessario nel fit che descrive quanti eventi di segnale, rispettoa quelli aspettati, sono presenti nei dati: se µ = 0 non c’e segnale, se µ = 1il numero di eventi di segnale nei dati e quello descritto dalla teoria, altrivalori di µ indicano un numero diverso da quello predetto dalla teoria. InFigura 7.1 e riportato un esempio di fit sui dati per un bosone di Higgs di125 GeV.

57

58 CAPITOLO 7. ANALISI

Figura 7.1: Fit del modello descritto dall’Equazione (7.1) sui dati per unbosone di Higgs di 125 GeV: in riga blu continua il segnale+fondo, in rossotratteggiato il segnale mentre in blu tratteggiato il fondo.

Il fit “unbinned” e svolto massimizzando la likelihood

L(dati;µ,mH , ~ν) = e−(s+b) (s+ b)n

n!×

n∏i=1

f(m(i)γγ) (7.2)

dove ~ν indica tutti i nuisance parameters sia del segnale che del backgrounde la produttoria e svolta su tutti gli i -esimi eventi da 1 a n. Anche il numerodi eventi n e una variabile aleatoria distribuita come una Poissoniana checompare nell’Equazione (7.2). Tutti gli eventi ed il numero di eventi n sonoindipendenti di modo che la likelihood e semplicemente la moltiplicazione ditutte le distribuzioni. Il computer cerca di massimizzare l’Equazione (7.2)aggiustando i parametri liberi ~νb,mH , µ (si ricordi che ~νs(mH)) o un lorosottospazio (mH o µ in certi casi possono essere fissati) per trovare la migliordistribuzione che descriva i dati. Nella definizione di L(data;µ,mH , ~ν), µ edmH , che sono pur sempre dei parametri di fit, sono differenziati dai nuisanceparameters ~ν poiche i primi sono importanti per una possibile misura mentrei secondi servono solo per descrivere il nostro modello, non siamo interessatialla loro stima.

7.2. ERRORI SISTEMATICI NELLA LIKELIHOOD 59

7.2 Errori sistematici nella likelihood

Per considerare gli errori sistematici la likelihood e modificata

L(dati;µ,mH , ~ν) = e−(s+b) (s+ b)n

n!×

n∏i=1

f(m(i)γγ)×

m∏j=1

ρ(xj). (7.3)

La produttoria su j e fatta su tutti gli m parametri con sistematico e ρ(xj)e la distribuzione gaussiana del particolare parametro xj

ρ(xj) =1√

2πσxje−

(xj−xj)2

2σ2xj . (7.4)

dove xj e il valore atteso o misurato del parametro xj e σxj la sua incertezza.Il fit unbinned, nel caso si considerino m parametri con sistematico, e svoltomassimizzando la likelihood dell’Equazione (7.3).

In questa analisi i parametri xj di cui si e considerato l’errore sistematicosono il numero di eventi aspettati N th

evt (Tabella 5.2), la risoluzione in massainvariante σCB (Tabella 5.3) e il parametro µCB su cui influisce il sistematicodella calibrazione dell’energia (Sezione 5.4.2).

7.3 Test statistico

Una volta definito il modello non basta semplicemente fittarlo sui dati per ot-tenere i migliori valori dei parametri che descrivono i dati. Poiche i dati sonostocastici, necessitiamo di una quantita che ci permetta di porre dei limiti diconfidenza su uno o piu parametri, cioe deve quantificare la compatibilita traun’ipotesi sui parametri del modello e i dati. Essa permettera di porre deilimiti superiori sulla produzione del bosone di Higgs, di capire se e presenteo meno un segnale e di individuare l’intervallo di massa piu probabile.

Consideriamo un caso generale in cui i nuisance parameters sono descrittida ~ν mentre vi e un solo parametro interessante θ. Per testare una particolareipotesi θ = θc sui dati si considera la profile likelihood ratio

λobs(θc) =L(dati; θc,

ˆ~ν(θc)

)L(dati; θ, ~ν

) . (7.5)

In questo rapportoˆ~ν(θc) indica il miglior valore di ~ν che massimizza L per il

particolare valore θc, e un massimo condizionato ed e quindi funzione di θc.

60 CAPITOLO 7. ANALISI

A denominatore invece si trova il massimo non condizionato della likelihoodL i cui migliori valori determinati dal fit sono θ e ~ν. Si puo osservare che0 < λ < 1 poiche il numeratore e un massimo condizionato trovato in unospazio a una dimensione in meno rispetto al denominatore in cui e lasciatolibero anche il valore di θ. Se il valore testato di θc e vicino al miglior valoreθ descritto dai dati allora λ(θc) ∼ 1, mentre se e molto diverso λ(θc) ∼ 0. Inmodo equivalente e piu pratico considerare il test statistico

qobsθc = −2 lnλobs(θc). (7.6)

Alti valori di qobsθc indicano una incompatibilita tra i dati e l’ipotesi test θ = θc,al contrario bassi valori di qobsθc indicano una compatibilita fino al caso limite

in cui θc = θ ⇒ qobsθc = 0.Bisogna ora quantificare questa compatibilita o incompatibilita. Vi e il

teorema di Wilks [28] che afferma che la pdf(qθc) e quella di un χ2 ad 1 gradodi liberta (il grado di liberta dipende dall’aver fissato un solo parametro anumeratore di λ)

χ21(q) =

1√2π

e−q/2√q

(7.7)

nel caso in cui θc sia il valore vero. E una distribuzione che scende espo-nenzialmente confermando il fatto che per alti valori di qθc i dati sono in-compatibili con la nostra ipotesi θ = θc: se fosse veramente θ = θc sarebbeimprobabile ottenere un valore di qθc alto. Possiamo allora calcolare il p-value

pobsqθc =

∫ ∞qobsθc

pdf(qθc)dqθc (7.8)

ossia la probabilita di ottenere un valore di qθc uguale o piu grande di qobsθcsotto l’ipotesi che θ = θc. L’Equazione (7.8) esprime un fatto intuitivo: perbassi valori di qobsθc il p-value e alto sintomo della compatibilita tra l’ipotesi θce i dati, al contrario, se qobsθc e alto il p-value e basso (se troppo basso di unacerta soglia che impongo io smetto di credere all’ipotesi θ = θc). Si e soliticonvertire il p-value in significanza Z, definita come la deviazione standard diuna variabile distribuita secondo una gaussiana standard la cui probabilitadi essere trovata oltre Z e p∫ ∞

Z

1√2πe−x

2/2dx = p. (7.9)

Lo stesso formalismo lo si puo utilizzare nel caso piu generale in cuici siano m parametri interessanti ~θ = (θ1, θ2, . . . , θm) (nella nostra anali-si, per esempio, µ e mH). L’unica differenza col caso precedente e che la

7.4. LIMITI DI ESCLUSIONE 61

pdf(q~θ) e distribuita come un χ2 a m gradi di liberta. Inoltre si possonotestare solo alcuni parametri interessanti e lasciare liberi gli altri, si ottiene~θk c = (θc1, . . . , θ

ck, θk+1, . . . , θm) dove, come l’esempio precedente, la c indica i

parametri vincolati. Il test statistico e il p-value saranno calcolati nel modoseguente

qobs~θk c= −2 ln

L(dati; θc1, . . . , θ

ck, θk+1, . . . , θm,

ˆ~ν(θc1, . . . , θ

ck))

L(dati; ~θ, ~ν

) (7.10)

pobsq~θk c=

∫ ∞qobs~θk c

pdf(q~θk c)dq~θk c (7.11)

dove la pdf(q~θk c) sara la distribuzione di χ2 a k gradi di liberta.

7.4 Limiti di esclusione

Porre dei limiti superiori al valore di µ permette di escludere la presenzadi un SM Higgs (Standard Model Higgs, cioe un Higgs i cui accoppiamentisono descritti perfettamente dallo SM) in alcune zone di massa; per farlo siutilizza il formalismo della Sezione 7.3. Si parte dall’ipotesi di presenza delsegnale con signal strength µ = µ e la si testa sui dati per capire se e o nocompatibile. In questo caso il parametro interessante e µ e percio mH e fattovariare a step. Il test statistico, in questo caso, si definisce

qµ =

−2 lnL(dati;µ,

ˆ~ν(µ)

)L(dati;µ,~ν)

µ ≥ µ

0 µ < µ(7.12)

dove µ indica il particolare valore di µ testato. Per imporre il limite su-periore e necessaria la condizione µ ≥ µ poiche si deve testare e valutarela compatibilita con i dati di valori di µ superiori al valore µ trovato dalfit. Se la condizione non fosse verificata si assegna arbitrariamente il valoreqµ = 0 perche l’ipotesi µ = µ < µ sarebbe assolutamente compatibile con idati: il segnale potrebbe aver fluttuato positivamente. Dai valori di qµ possocalcolare il p-value, ossia la probabilita di ottenere quel valore di qµ o piualto nell’ipotesi che µ = µ. Decido di rigettare l’ipotesi µ = µ quando laprobabilita scende al di sotto del 5%, cioe escludo l’ipotesi al 95% di CL.In Figura 7.2, 7.3 e 7.4 sono riportati i grafici di esclusione anche al 99%e al 99.9% di CL per i dati del 2011, 2012 e combinati. Le aree coloratesono zone in cui e esclusa la presenza del segnale con signal strength µ e

62 CAPITOLO 7. ANALISI

massa del bosone di Higgs mH . E evidenziata una linea lungo µ = 1 poichei punti esclusi lungo questa linea permettono di escludere un SM Higgs. InFigura 7.5 e mostrato il grafico di esclusione senza sistematici per vedere l’ef-fetto che hanno sull’esclusione: si nota che le aree colorate aumenterebberoescludendo maggiormente zone di mH e µ, dando dunque un risultato troppoottimistico.

Figura 7.2: Grafico di esclusione per i dati del 2011. Le zone di massa incui e esclusa la presenza di un SM Higgs al 95% di CL sono 112.7-121.7,132.6-138.2 e 147.6-149.3 GeV.

7.5 Ipotesi di solo fondo

Per capire se il nostro campione di dati contiene o no un segnale si utilizzail formalismo della Sezione 7.3. Si parte dall’ipotesi di solo fondo e la sitesta sui dati per vedere se e compatibile o meno. In questo caso, siccomeil parametro interessante e solo la misura di µ (se c’e o no segnale), mH efissato e fatto variare a step. Se il segnale e presente ci aspettiamo µ > 0 equesto vincolo cambia leggermente la definizione di q della Sezione 7.3:

qµ=0 =

−2 lnL(dati;µ=0,

ˆ~ν(µ=0)

)L(dati;µ,~ν)

µ ≥ 0

0 µ < 0(7.13)

7.5. IPOTESI DI SOLO FONDO 63

Figura 7.3: Grafico di esclusione per i dati del 2012. Le zone di massa incui e esclusa la presenza di un SM Higgs al 95% di CL sono 110.0-111.8,118.5-122.8, 137.0-148.1 GeV.

dove µ < 0 significa che in quella zona di massa abbiamo un deficit di eventi.In questi casi q0 viene posto arbitrariamente a 0 poiche l’ipotesi µ = 0 eassolutamente compatibile con i dati, presumibilmente il fondo ha avuto unafluttuazione negativa. Questo trattamento asimmetrico dei valori di µ portaad una distribuzione di probabilita di q0 [29]

pdf(q0) =1

2χ2

1(q0) +1

2δ(q0) (7.14)

dove 12

deriva dal fatto che la probabilita che si abbia µ > 0 e µ < 0 e lastessa, cioe nell’ipotesi di solo fondo il background puo ugualmente fluttuarepositivamente che negativamente. In Figura 7.6 sono mostrati i valori diq0 e in Figura 7.7 quelli di p0 osservati per step di massa mH di 0.5 GeV.L’ipotesi di solo fondo, per trovare un’eventuale scoperta, e stata testata sututto l’intervallo tra 110-150 GeV pur avendo delle indicazioni di zone dimassa escluse. Si ricordi infatti che l’esclusione e a una certa percentualedi CL, cioe non sicura, e che, escludendo degli intervalli, si suppone che ilsegnale sia un SM Higgs. Nei grafici di q0 e p0, invece, le ipotesi sono moltominori: si suppone solo che la risoluzione del segnale sia quella sperimentalee che su questa non influisca la larghezza intrinseca della risonanza. Si cercasolo qualcosa che si discosti dal fondo in modo significativo.

64 CAPITOLO 7. ANALISI

Figura 7.4: Grafico di esclusione per i dati combinati del 2011 e 2012. Lezone di massa in cui e esclusa la presenza di un SM Higgs al 95% di CL sono110.7-113.3, 116.3-122.4, 132.7-149.3 GeV.

I dati del 2011 e del 2012, che sono statisticamente indipendenti, portanoa conclusioni fra loro compatibili. Nei dati del 2011 si osserva un massimoq0 = 7.49 a 126.5 GeV che corrisponde a un p0 = 0.0031, in quelli del 2012q0 = 7.14 a 127 GeV e p0 = 0.0038, nei dati combinati q0 = 13.85 a 127 GeVe p0 = 9.9 · 10−5 (si ricordi che si e proceduto per step di massa di 0.5 GeV epercio questi valori di q0 non sono i massimi assoluti ma solo del set di valoridi mH fissati). La significanza Z associata alla probabilita p0, in questo caso,e semplicemente [29]

Z =√q0. (7.15)

Nei dati del 2011 si ottiene una significanza Z di 2.74 σ, in quelli del 2012Z = 2.67 σ e in quelli combinati Z = 3.72 σ. Per dichiarare una scoperta si eposto convenzionalmente un limite di Z = 5 σ che corrisponde a un p-valuedi 2.87 ·10−7, cioe al di sotto di questa soglia dico che sia troppo improbabileottenere il set di dati preso in considerazione nell’ipotesi di solo fondo e perciosmetto di credere all’ipotesi. Con questi dati non si potrebbe dichiarare unascoperta, ma si e confidenti nell’affermare che quello e il segnale poiche nee gia stata dichiarata la scoperta in quella zona di massa [1]. Si precisa chequesta analisi e un’analisi inclusiva mentre nell’analisi ufficiale la sensibilitaraggiunta e di oltre 4 σ nei dati combinati perche si sono suddivisi i dati

7.6. MISURA DI MASSA E SIGNAL STRENGTH 65

Figura 7.5: Grafico di esclusione per i dati combinati del 2011 e 2012 senzasistematico. Le zone di massa in cui e esclusa la presenza di un SM Higgsal 95% di CL sono 110.4-113.7, 115.9-123.1, 132.0-149.4 GeV. Si noti comesenza errori sistematici si riuscirebbe ad escludere zone di massa piu grande.

in categorie a seconda del pT dei fotoni e delle zone del rivelatore che lirivelavano.

7.6 Misura di massa e signal strength

Come si e gia ripetuto, la misura di massa mH e signal strength µ nonpuo essere effettuata semplicemente lasciando liberi questi parametri nel fit.In questo caso otterremmo i migliori mH e µ che descrivono questo set didati; i dati sono stocastici e se si svolgesse un altro esperimento analogosi otterrebbe un altro set di dati che porterebbe ad altri valori di mH e µ.E necessario quindi delimitare zone di confidenza. Sono mostrate le zonedi confidenza al 68% e 95% e i migliori valori di mH e µ che descrivonoi dati combinati in Figura 7.8, i dati del 2011 in Figura 7.9 e i dati del2012 in Figura 7.10. Ancora una volta notiamo che due insiemi di datistatisticamente indipendenti danno risultati compatibili. In Figura 7.12 emostrato il miglior fit con mH e µ liberi per i dati combinati.

66 CAPITOLO 7. ANALISI

Figura 7.6: Valori di q0 nella zona di massa 110-150 GeV. Alti valori di q0

indicano una crescente incompatibilita tra i dati e l’ipotesi di solo fondo. Einteressante come nei dati del 2012 sia presente un eccesso di eventi nellazona di 115 GeV. Esso e dovuto a una fluttuazione positiva del fondo poichenel 2011 questo eccesso di eventi non compare e se combiniamo i due anniquesto eccesso di eventi si abbassa notevolmente diventando piu compatibilecon l’ipotesi di solo fondo.

Si e utilizzato il test statistico

qmH µ = −2 lnL(dati; mH , µ,

ˆ~ν(mH , µ)

)L(dati; mH , µ, ~ν

) (7.16)

il quale e distribuito come un χ2 a due gradi di liberta

χ22(q) =

1

2e−q/2. (7.17)

Sono state incluse nelle zone di confidenza quei punti i quali pmH µ > 32%

(68% CL) oppure pmH µ > 5% (95% CL). E interessante confrontare la Fi-gura 7.8 con la Figura 7.11 in cui sono riportate le zone di confidenza cone senza gli errori sistematici: senza gli errori le aree si ridurrebbero, dandol’impressione erronea di una maggiore precisione di misura.

7.6. MISURA DI MASSA E SIGNAL STRENGTH 67

Figura 7.7: Valori di p0 nella zona di massa 110-115 GeV. p0 e la probabilitanell’ipotesi µ = 0 (solo fondo) di ottenere un valore di q0 uguale o maggioredi quello osservato, cioe un set di dati ancora piu incompatibile con l’ipotesi.Sapendo che q0 ha una distribuzione di un χ2 a un grado di liberta, miaspettero valori di q0 non troppo grandi. Se questi valori sono piu grandidella soglia per cui p0 ≤ 2.87 · 10−7 allora dico che sia improbabile che i datiprovengano dal solo fondo e scarto la mia ipotesi.

7.6.1 Errore sulla misura di massa

Il valore di massa che descrive meglio i dati e stato fornito dal fit con mH e µliberi (vedi Figura 7.12) ed e mH = 126.733 GeV. Per porre degli intervalli diconfidenza si utilizza il solito test statistico q, dove, in questo caso, si testanosui dati ipotesi di massa differenti lasciando µ libero

qmH = −2 lnL(dati; mH , ˆµ(mH),

ˆ~ν(mH)

)L(dati; mH , µ, ~ν

) . (7.18)

Si ottiene il grafico in Figura 7.13. Generalmente a una variabile distribuitain modo gaussiano e assegnato un errore di 1σ tale per cui il valore vero eall’interno dell’intervallo ±1σ al 68.27% di probabilita. Ricordando l’Equa-zione 7.15 (a q0 si sostituisca qmH ) si generalizza l’errore per il parametromH . Gli errori saranno assegnati in modo tale che per masse test mH all’in-terno dell’intervallo da loro determinato il q-valore sia minore di 1. In questo

68 CAPITOLO 7. ANALISI

Figura 7.8: Zone di confidenza e miglior valori nel piano (mH , µ) per i daticombinati. Si noti come le aree delimitate, soprattutto per quella al 95%di CL, siano di forma triangolare con un prospetto piu allargato per valoribassi di µ e uno piu ristretto per alti valori di µ. Questa forma deriva dalfatto intuitivo che un segnale che ha un maggior numero di eventi (µ alto) sidiscosta maggiormente dal fondo e si ha una migliore sensibilita in massa.

modo si riesce a recuperare il concetto di intervallo di errore secondo il qualela probabilita che il valore vero sia contenuto nell’intervallo e il 68.27%. Ilrisultato e che

mH = 126.7± 0.6(stat)± 0.7(syst) GeV (7.19)

dove l’errore statistico si ricava dalla curva di qmH calcolata senza gli errorisistematici.

7.6.2 Errore sulla misura della signal strength

L’idea per trovare l’errore sulla misura della signal strength e uguale a quellaper l’errore sulla massa descritta nella Sezione 7.6.1. Unica differenza e chein questo caso il test statistico utilizzato e

qµ = −2 lnL(dati; ˆmH(µ), µ,

ˆ~ν(µ)

)L(dati; mH , µ, ~ν

) . (7.20)

7.6. MISURA DI MASSA E SIGNAL STRENGTH 69

Figura 7.9: Zone di confidenza e miglior valori nel piano (mH , µ) per i datidel 2011.

Figura 7.10: Zone di confidenza e miglior valori nel piano (mH , µ) per i datidel 2012.

70 CAPITOLO 7. ANALISI

Figura 7.11: Zone di confidenza e miglior valori nel piano (mH , µ) per i daticombinati senza errori sistematici.

Figura 7.12: Fit con mH e µ liberi. I migliori valori sono mH = 126.733 GeVe µ = 1.704.

7.6. MISURA DI MASSA E SIGNAL STRENGTH 71

Figura 7.13: q-valore osservato con e senza sistematico per test di massa mH

che si discostano dal miglior valore mH per descrive i dati. Come e intuibilecon gli errori sistematici la curva si allarga aumentando l’intervallo di errore.

Graficandolo per differenti valori di µ testati si ottiene la Figura 7.14. Risultache

µ = 1.7± 0.5(stat)+0.3−0.0(syst). (7.21)

E interessante come la previsione teorica del Modello Standard µ = 1 nonsia compresa nell’intervallo di errore: sembrerebbe che vi siano piu eventidi segnale di quanti non ci si aspetterebbe. Si usa sempre il condizionalepoiche gli intervalli sono dati con una percentuale di CL. In questo caso, peresempio, vi e una semplice indicazione di un nuovo fenomeno poiche µ = 1non e all’interno dell’intervallo al 68.27% di CL ma all’interno di quello al95.45%. Solo con piu statistica si riuscira a restringere questo intervallo e aconfermare o escludere l’ipotesi µ = 1. In Figura 7.15 e mostrato il fit di unSM Higgs. Si puo confrontare visivamente con il fit in cui mH e µ sono liberiin Figura 7.12.

72 CAPITOLO 7. ANALISI

Figura 7.14: q-valore osservato per test di µ che si discotano dal migliorvalore µ per descrivere i dati. Come e intuibile con gli errori sistematici lacurva si allarga aumentando l’intervallo di errore.

Figura 7.15: Fit di un SM Higgs il cui numero di decadimenti sia predettoesattamente dal Modello Standard (µ = 1).

Conclusioni

Il 4 Luglio il CERN, con i suoi esperimenti CMS (Compact Muon Solenoid)e ATLAS (A Toroidal LHC ApparatuS) [1], ha ufficialmente dichiarato lascoperta e la compatibilita con il bosone di Higgs di una risonanza nellaregione in massa invariante intorno a 125 GeV. Le caratteristiche di questarisonanza nel decadimento in due fotoni sono state studiate in questa tesi: cisi e serviti dei dati raccolti da ATLAS nel 2011 a

√s = 7 TeV e nei primi

mesi del 2012 a√s = 8 TeV, con una luminosita integrata totale di 10.7 fb−1.

Nello studio del canale H → γγ sono state fondamentali le simulazioniMonte Carlo che hanno permesso di studiare separatamente gli eventi disegnale e fondo. Cio ha permesso di verificare l’alta efficienza di reiezione delfondo tramite tagli e l’efficienza di selezione degli eventi di segnale necessariaper saper prevedere il numero atteso. Inoltre tali simulazioni sono statefondamentali per studiare e analizzare la distribuzione del picco in massainvariante del bosone di Higgs a step di massa fissati. Lo studio svolto hapermesso di saper prevedere i parametri della forma di segnale e descriverequindi il picco per qualsiasi massa compresa tra 110-150 GeV. Questi studipreliminari sono stati indispensabili per poter analizzare i dati. L’analisiinclusiva dei dati ha escluso la presenza di un SM Higgs tra 110.7-113.3,116.3-122.4, 132.7-149.3 GeV. E stata testata l’ipotesi di solo fondo sui datie la probabilita che essi siano prodotti in assenza di segnale e di ∼ 10−4 perzone di massa ∼ 127 GeV. Tale discrepanza e compatabile con un segnaledi massa mH = 126.7 ± 0.6(stat) ± 0.7(syst) e con una “signal strength”µ = 1.7±0.5(stat)+0.3

−0.0(syst). Tali risultati sono compatibili con quelli ufficialidella collaborazione ATLAS.

73

74 CONCLUSIONI

Bibliografia

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75

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