IL FEUDALESIMO - TERRA IBLEA · 2017. 10. 3. · IL VASSALLAGGIO. La concessione del beneficio...

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IL FEUDALESIMO SIGNIFICATO. ELEMENTI FONDAMENTALI DEL FEUDALESIMO. BENEFICIO VASSALLAGGIO IMMUNITÀ IL RUOLO DELLA CHIESA NELL’ORDINAMENTO FEUDALE. STRUTTURA DELLA SOCIETÀ FEUDALE. LA PROLIFERAZIONE DEI FEUDI E L’ANARCHIA FEUDALE. L’INCASTELLAMENTO. IL SISTEMA CURTENSE. LE CONDIZIONI DI VITA NELLE CAMPAGNE.

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IL FEUDALESIMO

SIGNIFICATO.

ELEMENTI FONDAMENTALI DEL FEUDALESIMO.

BENEFICIO

VASSALLAGGIO

IMMUNITÀ

IL RUOLO DELLA CHIESA NELL’ORDINAMENTO FEUDALE.

STRUTTURA DELLA SOCIETÀ FEUDALE.

LA PROLIFERAZIONE DEI FEUDI E L’ANARCHIA FEUDALE.

L’INCASTELLAMENTO.

IL SISTEMA CURTENSE.

LE CONDIZIONI DI VITA NELLE CAMPAGNE.

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SIGNIFICATO.

Il termine feudalesimo deriva da feudo (dal franco feohu, che significava “bene” o

“bestiame”), che indicava i beni regalati da un capo ai suoi guerrieri in cambio di

servizi che gli avevano resi.

In seguito con il termine “feudalesimo” indicò il sistema politico e sociale che si

consolidò progressivamente in Europa nell’alto Medioevo quando esigenze militari e

politiche spinsero i sovrani ad instaurare legami personali con i principali guerrieri,

nobili ed ecclesiastici del proprio regno in modo da ottenerne l’obbedienza e delegare

loro funzioni amministrative. TORNA

GLI ELEMENTI FONDAMENTALI DEL FEUDALESIMO

Gli elementi fondamentali e costitutivi del feudalesimo furono tre: il beneficio; il

vassallaggio; e l’immunità.

IL BENEFICIO.

L’istituto del “beneficio” era regolamentato dal “contratto di concessione”. In

sostanza il re o un nobile assegnava un territorio ad un suo fedele (vassallo) affinché

potesse vivere con la rendita di quel terreno. In cambio, chi riceveva il beneficio

assicurava al signore o al re il suo sostegno militare. Inoltre il vassallo doveva svolgere

una serie di servizi che venivano elencati nel “contratto di concessione”. Alla morte

del vassallo il feudo, ritornava in possesso del signore o del re che l’aveva concesso,

anche se spesso il beneficio veniva rinnovato agli eredi del defunto.

Con il passare del tempo si manifestò sempre più la tendenza a trasformare i benefici

da privilegi personali e non trasmissibili a privilegi ereditabili dai successori del

beneficato. L’eredità del feudo fu prima applicata ai feudi maggiori e successivamente

(dopo violentissime lotte contro i feudatari maggiori) anche ai feudi minori. TORNA

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IL VASSALLAGGIO.

La concessione del beneficio veniva sancita con il vassallaggio, una solenne cerimonia

chiamata “omaggio feudale”, che rappresentava al tempo stesso un atto politico e

religioso. Tale cerimonia rappresentava l’omaggio del vassallo al signore e avveniva in

pubblico, in presenza cioè di persone in grado di testimoniare gli obblighi di

subordinazione e protezione che venivano contratti. Parole e gesti erano ritualizzati e

servivano a

testimoniare il

legame personale

che si instaurava

tra signore e

beneficiato

nonché la

sottomissione e

la fedeltà di

quest’ultimo al

signore. Il

beneficato

s’inginocchiava

davanti al signore con le mani giunte, il signore le prendeva stringendole in segno di

protezione e di difesa (immixtio manum). Il beneficato giurava fedeltà al signore

estendendo la mano sul Vangelo o su oggetti sacri, e dichiarava di essere un “vassus”,

un vassallo, cioè un dipendente del suo

signore.

Al giuramento seguiva l’investitura.

Il signore consegnava al vassallo un simbolo

del feudo da lui concesso, per esempio uno

scettro, un’insegna, un bastone, una zolla

erbosa, un guanto, un anello. Il vincolo così

consacrato non poteva essere violato: sul

vassallo che veniva meno agli obblighi assunti

si riversava la riprovazione collettiva e lo si

bollava con il marchio ignominioso di “fellone”; ugualmente riprovevole era un signore

che non rispettava gli impegni presi nei confronti del vassallo. TORNA

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L’IMMUNITÀ.

Le immunità esentavano il vassallo da alcuni obblighi fiscali, militari ecc.. oppure al

contrario attribuivano specifici privilegi, come quello di amministrare la giustizia, di

battere moneta, di imporre vari tributi. Le immunità si moltiplicarono e si

stratificarono nel corso del medioevo in un sistema estremamente complesso, al punto

tale che addirittura nell’età moderna un signore terriero o un monastero o una sede

vescovile vantava una serie di privilegi la cui origine si perdeva nel tempo. TORNA

IL RUOLO DELLA CHIESA NELL’ORDINAMENTO FEUDALE.

Gli imperatori concessero beni e privilegi anche agli uomini di Chiesa, ai conventi e alle

abbazie. In particolare, furono nominati molti vescovi-conti, cui veniva affidato un

territorio con tutte le prerogative che spettavano ad un feudatario.

Il vantaggio per gli imperatori era evidente: gli ecclesiastici non potevano avere

eredi, quindi alla loro morte l’imperatore era certo di rientrare in possesso del feudo.

Nel corso del Medioevo la Chiesa

acquistò un enorme patrimonio

terriero, e a parte i territori italiani

controllati direttamente dal papa, le

abbazie e i conventi sparsi in tutta

Europa ricevevano di frequente

lasciti testamentari e donazioni.

Inoltre, molti piccoli proprietari,

oppressi dai feudatari, preferivano

consegnare la loro terra alla Chiesa,

mantenendone l’usufrutto e

ottenendo in cambio protezione.

In conseguenza di tutto ciò gli

ecclesiastici furono sempre più coinvolti in interessi mondani e politici e cedettero

sempre più spesso alla corruzione. La missione spirituale passò in secondo piano

rispetto alla brama di accumulare ricchezze e potenza e si diffuse ampiamente la

simonia (cioè la compravendita di dignità e di poteri ecclesiastici). TORNA

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STRUTTURA DELLA SOCIETÀ FEUDALE.

A partire dal secolo X circa la società feudale divenne più articolata. I grandi

feudatari, infatti, presero

l’abitudine di cedere l’usufrutto di

parte della loro terra a persone

fedeli, con la stessa procedura

seguita nei loro confronti

dell’imperatore. A loro volta questi

concedettero benefici ai loro

fedeli.

Si creò così una piramide in cima

alla quale stava l’imperatore e poi,

di seguito, i vassalli che avevano il

beneficio direttamente da lui,

quelli che l’avevano ricevuto dai

vassalli e quanti erano stati

beneficiati da questi ultimi.

Gli artigiani costituivano una classe

intermedia tra i due estremi del

feudatario e dei servi della gleba.

Con il loro lavoro rendevano il feudo quasi autosufficiente, erano: falegnami, fabbri,

tessitori, e si dedicavano anche alla piccola industria, stabilendo commerci limitati con

altri feudi.

In fondo alla piramide stavano i contadini, veri servi della gleba, che non potevano

allontanarsi dalla terra e praticare altri mestieri. Non avevano alcun diritto ed erano

soggetti ad ogni arbitrio da parte del loro signore. Verso la fine del X secolo e più

ancora nel secolo XI, per influsso della rinascita economica delle città, cominciarono a

manifestarsi fughe di servi verso i nuovi centri urbani e numerose affrancazioni.

TORNA

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LA PROLIFERAZIONE DEI FEUDI E L’ANARCHIA FEUDALE.

L’eccessiva frammentazione del territorio spesso creò delle entità territoriali dai

contorni sfuggenti e mutevoli, disposte l’una dentro l’altra in un groviglio intricato di

relazioni non di rado vaghe e mal definite.

C’era il caso di vassalli che dipendevano da

più signori (fino a diverse decine), oppure di

feudi inglobati in un territorio più vasto

senza che tra i rispettivi signori ci fossero

rapporti di vassallaggio. C’erano inoltre

signori che possedevano terre e servi in

zone il cui controllo militare era assicurato

da un altro signore e così via. Fu così che si

venne a creare “l’anarchia feudale” ed una

sovrapposizione di poteri, nella quale ogni

feudatario si comportava come il sovrano di

un piccolo regno indipendente.

I vassalli, sulla carta, continuavano ad

essere i detentori del potere legittimo, ma

il controllo effettivo del territorio a

livello locale stava nelle mani di numerosissimi soggetti: feudatari minori,

proprietari terrieri, signorotti locali, che spesso agivano in concorrenza fra loro.

Accadeva di frequente infatti che all’interno di uno stesso territorio risiedessero

persone sottoposte alla giurisdizione di più signori, i quali prima o poi entravano in

contrasto tra loro, generando situazioni di perenne conflittualità, che limitarono

fortemente il potere dell’imperatore ed il valore delle leggi. TORNA

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L’INCASTELLAMENTO.

Tra il IX ed il X secolo l’Europa fu investita da un’ondata migratoria di popoli

seminomadi (Ungari,

Normanni, Saraceni,

Vichinghi). Poiché i sovrani

non erano in grado di

assicurare la difesa dei

propri territori, i grandi

signori e le popolazioni

contadine che da essi

dipendevano cominciarono

spontaneamente ad

iniziative di autodifesa.

Mentre i rapporti con il potere centrale diventavano sempre più deboli e sporadici, i

signori organizzavano la loro resistenza e innalzando ovunque castelli e fortezze che

sono ancora oggi il simbolo del mondo medievale.

Feudatari sia laici che ecclesiastici per rendere più sicuro il loro territorio dalle

periodiche invasioni o scorrerie, diedero vita a piccoli centri fortificati, collocati in

posizioni

strategiche, ben

definibili, come la

vetta di un colle,

l’imbocco di una

valle, ecc…

Il castello

serviva non solo a

proteggere il

signore, la sua

famiglia e gli

abitanti del

villaggio, ma fu

anche un centro

di interscambio

economico e di

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vita sociale. Intorno ad esso sorsero borghi abitati con una vita autonoma ed in esso

il popolo si rifugiava nel caso di attacchi esterni. Il castello divenne ben presto un

simbolo di potere ed uno strumento mediante il quale estendere la propria autorità

politica, amministrativa ed economica, non soltanto sui contadini direttamente

dipendenti, ma anche su tutti i residenti nell’area in cui si trovava la grande proprietà.

Per questo i sovrani furono sempre piuttosto riluttanti a riconoscere il diritto di un

vassallo a costruire castelli, perché essi rappresentavano l’emblema di un potere che

tendeva all’autonomia. TORNA

https://www.youtube.com/watch?v=4TwX5ZBNWbo (Piero Angela)

https://www.youtube.com/watch?v=AFmqx7uV3SI (Piero Angela 11:13 minuti)

IL SISTEMA CURTENSE.

L’economia feudale si fondava sulla “curtis”, che rappresentava un modello di

organizzazione della grande proprietà terriere. La curtis era divisa in due parti tra

loro interdipendenti:

La “pars dominica”, comprendeva le terre amministrate e gestite direttamente

dal padrone (ne facevano parte: l’abitazione signorile, gli alloggi dei servi, le

stalle, le cantine, i magazzini, i laboratori artigianali, i ponti, i forni, ecc..).

La “pars massarica”, l’insieme dei piccoli poderi coltivati con una certa

autonomia dai contadini, in cambio del pagamento di un canone in natura o in

denaro e di alcune

prestazioni

lavorative gratuite

“corvées” necessari

per la conduzione

della riserva.

I signori

esercitavano il

diritto di prelevare

pedaggi per l’uso

delle strade e dei

ponti, di imporre agli

abitanti le più

disparate tasse e

prestazioni di lavoro. Ad esempio, i contadini erano obbligati ad utilizzare, dietro

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pagamento, il mulino, il frantoio, il forno di loro proprietà. Il ricavato di queste tasse

serviva a mantenere i signori ed il loro seguito, a nutrirli, a vestirli, a garantire il lusso

delle loro dimore e dei loro banchetti.

I signori provvedevano alla difesa del territorio e all’amministrazione della

giustizia (arrestare e punire i

malfattori, giudicare le liti). Spesso la

giustizia signorile si affiancava a quella

del vescovo: entrambe facevano

riferimenti a leggi generali, valide per

tutto il regno, a norme locali, e a

consuetudini. Per risolvere i casi più

incerti si ricorreva spesso ad un’antica

usanza germanica: l’ordalia.

I casi più frequenti erano: le accuse di

adulterio, gli accertamenti di paternità e

i delitti religiosi quali l’eresia e la

stregoneria. L'ordalia consisteva in una

durissima prova fisica: tenere in mano un

ferro infuocato, camminare su una

piastra incandescente, immergere la

mano nell’acqua bollente, essere gettati

in acqua (vedi immagine accanto), duelli

(vedi sotto). Se il soggetto superava la

prova era considerato innocente, diversamente colpevole.

La curtis ospitava

anche attività non

agricole. Grazie alla

presenza di

lavoratori dei più

diversi mestieri e

pertanto la curtis

rappresentava

un’unità produttiva

che tendeva all’auto

sufficienza.

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Gli elementi tipici della vita cittadina quali il commercio e la circolazione

monetaria erano presenti, anche se in misura ridotta, come testimoniato

dall’esistenza di fiere e mercati locali. TORNA

LE CONDIZIONI DI VITA NELLE CAMPAGNE.

La condizione della popolazione contadina era assai precaria: era sufficiente un

cattivo raccolto per creare situazioni di disagio e di fame. L’agricoltura era

caratterizzata da una bassa produttività (Rapporto fra la produzione ed il lavoro

svolto per ottenerla), dovuta a diversi fattori: la forzatura delle colture (spesso

praticate su terreni poco adatti ed in condizioni climatiche sfavorevoli); la scarsità di

animali da allevamento (che non consentiva una concimazione adeguata dei campi con

il loro sterco); il basso livello delle tecniche agricole (i contadini adoperavano

attrezzi quasi sempre di legno perché il ferro era disponibile in piccole quantità).

Le rese agricole (Rapporto tra quantità di cereali

seminati e quantità di cereali raccolti) di

conseguenze erano molto basse a causa del basso

livello delle tecniche agrarie. Le eventuali

eccedenze agricole (Parte del raccolto che

risultava in più, che avanzava. Il contadino

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destinava una parte del raccolto per sé e la sua famiglia ed un’altra parte per la

semina dell’anno successivo; la restante parte, l’eccedenza, la impiegava per

procurarsi altri beni o per pagare le tasse) servivano ai contadini per procurarsi il

denaro necessario per pagare il canone.

Tuttavia, le popolazioni rurali riuscivano a mantenere livelli di sussistenza grazie

all’integrazione tra i settori produttivi agricolo e silvo-pastorale. Di fronte alla dura

oppressione esercitata dai grandi proprietari, le forme di reazione più frequenti da

parte dei contadini erano le rivolte, la fuga ed il banditismo. TORNA