Il Drenaggio Nella Città Di Roma_modificato

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Presidenza Gianmarco Margaritora Il drenaggio nella città di Roma La storia millenaria del sistema di drenaggio urbano della città di Roma ha origine con Lucio Tarquinio Prisco che prosciuga le bassure della città intorno al Foro, e gli altri avvallamenti che si estendevano tra i colli, per mezzo di cloache che adducevano al Tevere con giusta pendenza, non essendo facile far defluire le acque dalle pianure [Livio “Ab Urbe Condita” I ,38,5]. La costruzione della Cloaca Massima è poi attribuita a Tarquinio il Superbo. Lo storico Livio rileva trattarsi di un’opera a cui la magnificenza del tempo (l’Età di Augusto) poteva a stento contrapporre qualcosa di uguale [Livio “Ab Urbe Condita” I ,56,2-3]. Durante il regno di Anco Marzio la città si era estesa in riva destra , e aveva occupato il Gianicolo, che fu unito alla città con il ponte Sublicio, il primo gettato sul Tevere ; ma Roma estese poi il suo dominio anche nelle campagne vicine, fino al mare: così fu fondata Ostia[ Livio “Ab Urbe Condita” I,33, 5-10].I canali costruiti in questa epoca (tecnicamente di scuola etrusca) erano canali di bonifica e quindi di notevoli dimensioni . I canali di dimensioni esuberanti rispetto alle esigenze di allontanamento delle acque piovane, e di quelle di rifiuto domestico, costruiti in epoche successive, hanno avuto un duplice effetto positivo: drenare acque di falda e versare nel Tevere le acque “luride” depurate per diluizione. Fu solo dopo l’unità d’Italia che vennero realizzati i primi collettori più idonei a trasportare acque “miste”, non più diluite dato l’abbassamento della falda, (forme ovoidali o con savanella). In fig. 1 è riportata la situazione intorno al 1880 . I due grandi collettori fognari in destra e sinistra Tevere, in parte incorporati nei muraglioni, (vedi fig.2) spostarono l’immissione delle fogne nel Tevere a valle della città. Quest’ultimo intervento pose fine alle “piene da allagamento da rigurgito” che con cadenza circa biennale funestavano diverse zone cittadine in riva fiume. Dopo le fasi storiche, sommariamente richiamate, inizia negli anni sessanta del secolo scorso una terza fase, in cui il nostro Paese, godendo della disponibilità di acque per diluizione che generosamente il sistema Alpi e Appennini metteva a disposizione, arriva alquanto in ritardo da tutti i punti di vista, anche da quello legislativo, alla salvaguardia dei mezzi recipienti finali, mediante impianti biologici. Fig. 1, da P. Narducci, “Sulla fognatura della città di Roma”, 1889

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Il drenaggio nella città di Roma

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Presidenza

Gianmarco Margaritora

Il drenaggio nella città di Roma

La storia millenaria del sistema di drenaggio urbano della città di Roma ha origine con

Lucio Tarquinio Prisco che prosciuga le bassure della città intorno al Foro, e gli altri avvallamenti

che si estendevano tra i colli, per mezzo di cloache che adducevano al Tevere con giusta pendenza,

non essendo facile far defluire le acque dalle pianure [Livio “Ab Urbe Condita” I ,38,5]. La

costruzione della Cloaca Massima è poi attribuita a Tarquinio il Superbo. Lo storico Livio rileva

trattarsi di un’opera a cui la magnificenza del tempo (l’Età di Augusto) poteva a stento contrapporre

qualcosa di uguale [Livio “Ab Urbe Condita” I ,56,2-3]. Durante il regno di Anco Marzio la città si

era estesa in riva destra , e aveva occupato il Gianicolo, che fu unito alla città con il ponte Sublicio,

il primo gettato sul Tevere ; ma Roma estese

poi il suo dominio anche nelle campagne

vicine, fino al mare: così fu fondata Ostia[

Livio “Ab Urbe Condita” I,33, 5-10].I canali

costruiti in questa epoca (tecnicamente di

scuola etrusca) erano canali di bonifica e

quindi di notevoli dimensioni .

I canali di dimensioni esuberanti

rispetto alle esigenze di allontanamento delle

acque piovane, e di quelle di rifiuto

domestico, costruiti in epoche successive,

hanno avuto un duplice effetto positivo:

drenare acque di falda e versare nel Tevere le

acque “luride” depurate per diluizione. Fu

solo dopo l’unità d’Italia che vennero

realizzati i primi collettori più idonei a

trasportare acque “miste”, non più diluite dato

l’abbassamento della falda, (forme ovoidali o

con savanella). In fig. 1 è riportata la

situazione intorno al 1880 . I due grandi collettori fognari in destra e sinistra Tevere, in parte

incorporati nei muraglioni, (vedi fig.2) spostarono l’immissione delle fogne nel Tevere a valle della

città. Quest’ultimo intervento pose fine alle “piene da allagamento da rigurgito” che con cadenza

circa biennale funestavano diverse zone cittadine in riva fiume.

Dopo le fasi storiche, sommariamente richiamate, inizia negli anni sessanta del secolo

scorso una terza fase, in cui il nostro Paese, godendo della disponibilità di acque per diluizione

che generosamente il sistema Alpi e Appennini metteva a disposizione, arriva alquanto in

ritardo da tutti i punti di vista, anche da quello legislativo, alla salvaguardia dei mezzi recipienti

finali, mediante impianti biologici.

Fig. 1, da P. Narducci, “Sulla fognatura della città di Roma”, 1889

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La concezione della predisposizione della

fognatura di Roma ad essere sottesa da quattro impianti

e la scelta dei sistemi, si può definire esemplare: la

suddivisione in tre reti, all’interno del grande raccordo

anulare, con recapito agli impianti di Roma: Nord , Est,

Sud dipendeva dal fatto di avere unità di trattamento

con dimensioni che apparivano ottimali; la scelta del

sistema unitario dipendeva dal fatto che non era

immaginabile stravolgere il sistema esistente. Inoltre era

sempre assicurato, anche nelle aree nuove in cui si

estendevano le zone urbanizzate, il livello energetico

sufficiente. Il sistema di drenaggio urbano sotteso

dall’impianto di depurazione Roma – Ostia, invece, era

previsto come sistema separato (non è possibile immaginare un sistema unitario con collettori in

cui la superficie libera di deflusso avrebbe un livello energetico inferiore a quello delle acque

dei recipienti finali nonché della falda, ormai salata, circostante).

Riguardo agli impianti di trattamento:

� si prevedeva un rapido evolversi della tecnologia degli impianti;

� si sapeva della diluizione delle acque di rifiuto domestico, ma l'unico modo di

misurarle negli spechi fognari con sufficiente approssimazione era con metodi che

comportavano dissipazione di energia; se ne rimandò quindi la misura, logicamente e

saggiamente, dopo i sollevamenti necessari per il trattamento (condivisero questo parere F.

Arredi e G. Supino, due scienziati che hanno dato lustro alle discipline idrauliche in Italia e

all'estero);

� non si prevedeva la sconvolgente evoluzione della qualità delle acque (basti

pensare, per esempio, alla variazione quantitativa e qualitativa dei detersivi che si verifica

nelle lavatrici domestiche ed al contenuto in sostanze coprenti delle acque di prima pioggia).

Per i predetti motivi i bandi comunali relativi agli impianti di trattamento ne

prevedevano, già allora, uno sviluppo modulare, e cioè una articolazione in sezioni successive,

da realizzare, compatibilmente con le disponibilità finanziarie, man mano che la prevista

evoluzione , compresa quella urbanistica, lo avesse richiesto.

Altro momento importante per lo sviluppo del sistema drenante romano è stato quando

l'Amministrazione Comunale presieduta da Franco Carraro con deliberazione n 4716 del

16/07/1991 istituì un gruppo di consulenza in cui erano rappresentati : la Dirigenza tecnica del

Comune , l'ACEA , il Ministero dei LLPP, il Ministero dell'Ambiente , il Ministero della Sanità

,l’Università di Roma "La Sapienza" , l'Istituto Superiore di Sanità , l'Istituto di ricerca sulle acque

del CNR.

Tale gruppo in una delle prime riunioni ha potuto tracciare, alla luce di studi in corso, la

nuova filosofia del drenaggio urbano degli anni Duemila, che si baserà su seguenti punti:

– trattamento della maggior parte delle acque bianche dei bacini imbriferi sottesi dagli

impianti di Roma Est, Nord, Sud;

– riciclo in falda della maggior parte delle acque bianche delle zone costiere;

– adeguamento tecnologico degli impianti di trattamento.

La tecnologia di quanto predetto si basa su previsioni e rilievi meteo - idrologici e su

tecniche teleoperative che, per aree urbane con caratteristiche pluviometriche simili a quelle di

Roma, sono di assoluta avanguardia.

Fig.2, progetto originale di Canevari, 1870

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Il Tevere è diventato un

sistema idraulico complesso con

una serie di ricicli e riusi

dell’acqua dalle sorgenti al mare. Il

sistema romano costituisce la parte

finale e più delicata di tale sistema

(vedi fig. 3) i cui cardini sono :

l’approvigionamento idrico della

Capitale, gli interventi sul fiume , e

il drenaggio delle aree urbanizzate

da Roma al mare.

ACEA ATO2, che già

aveva la gestione dei quattro

principali impianti di trattamento

delle acque reflue dalla seconda

metà degli anni ‘80, ha ereditato,

dal 1 settembre 2002 l’intero

sistema fognario a servizio del

Comune di Roma, estendendo

pertanto le proprie competenze alle

acque nere di Ostia ed alle acque

bianche e nere del centro urbano,

fatta esclusione per il solo

drenaggio superficiale. I criteri per la manutenzione e per il continuo aggiornamento del sistema

sono quelli prima delineati .

ACEA ATO2 ha posto in atto un robusto incremento sia delle attività di ricerca che attuative

in linea con la filosofia prima esposta, che si possono così sintetizzare:

studi idrologici e meteo idrologici per le previsioni a breve, anche in collaborazione con

l’Università “La Sapienza”; studi di caratterizzazione dei reflui in aree con nuclei industriali con la

stessa Università;

LaboratoRI S.p.A. ( del gruppo ACEA) ha sviluppato, per Acea Ato2, i modelli di

simulazione idrodinamica afflussi-deflussi delle reti afferenti agli impianti di depurazione Roma

Nord e Roma Est; è tuttora in corso, inoltre, la costruzione di analoghi modelli per le reti afferenti

all’impianto di depurazione Roma Sud;

attività di studio, attualmente in corso, avente come oggetto la caratterizzazione qualitativa e

quantitativa del trasporto solido dalle correnti di piena nelle fogne pluviali, e la comprensione delle

modalità di vettoriamento anche

in collaborazione con l’Università

di Tor Vergata;

studio, mediante modello

ibrido, (incarico all’Università di

Roma3) di collettori sottesi dal

primo sfioratore sul Tevere a valle

di Ponte Milvio in riva destra, al

fine di arrivare ad una regolazione

da valle dello sfioratore stesso.

Si è incrementata,

seguendo la notevole evoluzione

dei mezzi informatici, la Sala

Operativa Ambientale, in cui tutti

i segnali che giungono in

Fig.3

Fig.4 – Schema del sistema di telecontrollo oggi attivo.

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telecontrollo (dati pluviometrici, dati di livello dei fiumi in corrispondenza delle diverse sezioni,

dati di livello nei punti di controllo del sistema fognario, dati di funzionamento degli impianti di

depurazione, dati di qualità dei corpi idrici ricettori, ecc…, vedi fig. 4) sono processati e confrontati

con valori predefiniti d’allarme che fanno attivare o meno procedure operative d’emergenza nei

bacini interessati dagli eventi critici.

Si continua l’azione sul territorio al fine di eliminare allacci impropri.

Vi è un continuo aggiornamento ed incremento delle capacita operative degli impianti di

trattamento e depurazione, anche con la collaborazione dell’Università di Tor Vergata.

Per concludere, mentre fino a qualche decennio scorso si era sicuri che, come sempre nel

corso dei secoli, anche gli attuali “idraulici tiberini” avrebbero saputo ben operare affinché

l’evoluzione del tratto urbano fosse il più equilibrato possibile, oggi la tutela del Tevere diventa

sempre più materia interdisciplinare, con la necessità di una stretta collaborazione tra idraulici,

ambientalisti, chimici , idrobiologi, e botanici.