Il disastro Telecom Italia

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10 ottobre 2013 a cura di Renato Brunetta i dossier www.freefoundation.com www.freenewsonline.it 645 IL DISASTRO TELECOM ITALIA: 1997-2013

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10 ottobre 2013 a cura di Renato Brunetta

i dossier www.freefoundation.com

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645 IL DISASTRO TELECOM ITALIA:

1997-2013

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INDICE

La nascita di Telecom Italia

La privatizzazione del 1997

L’ingresso di Olivetti

L’era di Marco Tronchetti

Provera

Telecom Italia si fonde con

TIM

L’idea dello scorporo

Il nuovo patto di controllo

L’ingresso di Telco

La cessione a Telefonica

Le dimissioni di Franco

Bernabè

Verso un nuovo assetto

societario

Il declassamento di Moody’s

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LA NASCITA DI TELECOM ITALIA

La società Telecom Italia nasce il 27 luglio 1994, mediante

l’atto di fusione deliberato dalle assemblee delle società SIP,

Iritel, Telespazio, Italcable e SIRM, tutte appartenenti al

gruppo STET, già operative nel settore delle telecomunicazioni.

L’operazione rientra nel “Piano di riassetto del settore delle

telecomunicazioni” presentato al Ministro del Tesoro Piero

Barucci (governo Ciampi) dall’Istituto per la Ricostruzione

Industriale, il 30 giugno 1993, nel quadro delle disposizioni

contenute nella legge 58/92 (Disposizioni per la

riforma del settore delle telecomunicazioni).

Nel 1995, con una scissione parziale dalla holding,

nasce Telecom Italia mobile (TIM) il cui capitale è controllato

per il 63,01% da STET.

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LA NASCITA DI TELECOM ITALIA

Per massimizzare l’incasso dalla prevista privatizzazione,

necessaria all’Italia per ottenere contanti in vista dell’ingresso

nell’Euro, viene deciso nel 1997 di portare avanti il piano

SuperSip, che prevedeva la concentrazione di tutte le attività

operative nella società da dismettere.

La Finanziaria STET e Telecom Italia vengono fuse:

la nuova società prenderà il nome di Telecom Italia.

Seat viene scissa da Telecom Italia e nel 1996 avviene la

privatizzazione a favore di Ottobi, cordata formata da De

Agostini (maggior azionista), Telecom (20%), Comit e

Investitori Associati.

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LA PRIVATIZZAZIONE DEL 1997

Sotto la presidenza di Guido Rossi, il 20 ottobre 1997 viene

attuata dal primo governo guidato da Romano Prodi la

privatizzazione della SIP:

dalla vendita del 35,26% del capitale si ricavano circa

26.000 miliardi di lire;

Il ricavato è al di sotto delle attese, ma il Governo dispone

di poco potere contrattuale a causa della necessità di

raccogliere in tempi brevi risorse finanziarie per consentire

all’Italia di rispettare i parametri di Maastricht e di entrare

così nell’Euro.

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LA PRIVATIZZAZIONE DEL 1997

La privatizzazione comporta la quasi totale uscita del

Ministero del Tesoro dal capitale sociale di Telecom Italia e

viene realizzata con l’intenzione di realizzare il cosiddetto

modello del nocciolo duro

la vendita intende quindi creare un gruppo di azionisti in

grado di farsi carico della gestione della società.

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LA PRIVATIZZAZIONE DEL 1997

A conclusione della Offerta Pubblica di Vendita, le azioni

vengono collocate a 10.902 lire.

Il 27 ottobre 1997 Telecom Italia privatizzata viene

scambiata in Borsa.

Il tentativo di Romano Prodi di realizzare il modello del

nocciolo duro, tuttavia, fallisce a causa della scarsa risposta

mostrata dagli investitori italiani:

il gruppo con capofila la famiglia Agnelli raggiunge solo il

6,6% del capitale sociale e il controllo si rivela fragile.

nel novembre 1998 Franco Bernabè viene nominato

amministratore delegato.

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L’INGRESSO DI OLIVETTI

Dal febbraio 1999, il gruppo Olivetti, attraverso la società

Tecnost guidata da Roberto Colaninno, già operante nel

settore delle telecomunicazioni con i marchi Omnitel e

Infostrada, lancia una Offerta Pubblica di Acquisto (OPA)

riuscendo a ottenere nel giugno dello stesso anno, il controllo

della società

la quota è pari al 51,02%.

L’offerta viene finalizzata, nonostante la contrarietà di Franco

Bernabè, che considera il documento che accompagna l’offerta

“lacunoso” e non conforme alla normativa vigente.

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L’INGRESSO DI OLIVETTI

Telecom Italia era allora una delle poche società italiane con

azionariato diffuso.

il Ministero del Tesoro deteneva ancora una quota del

3,5%, pari a 2 miliardi di euro.

Il Ministero del Tesoro non si presenta all’assemblea degli

azionisti che deve decidere le contromisure alla scalata,

preferendo mantenere neutralità rispetto all’operazione.

La legge sulla golden share avrebbe permesso al Tesoro di

godere di un vero e proprio diritto di

veto sull’operazione, ma tale diritto era contestato in sede

europea.

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L’INGRESSO DI OLIVETTI

La somma con cui la scalata viene finanziata, pari a 61.000

miliardi di lire, viene ricevuta dalla Olivetti come prestito

dalle banche e con obbligazioni della controllata Tecnost,

grazie anche all’emissione di nuove azioni per oltre 37mila

miliardi di lire.

Successivamente, avviene la fusione tra Tecnost e Olivetti per

accorciare la catena di controllo.

come risultato Bell, una società veicolo di diritto

lussemburghese di Colaninno e del finanziere Emilio

Gnutti, controlla la catena con il 22% di Olivetti.

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L’ERA DI MARCO TRONCHETTI PROVERA

Nel 2001, nonostante abbia appena ceduto importanti attività

(l’80% di Italtel e Sirti, tra le altre), il gruppo Olivetti-Telecom

è in grandi difficoltà e Colaninno, Gnutti e i loro soci trovano

un accordo per la cessione con Marco Tronchetti Provera e la

famiglia Benetton.

Per il 23% di Olivetti (posseduto da Bell) i nuovi proprietari di

Telecom Italia pagano 4,17 euro per azione, una cifra enorme

considerando che le Olivetti quotavano solo 2,25 euro.

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L’ERA DI MARCO TRONCHETTI PROVERA

La cessione del 23% genera nelle casse di Bell una

plusvalenza di bilancio pari a 1,5 miliardi di euro.

A causa del realizzo della plusvalenza la società Bell viene

indagata per il reato di evasione fiscale ed in seguito multata

dall’Agenzia delle Entrate per 1,937 miliardi di euro.

l’accertamento con adesione a cui aderiscono i soci di Bell

permette la riduzione delle sanzioni a un quarto del minimo

e la società versa all’autorità fiscale 156 milioni di euro.

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L’ERA DI MARCO TRONCHETTI PROVERA

Con la situazione che si è venuta a creare, Marco Tronchetti

Provera non è obbligato a lanciare una offerta di pubblico

acquisto totalitaria che sarebbe costata ancora di più.

Dal luglio 2001 Telecom Italia è controllata dalla società

finanziaria Olimpia, partecipazione di Pirelli (al 60%),

Edizione Holding appartenente alla famiglia Benetton, Banca

Intesa e Unicredito Italiano, alle quali si aggiunge in seguito

Hopa, la finanziaria bresciana di Emilio Gnutti.

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L’ERA DI MARCO TRONCHETTI PROVERA

Il nuovo management del gruppo è dunque diretto da Marco

Tronchetti Provera e la sede legale viene spostata da Torino a

Milano.

Per accorciare la catena di controllo viene decisa, nel 2003, la

fusione della controllante Olivetti con Telecom Italia.

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TELECOM ITALIA SI FONDE CON TIM

Nel marzo 2005 Telecom Italia lancia una offerta pubblica di

acquisto sulla società di telefonia mobile TIM.

la fusione viene finanziata da un pool di banche, tra le

quali il ruolo del leone lo gioca Banca Intesa. Il costo

necessario per rastrellare le azioni TIM eleva

l’indebitamento di Telecom da 29 a 44 miliardi di euro.

Successivamente, Telecom Italia acquista tutte le attività

Internet della sua controllata Telecom Italia Media (tin.it),

portando nella controllante tutte le capacità per fornire

contemporaneamente servizi voce, mobile e dati, lasciando

intravedere l’idea di fornire nuovi servizi che sfruttino la

convergenza fisso-mobile-dati.

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TELECOM ITALIA SI FONDE CON TIM

Dal bilancio 2005, l’indebitamento finanziario netto risulta

essere di 39,8 miliardi di euro.

Pur con questo debito monstre, la società decide, nel marzo

2006, di aumentare i dividendi per gli azionisti;

in risposta, l’agenzia di rating Fitch riduce il rating da A- a

BBB+.

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L’IDEA DELLO SCORPORO

L’11 settembre 2006 il consiglio d’amministrazione della

società decide di procedere alla divisione e riorganizzazione

dell’azienda in 4 distinti settori:

Telecom Italia (telefonia fissa);

Telecom Italia Mobile (telefonia mobile);

Telecom Italia Rete (la rete telefonica);

Telecom Italia Net (Tin.it, internet e media);

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L’IDEA DELLO SCORPORO

Viene ventilata l’ipotesi di cedere le attività italiane e

brasiliane di TIM, valutate, rispettivamente, 30-35 miliardi di

euro e 6-7 miliardi di euro.

la cessione avrebbe permesso a Telecom Italia di sanare il

suo debito.

Seguirono diverse polemiche, anche di carattere politico,

quando venne proposta la cessione dell’unico operatore

italiano di telefonia mobile a una società straniera o al

gruppo Mediaset di Silvio Berlusconi.

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L’IDEA DELLO SCORPORO

Dopo la decisione del consiglio di amministrazione, il

presidente del Consiglio Romano Prodi non cela la sua

insoddisfazione dicendo di “non saperne nulla”.

Il 15 settembre 2006, dopo l’annuncio dello scorporo dal

gruppo della società TIM, Marco Tronchetti Provera, in aperta

polemica con Prodi, si dimette dalla guida della società e la

presidenza torna, dopo 9 anni, a Guido Rossi, il quale dichiara

che non esistono ipotesi di modifica del perimetro delle attività

di Telecom Italia, escludendo esplicitamente qualsiasi cessione.

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IL NUOVO PATTO DI CONTROLLO

Sotto la guida di Guido Rossi, il 18 ottobre 2006 viene creato

un patto di controllo aziendale tra le società Olimpia,

Mediobanca e Generali che controllano in totale il 21,5%

della società:

Olimpia (controllata all’80% dal gruppo Pirelli e al 20%

da Edizione Holding) detiene il 18%, Assicurazioni

Generali il 2,01% e Mediobanca l’1,54%.

Il 15 febbraio 2007 le Assicurazioni Generali aumentano la

loro quota di partecipazione dal 2,01% al 4,06%. Il patto di

controllo possiede quindi il 23,6%.

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IL NUOVO PATTO DI CONTROLLO

Il patto sottoscritto prevede vincoli sulle quote conferite, la

possibilità per i contraenti di aumentare la loro quote e anche

quella di vendere in prelazione ai soci.

E’ previsto inoltre l’ingresso nel patto per altri soci che abbiano

più dello 0,5% del gruppo.

Presidente del nuovo patto è, dopo la sua uscita da Telecom,

Marco Tronchetti Provera.

Anche in conseguenza del patto e dell’influenza dei nuovi soci

nel controllo delle strategie del gruppo, tramonta

definitivamente l’ipotesi di ricostituire TIM come società

autonoma e di venderla successivamente insieme a Telecom

Brasil.

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IL NUOVO PATTO DI CONTROLLO

Nel febbraio 2007 Telecom Italia avvia i contatti con la

società di spagnola Telefónica per l’ingresso di quest’ultima

nella società. L’ipotesi è quella di cedere una quota di

Olimpia, la finanziaria che controlla il 18% di Telecom.

Il 1º marzo 2007 Telefónica annuncia che i contatti con

Telecom Italia sono temporaneamente sospesi, ma continuano

quelli con altri soci al fine di arrivare a una cordata.

Il 9 marzo 2007 viene presentato il piano industriale per il

triennio 2007/2009

il mercato reagisce con un forte ribasso delle azioni Telecom

Italia, anche alla luce del calo degli utili e l’annuncio di una

diminuzione dei dividendi.

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L’INGRESSO DI TELCO

Il 1º aprile 2007 il gruppo Pirelli, in un consiglio di

amministrazione straordinario, annuncia di avere ricevuto 2

offerte per la rilevazione del 66% di Olimpia.

Le offerte, da parte dell’azienda statunitense AT&T (che,

successivamente si ritira dall’operazione) e dalla messicana

América Movil, mirano a rilevare, ciascuna, il 33% di Olimpia.

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L’INGRESSO DI TELCO

Pochi giorni dopo l’annuncio, il presidente di Telecom Italia

Guido Rossi, non avendo vista rinnovata la propria

candidatura per il consiglio di amministrazione si dimette dalla

carica di presidente criticando, in un’intervista a La

Repubblica, Marco Tronchetti Provera.

Al suo posto viene nominato pro-tempore Pasquale Pistorio.

Il 28 aprile una cordata italo-spagnola composta da

Mediobanca, Assicurazioni Generali, Intesa SanPaolo, Sintonia

e Telefonica lancia una offerta per rilevare la quota di Pirelli

in Olimpia creando una nuova società, denominata

Telco (patto di controllo), che avrà il controllo del 23% circa di

Telecom Italia.

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L’INGRESSO DI TELCO

L’offerta viene accettata dal consiglio di amministrazione

straordinario.

Il 24 ottobre 2007 Olimpia passa a Telco che finalizza

l’operazione ma pone 28 condizioni a Telefónica, legate

anche ai paesi dove le 2 aziende sono concorrenti, in primis in

Sudamerica.

A dicembre vengono nominati Gabriele Galateri di Genola in

qualità di presidente e Franco Bernabè in qualità di

amministratore delegato.

Il 27 ottobre 2009, quasi tutti i soci di Telco, con l’eccezione di

Sintonia, rinnovano per altri 3 anni il patto di controllo.

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L’INGRESSO DI TELCO

Il 14 aprile 2008 viene nominato il nuovo Consiglio di

Amministrazione, i cui 15 Amministratori resteranno in carica

per il triennio 2008-2010

Gabriele Galateri di Genola e Franco Bernabè vengono

confermati rispettivamente presidente e amministratore

delegato.

Allo scadere del mandato, il consiglio di amministrazione viene

rinnovato

Franco Bernabè diviene presidente esecutivo, mentre Marco

Patuano diventa il nuovo amministratore delegato per il

triennio 2011-2013.

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LA CESSIONE A TELEFONICA

Nella notte del 23 settembre 2013, Assicurazioni Generali,

Mediobanca ed Intesa SanPaolo raggiungono un accordo con

Telefónica per la cessione a quest’ultima delle loro quote in

Telco.

L’operazione permetterebbe al gestore spagnolo di alzare

dal 46% al 66% la sua partecipazione nella holding che

controlla il 22,4% di Telecom Italia, con un’opzione per un

ulteriore incremento fino al 70% nel breve periodo per poi

arrivare al 100% a partire da gennaio 2014 in caso di

approvazione da parte delle autorità Antitrust.

In virtù del sistema societario in cui è inserita, Telecom Italia

passerebbe, nel caso di attuazione dell’accordo, sotto il

controllo spagnolo.

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LE DIMISSIONI DI FRANCO BERNABE’

Il 3 ottobre, il presidente di Telecom Italia, Franco Bernabè si

è dimesso.

la notizia è stata comunicata durante il primo consiglio di

amministrazione della società dopo il riassetto della holding

Telco, che ha visto salire al 66% la spagnola Telefonica.

Telecom Italia, in una nota, ha reso noto che le dimissioni di

Franco Bernabè costeranno 6,6 milioni di euro.

Tutte le deleghe sono passate all’amministratore delegato,

Marco Patuano, mentre la presidenza del consiglio di

amministrazione e la rappresentanza legale sono rimaste in

capo al vicepresidente, Aldo Minucci. Una nota conferma che è

avviata la ricerca del nuovo presidente della società.

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VERSO UN NUOVO ASSETTO SOCIETARIO

Dopo il riassetto di Telco, avvenuto grazie all’accordo che ha

portato Telefonica a detenere il 14,78% di Telecom Italia, è

emerso recentemente un altro azionista di forte rilevanza, il

gestore del risparmio BlackRock, salito il 1° ottobre scorso al

5,13% del capitale.

Sul fronte politico invece si riaccende il tema della rete, al

tavolo del Consiglio dei ministri si parlerà di “golden power”,

ovvero si cercherà di individuare le procedure di attivazione

dei poteri speciali nelle comunicazioni (oltre che nei settori

dell'energia e dei trasporti).

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IL DECLASSAMENTO DI MOODY’S

Il 9 ottobre l’agenzia di rating Moody’s ha declassato da

Baa3 a Ba1 il rating di Telecom

un livello considerato junk, ovvero «spazzatura» dagli

analisti.

l’outlook è negativo.

La società di rating ha rilevato come, con le dimissioni del

presidente Franco Bernabè “è aumentata l’incertezza per

quanto riguarda la capacità della società di rafforzare il proprio

bilancio in misura sufficiente a mitigare la tendenza al calo nelle

sue entrate nazionali e del margine operativo lordo” e che “ci

sarà incertezza e un aumento dei rischi fino a che un nuovo Ceo

non avrà messo in campo una nuova strategia”.

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IL DECLASSAMENTO DI MOODY’S

In una nota, il gruppo Telecom ha dichiarato che «il gruppo è

solido a livello industriale e finanziario».

c’è una «forte generazione di cassa, un margine di liquidità

per 12,8 miliardi di euro e redditività tra le più alte del

comparto».

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