IL DIRITTO E LA MENTE - Euno Edizioni · 3.1.7 Procedimenti per stalking e mobbing « 86 3.2...

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Euno Edizioni Arturo Xibilia Santo Di Nuovo IL DIRITTO E LA MENTE ELEMENTI DI PSICOLOGIA GIURIDICO-FORENSE Presentazione di Bruno Di Marco

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Euno Edizioni

Arturo Xibilia Santo Di Nuovo

IL DIRITTO E LA MENTEELEMENTI DI

PSICOLOGIA GIURIDICO-FORENSE

Presentazione di Bruno Di Marco

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Psicologia Educazione Societàcollana diretta da Prof. Santo Di Nuovo e Prof. Giuseppe Zanniello

COMITATO SCIENTIFICO:

Prof. Floriana FalcinelliProf. Carlo FratiniProf. Alessandra La MarcaProf. Orazio LicciardelloProf. Vincenzo Rapisarda

Tutte le pubblicazioni della collana sono sottoposteal giudizio previo di due Referee anonimi.

© copyright 2012Euno Edizionivia Mercede 25 - 94013 Leonforte (En)Tel. 0935 905300 - Fax 0935 [email protected]

In copertina: Egon-Schiele, 1910. Elaborazione grafica di Emilio Barbera

Finito di stampare nel novembre 2012da Fotograf - Palermo

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Sommario

Presentazione di Bruno Di Marco p. 9

Premessa « 13

1. Cenni sull’ordinamento giudiziario « 151.1 L’autonomia dei giudici « 15 1.2 Divieto di giudici straordinari o speciali « 17 1.3 Magistratura giudicante e requirente « 18 1.4 Processo civile e processo penale « 20 1.5 Competenza territoriale degli uffici giudiziari « 22 1.6 Il Giudice di pace « 23 1.7 Il Tribunale: composizione e competenza « 25 1.8 La Corte di assise « 27 1.9 La sezione del Giudice delle indagini preliminari

e del Giudice dell’udienza preliminare « 281.10 Il Tribunale della libertà « 291.11 L’Ufficio di sorveglianza « 30 1.12 Il Tribunale per i minorenni « 31 1.13 La Corte di appello « 33 1.14 La Corte di cassazione « 34

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2. Compiti e strumenti della psicologia forense p. 372.1 Perizia e consulenza tecnica d’ufficio « 37 2.2 La questione della competenza dell’esperto « 40 2.3 La consulenza per il Pubblico ministero « 43 2.4 La consulenza per le parti private « 442.5 Questioni di deontologia professionale nella

consulenza psicologica di parte « 45 2.6 Caratteri generali dell’accertamento psicologico « 482.7 Gli strumenti « 51

2.7.1 Fonti di informazione « 512.7.2 Il colloquio « 52 2.7.3 L’osservazione « 52 2.7.4 Test e questionari « 53

2.8 Il problema della simulazione « 55

3. I campi di applicazione « 593.1 L’area penale « 59

3.3.1 Responsabilità, capacità di intendere e di volere, imputabilità « 59

3.1.2 La pericolosità sociale e le misure di sicurezza « 62

3.1.3 La capacità di partecipare coscientemente al processo « 65

3.1.4 La valutazione del detenuto e le misure alternative alla detenzione « 66

3.1.5 La capacità di rendere testimonianza « 73 3.1.6 Il procedimento per violenza o abuso

sessuale su minore « 74 3.1.7 Procedimenti per stalking e mobbing « 86

3.2 L’area penale minorile « 89 3.2.1 La responsabilità penale del minorenne « 89 3.2.2 Il processo come risposta

alla devianza minorile « 913.2.3 Le alternative alla detenzione

e la messa alla prova « 93 3.3 L’area civile « 97

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3.3.1 Maltrattamento e incuria p. 97 3.3.2 Affido temporaneo etero-familiare « 99 3.3.3 Adozione del minorenne « 1023.3.4 Separazione coniugale e divorzio « 107 3.3.5 L’ascolto dei figli minorenni nella

separazione dei genitori « 111 3.3.6 La CTU per i problemi psicologici

ricorrenti nelle separazioni « 115 3.3.7 La valutazione del danno psichico,

morale, esistenziale « 118 3.3.8 Interdizione, inabilitazione,

amministrazione di sostegno « 123 3.3.9 Transessualismo e cambiamento di genere « 125 3.3.10 Il diritto dell’economia, del lavoro

e dell’ambiente « 130

Breve glossario dei termini giuridici « 133

Bibliografia per approfondimenti « 139

AppendiceLinee-guida per lo psicologogiuridico in ambito civile e penale « 143

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Sigle e abbreviazioni usate nel testo:

c.c. codice civilec.p.c. codice di procedura civilec.p. codice penalec.p.p. codice di procedura penalec.p.p.m. codice di procedura penale minorileo.p. ordinamento penitenziario

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Presentazionedi Bruno Di Marco*

Taluni principi costituzionali, quali, ad esempio, quellidella «sovranità popolare», del «riconoscimento e della ga-ranzia dei diritti inviolabili dell’uomo», di «uguaglianza»,del «diritto alla tutela giurisdizionale» («in cui è intimamen-te connesso con lo stesso principio di democrazia l’assicura-re a tutti e sempre, per qualsiasi controversia, un giudice eun giudizio», Corte cost., sent. n. 18 del 1982), del diritto didifesa, tutti ascritti dalla Corte costituzionale fra i principisupremi del nostro ordinamento costituzionale, ancorchénon intrinseci in senso stretto alla giurisdizione sono impre-scindibili per l’attuazione della «giustizia» e, senza definirla,conferiscono indiscutibilmente a questa una cornice costitu-zionale irriducibile.L’intera storia dell’umanità, dall’antichità ad oggi, è con-

trassegnata drammaticamente dallo sforzo e dalla fatica didefinire «la giustizia». È stata e continua ad essere una lottaincessante per affermare concezioni di giustizia valide soloper coloro che le professano (giusto è ciò che corrispondealla propria visione della vita sociale).Alla idea della giustizia è stata sempre ricondotta l’isono-

mia, ossia l’uguaglianza di fronte alla legge. La richiama Pin-

* Presidente del Tribunale di Catania.

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daro nel celebre frammento Nomos Basileus e ne tesse l’e-logio Euripide nelle Supplici: «Nulla v’è per una città più ne-mico che un tiranno, quando non vi siano anzitutto leggi ge-nerali, ed un solo uomo ha il potere, facendo la legge eglistesso a se stesso, e non vi è affatto uguaglianza».Aristotele ammonisce che la giustizia «è virtù sociale, an-

zi è la virtù più perfetta, perché l’uomo la esercita anche pergli altri, sicché nessuna stella della sera o del mattino ri-splende come la giustizia», il cui contenuto risiede nel ri-spetto dell’uguaglianza verso l’uomo.Non c’è giustizia senza libertà di perseguirla, non c’è li-

bertà senza una giustizia che merita di essere perseguita.La legalità, quale conformità alla legge, non può essere

scissa, separata dalla legittimità quale rispondenza al diritto,altrimenti, come osservava Weber, l’esclusiva forma di legit-timità diventa la formalistica conformità alla legge.Il legislatore non è onnipotente e il limite al contenuto

delle leggi è costituito ancora e sempre dalla Costituzione,senza la quale si sovvertirebbe il vero fondamento degli sta-ti costituzionali di democrazia pluralistica, caratterizzato dalprincipio basilare della limitazione del potere (Corte Supre-ma USA, sent. Marbury del 1803): «Niente è [...] tanto ine-satto quanto la comune affermazione che in regime demo-cratico la maggioranza è onnipotente [...] una forma di go-verno democratico esiste solo quando le leggi non neghinoagli uomini [...] indipendenza [...] dignità [...] e il popolo so-vrano non sia reso schiavo dalle leggi» (C. Esposito).Occorre, allora, recuperare al diritto l’insostituibile fun-

zione di strumento di pacificazione, e ciò può avvenire soloin quanto si avverta e si radichi la convinzione che esso deverealizzare un ideale giusto, il cui contenuto specifico è costi-tuito dall’uguaglianza, giacché, come esortava Tocqueville,«lo sviluppo progressivo dell’uguaglianza è insieme il passa-to e l’avvenire della storia dell’uomo». Attraverso l’ugua-glianza, e solo tramite essa, la coscienza comune può matura-re la certezza ed il riconoscimento del valore della legalità.La sovranità popolare, la quale implica che tutte le fun-

zioni statuali devono essere esercitate nell’interesse del po-polo stesso, è inscindibile dal principio di uguaglianza di cui

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all’articolo 3 della Costituzione, nel senso che essa non puòconcretamente svolgersi, secondo l’impianto costituzionale,se non nel rispetto dell’uguaglianza di tutti i cittadini difronte alla legge. Sicché, come ha mirabilmente chiarito ungrande maestro, «la disposizione che il popolo è sovranonelle forme e nei limiti della Costituzione non significa chela Costituzione sopravvenga per porre limiti estrinseci all’e-sercizio di una preesistente sovranità del popolo [...], maproprio all’opposto, che la sovranità del popolo esiste solonei limiti e nelle forme in cui la Costituzione la organizza, lariconosce e la rende possibile, e fin quando sia esercitatanelle forme e nei limiti del diritto. Fuori della Costituzione edel diritto non c’è la sovranità, ma l’arbitrio popolare, nonc’è il popolo sovrano, ma la massa con le sue passioni e conle sue debolezze» (C. Esposito).L’espressione «la giustizia è amministrata in nome del po-

polo», di cui all’articolo 101, comma 1 della Costituzione,messa in correlazione con la sovranità popolare e con il prin-cipio di uguaglianza, rivela, dunque, in modo coerente e nellamassima intensità, la natura del rapporto fra «sovranità po-polare» e «giurisdizione», che non è di supremazia della pri-ma sulla seconda, bensì di funzionalità necessaria giacché lagiurisdizione costituisce una delle forme di approdo della so-vranità popolare, imperniata sul principio di uguaglianza ditutti i cittadini di fronte alla legge, organizzata all’interno del-la Costituzione in piena indipendenza ed autonomia e senzagabbie della ragione, con le modalità e i limiti fissati dalla Co-stituzione medesima, per il perseguimento della «giustizia»,in armonia con il profetico monito di S. Agostino: «remota iu-stitia quid sunt regna nisi magna latrocinia?», «senza la giusti-zia gli Stati rischiano di trasformarsi in grandi ladrocini».Ebbene, il manuale dei professori Xibilia e Di Nuovo, im-

mergendosi nella linfa della Costituzione, affronta un temadi straordinaria complessità, quello del rapporto, o, se si vuo-le, dell’incontro-scontro fra sapere giuridico e sapere scien-tifico, nella specie fra diritto e psicologia – disciplina questa dicui viene perfino contestata l’appartenenza al mondo dellascienza – e mostra, fra gli altri, almeno due ammirevoli e im-pagabili pregi. Anzitutto, per quanto testo universitario de-

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stinato a studenti di area non giuridica, riesce comunque a il-lustrare e spiegare con incantevole semplicità, chiarezza edeleganza, il ruolo di garanzia svolto dalla giurisdizione e lefunzioni della magistratura che la incarna, declinando l’unoe le altre all’insegna di quei principi di giustizia dei quali sidiscorreva più sopra, offrendone un quadro, per quanto ne-cessariamente sintetico, esauriente e incisivo, in piena con-sonanza con il modello di giudice non funzionario e non bu-rocratico voluto dalla nostra Costituzione a presidio dellagiustizia fondata sull’uguaglianza. In tal modo si scopre, nonsenza sorpresa, un’opera che ha saputo coniugare sapiente-mente la specifica funzione didattico-cognitiva con quellaassai più ampia e intensa della educazione istituzionale, in-dispensabile per la corretta formazione della coscienza civi-le del cittadino, nella particolare dimensione di appartenen-te alla comunità, di cui si avverte con intransigenza la neces-sità, tanto più in un’epoca in cui la società, travolta dalla il-legalità, dal malaffare, dall’indifferenza e dalla cupidigia del-la quantità, sembra aver totalmente smarrito il senso dell’e-tica pubblica, del bene comune e della solidarietà.Leggendo, poi, le scorrevoli pagine de Il Diritto e la men-

te, che si snodano avvincenti quasi fosse un racconto, si co-glie con compiacimento la sensibilità e lo sforzo degli autoridi tracciare itinerari, illuminati dalla esperienza professiona-le da loro svolta presso gli uffici giudiziari, ove le incertezzeo le contraddizioni della psicologia vengono mediate e tem-perate dal diritto quale fattore irrinunciabile di composizio-ne ragionevole dei conflitti, anche di quelli che investono imeccanismi delicatissimi e, sovente, insondabili della mente.

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Premessa

L’incontro fra diritto e psicologia, per quanto sia fre-quente e in certi casi obbligato, non è semplice, né facile. Ildiritto è una scienza prescrittiva, legata al mantenimento eripristino dell’ordine e della sicurezza sociale, e basata sunorme e procedure all’interno delle quali gli spazi per lasoggettività sono ridotti e ben definiti. Invece, la psicologia èuna scienza descrittivo-applicativa, che mira a comprenderei fenomeni e a programmarne i cambiamenti partendo pro-prio dalla soggettività degli attori sociali. Il diritto tende allacertezza della decisione e usa una logica di causalità lineare,la psicologia introduce la logica della probabilità e si basa suuna epistemologia di multi-determinazione e di causalitàcircolare. Non sempre questi mondi si incontrano sul pianoteorico ed epistemologico, pur dovendo convivere e arrivarea dei compromessi nelle aule giudiziarie. Perché questa convivenza sia proficua, occorre anzitutto

che ognuna delle due scienze conosca – almeno nelle lineeessenziali – i principi e i meccanismi dell’altra; ed è questo loscopo del volume, almeno per la parte che riguarda gli psi-cologi (in altri testi viene presentata la psicologia ai giuristi). Nella maggior parte dei libri che trattano questa materia

sembra darsi per scontata la conoscenza di elementi di ba-se del complesso sistema giudiziario, ma l’esperienza di in-

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segnamento dice che è vero il contrario, con la conseguen-za che l’accostamento al non facile lavoro psicologico foren-se rimane spesso avulso dalla consapevolezza del naturaleterreno di riferimento e delle regole che lo governano.Per questo motivo una prima parte di questo libro, desti-

nato a chi si accosta per la prima volta al mondo giuridico, èdedicata ad illustrare come è fatto e come funziona il sistemagiudiziario italiano; per lo stesso motivo in appendice è ag-giunto un sintetico glossario dei più comuni termini giuridici.Le definizioni nella prima parte sono sommarie e spesso

prive della articolazione che sarebbe necessaria per una ot-timale presentazione: alle prevedibili e inevitabili perplessi-tà dei giuristi su questa semplificazione, ribadiamo che l’o-biettivo è chiarire ai futuri psicologi il sistema giudiziariocon la massima semplicità possibile, accettando di pagare l’i-nevitabile prezzo in fatto di completezza.Nelle parti successive, il volume passa in rassegna le esi-

genze e i luoghi concreti dell’incontro fra le scienze del di-ritto e della mente, e sintetizza le procedure giudiziarie inambito penale e civile (uno specifico riferimento viene fat-to al settore minorile) nelle quali la psicologia, insieme allescienze affini, è chiamata a dare un contributo, specificandogli apporti che concretamente può offrire in termini di fun-zioni e di strumenti. Il libro vuole essere una introduzione al complesso rap-

porto fra il diritto – con le sue procedure, che riguardano lementi umane nella dimensione sociale – e la psicologia, cheproprio delle menti in interazione sociale fa l’oggetto cen-trale di studio e di applicazione. Chiariti i concetti di base e le interazioni che di fatto si

svolgono fra questi due mondi epistemologici e scientifici,sarà possibile passare ad approfondimenti di ciascuno deitemi trattati, secondo l’interesse che questo lavoro, ci augu-riamo, avrà risvegliato.

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1. Cenni sull’ordinamento giudiziario

1.1 L’autonomia dei giudici

Nelle organizzazioni sociali semplici, di tipo tribale, se traalcuni membri sorgeva una controversia la questione venivasottoposta al capo e lui decideva; oggi diremmo che il pote-re politico e il potere giudiziario erano accentrati nella stes-sa persona. In Italia – come in molte altre nazioni – è stato co-sì fino a tempi recenti. Fino a quando c’è stata la monarchia,infatti, la giustizia emanava dal re, nel senso che questi nomi-nava i giudici perché la esercitassero nel suo nome. Nel tem-po erano stati introdotti alcuni correttivi che in qualche modomettevano i giudici al riparo dalla discrezionalità del poterepolitico (ad esempio, il principio di non trasferibilità, l’obbli-go che le udienze fossero pubbliche, il divieto di istituire tri-bunali speciali), ma, almeno in via di principio, quella di giu-dicare rimaneva una prerogativa di chi deteneva il potere.Con l’entrata in vigore della Costituzione repubblicana

(2 giugno 1946) il principio formalmente non è cambiato,solo che adesso il potere non è più di una persona o di ungruppo, ma appartiene a tutto il popolo e viene esercitatoesclusivamente per mezzo delle leggi, le quali, a loro volta,sono espressione della volontà del popolo. Questo l’artico-lo 101 della Costituzione: «La giustizia è amministrata in

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nome del popolo. I giudici sono soggetti soltanto alla legge».L’autonomia dei giudici dal potere politico ha trovato

una realizzazione concreta nel 1958 con la legge che, in at-tuazione di quanto previsto dalla Costituzione, ha istituitoil Consiglio superiore della magistratura. Poiché, nonostante la delicatezza e il prestigio della fun-

zione, i magistrati sono degli «impiegati» dello Stato, esatta-mente come tutti coloro che hanno un rapporto di lavoronel settore del pubblico impiego, la ragione d’essere delConsiglio è quella di sottrarre qualsiasi provvedimento cheriguardi il loro status giuridico di lavoratori (promozioni,trasferimenti, censure, ecc.) a qualsiasi organo statale o lo-cale che sia espressione del potere politico, o che possa esse-re da esso influenzato, in modo che nell’esercizio della pro-pria funzione i giudici abbiano riguardo soltanto alla appli-cazione della legge, liberi da qualsiasi eventuale condiziona-mento. L’articolo 105 della Costituzione dice, infatti: «Spet-tano al Consiglio superiore della magistratura, secondo lenorme dell’ordinamento giudiziario, le assunzioni, le asse-gnazioni ed i trasferimenti, le promozioni ed i provvedimentidisciplinari nei riguardi dei magistrati».Il Consiglio è un organo collegiale presieduto dal Capo

dello Stato ed è composto dal presidente della Corte di cas-sazione (il grado più elevato della magistratura giudicante),dal Procuratore generale della Corte di cassazione (altret-tanto, per quanto riguarda la magistratura requirente), dasedici magistrati eletti da tutti i magistrati italiani in servizio,e da otto persone non magistrati – i cosiddetti componentilaici – scelti tra professori universitari di diritto e avvocaticon almeno quindici anni di attività forense, nominati dalparlamento in seduta comune, cioè da senatori e deputati in-sieme. Il Consiglio, inoltre, nomina un vice-presidente, chedeve essere scelto tra i componenti laici, e che è una figuraimportante per il suo funzionamento, dato che la presidenzadel Capo dello Stato è prevalentemente simbolica e operati-vamente riservata a circostanze particolari.Tutti i membri elettivi del Consiglio superiore della ma-

gistratura durano in carica quattro anni e non possono esse-re immediatamente rieletti; inoltre, non possono essere con-

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temporaneamente membri del parlamento e dei consigli re-gionali, e non possono essere iscritti ad albi professionali.Un accenno deve essere fatto ad un altro organo, il Con-

siglio giudiziario, che è giustamente considerato il tramitetra il Consiglio superiore e la realtà giudiziaria del territo-rio. Si tratta di un organo collegiale, esistente presso ognisede di Corte di appello, costituito da due membri di dirit-to, il presidente della Corte di appello e il Procuratore ge-nerale presso la Corte di appello, da magistrati eletti daicolleghi del distretto e da membri non magistrati designatidal Consiglio universitario nazionale e dall’Ordine degli av-vocati; il numero dei membri elettivi e designati varia in ba-se all’ampiezza dell’organico di magistrati del distretto.Una sezione particolare del Consiglio giudiziario è compe-tente per i giudici di pace.Il Consiglio formula pareri sulla professionalità dei magi-

strati in occasione del conferimento di incarichi e funzioni,vigila sull’andamento degli uffici giudiziari, formula propo-ste per migliorarne l’efficienza e prende iniziative rivolte al-la formazione dei magistrati.

1.2 Divieto di giudici straordinari o speciali

Al fondamentale principio di autonomia dei giudici deveessere affiancato quello della unicità dell’ordinamento giu-diziario: fresca della triste esperienza dei tribunali specialidell’epoca fascista, istituiti in funzione di controllo politicosui cittadini, la Costituzione italiana ha stabilito che (artico-lo 102.2) «non possono essere istituiti giudici straordinari ogiudici speciali» e demanda l’esercizio della attività giurisdi-zionale esclusivamente ai magistrati ordinari.Questo principio non è contraddetto dalla esistenza di

tre organi giudicanti specializzati per materia, preesistentialla Costituzione e da questa previsti, che sono:a) i Tribunali regionali amministrativi (TAR) e l’organo

di reclamo che è il Consiglio di Stato, competenti per le con-troversie che riguardano il rapporto tra i privati e la pubbli-ca amministrazione;

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b) la Corte dei conti, competente per quanto attiene allagestione finanziaria degli Enti pubblici e delle società di ca-pitale partecipate dallo Stato o da altri soggetti pubblici; c) i Tribunali militari nella duplice funzione di pace, con

competenza per i reati compiuti dai componenti delle Forzearmate, e di guerra, nei confronti di chiunque, nei particola-ri casi previsti dalla legge.Possono essere assimilati a questo gruppo, anche se for-

malmente si tratta di sezioni della Corte di appello, i Tribu-nali regionali e superiori delle acque pubbliche esistenti in al-cune regioni, competenti per le controversie in ordine allagestione dei corsi d’acqua e dei bacini fluviali.Discorso a parte merita, per la specialità e la complessità

della materia della quale si occupa, il Tribunale per i mino-renni, presente in ogni distretto di Corte di appello.Non fa eccezione al principio che l’attività giurisdiziona-

le è di esclusiva competenza del giudice ordinario la presen-za in alcuni organi giudicanti di soggetti che non sono ma-gistrati; a parte quanto riguarda la recente istituzione del-l’ufficio del giudice di pace, sono previsti giudici «laici» o invirtù delle speciali competenze richieste dalla materia – co-me è nel Tribunale per i minorenni, nella sezione per i mino-renni della Corte di appello e nelle sezioni agrarie dei Tribu-nali ordinari – o proprio a significare che la titolarità prima-ria del giudicare è del popolo, come è per la presenza dei seicittadini scelti a sorte da appositi elenchi che, insieme a duemagistrati, compongono il collegio giudicante della Corte diassise e della Corte di assise di appello.

1.3 Magistratura giudicante e requirente

In base alla funzione, una distinzione fondamentale è tramagistratura giudicante e magistratura requirente.La magistratura giudicante, in una posizione di assoluta

terzietà rispetto alle parti, esercita la funzione giurisdiziona-le sia in campo civile che penale. È costituita dagli uffici mo-nocratici e da quelli collegiali, di primo grado o di appello, ri-coperti da magistrati di professione o da «laici» investiti del-

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la funzione. Oltre questa funzione, la magistratura giudican-te ha anche compiti che vengono chiamati di volontaria giu-risdizione, consistenti in interventi non in situazioni conten-ziose, ma in materie nelle quali i cittadini hanno bisogno del-l’autorizzazione del giudice per il compimento di un atto, oper la costituzione di una situazione o di un rapporto. Esem-pi tipici sono l’adozione, il matrimonio di soggetto minoren-ne, la vendita di un immobile di proprietà di un minorenne,la iscrizione nell’apposito libro di una società, ecc.La magistratura requirente ha per oggetto l’attività dei

Pubblici ministeri, sia in campo civile che in campo penale.I casi nei quali in materia civile è necessario l’interven-

to del Pubblico ministero sono espressamente previsti dal-la legge all’articolo 70 del codice di procedura civile: sitratta delle controversie in materia matrimoniale, in mate-ria di stato e capacità delle persone (per esempio, i proce-dimenti di interdizione e di inabilitazione), nelle cause dilavoro in grado di appello, nel procedimento che autorizzala modificazione chirurgica dei caratteri sessuali e in altricasi previsti dalla legge; la partecipazione del Pubblico mi-nistero è obbligatoria in tutte le cause che si svolgono di-nanzi alla Corte di cassazione. L’attività prevalente del Pubblico ministero è in campo

penale, nel quale egli è il titolare delle indagini e a tale sco-po ha a propria disposizione i vari Corpi di polizia giudizia-ria (Carabinieri, Polizia di Stato e locale, Guardia di Finanzaed altri). Nel processo il Pubblico ministero sostiene l’accu-sa contro l’imputato.L’ufficio di Pubblico ministero esiste accanto ad ogni Tri-

bunale ordinario, al Tribunale per i minorenni, alla Corte diappello e alla Corte di cassazione. Il magistrato che lo dirigeè il Procuratore della repubblica per quanto riguarda gli uffi-ci presso il Tribunale, e il Procuratore generale per quanto ri-guarda la Corte di appello e la Corte di cassazione.Ogni Pro-curatore può avere più Sostituti procuratori che lo collabo-rano, o anche dei Procuratori aggiunti, in relazione alle esi-genze di lavoro dell’ufficio.Il Pubblico ministero presso il Tribunale ha la funzione di

requirente anche presso i giudici di pace dello stesso distretto.

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1.4 Processo civile e processo penale

Un’altra differenza che bisogna subito porre è quella tral’attività giudiziaria rivolta a dirimere controversie tra due opiù soggetti, e quella rivolta a individuare e punire chi si ren-de responsabile di reati, cui corrisponde la differenza tra di-ritto civile e diritto penale.Un soggetto – intendendo per soggetto sia la persona fi-

sica che una società di capitali, o una associazione, o un entepubblico, o un organo dello Stato, ecc. – può venirsi a trova-re in contrasto con un altro soggetto sulla esecuzione di un’o-pera concordata, sull’adempimento di un obbligo, sul rispet-to di un regolamento, sulla sussistenza o no di un diritto: in-somma, su una qualsiasi delle innumerevoli «transazioni»che nascono dalla convivenza sociale; questa è materia di di-ritto civile, cioè riguardante la risoluzione di conflitti priva-ti tra opposte pretese dei «cittadini» (civis, in latino), ancor-ché una o entrambe le parti siano soggetti pubblici.Se invece una persona compie una azione che lo Stato, a

tutela dell’interesse di tutta la collettività, ha iscritto tra quel-le vietate, si tratta non già di una controversia tra «priva-ti» tesi ognuno a tutelare un proprio interesse, ma di qualco-sa che lede un interesse generale. Quello che si applica in tal caso è un diritto che: a) si chiama penale perché il suo scopo è quello di com-

minare la pena prevista dalla legge a chi venisse riconosciu-to colpevole di avere compiuto l’azione vietata;b) è diritto pubblico perché si tratta di norme emanate

nell’interesse della collettività e perché riguarda il rapportotra il cittadino e la collettività, rappresentata dallo Stato. Nel diritto penale il «soggetto» deve essere proprio una

persona fisica perché la responsabilità per avere compiuto unreato non può essere attribuita ad un soggetto «collettivo» co-me sono una società, una associazione, un ufficio, ecc. Quan-do un reato scaturisce dall’atto di un ente o di una organizza-zione (per esempio, un ospedale, o una azienda), se non si puòindividuare la persona fisica che lo ha compiuto, ne è respon-sabile personalmente chi ne ha la rappresentanza (responsa-bilità oggettiva). Le azioni che lo Stato vieta sono elencate nel

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codice penale e in altre leggi; se una azione, un comporta-mento, un evento non è previsto tra quelli vietati, non è reato. Il processo civile nasce quando un soggetto (si chiama

«attore»), in disaccordo con un altro soggetto, si rivolge algiudice reclamando quello che ritiene essere il proprio dirit-to; l’altro (si chiama «convenuto» o parte resistente), infor-mato di ciò, si presenterà al giudice sostenendo a sua voltaquello che ritiene essere il proprio diritto. Sarà cura di ognuna delle due parti fornire al giudice tutti

gli elementi (sostanzialmente consistenti nella propria depo-sizione, in documenti e testimonianze) che riterrà utili a so-stenere la propria causa; il giudice esaminerà quanto gli saràstato sottoposto e, se necessario, disporrà l’acquisizione di al-tri elementi; quindi, sulla base di ciò che la legge prevede peri casi come quello in esame, formulerà la propria decisione.Il processo penale, invece, trae origine dal momento in

cui allo Stato giunge notizia che una persona ha compiutouna azione considerata reato dalle leggi vigenti. In pratica, ciò avviene:– quando una persona si rivolge ad un ufficio giudiziario

che si chiama Procura della repubblica, denunziando chequalcuno ha compiuto un reato, o si rivolge alle forze del-l’ordine (Carabinieri, Pubblica sicurezza, Guardia di finan-za, ecc.), le quali riferiscono alla Procura; – quando sono le stesse forze dell’ordine che nell’eserci-

zio della loro attività di vigilanza ritengono che qualcunoabbia violato la legge penale e ne informano la Procura del-la repubblica.Il magistrato della Procura cui giunge la segnalazione di

un reato svolge tutte le indagini che ritiene opportune, per-sonalmente e per mezzo della forze dell’ordine, con tre obiet-tivi: accertare che il fatto lamentato sia avvenuto, accertareche quanto avvenuto sia previsto dalla legge come reato, in-dividuare la persona o le persone che ne sono responsabili.Se e quando ritiene di avere acquisito elementi di certez-

za su questi obiettivi, ne dà notizia al giudice il quale, effet-tuate alcune verifiche, avvierà il processo.Le due parti (principali) del processo penale non sono,

dunque, la (presunta) vittima e il (presunto) responsabile del

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reato, ma sono il Pubblico ministero, e cioè il magistrato chesostiene la colpevolezza dell’imputato, e l’imputato. Ciò per-ché tra l’interesse privato di chi ha subìto il danno e l’inte-resse pubblico, della collettività, protetto dalla norma pena-le, è questo secondo che è considerato prevalente. Per fareun esempio, chi ruba qualcosa a qualcuno sta certamente ar-recando un danno a costui, ma, soprattutto, sta violando ilprincipio di tutela della proprietà privata, sancito e garanti-to dallo Stato a tutti i cittadini; i soggetti danneggiati dal fur-to, dunque, sono due, il derubato e la collettività: il processoe la condanna (se la colpevolezza sarà dimostrata) avrannola funzione di riaffermare la inviolabilità della norma che tu-tela il diritto di tutti alla proprietà privata. La persona che sostiene di avere subìto un danno dal rea-

to partecipa in maniera attiva al processo (si chiama «par-te civile»), ma esclusivamente nell’attesa di un risarcimentodi natura patrimoniale.

1.5 Competenza territoriale degli uffici giudiziari

Gli unici organi giudiziari che hanno competenza sull’in-tero territorio nazionale sono la Corte costituzionale, il Con-siglio di Stato e la Corte di cassazione.La Corte costituzionale giudica sulla legittimità delle nor-

me statali e regionali rispetto alla suprema norma (la costitu-zione repubblicana); sulle eventuali accuse promosse contro ilPresidente della Repubblica, e sui conflitti di attribuzione trai diversi poteri dello Stato. Valuta inoltre l’ammissibilità dellerichieste di referendum abrogativo di norme vigenti. La corteè composta da 15 giudici nominati per un terzo dal Presidentedella Repubblica, per un terzo dal parlamento e per il rima-nente dalle supreme magistrature ordinaria e amministrativa(corte di cassazione, consiglio di stato e corte dei conti).Il Consiglio di Stato, previsto dall’articolo 100 della Co-

stituzione, ha funzione di consulenza giuridico-amministra-tiva al Presidente della repubblica e al Governo e alle re-gioni; ma anche funzioni giurisdizionali quale giudice spe-ciale amministrativo, in quanto tutela i diritti e i legittimi in-

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teressi nei privati nei confronti della pubblica amministra-zione. In tal senso costituisce – come già detto – organismodi secondo grado rispetto ai Tribunali amministrativi regio-nali (TAR): funzione che per il territorio siciliano è affidata,in base allo statuto speciale, al Consiglio di Giustizia ammi-nistrativa (CGA) della regione.Della Corte di cassazione tratteremo più avanti in un ap-

posito paragrafo (1.14).La dimensione territoriale di base degli altri organi giu-

diziari è il distretto, coincidente approssimativamente con ilterritorio della regione (le regioni italiane sono 20, mentre idistretti giudiziari sono 26); in ogni distretto ci sono unaCorte di appello, un Tribunale per i minorenni e un Tribuna-le di sorveglianza.I distretti si suddividono in circondari, che segnano il ter-

ritorio di competenza del Tribunale. I circondari sono 167 eapprossimativamente corrispondono al territorio delle pro-vince (110), tranne che per le più popolose.Il Tribunale può avere una o più sedi distaccate, nelle qua-

li opera un giudice monocratico con competenze sia civiliche penali, approssimativamente corrispondenti a quelleporzioni di territorio, i mandamenti, che un tempo segnava-no la competenza delle preture.1

1.6 Il Giudice di pace

Il Giudice di pace è stato introdotto nel nostro ordina-mento giudiziario con la legge n. 374 del 1991, ma ha comin-ciato ad operare effettivamente solo nel 1995.È un organo giudiziario monocratico affidato ad un ma-

gistrato onorario, nominato con decreto del Presidente del-la repubblica su segnalazione del Consiglio giudiziario delluogo; per aspirare alla nomina la persona deve possederealcuni requisiti, tra i quali la laurea in giurisprudenza e al-

1 Mentre questo volume va in stampa sono in corso una ridistribuzio-ne e una riduzione delle sedi periferiche, onde contenere i costi dell’ammi-nistrazione giudiziaria.

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meno 30 anni di età. Prima di essere immesso nell’ufficio de-ve effettuare con profitto sei mesi di tirocinio sotto la guidadi un magistrato particolarmente esperto. Il Giudice di pace dura in carica quattro anni; l’incarico

può essere rinnovato altre due volte e una volta ancora do-po un intervallo di quattro anni.È previsto un ufficio di Giudice di pace per ogni manda-

mento, e cioè per uno o più comuni contigui; ad ogni ufficiosono destinati due o più magistrati, in base alla popolazio-ne del territorio. Il Giudice di pace ha sia competenze civili che penali.In materia civile, il Giudice di pace ha il compito, prima

ancora che venga instaurato il procedimento contenzioso, ditentare una conciliazione tra le parti in lite (risoluzione ex-tragiudiziale della controversia), cosa che può fare per tuttiquei casi nei quali la funzione conciliativa non sia espressa-mente riservata ad altri giudici; ad esempio, non può proce-dere alla conciliazione nelle cause di lavoro, nelle quali lafunzione è riservata all’Ufficio provinciale del lavoro. In sede giurisdizionale, tra le diverse competenze del Giu-

dice di pace le principali sono le cause relative a beni mobi-li di valore non superiore a 5.000 euro, e quelle derivanti dal-la circolazione automobilistica e nautica, purché non superi-no il valore di 20.000 euro.Per assicurare ai procedimenti dinanzi a questo giudice

semplicità e velocità, sono previste regole procedurali parti-colari rispetto a quelle vigenti presso altri organi giurisdizio-nali; ad esempio: l’istanza iniziale al giudice può essere fattaanche oralmente; nelle cause di basso valore (fino a un mas-simo di 516,46 euro) le persone possono agire anche senzal’assistenza dell’avvocato; nelle cause che non superano i1.100 euro di valore il giudice può decidere secondo ciò cheè sentito «giusto» nel contesto sociale nel quale la causa sisvolge («principio di equità», che, comunque, deve sempreessere applicato dentro i confini della legge). Le sentenze del Giudice di pace sono appellabili dinanzi

al Tribunale monocratico del luogo; quelle emesse secondoil principio di equità sono appellabili solo per violazione del-le norme procedurali o di norme costituzionali.

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La competenza in materia penale è stata riconosciuta alGiudice di pace solo qualche anno dopo la sua istituzione,con il decreto legislativo n. 274 del 2000, con l’obiettivo di al-leggerire gli altri uffici giudiziari della mole di processi percomportamenti criminosi di non grande rilievo e per i qualinon è prevista la procedibilità d’ufficio, quali sono, ad esem-pio, i reati di percosse, minacce, diffamazione, ingiuria, atticontrari alla pubblica decenza, furto a querela di parte, ecc.Anche in campo penale è previsto un tentativo di conci-

liazione, da esperire nel corso della prima udienza, possibilesolo per i reati a denunzia di parte (per esempio, la diffama-zione); sono previste, inoltre, altre forme di estinzione anti-cipata del processo, quali il pagamento di una oblazione perle contravvenzioni, o la riparazione del danno. In quanto alle procedure, il massimo della semplificazio-

ne si ha nei casi nei quali il reato richiede la denunzia dellaparte offesa e questa è in grado di esibire una prova eviden-te, allorché è previsto il ricorso diretto al giudice. Negli al-tri casi, in seguito alla denunzia le indagini sono direttamen-te affidate alla polizia giudiziaria, la quale entro quattro me-si riferisce al Pubblico ministero.Il giudice di pace non può infliggere pene detentive – le so-

le pene limitative della libertà a sua disposizione sono l’ob-bligo del condannato di trascorrere i fine-settimana nellapropria abitazione o quello di svolgere un lavoro gratuito dipubblica utilità –, può però infliggere pene pecuniarie finoad un massimo di 2.582 euro.Imputato e Pubblico ministero possono proporre appello

contro le sentenze che stabiliscono pene diverse da quelle pe-cuniarie; contro queste ultime può ricorrere solo l’imputato.

1.7 Il Tribunale: composizione e competenza

Per l’ampiezza delle competenze il Tribunale è l’organogiudicante «centrale» del sistema giudiziario. Salve alcune ec-cezioni, esso ha competenza per un territorio coincidentecon la provincia e ha la propria sede nel capoluogo; nei cir-condari più vasti sono previste sezioni distaccate, compe-

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tenti per un territorio più ristretto, nelle quali l’organo giu-dicante è monocratico ed ha competenza sia civile che pena-le, limitatamente alle cause che per la loro importanza nonrichiedono un giudice collegiale. Proprio perché il Tribuna-le è l’organo principale del sistema giudicante, la sua com-petenza sia in materia civile che in materia penale è indivi-duabile in maniera cosiddetta «residuale»: sono di compe-tenza del Tribunale, cioè, tutte le questioni che la legge nonattribuisce specificamente ad altri organi giudicanti.Il Tribunale è organizzato in una o più sezioni; nel caso

che vi siano più sezioni, alcune hanno competenza in mate-ria penale e altre in materia civile; queste ultime in genere so-no dedicate ognuna a trattare una materia omogenea, comeper esempio cause di lavoro, separazioni e divorzi, fallimen-ti, ecc. Vi sono, inoltre, sezioni speciali, dotate di un proprioordinamento, che si caratterizzano per la specificità del com-pito; tali sono la sezione GIP-GUP (cfr. paragrafo 1.9), la se-zione – istituita solo in alcune città – per la tutela dei marchicommerciali e dei brevetti, la sezione agraria, e la Corte diassise, da intendere come sezione penale del Tribunale com-petente in primo grado per i reati più gravi. Il Tribunale è il primo giudice per eccellenza – tuttavia è

anche giudice di appello per le cause civili e penali trattatedal Giudice di pace – e giudica sia in composizione mono-cratica che in composizione collegiale.In materia civile il giudice è generalmente monocratico,

tranne che in alcuni casi particolari (cause fallimentari, im-pugnazione di testamento, ecc.), nei procedimenti nei quali èprevisto l’intervento del Pubblico ministero e nei casi (elen-cati nell’articolo 737 c.p.c.) in cui la legge prevede che la cau-sa sia discussa in Camera di consiglio e da questa deciso.Nella materia penale il Tribunale giudica in composizio-

ne collegiale per i delitti compiuti o tentati la cui pena mas-sima prevista è superiore a dieci anni, e per tutti quei delittiche, a prescindere dalla pena prevista, sono considerati parti-colarmente gravi (per esempio, i reati di violenza sessuale), otali da destare particolare allarme sociale (per esempio, i rea-ti imputabili alla criminalità organizzata). Negli altri casi ilTribunale giudica in composizione monocratica.

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1.8 La Corte di assise

La Corte di assise è un organo di giudizio di primo grado,con competenza esclusivamente penale. Ne è prevista alme-no una per ogni distretto di Corte di appello. È composta daun magistrato che la presiede, un magistrato «a latere» e seicittadini chiamati comunemente «giudici popolari». Per que-sta sua caratteristica, è l’organo giudicante nel quale meglioche in altri trova concreta applicazione il principio per ilquale la giustizia è esercitata nel nome del popolo.I giudici non togati della Corte di assise sono tutt’altra

cosa rispetto ai giudici non togati che compongono il Tribu-nale per i minorenni o la sezione agraria del Tribunale: qui igiudici non togati partecipano alla attività giudiziaria per ilcontributo che possono dare in virtù della loro competenzaprofessionale, mentre invece nella Corte di assise i membrilaici partecipano per il solo fatto di essere cittadini italiani:essi, cioè, rappresentano il comune sentire dinanzi all’even-to delittuoso in giudizio.I requisiti che i giudici popolari devono possedere sono la

residenza nel territorio di competenza della Corte, la cittadi-nanza italiana, il godimento dei diritti civili e politici, l’esse-re di buona condotta morale, l’avere conseguito il diplomadi scuola media, avere una età compresa tra i 30 e i 65 anni.La nomina avviene per sorteggio tra i nomi che, dopo

particolari procedure di verifica, sono presenti in un elencoche ha preso le mosse dal sindaco del comune nel quale hasede la Corte. Ogni giudice popolare dura in carica per la so-la durata del processo.Il voto dei giudici popolari è assolutamente uguale a

quello dei due magistrati, il che comporta che il processo sipuò concludere con parità di voti, quattro e quattro, tra duegiudizi diversi; in questi casi si applica il principio mutuatodall’antico diritto romano per il quale prevale il giudizio piùfavorevole all’imputato.I reati di competenza della Corte di assise sono previsti

dall’articolo 5 del codice di procedura penale; si tratta direati di particolare rilievo sociale, tra i quali i principali sonoi delitti per i quali è previsto l’ergastolo o una pena detenti-

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va non inferiore a ventiquattro anni, qualsiasi delitto dolosoda cui sia derivata la morte di una persona, l’omicidio di per-sona consenziente, l’istigazione al suicidio, i delitti di strage,di diffusione di epidemia, di avvelenamento di acque, di ri-costituzione del partito fascista. Contro le sentenze della Corte di assise si può ricorrere al-

la Corte di assise di appello.

1.9 La sezione del Giudice delle indagini preliminari(GIP) e del Giudice dell’udienza preliminare (GUP)

Si tratta di una sezione particolare del Tribunale sia inquanto alle funzioni che in quanto alle procedure.È composta da magistrati che devono avere fatto per al-

meno due anni l’esperienza del dibattimento, i quali opera-no esclusivamente in campo penale, in composizione mono-cratica, per i procedimenti che interessano il Tribunale e perquelli di competenza della Corte di assise.La funzione del Giudice delle indagini preliminari è so-

stanzialmente di tutela dell’indagato; esso, infatti, esercitacontrollo sulle indagini svolte dal Pubblico ministero, e ga-rantisce all’indagato l’esercizio dei propri diritti.In quanto alla funzione di controllo sull’operato del Pub-

blico ministero, questi, a seguito delle proprie investigazionisulla persona indagata per il reato per il quale procede, è te-nuto a trasmettere gli atti al GIP quando:– ritiene di avere raggiunto la prova della colpevolezza,

per cui chiede il rinvio a giudizio dell’indagato, e cioè l’aper-tura del processo; – ritiene che non ci sia motivo per aprire un procedimen-

to giudiziario, per esempio perché il fatto lamentato non èconsiderabile reato, ovvero perché non c’è prova che sia av-venuto, per cui chiede al GIP che il caso sia archiviato;– ha bisogno di altro tempo per le proprie indagini, oltre

quello previsto dalla legge, per cui chiede al GIP o una pro-roga, o la riapertura delle indagini;– ritiene che ricorrano le circostanze per chiedere al GIP

di procedere con il rito del giudizio abbreviato.

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Il GIP verifica la legittimità dell’operato del Pubblico mi-nistero e decide di conseguenza.La funzione di garanzia dei diritti dell’indagato si realiz-

za col fatto che il GIP deve dare il proprio parere su:– la richiesta che venga convalidato l’arresto o il fermo

dell’indagato;– la richiesta di applicare una misura cautelare, ovvero di

modificarla, o di revocarla;– la richiesta di prorogare la durata massima della misura

cautelare;– la richiesta di potere effettuare intercettazioni.Al GIP possono ricorrere il Pubblico ministero, l’indaga-

to e la persona offesa dal reato.Il Giudice delle indagini preliminari, nei casi nei quali ri-

tiene che le investigazioni svolte dal Pubblico ministero sonostate effettuate in maniera conforme alla legge, e che sonosufficienti a dimostrare la colpevolezza dell’indagato per cuisi può procedere rinviandolo a giudizio, di fatto interviene inqualità di Giudice dell’udienza preliminare: egli, infatti, con-duce una vera e propria udienza – e cioè con la partecipazio-ne attiva di tutte le parti interessate – la quale può o svolge-re soltanto l’azione di verifica che si è detta (e dunque dare ilvia al processo), o dare luogo ad una chiusura anticipata delprocesso; questa è possibile o quando viene avanzata e accet-tata una proposta di patteggiamento, ovvero quando si deci-de di procedere con il cosiddetto giudizio abbreviato, e cioèsulla base dei soli atti acquisiti fino a quel momento.

1.10 Il Tribunale della libertà

Quando un giudice dispone una misura limitativa della li-bertà personale, la persona colpita dal provvedimento puòricorrere al Tribunale della città nella quale ha sede la Cortedi appello al cui distretto appartiene il giudice che ha emes-so il provvedimento. Il Tribunale, che in questo caso vieneconvenzionalmente chiamato «della libertà», esamina i pre-supposti di fatto e di diritto che hanno dato luogo al provve-dimento, e decide confermando o revocando il provvedi-

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mento impugnato. Si può ricorrere anche contro il provvedi-mento che ha disposto il sequestro di beni; in questo caso ècompetente il Tribunale del capoluogo della provincia nellaquale ha sede il giudice che ha emesso il provvedimento.

1.11 L’Ufficio di sorveglianza

L’Ufficio comprende due organi, il Magistrato di sorve-glianza e il Tribunale di sorveglianza, e ha competenza per ilterritorio di più tribunali, tanto che, a fronte di 167 tribuna-li, esistono 56 Uffici di sorveglianza.a) Il Magistrato di sorveglianza ha funzioni amministrati-

ve e funzioni giurisdizionali.In quanto alle prime,vigila sul buon funzionamento del-

le strutture penitenziarie, fa da tramite tra queste e il Mini-stero della giustizia, esamina le istanze e i reclami dei dete-nuti, decide sulla ammissione al lavoro esterno, sulle licen-ze e sui permessi richiesti dai detenuti. Le funzioni giurisdizionali riguardano principalmente i

provvedimenti alternativi alla detenzione e le misure di si-curezza in ragione della pericolosità sociale dei condannati.b) Il Tribunale di sorveglianza è un organo composto da

4 giudici: un presidente e un giudice appartenenti al gruppodei magistrati di sorveglianza del distretto di Corte di appel-lo, e due esperti in psicologia, o psichiatria, o criminologia,nominati dal Consiglio superiore della magistratura.Come organo giudicante di primo grado, il Tribunale di

sorveglianza ha una competenza molto vasta, che nell’insie-me riguarda l’adattamento della pena alla personalità delsoggetto: decide, dunque, sulla concessione della libertà con-dizionale, sull’affidamento ai servizi sociali, sulla liberazioneanticipata, ecc., nonché, alla luce del comportamento del sog-getto, sulla eventuale revoca dei benefici concessi.Come organo giudicante di secondo grado, esso decide in

alcuni casi di ricorso contro i provvedimenti del magistratodi sorveglianza, contro alcune disposizioni restrittive dellaamministrazione penitenziaria, e sui provvedimenti che di -spongono misure di sicurezza.

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1.12 Il Tribunale per i minorenni

In molti ordinamenti giudiziari e in varie epoche è statasentita la necessità che soggetti molto giovani, ancora in fa-se di sviluppo psicofisico, venissero considerati dalle leggipenali con un certo riguardo, essendo possibile che la loroconsapevolezza di compiere azioni vietate dalla legge nonfosse piena, o che non fossero sufficientemente «maturi» dapotere esercitare un adeguato controllo sul proprio compor-tamento. Per parecchio tempo questa consapevolezza è sta-ta risolta con una raccomandazione di relativa clemenza nel-la determinazione della pena, ovvero – come in Italia, peruna disposizione ministeriale del 1908 – con la raccomanda-zione che i giudici nel valutare il reato tenessero conto anchedi eventuali particolari condizioni esistenziali dei giovani.I primi Tribunali specificamente rivolti a valutare la con-

dotta penalmente rilevante dei minorenni sono stati istituitinegli Stati Uniti di America sul finire dell’ottocento. In Italia la norma che istituisce i Tribunali per i minoren-

ni è un regio decreto del 20 luglio 1934.Il Tribunale per i minorenni, dunque, nasce come Tribu-

nale penale, ma nel tempo ha assunto molti altri compiti,tanto che talvolta le sue competenze possono incrociarsi conquelle di altri organi giudiziari, specialmente con le compe-tenze del Tribunale ordinario in materia di separazione deiconiugi e di affidamento dei figli minorenni, tanto che datempo viene invocata l’istituzione di un unico «Tribunale del-la famiglia» che abbracci organicamente l’intera materia.

In atto, il Tribunale per i minorenni ha:– competenza penale, come giudice di primo grado per i

reati compiuti da soggetti di età compresa tra 14 e 18 anni; es-so ha anche le funzioni di Tribunale della libertà per quantoriguarda i provvedimenti restrittivi a carico di minorenni;– competenza civile, in quanto organo che valuta la capa-

cità dei genitori di adempiere adeguatamente al mandato di«mantenere, educare e istruire» i figli, come recita il codice ci-vile, e che prende i provvedimenti necessari quando tale con-dizione non si verifica (decadenza del genitore, dichiarazione

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di abbandono e di stato di adottabilità del minore, affidamen-to etero-familiare, collocamento del minore in struttura pro-tetta, ecc.); inoltre è competente in ordine all’affidamento e alcollocamento dei figli minorenni di coppie che non hannocontratto matrimonio e che si separano senza un accordo inmerito, in ordine alla autorizzazione a contrarre matrimoniodi soggetti minorenni, sugli atti di disposizione sul patrimo-nio dei minorenni, sull’accertamento della paternità e dellamaternità; il Tribunale, infine, è l’organo che rilascia l’attesta-zione di idoneità ad adottare un minorenne straniero e cheprovvede alla adozione dei minorenni di nazionalità italiana;– competenza cosiddetta amministrativa, la quale consi-

ste nei provvedimenti rivolti a promuovere il recupero so-ciale dei minorenni che hanno compiuto reati o che appaio-no, per le loro condizioni di vita, a rischio di devianza; que-sta competenza comporta la vigilanza sulle strutture prepo-ste al recupero sociale e alla rieducazione (un tempo affida-ta ai riformatori giudiziari).

La caratteristica del Tribunale per i minorenni è di fun-zionare come organo collegiale composto, nelle udienze ci-vili e penali e nelle camere di consiglio, da due magistrati dicarriera, uno dei quali presiede il collegio, e da due magi-strati onorari (definiti «componenti privati»), esperti inscienze attinenti alle problematiche dell’età evolutiva: psi-cologi, neuropsichiatri infantili, psichiatri, pedagogisti, so-ciologi, assistenti sociali.Nell’organico di ognuno dei 29 tribunali esistenti in Ita-

lia possono esservi complessivamente tre magistrati onora-ri per ogni magistrato di carriera. Per la nomina dei magi-strati onorari ogni Tribunale bandisce un concorso; i titolipresentati dai candidati vengono esaminati da una commis-sione interna del Tribunale, viene compilata una graduatoriae questa viene inviata al Consiglio superiore della magistra-tura, il quale procede alle nomine in base al fabbisogno diorganico del Tribunale, e trasmette i nomi dei prescelti al mi-nistro della giustizia, che provvede alla assegnazione con de-creto. L’incarico dura tre anni ed è rinnovabile.Presso ogni Tribunale c’è un ufficio di Procura, che ha gli

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stessi compiti e attua le stesse procedure degli uffici di pro-cura presso il Tribunale ordinario.Per l’ampiezza e la delicatezza dei propri compiti il Tri-

bunale per i minorenni si serve della collaborazione del lo-cale ufficio di servizio sociale per i minorenni (USSM), di-pendente dal Ministero della giustizia, nonché dei servizisociali dei comuni e dei servizi delle aziende sanitarie pro-vinciali (consultori familiari, unità di neuropsichiatria infan-tile, servizi di psicologia, ecc.).Uno dei magistrati togati del Tribunale per i minorenni

ha le funzioni di Giudice delle indagini preliminari, mentrele funzioni di Giudice dell’udienza preliminare sono affida-te ad un collegio composto da un magistrato togato e dueonorari, uno dei quali deve essere di sesso femminile.Le funzioni di Magistrato di sorveglianza sono affidate a

un magistrato togato, quelle di Tribunale di sorveglianza sonosvolte dal Tribunale nella normale composizione collegiale.

1.13 La Corte di appello

È un principio dell’ordinamento che i provvedimenti siacivili che penali del giudice di primo grado, tranne poche ec-cezioni, siano appellabili dinanzi ad un diverso giudice daparte di chi non si ritiene soddisfatto del primo provvedi-mento. L’organo preposto a ciò è la Corte di appello, la qua-le è competente a ricevere il ricorso per i provvedimentiemessi dai giudici del proprio distretto. Salve pochissime ec-cezioni, essa provvede sempre in composizione collegiale,costituita da due giudici e un presidente.Il processo di appello ha una caratteristica: tranne nei po-

chi casi in cui è prevista la possibilità di introdurre elementidi fatto nuovi, la Corte prende in esame e giudica soltanto suquelle parti della sentenza di primo grado che sono state spe-cificamente impugnate nel ricorso. La sentenza di appellopuò confermare o riformare (cioè, modificare) la sentenza diprimo grado; ma in campo penale, quando è stato il solo im-putato a proporre appello, la nuova sentenza non può preve-dere una pena più grave di quella comminata in primo grado.

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Anche la Corte di appello, come il Tribunale, è organizza-ta in sezioni specializzate per materia.Una sezione particolare in tutte le Corti si appello è quel-

la per i minorenni, destinata al riesame dei provvedimentiche riguardano questi soggetti. Il collegio di questa sezioneeccezionalmente è composto da cinque giudici, due dei qua-li – un uomo e una donna – dotati delle medesime caratteri-stiche dei giudici onorari del Tribunale per i minorenni.Altra sezione particolare è la Corte di assise di appello,

cui confluiscono i ricorsi contro le sentenze della Corte diassise. Anche in questo caso, l’organo di secondo grado ri-produce la composizione dell’organo di primo grado: questaCorte, infatti, è costituita da due magistrati e da sei giudicipopolari, nominati con le medesime procedure previste peri giudici popolari della Corte di assise.

1.14 La Corte di cassazione

La Corte di cassazione è il massimo organo del nostro or-dinamento giudiziario, ha competenza su tutto il territorionazionale e ha sede a Roma. Il suo nome dice quale è la suafunzione precipua: quella di cancellare, annullare, le sentenzeviziate da una non corretta applicazione della legge; il con-trollo che la Corte esercita sulle sentenze che vengono sotto-poste al suo esame, infatti, non è sull’evento che ha dato ori-gine al procedimento giudiziario, ma è sulla legittimità delprocedimento, e cioè sul fatto che il giudice che ha condottoil processo ed ha emesso la sentenza abbia proceduto in tut-te le fasi nel pieno rispetto della legge. Proprio perché so-stanzialmente l’oggetto tutelato dalla Corte è il diritto in sestesso, è obbligatorio che a tutti i procedimenti, e dunque an-che a quelli civili, partecipi il Procuratore generale: come nelprocesso penale ordinario il Pubblico ministero rappresental’interesse dello Stato a che venga riaffermata la intangibili-tà della norma che l’azione delittuosa dell’imputato sembraavere violato, così nel processo dinanzi alla Corte di cassa-zione il Procuratore generale rappresenta l’interesse delloStato ad affermare il principio generale per il quale qualsia-

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si procedimento giudiziario deve avvenire nel più scrupolo-so rispetto delle norme di diritto sostanziale e processuale.Per quanto le leggi si sforzino (o dovrebbero sforzarsi) di

essere chiare, di non prestarsi ad equivoci interpretativi, nel-la applicazione della norma al caso concreto c’è spesso unmargine affidato alla interpretazione: un giudice, qualsiasigiudice, non fa altro sostanzialmente che individuare tra letante quale è la «regola» che si deve applicare al caso che gliè stato sottoposto, ma un diverso giudice, leggendo diversa-mente la norma o il caso stesso (non sotto il profilo vero/fal-so, ma sotto il profilo della sua qualificazione), può giungerea una conclusione diversa. La Corte di cassazione, essendounica, nel dire di volta in volta quale era la corretta inter-pretazione da dare svolge di fatto una importantissima fun-zione di unificazione del diritto; nel linguaggio giuridico sidice che «fa giurisprudenza» o «fa dottrina»: essa, cioè, conogni sentenza oltre a decidere sul singolo caso in esame dicea tutti i giudici quale è la interpretazione corretta da fare peri casi analoghi che dovessero riproporsi nel futuro.La Corte è organizzata in sezioni civili e penali; la sezio-

ne decide sui ricorsi con la partecipazione di cinque giudici.Per alleggerire il lavoro della Corte, i ricorsi che le per-

vengono sono sottoposti da parte di un apposito ufficio adun primo parere di ammissibilità. Se il ricorso viene ammes-so, viene assegnato ad una sezione, la quale lo esamina inudienza, e cioè con la partecipazione attiva della parte cheha proposto il ricorso e del Pubblico ministero.Qualora in casi di analoga fattispecie giuridica le diverse

sezioni della Corte, nel tempo, si fossero espresse in mododifforme, onde dare al sistema giudiziario un indirizzo uni-tario la Corte esamina il caso a sezioni unite; in tal caso al-l’esame e alla formulazione del provvedimento partecipa-no nove magistrati.

Al termine del proprio esame la Corte può:– rigettare il ricorso, il che significa che la sentenza emes-

sa dal giudice sottostante rimane confermata perché legitti-mamente assunta;– accogliere il ricorso annullando la sentenza del giudice

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sottostante; in tal caso essa definisce l’esito del procedimento;– accogliere il ricorso con rinvio ad un giudice di pari gra-

doma diverso da quello che ha emesso la sentenza (per esem-pio, se la sentenza proviene da una Corte di appello, il nuo-vo procedimento sarà affidato alla Corte di appello di un al-tro distretto), perché riesamini il caso alla luce della inter-pretazione normativa data della Corte.

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